i! cnnetto Oltre la spera che piú lama n.n u " dusivamente da una analit.ca "division? p I CaP't0l° C°mP°St° qUaS' il livello di niu intPn^ °,visi0ne e descrizione di esso - fa toccare alia poesia fun' esta °ca c^mo^-f ^r"6 ne"a Wa Nuova- La donna non e ^ ''°99ett0 rea e di un esiauca contemplazione o oanpttn mQr,+-,u j- j- cordo, comunque descrivibile. BeaS Z n ' T3 "V09™' " m „dóm Hi n^nto attra**„ * a/rrove, «oltre la spera che piu larga gira», e 13 '' KnriP á nferS f ° ^ f?rza ďamore- ^'alza a contemplarla (w. 1-8). E quan- d° ,f ^anio uláno) run 'I 6 ^ VISt° nfer,SCe C0Se 'n.nteN.g.bil, perché ineffabili (nel^guaggra umano) É un mistero sacro c,6 che il pensiero di Dante ha concepito e non 53 rť'rehpn n nnnnJnt ' COmUn^e< "S^rda interamente Beatrice (w. 9-14). Quelle che c, propone Dante .n questo těsto, msomma, non ě piú una visione che gli appa-re(«m apparve una meravighosa visione» [cap. ,„, T154], «a me g,unse^p"ensero», «mi giunse uno si forte smarnmento che... cominciai... a .maginare [xx,„, r157], «si levoe... una forte imaginazione in me, che mi parve vedere» [xxxix, t 159]) ma un viaqq.o del pensiero che sale nella sede dei beati a contemplare Beatrice e ridiscende in terra a Dante, a cui il senso della contemplazione appare inintelligibile e ineffabile, ma ormai sicuro pos-sesso, come un mistero di una fede interamente abbracciata. Questa struttura consente di istituire analogie tra il sonetto (e per estensione I'intera Vita Nuova) da un lato, e la Corn-media - che si ě voluta qui prefigurata - o il pensiero di mistici medievali dall'altro (I'espe-rienza descritta sarebbe un "raptus"). ^Pure nel segno del non-detto e del mistero, si dispiega I'ultimo capitolo. II proposito di «non dire piu» di Beatrice - se pur prodotto di una misteriosa visione (r. 15) su cui «nulla é dato congetturare» (De Robertis) - appare connesso con I'intuizione della totale ineffabili-tá della contemplazione di Beatrice alia quale era approdato col sonetto precedente; quel-lo di adoperarsi per dire «piu degnamente» di lei - di senso oscuro come si ě detto - se non allude direttamente alia Commedia, ripropone «sotto il segno della presenza cristia-na» e col sigillo di una triplice menzione-invocazione a Dio, «l'eterno tema della ricerca e del cimento della poesia, identificandolo quasi con quello della beatitudine» (De Robertis). [Le citazioni di De Robertis sono tratte dalla sua edizione della Vita Nuova, Sansoni, Firenze 1970] Guido, i' vorrei Fra le rime exfravaoanti. non raccolte cioě nella Vita Nuoy^particolarmente cele-krif questo wnetfg indiriz^ajJo^dÓDante all'gmico CavalcantL Esso testimonia, innanzi tut to, iíTodalizio, &nicizia\he uniipoeti stilnovisti {qui, oltre ai due titan, anche Lapo Gianni), mamcloela presenza nelle rime giovanili di Dante di in-flussLculturali meno canonici rispetto alia piu tipica produzione della "scuola. /Rime. 91 Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento, e messi in un vasel ch'ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio, aDatu metr'ca- sonetto secondo lo schema A- ABBA, CDE, EDC. p. c'Utdo. Lapo: Guido Cavalcanti e Lapo Gianni. • '"cantamento: incantesimo. 3. vasel: vascello; si tratta della celebre nave in- cantata dělmago Merlino, luogo di gioia e spen- sieratezza, noto a Dante probabilmente attraver- so il Tristano francese in prosa. 3. ad ogni vento: con qualunque vento. 5. fortuna: tempesta. si chc fortuna od altro tempo rio non ci potesse dare impedimento, anzi, vřvendo sempře in un talento, di staré insieme crescesse '1 disio. 