Salvátore Quasimodo La stagione ermetica Fiancheggiatore piu che_caposcuola delľermetismo, Salvátore Quasimodo affrn terna privilegiato la pena del vivere delVuomo moderno, trovando nelle memorie d /°'^e fanziae nelfascino perpetuo della terra materna - ntui Sicilia densa di echi dell 'i - al tempo stesso un motivo di eonsolazione e una misura delproprio dolare. I testi ehe proponiamo - Ed ě subito sera (dalla raceolta Acque e terre, 1930) fu sommerso (dalla raceolta omonima del 1932) e Che vuoi, pastore ďaria? (dalla' Nuove poesie della complessiva raceolta Ed ě subito sera del 1942) - testimonfa-modo esemplare questa prima jase della poesia di Quasimodo, che nel dopoguerra si J gerä invece decisamente ai temi delVimpegno civile (cfr. ľ74). [A: Acque e terre; B: Oboe sommerso; C; Nuove Poesie] [A] ED E SUBITO SERA Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed e subito sera. [B] OBOE SOMMERSO Avara pena, tarda il tuo dono in questa mia ora di sospirati abbandoni. Un öboe gelido risillaba 5 gioia di foglie perenni, non mie, e smemora; in me si fa sera; ľacqua tramonta sulle mie mani erbose. I Nota metrka: versi liberi. 1 Avara pena, tarda il tuo dono: il motivo della pena del vivere si configura spesso in Quasimodo come lontananza, esilio dalla terra natale e da un'infanzia mitica. Qui, pero, la situazione appa-re piii vaga e indeterminata e la pena quasi mcťLi bile. II dono della pena, logjcamente. potrehhp es-sere la sua momentanea edissi; ma non bisogna chiedere ngoře ľogíco artesto, che fonda un'anti-tesi (magari irrazionale) tra il negativo della pena e il positivo del dono. 3 sospirati abbandoni: abbandono contemplativo (memoriále o fantastico) denso di sospiri per un oggetto indefinito; ma forse anche abbandono, nel senso dicaduta della vitality, 4-6 Un ôboe... non mie. immagine surreale e erip-tica; 1'oboe sommerso (nel mare? nel tempo?), che qui ě detto gelido (perché nel fondo del mare? perché ostile?), emette un suono (ma risillabaim-plica allusione alľinfanzia) che solo la mentě o ľanima sa cogliere e ricorda qualcosa di natural-mentě, ma eternamente, felice (gioia... perenni), estraneo comunque al poeta {non mie). 7 m me si fa sera: immagine ambigua, tra il po* ťvo (un oblio legato alio "smemorarsi" del verso precedente?) e il negativo (un tramonto che é B tramonto della vitalita o della vita del poeta?). 9 ma,ú erbose. immagine surreale (come que"3 che ímmediatameřTtě precede, del resto), che ac-«nna a un processo di metamorfosi e di im^' aesimazione con il paesaggio prima evocato. Aji oscillano in fioco cielo, labili: il cuore trasmigra ed io son gerbido, e i giorni una maceria. [C] che vuoi, PASTORE D'aRIA? Ed ě ancora il richiamo dell'antico corno dci pastoři, aspro sui fossati bianchi di scorze di serpenti. Forse dá fiato dai pianori ďAcquaviva, dove il Plátani rotola conchiglie sotto 1'acqua fra i piedi dei fanciulli di pelle uliva. O da che terra il soffio di vento prigioniero, rompe e fa eco nella luce che giá crolla; che vuoi, pastore ďaria? Forse chiami i morti. Tu con me non odi, conřusa al mare dal riverbero, attenta al grido basso dei pescatori che alzano le reti. 11 il cuore trasmigra: anelito al ritorno nelľisola natale? 12 io son gerbido: brullo, incolto; la metamorfosi col paesaggio fiorcnte (se talc era) sembra ora fal-lire perché il poeta si scopre arido e scopre deso-lazione intorno a sé (i giorni sono una maceria). 