~-~~~~~~~ LA LINGUISTICA UN CORSO INTRODUTTIVO UTET_........,. LA LINGUISTICA GAETANO BERRUTO, MASSIMO CERRUTI Il volume rifonde in una nuova stesura il Corso elementare di linguistica generale e ne amplia i contenuti già sperimentati in numerosi corsi di Linguistica generale con l'aggiunta di un capitolo sul mutamento e la variazione, di un sintetico profilo di storia della linguistica e di numerosi e aggiornati materiali di approfondimento, documentazione ed esercitazione. Del volume di cui è rifacimento non solo riprende interamente il taglio e la materia, allargando anche il panorama alla linguistica storica e alla sociolinguistica, ma soprattutto cerca di mantenere l'equilibrio fra necessario rigore scientifico, chiarezza di esposizione e accessibilità da parte degli studenti. Il maggior dettaglio presente in punti cruciali della trattazione e il materiale di corredo aggiunto consentono approfondimenti selezionati anche per studenti non più principianti assoluti nella materia. Gaetano Berruto, dopo avere insegnato alle Università di Bergamo e di Zurigo, dal 1995 è attivo all'Università di Torino, dove tiene i corsi di Linguistica generale e Sociolinguistica. Fra i suoi volumi: La sociolinguistica (1974), La semantica (1976), L'italiano impopolare (1978), La variabilità sociale della lingua (1980), Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo (1987), Fondamenti di sociolinguistica (1995), Prima lezione di sociolinguistica (2004). Massimo Cerruti insegna dal 2008 Linguistica generale all'Università di Torino. Ha pubblicato nel 2007, assieme a M. Cini, una Introduzione elementare alla scrittura accademica e nel 2009 la monografia Strutture dell'italiano regionale. In copertina: © lmages.com/Corbis Alla pagina web www.utetuniyersita,it/berruto sono disponibili materiali didattici di supporto per i docenti e per gli studenti. € 27,00 s: "')> )> lii m ~i;! s:z oo ("11:11 mm :::u :::u :::u :::u cc -t -t -o ,dk UTET Gaetano Berruto, Massimo Cerruti LA LINGUISTICA Un corso introduttivo :fAWM. UTET-•l~Mt ~ UTET www.utetuniversita.it Il presente volume è rifacimento e ampliamento del Corso elementare di linguistica generale, uscito ad opera di G. Berruto in prima edizione nel 1997 e in edizione rivista nel 2006. La concezione generale del rifacimento è comune ai coautori. La riscrittura del testo dei capitoli I, 2, 3, 4, 5, 6 e la stesura del testo dei capitoli 7 e 8 sono opera di G. Berruto. Il rifacimento e l'ampliamento degli esercizi dei capitoli 1, 5, 6 e l'intero apparato di esercizi dei capitoli 2, 3, 4 e 7 sono opera di M. Cerruti. Sono dovuti a M. Cerruti i box e le schede dei capitoli I, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e a G. Berruto i materiali dei capitoli 7 e 8. Proprietà letteraria riservata © 20 I I De Agostini Scuola SpA - Novara Ia edizione: marzo 2011 Printed in ltaly Tutti i diritti riservati. Nessuna parte del materiale protetto da questo copyright potrà essere riprodotta in alcuna forma senza l'autorizzazione scritta dell'Editore. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del I5% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al I5% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO - Corso di Porta Romana, 108 - 20122 Milano - e-mail.aidro@iol.it; www.aidro.org Stampa: Stampatre - Torino Ristampe: Anno: 2011 2 3 2012 4 5 2013 6 7 2014 8 9 2015 Indice IX Premessa Xl Elenco delle sigle e abbreviazioni 3 Capitolo 1 Il linguaggio verbale 3 1.1 Linguistica, lingue, linguaggio, comunicazione 5 1.2 Segni, codice 7 1.3 Le proprietà della lingua 1.3.1 Biplanarità, p. 7 - 1.3.2 Arbitrarietà, p. 8 - 1.3.3 Doppia articolazione, p. 13 - 1.3.4 Trasponibilità di mezzo, p. 14 - 1.3.5 Linearità e discretezza, p. 21 - 1.3.6 Onnipotenza semantica, plurifunzionalità e riflessività, p. 22 - 1.3.7 Produttività e ricorsività, p. 25 - 1.3.8 Distanziamento e libertà da stimoli, p. 26 - 1.3.9 Trasmissibilità culturale, p. 27 - 1.3.1OComplessità sintattica, p. 28 - 1.3.11 Equivocità, p. 30- 1.3.12 Lingua solo umana?, p. 30 - 1.3.13 Definizione di lingua, p. 33 33 1.4 Princìpi generali per l'analisi della lingua 1.4.1 Sincronia e diacronia, p. 33 - 1.4.2 Langue e parole, p. 35 - 1.4.3 Paradigmatico e sintagmatico, p. 37 - 1.4.4 Livelli d'analisi, p. 38 40 Esercizi 44 Capitolo 2 Fonetica e fonologia 44 2.1 Fonetica 2.1.1 Apparato fonatorio e meccanismo di fonazione, p. 45 - 2.1 .2 Consonanti, p. 47 - 2.1.3 Vocali, p. 51 - 2.1.4 Semivocali, p. 52 - 2.1.5 Trascrizione fonetica, p. 53 - 2.1 .6 Consonanti, p. 57 - 2.1.7 Vocali e semivocali, p. 59 63 2.2 Fonologia 2.2.1 Foni, fonemi, allofoni, p. 63 - 2.2.2 Fonemi e tratti distintivi, p. 65 - 2.2.3 I fonemi dell'italiano, p. 70 - 2.2.4 Sillabe, p. 74 76 2.3 Fatti prosodici (o soprasegmentali) 2.3.1Accento, p. 77 - 2.3.2 Tono e intonazione, p. 79 - 2.3.3 Lunghezza, p. 81 83 Esercizi 88 Capitolo 3 Morfologia 88 3.1 Parole e morfemi 95 3.2 Tipi di morfemi 3.2.1Tipi funzionali di morfemi, p. 95 - 3.2.2 Tipi posizionali di morfemi, p. 97 - 3.2.3 Altri tipi di morfemi, p. 99 104 3.3 Derivazione e formazione delle parole 117 3.4 Flessione e categorie grammaticali 126 Esercizi VI 131 131 136 145 160 171 183 191 191 196 198 205 209 214 221 226 226 238 258 265 265 276 Indice Capitolo 4 Sintassi 4.1 Analisi in costituenti 4.2 Sintagmi 4.3 Funzioni sintattiche, strutturazione delle frasi e ordine dei costituenti 4.3.1 Funzioni sintattiche, p. 145 - 4.3.2 Schemi valenziali, p. 146 - 4.3.3 Ruoli semantici, p. 151 - 4.3.4 Struttura pragmatico-informativa, p. 153 4.4 Elementi minimi di grammatica generativa 4.5 Oltre la frase 4.5. l Frasi complesse, p. l7l - 4.5.2 Testi, p. 180 Esercizi Capitolo 5 Semantica 5.I Il significato 5.2 Il lessico 5.3 Rapporti di significato fra lessemi 5.3.1 Omonimia e polisemia, p. 198 - 5.3.2 Rapporti di similarità, p. 199 - 5.3.3 Rapporti di opposizione, p. 202 - 5.3.4 Insiemi lessicali, p. 203 5.4 L'analisi del significato: semantica componenziale 5.5 Cenni di semantica prototipica 5.6 Elementi di semantica frasale Esercizi Capitolo 6 Le lingue del mondo 6.1 Le lingue del mondo 6.2 Tipologia linguistica 6.2.l Tipologia morfologica, p. 241 - 6.2.2 Tipologia sintattica, p. 249 Esercizi Capitolo 7 Mutamento e variazione nelle lingue 7.1 La lingua lungo l'asse del tempo 7. l. l Il mutamento linguistico, p. 265 - 7.1.2 Fenomeni del mutamento, p. 269 7.2 La variazione sincronica 7.2.1 Varietà di lingua e variabili sociolinguistiche, p. 276 - 7.2.2 Dimensioni di variazione, p. 278 - 7.2.3 Repertori linguistici, p. 285 - 7.2.4 Il contatto linguistico, p. 289 292 Esercizi 296 Capitolo 8 Cenni di storia della disciplina 296 8.1 Fino all'Ottocento 304 8.2 Dall'Ottocento ai giorni nostri 8.2.1 La linguistica ottocentesca, p. 304 - 8.2.2 Il Novecento, p. 306 313 Appendice 313 l . Esercizi di riepilogo 318 2. Soluzioni di una scelta di esercizi 323 Bibliografia 323 B. l Bibliografia essenziale commentata 327 B.2 Elenco delle opere citate 333 Indice analitico Indice Box, Schede e Materiali Box 1.1 Scheda 1.1 Box 2.1 Box 2.2 Box 2.3 Box 2.4 Box 2.5 Scheda 2.1 Box 3.1 Scheda 3.1 Box 3.2 Box 3.3 Box 3.4 Box 4.1 Box4.2 Box 4.3 Box 4.4 Scheda4.1 Scheda 5.1 Box 6.1 Box 6.2 Materiali 7.1 Materiali 7.2 Box 7.1 Box 7.2 Materiali 8.1 Sistemi di scrittura Proprietà della lingua: un riepilogo Meccanismi articolatori di alcuni suoni dell'italiano Fonia e grafia. Suoni e grafemi dell'italiano Alfabeto fonetico internazionale IPA. Consonanti non presenti in italiano standard. Vocali non presenti in italiano standard Tratti distintivi e regole fonologiche Alfabeto fonetico internazionale: alcune convenzioni di trascrizione Criteri per la definizione di parola Tipi di affissi: un riepilogo Le parole composte in italiano Alcuni dei principali prefissi e suffissi dell'italiano Tempo e aspetto Alcuni criteri per il riconoscimento dei sintagmi La valenza verbale Ordini marcati dei costituenti di frase La teoria generativa: alcuni fondamenti Frase semplice e frase complessa Rapporti di significato tra lessemi: un riepilogo Lingue d'Europa Universali linguistici Pal latino all'italiano moderno. Esempi testuali Esempi di varietà di lingua Un esempio di repertorio plurilingue: le lingue del Camerun Lingue d'Italia (di insediamento tradizionale) Brani da momenti di storia della linguistica. Premessa Il presente volume costituisce un rifacimento integrale del Corso elementare di linguistica generale uscito in prima edizione nel 1997 e in una nuova versione con modifiche e aggiornamenti nel 2006. Rispetto alla materia presentata nel Corso elementare, sono stati qui aggiunti due nuovi capitoli che trattano rispettivamente nozioni elementari di linguistica storica e di sociolinguistica (cap. 7) e cenni di storia della linguistica (cap. 8). Pur mantenendo un impianto complessivo di linguistica generale, in questo nuovo assetto il volume si estende quindi a coprire anche nozioni di base di campi non strettamente pertinenti alla linguistica ge- nerale. Il testo è stato interamente riscritto e molti argomenti dei vari capitoli sono stati approfonditi in numerosi dettagli, anche se il taglio del volume rimane quello di un'opera introduttiva destinata esplicitamente a studenti principianti nella materia, e quindi il livello di approfondimento dei vari temi e problemi non è mai quello che ci si attenderebbe da una trattazione scientifica specifica dell'argomento. L'intenzione degli autori è di fornire alcune coordinate fondamentali di riferimento per cominciare a orientarsi nella disciplina e a padroneggiarne le nozioni essenziali e il modo di procedere; l'opera non è dunque un tentativo di sistemazione delle conoscenze nel settore, ma è volta in primo luogo a presentare le cose in maniera accessibile e plausibile per chi non abbia alcuna conoscenza previa della materia, cercando di conciliare esattezza dell'approccio scientifico alle questioni linguistiche, e consapevolezza dei problemi che questo pone, con intuitività di approccio, semplicità di esposizione e chiarezza sugli snodi fondamentali del discorso. Questo non può ovviamente significare la rinuncia agli aspetti tecnici che sono intrinseci della linguistica e ne caratterizzano il modo di procedere anche dal punto di vista teorico e metodologico; quel che si è cercato di ottenere è un equilibrio ragionevole e soprattutto organico fra i contenuti anche altamente tecnicistici specifici della disciplina e le cose che chi abbia fatto un corso universitario di linguistica dovrebbe necessariamente sapere: tante cose sì, ma non troppe. E possedute con chiarezza. L'abbondanza di materiali di esercitazione e la presenza di una bibliografia commentata e di un indice analitico molto puntuale sono altri aspetti coi quali si vorrebbe contribuire a migliorare il più possibile l'utilizzabilità didattica dell'opera. Sempre a questo scopo, rispetto al Corso elementare sono anche state aggiunte numerose parti fuori testo che si prestano ad eventuali approfondimenti di vario genere. In particolare, sono stati allestiti dei Box che trattano e illustrano in maniera più precisa e dettagliata vari temi toccati nel X Premessa testo, delle Schede di riepilogo che possono facilitare la visione di insieme nella classificazione di tipi di fenomeni e di concetti, e alcuni Materiali di esemplificazione e documentazione. L'apparato di questioni ed esercizi è anch'esso stato interamente rifatto, e suddiviso per i vari capitoli. Nel complesso, il volume contiene tutto ciò che c'era nel Corso elementare, e quindi si presta sempre ad essere usato a un livello introduttivo minimale; ma in più contiene altre cose, sia in estensione che in profondità, e si presta quindi anche ad accompagnare un corso completo di linguistica. Un sentito ringraziamento va a tutti quelli (studenti e colleghi) che ci hanno segnalato errori e incongruenze delle prime due edizioni, e in particolare ad Alberto Mioni. Se questa edizione risulterà sensibilmente migliore delle precedenti è anche merito loro. Gaetano Berruto Massimo Cerruti Elenco delle sigle e abbreviazioni A/Agg aggettivo Art articolo Aus ausiliare Avv avverbio e consonante cfr. confronta COMP complementatore Comp complemento CONG congiunzione cons consonantico CP complementizer phrase Det determinante ecc. eccetera es. esempio F frase fig. figura Fless flessione frane. francese G genitivo g.g. grammatica generativa germ. germanico ingl. inglese IP inflection phrase it./ital. italiano I. lingua lat. latino lett. letteralmente m. morfema masch. (Masch.) maschile N nome NP noun phrase Num numerale p.n. parlante nativo pers. persona plur. plurale Poss possessivo PP participio passato/ prepositional phrase PRED VERB predicato verbale Prep prepos1z10ne PRO pronome Quant quantificatore SAgg sintagma aggettivale SAvv sintagma avverbiale SComp sintagma del comple- mentatore SDet sintagma del determinante SFless sintagma della flessione sing. singolare SN sintagma nominale sn. sonora son sonoro spagn. spagnolo Spec specificatore SPrep sintagma preposizionale sr. sorda ST sintagma del tempo SV sintagma verbale tab. tabella ted. tedesco Trans transitivo Um. umano V verbo/ vocale v. vedi VP verb phrase vs. opposto a glosse morfologiche ABL ablativo ACC accusativo AGG aggettivo ANIM animato ART articolo ASS assolutivo ASTR astratto CAUS causativo CLASS classificatore CONC concordanza, accordo CONIUG coniugazione CONCR concreto DAT dativo DECL declinazione DEF definito DET determinativo DlM dimostrativo DIST distale DL duale DUR durativo ERG ergativo FEMM femminile FUT futuro GEN genitivo IMPF imperfettivo INANIM inanimato IND indicativo INDEF indefinito INF infinito LOC locativo MASCH maschile NEG negazione / negativo NOM nominativo NT neutro NUM numero OGG oggetto PART participio PASS passato PERF perfettivo PERS persona PL plurale POSS possessivo POT potenzialità PRES presente PRO pronome PROG progressivo RIFL riflessivo SG singolare SOGG soggetto sosT sostantivo (nome) TOP topic VB verbo voc vocativo l, 2, ecc. classi nominali l", 2", 3" persone verbali/ de- clinazioni La linguistica li linguaggio verbale CAPITOLO 1 Obiettivi del capitolo L'obiettivo di questo capitolo è di collocare il linguaggio verbale all'interno del fenomeno della comunicazione, illustrando sia le caratteristiche generali che esso condivide con altri sistemi di comunicazione sia le proprietà specifiche che gli conferiscono un carattere peculiare. Dopo aver inquadrato l'oggetto della linguistica (il linguaggio verbale e le lingue), e aver introdotto le nozioni generali preliminari alla loro trattazione, vengono presentate le proprietà costitutive del linguaggio verbale, che ne fanno un sistema di comunicazione specifico della specie umana, e che consentono di arrivare a una definizione complessiva del concetto di lingua. Vengono poi spiegate tre distinzioni di fondo da tenere presenti nella descrizione dei fatti di lingua ai vari livelli di analisi. 