1 n 14 E monna Vanna e monna Lagia poi con quella ch'ě sul numer de le trenta con noi ponesse il buono incantatore: e quivi ragionar sempře ďamore, e ciascuna di lor fosse contenta, si come i' credo che saremmo noi. T ;M 7. in un talento: gon una sola voglia, in pieno ac-, cordo. 9. monna Vanna... Lagia: la prima e la donna (monna = m[ad]onna) amata e cantata dal Ca-valcanti (ma il nome ci e noto solo attraverso componimcnti danteschi), la seconda la donna amata c cantata da Lapo Gianni. 10. ijucUa.. trenta: chi sia questa donna, che e colei che Dante vorrebbe con sc sul vascello in-cantato, e controverso: forse Beatrice e forse, piu G U probabilmente secondo alcuni, una di quelle cht poi saranno le "donne-schermo" della Vita S nova. L'espressione allude a unrsirvejnese, oggi per noi perduto, in cui Dante elencava le sessanta. piú beUe_o!orine di FÍrwízeTlá^Honrla, che ě qui desíghata, ínqbítT^teličo^éra menzionata pet trentesima (ě sul numer de le trenta), o. forse. fra le prime trenta. 12. ragionar: (vorrei che si potesse) discorrere. conversare. L L ' A N A L s Si ě detto nella presentazione che questo componimento testimonia il sodalizio, ľamicizia che uni i poeti stilnovisti. Si tratta di un motivo rilevante non solo e non tanto sul piano esterno, biograf ico o storico-letterario, ma anche e soprattutto su quello interno, tematico e ideále. «La necessitá corale delľamicizia che non puô scompagnarsi dalľamore cortese» é infatti, a giudizio del Contini, «il motivo sentimentale principe del dolce stile m quantQ "scuola'V II sodalizio tra i "fedeli d'Amore", tra una ristretta schiera di persone elette sul piano morale e intellettuale (la gentilezza cui tutti, a partire dal Guinizzelli, si richiamano)e essenziale - come abbiamo visto (cfr. t 154) - per la definizione della poetica stilnovisticae si concretizza, qui e altrove, nel ragionar sempře ďamore, nel comporre secondo quanto Amore ispira («ľ mi son un, che quando/Amor mi spira, noto, e a quel modo/ch'e' ditta. dentro vo significando» [Pg xxiv 52-54]; cfr. Profilo, 7.5); ad esso simmetricamente fa ri-scontro il sodalizio delle donne qentili, tra cui spicca, informandole della propria virtu, la. gentilissima, Beatrice (nelle rime dantesche e nella Vita Nuova). Alle donne gentili, che hanno intelletto ďamore, poi Dante si rivolge come a un pubblico del tutto privilegiato. anzi I'unico degno nella fase delle sue "nove rime" (e I'importanza del motivo ě ormai nota, cfr. t 156). Qui, il duplice sodalizio, ispirato alia superiorita che deriva da gentilezza, ě trasferito su un piano fantastico, in una dimensione di soqno e incantesimo, grazie al riferimento al mo» vô del vascello incantato, che Dante deriva dalla tradizione occitanica (francese in lmgu d'oil) e in particolare dalla narrativa cortese. La presenza di queste implicazioni e di Ques particolare motivo lega questo testo alia tradizione pre-stilnovistica e ne giustificajjolij ľesclusione dalľideale antológia della Vita Nuova, come voleva il D'Ovidio che lo tr°va\ macehiato da un «non so che di prof ano e di diserzione dal culto di Beatrice »■ Anc0ľor^ Contini, nel ricordare il giudizio del D'Ovidio, rileva che con questo sonetto «sii apc er nelľambito del plazer di gusto provenzale» per ľ atmosféra di non turbata serene ľassoluta piacevolezza della situazione qui deseritta. |Le citaziom son tratte da D. Alighieri, Rime, a c. di G. Contini, Einaudi, Torino 1965, P 834 15 sono due cose ridicole e malconsigliate, o padre: dico malconsigliatc ,*quc|Ij che le hanno