1 Ed ě ancora: tipko incipit evocativo; la con-giunzione rimanda a qualcosa di non detto, che prccede il těsto. 4-5 Acquaviva... Plätani: i nomi dei luoghi assol-vono una duplice funzione: da un lato richiama-no alla memoria del poeta ambienti reali a lui caři, ma dalľaltro (per il poeta stesso e a maggior ragione per il lettore non siciliano) evocano luoghi mitici. Scrive Gioanola: «il nome delle localiU (il pianoro di Acquaviva, il fiume Plätani) non obbedisce affatto a un'intenzione di precisione realistica ma, al contrario, ribadisce 1'assolutezza delľevento col trasformare il logos (parola coniu-nicativa) in mythos (parola religiosa, sacra)». 5 rotola conchiglie. «passando attraverso terre che sono depositi di antichi sedimenti niarini il fiume trasporta nelle sue acque conchiglie fossili.. (Gioanola). Ma forse piti della spiegazione circo-stanziata del fenomeno conta la suggestione del fiume che quasi si trasřorma in mare, che col mare fantasticamente si confonde. 7-8 il soffio... pngioniero: richiamo al mito di Eo-lo che rinchiudeva i venti nelle caverne; ma 1'im-magine al tempo stesso crea un legame analogico, una misteriosa corrispondenza tra il sibilo sonoro del vento che si incunea fra gli ostacoli e fa eco a] corno e, appunto, il suono del corno: l'effetto ě di suggestiva indeterminatezza. Corno a vento ten-dono a sovrapporsi e a confondersi. 10 pastore ďaria: il nesso analogico istituito dal poeta porta come conseguenza a immaginare che a produrre il sibilo del vento sia un pastore ďaria (come il suono del corno é prodotto dai pastoři). 11 Tu non odi: una donna vicina al poeta non co-glie le magiche risonanze di quegli impalpabili eventi e si interessa solo a cose concrete. 12-13 confusa... riverbero: la donna si confonde col mare a causa del riverbero dellacqua colpita dal sole. rnĚde^bitojera ě forse la lirica piú nota di ^STi^^ 0 v^rnente unaarertiano e certo pre-ermetico, per la brevira e de||a ^ ^^a^sul limitare della prima raccoha e po. ^^^u]k) COn ffimT '^ineedella transitoriet^resistenza^mana,,che r.tornera anche 9 ccenti e diversa densitá di linguaggio metaforico. ^ , P^sommerso esemplifica in modo forse estremo ]]^°^°d^c^S^ eonetiaiffi.' del Primo Quasimodo che avrá ampie zone di contattojo^ueiio^^--- dotta soprattutto dalla successiva attribuzione «eternamente remoti», enfatica e a|Ujv riferita a carri reali, proprio se riferita alle costellazioni,! almeno pofenziale sinosfesfa * qolio dei lumi»; l'indeterminatezza pure allusiva de verbo «improwisa» e dell'mtera la specificazione impropria e fantastica «villaggi di sonno» (invece che - poniamo laggi addormentati"; ma si tratterä dell'accampamento degli zingari cullati dal cigolio de« lucerne appese ai carri o non piuttosto delle costellazioni Stesse fantasticamente assimiloT a villaggi addormentati?), replicata forse nel successivo misterioso «zingari di neve» (SOn semplicemente gli zingari che al risveglio si trovano ricoperti di neve?), se non si deve jj tendere «di neve» come specificazione ritardata di «alba»; la mefafora d'ascendenza dq. scoliana «nidi» (per uccellini); la costruzione indeterminata ed evocativa (in quanto impr& pria) «lontano a trasparire il mondo», forse da intendersi nel senso di «far trasparire il m0n. do lontano» (in questo caso con uso transitivo del verbo intransitivo; ma «lontano» perche contemplato da distanze siderali?», oppure nel senso di "essendo il mondo