1.1 Linguistica, lingue, linguaggio, comunicazione La linguistica è il ramo delle scienze umane che studia la lingua. Lo studiò della lingua si può dividere in due sottocampi principali: la linguistica generale, che si occupa di che cosa sono, come sono fatte e come funzionano le lingue, e la linguistica storica, che si occupa dell'evoluzione delle lingue nel tempo e dei rapporti fra le lingue e fra lingua e cultura. Hanno valore più o meno analogo a 'linguistica generale' altre denominazioni quali 'linguistica teorica', 'linguistica sincronica', 'linguistica descrittiva'. Nella tradizione italiana, spesso si contrappone alla 'linguistica generale' la 'glottologia', come ambito che copre la linguistica storica e lo studio comparato delle lingue antiche. Oggetto della linguistica sono dunque le cosiddette lingue storiconaturali, vale a dire le lingue nate spontaneamente lungo il corso della civiltà umana e usate dagli esseri umani ora o nel passato: l'italiano, il francese, il romeno, lo svedese, il russo, il cinese, il tongano, il latino, il sanscrito, il swahili, il tigrino, il piemontese ecc. Tutte le lingue storico-naturali sono espressione di quello che viene chiamato linguaggio verbale umano. Il linguaggio verbale è una facoltà innata nell'homo sapiens ed è uno (e il più raffinato, complesso e duttile) degli strumenti, dei modi e dei sistemi di comunicazione che Definizione di linguistica Le lingue storico-naturali Il linguaggio verbale umano 4 Dialetti Il segno Nozione di comunicazione Le tre categorie della comunicazione La linguistica questi abbia a disposizione. Si noti che da questo punto di vista non c'è alcuna differenza tra lingue e dialetti, tutti i sistemi linguistici esistenti ed esistiti, ed usati da un qualche gruppo sociale, sono manifestazione specifica del linguaggio verbale umano. La distinzione fra lingue e dialetti è basata unicamente su considerazioni sociali e storico-culturali, in funzione della distribuzione negli usi linguistici della comunità e del prestigio dei singoli sistemi linguistici. Si apre qui il campo della sociolinguistica, che studia l'interazione fra lingua e società, la variazione dei comportamenti linguistici e come le lingue si articolano in varietà secondo diverse dimensioni di variazione (cfr. § 7.2). Per inquadrare il linguaggio verbale umano fra i vari tipi e modi di comunicazione può essere utile partire dalla nozione di segno. Un segno, detto in maniera molto generica, è qualcosa che sta per qualcos'altro e serve per comunicare questo qualcos'altro (comunicare vale, etimologicamente, "mettere in comune, rendere comune"). Ora, si può avere una concezione molto larga oppure molto stretta di che cosa voglia dire 'comunicare'/'comunicazione'. Secondo una concezione molto larga (diffusa presso gli studiosi di semiotica o semiologia, la scienza generale dei segni), tutto può comunicare qualcosa, ogni fatto culturale - e quindi anche i fatti di natura in quanto filtrati dall'esperienza umana - è suscettibile di essere interpretato da qualcuno e quindi di dare/veicolare qualche informazione. In senso lato, dunque, comunicazione equivale a 'passaggio di informazione'. È più utile però intendere comunicazione in un senso più ristretto. Tale senso ha come ingrediente fondamentale l'intenzionalità: si ha comunicazione quando c'è un comportamento prodotto da un emittente al fine di far passare dell'informazione e che viene percepito da un ricevente come tale; altrimenti, si ha semplice passaggio di informazione. Con maggiore precisione, si potrebbero distinguere tre categorie al- 1'intemo del fenomeno generale della comunicazione, a seconda del carattere di chi produce il messaggio (l'emittente) e chi lo riceve o interpreta (il ricevente o interpretante) e dell'intenzionalità del loro com- portamento: A. Comunicazione in senso stretto: 1. emittente intenzionale; 2. ricevente intenzionale (es.: linguaggio verbale umano, gesti, tutti i sistemi artificiali di comunicazione: segnalazioni stradali, ecc.). B. Passaggio di informazione: 1. emittente non intenzionale; 2. ricevente (interpretante) intenzionale (es.: parte della comunicazione non verbale umana: posture del corpo, paralinguistica, prossemica; orme di animali; sintomi di condizioni fisiche; ecc.). li linguaggio verbale C. Formulazione di inferenze: 1. nessun emittente (ma solo: presenza di un 'oggetto culturale' che viene interpretato come volto a fornire un'informazione); 2. interpretante (es.: case dai tetti aguzzi e spioventi= "qui nevica molto"; modi di vestire; ecc.). Da A a B a C l'insieme di conoscenze di riferimento (il 'codice') che permette di interpretare correttamente l'informazione decodificando il valore dei segni dÌventa via via meno forte e rigoroso e più debole, vago e indeterminato, e l'associazione fra un certo segnale (o, più genericamente, un certo 'fatto segnico', chiamando così ogni fatto o comportamento che abbia un qualche valore informativo, sia cioè tale da poter modificare uno stato precedente di conoscenze) e l'informazione che esso veicola è più lasca, affidata all'attività dell'interpretante e passibile di fraintendimenti. Comunicàzione è quindi da intendere come trasmissione intenzionale di informazione. Nel quadro generale della comunicazione, la posizione del linguaggio verbale umano può essere individuata come nello schema seguente: le lingue sono una specificazione della comunicazione umana naturale. 5 verbale (LINGUAGGIO VERBALE UMANO) naturale umana non verbale (gesti, ecc.) fatti segnici comunicazione (in senso stretto) artificiale (segnalazioni stradali, ecc.) animale (latrati dei babbuini, 'danze' delle api, ecc.) passaggio di informazione (e altro: formulazione di inferenze, ecc.) 1 .2 Segni, codice La singola entità che fa da supporto alla comunicazione o al passaggio di informazione è un 'segno' in senso lato. 'Segno' è quindi l'unità fondamentale della comunicazione. Esistono diversi tipi di segni. Per avviarci a capire la natura dei segni linguistici, possiamo rifarci ad una qualche tassonomia (classificazione) di tipi di segni. Una possibile tassonomia dei segni in senso lato, tra altre più semplici o più complesse, Fig.1.1 <<<<<< Classificazione dei segni 6 Motivazione La linguistica basata sui due criteri fondamentali dell'intenzionalità e della motivazione relativa, cioè del grado di rapporto naturale esistente tra le due facce del segno (il 'qualcosa' e il 'qualcos'altro' per cui il primo sta) potrebbe essere la seguente: 1. INDICI (sintomi): motivati naturalmente/non intenzionali (basati sul rapporto causa o condizione scatenante > effetto. Es.: starnuto = "avere il raffreddore"; nuvole scure = "sta per piovere"; una certa traccia sulla neve = "è passata/-o una lince/una volpe/un cinghiale/un gatto/un camoscio/un orso", ecc.). 2. SEGNALI: motivati naturalmente/usati intenzionalmente (es.: sbadiglio volontario = "sono annoiato"; lucina accesa di notte su una montagna = "segnalo la mia presenza"; canti di uccelli per segnalare il proprio territorio; latrati di allarme di scimmie; ecc.). 3. ICONE [dal gr. eik6n "immagine"]: motivati analogicamente/inten- zionali (basati sulla similarità di forma o struttura, riproducono proprietà dell'oggetto designato. Es.: carte geografiche e mappe, fotografie, disegni, registrazioni su nastro, diagrammi e istogrammi, simbologie impiegate in orari dei treni e guide turistiche, onomatopee, ecc.). 4. SIMBOLI: motivati culturalmente/intenzionali (es.: colore nero/bianco= "lutto"; rosso del semaforo= "fermarsi"; colomba con ramoscello d'ulivo = "pace"; bandiere; alzarsi [in Europa]/sedersi [in Giappone] davanti a un superiore = "rispetto"; ecc.). 5. SEGNI (in senso stretto) [spesso, in ingl., symbols, da cui in italiano a volte 'simboli' sia per il caso 4 che per il caso 5]: non motivati (arbitrari, totalmente immotivati, basati su mera convenzione)/inten- zionali (es.: messaggi linguistici; suono al telefono di una linea occupata; molti segnali stradali [altri sono icone; altri, simboli]; comunicazione gestuale, come la 'lingua dei segni' (il linguaggio dei gesti dei non udenti; ecc.). Dalla categoria (1) alla categoria (5) la motivazione che lega, nei segni in senso lato, il 'qualcosa' al 'qualcos'altro' che viene comunicato diventa via via sempre più convenzionale, o, se vogliamo, immotivata, meno diretta. Da (1) a (5) aumenta quindi anche in maniera decisiva la specificità culturale dei segni in senso lato: mentre gli indici, in quanto fatti di natura, sono per definizione di valore universale, uguali per tutte le culture in ogni tempo, i simboli e ancor più i segni in senso stretto sono dipendenti da ogni singola tradizione culturale. Va tenuto presente che per molti aspetti non vi sarebbero ragioni forti per distin- li linguaggio verbale guere il tipo (4) dal tipo (5): sia i simboli che i segni in senso stretto, in quanto motivabili solo culturalmente e convenzionalmente, appartengono in fondo, semplicemente, alla categoria dei simboli. Tale distinzione consente tuttavia di identificare meglio la specificità dei segni lin- guistici. In conclusione, comunque, i segni linguistici, per esempio la parola gatto o la frase ho mangiato una mela, ecc., sono segni in senso stretto, prodotti intenzionalmente per comunicare, essenzialmente arbitrari. Nella comunicazione in senso stretto, c'è dunque un emittente che emette, produce intenzionalmente un segno per un ricevente. Che cos'è che mette il ricevente in grado di interpretare il segno? Il fatto che esso si riconduce a un codice di cui fa parte, cioè a un insieme di conoscenze che permette di attribuire un significato a ciò che succede. Per 'codice' si intende più precisamente l'insieme di corrispondenze, fissatesi per convenzione, fra qualcosa ('insieme manifestante') e qualcos'altro ('insieme manifestato') che fornisce le regole di interpretazione dei segni. Tutti i sistemi di comunicazione sono dei codici. Da questo punto di vista, i segni linguistici costituiscono il codice lingua. 1.3 Le proprietà della lingua Possiamo ora chiederci quali proprietà rilevanti presenti il codice lingua - o, in termini più generali, il linguaggio verbale umano (quale facoltà della specie Homo sapiens sapiens); ovvero ancora, in termini più semplici e concreti, la lingua (ogni lingua storico-naturale)-, quali di esse condivida con altri codici, e quali invece sembri avere come carat- terizzanti. 1.3.1 Biplanarità Una prima proprietà ovvia, tautologica in quanto costitutiva di tutti i segni e quindi anche di quelli linguistici, è la biplanarità, il fatto che ci siano in un segno due facce, o, appunto, due piani, compresenti (il 'qualcosa' e il 'qualcos'altro' che dicevamo prima). Vanno qui introdotte le importanti nozioni di significante e di significato. Il 'significante' - chiamato anche 'espressione' e, con maggiori rischi di equivoci, 'forma' - è la parte o faccia o piano fisicamente percepibile del segno, quello che cade sotto i nostri sensi (il 'qualcosa' che sta per qualcos'altro: per esempio, la parola gatto pronunciata o scritta); il 'significato' - chiamato anche 'contenuto' - è la parte o faccia o piano non materialmente percepibile, l'informazione veicolata dalla faccia percepibile (il 'qualcos'altro': nell'esempio, il concetto o idea di "gatto"). In altre parole, il significante o espressione è ogni modificazione fisica a Definizione di codice Biplanarità dei segni Il significante Il significato 7 8 L'arbitrarietà dei segni La linguistica cui sia associabile un significato, un certo stato concettuale o mentale: quest'ultimo è il contenuto. Tutti i segni sono indissolubilmente costituiti dal piano del significante unito al piano del significato. Un codice si può allora definire come un insieme di corrispondenze fra significati e significanti, e un segno come l'associazione di un significante e un significato (d'ora in poi, indicheremo i significanti col corsivo e i significati tra "virgolette doppie"). 1.3.2 Arbitrarietà Un'altra proprietà importante dei segni in senso stretto, e quindi dei segni linguistici, a cui abbiamo già fatto riferimento, è l'arbitrarietà. Nella sua versione vulgata, essa consiste nel fatto che non c'è alcun legame naturalmente motivato, connesso alla natura o all'essenza delle cose, derivabile per osservazione empirica o per via di ragionamento logico, fra il significante e il significato di un segno. Il significante gatto non ha di per sé, intrinsecamente, nulla a che vedere con l'animale "gatto"; nella natura di una cosa non c'è nulla che rimandi al suo nome, che faccia sì che quella cosa si debba (o si possa) chiamare così. Questo ovviamente non vuol dire che tra il significante e il significato di un segno non esistano legami né rapporti: bensì vuol dire che i legami, i rapporti che ci sono - e che costituiscono il codice - non sono dati naturalmente, ma posti per convenzione: in questo senso, quindi, arbitrari. Se i segni linguistici non fossero fondamentalmente arbitrari, le parole delle diverse lingue dovrebbero essere tutte molto simili: le cose, cioè, dovrebbero chiamarsi più o meno allo stesso modo in tutte le lingue. Il fatto che ovviamente non sia così implica che tra la natura (la forma, la funzione, in genere i caratteri esterni, sensibili) di una cosa e la parola che la designa non c'è alcun rapporto che non sia quello posto dalla convenzione del sistema linguistico. "Gatto" è gatto in italiano, kissa in finlandese, mace in albanese, kedi in turco, paka in swahili, billf in hindi, pusa in tagalog, mèo in thailandese, mdo in cinese, kucing in malese-indonesiano, ecc.; e il fatto che si dica gato in spagnolo non significa ovviamente che i gatti spagnoli siano più simili ai gatti italiani che non i gatti albanesi o turchi o africani, ecc., ma dipende dalla parentela genealogica fra le due lingue, italiano e spagnolo, entrambe derivate dal latino; il termine latino tardo alla base di quelli italiano e spagnolo è cattu(m). La forte somiglianza fra le parole per "gatto" del cinese e del thailandese sarà da attribuire al fatto che la forma ha presumibilmente origine onomatopeica (v. sotto), costituendo un'imitazione del verso dell'animale. Allo stesso modo, se i segni linguistici non fossero arbitrari, parole simili nelle diverse lingue dovrebbero designare cose o concetti simili: anche questo è palesemente falso. Bello vuol dire ovviamente "bello" in li linguaggio verbale ital., ma in inglese beli vuol dire "campana" e belly vuol dire "pancia", bellum in latino vuol dire "guerra" (e bello "alla guerra", "con la guerra", è il caso dativo e ablativo della stessa parola; cfr. § 3.4), belli in turco vuol dire "evidente", ecc.; e che per es. bel sia "pancia" anche in tok pisin (una delle lingue pidgin: cfr. § 6.1) dipende dal fatto che il tok pisin ha preso molto materiale dall'inglese. In realtà, la questione dell'arbitrarietà dei segni linguistici, o più in generale del linguaggio verbale umano, è cosa più complessa di quanto appaia da questa prima approssimazione. Occorrerebbe infatti distinguere quattro tipi o livelli diversi di arbitrarietà. Per affrontare il problema, è utile introdurre a questo punto la considerazione che in realtà nel funzionamento dei segni linguistici sono tre, e non due, le entità effettivamente in gioco. La cosa viene spesso presentata sotto la forma grafica del cosiddetto triangolo semiotico (fig. 1.2). Si tratta di un triangolo molto noto negli studi di semiologia e di semantica, ma la cui reale interpretazione rimane ancora in parte controversa: non tutti identificano allo stesso modo le entità che stanno ai tre vertici del triangolo; quella che forniamo qui è la lettura che pare più ragionevole e convincente. Ai tre vertici abbiamo le tre entità in gioco: un significante, attraverso la mediazione di un significato con cui è associato e che esso veicola (e assieme al quale forma il segno), si riferisce a un elemento della realtà esterna, extralinguistica, un referente. La parola sedia, formata dalle due facce del significante, s-e-d-i-a, e del significato, "sedia", si riferisce all'oggetto reale sedia, e lo identifica. La linea di base del triangolo è tratteggiata, al contrario dei due lati, perché il rapporto fra significante e referente non è diretto, ma è mediato dal si- gnificato. Tenendo presente questo schema, possiamo allora definire come segue i quattro tipi di arbitrarietà della lingua. a. A un primo livello, è arbitrario (= non motivato naturalmente né logicamente; totalmente convenzionale) il rapporto o legame tra segno nel suo complesso e referente (o designatum): non c'è alcun lesignificato ("felino domestico, ecc.") significante (gatto) referente [=realtà esterna] Il triangolo semiotico I quattro tipi di arbitrarietà della lingua 1. Rapporto tra segno e referente Fig.1.2 Triangolo semiotico <<<<<< 9 10 2. Rapporto fra significante e significato 3. Rapporto tra forma e sostanza del significato 4. Rapporto tra forma e sostanza del significante La linguistica game naturale e concreto, di derivazione dell'uno dall'altro, fra un elemento della realtà esterna e il segno a cui questo è eventualmente associato, per esempio fra l'oggetto sedia e il segno sedia (il corsivo può dunque indicare anche il segno globalmente; a voler essere più precisi nella notazione, dovremmo dire: il segno sedia "sedia") o tra una persona e il suo nome. b. A un secondo livello, è arbitrario il rapporto fra significante e significato: il significante sedia, come sequenza di lettere o suoni, non ha in sé, al di fuori della convenzione posta dalla lingua, nulla a che vedere con il significato "oggetto d'arredamento che serve per sedersi, ecc." a cui è associato nella lingua italiana. c. A un terzo e più