Pirandello L'umorismo H.I —n l'umorismo f La vita ě un flusso continuo1 che noi cerchiarno stařéTaniššare in torme stabiiTydeterminate, d^H fuori di noi, perché noi giá siamo torme HssateT foi si muovono in mezzo ad altre immobili, e che perc no seguire il flusso della vita, fino a tanto che, in dosi man mano, il movimento, giá a poco a poco rtiieiiiai to, non cessi. Le forme, in cui cerchiamo^ďarrestare, di fissare in noic^"^ flnssn yoprir.no. sono T concetti, sono glí ídéali a cuTWrremmoserbarci coerenti, tutte le f inzio-ni che ci creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo a staEIIiycL Ma dentro di noi stessi, in ció che noi chiamia-moinima) e che ě la vita in noi, il flusso continua, indi-stimoT^otto gli argini, oltre i limiti che noi imponiamo, componendoci una coscienza, costruendoci una personalita. In čerti momenti tempestosi, investite dal flusso, tutte quelle nostre forme fittizie crollano miseramente; e anche quello che non scorre sotto gli argini e oltre i limiti, ma che si scopre a noi distinto e che noi abbiamo con cura in-canalato nei nostri affetti, nei doveri che ci siamo impo-sti, nelle abitudini che ci siamo tracciate, in certi momenti di piena straripa e sconvolge tutto.2 Vi sono animeJirjsqujete, quasi in uno stato di fusione CQ12!Í5HÍL^i-^^nano rapprendersiT d'irrigidirsi in -^»5^firandeDo condivSS consi*r6 poi cerurXrfop^a nSdi Higher, ?ino a serv°rseneTnP amente e fece sua la formula cri-tt°Tj-piu stand* e scon ^ man*™ esplicita e intenzionale nei-let ^ ?°n co«fcfctto "pirandellismo" (si po- venne fatta e le 0pere costde^f0' che la formula a"°'a da ««• * 2 Afa : 11 Pass°^ da <3ui alla fine del capoverso, torna, solo lieve-qUPe!C modifica*o, in Suo marito (cap. 11, 3). «Perche dovevo essere 10, Im i!°'Tcosi?>>. dice anche, alio specchio, Moscarda (Uno, nessuno e cen-3 Ci' ^!bro i> cap. vn). .... Ü ,7 Vedlamo vivere: il vedersi vivere - contrapposto e incompatible con -TwTtopoi ricorrente in Pirandello assieme al motivo dello ' Cfr. drsrirgiuoco delle parti (Atto i, Seena i) e Trovarst (At- «0 1 4 Quinr ^nale: «da via Dataria», e precisato in Suo marito Sd SS 3 f' iJ Piü alto dei sette colli di Roma, fu eretto, alla finc del xv 'talio0'- i°,m°nimo palazzo, residenza papale prima reggia dei sovrani Üani dal 1870, residenza presidenziale, infine, con la repubblica. 211 i l'umorismo In certi momenddLsUenzio. im«;-,. . I nostra si spogEHiliTte ftkÄ;» cui 1W, nostn diventano piü acuti e piü penetrans ' gli <*dd ÖiS^ vediac gWida, ^u^xmx^^^t^ * una jfflpressione, come se. in „n l,ol * ľ Ure da nu- astr^ una ressione, come se, in un baleno) c J ?Unas1 g^a diversa da quella che normalment p ±nsse -a reaTta vivente okre la vista umana, fuori dd 1^°' 7* Umana ragione. Lucidissimamen e aUora k ÍT" átl dell'esistenza quotidiana, quasi sospes anel vuZT^ nostro silenzio interiore, ci appare priva áislZt qi\e scopo; e ,uella cmdezza impassibile e misterinsa, poiché le7oStr httizie relazioni consuete di sentiment! e ďimmarini si sono scisse e disgregate in essa. II yuoto interno si allarga va^ajjirftitl del HQStro corpof^yenta vuoto'intorno á noi, un^yuoto stnmg^come un arresto del tempo edella vita, come se li nostro silenzio interiore si sprofondasse negli abissi del mistero. Con uno sforzo supremo cerchia-mo allora