espresse, giacche la vostra lettera formulata con maggiore zione e saggezza, non conteneva niente di simile. E forse questa la generosa revoca con cui Dante Alighieri e richiamato in pa. tria dopo avere patito l'esilio per quasi tre lustri? E forse questo che- si e merita ta un'innocenza chiara a tutti? E la fatica e l'impegno continuo nello itudio? s, guardi5 l'uomo che vive in consuetudine con la filosofia da una tale vergogn umiliazione dell'animo, tanto da sopportare di presentarsi come un carcerato, 20 alla maniera di un Ciola4 e di altri disgraziati. Si guardi l'uomo che predica l(, giustizia dal pagare col suo danaro, dopo avere patito offese, chi ha compiuto l'offesa, come gli fosse benemerito. Non e questa la via del ritorno in patria, o padre mio; ma se per opera vo prima, o di altri, poi, se ne troverä un'altra che non pregiudichi la fama e I'onore 25 di Dante, la accetterö a passi non lenti; che se per nessuna via siffatta si entra a Firenze, io non vi entrerö mai. E che? Forse non vedrö dovunque lo specchio del sole e delle stelle? Forse non potrö, sotto qualunque cielo, meditare dolcissi-me veritä, senza dovermi prima rendere infame, anzi miserabile al popolo e alla cittä di Firenze? Certo il pane non mi mancherä. Si guardi: eviti, allontani da sé. 4 Ciola: un volgare delinquente. N D 1 M E N 1 ľ 1 Si veda t 152 e il relativo apparato didattico. Proemio e primi incontri con Beatrice Neiprimi capitoli delia Vita Nuova, qltre ad impostare ľinterpretazione di tutta k successiya sua esperienza, narrando i due primi e decisivi incontri con la "gentiltssi-ma" e "cortesissima" Beatrice, Dante dimostra al lettore, attraverso una complessä serie di riferimenti culturali e la calcolata sostenutezza dello stile, la consapfi"-^ za eľambizione con cui affronta questa sua prima opera, che é anche il prima "h-bra" in, volgare della letteratura italiana. [Vita Nuova, i-ii-m] i In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si trebbe leggere, si trova una rubrica2 la quale dice : Incipit vita nova? Sotto U 1 In quella... leggere: il senso immediate) di questa metafora ě «tra i miei primi ricordi precisi» (Conti-ni) owero «in quella zona della mia memoria che si riferisce ad un'epoea prima della quale stanno sob ricordi imprecise. Ma per il di piu di senso che ha la metafora del libro, protratta per tutto questo "proemio", cfr. Guida all'analisi. 2 rubrica: «per metonimia giä invalsa nel latino classico... titolo scrirto di rubrica, cioě di colore rosso (minio)» (De Robertis). In latino rubrum significa rosso. » Incipit vita nova: "Incomincia il capjtojo > (De Robertis). 40 sotto maggiori paragrafii_«m modoj)iu distin-tp» (Contini), forse perche piu important] 41 Poi che... gentilissima: dopo che furono t:.1 scorsi (tanti giorni che precisamente si erano compiuti) nove anni dall'apparizionc PrecejJ-L'" temt-nte narrataTTi questa gentilissima lappy1-1" vo normale di Beatrice, al superlative che 'a ^ stingue da varie donne "gentili" quali quelle n minate di seguito). 42 di piu lunga etade: dj etjuiiaggiQK' ov'io... pauroso: dove io me ne stavo, m timidito, impaurito. 44 meritata... secolo: «ricompensata ne eterna» (Contini). oho m virtuosamente: «e fficacemente>>lC:onnn>i.^j. la "vi ú intim» pure l'awerbio puo designare la virtu Beatrice e l'effetto vinuQso_che il saluto>2E_ in Dante (cosi De Robertis) ulminC * vedere... beatitudine: raggiungere il dd^_beatitudine. .oQ]0. 4 Eora... nona: era certamente inezzog" 48 perö che: poichT~ . , ija toll11' 49 mi partio da le genti: mi allontanai U. mi isolai. 