profondo livello, è arbitrario il rapporto tra forma =struttura, organizzazione interna - e sostanza - =materia, mero insieme di fatti concettualizzabili, significabili - del significato: ogni lingua ritaglia in un modo che le è proprio (ed eventualmente, anzi spesso, diverso da quello delle altre lingue) un certo spazio di significato (e dà quindi una data 'forma' ad una data 'sostanza' semantica) distinguendo e rendendo pertinenti una o più entità. Un esempio classico è quello di ital. bosco/legno/legna a cui corrisponde in francese bois "bosco/legno/legna" e in tedesco Wald "bosco"/Holz "legno/legna": l'ital. qui riconosce e designa diversamente tre entità (il bosco non è il legno, e il legno non è esattamente la legna) laddove il francese riconosce una sola entità e il tedesco due(tab. 1.1). Un altro esempio di diversa organizzazione o forma della stessa sostanza di significato: all'ital. andare, verbo di movimento con valore generico, non corrisponde in tedesco un verbo unico con lo stesso valore generale, ma la stessa sostanza semantica è ripartita codificandola con verbi diversi in relazione al mezzo: gehen "andare (a piedi)"/fahren "andare con un mezzo", eccetera. d. Infine, ad un quarto livello, è altrettanto arbitrario il rapporto fra forma e sostanza del significante: ogni lingua organizza secondo propri criteri la scelta dei suoni pertinenti, distinguendo in una certa maniera, eventualmente diversa da altre lingue, le entità rilevanti della materia fonica. Si noti sin d'ora, a questo proposito, che il significante dei segni linguistici è primariamente di carattere fonico-acustico, coTabella 1.1- Forme diverse della stessa sostanza di significato bosco Wa/d legno bois Ho/z legna li linguaggio verbale stituito cioè da onde sonore che viaggiano nell'aria (cfr. oltre,§ 2.1): queste rappresentano la sostanza su cui ogni lingua effettua le sue pertinentizzazioni. Un esempio di identica sostanza fonica organizzata in maniera diversa in diverse lingue può essere dato dalla quantità o durata delle vocali. Laddove l'italiano ha per esempio una sola a, senza distinzione di lunghezza (per cui casa pronunciato con una a breve o media e caasa pronunciato con una a lunga non sono che due realizzazioni della stessa parola, casa, in cui il suono a è pronunciato con due durate diverse), il tedesco o il latino distinguono due suoni diversi con carattere distintivo; cosicché per esempio in ted. Stadt "città", con la a breve, e Staat "stato", con la a lunga, sono due parole diverse; e così dicasi in latino, per esempio, per dnus "vecchia", con la a breve, e dnus "anello", con la a lunga, o per puellii, con la a breve, "(la) ragazza", caso nominativo (sui casi, cfr. § 3.4), e puelld, con la a lunga, "(con la) ragazza", caso ablativo. Al principio dell'arbitrarietà radicale dei segni linguistici esistono alcune eccezioni. Vi sono dei segni linguistici che appaiono almeno parzialmente motivati. È il caso ad esempio delle onomatopee, che riproducono o richiamano nel loro significante caratteri fisici di ciò che viene designato. Parole e voci onomatopeiche come per esempio tintinnio, sussurrare, rimbombare, o din don dan, o chicchirichì (verso del gallo) imitano nella loro sostanza di significante il suono o rumore che designano, e presentano quindi un aspetto più o meno nettamente iconico: sarebbero pertanto più icone che simboli o segni in senso stretto (si veda sopra, § 1.2). Va tuttavia notato che anche le onomatopee e le voci imitative possiedono un certo grado di integrazione nella convenzionalità arbitraria del singolo sistema linguistico, e una loro specificità che le rende almeno in parte diverse da lingua a lingua, nonostante il referente rimanga identico. Tintinnio, per es., unisce ad una parte chiaramente onomatopeica, motivata, tintin, il suffisso nominale del tutto 'arbitrario' -ìo. Ed è risaputo che al chicchirichì italiano corrisponde in francese cocorico, in inglese cock-a-doodle-doo, in tedesco Kikeriki, in neerlandese (olandese) kukeluku, eccetera. Più strettamente iconici sembrano invece i cosiddetti 'ideòfoni', cioè espressioni imitative o interiezioni descrittive che designano fenomeni naturali o azioni, frequentemente usate nei fumetti, come per esempio boom/bum "grande fragore", zac "taglio netto", gluglu "trangugiare acqua", ecc.; che gli ideofoni abbiano lo statuto di effettive parole, appartenenti al lessico della lingua italiana, è però dubbio. Sulla presenza tutt'altro che marginale di caratteri iconici nel linguaggio verbale umano hanno comunque posto l'accento recenti concezioni che tendono a ridurre l'importanza cruciale dell'arbitrarietà co- 11 Le onomatopee Gli ideòfoni Carattèri iconici nel linguaggio verbale umano 12 Il fonosimbolismo La linguistica me carattere costitutivo totale dei segni linguistici, notando come anche nella grammatica delle lingue esistano meccanismi chiaramente iconici, e dunque in qualche misura motivati. È stato per esempio notato che la formazione del plurale attraverso l'aggiunta di materiale linguistico alla forma del singolare è un dispositivo molto diffuso nelle lingue. Si è quindi sostenuto che questo fatto obbedirebbe appunto ad un principio di iconismo: l'idea di pluralità, che implica più cose, più materiale, nella realtà, sarebbe evocata o suggerita o riprodotta nella lingua dal fatto che la forma plurale contiene più materiale fonico, linguistico, che non la forma del singolare. La lingua riprodurrebbe quindi in un certo senso coi suoi mezzi propri la realtà. Si veda per es. per "bambino", sing./"bambini", plur.: ingl. child I children, frane. (scritto) enfant I enfants, romeno biiiat I biiiefi, ted. Kind I Kinder, turco kiiçiik I kiiçiikler, arabo Tifl I aTfdl, swahili mtoto I watoto, malese-indonesiano anak I anak-anak (con reduplicazione), eccetera. Ma, si noti, non è ovviamente così in italiano, che ha un plurale formato con alternanza di desinenza: bambino I bambini (e in dialetti lombardi si hanno addirittura casi di plurali formati mediante sottrazione di materiale, invece che mediante aggiunzione, come nei casi sopra visti, o mediante alternanza come in italiano: così in nomi femminili come dòna "donna"/don "donne"). Un'altra prospettiva che tende a vedere nei segni linguistici più motivazione di quanto solitamente si creda è quella che sostiene l'importanza del 'fonosimbolismo', affermando che certi suoni avrebbero per la loro stessa natura associati a sé certi significati (denotativi o connotativi: cfr. § 5.1). Il suono i, per es., vocale chiusa (si veda oltre, § 2.1.3) e fonicamente 'piccola' (prodotta con un'apertura minima della bocca), sarebbe connesso con 'cose' piccole, e quindi le parole che contengono i designerebbero di preferenza la proprietà di essere piccolo o oggetti piccoli, come si vedrebbe per esempio in ital. piccino, minimo, ingLlittle, o in suffissi diminutivi come ital. -ino, ingl. -y, ted. meridionale -i, eccetera. Affermazioni del genere incorrono tuttavia in controesempi così evidenti e numerosi (sia nel senso che esistono parole contenenti i o aventi i come vocale tonica che indicano grandezza, come per es. ital. massiccio, ingl. big; sia nel senso ancora più ovvio che esistono parole che indicano piccolezza e non contengono i, come per esempio ital. scarso, corto, poco, ingl. small) da non poter essere seriamente prese come argomenti contro il principio dell'arbitrarietà dei segni linguistici. In conclusione, nonostante esistano eccezioni, per lo meno parziali, al principio dell'arbitrarietà totale della lingua, esse non sono così cruciali da mettere veramente in crisi lo statuto dell'arbitrarietà come una delle proprietà più importanti del linguaggio verbale umano. li linguaggio verbale 1.3.3 Doppia articolazione Una proprietà molto importante del linguaggio verbale umano, che nella sua forma più piena e totale sembra posseduta, fra i sistemi naturali di comunicazione, solo dalle lingue e che quindi ha un forte potere caratterizzante in quanto specifica di queste, è quella che viene chiamata 'doppia articolazione'. (Si noti che i linguisti anglosassoni usano piuttosto il termine dualità di strutturazione). La doppia articolazione, che non va confusa con la biplanarità (si veda§ 1.3.1) consiste nel fatto che il significante di un segno linguistico è articolato a due livelli nettamente diversi. A un primo livello, il significante di un segno linguistico è organizzato e scomponibile in unità (elementi, parti, pezzi, 'mattoni') che sono ancora portatrici di significato e che vengono riutilizzate (con lo stesso significato) per formare altri segni (prima articolazione): la parola gatto è scomponibile in due 'pezzi' più piccoli, gatt- e -o, che recano ciascuno un proprio significato (rispettivamente "felino domestico" e "uno solo", singolare) e che sono suscettibili di comparire col medesimo significato in altre parole: gatt-i, gatt-e, gatt-ino, s-gatt-are, ecc.; lo stesso, per es., per top-o, libr-o, cucchiai-o, beli-o, eccetera. Tali pezzi o elementi costituiscono le unità minime di prima articolazione, e non sono ulteriormente articolati (scomponibili) in elementi più piccoli che rechino ancora un proprio significato. Non è possibile assegnare per esempio in gatt- né a g- né ad -a- né aga- né ad -att- né a -tt- un significato proprio e specifico. Ogni segno linguistico, di qualunque estensione e in qualunque lingua, è in linea di principio analizzabile, scomponibile in unità minime di prima articolazione. Ad esempio: la nonna sforna la torta > l-a nonn-a s-forn-a l-a tort-a. Le unità minime di prima articolazione, che chiameremo 'morfemi' (si veda§ 3.1), poiché sono associazioni di un significante e un significato, sono ancora segni, i segni più piccoli. A un secondo livello (seconda articolazione), esse sono a loro volta scomponibili in unità più piccole che non sono più portatrici di significato autonomo (sono cioè meri pezzi di significante), e che combinandosi insieme in successione dànno luogo alle entità di prima articolazione: il morfema gatt- è scomponibile nei suoni (rappresentati nella scrittura da lettere) g, a, t, t. Tali elementi, che non sono più segni in quanto non hanno un significato e che chiameremo 'fonemi' (si veda § 2.2.1), costituiscono le unità minime di seconda articolazione. Ogni segno linguistico è analizzabile, scomponibile in unità minime di seconda articolazione: l-a n-o-n-n-a s-f-o-r-n-a I-a t-o-r-t-a. La frase di esempio risulta così composta (contando le ripetizioni della stessa unità) da undici morfemi, unità minime di prima articolazione, e da venti fonemi, unità minime di seconda arti- 13 La doppia articolazione o dualità di strutturazione La prima articolazione I morfemi La seconda articolazione I fonemi 14 Economicità del sistema linguistico Combinatorietà La trasponibilità di mezzo: parlato e scritto La linguistica colazione. Si noti che unità minime di prima e di seconda articolazione possono coincidere nella loro forma, com'è il caso di s- in sforna o di -a in nonna nella nostra frase, che sono contemporaneamente unità minime di prima articolazione, se le consideriamo col loro significato, e di seconda articolazione, se le consideriamo unicamente come suoni: s"togliere" e -a "singolare", e rispettivamente se a. La doppia articolazione dei segni linguistici (si badi, per la precisione, che a rigore la doppia articolazione è una proprietà del significante dei segni linguistici) costituisce una vera proprietà cardine del linguaggio verbale umano, secondo cui, come vedremo, si sviluppa la struttura generale del sistema linguistico; non esistono altri codici di comunicazione naturali che possiedano una doppia articolazione piena e totale come la lingua. Essa consente alla lingua una grande economicità di funzionamento: con un numero limitato (in genere, nelle varie lingue, poche decine) di unità di seconda articolazione, 'mattoni' elementari di costruzione privi di significato, si può costruire un numero grandissimo (teoricamente illimitato) di unità dotate di significato. Basti provare ad immaginare quali insormontabili complicazioni succederebbero se ad ogni significato dovesse corrispondere un singolo suono (o lettera) diverso inanalizzabile! È di conseguenza anche molto importante nella strutturazione della lingua il principio della combinatorietà: la lingua funziona-, fondamentalmente, combinando unità minori, possedute in un inventario limitato, prive di significato proprio, per formare un numero indefinito di unità maggiori (segni). È tale principio, il cui fondamento sta appunto nella proprietà della doppia articolazione o dualità di strutturazione, che permette alla lingua la produttività illimitata (si veda oltre,§ 1.3.7). 1.3.4 Trasponibilità di mezzo Il significante dei segni linguistici, oltre ad essere doppiamente articolato, possiede un'altra proprietà molto importante, caratterizzante della lingua: può essere trasmesso o realizzato (sostanziato, attuato, manifestato) sia attraverso il mezzo aria, il canale fonico-acustico - sotto forma di sequenza di suoni e rumori prodotti dall'apparato fonatorio umano (bocca e altri organi interessati alla produzione del parlare) che si propagano come onde sonore e vengono ricevuti dall'apparato uditivo -, sia attraverso il mezzo luce, il canale visivo-grafico - sotto forma di segni ('disegnini', lettere nei nostri alfabeti occidentali), tracciati sulla carta o su altro supporto solido e ricevuti tramite l'apparato visivo. A tale proprietà si dà il nome di trasponibilità di mezzo (anche: 'trasferibilità di mezzo' o 'intercambiabilità del mezzo'). Anche se i segni linguistici possono essere trasmessi o oralmente o graficamente, e in linea di principio ogni messaggio detto, parlato, è tra- li linguaggio verbale ducibile, trasponibile in un equivalente messaggio scritto, e viceversa, il carattere orale è tuttavia prioritario rispetto a quello visivo: il canale fonico-acustico (o vocale-uditivo) appare per varie ragioni il canale primario, talché spesso si dice anche che una delle proprietà del linguaggio verbale umano è la fonicità. Occorre a questo punto aprire un excursus su lingua parlata e lingua scritta. Il parlato(= realizzazione del linguaggio verbale umano attraverso il mezzo fonico) è anzitutto prioritario antropologicamente rispetto allo scritto (= realizzazione del linguaggio verbale umano attraverso il mezzo grafico). Tutte le lingue che hanno una forma e un uso scritti sono (o sono state) anche parlate, mentre non tutte le lingue parlate hanno anche una forma e un uso scritti: migliaia di lingue, soprattutto in Africa o in Oceania, non hanno una scrittura, non possiedono una convenzione di notazione grafica che permetta di usarle per la comunicazione scritta. Ovviamente questo dato di fatto non contraddice la proprietà generale della trasponibilità di mezzo: sono fattori contingenti, storicosociali, a far sì che una lingua non venga scritta e non abbia sviluppato un suo codice grafico; ed è sempre possibile, in qualunque momento, se ne sorge l'esigenza, dotare qualunque lingua di un suo sistema di scrittura che ne permetta l'impiego scritto. Inoltre, l'importanza che risulta avere oggi per noi la scrittura è di data piuttosto recente, nello sviluppo storico dell'umanità. Ancora, il parlato ha anche nelle nostre culture moderne una netta prevalenza statistica: nella vita quotidiana normalmente noi parliamo molto di più di quanto scriviamo, e attraverso il canale orale facciamo molte più cose che non attraverso il canale scritto. La lingua parlata è impiegata in una gamma più ampia e differenziata di usi e funzioni che non la lingua scritta. C'è una priorità ontogenetica (relativa al singolo individuo) del parlato: ogni individuo umano impara prima, al momento della socializzazione primaria, e per via naturale, spontanea (senza bisogno di addestramento specifico), a parlare, e solo in un secondo tempo, e attraverso addestramento guidato specifico, a scrivere. E da quanto notato poco sopra si ricava inoltre che non tutti imparano (o sanno) anche (a) scrivere. C'è poi una priorità filogenetica (relativa alla specie umana) del parlato: nella storia della nostra specie, la scrittura si è sviluppata certamente molto tempo dopo il parlare. Le prime attestazioni giunteci di una forma scritta di lingua risalgono a non