di riacquistar la coscienza normále delle cose, di riallacciar con esse le consuete relazioni, di riconnetter le idee, di risentirci vivi come per 1'innanzi, al módo solito. Ma a questa coscienza normále, a queste idee riconnesse, a questo sentimento solito della vita non possiamo piu prestar fede, perché sappiamo ormai che sono un nostro inganno per vivere e che soJJxlc^ujii^^ mo non puó affacciarsi,sejion_a^^ --áTtimóTma dura a lungo in pažzirer^Ľ slater pressione diTs'sô, come di vertigine, con'XÍsľo'mi-sta la stabilita, pur cosi vana, delle cose. amb.z contra- ccezioS^' ^ ire: questi niomenti2r^^ .delia realta fuori dei Pf1^^ il <<%*abik tmí )eri jTSlaVita che Vitangelo M°£™^ inte»/S>í tro» - costituiscono il fondo rn.st.co fondo) ^ nei confini terreni e umani della ps**>£ £g***>^, ?> Pirandello, in quanto .senso d. I*£^utte le ^ del tremendojnmerojhe^j^ 212 /'AK/1'. '>////•/y/. 7 c apparent aJIora, ehe s'aggjra piccoJa, soJita fra q"cStc aPParenze CI sembra quasi ehe non sia piú per Xjvvero, ehe sía come twJwtasmsypm meccano £ co. darJc importanza.' come ponark rhpttto?: Oggí síamo, domani no. Che ŕaccia ci hanno dato per rappresentar la parte de) vivo? Un brutto naso? Che pena ioveni portare a spasso un brutto naso per tutta Ja víta... fortuna che, a Jungoandare, non ce n'accorgiamo piú. Se nc accorgono gJi altri, é vero, quando noi siamo ŕinanche arrivatí a credere ďavere un beJ naso; e aJJora non sappia-mo piú spiegarci perché gJi aJtri ridano, guardandoci. So-no tanti seiocehi! ConsoJiamoci guardando che orecehi ha quelJo e che labbra queJJ'aJtro; i quaJi non se n'accorgono nemmeno e hanno iJ coraggio di ridere di noi. Maschere, maschere^.2 Lfo soffio e passano.3 per dar posto ad altre' Quel pověro zoppetto Jä... Chi e? Correre aJJa morte con a stampeJIa... La vita, qua, schiaccia iJ piede a uno; cava Ja un occhio a un aJtro... Gamba di Jegno, ocehio di vetro, e avanti!4 Ciascuno si racconcia la maschera come pun - k 1 Lz vita... rispetto?: chi riemergc dalľoA* e un uomo |iuljlll"l« modiŕicato, che ha, ,im~rr"™"^^capito g gioco é e nojU^ja" credere alia quieta *ppň™™^^^ re, dovrebbe contínuare a eredere c, faTfíhta di credere. Dali «pcncnza c intuižT^3cTr^ iTgiocomnjjflfe comico solo in ap-Parenza, e il cOTof^mistiařTrěšta «assai Den dissimulate sot to 11-ronia amara, con la quale alia luce di quelľintuizione 1 Autore dissolve a una a una tutte le povere ridicole costruzioni* (A. liJgner, art- cit.). 2 Ow... maschere... : «Che la concezione di UNC [Una ^Zl^á u>mila\ sia conticua al saggio su Lumortsmo e ipotesi del tutto ovvia ed universalmente accettata? ma qui siamo addirittura al sumo anticipato ^ primi due capitoli del romanzo, con al centro il tnonfak emgrna del ^ ^•J^nzLursú^ndcltQ nelromanzo euro^eo, Bologna, II Mu-'•no, (987Ir> ?9T"n1 . 1 :2, uaJno «Ah la vita cose' Basra un soif.o a portarsela *», escfama casualmente, scoprendo cosi il propno sovmmano potere j1 morte, il protagonista e voce narrante della novella Soffio U9M). } í- wto.. .\*J3E «qualche sciagura avrebbe potuto anche svisar o, ia^li un occhio di vetro o una gamba di legno* (Uno, nessuno e cento-Libro i, cap. vu). 