lunghi dal rive-larsi" (sia perche ricoperto di neve e raggelato, sia anche in senso epifanico, mefafisico). Alfonso Gatto nacque a Salerno nel 1909. Dopo un'infanzia che egli ebbe a definire burrascosa, dopo aver interrotto gli studi appena iscrittosi all'Universitá, dopo aver eserci-tato svariati mestieri e attivitá e dopo aver pubblicato il suo primo libro di versi [kola, 1932), nel 1933 si trasferi a Milano. Qui frequentô ambienti artistici e si awiô alia camera di critico d'arte; trascorse anche alcuni mesi in carcere per il suo antifascismo. Nel 1936 si trasferi a Firenze, dove entrô a contatto con il gruppo degli ermetici e dove fondô, con Pratolini, la rivista «Campo di Marte» e pubblicô una seconda raccolta poetica, Morto ai paesi (1937). Nel 1941 si trasferi a Bologna per insegnare letteratura italiana al Liceo artistico. Nel 1943 partecipô attivamente alia Resistenza e aderi al PCI (se ne staccô piú tardi, nel 1951, per dissensi di politico culturale). Nel dopoguerra si trasferi a Roma, dove visse svol-gendo attivitá giornalistica, collaborando alle trasmissioni di culture delia Rai e dipingen-do. Mori nel 1976, in seguito a un incidente stradale. Fra le numerose raecolte di poesie di Gatto, oltre alle prime giá citáte nella scheda precedente, ricorderemo: Poesie (1941: ripubblica le due prime raecolte con aggiunte), H & po sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), Rime di viaggi° per la terra dipinta (1969), Desinenze (1977, ed. postuma). Leonardo Sinisgalli Vidi le Muse La Urica degl, anni Trenta di Sinisgalli, un vicino degli ermetici, i caratterizzata da ** ^redensitä di artifici retorici e quindi da una minore cripticitä, da una minore teloltt gWmrel reCUpel° memoriale e^aÜnlo^e^ntananza sp*" Xn MuTPW assenza' sc°mparsa di cose e persone care)- da ACQUE E TERRE Vento a Ttndart Tindari, mite ti so ira larghi colli pensile sull acque dell'isole dolci del dio, oggi nVassali e ti chini in cuore. Poeti italiani del Novece Salgo vertici aerei precipizi, assorto al vento dei pini, e la brigata ehe lieve m'aecornpagna s'allontana nelľaria, onda di suoni e amore, e tu mi prendi da cui male mi trassi e paure ďombre e di silenzi, rifugi di dolcezze un tempo assidue e morte ďanima. A te ignota ě la terra ove ogni giorno affondo e segrete sillabe nutro: altra luce ti sfoglia sopra i vetri nella veste notturna, e gioia non mia riposa sul tuo grembo. Aspro e(£esilicJt e la ricerca che chiudevo in te d'armonia oggi si muta in ansia precoce di morire; e ogni amore e schermo alla tristezza, tacito passo nel buio dove mi hai posto amaro pane a rompere. Tlndari serena torna; soave amico mi desta che mi sporga nel cielo da una rupe e io fingo timore a chi non sa^ vento profondo m'ha cercato. 525 / n salvátore quasimodo m cicale del blv ere, agávi lentischi come il campiere dice al suo uIa « Baciamu li mani ». (W? Oscuramente forte ě la vita ° altra 200. Traduzioni [da Lirici greci, 1940] . A documentare la larga attiyitá di Quasimodo traduttore (dal gre-co, dal latino dali inglese, dallo spagnolo) riportiamo due brani dai lirici greci che resta — per giudizio di specialisti — la sua oiu riu scita opera di traduttore. p £ ovvio che traduzione, nel caso di Quasimodo, non va inteso nel senso di una angusta fedeltá letterale, ma in una dimensione di vera e propria ricreazione del testo secondo moduli propri della sua poetica. Si noti qui ad esempio, il peso che assumono certe parole (verso 2 scorri, v. 6 chiara) o certe strutture sintattiche (vv. 12-13 e la vile fiorisce e la verde carina spunta), il tono di stupita evocazione che cir-conda paesaggi e esseri animati: ě il tono delle liriche nelle quali Quasimodo rievoca la sua mitica Sicilia. Alla foce dell'Ebro [da Alceo] Ebro, il piii bello dei fiumi, che nella Tracia con forte suono scorri lungo terre famose pei cavalli, al purpureo mare presso Aino tacito scendi. 