più di cinque millenni prima di Cristo (scritture pittografiche), e quelle di un sistema di scrittura vero e proprio, la scrittura cosiddetta cuneiforme presso i Sumeri, a circa il 3500 a.C.; si tratta di tavolette d'argilla contenenti in una grafia con segni a forma di cunei (di qui, il nome della scrittura) presumibilmente la registrazione di transazioni commerciali, ritrovate a Uruk nella bassa Priorità del parlato 15 Priorità antropologica Priorità ontogenetica Priorità filogenetica 16 La linguistica Mesopotamia (oggi Iraq). La scrittura alfabetica, quella che darà luogo al nostro alfabeto attuale, nasce probabilmente (la storia della scrittura in questo periodo è complicata e ancora in parte oscura) sotto forma di scrittura consonantica che non registra le vocali (cfr. § 2.1.3) presso i Fenici attorno al 13_00 a.e., come sviluppo della cosiddetta scrittura ugaritica, ancora di tipo cuneiforme, attestata dal XIV secolo a.e. a Ugarit, nell'odierna Siria. Dalla scrittura fenicia derivano nel corso del primo millennio a.C. l'alfabeto ebraico, l'alfabeto aramaico, base principale della futura scrittura araba, e l'alfabeto greco, da cui evolveranno l'alfabeto cirillico e quello latino, usato dalle lingue europee occidentali (v. Box 1.1). Box 1.1 - Sistemi di scrittura Per una classificazione dei sistemi di scrittura, occorre distinguere innanzitutto sistemi semasiografici e sistemi glottografici. La principale differenza tra i due sistemi è che i primi non fanno uso di simboli linguistici, i secondi sì. Sono esempi di sistemi semasiografici le pittografie, che adottano convenzionalmente come elementi di scrittura dei disegni motivati analogicamente, specie di oggetti; e le ideografie, che assumono come elementi di scrittura dei simboli grafici che rappresentano iconicamente concetti o idee. I sistemi glottografici, dei quali soli si dà conto in questo Box, si suddividono ulteriormente in sistemi non fonetici, o logografici, e sistemi fonografici, o fonetici. I primi non hanno, se non parzialmente, basi fonetiche; fanno riferimento a unità non di significante ma di significato, e più specificamente, in genere, a unità minime di prima articolazione, i morfemi: nella maggioranza dei sistemi logografici moderni, più che di 'scrittura di parole' (logografia) si tratta infatti di 'scrittura di morfemi' (morfografia). I secondi rappresentano invece i suoni del linguaggio; fanno quindi riferimento a unità di seconda articolazione; più in particolare, e specie in certi casi, si richiamano all'inventario fonematico di una certa lingua. Ci sono così sistemi fonografici basati su sillabe, altri su consonanti o consonanti e vocali, altri ancora su tratti articolatori (v. sotto). Qualunque sistema, di tipo logografico o di tipo fonografico, potrà poi fornire una rappresentazione più o meno completa, o più e meno coerente, di tutte le unità rilevanti per la propria lingua di riferimento. Data una certa lingua, un sistema logografico molto difficilmente potrà rappresentarne con completezza e/o coerenza l'intero inventario dei morfemi; e così un sistema fonografico potrà non rappresentare integralmente e/o coerentemente l'inventario fonematico della lingua cui si riferisce (per l'alfabeto italiano v. Box 2.2). Va detto ancora che qualunque sistema di scrittura non sarà mai puramente logografico o puramente fonografico; ciò è ben dimostrabile nel caso di sistemi logografici, ma vale ugualmente per quelli fonografici (in alfabeti derivati da quello latino, ad es., che pure sono tipicamente fonografici, non mancano segni logografici: &, f, $, ecc.). Si riporta nello schema seguente una classificazione dei sistemi di scrittura glottografici. li linguaggio verbale Sistemi di scrittura con simboli linguistici (sistemi glottografici) sistemi logografici I logografia o morfografia sillabografia abjad Logografia o morfografia (scrittura di consonanti) sistemi fonografici (fonetici) abugida (scrittura alfabetico- sillabica) alfabeto (scrittura di consonanti e vocali) grafia di tratti Ogni carattere sta per un morfema. Sono sistemi di scrittura con componenti logografiche, ad es., il cinese, il cuneiforme sumerico, l'egiziano geroglifico. Vediamo il caso del cinese, che è per certi versi particolare. In cinese, che conta parecchie migliaia di caratteri (i dizionari più completi ne annoverano ben 40.000; una persona colta ne conosce 6-7000; 2000 sono ritenuti la soglia dell'alfabetizzazione), più del 90% dei caratteri combina la rappresentazione di significati e di suoni; combina, in altre parole, componenti logografiche e componenti (parzialmente) fonografiche. Ogni carattere denota infatti un morfema e una sillaba. Ogni carattere, cioè, è composto da un elemento di scrittura che indica l'area concettuale, lo spazio semantico, a cui appartiene la parola, e un elemento che ne indica molto approssimativamente il suono. Si veda ad es. qui di seguito il carattere per "zucchero", dato dalla combinazione del classificatore (cfr. § 3.4) per "cereale" e dell'elemento che sta per la sillaba tang: *"cereale" tdng "zucchero" Sillabografia Ogni carattere sta per una sillaba. Ogni carattere rappresenta una combinazione di fonemi diversa, quindi una sillaba diversa, senza che ci sia la possibilità di distinguere quali elementi grafici rappresentino certi fonemi e quali altri. Sono sistemi di scrittura con componenti sillabografiche, ad es., il giapponese, il miceneo lineare B, il sillabario cipriota. Il giapponese, in particolare, usa un sistema di scrittura misto, che comprende logogrammi cinesi e sillabogrammi (oltre che, in misura minore, caratteri dell'alfabeto latino). Si vedano ad es. qui sotto i sillabogrammi per sa, si (shi), su, se, so del sillabario katakana, uno dei due sillabari in uso nel giapponese moderno; si può osservare come per ciascuna delle cinque combinazioni di fonemi non sia possibile isolare elementi grafici rappresentativi di singoli fonemi: sa se si (shi) so su . Abjad [ab'd3ad] Ogni carattere sta per una consonante. È un sistema di scrittura che tendenzialmente non segna le vocali, anche se molti sistemi di questo tipo si sono dotati nel corso del tempo di segni divocalizzazione (elementi diacritici, posti al di sopra o al di sotto dei caratteri consonantici), che rimangono comunque per lo più opzionali. Il primo sistema di scrittura a base fonetica della sto- 17 18 La linguistica ria, il fenicio, era un abjad. Sono di questo tipo i sistemi di scrittura semitici: arabo, ebraico, siriaco, eccetera. In arabo le parole sono costituite generalmente da un morfema lessicale triconsonantico discontinuo e da un morfema grammaticale formato da uno schema vocalico anch'esso discontinuo, intercalato nella radice triconsonàntica; es. [ki'ta:b] "libro", con radice k-t-b "scrivere/scrittura" e schema vocalico -i-a:- "nome di oggetto/singolare" (cfr. § 3.2.2.). Il sistema di scrittura dell'arabo, come la maggior parte dei sistemi semitici, nota di norma le sole consonanti (in forme diverse a seconda della loro posizione all'interno della parola: isolata, iniziale, mediana o finale) e procede da destra a sinistra. Le vocali dell'arabo, in tutto tre (a, u, i), possono essere sia brevi ([a], [i], [u]) sia lunghe ([a:], [i:], [u:]); nella scrittura, le vocali brevi sono considerate implicite, mentre le vocali lunghe sono segnalate dalla presenza di una consonante di prolungamento. Si veda qui di seguito come è resa la parola [ki'ta:b] "libro", con notazione della sola radice triconsonantica k-t-b e della consonante di prolungamento (che segnala la presenza di una vocale lunga: [a:]): '--" L .. ~• --bfinale Cdi prolungamento tmediana k iniziale per [a:] ~GS [ki'ta:b] "libro"• Abugida [abugi'da] Ogni carattere sta per una combinazione sillabica di consonante e vocale. A differenza della sillabografia, gli elementi grafici che rappresentano le consonanti e le vocali della combinazione sono ancora distinguibili tra di loro. Si ha in genere un carattere di base, che denota una consonante accompagnata da una vocale non marcata (a, nelle grafie dell'India), a cui si aggiunge qualche elemento grafico per denotare altre vocali o l'assenza di vocali. Sono sistemi di scrittura di questo tipo il devanagari, usato ad es. per sanscrito e hindi, e l'etiopico, usato ad es. per amarico e tigrino. Si vedano alcune combinazioni con [k] in devanagari: ~ [k(a)] k(a) ~ [k] k cfiT [ka:] kii fcf; [ki] ki ~ [ku:] ku "' ~ [ko:] ko ~ [ke:] ke ~ [kai] kai Alfabeto Ogni carattere (o grafema) sta o per una consonante o per una vocale. Sono notate obbligatoriamente sia le consonanti sia le vocali. Il primo alfabeto della storia è stato quello greco, da cui discendono, tra gli altri, quello cirillico e quello latino. Alcuni esempi di traslitterazione dal russo: A = a, A= d, E, I:: = e, r = g, n = l, M = m, H = n, n = p, p = r, e = S, B = V li linguaggio verbale Alcuni esempi dal greco: Aa =Aa, M =Dd, BE =Ee, ry =Gg, Aì-. =Ll, Mµ =Mm, Nv =Nn, II:rc =Pp, Pp =Rr, Laç =Ss, Bl3 =Vv Grafia di tratti Ogni carattere rappresenta, e riproduce in parte anche nella forma, una certa conformazione articolatoria (v. § 2.1.2), e sta per il fono o i foni prodotti da tale conformazione. Un sistema di grafia di tratti è il coreano hangul. Si vedano qui di seguito i caratteri hangul per [n], [t]/[<;,l] e [k]/[g]: L e 1[n] [t]/[<;,l] [k]/[g] Si può osservare come la forma di ciascuno di questi caratteri tenda a riprodurre analogicamente una particolare conformazione articolatoria: L ([n]) rappresenta l'innalzamento della parte anteriore della lingua verso i denti superiori (propria dei suoni dentali, v. § 2.1.2.); l'aggiunta di un tratto orizzontale in C ([t]/[<;,l]) indica la chiusura totale del canale (propria dei suoni occlusivi, v. § 2.1.2.); 7 ([k]/[g]) mostra l'innalzamento del dorso della lingua verso la zona posteriore del palato (propria dei suoni velari, v. § 2.1.2.). Le origini 19 Invece le origini del linguaggio sono certamente molto più antiche. A prescindere dalle diverse ipotesi avanzate circa il modo in cui il linguaggio è sorto (la questione è molto complessa, e qui non vi accenniamo nemmeno), tutto porta in paleontologia a far risalire molto indietro lungo l'albero genealogico degli ominidi l'origine del linguaggio verbale, sotto forma evidentemente parlata. È ipotizzabile infatti che qualche forma embrionale di comunicazione orale con segni linguistici fosse già presente nell'Homo habilis e poi nell'Homo erectus (e quindi a partire da circa tre milioni di anni fa). Sicuramente il linguaggio verbale era presente nell'Homo neanderthalensis (100-50.000 anni fa) e a fortiori nell'Homo sapiens sapiens, come schematizzato nella figura 1.3. del linguaggio Sembra infatti che nel processo evolutivo della specie umana già presso i nostri lontanissimi progenitori di molte centinaia di migliaia di anni fa esistessero almeno in nuce i prerequisiti biologici (anatomici, neurologici e cognitivi: cfr. § 1.3.12) necessari per il linguaggio verbale. Il canale fonico-acustico e l'uso parlato della lingua presentano d'altra parte tutta una serie di vantaggi biologici e funzionali rispetto al canale visivo e all'uso scritto: a. purché vi sia presenza di aria (condizione che si dà sempre sul nostro pianeta), possono essere utilizzati in qualunque circostanza am- Vantaggi dell'oralità nel linguaggio 20 Fig.1.3 >>>>>> La linguistica Homo habilis I Homo erectus I Homo sapiens Homo =3.000.000 a. =1.000.000 a. =500.000 a. Linguaggio verbale Homo neanderthalensis sapiens sapiens =100.000-30.000 a. bientale, e consentono la trasmissione anche in presenza di ostacoli fra emittente e ricevente e a (relativa) distanza (gli sviluppi nell'ultimo s.ecolo delle tecniche di riproduzione e trasmissione della voce consentono ai messaggi di viaggiare a qualunque distanza, e anche in assenza di aria); b. non ostacolano altre attività, possono essere utilizzati in concomitanza con molte altre prestazioni fisiche e intellettive (mentre il canale grafico, almeno nella produzione, impegna totalmente l'attività dell'individuo); sono quindi particolarmente adatti all'impiego del linguaggio per accompagnare e guidare le azioni; c. permettono la localizzazione della fonte di emittenza del messaggio; d. la ricezione è contemporanea alla produzione del messaggio, avviene in diretta; e. l'esecuzione parlata è più rapida di quella scritta; f il messaggio può essere trasmesso simultaneamente a un gruppo di destinatari diversi e può essere colto da ogni direzione; g. il messaggio è evanescente, ha rapida dissolvenza, non permane a ingombrare il canale ma lascia subito libero il passaggio ad altri messaggi. Si noti però che questo vantaggio può essere in certi casi uno svantaggio: non per nulla un noto detto latino recita scripta manent, verba volant ("ciò che è scritto rimane, ciò che è detto vola via"). Da questo punto di vista, l'unico vantaggio evidente del canale visivo sta appunto nella permanenza del messaggio nel tempo e nello spazio: il parlato è transeunte, lo scritto rimane, è stabile. h. l'energia specifica richiesta è molto ridotta, il parlare è concomitante con la respirazione e ne può essere considerato entro certi termini un sottoprodotto specializzato. Dal punto di vista meramente fisiologico, infatti, appare evidente che il linguaggio verbale umano è dotato di 'specializzazione': il parlare, pur avvenendo in concomitanza con particolari funzioni fisiologiche, non assolve alcun altro compito fisio-biologico che quello della comunicazione - non contribuisce per esempio in nulla alla respirazione o all'alimentazione, che usufruiscono in parte degli stessi organi-, ed è quindi un'attività altamente specializzata. li linguaggio verbale Nelle società moderne, tuttavia, lo scritto ha una priorità sociale: avere una forma scritta è un requisito indispensabile per una lingua evoluta, a pieno titolo; lo scritto ha maggiore importanza, prestigio e utilità sociale e culturale; è lo strumento di fissazione e trasmissione del corpo legale, della tradizione culturale e letteraria e del sapere scientifico; è il veicolo fondamentale dell'istruzione scolastica (l'importanza dell'alfabetismo è un cardine elementare indiscusso di ogni società civile); ha validità giuridica (si badi per esempio all'importanza della firma scritta della persona per ogni atto che abbia valore formale e legale), eccetera. Occorre ancora dire che d'altra parte la realizzazione parlata e quella scritta dei segni linguistici non sono puramente diretta rappresentazione l'una dell'altra. Lo scritto è nato come fissazione, trascrizione, raffigurazione 'solida', stabile, del parlato; ma si è poi sviluppato con aspetti e caratteri in parte propri: non tutto ciò che fa parte del parlato (per esempio, il tono di voce, la modulazione del discorso, in genere i tratti cosiddetti paralinguistici che accompagnano la comunicazione orale, ecc.) può essere reso e avere un corrispondente nello scritto; né tutto ciò che fa parte dello scritto (per esempio, uso delle maiuscole, disposizione del testo sul foglio, ecc.) può essere reso e avere un corrispondente nel parlato. Insomma, parlato e scritto non sono semplicemente la traduzione l'uno dell'altro su supporti fisici diversi: la diversità del mezzo crea in parte dei caratteri strutturali diversi e irriducibili, che conferiscono sia all'uno che all'altro una certa quota di peculiarità. Del resto, anche il modo, le forme e le caratteristiche strutturali con cui una lingua si manifesta nel parlato sono in parte diversi rispetto al modo, alle forme e alle caratteristiche strutturali con cui una lingua si manifesta nello scritto: ma su questo non possiamo soffermarci qui (cfr. § 7.2.2, variazione diamesica). 