213 **^o» >CPnrnioOAWbfl»i»« ARIEL ^^ÄIO 3JLC UHoAxSHo^N QuadrimestraledidrammaturgiadeiristltutodiStudl Pirandelliani esulTeatroltailanoContemporaneo ANNO I - N. 3 - SETTEMBRE/DICEMBRE 1986 Direttore: Alfredo Barbina Direttore responsabile: Mario Bulzoni Comitato Scientifico: Comitato di Redazione: Segretaria di Redazione: Giovanni Antonucci; Giorgio Barberi Squarotti; Umberto Bosco; Giovan Battista Bronzini; Giovanni Ca-lendoli; Enrico Ghidetti; Adriano Magli; Bruno Maier; Nicola Mangini; Mässimo Oldoni; Silvio Pa-squazi; Giorgio Petrocchi; Paolo Emilio Poesio; Mario Pomilio; Giorgio Pullini; Mario Scaccia; Riccardo Scrivano; Giacinto Spagnoletti; Turi Vasile Anna Barsotti; Maria de las Nieves Muniz Muniz; Giovanni Marchi; Gianni Oliva; Livia Pasquazi Ferro Luzzi; SergioTorresani; PasqualeTuscano Mirella Saulini Direzione e redazione: Istituto di Studi Pirandelliai 00161 Roma, tel. 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II «progetto allusivo» ě invece escíuso dalla fenomenoTogííTtlella meraoria invo-lontaria, anche quando essa sembri risultare da modelu' in qualche modo «incrocia-ti». Ě il caso di čerte ascendenze russe indicate da Sanguineti (in una prospettiva idea-listica, fra Schopenhauer e Schelling) e ribadite dal^LcmajdP, con significativi arric-chimenti (in chiave piuttosto esistenzialistica, non senza gli echi dichiarati nell'ultima fasc montaliana), per un těsto paradigmatico degli Ossi quale 1'allucinato Forse un mat dno andando, che é databile al 1923. In causa sono il Tolstoi dei Racconti auto-biogra/ici e i contemporanei influssi degli stessi Cestov (Revelations de la mort) e Do-stoievskiU+ldjpta)áa. cui deriva, per giunta, il motivo-ghjave del «muro» oppositivo— iKČUS^*^ •££>' a quello del<> (icone di un|,causalitá-necessjtá_cgntro la liberta o il miracolo f-*£3 della «salvezzs|>>), che appunto innerva 1'immaginario di Montale fin dal lontano 1916 di Meriggiare pallido e assorto. Simile reticolato memoriále rimane pero, a no-stro avviso, ancora sostanzialmente incompleto. Sui referenti russi, pure non inattivi, sembra infatti sormontare il riverbero — davvero imprevedibile — di un luogo poco noto del saggio pirandellianq JApmorismo: uscito alle stampe nel 1908, ma di cui <^— l)r-t£>>pi<^o Montale dovette avere fra mano (á šeconda edizione, del '20 (non ne compare traccia, -bv. Rp., dunque, nel Quaderno genovese del *17). E dovette essere una lettura fulminante, se essa si era giá depositata, 1'anno prima (1922), in un těsto ancor piú fortemente pro-grammatico del giovane Montale, Ilimoni, almeno nella sua terza strofa. Ma occorre premettere 1'essenžlale sul difficile rapporto ideologico di Montale nei Iconfronti di Pirandello: non foss'altro perché Iä negativitá e quasi la diffidenza che lo 'contraddistinguono sembrerebbero scongiurare una stratégia di riprese consapevoli, i E. SANGUINETI, Forse un mattino andando, Del miscellaneo Letture Montaliane in oc-casione dell'80" compleanno del Poeta, Genova, Bozzi, 1977, pp. 49-52 specie 50; G. LONAR-DI^ // grande semenzaio: qualche trovata, in // Vecchio e U Giovane e altri studi su Montale, BoTogna, Zanichelli. 1980, p. 42-47 specie 45-46. 