,„ difettivo, «il pi" caro> ú Piú bel,0>>- Questn ^ , fatti portato via u ug»" ». interpretazione «......----a .„ . - ^umati suggenrä anche una e viaveva nutrito e allevato «tutti ,i suoi figli», dice°^ non volea lasc.are la casa, poich ^a t0 tornerä a prevalere suU5«mnato amore» favola» di Gadda); ma spesso foj cattivo e prevedo che sarö ^ tante delusioni hanno ^Mto toM . ß perche troppe divergenze abb amo su mtto numerose pagine d 1 X, Lrä subito la Proline^e^^g ^ g Gadfe narratore. [.,] Ma ^Ä^fÄÄ provocata, anzi simboleggiata dail'att ^ farä sentire in un altra dir^ ^mo] p& bene ai muri di Longone, alle segguf di St ^Ä^S -Ha memoria del cronista e de, n» fc * ricÄapropm infanzia di creatura difettiva «cm non nsere parentes», oggetto di un'e-duc zfonePpatologicamente sofferta («la disperazione mi chiamava, chiamava dal fondo de' sum deserti senza caritä»), si fa causa e fomite di dehranti tmmaginazronu [...} ,,, Roscioni, Nota introduttiva a C.E. Gadda, La cognizione del dolore, Einaudi, Torino 1970, pp. xii-xm, xiv-xvj Ingravallo e il pasticciaccio brutto Quer pasticciaccio brutto de via Merulana ěforse ľopera piú nota di Gadda, e con ĽA-dalgisa e soprattutto con La cognizione del dolore costituisce uno dei suoi capolavori. Lo scrittore milanese, perö, se in queste ultime opere ritrae gli ambienti lombardi a luipiü familiari, col Pasticciaccio si avventura nella Roma degli anni del fascismo. Nel romanzo c in parte negli episodi trascelti ritroviamo U terna delľinchiesta poliziesca e soprattutto il tema-chiave delgarbuglio o, qui con vocabolo meridionale, «gliuommero». Proponiamo le pagine iniziali del romanzo che introducono il commissario Ciccio Ingravallo, un alter ego di Gadda stesso, e la descrizione delia scéna delľomirídio di lukna Baldncci, che darä il via alle indagini, cosi come lo immagina il commissario. /Quer pasticciaccio brutto de via MerulanaJ !A] , ? Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo co-rnandato alla mobile: uno dei piú giovani e, non si sa perché, invidiati runzionari del a sezione investigativa: ubiquo' ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi. Di s a ura media, pmttosto rotondo della persona, o forse un po' tozzo, di capelli ne-3 due bern^rnr ?!^ TÍT, faori dalla meta della f™te quasi a riparargü i Sn^Sľ^ífH-81"1 f1 bd S°Íe ďltalia' aveva un'aria * Po' assonnata, batt>tTunf\Z6 dm°cco,ata> un f^e un po' tonto come di persona ehe com- eva di^Äľc^n^8^ VeStÍt° C°me Ü ma8ro ono^io statale & Per' do, del nostro mondo detto «ttinÄ* Una CCrta Praticaccia j* * dí certo avercela: una cer^nôt^ľ'^fí116 gl°VÍne (trentacinquenne), doveva* drona di casa lo venerľví"nonT ^ UOmÜli: e anche delle donne. La sua P*' ruffio strano ďogni trillo' e d Wk F*Va: in ra§ione di e nonostante quell ar-* e ďore senza pace, ehe forrnavan0 ilTľ ^ ÍmPrevista> e di chiamate nottg* mavano ,1 tormentato contesto del di lui tempo- «Non f uh}*w- «Pace di essere presente in A ,r- 'Utw/wŕ:7°ranrente «P«bofe> ° Ímpreviste e Warenteste —11 C ^ quell arruffio... milo: le chiamate telefonid* tUne (d°nde arru^' gaddat109 ha orario, non ha oráno! len mi e tornato che faceva giorno!» Era, per lei, lo «sta-tale distintissimo» lungamente sognato, preceduto da cinque A< sulla inserzione del Messaggero, evocato, pompato fuori dallassortimento infinito degJi statali con quelťesca della «bella assolata affittasi» e non ostaňte la perentoria intimazione al-la chiusura: «Escluse donne»: che nel gergo delle inserzioni del Messaggero offre, com'ě noto, una duplice possibilitá dmterpretazione.4 E poi era riuscito a far chiudere un occhio alla questura su quella ridicola storia dellammenda... si, della multa per la mancata richiesta della licenza di locazione... che se la dividevano a metá, la multa, tra