1.3.5 Linearità e discretezza Un'ulteriore proprietà dei segni linguistici, che è più propriamente anch'essa una caratteristica del significante, è la linearità. Per 'linearità del segno' si intende che il significante viene prodotto, si realizza e si sviluppa in successione nel tempo e/o nello spazio. Successione lineare tale che non possiamo decodificare il segno, capire completamente il messaggio se non dopo che siano stati attualizzati l'uno dopo l'altro tutti gli elementi che lo costituiscono. Molti altri tipi di segni sono invece 'globali', vengono percepiti come un tutto simultaneamente. Es.: molti segnali stradali; il colore del semaforo; i gesti; eccetera. L'ordine in cui si susseguono le parti del segno è inoltre pertinente in modo fondamentale per il significato del segno medesimo: Gianni chiama Maria e Maria chiama Gianni designano due stati di cose ben diversi (cfr. § 21 Priorità sociale dello scritto La linearità del segno linguistico 22 La discretezza del segno linguistico L'onnipotenza semantica Plurifunzionalità della lingua La linguistica 1.3.10). La linearità implica anche monodimensionalità del segno, giacché il significante si sviluppa in una sola direzione; ed è una proprietà strutturale strettamente connessa con la doppia articolazione, nel senso che è una delle precondizioni che la rendono possibile. Sempre relativa in primo luogo al significante è la proprietà dei segni linguistici di essere discreti. Per discretezza dei segni si intende il fatto che la differenza fra gli elementi, le unità della lingua, è assoluta, non quantitativa o relativa: in altre parole, le unità della lingua non costituiscono una materia continua, senza limiti netti al proprio interno, ma c'è un confine preciso fra un elemento e un altro, che sono distinti e ben separabili l'uno dall'altro. In particolare, le classi di suoni sono ben separate le une dalle altre: pollo con la p e bollo con la b sono per esempio due parole distinte che non hanno nulla in comune dal punto di vista del significato; un'eventuale pronuncia intermedia viene ricondotta a una delle due forme, o a pollo o a bollo, non è un'altra parola che voglia dire qualcosa a metà fra pollo e bollo. Usando termini noti nella teoria della comunicazione, si può dire che i segni del linguaggio verbale sono digitali, e non analogici. Una conseguenza interessante della discretezza (combinata con l'arbitrarietà radicale) è che nella lingua non possiamo intensificare il significante per intensificare corrispondentemente il significato allo stesso modo in cui lo facciamo per esempio con grida o interiezioni: mentre un ahi! detto piano a voce bassa indica un dolore minore che un AHI! gridato ad alta voce (e si può ritenere in linea di principio che più forte sia l'ahi! più forte sia il dolore, essendo questo un segno - non linguistico - dotato di variazione continua), un GAATTOO detto a voce alta e forte non è più "gatto" di gatto detto piano a voce bassa (l'intensificazione trasmette semmai valori emotivi, ma non tocca l'identificazione del referente designato). Nella lingua, insomma, il significato non varia in proporzione al variare del significante, né viceversa. 1.3.6 Onnipotenza semantica, p/urifunzionalità e riflessività Tocchiamo ora una proprietà generale del linguaggio verbale umano che lo contrassegna profondamente. Si tratta di quella che viene spesso chiamata onnipotenza semantica (anche: 'onniformatività', 'illimitatezza del campo d'azione'), che consisterebbe nel fatto che con la lingua è possibile dare un'espressione a qualsiasi contenuto, per lo meno nel senso che un messaggio formulato in qualunque altro codice o sistema di segni sarebbe sempre traducibile in lingua, ma non (ovviamente) viceversa. L'onnipotenza semantica si riferisce dunque, detto più semplicemente, al fatto che con la lingua si può parlare di tutto. Poiché però risulta a rigore difficilmente provabile che con la lingua si possa vera- Il linguaggio verbale mente dire tutto e che davvero ogni messaggio in un qualunque altro modo di comunicazione possa essere tradotto compiutamente in un messaggio linguistico (si pensi per esempio a certe espressioni artistiche o musicali), è se non altro più prudente parlare piuttosto di plurifunzionalità, come proprietà tipica e spiccata della lingua. Per plurifunzionalità (o anche, se vogliamo, 'pluripotenza') si intende che la lingua permette di adempiere a una lista molto ampia (teoricamente illimitata) di funzioni diverse. In linea di principio, le funzioni a cui serve la lingua formano una lista aperta. Fra le più evidenti e rilevanti, si possono comunque menzionare: a. l'esprimere il pensiero (dando una forma esterna a contenuti mentali). La concezione della lingua fondamentalmente come riflessione del pensiero, ben presente nel pensiero filosofico fin dalla classicità, contrassegna in modo deciso alcune fra le più importanti correnti teoriche della linguistica contemporanea, per esempio la linguistica generativa (cfr. §§ 4.4 e 8.2.2); altre correnti della linguistica moderna e contemporanea privilegiano invece come fondamentale la funzione della lingua come strumento di comunicazione (e quindi b e c sotto); h. il trasmettere informazioni; c. l'instaurare, mantenere, regolare, ecc. attività cooperative e rapporti sociali; d. il manifestare, esternare i propri sentimenti e stati d'animo; e. il risolvere problemi (si pensi all'impiego scientifico della lingua; ma non solo); f il creare mondi possibili (si pensi all'impiego letterario; ma non solo); eccetera. Occorre a questo punto, a proposito di funzioni della lingua, fare un cenno a un modello di classificazione molto noto. Si tratta dello schema proposto da R. Jakobson (cfr. § 8.2.2), che identifica sei (classi di) funzioni, sulla base di un modello generale dell'evento comunicativo. L'instaurarsi della comunicazione implica a ben vedere la presenza di almeno sei fattori, e a ciascuno di essi può essere collegata una funzione (o classe di funzioni), come risulta dallo schema della figura 1.4. Ogni funzione sarebbe incentrata su uno dei sei fattori, che costituisce anche il criterio di riconoscimento della funzione: un messaggio linguistico volto specificamente ad esprimere sensazioni del parlante avrebbe prevalente funzione emotiva o 'espressiva' (es.: che bella sorpresa!); uno volto a specificare aspetti del codice o a calibrare il messaggio sul codice avrebbe prevalente funzione metalinguistica (Gianni è il soggetto della frase Gianni corre; ho detto pollo, con due elle, e Funzioni della lingua Lo schema diJakobson Funzione emotiva 23 Funzione metalinguistica 24 Fig.1.4 >>>>>> Funzione referenziale Funzione conativa Funzione fàtica Funzione poetica Metalingua e proprietà riflessiva del linguaggio La linguistica emittente (F. EMOTIVA, O ESPRESSIVA} codice (F. METALINGUISTICA) canale (o contatto) (F. FÀTICA) messaggio (F. POETICA) ricevente (F. CONATIVA} contesto (o referenza) (F. REFERENZIALE, O DENOTATIVA) non polo!; gatto è una parola di cinque lettere); uno volto a fornire informazioni sulla realtà esterna avrebbe prevalente funzione referenziale o 'denotativa' (l'intercity per Milano Centrale delle quindici e venti è in partenza dal binario due; esistono piante carnivore); uno volto a far agire in qualche modo il ricevente, ottenendo da lui un certo comportamento, avrebbe prevalente funzione conativa (dal verbo latino conor, inf. conari, "sforzarsi, darsi da fare") (chiudi la porta!); uno volto a verificare e sottolineare il canale di comunicazione e/o il contatto fisico o psicologico fra i parlanti avrebbe prevalente funzione fàtica (dal verbo latino for, inf. fari, "parlare": quindi, funzione relativa al parlare in sé) (pronto?; ciao, Gianni!); uno volto ad esplicitare, mettere in rilievo e sfruttare le potenzialità insite nel messaggio e i caratteri interni del significante e del significato avrebbe prevalente funzione poetica (la gloria di Colui che tutto move I per l'universo penetra e risplende I in una parte più e meno altrove, Dante, Paradiso, l, 1-3; ambarabbà ciccì coccò, tre civette sul comò). Si noti che per precisione occorre dire sempre 'funzione prevalente', giacché, essendo i sei fattori succitati in genere sempre presenti in ogni atto di comunicazione linguistica, ogni messaggio realizza in linea di principio tutte e sei le funzioni contemporaneamente; una delle funzioni (o anche più di una funzione) è però di norma chiaramente predominante, ed è quella che qualifica funzionalmente il messaggio come realizzazione specifica di una delle sei funzioni. Rifacendoci alla funzione metalinguistica nel modello di Jakobson, possiamo osservare un importante corollario dell'onnipotenza o plurifunzionalità della lingua: con la lingua si può parlare della lingua stessa (es.: gatto è un sostantivo singolare), o, come si usa dire con terminologia più tecnica, la lingua si può usare come metalingua (o 'metalinguaggio'); la lingua di cui parla la metalingua viene in tal caso chia- li linguaggio verbale mata 'lingua-oggetto' (nell'esempio sopra gatto è un termine della lingua-oggetto che diventa nella metalingua segno di sé stesso). A tale proprietà viene spesso dato il nome di riflessività. La riflessività è veramente unica e caratterizzante del linguaggio verbale umano: non sembra che esistano altri codici di comunicazione che consentano di formulare messaggi su sé stessi, che abbiano come oggetto il codice di comunicazione medesimo. Varrà anche la pena di notare che la capacità metalinguistica si sviluppa tardi nel bambino che apprende la lingua: a sei anni, per esempio, risulta ancora del tutto normale che alla richiesta "dimmi una parola lunga" un bambino risponda treno, confondendo parole e cose. 1.3.7 Produttività e ricorsività Un'altra proprietà della lingua a cui si fa spesso riferimento, e che è connessa da un lato con la doppia articolazione e dall'altro con l'onnipotenza semantica, è la produttività (anche: 'apertura', 'non finitezza', 'creatività', e 'produttività illimitata'). Con questo termine si allude al fatto che con la lingua è sempre possibile creare nuovi messaggi, mai prodotti prima, e parlare di cose nuove e nuove esperienze, mai sperimentate prima, o anche di cose inesistenti (la lingua non è limitata a codificare il mondo esistente, né un campo di esperienza stabilito a priori). Più precisamente, con la lingua da un lato è possibile produrre messaggi sempre nuovi, in quanto combinano in una nuova maniera significanti e significati, e dall'altro è possibile associare messaggi già usati a situazioni nuove, non prodottesi prima. La produttività è resa possibile in prima istanza dalla doppia articolazione, che, come abbiamo visto(§ 1.3.3) permette una combinatorietà illimitata di unità più piccole, formanti un sistema chiuso, in unità via via più grandi e in numero teoricamente infinito, come riassunto dallo schema della figura 1.5. La produttività o apertura del sistema linguistico prende più precisamente la forma di quella che è stata chiamata creatività regolare (o 'creatività retta da regole'), vale a dire una produttività infinita basata su un numero limitato di princìpi e regole in genere dalla forma (molto) semplice applicabili ricorsivamente. La ricorsività è posseduta in maniera evidente dalla lingua ed è una proprietà formale molto importante della lingua; e significa che uno stesso procedimento è riapplicabile un numero teoricamente illimitato di volte, se sono date le condizioni in cui questo si applica; un'istruzione di procedura per ottenere un certo prodotto è riapplicabile al proprio prodotto o risultato. Un esempio: da una parola posso ricavarne un'altra mediante l'aggiunta di un suffisso (si veda oltre, § 3.2), e questa regola di suffissazione è ricorsiva (dalla parola ottenuta mediante aggiunta di un suffisso posso ottenere un'altra 25 La produttività della lingua La creatività regolare La ricorsività 26 Fig.1.5 >>>>>> La linguistica unità minime di 2• artic. unità minime di 1• artic. L si combinano in J L poche (inventario tante si combinano in parole _J L frasi si combinano in J tantissime In numero Illimitato chiuso; sistema--------------------- (inventario aperto) chiuso) parola, più complessa, attraverso lo stesso procedimento di aggiunta di un suffisso, e così via): da atto, per esempio, si ha attuale, da attuale si ha attualizzare, da attualizzare si ha attualizzabile, da attualizzabile si ha attualizzabilità. Un altro esempio: Gianni corre; Mario vede che Gianni corre; Luisa dice che Mario vede che Gianni corre; ecc.: costruisco una frase compiuta con un nome e un verbo, e da questa posso ottenere frasi via via più complesse inserendo la frase di partenza e le frasi che successivamente ottengo in un'altra frase più ampia che le contiene. L'applicazione della ricorsività è, come si è detto, in teoria illimitata: il limite, che fa sì che di fatto non si costruiscano parole o frasi al di là di un certo grado di lunghezza e complessità - cioè, che contengano più di un certo numero di riapplicazioni dello stesso procedimento-, sta nell'utente, e non nel sistema linguistico. Oltre un certo grado di lunghezza e complessità, il segno non sarebbe più economicamente maneggiabile, provocherebbe grossi problemi nella memorizzazione, elaborazione e processazione del messaggio. In questo senso, noi parlanti siamo utenti finiti di un sistema infinito. 1.3.8 Distanziamento e libertà da stimoli Il distanziamento Un'altra proprietà del linguaggio verbale umano, che a ben vedere non è altro che un ulteriore corollario dell'onnipotenza semantica, è stata chiamata distanziamento. Si tratta di una proprietà che riguarda il modo di significazione della lingua e che ha una notevole importanza, soprattutto per quanto concerne la differenza fra il linguaggio umano e i sistemi di comunicazione animali. Infatti per distanziamento si intende la possibilità, insita inerentemente nella lingua, di poter formulare messaggi relativi a cose lontane, distanti nel tempo, nello spazio o in entrambi dal momento e dal luogo in cui si svolge l'interazione comunicativa o viene prodotto il messaggio. Anzi, mentre ad esempio il mio gatto può comunicarmi miagolando che ha fame e vuole mangiare, ma non può comunicarmi con nessun miagolìo (in nessun modo) che ieri aveva fame, con la lingua noi di solito parliamo appunto di cose non presenti nella situazione e nell'ambiente immediatamente circostante, remote nello spazio e spesso anche nel tempo (e anzi, spesso, indipen- li linguaggio verbale denti rispetto a qualsiasi localizzazione spazio-temporale, cioè del tutto astratte). Il distanziamento consiste dunque essenzialmente nella possibilità di parlare di un'esperienza in assenza di tale esperienza, o dello stimolo che ha provocato tale esperienza. Con questo, la nozione di distanziamento in fondo viene pressoché a coincidere con un altro aspetto, sempre connesso con la particolare potenza del linguaggio verbale umano, che spesso è citato come una sua proprietà a sé stante, vale a dire la libertà da stimoli. Essa consiste nel fatto che i segni linguistici rimandano a, e presuppongono, una elaborazione concettuale della realtà esterna, e non semplicemente stati dell'emittente, che inducano necessariamente ad emettere messaggi. In questo senso, si può dire che la lingua è indipendente dalla situazione immediata e dalle sue costrizioni/dai suoi stimoli: gli aspetti esterni della situazione, e le nostre reazioni interne ad essi, non sono causa né necessaria né sufficiente dell'emissione di un determinato messaggio in un dato momento. Anche la libertà da stimoli è un criterio importante che distingue il linguaggio umano da quelli degli animali. Se prendiamo infatti comportamenti comunicativi animali molto studiati dagli etologi (gli studiosi del comportamento animale), come ad esempio i latrati di allarme dei macachi, constatiamo che la presenza di un predatore è causa - a quanto ne sappiamo - necessaria e sufficiente dell'emissione di un latrato, in maniera deterministica (se il macaco si accorge del predatore, il latrato è una reazione fisiologica istintiva); nell'emissione di messaggi nel linguaggio verbale umano non c'è invece alcun aspetto determini- stico. 