52 ma non cscludcrc un riemcrgcrc di dementi isolati, apparentemente casuah, sotto la soglia delia coscienza (il comportamento di Petrar(*giovane nei nguardi di Dante é. in proposito, abbastanza eloquente). Di fatto, fin dagBwórdi delia sua nflessionecri-tica, ľatteggiamento di Montale verso Pirandello é caratterizzato da un'antipatia o, forse meglio, da un'incomprensione di fondo: ehe in parte ricorda čerti nfiuti di un Croce o di un Serra2, ma per altro verso se ne differenzia. Quasi ehe di contro al rela-tivismo e irrazionalismo pirandelliani si stagliasse subito, irriducibile, quelľidea di una pocsia come «sqgno fatto alľombra delia ragione» ehe coerentemente attraversa tuttoTarco delia poetica montaíiana. ' Ě abbastanza singolare, tuttavia, ehe nel Montale ventunenne del Quaderno genovese* Pirandello venga imbrancato «coi Barrili, cogli Zuccoli [...], coi Benelli e coi Niccodemi», sulla scia non tanto di una delle «stroncature» papiniane ma, come giustamente osserva la Barile, delia lettura un po' frettolosa di una pagina di Serra. Tutta montaliana, invece, la chiosa moralistica ehe segue a tale accostamento: Qucsti... signoři sono utili nclla storia delľarte quasi quanto gli artisti. Saziano la fame letteraria del Gran Pubblico (colle majuscole) e lo distraggono dai veri poeti e dagli serittori ehe contano; i quali possono cosi, piú liberi e piú calmi, continua-re nelle loro ereazioni; e andare avanti, molto avanti. E g odere delľinaudita gioia del semidio perso tra i greggi dei medioeri; la sola gioia ehe possa ispirare il vero poeta durevolmente. Passano una decina ďanni e, recensendo sulľ«Ambrosiano» di Miláno (16 mag-gio 1928) il Panorama de la littérature italienne di Benjamin Crémieux4, egli trova modo d'insinuare le sue perplessitá sulľ«ottimismo forse eccessivo» con cui il critico francese tende a giudicare Pirandello in opposizione alle carenze del teatro italiano novecentesco. Viceversa, a distanza di molti anni da quei primi accenni, nessun'om-bra di un richiamo alľideale di un'arte piú raccolta, meno commerciale e compro-messa coi gusti deteriori di un vasto uditorio, si avverte nel riferimento di ordine politico al «drammaturgo di larga fáma ma tutťaltro ehe in linea nelľispirazione fonda-mentale», ehe «aderl apertamente al regime dopo il delitto Matteotti (e fece poi in tempo a pentirsene); ma per quel suo gesto fu chiamato tra i primissimi a far parte delľaccademia». Che ě giudizio complessivamente equo, alľinterno dello splendido saggio Ilfascismo e la letíeratura (1945)', dove insieme si ribadisce la strumentalizza-zione che di Pirandello venne operata in quel torno di tempo, anche sulľonda del «prestigio» emanante dal premio Nobel. Successivi approcci appaiono del tutto provvisori, anzi piuttosto frettolosi. A sca-denza piú ravvicinata, questa volta di appena quattro anni (ma ormai il poeta faceva 2 Cfr. U. PIROTTI, Su «Le leltere» di Renato Serra, in «Studi e problemi di critica testua le»,33(ottobrel986),pp. 126-128. ' E. MONTALE, Quaderno genovese, a eura di L. BARILE con uno seritto di S. SOLMI Miláno, Mondadori, 1983, pp. 15 e 114. * OrainE. MONTALE, Sulla pocsia, acuradiG. ZAMPA, Miláno, Mondadori, 1976, pp 163 ss. > OrainE. MONTALE, Auto da fé, Miláno, II Saggiatore, 1966, pp. 20 ss. e 24. 