50 puosimi: xni misi. mi posi. 804 DANTE T 154 pragiunse uno soave sonno, ne lo quäle m'apparve una maravigliosa visione: che me parea vedere ne la mia camera una nebula di colore cfi fuoco, dentro a Ia quäle io discernea una figura d'uno segnore di pauroso5' aspetto a chi la guar-dasse; e pareami con tanta letizia,'2 quanto a se, che mirabile cosa era; e ne le 55 sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non poche;" tra le quali intendea queste: «Ego dominus tuus».'4 Ne le sue braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo che involta mi parea in uno drappo sanguigno leg-geramente,55 la quäle io riguardando molto totentivamente,- conobbi ch'era la donna de la salute, la quäle m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare. E ne 50 l'una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quäle ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole: «Vide cor tuum».'8 E quando elli era sta-to alquanto,59 pareami che disvegliasse questa che dormia; e tanto si sforzava per suo ingegno,'* che le facea mangiare questa cosa che in mano Ii ardea, la quäle ella mangiava dubitosamente M Appresso ciö poco dimorava62 che la sua 65 letizia si convertia65 in amarissimo pianto; e cosi piangendo, si ricogliea64 questa donna ne le sue braccia, e con essa mi parea che si ne gisseM verso lo cielo; on-de io sostenea66 si grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non poteo so-stenere/" anzi si ruppe68 e fui disvegliato. E mahtenente69 cominciai a pensare, e trovai che Tora ne la quäle m'era questa visione apparita,'0 era la quarta de la 70 notte stata; si che appare manifestamente ch'ella fue la prima ora de le nove ul-time ore de la notte. Pensando io a ciö che m'era apparuto, propuosi di farlo sentire a molti Ii quali erano famosi trovatori71 in quello tempo: e con ciö fosse cosa che io avesse giä veduto per me medesimo '2 l'arte del dire parole per rima, propuosi di fare uno sonetto, ne lo quäle io salutasse tutti Ii fedeli d'Amore; '3 e 75 pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi a loro ciö che io avea nel mio sonno veduto. " pauroso: tale da incutere paura. 52 pareami... letizia: mi appariya cosi lieto. " le quali... pocherjSeüe quali iö~non ne com-pjendevo che poche. u Ego... tuus: "iolonö il tuo signore". La fräse e modellata su queTJa~deTDecalogo: «Ego sum Dominus Deus tuus» (Exodus 20, 2). " leggeramente: e connesso a «involta». 56 molto intentivamente: con grande attenzione. 57 de la salute: "del saluto", ma gioca suIFambi-guitä saluto-salute (salvezza, beatitudine). 58 Yide'cor tuum: "Ecco vedi il tuo cuore". " era stato alquanto: era rimasto fermo per un PJLilijempo. 60 tanto... ingegno: tanto abilmente si adoperaya. 61 dubitosamente: con timore. 62 poco dimorava: poco aspettava. 65 <:o«fer//<7:_trasformava. w si ricogliea: prendeva. 65 si ne gisse: se ne andasse. 66 onde io sostenea: per la qual cosa io provavQ. nun Vii'.O) tosti'nen-. non pote durare. 68 anzi si ruppe: ma siTnterruppe. 6V mantenente: subito. 70 apparita: ip^ATSi (piü sotto «apparuto» nel medesimo significato). 