1 Il repertorio linguistico italiano Dallo Standard al dialetto Corso di Linguistica italiana FFMU Romanistika – Prof. A. Bitonti a.a. 2014/2015 2 Il repertorio linguistico è: • La somma delle varietà di una lingua* che vengono impiegate in una comunità. • Non comprende solo le varietà di lingua, ma anche i rapporti tra di esse, la loro gerarchia e le norme di impiego. Ciò che Coseriu chiama architettura della lingua. • Può anche riferirsi al singolo individuo. * Forme convenzionalizzate della realizzazione del sistema, riconoscibili e riconosciute in quanto tali dai parlanti. 3 L’architettura delle lingue d’Italia 1. Italiano standard e neostandard. Comprende l’insieme dei tratti linguistici unitari della lingua italiana, che vengono riconosciuti come lingua nazionale o elaborata (cfr. Berruto). 2. Le varietà della lingua: - diatopiche, - diastratiche, - diafasiche, - diamesiche. 3. Le varietà dialettali. 4 1. L’italiano standard neostandard • Coincide con l’italiano descritto – e prescritto dai manuali di grammatica. • Si realizza in alcune scritture. È più raro nel parlato. • Ha subito l’influenza dei fenomeni della mobilità sociale e degli scambi. • Ogni parlante rende riconoscibile l’area di provenienza o la classe sociale a cui appartiene attraverso tratti linguistici caratterizzanti. • Viene definito in base alle influenze di fattori sociali e all’accettazione di forme in passato considerate scorrette o colloquiali dai vocabolari o grammatiche. • È caratterizzato ad esempio da: - sostituzione dei pronomi soggetto: da egli/ella/essi a lui/lei/loro. - Uso ridondante del ne (es. ne abbiamo già discusso a lungo!). - Uso non canonico dei tempi verbali (es. quest’estate vado al mare.) - Uso normale di termini in passato stigmatizzati (es. un tubo = per niente; casino = caos; balle = stupidaggini…) 5 2. Le varietà della lingua A) Varietà geografiche o diatopiche: connesse alla differenziazione geografica. B) Varietà sociali o diastratiche: connesse alla differenza di età, alla professione, allo status sociale, o all’istruzione. C) Varietà contestuali o diafasiche: relative ai diversi fattori della situazione comunicativa, ovvero l’argomento, il grado di formalità, le relazioni tra i partecipanti, l’intenzione comunicativa. D) Varietà diamesiche: legate al mezzo attraverso il quale si comunica (parlato, scritto). 6 A) Varietà geografiche o diatopiche • L’italiano parlato si articola in più varietà regionali che ricalcano le caratteristiche fonetiche, di intonazione e di lessico del dialetto dell’area. • Ogni varietà di italiano regionale può avere un numero molto variabile di tratti di origine dialettale, tanto che la stessa frase può essere realizzata in molti modi, che si possono disporre in scala, dal più vicino allo standard al più vicino al dialetto (cfr. Berruto e il concetto di continuum). 7 A) Varietà geografiche o diatopiche Le principali varietà regionali sono: italiano regionale settentrionale: comprende le sottovarietà galloitaliche e varietà nord-orientali (friulana e veneta). italiano regionale centrale: la cui sottovarietà fondamentale è quella toscana. Anche quella calabrese settentrionale. italiano regionale romano: varietà dotata di notevole forza espansiva. Italiano regionale meridionale: varietà campana, pugliese e salentina. Italiano regionale meridionale estremo: varietà siciliana e calabrese meridionale. Italiano regionale sardo. 8 B) Varietà sociali o diastratiche • Dipendono dalla stratificazione socio-economica e dalla collocazione culturale dei parlanti. • Le classi superiori, istruite e scolarizzate, usano una lingua che si avvicina allo standard; mentre nei ceti più sfavoriti si realizza una varietà di italiano socialmente marcata, ovvero l’italiano popolare. 