53 di professions il giornalista cd era costretto a prendere la parola assai di frequente), Montale interviene sul «Corriere d'lnformazione» del 10 ottobre 1949 con una breve recensione4 all'antologia di Mario Bonfantini, La letteratura italiana del '900. Tali pagine, che recano il titolo significative Anche senza gigantl i un bei panorama, esauriscono ogni debito verso Pirandello in un avallo abbastanza neutro della sua scontata inclusione (da parte del Bonfantini) fra la schiera dei moderni che qualcosa «hanno fatto e tentato per sprovincializzare la nostra letteratura»: a sgravio di re-sponsabilitä, ci si appella alle notissime diagnosi di un Binni e di un Sapegno. Si deve attendere il '55 per captarc sul «Corriere della Sera», entro la recensione a Les a beilies d'Aristte di Wladimir Weidle, una lode al clerc russo-francese («egli giunge a parlare di Pirandello come farebbe uno dei nostri migliori critici, senza indulges alia retorica dell"uno, nessuno, centomila'»)7 che si risolve in un malcelato disprezzo per quella topica relativistica del romanziere e uomo di teatro; o il '62 (e il convegno dcgli amici del «Mondo») per sorprendere, dietro le linee pacate di una sua resa dei conti con Benedetto Croce, certa bruciante (sia pure non totale) adesione alle opinioni crociane su Pirandello, «che per lui doveva appartenere alia classe degli pscudopoeti filosofanti, il che era parzialmente vero»8. Piü nel vivo della polemica ci guida il succinto ma a suo modo esauriente interven-to del '64, sul «Corriere della Sera»9: per quel che io sappia, la piü esplicita dichiara-zione di un rifiuto viscerale, oltre che 1'estrcmo consuntivo di quel difficile rapporto 10. AH'acousa, rivoltagli da Carlo Terron, di aver fatto sommaria giustizia del teatro italiano otto-novecentesco in un suo precedente corsivo, egli cosi si giustifi-ca, proprio per Pirandello: So benissimo che ha messo a soqquadro il teatro europeo, e personalmente lo credo migliore dei van Ioncsco e Beckett. Non sono mai stato tra coloro che lo accu-savano di scriver male e non so sc abbiano ragione i critici che preferiscono i suoi racconti. Cid non toglie che il suo lavoro piü dotato — Cos) e, se vi pare — si svuoti al terzo atto perche e'e un suo personaggio che sa la verita ma preferisce non dirla per render possibile il dramma. Osservo pure che i Sei personaggi e PEnrico IV, malgrado i grandi successi, lasciano dclusi coloro che si provano a ri-leggcrli. Non per questo si nega che Pirandello merili di essere studiato e rappre-sentato. Che e un modo di dire e disdire, avallare pallide lodi per mettere invece in rilievo limiti invalicabili, concedcre qualche pregio per toglierne altri e di maggior momento: * Sullapoesia..., pp. 167 SS. i Ibid., p. 123. • Ibid., p. 137. » Autodafe..., pp. 325-326. io A tale regesto di interventi montaliani su Pirandello ben poco infatti si puô aggiungere (e per date anteriori) sulla scorta della Bibliografia montaliana di L. BARILE (Milano, Mondado-ri, 1977, pp. 69, 187): appena Pinsignificante recensione del '24 a La sagra del Signore della nave e quella del '62 al balletto di Alfredo Casella La giara, tratto dall'omonima novella. 