71 trovatori: _£oeti._ 12 e con aö.. medesimo: e poiche a\e\o gia ap-preso per mia personale esperienza. :-' fedeli d'Amore: "le persone innamoratc", ma per estensione "i poeti stessi che protessavano jedeltä ad Amore.. klmmaqine del libro (delia memoria) Nelproemio Dante utilizza con calibrata insistenza la metafora del libro, applicandola alia propria memoria e piu m generále alia propria esperienzajCosi nel "libro delia memoria" e possibile piu o meno distintamente "leggere", si trova una "rubrical nella quale sta icntto "Incipit vita nova» (nel senso tecnico indicato in nota: "qui ha inizio il capitolo ehe ha per titoio..."); nel capitolo cosi designato Dante trova «scritte» delle «parole» (metafore per "ricordi") ehe vuol «assemplare» (copiare) se non integralmente almeno cercando di fornirne la «sentenzia» (il senso) nel «libello» ehe propone al pubblico. Col termíne «li-frgll9» usciamo di metafora, perché esso designa precisamente ľ opera letteraria ehe Dan-^ ■ I CLASSICI te si accinqe a comporre. I due termini "libro de la memoria" e "libello", posti a in ne del proemio. stanno cosi ad aecostare mpta^pncampřřr^P nn\fiĹňís: lded;, mŕ)ŤPna.fiPlľqp£[a (e cioě ľesperienza umana di Dante conseqnata alia sua n is. tivita, ľopera letteraria fondata sul senso esemplare delia propria espc <•■■. vuol conseqnarealia memoríáčIeTpôsterí.éď anche ľoqqetto materiále^il libro'nella ^ Mfltl Ccpqnenza umana (idealizzata) ed esercizio letterario, eventi e componimenr^^ - come vedremo - i due ambiti_ejTtro cui ľintera Vita Nuova oscilla e si costruisce. La rn°^° fora posta ad apertura «viene a préfigurareTá realtá oggettiva, la dimensione dellY del libro, la sua dimensione di "stoná"» (De Robertis). Perä' Sacralitá delľincontro con Beatrice I. due primi incontri con Beatrice - ma anche molti episodi successivi, se non ľintero libro sono contrasse^natijda un dima di intensa sacralitá ehe gli artifici delia scrittura e i rifer~ jTienti cultural! teňďono ad esaltare. Innanzituttoandrá rilevata I'insistitapresenzadi impliciti riferimenti alia.sjmbologjanijme rica chejiel Mediopvn nnripva di grande fortuna e credito. II nmppm "nnw" rT^j^r^ contrassegnare i momenti piú significativi dell'esperienza terrena di Beatrice e, qui in parti-colare, del rapporto Dante-Beatrice: nei noveanni di entrambi cade il primo~lncontro; trau e m capTtofo ví ě un'ellissi (periodo di tempo ncirTcoperto dalla narrazione) di altri nove an-ni; cosi, trascorsi appunto nove anni, alľora nona del giorno si colloca il primo fatale salu-to di Beatrice, e nella prima delle ultime nove ore della notte seguente il sogno nvelatore Piu avanti Dante stesso commenterá, a proposito della morte di Beatrice, la singolare rela-zione tra Beatrice e il numero nove: «Lo numero del tre ě la radice del nove, pero ehe, san-za numero altro alcuno, per sé medesimo fa nove, si come vedemo manifestamente che tre via tre [tre per tre] fa nove. Dunque se lo tre ě fattore per sé medesimo del nove, e lo fattore per sé medesimo de li miracoli é tre, cioé Padre e Figlio e Spirito Santo, li quali sorio tre e uno, questa donna jue accompagnaia da questo numero del nove a dare ad intende-re ch'ella era uno nove, doé uno miracolo, la cui radiče, cioě del miracolo, é solamente la pnirabile Trinitade» {Vita Nuova, xxix, 3). Accanto a quella numerica, Dante colloca la simboloqia del nome: Beatrice, come si com-prende dalle rr. 7-8 (e cfr. nota 11), éjajonte della beatitudine. colei che beatifica. «Nomi-na sunt consequentia rerum», ijiomi sono una conseguenza dei fatti. il nome nvelaja realtá, ricorda lo stesso Dante (xm, 4). Ma Dante opera simbolicamente anche sull'equivo-co del termine "salute" (rr. 58-59), nel sintagma «donna de la salute»: il "saluto" di Beatrice dona "salute", costituisce una fonte di beatitudine in sé, ovvero indinzza alia "salute dell'anima", cioě cristianamente alia "salvezza eterna", alia "beatitudine". Simbolico, poi, ě certo almeno il «colore bianchissimo» della veste di Beatrice nel momenta della sua seconda apparizione a Dante. In questa circostanza «ritornano i moduli (ap-parve a me, vestita di colore...) della prima apparizione, ma il colore non ě piu il sangui-gno, ma, in armonia con ľ "ineffabile cortesia", col "virtuoso" salutare e conlaJb§§í!