5 E li molte fanciulle muovono molli sulle anche: con l'acqua chiara nel palmo delle mani, come con olio addolciscono la pelle. GlA sulle rive dello XaNTO tda Alceo] Giá sulle rive dello Xanto ritornano i cavalli, io gli uccelli di palude scendono dal cielo, dalle cime dei monti si libera azzurra fredda l'acqua e la vite fiorisce e la verde canna spunta. Giá nelle valli risuonano is canti di primavera. «• Baciamu li mani: dob « baciamo le mani »; ě, in dialettosicil an U ohkT f°rmula di ^ "elk quale si fondono deferenz e quasi r ^ ^bedienza. II campiere controi^ k campagne e i beni del padrone g nte grande proprietario terriero. g ora la vita °rscura^nte... vita: sulla distruzione e la morte - "J j ge. Que-* ta fin sempre col tHonfare una oscura, quasi" unma e 'I senso ultimo della lezione e dell'esempio paterni. MARIO LVZl / O / 536 MARIO LUZI profiio; y ^ 206. Nella casa di N. compagna di infanzia [da Primizie del deserto, 1952j ■ La Urica e articolata in due parti simmetriche: la prima (vv. 1.7] e una descrizione paesistica (il vento che lacera le stelle filanti imD; gliate nei fili) che si distingue perö per certeflgtensiEa les^aji^ asL'Q vento, gerne, sibila, lacera. Le quali in certo quäl modo servono a le-gittimare il trapasso alia scconda parte dellalirica nei cui versi_qu£JJ^ descrizione iniziale trova quasi im ;iscontro esTstenziaTe: altro vento .-v. xm~.m.vm..^. —— — ■ — i------ — - - —w.v««*«^. aulu vento altra furia jla fuga dei giorni, ľinesorabilitä della vita) incajža^j^ glia dei suoi ricordi l'uomo. AIlTansiosa domanda Tu dove sei? non resta che una risposta {s parit a anche la traccia...) che ě colma di tristezze ■ Metrica. Endecasillabi sciolti. II vento h un aspro vento di quaresima, gerne dentro le crepe, sotto gli usci, sibila nelle stanze invase, e fugge; fuori lacera a brano a brano i nastri s delle stelle filanti, se qualcuna impigliata nei fili fiotta e vibra, l'incalza, la rapisce nella briga. Io sono qui, persona in una stanza, uomo nei fondo di una casa, ascolto io lo stridere che fa la fiamma, il cuore che accelera i suoi moti, siedo, attendo. Tu dove sei? sparita anche la traccia... Se guardo qui la furia e se piü oltre l'erba, la povertä grigia dei monti. (da op. dt., Milano, Schwarz) 7. briga: nella sua furia, nei suo corso. II termine c dantesco (ric0^ lussuriosi portati dalla bufera infernale: ombrc portále dalla detta brtg^ lni. V, 50). Secondo il Guglielminetti « la reminiscenza potrebbe non e occasionale ed indicare la volonta di Luzi di una rappresentazione £I£|j£ ÚcaJ del vento. come strumento__che distrugge i segni di una condjzi lussuriosa della vita ». Nei těsto pero non ci sembra esistano elěmenti Iegittimare simile interpretaziooe che attribujsce un giudizio mor*yanl alistico) al poeta: la furia del vento ě qui significazione — monta.„r;.j da moralistico) UCi vt.nu c qui signh.