governatorato e questura. «Una signora come me! Vedova del 25 commendatore Antonini! Che si puó dire che tutta Roma lo conosceva: e quanti lo conoscevano, lo portavano tutti in parma de mano, non dico perché fosse mio marito, bonanima! E mo me prendono per unaffittacamere! Io affittacamere? Madonna santa, piuttosto me butto a fiume.» Nella sua saggezza e nella sua povertá molisana, il dottor Ingravallo, che pareva 30 vivere di silenzio e di sonno sorto la giungla nera di quella parrucca, lucida come pece e riccioluta come ďagnello ďAstrakan, nella sua saggezza interrompeva talo-ra codesto sonno e silenzio per enunciare qualche teoretica idea (idea generále sintende) sui casi degli uomini: e delle donne. A prima vista, cioě al primo udirle, sembravano banalita. Non erano banalita. Cosi quei rapidi enunciati, che faceva-no sulla sua bocca il crepitio improwiso ďuno zolfanello illuminatore, rivivevano poi nei timpani della gente a distanza di ore, o di mesi, dalla enunciazione: come dopo un misterioso tempo incubatorio. «Giá!» riconosceva Finteressato: «il dottor Ingravallo me 1'aveva pur detto.» Sosteneva, fra 1'altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o 1'effetto che dir si voglia ďun unico motivo, ďuna causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicitá di causali convergenti.5 Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. Ma il termine giuridico «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia. L'opinione che bi-"nasse «riformare in noi il senso della categoria di causa» quale avevano dai filosof!, da Aristotele o da Emmanuele Kant, e sostituire alla causa le cause era in lui una opinione centrále e persistente: una fissazione, quasi: che gli evaporava dalle labbra carnose, ma piuttosto bianche, dove un mozzicone di sigaretta spenta pareva, pencolando da un angolo, accompagnare la sonnolenza dello sguardo e il qua-si-ghigno, tra amaro e scettico, a cui per «vecchia» abitudine soleva atteggiare la metá inferiore della faccia, sotto quel sonno della fronte e delle palpebre e quel nero piceo6 della parrucca. Cosi, proprio cosi, aweniva dei «suoi» delitti. «Quan-no me chiammeno!... Giá. Si me chiammeno a me... puó sta ssicure ch ě nu guaio: quacche gliuommero... de sberretá...»7 diceva, contaminando napolitano, molisa- 10U causakapparente, la causale principe, era si una. Ma il fattaccio era 1'effetto di tutta una nS di causali che gli erano soffiate addosso a mohnello (come, sedí- cinque A: anteposte alľannuncio al fine di farlo "mparire alľinizio delle inserzioni, che sono di-sPoste in ordine alfabetico («AAAAA statale di- 'intissimo bella assolata affittasi, fine pensione. via Gelsomino 119 B piano ultimo. Escluse don-"<-'>., come ad altro proposito esemphfica Gadda iedesimo in Eros e Priapo, Garzanti, Milano 1968,p.63). . una duplice... interpretazione. quella lettera e e luella, per cosi dire, in codice, al fine di segnalare "ia casa ďappuntamenti. 5 causali convergenti: cause che convergono a de-terminare 1'evento singolo; causale ě termine del linguaggio burocratico e giuridico, come vien precisato poi. 6 nero plcex nero di pece. ? auacche... sberretiL qualche garbuglio... da sber-rettarsi (di fronte a cui levarsi il cappello in segno di Se to; oppure: alle prese con .1 quale levars. Ícappelío per il sudore, la fttica; ao , » ogn. ca-so- "garbuglio diřficilmente solub.le ). I ( I ,\ssl< I n.iniHo s'awiluppano a tromba in una depression k ci vcnti della rosa c.e. ven i ndo s J v ^ tldi((() |;) ^.F 0£ Joim>0 o avovano Im to Pu u gK>n * *1 mwnd0W- ( °,m; v Í 1 e u v reno addo'n'i vuo truva».' UwlSftj no stancamente, «ch 1 lemmc k sc ruruv«. oeiitirsi com,, ,? dizionc italica del violo -hmluv la lomme* ^l^^^^}!