íy_ dine", il bíälKÔTií colore evangelico._£'ě qualcosa di liturgico in questa simboloqia °3 e vesti; e non ě nemmeno escluso che il_bianco abbia un significaiQ nuziale. D'altra parte tutta la mess'in scena sembra risentire di quella della trasfigurazione di Cristo, dalcan£^ della veste [cfr. Marco, ix, 2] all'apparizione tra due donne [cfr. Marco, ix, 3], al timore gliastanti [cfr. Marco, ix, 4]» (De Robertis). Ouěiteosservazioni del De Robertis ci conducono alľaspetto piu imponente della sacrai zione di Beatrice messa in atto da Dante: il continuo riferimento - che qui non ě possi percorrere compiutamente - della scnttura dantesca a moduli biblici ed evangelíci L -r^ passi scritturali ě un procedimento costante che, accanto a precise rispondenze tenia_^ contribuisce non poco all'equiparazione figurale tra Beatrice e Cristo (o tra Beatrice e ^ ^ donna) (cfr. t 157). Andrá ricordato a questo proposito come alcuňi interpreti - ,pr^^i Schiaffmi - abbiano definito la Vita Nuova "legenda sanctae Beatricis", nscontrando fatti appena segnalati anche consistenti riprese di moduli della tradizione a9]O9ra^C^0\\0cd-Su un diverso piano, rispetto ai riferimenti intesi alia sacralizzazione di Beatrice, si 806 j cjferimenti ad altn ambiti culturali, con quelli cooperanti, pero, a dare spessore e den-njta alia trama culturale di questo passo: si tratta dei riferimenti astronomjci (che nobilita-•^íátrattazione. secondo il gusto medievale), di quelli alia sbenza naturate (la teona sco-l^g^degli "spjalL"), di quelli infine piú propríamente letterari (in particolare ecni cavai-cántian'' sPecie nella raPPresentazione dell'intenore sconvolgimento del protagonista). LostHe Q}rQ\ate simmetrie, chiasmi, parallelism), rispondenze interne di vano genere ed altn arti-fici rétorici e stilistici fanno di questi primi capitoli un complesso e sostenuto esercizio di štlíedi un autore impegnato a fondare la prosa volgare e certo consapevole dell'importan-z£de\ Pfopno tentative Non ci soffermeremo che su alcum artifici che delineano la struttura dei periodi. Nel cap. i i due periodi sono strutturati specularmente: "JibrodeWa memoria... leggere... rubrics. Nella quale rubrica... trovo scritte... Iibello...". Qualcosa di simile accade nei primi due periodi del cap. ii: "Nove fiate... Beatrice. Ella... nono"; e in mezzo si collocano le due penfrasi astronomiche (ma anche la clausola del secondo periodo nproduce lo schema: "... suo anno nonoapparve a me... io la vidi... mio nono). II periodo successivo si apre con una forte ripresa ("Apparve vestita..." che riprende T'apparve a me" della riga precedente), com-prende due coppie di termini ("umile e onesto", "cinta e ornata") e quasi ad apertura e chiusura di periodo due superlativi ("nobilissimo", "giovanissima"); ma notevole ě anche lá~řJIšposizione dei quattro attributi di "colore" che sembra pensata per porre in evidenza iaVoppia ("umile e onesto") citata. I periodi che seguono sono regolati da un ngido parallelismo "In quello punto... Iq spirito de la vita (lo spirito animale/lo spirito naturale) lo quale dimora..., cominció a tremare (a maraviqliare/ajjjajTgejre)... e tremando (e parlando/e piangendo) disse queste parole" eJn ciascun periodo segue una citazione