^«*~»w - nreCaria correlazione. quasi — di una inesorabile forza o legge ehe rende^-- 1 esisrpnza dHl'nnmn. ^Q 13-14. Se guardo... monti: se guardo qui dove sono vedo la furia; se gu*' oltre, vedo ľerba ehe é il segno della modestiar delia povertá_d[_qug£!2x?g-saggio. Furia indica il vento deseritto ai w. 1-7, ma nel con tempo ha u^t0 ampio signiŕicato: nella casa da cui é scomparsa la traccia delľessere^^-il poeta puô sentire e čonstataic la fuiia. lu violenza della vitjb. Che acque affaticate^o^ fi che llutti gngi contro i pali piü oltre e banchi ove un affann ' si separa dal giorno che va via. mCert0 Che sparse piogge navighi, che luci Quah? il pensiero se non finge ignora se non ncorda nega: lä fui vivo, qui avvisato del tempo in altra guisa. Che memorie, che immagini abbiamo ereditate che etä non mai vissute, che esistenze fuori della letizia e del dolore lottano alia marea presso gli approdi o al largo che fiorisce e dice addio. Rientri tu, ripari a questa proda e nel cielo che salpa un pino stride d'uccelli che rimpatriano, mio cuore. ot=uoo Notizie a Giuseppina dopo tanti anni Che sper#che ti nprernetti, arnica, Worni £er cosl ^^^^^^^^ h fin qua dove nel soKfle burrasche löBmofc hanno una y^al^j^^abbrunata, di^elsomino odorano e di rrane. vKJ^ 6oov-->6opt v4v: mow Mi trovo cmiajcmesm eta che sai, ne giovaneneveceffo, attendo,guardo questa vicissitudine sospesa; 0*^-non so piü quel che volli o mi fu wnposl • Mario luzi 659 aitri f1 epeno • nei miei pensieri e n esci Uiesa. j^^r/matena^ -Tutto l'altro che deve essere e ancora, il fiume scorre, la campagna warn, gmndina, spiove, quakhe cane latra, esce la luna, niente si riscuote, _niente dal lungo sonno avventuroso. II da ONORE DEL VERO . pontili deserti scavalcano le ondate, iche il lupo di mare si fa cupo. foprüA^uÄ hefai? Aggiungo olio alla lucerna, tengo desta la stanza in cui mi trovo ^oscuro di te e dei tuoi cari. La brigata dispersa si raccoglie, conta dopo queste mareggiate. dove sei? ti spero in qualche porto.. m uomo deTfaro esce con la barca, jmta, perlustra, va verso l'aperto. tempo e il mare hanno di queste pause. Come tu vuoi J*ttamwitana screpola le argille, !tunge, assoda le terre dLlavQK), ^al'acqua nelle conche; lascia ^Ppeconfitte, aratri inerti .CamPo. Se qualcuno esc nsta CK frt4.:--^^^^ ■fneve, della pioggia, uci rump, d*fnmmobiIita del mutamento. AAV Son qui che metto pine sul fuoco, porgo orecchio al fremere dei vetri, non ho calma ne ansia. Tu che per lunga promessa vieni ed occupi il posto lasciato dalla sofferenza non disperare o di me o di te, fruga nelle adiacenze della casa, cerca i battenti grigi della porta. A poco a poco la misura e colma, a poco a poco, a poco a poco, come tu vuoi, la solitudine trabocca, vieni ed entra, attingi a mani basse. £ un giorno dell'inverno di quest anno, un giorno, un giorno della nostra vita. n£iJ^^^ Nell'imminenza dei quarant'anni fX&fb&G ^Ilpensiero m'insegue in questo borgo ipo ove corre un vento d'altipiano e il tuffo del rondone taglia il filo sottile in lontananza dei monti. W Sono(tra)poco quarant'anni d'ansia, d'uggia, d'ilarita improvvise, rapide com'e rapida a marzo la ventata che sparge luce e pioggia, son gli indugi, lo strappo a mani tese dai miei can, dai miei luoghi, abitudini di anni rotte a un tratto che de *0 $1A WO 0 / ^erf^^iir^^ 661 LJ:oaidolorescuotei^ a ^orSeSscuno e tutti .nsieme ^ « i„nso vie chiare e cunicoli :n amore o in uno solo «ug«Z^ di padre in figliofino^cj^e^^ f^^^ E detto questo posso