1.3.9 Trasmissibilità culturale Dal punto di vista antropologico, ogni lingua è trasmessa per tradizione all'interno di una società e cultura, come uno dei fatti costitutivi della cultura. Le convenzioni che costituiscono il codice di una determinata lingua, le regole specifiche che ne costituiscono la norma, e il suo patrimonio lessicale passano da una generazione all'altra per insegnamento/apprendimento spontaneo, non attraverso informazioni genetiche, ereditarie. Ogni essere umano impara e conosce almeno una lingua, quella della comunità sociale in cui è nato e ha avuto la socializzazione primaria; e può apprenderne, sempre per trasmissione culturale, un'altra o più altre. Noi impariamo la lingua che è propria dell'ambiente in cui cresciamo, e che non necessariamente è quella dei nostri genitori biologici. Anche in questo il linguaggio verbale è diverso dai linguaggi degli animali, i cui segnali sono per lo più istintivi, trasmessi geneticamente. Questo non vuol tuttavia dire che il linguaggio verbale umano sia un 27 L'indipendenza del linguaggio dagli stimoli Trasmissibilità della lingua per tradizione 28 Le componenti del linguaggio: culturale- ambientale e innata La prepubertà linguistica La complessità sintattica Ordine degli elementi La linguistica fatto unicamente culturale. Al contrario, la componente innata, facente parte del patrimonio genetico della specie umana, è anch'essa specialmente importante nel linguaggio verbale: in esso vi è infatti sia una componente culturale-ambientale (che specifica quale lingua impariamo e parliamo), sia una componente innata, che fornisce la 'facoltà del linguaggio', cioè la predisposizione a comunicare mediante una lingua e le strutture portanti del linguaggio verbale, e crea la trama, le caselle vuote il cui riempimento avviene poi con materiali tratti dall'ambiente culturale che ci circonda, i quali specificano come le proprietà universali innate sono realizzate dalla lingua che impariamo. Il linguaggio è in tal senso universale, le lingue storico-naturali sono particolari. L'interazione fra componente naturale, innata, e componente culturale, appresa, fa sì che abbia un ruolo particolare nel processo, molto complesso, di acquisizione/apprendimento della lingua non solo la prima infanzia, ma anche il periodo della cosiddetta prepubertà linguistica. Se entro l'età di 11-12 anni un essere umano non è stato esposto a stimoli linguistici provenienti dall'ambiente culturale in cui vive, lo sviluppo della lingua è in pratica bloccato; d'altra parte, entro tale età l'apprendimento di una lingua avviene in maniera sorprendentemente rapida e agevole, mentre imparare una seconda lingua più tardi diventa un compito arduo e faticoso, che raramente porta ad un'abilità e competenza comparabili a quelle del parlante nativo, cioè di chi ha imparato quella lingua nel periodo della socializzazione primaria. 1.3.10 Complessità sintattica Vi sono infine due proprietà della lingua molto interessanti, meno legate alla natura materiale dei segni rispetto alle ultime che abbiamo visto e più inerenti alla natura e configurazione interna del sistema linguistico. Una di queste (da vedere in relazione con la linearità, § 1.3.5) consiste nel fatto che i messaggi linguistici, a differenza dei messaggi in altri codici naturali, possono presentare un alto grado di elaborazione strutturale, con una ricca gerarchia di rapporti di concatenazione e funzionali fra gli elementi disposti linearmente. La disposizione reciproca in un segno linguistico degli elementi che lo costituiscono non è mai indifferente; e i rapporti fra gli elementi o parti del segno dànno luogo a una fitta trama plurima, percepibile nella sintassi del messaggio. Questa proprietà si può quindi definire complessità sintattica. Fra gli aspetti che hanno rilevanza nella trama sintattica vi sono: a. l'ordine degli elementi contigui, le posizioni lineari in cui essi si combinano: solo l'ordine ci permette di capire chi è che picchia e chi è che viene picchiato in Gianni picchia Giorgio; li linguaggio verbale 29 b. le relazioni strutturali e le dipendenze che vigono fra elementi non Dipendenze contigui: in il libro di Chomsky sulle strutture sintattiche, l'elemento sulle strutture sintattiche non dipende ovviamente dall'elemento che lo precede immediatamente, Chomsky, ma da il libro, che è l'elemento modificato. In generale, i rapporti gerarchici fra glielementi che costituiscono una frase rappresentano una 'seconda' trama della strutturazione sintattica, che si sovrappone alla successione lineare ed è indipendente da essa; la capacità degli elementi costitutivi di una struttura di intrattenere relazioni a distanza, in generale, è proprietà ignota ad altri sistemi cognitivi; c. le incassature: in il cavallo che corre senza fantino sta vincendo il Incassature palio, la parte del messaggio che corre senza fantino è incassata, o incastrata, dentro la parte il cavallo sta vincendo il palio; d. la ricorsività (cfr. § 1.3.7); combinata con la discontinuità dei rapporti sintattici (v. sopra punto b), la ricorsività conferisce alle strutture linguistiche un particolare carattere di complessità interna; e. la presenza di parti del messaggio che dànno informazioni sulla sua strutturazione sintattica (in genere, sono tali per esempio tutte le congiunzioni coordinanti, come e, ma, ecc., e subordinanti, come che, perché, ecc.); f la possibilità di discontinuità nella strutturazione sintattica. Le costru- Discontinuità zioni ammesse dalla lingua possono ammettere, o richiedere, che elementi o parti strettamente unite dal punto di vista semantico e sintattico non siano linearmente adiacenti. In tedesco, per esempio, spesso si deve ricuperare in chiusura del messaggio un elemento indispensabile per la sua comprensione. Ciò avviene per es. quando si abbiano i verbi cosiddetti separabili, come in Paul macht das Fenster auf "Paolo apre la finestra" (letteralmente "Paolo fa la finestra su"), oppure le cosiddette 'parentesi verbali', come in Brigitte hat einen Apfel gegessen "Brigitte ha mangiato una mela", lett. "Brigitte ha una mela mangiato": la preposizione, che in questo caso contribuisce a costituire il verbo aufmachen (all'infinito), o il participio passato, nei tempi verbali composti, si separano dall'elemento con cui costituiscono un'unità lessicale e si spostano alla fine della frase. Anche in latino capita frequentemente che elementi che sono strettamente uniti dal punto di vista strutturale e funzionale e costituiscono un'unica entità sintattica si trovino separati in una frase da altri elementi: così, nella frase iniziale del De bello gallico di Giulio Cesare Gallia est omnis divisa in partes tres ("la Gallia nel suo insieme è divisa in tre parti") omnis, aggettivo collegato al nome Gallia da esso modificato (omnis Gallia "tutta la Gallia/la Gallia nel suo insieme"), è collocato a separare il verbo copulativo est e il suo complemento attributivo divisa (anche questi funzionalmente e strutturalmente formanti un'unità). 30 L'equivocità della lingua La linguistica Tutti questi fattori, ed altri ancora, concorrono nel conferire ai segni linguistici una complessità sintattica, almeno potenziale, molto alta. 1.3.11 Equivocità Possiamo concludere il nostro elenco di proprietà del linguaggio verbale umano notando che la lingua possiede una proprietà molto interessante in quanto codice, cioè in quanto insieme di corrispondenze, di regole che associano significanti fonico-acustici e significati concettuali (cfr. § 1.3.1). La lingua è infatti un codice tipicamente equivoco. È equivoco un codice che pone corrispondenze plurivoche fra gli elementi di una lista e quelli della lista a questa associata. Mentre un codice non equivoco pone rapporti biunivoci (cioè rapporti tali che a ogni elemento di un insieme A corrisponda uno e un solo elemento dell'insieme B, e viceversa), la lingua pone anzi corrispondenze doppiamente plurivoche fra la lista dei significanti e la lista dei significati. A un unico significante possono infatti corrispondere più significati (fenomeno della omonimia e polisemia: si veda oltre,§ 5.3.1): per es. al significante carica possono essere associati i significati 1) "mansione, funzione, ufficio svolto da una persona" (il sindaco è in carica da quattro mesi), 2) "quantitativo di energia" (il telefonino non ha più carica), 3) "assalto" (il Settimo Cavalleggeri partì alla carica), 4) "piena" (aggettivo: un'automobile carica di pacchi), 5) 3apers. sing. del presente del verbo caricare (Gianni carica i pacchi sul!'auto). Così, a un significato possono corrispondere più significanti (fenomeno della sinonimia: v. § 5.3.2): per es., il significato "afferrare con la mente" può essere associato al significante capire o al significante comprendere; il significato "parte anteriore della testa" può essere associato ai significanti/accia, o viso, o volto. , L'equivocità è quindi una proprietà importante della lingua, che, contrariamente a quel che potrebbe sembrare in una chiave esclusivamente logico-formale, non costituisce un difetto o uno svantaggio dell'organizzazione del sistema linguistico, bensì rappresenta un vantaggio: intimamente connessa con l'onnipotenza semantica e la produttività, l'equivocità del codice lingua contribuisce a consentire l'eccezionale flessibilità dello strumento linguistico e la sua adattabilità ad esprimere contenuti ed esperienze nuove. D'altra parte, i possibili problemi derivanti dall'equivocità sono di solito immediatamente disambiguati dal contesto, che interviene sistematicamente nell'interpretazione dei messaggi (cfr. § 4.5). 1.3.12 Lingua solo umana? A chiosa della rassegna di proprietà per qualche verso interessanti del linguaggio verbale umano che abbiamo fatto (riassunte nella Scheda 1.1), sarà opportuno chiedersi se un sistema di comunicazione organiz- li linguaggio verbale zato come la lingua sia proprio e caratteristico soltanto degli esseri umani oppure non rappresenti altro che la manifestazione presso gli uomini di modalità comunicative diffuse in maniere quantitativamente diverse presso tutti gli esseri animati. Le opinioni degli studiosi non sono del tutto concordi, ma è largamente prevalente la considerazione che la facoltà verbale, di esprimersi attraverso sistemi comunicativi come le lingue, sia specie-specifica dell'uomo e sia maturata come tale, quantitativamente e qualitativamente, nel corso dell'evoluzione (cfr. § 1.3.4). In particolare, solo l'uomo possiede le precondizioni anatomiche e neurofisiologiche necessarie per l'elaborazione mentale e fisica del linguaggio verbale, vale a dire: a. adeguato volume del cervello, quantità delle circonvoluzioni della corteccia cerebrale, quantità e plasticità dei collegamenti intemeu- ronali; b. conformazione del canale fonatorio cosiddetta 'a due canne' (connessa con la stazione eretta), con un angolo, un cambiamento di direzione, fra una 'canna', il cavo orale, e l'altra, la laringe, e con un'ampia cavità intermedia (la faringe, che fa da cassa di risonanza; cfr. § 2.1.1). La prima condizione rende possibile la memorizzazione, l'elaborazione e la processazione di un sistema così anche neurologicamente e cognitivamente complesso quale il linguaggio; la seconda, unitamente alla funzionalità delle corde vocali sviluppatasi durante l'evoluzione (cfr. § 1.3.4) consente le sottili distinzioni articolatorie e sfumature nella produzione fonica necessarie per la comunicazione orale. L'etologia, la zoologia, la psicologia animale e soprattutto la 'zoosemiotica' (un settore disciplinare che si occupa appunto della comunicazione animale) hanno accumulato una vasta serie di studi e osservazioni sui sistemi e modi di comunicazione utilizzati da diverse specie animali, sia sui gradini più bassi che su quelli più alti della scala evolutiva, dalla comunicazione chimica (mediante feromoni) presso le formiche alle danze delle api ('danza dell'addome' e altri tipi di danze, con le quali vengono comunicate direzione, distanza e consistenza della fonte di cibo) ai richiami e canti degli uccelli agli allarmi e richiami vocali di varie specie di mammiferi alle tecniche di comunicazione di balene e delfini: ma in nessuno si sono riscontrate nemmeno lontanamente tutte o anche solo una gran parte delle proprietà che ritroviamo nella lingua. Negli ultimi venticinque anni del secolo scorso sono stati compiuti svariati esperimenti di insegnamento di (elementi di) sistemi di comunicazione strutturati sul modello del linguaggio verbale umano ai primati più vicini all'uomo nell'evoluzione genetica (gorilla e soprattutto Il linguaggio verbale come caratteristica specifica dell'uomo 31 Precondizioni anatomiche e neurofisiologiche Esperimenti di insegnamento del linguaggio ai primati 32 La linguistica scimpanzé). Si è scartato ben presto il tentativo, pur compiuto, di insegnare linguaggio verbale parlato, data l'ovvia impossibilità anatomica dei primati di riprodurre approssimativamente molto più di una dozzina di suoni; e per di più con caratteristiche sensibilmente diverse da quelli umani. Si è invece cercato di far apprendere sperimentalmente sistemi di comunicazione che possedessero le stesse caratteristiche fondanti ed esclusive del linguaggio verbale (come l'arbitrarietà e la doppia articolazione), e in primo luogo la cosiddetta lingua dei segni, basata su gesti e atteggiamenti del viso e degli arti invece che sul canale vocale (cfr. esercizio 6 di questo capitolo), che permetteva anche di sfruttare al meglio le notevoli capacità mimetiche dei primati. Ma i risultati sembrano scarsi e tutto sommato, dal punto di vista del linguista, deludenti. Le capacità acquisite da scimpanzé e gorilla (alcuni dei quali divennero famosi presso psicologi e linguisti: fra gli altri, Sarah, a cui è stato insegnato a formare brevi 'frasi' mediante figurine di plastica; Lana, addestrata all'uso di una tastiera con simboli; Washoe e Nim Chimpsky, che hanno appreso rudimenti dell'American Sign Language [ASL, 'lingua dei segni americana']; e la gorilla Koko), dopo anni di addestramento specifico risultano tutto sommato ridotte, specialmente se paragonate a quelle di un bambino di tre anni, allo stesso stadio di sviluppo. Nei casi migliori, gli scimpanzé arrivano a maneggiare un centinaio o poco più di segni e a formare un repertorio limitato di combinazioni di tre o quattro segni con struttura molto semplice; e sempre solo in risposta a specifici stimoli situazionali. Più di un autore sostiene quindi che è presumibile (anche se è difficile dimostrarlo definitivamente) che i primati degli esperimenti producano quelle combinazioni semplicemente come risposta a uno stimolo a cui sono stati addestrati: il loro comportamento sarebbe in effetti privo di vera intenzionalità comunicativa, e consisterebbe piuttosto nella messa in opera di imitazione (Washoe e Nim per es. fanno per lo più gesti in risposta a gesti dei loro insegnanti, molte volte semplicemente ripetendoli), e la loro attività gestuale codificata sembrerebbe un esercizio appreso per ottenere una ricompensa più che un reale comportamento linguistico. Si noti che è probabile che gli umani nell'interazione con le scimmie diano spesso stimoli e suggerimenti inconsci, involontari, ma percepiti dagli animali. Gli indizi di un comportamento creativo da parte dei primati oggetto di esperimento che alcuni degli sperimentatori hanno ritenuto di avere rilevato sono scarsi e in ogni caso molto dubbi. In conclusione, sembra ci siano a tutt'oggi più argomenti per dare ragione a Noam Chomsky, il più noto linguista contemporaneo, quando sostiene che il linguaggio è una capacità innata ed esclusiva della specie umana, che non per dargli torto. li linguaggio verbale 33 Scheda 1.1 - Proprietà della lingua: un riepilogo Proprietà specifica del linguaggio verbale umano, esclusiva dei segni linguistici SÌ NO 1) Biplanarità X 2) Arbitrarietà X 3) Doppia articolazione X 4) Trasponibilità di mezzo X 5) Linearità X 6) Discretezza X 7) Onnipotenza semantica (plurifunzionalità) X 8) Riflessività X 9) Produttività X 10) Ricorsività (x?)* X 11) Distanziamento e libertà da stimoli X 12) Trasmissibilità culturale X 13) Complessità sintattica X 14) Equivocità X * Ci sono ragioni per ritenere che nella forma specifica della ricorsività di strutture gerarchiche tale proprietà sia propria solo della lingua. 1.3.13 Definizione di lingua A conclusione della disamina sin qui compiuta, possiamo provare a formulare una definizione riassuntiva della nozione di lingua, che tenga conto delle principali proprietà che le sono state attribuite come carat- terizzanti. Potremmo allora dire che la lingua è '(a) un codice (b) che organizza un sistema di segni (c) dal significante primariamente fonico-acustico, (d) fondamentalmente arbitrari ad ogni loro livello e (e) doppiamente articolati, (t) capaci di esprimere ogni esperienza esprimibile, (g) posseduti come conoscenza interiorizzata che permette di produrre infinite frasi a partire da un numero finito di elementi'. Rimane ora da fare un cenno a tre dicotomie o distinzioni binarie frequentemente usate in linguistica, che costituiscono una sorta di princìpi generali entro i quali si procede nell'analisi della lingua. 