latina. In seguito questi procedimenti si fanno a tratti meno evidenti, piu sottili; ovvero le rispondenze si colgono per cosi dire a distanza (tra le due "manifestazioni" di Beatrice; il vestito e il drappo sanguigni, le citazioni latine ecc). [Lecitazioni di D. De Robertis sono tratte dal suo commento alia Vita Nuova, Ricciardi, Milano-Napoli 1980] O F O N D I M «Li fedeli d'Amore»: il pubblico e la poetica della Vita Nuova Dante nel finale del capitolo m nomina i «fedeli d'Amore», gli mnamorati cioě, o meglio Je persone che hanno «intelletto d'Ajnojoe^ (come dirá in una celebre canzone collocata piú avanti nelľopera, ma cronologicamente antecedente a questa pagina in prosa), designate qui con metafora attinta alia tradizione feudale e cortese: i "fedeli" sono i sudditi di un sj-gnore feudale. Ad essi ě dedicato significativamente il primo componimento in versi inseri-to nella Vita Nuova. II De Robertis nota pero come il fatto che Dante chieda loro anche di 'ifliudicare» la sua visione stia a sianificare che egli intende nvolgersi «a coloro che fanno ^2Í|ssione di tale fede. ossia ai "trovatori", ai quali Dante chiedeva una specie di patente fioejticä». In realtá I'immagine acquista un significato che va ben oltre quello strettamente conte-stuale: instaurando con i «fedeli d'Amore» sin da principio un dialogo ideale - ma fonda-Í? sulla consuetudine viva' nei poeti del tempo di indirizzarsi vicendev.oLrrvejTte_c^^ !Sgnji su svariati argomenti - Dante nella sostanza identifica il pubblico d'elezione di que-^jyajase poetica. Si tratta di una cerchia ristretta e culturalmente raffinata, di fatto SSiTJQdenfP ro_p riLicll j elite caratterizzata da una nobiltá intellettuale e morale che gli stil-?2äfl§íLavevano individuato sin dalla canzone programmatica del Guinizzelli. Le tematiche, lln9uaggio e lo stile (sostanzialmente raffinati e alti) della Vita Nuova hanno di mira que-sto Pubblico, si conformano alia sua natura e alle sue esigenze. 807 I ClASSiCl Se ne ha una conferma nel capitolo xiv, dove nuovamente ricorre la stessa n ame «dubbiose parole», e cioé parole di significato oscuro, \> un sonetto, Dante, rinunciando a chiarirle, cosi argomenta:%«E questo dubbio e imr, le a solvere a chi non fosse in simile grado fedele d'Amore; e a coloro ehe vi cioé fedeli d'Amore in simile grado] ě manifesto ciô che solverebbe [chiarirebbej le dubito-se parole: e pero non ě bene a me di dichiarare cotale dubitazione, acciô che il mio parlare dichiarando sarebbe indarno [inutile, per coloro che non sono in grado di intendere), o ve-ro di soperchio [superfluo, per coloro che giá intendono]». P^^esphcij^mente, in-/ Dante identifica e limita qui il suo pubblico d'elezione, rifiutando una spiegazjonc d qu esulano da quella cerchia jntellettualmente e moralmente élitaria. Klel suo itinerario poetico, caratterizzato da un jntenso sperimentalismo, rnaanche jn queílo didascalico in prosa, Dante non si limiterá a tale pubblico^Anzi, progressivameroe lo estendeia, sceqliendo - contro le consuetudini vigenti - il volgare per una trattatistica áottrinale (nel Convivio, cfr. t 164-165), che ha di mira i ceti dirigenti delia societa cornu-nale, p'nvTdT cultura filosofica; difendendoqumdi tale scelta e la dignita del yolg^ífi in uno scritto in latino (il De vulgari eloquentia) destinato ai dotti; e concependo infine con la Commedij una grande opera, in stile misto, destinata non piu a una cerchia comuriquen-stretta ma, in ragione delta materia etica e religiosa, oltre che filosofica e politica, a ľumanita intera. t