54 . -I .u« /ii Petrarca verso Dante nella insomma, un atteggiamento abbastanza simile a quello ai r^*V* ... . cc0 di Wiehre epistola al Boccaccio. Nel nostro caso, perö, resta insp eg W ° scacco quella che avrebbe potuto essere (o diventarc) una qualche aff.n.tä elett.va, specie pe chi ponga mente agli Ultimi svolgimenti montaliani, a partire da Saturn t aa cc"c^ messe «romanzesche» della Farfalla diDinard. Tanto piü ciö si dica alia luce ai qua 'lo splendido referto di Tozzi, risalente a molti anni prima " : «11 Pirandello e un cn-struttore di ciö che sembra per i piü una necessitä Urica. Ma crea, per questa ragione, [...] una sua personale Urica negativa. In questa sua furia di far salire la fantasia morale, che e tuttavia interWeÖrJqmtoinque altra cosa egU e un lirico a rovescio». Ma con questo «lirico a rovescio» Montale non entrö in contatto neppure nel suo quarto libro, che era appunto «il rovescio di un dritto»11. Eppure, fin da anni lontani, almeno una pagina di Pirandello, di quel saggio su L 'umorismo da lui mai citato, gli ha salato il sangue mescolandosi con la lezione lun-gamente assorbita dei Russi chiamati in causa, per Forse un mattino andando,, dai cri-tici piü avvertiti; non direi con altri testi pirandelliani che svolgono una tematica affine 13. Ma un geniale intervento di Ruggero Jacobbi giunge a evocare intorno a questo testo-chiave del giovane Montale una piü complessa costellazione di modelli possibili14: Un pezzo come Forse un mattino andando non si comprenderebbe senza la memoria di Sendling e senza la sua particolarissima lettura di Boehme (le Ricerche filosofichesull'essenza della liberta umana erano State tradotte dal Losacco per la «Cultura dell'anima» di Papini, e negli anni medesimi degli Ossi veniva fuori una scelta boehmiana a eura di Banfi). n F. TOZZ1, Realtä di ieri e di oggi, con prefazione di G. FANC1ULL1, Miláno, Alpes, 1928, p. 250. i2 Si faccia forse eccezione per qualche spunto topico: cfr. nota 17 qui appresso. Piu in generále: M. MARTELLI, // rovescio della poesia, Miláno, Longanesi, 1977, passim; ed E. PA-SQUINI, Una«suite» romanzesca: «DpfíouriíifugJi» in,^Saíuro», nel collettaneo Scrittura e societa. Studi in onore di Ofle/flm^aria/i/TRoníKHMč^ pp. 269-270. u Ci riferiamo al romanzo Giustino Roncella nato Boggiôlo, apparso nel 1911 con altro ti-tolo (Suo marito) almeno per due passi (in L. PIRANDELLO, Tutli i romanzi, a eura di C. ALVARO, Miláno, Mondadori, 1963), pp. 553 («E quella vita lá, di cui egli ormai sentiva ľin-dipendenza prodigiosa...») e 692-693 («Fuori di tutte le cose ehe davan senso alia vita degli uo-mini...»); alľaltro e piů noto romanzo / vecehi e i giovani (uscito in volume nel '13), ed. cit., pp. 804 («Ma il silenzio attorno era cosi attonito...») e 942 («Dentro quel suo stesso corpo, in-tanto, in ciô ehe egli chiamava anima...»); alia novella Pena di vivere cosi (1915), in Novelle per un anno, I, Miláno, Mondadori, 1937, pp. 999 («Ma c'e per questo silenzio...») e 1000 («Ha troppo attento lo spirito...»); e al dramma Vestiregli ignudi(1922), per certe battute di Franco e Ludovico in apertura del secondo atto (Maschere nude, 1, Miláno, Mondadori, 1968, p. 903). Sul saggio del 1908, anche per i riscontri interní alia narrativa pirandelliana, é doveroso rinviare a M. GUGLIELMINETT1, // romanzo del Novecento italiano ecc, Roma, Editori Riuniti, 1986, pp. 76 ss. specie 85, dove si registra il parziale trapianto della pagina in questione entro Suo marito, in un paragrafo poi soppresso nel «rifacimento tardivo e non compiuto del romanzo). In altra orbita s'aggirava R. BARILLI, La poetka di Pirandello, in La barriera del nátura-lismoccc, Miláno, Mursia, 1964, pp. 26-30; nonché il piů recenteG. GUGL1ELM1. // Peri Ba-thgus di Pirandello, i»H4ntcrsezionbx.lLíl982). dp. 579-6fXV .