^ y ilunni ito 'o lemmene, o voler mutare idea. Ma allora si sarebbe anoati nel diffici-; Si č taceva pensieroso, come lernende d aver detto troppo. Voleya signifies „, ,hc un ceno movente alíe.iivo, un tanto o, chřeste oggi.un quanta di affettivitá, un ceno -quanta di erolia», si mescolava anche a. «casi d mteresse», ai delitti ap-parenlemente Pii. lonlani dalle tempesle ďamore. Qualche collega un tantino in-vidioso dolle sue trovate, qualche přete piů edotto de. molti danni del secolo, alcu-ni subalterni, čerti uscieri, i superioři, sostenevano che leggesse dei libn straní: da to cui cavava tulte quelle parole che nou vogliono dir nulla, o quasi nulla, ma servo-no come non altre ad accilcccare" gli sproweduti, gli ignari. Erano questioni un po' da manicomio: una terminologia da medi( i dei matli. Per la pratica ci vuol al tro! 1 ťumi e le filosofícherie son da lasciare ai trattatisti: la pratica dei commissa-riati e della squadra mobile ě tutťun altro affare: ci vuole della gran pazienza, del-75 la gran caritá: uno stomaco pur anche a posto: e, quando non traballi tutta la ba-racca dei taliáni,'- senso di responsabilitá e decisione sicura, moderazione civile; gia: giä: e polso formo. Di queste obiezioni cosi giuste lui, don Ciccio, non se ne dava per inteso: seguitava a dormire in piedi, a filosofare a stomaco vuoto, e a fingere di fumare la sua mezza sigheretta, regolarmente spenta. 1 parenti furono «awertiti» uffkialmente a sera tarda, ma Ingravallo, fin da la matina, aveva proibito de falli enträ.1 Rinnovate inchieste e puntuali contestazioni autoptiche,' tanto der capoccione don Ciccio che der maresciallo Valiani, be', se sa non significarono gran che.1 Be', cioe: qualche evidenza di furto. Nessun'arme fu i rinvenuta. Ma diversi tiretti e cassetti, a guardacce dentro, se capi che quarche co-sa aveveno de sapeV Non apparvero poi tanto ignari, quanto dal di fuori si davan I ana. Armi, no. E nessuna indieazione, eccettoch£ le gocce rosse per terra, e quel sangue trascinato dai tacchi. Presso lo sciacquatore, in eucina, il pavimento a ... °!n 7 r8nat° d ^T3- U" C°ltell° «affi'atissimo» e dei tutto assente era Li1 n!:: aVCr PT° laVO/are 3 qud modo- Le g°cce- anziehe da mano as-1 V ° g0CC10late f'Ü da U" coltella Nere> ora. La inopinata lucentezza, .1 taghente e la breve acutta d'una lama.< I„ lei uno sgomento. Lui, di certo, aveva strizzare... «ragione del mondo»: annientare nel caotico vort.ee del delitto (continua la metafora de. vent.) 1'indebolita ra/.ionalitá del mondo, l'in-debolito ordine del reále. ' «ch7 femmene... truvá»; che le donne si trovano dove non le vorresti trovare. 1° "chZchez f™™*: cercate la donna (come causal. pnvlegiate dei garbugli e dei delitti) tmhem,% mgannare gli sproweduti, buriarsi d. loro, rna probabilitě anche ingarbugliar lo 12 la baracca dei taliáni; lo stato (degli italiani). ' *£" "?í * farli entrare. II narratore assu me spesso I dialetto romanesco, talora o>r . pl.ee m.mesi ambientale, si direbbe, a,< , co^' evoca/.ione della parlata e del punto di vista di qualche personaggio. contestazioni autoptiche. ispezioni. "on significarono gran che. non portarono a K'-.iiidi risultati (in quanto a raccolta di indizi e prove). auarche cosa aveveno da sapé. qualcosa doveva-'"> sapere (cioě dovevano essere stati forzat. o Jrugati). mopinata... acuitá ďuna lama: con l'ißW*' !'"'e della lama del coltello, non rinvenuto su ll"'8«» del delitto, inizia la rievocazione menta 'lell om.cidio da parte del commissario. Si j» ll.ul di immagini autonome, irrelate e frammen ^ "e. che nel seguito assumono la físionomw racconto disteso. 