incamminarmi spedito tra l'eterna compresenza del tutto nella vita nella morte, sparire nella polvere o nel fuoco se il fuoco oltre la fiamma dura ancora. La notte lava la mente chi nrn melun8o la cornice t3CCia u» ino?'na dd ma* •-t o 3' IM S N) :ŕ> n c. Hl o "t a g 3 esti —N o O S) o Q. e t-. < u JQ •S. O risi «3 o —i -a Ti 3 N ä. S o 3. S" •t c O a. n o o T3 —< o 3 n ŕ* f» ii O. O o ■o 9 o s a. u Q. (jq O 3 M B ľ. 3 c- B to o r. (T c ' B s "0 ti ■* or fD ■t — n H C o -i C 2 O H O 5=* > C/5 O z m 3 -ä, •s s O 2 > > Z m H "1 o o 2 Ě n a 3 ° E. 5 n i; H < O. 2: & 2. fí B* »' g c M g -2 ° r 3 Bi o | š d r!i * § 3 3 5. —K o (v Nl Ní N M M W 3 Orq o C 3 3 o a o TJ. Ľ> D O a* c. crq 3 0Q 3* fiamme giganti 3 8 colonne di fumo Pi 5»* spirali di scintille 7j -4- m 1 z > ^ 0 M 10 a o H O Ž 0 M OD O (B CD ►n S! c* s p * ■ B\ S. < n o %5 — ■ < S d "3 = ™ o £ sa S C 3 r> 1» s Š.0 3 B. SV I G* to ľ a. B o--' 1 B — M o S. a, e. S. ET4£ — p* ! "5 "B. i. B m r A •-/> S s 2 " "n B n zs in' B o 3 | o 5 3 BT3 5 n < o 6 < 3 £ -=. s Sr 3 2 12 § rra Bi n S" < 3 w D- » 3 o — . ^ Ä c Btí* T' 3 N > z H C 2 H C 2 5 ■n - "a O H O > O > —< Z r H H Poeti italiani del Novece, da PIANISSIMO [Taci, anima slanca di godere] Taci, anima stanca di godere e di soífrire (alľuno e alľaltro vai rassegnata). Nessuna voce tua odo se ascolto: non di rimpianto per la miserabile giovinezza, non ďira o di speranza, e neppure di tedio. Giaci come il corpo, ammutolita, tutta piena ďuna rassegnazione disperata. Non ci stupiremmo, non ě vero, mia anima, se il cuore si fermasse, sospeso se ci fosse il fiato... Invece camminiamo, camminiamo io e te come sonnambuli. E gli alberi son alberi, le case sono case, le donne ehe passano son donne, e tutto h quello ehe ě, soltanto quel ehe ě. La vicenda di gioia e di dolore non ci tocca. Perduto ha la voce la siréna del mondo, e il mondo ě un gr deserto. Nel deserto io guardo con asciutti ocehi me stesso. 179/» Infine, io Ho pienamente ragione, i tempi sono cambiati, gli uomini non domandano piü nulla 95 dai poeti: e lasciatemi divertire! 69, Chi sono? [da Poemi, 1909] Si parla a buon diritto, per la poesia di Palazzeschi, ďuna compo-nente crepuscolare, ma i temi che a prima vista potrebbero definirsi di ascendenza crepuscolare — umili aspetti della realtá, dimesse figuře di vecchiette, silcnziosi parchi e convcnti — sono da lui afírontati con una~vocaziooe d^clownesco ^yejrtimento e quindi la malinconia di-venta sberleffo. In questa Urica che visibilmente riprende la DESOíazione del. pověro POETA SENTIMENTALE di Cnrayyini nnn c e pOStO per 1'estenuatO autO- compianto: gli atteggiamenti che pur sono comuni ai due poeti — malinconia, nostalgia — sono qui vanificati e ribaltati dagli altri, nuovi, entro i quali quella comunanza ě inserita: follia, disposizione di sal-timbanco che non si commuove sulla propria tristezza, ma se ne libera — per sé e per gli altri — col riso e la capriola. 1 Metrica. Versi liber i. Son forse un poeta? Icmo U No, certo. 1 ■ ctne^^r^ Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell anima mia: 5 « folií a ». Son dunque un pittore? Neanche. Non ha che un colore la tavolozza dell'anima mia: io « malinconia ». Un musico, allora? Nemmeno. Non c'ě che una nota nella tastiera delPanima mia: 15 « nostalgia ». Son dunque... che cosa? 10 metto una leňte davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. 20 Chi sono? 11 saltimbanco dell'anima mia.