-- i< R. JACOBBI, L 'avventura del Novecento, a eura di A. DOLFI, Miláno, Garzanti, 1984, pp. 489449«: 55 Simile indicazione va poi precisandosi con l'inclusionc anche di Pirandello: linchfc il mirucolo ci vicne svelato nella sua possibility: in Forse un mattino an-dondo Monlalc cl dice quale sarebbe l'evento decisivo: scoprire che il mondo e inc^istejite, ed anzi essere il solo a scoprirlo, lasciando gli allri uomini nel grigio delta loro necessaria «mcnzogna vjtaje» (tema di Ibsen e Pirandello). Questo e idealismo, si dira: certaniente, pero si tratta dell'idealismo assoluto caro ai miste-riosofi, ai maghi (Onofri, Evola) e la cui radice sta appunlo in Boehme, nell'ulti-mo Schelling. a. Ma se lascia alquanto perplessi questa lettura di Montale in chiave iniziatica e oc-cultistica, il gencrico richiamo a Pirandello trova un suo chiarimento parziale nelle Note sul Pirandello narratore (1978) " , dove — a proposito dei Quaderni di Serafino Gubbio operátore — si cita con alcuni tagli un passo del saggio su L 'umorismo; e di questo puntualmente Jacobbi rileva il «movimento mentale», lo «scatto caratteria-le», attraverso cui Pirandello ha rotto i ponti con I'Ottocenlo ed é diventato uno scrit-tore moderno 16. Pii) intcrcssa qui la postilla che segue: Ognuno potrá ritrovare da sc, ncl brano citato, Ic infinite corrispondenze con in-tuizioni ulleriori delta letleratura italiana ed curopca del nuovo secolo: «il vuoto .ill; mie spalte, il vuoto dictro di mc» (Montale), «c del tempo fu sospeso il corso» (Campana), «di assai aridita mi vivo» (Quasimodo), «Pexistence est ailleurs» (Breton), «raios partám a vida c quem lá andc» (Pessoa), «l'angoscia di sparire» (Rilke) e tutti i derivati dcll'Assenza mallarmeana fino a quella novissima metafi-sica dclla letteratura che si esempla in Blanchot. Gli esempi sono un po' giustapposti alla rinfusa, non senza qualche incongruenza; ma quella pagina de L 'umorismo merita invero deduzioni di simile portata, specie se la restituiamo all'intero blocco contcstuale, coerente ai duc estremi. Cosi, la vediamo sorgere dal terna della vita come «flusso continuo», che l'uomo tende a «fissare in forme stabili» proprio per rendcrla orhögeneä a noi, che siamo giá «forme fissate» in quanto (con un movimento che via via s'irrigidisce fino aH'arre.sto) ci siamo costruili una faccia, una personalita, per noi come per gli allri. Ma dentro di noi la vita-anima resta allo statu t'luido; e alle volte accade che la nostra «forma», il nostro stesso corpo sorpreso nei suoi gesti istintivi, ci paiano estranei a quel nostro scorrere interno (e sono gli attimi in cui «ci vediamo vivere»).]D'altra p^rle^jccco la stessa pagina riverbe-rarsi, successivamente, nel tema grottesco delle \<(nasshereAhe siamo costretti a por-tare a spasso per tutta la vita e che di questa co: ^Tio quasi l'atrocc fantasmago- na }i mezzo a questi duc motivi sconvolgcnti, col loro ritmo di sarabanda, il brivido is L'awenturadelNovecento....pp.385-386.. ^Ifo^O^ i« La citazionc del brano de L 'umorismo e tratta dalla prima edizione, Lanciano, Carabba, 1908, pp. 177-178. » Concetto che, davvero centrale in Pirandello, riemerge forse neU'ultimo MpnJtale col tema dclle «maschcrc» e <• Acutissima la ripresa del motivo dello «schermo» in chiave cinematografica presso 1. CALVINO, Forse un mattino andando, nelle LettureMontaliane..., p. 44. 