1 í i $ í t: a i 25 O tl b r; a 30 ai « la 35 dl N la m * pi P' z\ in C( g< 50 tl. & P; (1, 066 colpito airimprowiso: e insistito poi nella gola, nella trachea, con efferata sicurez-za. La «colluttazione» se pure era da credervi, doveva essere stata nient'altro che 15 un misero conato, da parte della vittima, uno sguardo atterrito e subitamente im-plorante, l'abbozzo di un gesto: una mano levata appena, bianca, a stornare l'or-rore, a tentar di stringere U polso villoso,6 la mano implacabile e nera dell'omici-da, la sinistra, che giä le adunghiava il volto e le arrovesciava il capo a ottener la gola piu libera, interamente nuda e indifesa contro il balenare d'una lama: che la 20 destra aveva giä estratto a voler ferire, ad uccidere. Una cerea mano si allentava, ricadeva... quando Liliana aveva giä il cortello den-tro il respiro, che le lacerava, le straziava la trachea: e il sangue, a tirä er fiato, le annava giú ner polmone: e il fiato le gorgogliava fuora in quella tosse, in quello strazio, da pare tante bolle de sapone rosse: e la carotide, la jugulare, buttaveno 25 come due pompe de pozzo, lüf lúf, a mezzo metro de distanza. Il fiato, l'ultimo, de traverso, a bolle, in quella porpora atroce della sua vita: e si sentiva il sangue, nella bocca, e vedeva quegli occhi, non piu d'uomo,7 sulla piaga: ch'era ancora da lavo-rare: un colpo ancora: gli occhi! della belva infinita. La insospettata ferocia delle cose... le si rivelava d'un subito... brevi anni! Ma lo spasimo le toglieva il senso, 30 annichilava la memoria, la vita. Una dolciastra, una tepida sapiditä della notte. Le mani, bianchissime, con quelle tenere unghie, color pervinca, ora, non pre-sentavano tagli: non aveva potuto, non aveva osato afferrare il tagliente, o fermare la determinazione del carnefice. Si era conceduta al carnefice. II viso e il naso ap-parivano sgraffiati, qua e lä, nella stanchezza e nel pallore della morte come se l'o- 35 dio avesse oltrepassato la morte. Le dita erano prive di anelli, la fede era sparita. Né veniva in mente, allora, di imputarne la sparizione alia patria.8 II coltello aveva lavorato da par suo. Liliana! Liliana!9 A don Ciccio pareva che ogni forma del mondo si ottenebrasse, ogni gentilezza del mondo. L'incaricato dell'ufficio criminologico escluse il rasoio, che da tagli piu netti, ma to piü superficiali, cosi opino, e, in genere, multipli: non potendo venir adibito di punta, né con tanta violenza. Violenza? Si, la ferita era profondissima, orribile: aveva resecato metä il collo, a momenti. In tutta la camera da pranzo, no, nessun indizio... airinfuori der sangue. In giro pe l'altre camere nemmeno. Salvoché ancora sangue: delle tracce palesi ne lo sciacquatore de cucina: diluito, da parer quel- 45 lo d'una rana: e molte gocce scarlatte o giä nere, sur pavimento, rotonde e radiate come ne fa il sangue a lassallo gocciolä per terra: come sezioni d'asteroidi: quelle gocce, orribili, davano segno d'un itinerario evidente: dal superstite ingombro del corpo, dalla tepida testimonianza di lei, mortal... Liliana! fino a lo sciacquatore de cucina, al gelo e al lavacro: al gelo che d'ogni memoria ci assolve.10 Molte gocce, 50 nella camera da pranzo, ecco, di cui cinque o pure piu ereno finitime all'altro sangue, a tutto quer pasticcio, alle macchie e alia pozza piu grossa, de dove l'aveveno preso pe strascinallo in giro co le scarpe, queli maledetti caprari. Molte ner corri-dore, un po' piu piccole, molte in cucina: e alcune sfregate via come pe cancellalle co la sola da nun falle vede su le mattonelle bianche, ad esagono. Furono tentati i 55 mobili: undici fra cassetti e sportelli, d'armadi e de credenze, non li poterono il polso villoso: il commissario immagina che l'assassino sia un uomo. non piu d'uomo: ľuomo si é tramutato in belva, Jnzi in «belva infinita», come vien detto subito dopo. Né veniva... patria: allude alle donazioni di inelli, fedi matrimoniali e altre gioie richiesta dal governo fascista a sostegno della