1.4 Princìpi generali per l'analisi della lingua 1.4.1 Sincronia e diacronia La prima di queste distinzioni è quella fra sincronia e diacronia. Itermini di sincronia (dal greco syn "insieme" e chr6nos "tempo") e diacronia (dal greco dia "attraverso" e chr6nos) si impiegano per indicare La definizione di lingua La distinzione tra sincronia e diacronia 34 Un esempio di operazione diacronica: l'etimologia Complementarità tra sincronia e diacronia nella lingua La linguistica due diverse condizioni con le quali si può guardare alle lingue e ai fatti linguistici in relazione all'asse del tempo. Per diacronia si intende la considerazione delle lingue e degli elementi della lingua lungo lo sviluppo temporale, nella loro evoluzione storica (cfr. § 7.1.1). Per sincronia si intende invece la considerazione delle lingue e degli elementi della lingua facendo un 'taglio' sull'asse del tempo, e guardando a come essi si presentano in un determinato momento agli occhi e all'esperienza dell'osservatore, nel loro stato presente e nei rapporti in cui si trovano in quello stato, prescindendo da quella che è stata la loro evoluzione temporale e i mutamenti che in questa si sono avuti. Fare per es. l'etimologia di una parola, cioè trovare la parola normalmente di un'altra lingua precedentemente esistente da cui essa deriva, e cercare di ricostruirne la storia e spiegare le modifiche eventualmente avvenute nel significante e nel significato significa fare un'operazione tipicamente di linguistica diacronica. Così, è la linguistica diacronica che ci dice che la parola duomo, per esempio, viene dal latino domus, accusativo domu(m), che voleva dire "casa", attraverso il latino medievale domu(m) episcopi "casa del vescovo", con mutamento (cfr. § 7.1) a dittongo (cfr. per i termini§ 2.2.4) uo della vocale obreve accentata (tonica) in sillaba libera (cioè non terminante per consonante, cfr. § 2.2.4) in parole piane (con l'accento sulla penultima sillaba, cfr. § 2.3.1), com'è normale nel passaggio dal latino all'italiano; cfr. buono, dal latino bonu(m), cuoco, dal lat. cocu(m), eccetera. Descrivere il significato che hanno oggi le parole in italiano, o studiare com'è la struttura sintattica delle frasi semplici in una lingua, sono invece operazioni tipicamente di linguistica sincronica. Nei fatti linguistici concreti è peraltro impossibile separare nettamente la dimensione sincronica da quella diacronica, giacché un qualunque elemento della lingua in un certo momento è quello che è sia in virtù delle relazioni che intrattiene con gli altri elementi del sistema linguistico (visuale sincronica) sia in virtù della sua storia precedente che lo ha portato alla condizione attuale (visuale diacronica), e c'è un rimando continuo fra sincronia e diacronia. Si noti altresì che la sincronia assoluta di fatto non esisterebbe, giacché la lingua, come tutti gli altri fatti di cultura, è almeno in parte costantemente in movimento lungo l'asse del tempo: talché l'assoluta sincronia, cioè l'azzeramento dell'asse del tempo, è in una certa misura una (necessaria) finzione teorica. La distinzione fra la considerazione diacronica - esaminare lo sviluppo nel tempo - e la considerazione sincronica - descrivere le cose così come si presentano agli occhi dell'osservatore in un dato momento, prescindendo dall'evoluzione che le ha portate a presentarsi così- è comunque uno dei fondamenti metodologici principali con cui ci si accosta alla lingua. Solo l'astrazione concessa dalla visuale sincronica li linguaggio verbale permette infatti di vedere come funziona il sistema linguistico e di descrivere le unità che lo costituiscono. Peraltro, al bambino che impara la propria lingua materna la lingua stessa è accessibile come sistema in uno stato sincronico, del tutto indipendente dai suoi sviluppi precedenti: il fatto che gatto derivi storicamente dal latino tardo cattu(m) non ha alcuna pertinenza per quanto riguarda l'apprendimento di questa parola e la sua posizione nel sistema linguistico. E tutti i parlanti italiano conoscono e usano col significato appropriato per es. la parola muscolo, mentre forse solo quelli che hanno a che fare professionalmente con la linguistica sanno che i muscoli sono venuti a chiamarsi così per via di un'immagine metaforica che associa il rigonfiamento di un muscolo sotto sforzo al guizzare di un topolino (musculus in latino era infatti normale diminutivo di mus, "topo"). Ma sapere questo non ha nulla a che vedere col 'sapere l'italiano', non incide in nulla sull'uso corretto e appropriato della parola muscoli e delle strutture sintattiche che la contengono. La linguistica sincronica spiega com'è fatta e come funziona la lingua, il sistema linguistico; la linguistica diacronica spiega perché le forme di una determinata lingua sono fatte così. 1.4.2 Langue e parole La seconda importante distinzione da fare prima di passare ad occuparci della struttura della lingua è quella fra sistema astratto e realizzazione concreta (fra potenza e atto, fra enérgeia, attività virtuale, e érgon, messa in opera). La distinzione si è ripresentata, nella linguistica moderna, secondo tre terminologie principali: la coppia oppositiva langue e parole (termini francesi), uno dei cardini del pensiero di Ferdinand de Saussure (cfr. § 8.2.2); l'opposizione fra sistema e uso (che troviamo per esempio in Louis Hjelmslev, importante rappresentante della scuola strutturalista attorno agli anni Cinquanta, e nel linguista nostro contemporaneo Eugenio Coseriu; cfr. § 8.2.2); e l'opposizione fra competenza ed esecuzione (pe,jormance), tipica della linguistica generativa, che fa capo a Noam Chomsky, il nome più illustre fra i linguisti contemporanei (cfr. § 8.2.2). Col primo termine di tutte e tre le coppie (langue, sistema, competenza) si intende all'incirca l'insieme di conoscenze mentali, di regole interiorizzate insite nel codice lingua, che costituiscono la nostra capacità di produrre messaggi in una certa lingua e sono possedute in ugual misura come sapere astratto, e in genere inconscio, in ugual misura da tutti i membri di una comunità linguistica idealmente omogenea. Col secondo termine si intende invece l'atto linguistico individuale, vale a dire la realizzazione concreta, in ogni determinata occasione specifica, di un messaggio verbale in una certa lingua. Parole, che in questo valo- 35 La distinzione fra sistema astratto e realizzazione Le tre coppie oppositive: langue/parole, sistema/uso, competenza/ esecuzione 36 La norma come intermediaria tra langue e parole La linguistica re tecnico non può essere reso in italiano con 'parola' (così come non si adopera 'lingua' nel senso specifico di langue), uso o esecuzione per essere messi in opera richiedono l'esistenza di langue, sistema o competenza rispettivamente, di cui sono in un certo senso l'esternazione. In particolare, la coppia langue e parole comprende una triplice opposizione fra 'astratto', 'sociale' e 'costante' da un lato (la langue) e 'concreto', 'individuale' e 'mutevole' dall'altro (la parole). Linguisti come il già citato Coseriu pongono una terza entità intermedia fra il sistema (langue) e l'uso (parole): la norma, che costituirebbe una sorta di filtro tra l'uno e l'altro, specificando quali sono le possibilità del sistema che vengono attualizzate nell'uso dei parlanti di una lingua in un certo momento storico. In italiano si ha, per es., la formazione di nomi a partire da verbi (tecnicamente 'nomi deverbali'; cfr. § 3.3), con il valore di indicare l'azione, il processo o il risultato di quanto significato dal verbo, mediante il suffisso -azion(-e) oppure il suffisso -ament(-o) applicato alla radice verbale. Il sistema prevede, e ammette, sia l'uno che l'altro; ma nella norma vengono realizzate certe combinazioni ed escluse altre: da ajj-ìdare si ha affidamento (ma non *affidazione), da cambiare, cambiamento (ma non *cambiazione); da registrare, conservare si ha registrazione, conservazione (ma non *registramento, *conservamento). In certi casi esistono entrambe le suffissazioni, ma di solito con significato un po' diverso (in genere, più concreto quello della parola in -mento: mutare - mutamento/mutazione. In altri casi, non si attualizza nessuno dei due suffissi, e il nome derivato dal verbo usa un altro modulo di formazione: lavare - lavaggio (non *lavamento, né *lavazione; esiste però, in linguaggio tecnico, dilavamento), consegnare - consegna (non *consegnazione, né *consegnamento; ma da assegnare si ha sia assegnamento sia assegnazione). La norma, in questi termini, sarebbe dunque sociale e concreta, in quanto rappresenta l'insieme delle realizzazioni condivise del sistema; non tutte le possibilità da questo previste sono in effetti realizzate nella norma, che compie una scelta all'interno di quanto reso possibile dalla struttura del sistema. La lingua come sistema si manifesta nell'esperienza fattuale sotto forma di atti di parole. In linea di principio, ciò che interessa al linguista è la langue (il sistema, la competenza): per studiare e 'svelare' la langue il linguista deve però partire dalla parole, che gli fornisce i dati osservabili da cui eventualmente ricavare, servendosi anche dell'introspezione e dell'intuizione del parlante circa la propria lingua, le leggi del sistema. Porre al centro dell'attenzione del linguista la langue significa porre l'astrazione e l'idealizzazione come momento necessario dell'analisi scientifica: partendo dalla loro manifestazione concreta, a rigore sempre irripetibile hic et nunc, il linguista opera su oggetti d'indagine astratti, ideali. li linguaggio verbale 1.4.3 Paradigmatico e sintagmatico La terza distinzione preliminare è queHa fra asse paradigmatico e asse sintagmatico. Anch'essa venuta in auge dopo Saussure, nel quale peraltro compariva come opposizione fra associativo e sintagmatico, e nella linguistica strutturale (cfr. § 8.2.2), tale distinzione concerne un duplice instaurarsi di rapporti nel funzionamento del sistema linguistico e nella produzione di messaggi verbali. Ogni attuazione di un elemento del sistema di segni in una certa posizione nel messaggio implica una scelta in un paradigma (o insieme) di elementi selezionabili in quella posizione: l'elemento che compare effettivamente esclude tutti gli altri elementi che pur potrebbero comparire in quella posizione, e coi quali quel dato elemento ha appunto, allora, rapporti sull'asse paradigmatico (detto quindi anche 'asse delle scelte', o in absentia). D'altra parte, e contemporaneamente, l'attuazione di quell'elemento in una certa posizione implica la presa in conto degli elementi che compaiono nelle posizioni precedenti e susseguenti dello stesso messaggio, coi quali quel dato elemento ha appunto rapporti sull'asse sintagmatico (detto quindi anche 'asse delle combinazioni' o in praesentia), e coi quali quindi deve sussistere una coerenza sintagmatica, lungo lo sviluppo lineare del messaggio (cfr. fig. 1.6). Si può anche dire che l'asse paradigmatico riguarda le relazioni a livello del sistema, l'asse sintagmatico riguarda invece le relazioni a livello delle strutture che realizzano le potenzialità del sistema. DimenASSE SINTAGMATICO il gatto mangia cane corre topo scappa cercopiteco nuota la balena ragazza 37 La distinzione fra asse paradigmatico e sintagmatico Fig.1.6 <<<<<< 38 I quattro livelli di analisi della lingua La linguistica sione paradigmatica e dimensione sintagmatica costituiscono dunque la duplice prospettiva secondo cui funzionano le strutture, le combinazioni di segni linguistici, e secondo cui esse vanno viste. La prima fornisce per così dire i serbatoi da cui attingere le singole unità linguistiche, la seconda assicura che le combinazioni di unità siano formate in base alle restrizioni adeguate per ogni lingua. *Il mangia gatto, *gatto il mangia, *la gatto mangiano, ecc. sono per esempio frasi mal formate (impossibili) perché non rispettano la coerenza sintagmatica o le scelte paradigmatiche dell'italiano. (Si noti che l'asterisco, *, preposto si usa in linguistica per contrassegnare forme non esistenti, e cioè o per indicare una frase o una parola mal formata, non prevista/ammessa dal sistema, 'agrammaticale' - come le frasi del nostro caso-; o per indicare una forma ricostruita, non attestata ma di cui il linguista sulla base delle forme note ed attestate deve ipotizzare l'esistenza. Il primo di tali usi dell'asterisco è corrente in linguistica teorica, il secondo in linguistica storica). L'organizzazione secondo i due principì dell'asse paradigmatico e dell'asse sintagmatico è molto importante in quanto dà luogo alla diversa distribuzione degli elementi della lingua, permettendo di riconoscere classi di elementi che condividono le stesse proprietà distribuzionali in opposizione a quelli che hanno distribuzione diversa. 1.4.4 Livelli d'analisi Dopo aver definito le proprietà della lingua e alcuni criteri generali mediante i quali analizzarla, passeremo ora a vedere com'è fatta una lingua. Nel nostro percorso, partiremo dal basso, dalla seconda articolazione, studiando com'è fatta e come viene organizzata la materia fisica grezza della lingua, vale a dire il piano del significante in quanto tale; e ci sposteremo poi alla prima articolazione, salendo via via di livello. Fondamentalmente, esistono nella lingua quattro livelli di analisi (o 'strati', o 'piani', o 'componenti', come vengono di solito chiamati nella linguistica generativa), stabiliti in base alle due proprietà della biplanarità e della doppia articolazione, che identificano tre strati diversi del segno linguistico: lo strato del significante inteso come mero significante, lo strato del significante in quanto portatore di significato, e lo strato del significato. Tre livelli d'analisi sono relativi al piano del significante: uno per la seconda articolazione, che consiste nella fonetica e fonologia; due per la prima articolazione, che riguardano entrambi, a sottolivelli diversi di taglia e di complessità delle unità considerate, l'organizzazione del significante in quanto portatore di significato, e che consistono nella morfologia e nella sintassi. E un ulteriore livello è relativo al solo piano del significato e consiste nella semantica. Ad ogni livello di analisi individueremo le unità fondamentali e i princìpi del loro funzionamento. Occorre aggiungere che vi sono sottolivelli se- Il linguaggio verbale condari di analisi della lingua, che qui prendiamo in considerazione solo per cenni: la grafematica (che riguarda i modi in cui la realtà fonica è tradotta nella scrittura: cfr. osservazioni sparse nel cap. 2, e i Box 1.1 e 2.2), e la pragmatica e testualità (che riguarda l'organizzazione dei testi in situazione: cfr. § 4.5 e 5.6). Va notato che 'fonetica e fonologia', 'morfologia', 'sintassi' e 'semantica' sono termini che designano al tempo stesso il livello di analisi rispettivo e la parte o sottodisciplina della linguistica che lo studia. Di questi livelli di analisi o componenti del sistema linguistico, la fonetica/fonologia e la semantica rappresentano i livelli o componenti più esterni, in quanto sono le interfacce del sistema linguistico con la realtà esterna: da un lato, con la sostanza materiale che fa da supporto e veicolo fisico della comunicazione linguistica (fonetica), dall'altro, con la concettualizzazione e categorizzazione cognitiva che l'uomo compie del mondo in cui vive (semantica). Morfologia e sintassi rappresentano invece i livelli o componenti interni, in cui il sistema si organizza secondo i principi che governano la facoltà di linguaggio in quanto competenza specifica dell'uomo. Il rapporto fra i livelli di analisi e la loro posizione nel sistema linguistico può essere quindi schematizzata come segue: REALTÀ FISICA I Fonetica Morfologia Sintassi Lessico e fonologia e semantica I MONDO ESTERNO COGNITNAMENTE CODIFICATO Altri livelli di analisi: grafematica e pragmatica Fig.1.7 <<(({{ 39 40 La linguistica ESERCIZI A. Lingue, linguaggio, comunicazione, segni, codice o fJ IJ Il u m m Che differenza e quali relazioni esistono tra linguaggio verbale umano e lingue storico-naturali? Si