57 Non nc derivera un effctto-eco, nel seruo che potremo ancora leggere L umorismo senza riverberarvi dentro il Monule degli Ossi; ma certo ne verra modi-ncau e accresciuta la nostra comprensione del primo Montale, sempre piü sottratto a un ipoteca di naXf. Tanto piü che ben altro sistema di isomorfismi, per giunta in prc-s«nza di una singolare affiniti ritmico-timbrica, sembra emergere daH'accostamento — ule da far impallidire ogni altra possibile suggestione — fra la stessa pagina de L 'umorismo e / llmoni, grande testo programmatico del primo libro montaliano. £ la consonanza perentoria deU'avvio, «In certi momenli di silemio interiore, in cui l'anima nostra si spoglia...»che riemerge nel parallelo attacco della terza strofa dei Limoni, »Vedi, in questisilenzi in cui le cose / s'abbandonano...»20; e l'indugio apparentemente pleonastico su «una realid di versa da quella che normalmente perce-piamo, una reaitd vivente oltre la finzione colorata dei nostri sensi, oltre la vista uma-na, fuori delle forme dell'umana ragione», poi contralto nel\'«arreslo del tempo e delta vita», che si sigilla nel «punto mono del mondo (...) che finalmente ci metta / nel mezzo di una veritä»; sono «gli occhi nostri» divenuti »piü acutie piü penelrantr» che si assolutizzano in quello sguardo che «fruga d'intorno». Non ne viene, neppure qui, Pimpulso per un'eco a ritroso; ma e certo che i due te-sti raontaliani si confermano vicendevolmente come esiti gemelli e complementari: grazie anche a quella comune ascendenza che e insieme la garanzia dell'iscrizione di Montale, appena esordiente, sotto la costellazione della modernita piü consumata. Rifiutando Pirandello in blocco, egli ne assume perö — nell'onda della memoria in-volontaria — la cifra decisiva di iinajfseconda. viitaü, che non e dunque soltanto quella dei Russi (il Dostoievski e il Tolsfoi letti appassionatamente negli anni del Quaderno genovese, poco dopo anche Cestov); ma insieme quella scoperta del «vuo-_ ^gj^tfsolido nulla» leopardiano coniugato col gouf/redi tanti decadenti) o di una ■■ ' autre, che ugualoiente provoca gun terrorc di ubriaco», il rischio "di morire o d'impazzire/; e quasi una «vertiginc», ma al tempo stesso la sensazione di un'esistenza quotidiana «priva di senso, priva di scopo». II che forse equivale a dire che «Tä'barriera del naturalismo/> s'infranse, per il giovane Montale, proprio nella scia del poco amato Pirandello. k i« Con riprese nei succesiivi «vuoto di quel nostro silenzio interiore» e «il nostro silenzio int«riore/». » Con eco nei silenzi del terzultimo verso. Satura II QUI E LA Da tempo stiamo nxavanrjo h xeays>:'-.'::.->//. ' '' ma il guaio c che non si;m/j ■;npre glí stapí. Molti sono giá moru, altri cambiano sesso, mutano barbe volti lingua o eta. $ Ďa^^^^prq^íamo fdží secoli) je parti, la tirata di fondo o solamente 'il signore ě servito' e nulla piú. Da millenni attendiamo che qualcuno ci saluti al proscenio con battimani o anche con qualche fischio, non importa, purché ci riconforti un nous sommes la. Purtroppo non pensiamo in francese e cosi restiamo sempře al qui e mai al lá.