9 L’italiano popolare - Presenta una morfologia semplificata, lessico povero, interferenze col dialetto. - È stato studiato soprattutto nelle sue realizzazioni scritte. • Esempio di italiano popolare interferito con il dialetto di un parlante anziano della provincia di Siena: “Io un mi so’ mai perso, ma dillo a Marcello… il su’ poro babbo andette a cerca’ funghi su sopra Recenza, e si perdette… lo chiamonno, era a venti metri dal furgone. Perché te, se tu vai nel bosco e principi a impauritti, sei bell’e del gatto… non capisci più niente; gli animali fanno uguale, fanno come i cristiani…” 10 La varietà giovanile • È tra le varietà diastratiche oggi di rilevante interesse. I giovani usano le forme da ritenere moderne (Berruto, 1980: 125). I giovani tendono ad abbandonare le forme più arcaiche o letterarie in favore di neologismi, delle forme diffuse dai media o dei modelli metropolitani. Esempio di linguaggio giovanile in una canzone rap di Jovanotti, Il capo della banda: Io sono Jovanotti, il capo della banda/ se vuoi essere dei nostri devi fare domanda/ perchè è una storia mitica e siamo tutti tosti/ ci piace fare festa, casino a tutti i costi./ Pompiamo a centomila, sudiamo di brutto/ e prima di finire ci leviamo tutto/ restiamo con i boxer e i 501/ che tanto qui tra noi non si sconvolge nessuno. Perchè siamo una banda siamo come una classe/ ma i nostri professori sono le nostre casse/ il preside da noi lo chiamiamo Deejay/ puoi essere dei nostri, fossi in te io ci starei. Io sono Jovanotti, se vuoi entrare chiedi/ se hai voglia di far festa se no fuori dai piedi/ che grande gasamento essere del movimento/ che quando sei per strada puoi alzare anche il mento. Ci piacciono i martelli ma quelli che ci uccidono/ ci piacciono le tipe quelle che non se la tirano/ Io sono Jovanotti e sono in questa banda/ unisciti anche tu, basta fare domanda. Mi chiamo Jovanotti e sono in questo ambiente/ di matti di maranza e di malati di mente/ fissati con le moto e coi vestiti americani/ facciamo tutto ora o al massimo domani. Picchiamo sul volume e ci spacchiamo le orecchie/ magari le cambiamo se diventano vecchie/ noi siamo sempre in forma, viaggiamo come un razzo/ comunque se ti droghi sei una testa di cazzo. Il centro non si sposta verso la periferia/ sei tu che se ti rompi te ne devi andare via/ spostare anche le palle e non solo la testa/ puoi essere dei nostri, invitati alla festa. 11 C) Varietà contestuali o diafasiche Fra le varietà legate alla situazione si ricordano: - I registri - I sottocodici 12 I registri • Ogni parlante seleziona, di volta in volta, le varietà di italiano che ritiene più adeguate al “grado di formalità” della situazione e ai suoi “rapporti con l’interlocutore”. • Si individuano (in ordine decrescente di formalità) i seguenti registri: aulico, pomposo, ricercato, colto, medio, colloquiale, popolare, familiare, intimo. • I due registri principali sono Formale e Informale. 13 Alcuni esempi di registri • Registro formale - Il sacerdote celebra la Santa Messa - Farmaco - Sorbire - Reputare - Non…affatto - Defunto - Cessare • Registro informale - Il prete dice messa - Medicina - Bere - Credere - Non…mica (area sett.) - Morto - Smettere 14 I sottocodici • Sono varietà adeguate alla trattazione di argomenti molto specialistici (lingue della medicina, della matematica, della linguistica…). Ognuna di queste varietà è un sottocodice della lingua italiana. • Il sottocodice è detto anche “lingua settoriale” o “lingua speciale”. • Ogni sottocodice è caratterizzato da un lessico specialistico che consiste nella nomenclatura, ovvero la terminologia base di ogni disciplina (es. la classificazione dei vegetali fornisce la nomenclatura di base della botanica). • La sintassi è semplice, preferenza di costruzioni paratattiche e uso dello stile nominale. 15 Alcuni esempi di sottocodice • La lingua medico biologica - “Le cellule dendritiche costituiscono una popolazione omogenea a livello epiteliale cutaneo e dei tessuti linfatici. Queste cellule derivano da precursori HLA-DR del midollo osseo e sono correlate con il sistema dei fagociti mononucleari (…)” • La lingua giuridica - “Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi: a) Esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita dai pubblici poteri; b) Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza.(…)” 16 D) Le varietà diamesiche • Com’è noto, nello scritto non si può rappresentare nessuno degli aspetti del parlato: intonazione, altezza, velocità, esitazioni, enfasi; viceversa ci sono elementi specifici della scrittura che è impossibile tradurre nel parlato. • Anche le varietà diamesiche, con il diffondersi degli usi scritti e con l’avanzare dell’alfabetizzazione e dell’uso della lingua, vanno gradualmente riducendo la loro differenza. 17 3. Le varietà dialettali Si classificano a seconda: • della famiglia linguistica di appartenenza (dialetti galloitalici, veneti, toscani ecc.), • del grado di conservazione dei particolarismi locali (koinè, vernacoli), • della tipologia delle comunità parlanti (urbane e rurali), • della maggiore o minore “distanza” dall’italiano standard, • oscillano tra varianti più arcaiche di una parlata a quelle più decisamente italianizzate o più vicine allo standard. 18 Sul gradino più “alto” della “scala” si collocano le koinè dialettali • Sono varietà dialettali condivise da un territorio relativamente ampio che si formano quando le varietà locali si orientano verso il dialetto del capoluogo, eliminando quelle forme della “parole” che considerano come troppo locali o stigmatizzate come “rozze”. • Es.: In Veneto il veneziano si è imposto come lingua di prestigio in tutta la regione soppiantando le diverse varietà dialettali. Idem per il napoletano. 19 Il dialetto* è: “Un sistema linguistico solitamente parlato in un’area spaziale ridotta, con produzione letteraria e scritta limitata, normalmente non utilizzato in ambito ufficiale o tecnico-scientifico.” * Definizione del Dizionario della lingua italiana di F. Palazzi e G. Folena, 1992. 20 Una distinzione di tipo generale vede i dialetti d’Italia così ripartiti: 21 Conforme a suddetta definizione la dialettologia identifica quattro criteri che caratterizzano il dialetto e, soprattutto, lo differenziano dall’italiano standard/neostandard. i. Criterio sociologico: il dialetto è proprio dei gruppi culturalmente più modesti della società. ii. Criterio dei domini d’uso: il dialetto non può essere utilizzato per trattare argomenti accademici o scientifici. iii. Criterio stilistico: il dialetto non è adeguato al registro alto che si richiede ad una comunicazione di tipo formale. iv. Criterio spaziale: vedi slide successiva. 22 iv. Il Criterio spaziale Secondo tale criterio il dialetto ha una circolazione circoscritta da cui i forestieri restano esclusi. Coseriu (1988: 19-24) considera un dialetto come “un sistema di isoglosse* incluso in una lingua comune”. Così, non è possibile parlare dello spazio geografico occupato da una varietà dialettale senza tener conto di quello occupato dalla lingua comune in cui tale varietà è inclusa. * Con isoglossa si intende la linea immaginaria che unisce i punti esterni di un’area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno o tratto linguistico. 23 Il criterio spaziale/geografico è in realtà un criterio di tipo storico-culturale (teoria di tipo evoluzionistico) che vede le varietà di lingue come il prodotto di vicende extralinguistiche che hanno coinvolto i parlanti. 24 What’s new! Nel repertorio delle lingue d’Italia sono anche inserite: • Le lingue di minoranza, ovvero la lingua parlata dai gruppi minoritari. • L’italiano L2, ovvero quell’italiano parlato dalle popolazioni immigrate o in contesti di apprendimento particolari. 25 Importante! • Le varietà non si collocano “in scala” nel repertorio. Poiché fra le diverse varietà non ci sono confini netti, il repertorio linguistico d’Italia non può essere definito come un’entità discreta*: la sua struttura, piuttosto che alla scala, si avvicina al continuum (cfr. Berruto). * Insieme tale che ogni elemento può essere nettamente distinto e isolato da tutti gli altri. 26 Riferimenti bibliografici • Berruto, G., Fondamenti di Sociolinguistica, Laterza Editori, Roma, 2001. • Chambers, J.K. – Trudgill, P., La dialettologia, Il Mulino, Bologna 1987. • Grassi, C. – Sobrero, A.A. – Telmon, T., Fondamenti di dialettologia Italiana, Editori Laterza, Bari, 1997. 27 Fine