patria. liliana! Liliana!: il commissario Ingravallo co- nosceva personalmente la vittima, Liliana Bal-ducci, che qui chiama per nome. 10 al gelo che ď ogni memoria ci assolve: dal corpo ancora caldo della vittima al gelo delľacqua del lavandino; ma nella mente di Ingravallo ľitinera-rio delľassassino si confonde con un altro itinerario, dal calore della vita al gelo della morte (tale precisamente é il gelo che «d'ogni memoria ci assolve»). i classici lguardato a vista dadue agenti A* Giuliano," m salotto, era g a segUitavano a girare e a s ■ , ' ^toV^J^^^Ocáo sedette, affranto, in anti^ dare per la casa. Un urto de ner un commiato> la „, Pdelgiudice. Po! nando'M^^ H fot0grafi, badando non insud ' attesa 60 ce. ťtnu t oce h totogran, oaaanao non ,nsudi ■ ra sopra a cui stáváno a P^^ ^ schermi, fíli, treppiedi, pure loro o le loro trappoie, dietrQ a du portrone) e avev Lffietto. Aveveno gra scovato due pre ^ ^ ^ ^ ľappartamemo glfa to vrtala varvoladu o trevo, ^ ni sin f ^ sero per il magnesio Aggeggia stanchezza:1' un freddo, un pověro re 65 ^tSSacSSiTLeloro manovre de mosconi, quelffili,qui "ľ0' °Jh S^iW mettese ďaccordo sottovoce pe vedé de nun faje pijaf0, ÄlÄ- U primo ronzare delľetermtä sut sen, opachi di lei, de quľ corpo de donna che nun ciaveva piú pudore ne memona. Operavano sul-70 ťaľvdttima>> senza riguardame la pena, e senza poterne riscattare 1 ignomima. I, bellezza ľindumento, la spenta carne di Lihana era la: il dolce corpo, nvestlto an-cora agli sguardi. Nella turpitudine di quelľatteggiamento mvolontano - della quale erano motivi, certo, e la gonna rilevata addietro dalľoltraggio e ľostensione delle gambe, su su, e del rilievo e della solcatura di voluttä che incupidiva i piúde 75 boli: e gli occhi affossati, ma orribilmente aperti nel nulla, fermi a una meta inane sulla credenza14 - la morte gli apparve, a don Ciccio, una decombinazione estrema dei possibili, uno sfasarsi di idee interdipendenti, armonizzate giä nella persona, Come il risolversi ďuna unitä che non ce la fa piú ad essere e ad operare corae tale, nella caduta improwisa dei rapporti, ďogni rapporto con la realtä sistematrice. 11 Giuliano: Giuliano Valdarena, il cugino della vittima, che aveva rinvenuto il cadavere e che e il primo indiziato del delitto. Cristoforo e viceversa un agente. 12 il magnesio: il flash al magnesio (dopo che i fo-tografi hanno inutilmente tentato di usare quelli elettrici, facendo saltare le valvole). 13 quella terrificante stanchezza: il cadavere della Balducci, designato astrattamente. Cfr. la «la$s; tudine» di Tendo al mio fine (t106, alia nota 45 da intendersi come rilassamento, decomposizN ne della materia corporea, per cui Gadda anno: va: «e una interpretazione biologica della morte 14 fermi... credenza: rivolti verso la credenza, n-vanamente (inane), perche ormai non vedon1 piu. TW dduPaSticd° ° nodo ° groviglio o garbuglio o g* di metafoře come bazar cXon. °' Pandemo"<° e appunto pasticcio, per non d«e compare nella pagina iniziale del PnC°ravanserra9lio, casino, manicomio, polipaio, > cio Ingravallo a metá tra il teenier aC°? COme oaa.etto di una riflessione di don Cic e la realta tutta, ě un e « ^sobco. II delitto, come la vita va be I'investigatore del reab CaTo Emt V*' L°USe e conca"se, che il commissario W° "decomk Gadda cercano di dipanare tvZr™ de"e fila«e ^ "on abbiaTo riportato: |K ~s0rsi: unricc'o!- s bdiSuella spumiccia nera prio di oani ů da a lun9o distinanp » i, lcme rimaste a mezzo» p. 63). ^ -a ě |^ ^eir^l ("Ca°s 4aSo!Z l1 T Caos P°^ivo, indizio div**** Í ^ di onTganl^1?' ^ ě " P^dT"^ S°dali dell'uomo lche "^jí * —_^utturato. Questa amh ° ^ in ^anto di«g"9°zi°n*> 0 --_J^mbivalenza - che ha un corrisPettiv° <^ livedo di linguaggio: cil pasticcio delle "parole senza senso" della conversazione borghese [se ne v«da un esempio minimo nel passo 6eWAdalgisa] e il corrosivo, "utile" pasticcio del-la maccheronea [e della scrittura gaddiana]» (Roscioni) - trova riscontro nella definizione della morte che dá nel secondo passo antologizzato don Ciccio Ingravallo, come «decom-binazione estrema dei possibili, uno sfasarsi di idee interdipendenti, armonizzate giá nella persona». La morte, in questa prospettiva, ě dunque il pasticcio supremo. [La citazione di G.C. Roscioni ě tratta da La disarmonia prestabilita, Einaudi, Torino 1975, p. 93; il catalogo dei termini sinonimici lo si trova alle pp. 75-76] Kuce! Kuce! F.ros o Priapo ě il romanzo-saggio o rantiromanzo gaddiano sulfascismo, o - come dice i! risvolto deWedizione originále - tun saggio sulla psicologia e la fisiologia che permise umní di dittiitum fascista*. Protagonista ě «il bombcttn», cioe Mussolini. Tesi centrále attorno cui ruota tutto il libro, compreso Vepisodio che riproduciamo, ě che «il bomhet-.í - úa riuscito a premiére il potere perché era esibizionista (Priapo ě il dio romano della 'cconditíí, sovente rappresentato con ostentata esibizione degli attributi sessuali) eperché «1 esibizionismo affascina chiunque coltivi una vocazione latente per Vappunto esibizio-nistica», cioě - a giudizio di Gadda-gli italiani tutti (o quasi). Edito nel 1967, Eros e Priapo probabilmente venne composto (o rielaborato) tra gli mni C 'inquanta e Sessanta, in parte in sovrapposizione col Pasticciaccio; ma Gadda ebbe • i dichiarare che il libro risale al 1928. /Kros e Priapo/ Le care donne colsero cosi il salubre respiro del marito o del confidents con il pensiero al kuce.1 Nel gioco pareva loro che fosse il kuce a governarle. II kuce, il kuce in pelle e in siringa di Zefirino. Quel forte despota era il kuce. Lo Zefirino magrolino' e*3 prestáva la materialitä delľamore, ma ľempito vittorioso e' protu-berava* da Colui «che aveva insegnato agli Italiani ad essere uomini», il kuce! de-tentore de i barile' unico e centrale dello sperma. Come gli orologi elettrici in ogni canto di stradě sono mandati e sineronizzati da una centrale modulatrice secolei* per non veduti fili coawinti), cosi esso il kuce e soltanto esso il kuce, per tutti i talami e i divani letto e i lettucci e le piazzemezzo e le sponde e le prata dette pratora e i camporelli detti campora d'ltalia, era lui vitalizzare Messer Mastro Püngolo alle sue sfruconantr bisogne, alle piů efficaci bisogne. E talvolta, bastava il sogno, la imago. Le piů pazze, le piů prese dalla imago, non bisognavano marito, ne ganzo ně drudo. Checchě. Gli bastava la Idea, la Idea sola della Patria, e del ku- 1 Le care donne... kuce: Gadda, descrivendo la generále inťatuazione degli italiani per il duce kuce), si sotYerma in questo passo ad esaminare in particolare l'infatuazione delle donne, colta m termini di mt.mu/ione erotica (coerentemente alľassunto generále del libro). Qui si allude all'at-to sessuale (poi anche con gioco) compiuto col marito o con l'amante (confidente), ma col pen-Mcto .il duce, di cui nella pagina precedente si era Jescritto l.itleggiamento latamente esibizionisti-ioe ľosibizione, mediante i "bagni di folia . le fetoRrafie e i tllni.ui. della propria forza. della di «bucche, e protuberazioni labiali e ďogni smorfia baggiana» di lui «torvo, mascelluto... rit-to, impennacehiato, impriapito»). : Zefirino magrolino: la metafora designa ľorga-no sessuale maschile, come poi Púngolo. 3 e': ^ pleonastico, come sovente nel fiorentino arcaico qui prevalentemente preso a modello. 4 i.'promiwrflvwrsporgevainruori. 5 de ľ barile: dei barile. 6 secolei: con lei, a lei (cioe alla centrále). l sfruconantr. dal raro "sfruconare". cercare d, ri-muovere un ostacolo che ostruisce un condotto un nosetto allungato e X "