può dire, e se sì in che senso, che il primo è universale e le seconde sono particolari? Che tipi di segno sono i segni linguistici? Che cosa contrassegna la comunicazione in senso stretto? Nel seguente disegno sono rappresentati almeno due tipi di segni. Quali? Che tipi di segni sono i seguenti? (i) la figurina stilizzata di una forchetta e un coltello incrociati, sull'orario dei treni; (ii) striscia nerastra di gomme sull'asfalto; (iii) il disegnino di una mano in una vaschetta d'acqua stilizzata, sull'etichetta di un capo d'abbigliamento; (iv) la sirena di un'autoambulanza; (v) il nitrito di un cavallo; (vi) le caselline che indicano la copertura di campo nel display di un telefonino cellulare; (vii) la bandiera italiana. A quale tipo di segni appartiene la seguente configurazione gestuale (che nella LIS, Lingua Italiana dei Segni, usata da e per i sordomuti, significa "strano")? Quale dei segni seguenti è un simbolo? (i); cartello stradale di "divieto di transito"; (ii) fori di proiettile su un cartello stradale; (iii) cartello stradale di "lavori in corso". Che cosa si intende per 'codice'? Fare esempi di codici semiotici. Quali sono le tre entità ai vertici del cosiddetto 'triangolo semiotico'? Perché la linea di base del triangolo è tratteggiata? B. Proprietà della lingua ED) Quale proprietà della lingua può essere esemplificata dalla seguente serie di parole di lingue e dialetti diversi? (i) inglese moon "luna"; (ii) tok pisin mun "mese"; (iii) piemontese mun "mattone"; (iv) thailandese mun "zanzariera"; (v) francoprovenzale moun "mio". li linguaggio verbale 41 E!J In che cosa consiste l'arbitrarietà dei segni linguistici? Quanti e quali tipi, o livelli, di arbitrarietà si possono distinguere? El Si potrebbe dire che alcune parole negli enunciati seguenti hanno a che fare con l'arbitrarietà del rapporto tra forma e sostanza del significato? Perché? (i) italiano i peccati della carne; (ii) italiano buffet di carne e pesce, con stuzzichini, verdure e frutta fresca; (iii) inglese the sins ofthe flesh "i peccati della carne"; (iv) inglese meat and fish buffet, with appetizers, vegetab/es, and fresh fruit "buffet di carne e pesce, con stuzzichini, verdure e frutta fresca". €1) Discutere in termini di forma e sostanza del significato il seguente brano (tratto dal presente volume, cap. 7, § 7.1.2.): «In latino per es. il campo semantico dei colori era strutturato anche secondo una distinzione di brillantezza e intensità luminosa. Aterera "nero, come gamma cromatica", o niger, come "nero brillante"; a/bus era "bianco, come gamma cromatica", o candidus, come "bianco brillante". L'opposizione si è mantenuta in italiano per il bianco, con bianco(< germanico blank "lucente", che ha sostituito a/bus) opposto a candido, mentre si è annullata per il nero, ridotto al solo nero (< nTgru(m))». Il) Quale tipo di arbitrarietà è rappresentato dagli esempi seguenti? (i) olandese man "uomo", maan "luna"; (ii) italiano vai!, vaaaai! Di) Siano date le seguenti parole, di lingue imparentate genealogicamente tra di loro: italiano notte, francese nuit, spagnolo noche, rumeno noapte, inglese night, tedesco Nacht, islandese n6tt, svedese natt, polacco noc, russo noch ', sanscrito nakt. Il fatto che tutte queste parole presentino tra di loro forti somiglianze mette in questione l'arbitrarietà dei segni linguistici? €li) Che cosa sono brrr, ciufciuf, splash? Che cosa sono rimbombo, miago/ìo, ticchettio? Che cosa distingue gli uni dagli altri? El In che cosa consiste la 'doppia articolazione' o 'dualità di strutturazione' dei segni linguistici? Che rapporto c'è fra essa e la 'produttività'? ml Qual è il segno linguistico minimo? E!J I fonemi sono segni? Discutere. li) Se la lingua non possedesse la doppia articolazione, quali sarebbero le conseguenze? fil Completare le seguenti affermazioni con i termini appropriati: (i) il parlato è anzitutto prioritario ........... rispetto allo scritto: tutte le lingue che hanno una forma e un uso scritti sono, o sono state, anche parlate; (ii) il parlato è poi prioritario ... . ..... : ciascun individuo impara prima a parlare e poi a scrivere; e .............................. : nella storia della specie umana la scrittura si è sviluppata dopo il parlare; (iii) lo sviluppo del linguaggio nella storia dell'umanità è iniziato con l'Homo (iv) le prime attestazioni di una forma scritta di lingua (scritture pittografiche) sono databili intorno al . ........ a.C.; quelle di un sistema di scrittura vero e proprio (scrittura cuneiforme) risalgono invece al .............................. a.C.; (v) la scrittura alfabetica nasce presso i .. .... intorno al .............................. a.C.; e! Èvero che tutto ciò che viene trasmesso con un messaggio espresso oralmente può essere tradotto in un corrispondente messaggio scritto, e viceversa? Discutere. li) In che cosa consiste la priorità sociale che lo scritto ha nelle società moderne? lfll Quali sono i vantaggi del parlato rispetto allo scritto? E quelli dello scritto rispetto al parlato? li) Le lingue che non hanno una forma e un uso scritti non posseggono la proprietà della trasponibilità di mezzo? Discutere. 1m) Quale semplice aspetto della linearità è esemplificato dalle seguenti combinazioni di segni? (i) Xl; (ii) 15 - 7 =8; (iii) Bruto pugnalò Cesare; 42 La linguistica Che cosa si intende per 'discretezza' del linguaggio verbale umano? Che cosa si intende per 'plurifunzionalità della lingua'? Qual è la funzione fondamentale di ciascuno dei seguenti messaggi linguistici, secondo lo schema di Jakobson? (i) sai che ore sono? (ii) Tu così awenturoso nel mio mito, / così povero sei fra le tue sponde. / Non hai, ch'io veda, margine fiorito. / Dove ristagni scopri cose immonde. (Umberto Saba, Il torrente) (iii) pollo con la p e bollo con la b sono due parole distinte (iv) diamine! (v) ucci, ucci, sento odor di cristianucci (vi) il bisonte soprawive in alcuni esemplari nel Nord America (vii) MACELLERIA [insegna di un negozio] (viii) vietato fumare (ix) ninna nanna a sette e venti/ il bambino s'addormenti/ s'addormenta e fa un bel sonno / e si sveglia domani a giorno (x) si comunica che potranno sostenere gli esami dell'appello di novembre anche gli studenti iscritti ai corsi singoli che si sono svolti nella prima parte del primo semestre dell'a.a. 2010- 2011. Èvero che ogni messaggio espresso in un qualsiasi codice comunicativo può essere tradotto in un messaggio nel linguaggio verbale umano? Discutere. Che cosa si intende con 'creatività regolare'? Che cos'è la ricorsività? Che cosa significa l'affermazione che 'la lingua è un dispositivo che permette di ottenere infiniti messaggi a partire da un numero limitato di elementi di base'? Possiamo dire che sia l'enunciato in (i) sia la serie di numeri (nota come 'successione di Fibonacci') in (ii) possiedono la proprietà della ricorsività? (i) penso che tu non abbia visto che piangevo; (ii) O, 1,1, 2,3,5, 8, 13,21, 34,55. Èvero che distanziamento e libertà da stimoli distinguono il linguaggio verbale umano dalla comunicazione animale? Discutere. La lingua è innata o è acquisita culturalmente? Perché parliamo una certa lingua determinata e non un'altra? Discutere. Come si pongono nelle lingue i rapporti fra natura e cultura? Discutere. Esemplificare aspetti della complessità sintattica della lingua. Quale proprietà della lingua esemplificano i due casi seguenti? (i) mano: 1. "organo umano posto all'estremità di ciascuno degli arti superiori", 2. "qualità distintiva, stile: la mano di Raffaello" ; 3. "ogni copertura di tinta data su una superficie" ; 4. "nel gioco delle carte, turno di gioco"; 5. "sulla strada, parte corrispondente a uno dei due lati"; (ii) estrarre, rimuovere, togliere, levare, tirare fuori. ID) La facoltà del linguaggio verbale è esclusiva della specie umana? Discutere. 9J Completare le lacune nel seguente brano con termini appropriati: "Le due facce di un segno sono il .................................. e il .................................. ; il .. può essere realizzato o nel canale o nel canale visivo-grafico. Il ....................... è l'elemento della realtà esterna a cui un segno linguistico rimanda; ............... ..... tutti i segni linguistici hanno tuttavia un referente". li linguaggio verbale 43 C. Principi generali per l'analisi della lingua La descrizione di com'è fatta e come funziona una lingua si basa sulla sincronia o sulla diacronia? Sapreste illustrare almeno un argomento che dimostri come la struttura del sistema linguistico vada spiegata facendo riferimento alla sincronia e non alla diacronia? Fare l'etimologia di una parola appartiene alla linguistica sincronica o diacronica? E studiare la pronuncia di una parola? E studiare le frasi relative in latino? Discutere. Quali delle seguenti considerazioni sono di carattere diacronico e quali di carattere sincronico? (i) in latino la categoria del genere ha tre valori: maschile (es. LUPUS "lupo"), femminile (es. ROSA "rosa"), neutro (es. BELLUM "guerra"); (ii) nell'evoluzione dal latino all'italiano si è perso il genere neutro, ne recano traccia alcuni nomi maschili con singolare in -o e plurale in -a (es. lat. neutro sing. BRACHIUM "braccio", pi. BRACHIA "braccia" > it. moderno sing. braccio, pi. braccia); (iii) in italiano la categoria del genere ha due valori: maschile (es. lupo) e femminile (es. rosa). Quali delle seguenti considerazioni sono di carattere diacronico e quali di carattere sincronico? (i) nel passaggio dal latino classico al latino volgare alcune parole spariscono, sostituite da altre: è il caso, ad es., di VIR "uomo"' URBEM "città"' PULCHRUM "bello"' sostituite, rispettivamente, da HOMO, CIVITATEM, BELLUM; (ii) in latino volgare, BELLUM significa "bello"; (iii) città deriva da CIVITATEM. Nei fatti linguistici concreti è possibile distinguere nettamente la dimensione diacronica da quella sincronica? Discutere. Ui) Parlo italiano può voler dire "conosco l'italiano (ne conosco le regole)" oppure "sto parlando italiano (ne uso le regole)". Quale dicotomia fondamentale dell'analisi linguistica è qui chiamata in gioco? UfJ Che cosa si intende con l'opposizione tra langue e parole? li) In che senso intende Coseriu l'entità che egli chiama 'norma'? IJ Attribuire a langue e parole gli attributi seguenti che siano appropriati per l'una o per l'altra nozione: sociale, astratta, universale, attuata, individuale, mutevole, costante, concreta, potenziale. Uno degli attributi non si può assegnare a nessuno dei due concetti: qual è? Gi Che cos'è la 'competenza linguistica'? ii} Riconoscere quali delle seguenti coppie individuano entità tra di loro in rapporto sintagmatico e quali in rapporto paradigmatico: (i) abbaiare, nitrire; (ii) pese-, -ò; (iii) cani, abbaiano; (iv) lui, lei; (v) sei, colonnelli; (vi) pirata, pregiata; (vii) una, soprano. li) Sapreste dire che cos'è un 'paradigma'? Che cos'è la fonetica La fonetica articolatoria La fonetica acustica La fonetica uditiva Fonetica e fonologia CAPITOLO 2 Obiettivi del capitolo Questo capitolo si occupa del primo dei livelli o piani di analisi della lingua: lo studio dei suoni del linguaggio e di come questi si organizzano e funzionano nel dare luogo alla forma delle parole. Partendo dalle basi anatomiche che permettono la produzione dei suoni del linguaggio, questi vengono classificati e identificati in base ai fattori che intervengono a costituirli, e si introduce la loro rappresentazione grafica secondo un metodo scientifico. Si esamina quindi come i suoni del linguaggio assumano funzione nel sistema della lingua e valgano quindi come 'fonemi' (unità minime distintive prive di significato); come sia possibile analizzarli; e quali di essi siano presenti in italiano. Vengono infine trattate alcune proprietà generali delle combinazioni e successioni di suoni nel parlato. L'obiettivo a cui mira il capitolo è di mettere in grado di riconoscere i suoni, identificarli, trascriverli, capire il loro apporto funzionale al sistema linguistico, vederli nel contesto più ampio della catena parlata, ed avere consapevolezza della struttura fonica dell'italiano. 2.1 Fonetica Abbiamo detto che il significante, o mezzo fisico, primario della lingua è di carattere fonico-acustico: suoni e rumori, onde sonore che passano attraverso l'aria. Occorre quindi anzitutto rendersi conto di come sono fatti fisicamente i suoni di cui le lingue si servono come di una delle facce costitutive dei segni in esse espressi. La parte della linguistica che si occupa di questi aspetti si chiama 'fonetica' (dal greco phoné "voce, suono"), che tratta quindi la componente fisica, materiale della comunicazione verbale. La fonetica si suddistingue in tre campi principali, a seconda del punto di vista con cui si guarda ai suoni del linguaggio: la 'fonetica articolatoria', che studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono articolati, cioè prodotti dall'apparato fonatorio umano; la 'fonetica acustica', che, applicando princìpi dell'acustica, studia i suoni del linguaggio in base alla loro consistenza fisica e modalità di trasmissione, in quanto onde sonore che si propagano in un mezzo; e la 'fonetica uditiva' (o 'percettiva' o 'uditivo-percettiva'), che studia i suoni Fonetica e fonologia del linguaggio in base al modo in cui vengono ricevuti, percepiti dal- 1'apparato uditivo umano e decodificati dal cervello. Si prenderà qui in considerazione unicamente la fonetica articolatoria, che può essere ritenuta basilare rispetto alle altre due prospettive e che fornisce del resto le terminologie classificatorie consuete secondo cui si identificano e designano i singoli suoni. 2.1.1 Apparato fonatorio e meccanismo di fonazione Per comprendere il meccanismo di articolazione dei suoni e le operazioni mediante cui questi vengono prodotti, è opportuno partire da uno schizzo dell'apparato fonatorio, cioè dall'insieme degli organi e delle strutture anatomiche che la specie umana utilizza per parlare (fig. 2.1). I suoni del linguaggio vengono normalmente prodotti mediante l'espirazione, quindi con un flusso d'aria 'egressivo': l'aria muovendo dai polmoni attraverso i bronchi e la trachea raggiunge la laringe (in corrispondenza del cosiddetto 'pomo d'Adamo'). Esistono suoni che si realizzano mediante inspirazione (flusso d'aria 'ingressivo') o senza la partecipazione dei polmoni (e che quindi vengono prodotti indipendentemente dalla respirazione: questi ultimi sono detti 'avulsivi', e si hanno in lingue dell'Africa centrale e meridionale). Noi qui non ce ne oc__ ___,,- Cavità nasa'.~------- Dorso Lingua Trachea L'apparato fonatorio umano 45 Fig. 2.1 Apparato fonatorio umano <<<<<< 46 Il meccanismo della fonazione Parametri di identificazione dei suoni del linguaggio L'opposizione tra vocali e consonanti La linguistica cuperemo. Nella laringe, dove ha inizio il 'tratto vocale', l'aria incontra le corde vocali (o 'pliche laringee'; la parte della laringe dove stanno le corde vocali è detta 'glottide'). Quest'ultime, che durante la normale respirazione silente restano separate e rilassate, nella fonazione (=produzione dei suoni del linguaggio) possono contrarsi e tendersi avvicinandosi o accostandosi l'una all'altra, e riducendo o bloccando in tal modo il passaggio dell'aria. Cicli rapidissimi di chiusure e aperture delle corde vocali, provocati dalla pressione dell'aria espirata, costituiscono le cosiddette 'vibrazioni' delle corde vocali. Il flusso d'aria passa poi nella faringe, e da questa nella cavità boccale (o orale). Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato (o 'velo'), da cui pende l'ugola, può a questo punto lasciare aperto oppure chiudere, spostandosi all'indietro, il passaggio che mette in comunicazione la faringe con la cavità nasale. Nella cavità orale, svolgono una funzione importante nella fonazione alcuni organi mobili o fissi: la lingua, il più importante degli organi mobili, in cui si distinguono una 'radice' (parte posteriore della lingua), un 'dorso' (parte centrale della lingua) e un 'apice' (la punta della lingua, che assieme alla 'lamina' costituisce la parte anteriore della lingua, detta nel suo insieme 'corona'); il palato, in cui occorre considerare separatamente il velo (o palato molle); gli alveoli, vale a dire la zona immediatamente retrostante ai denti (cioè, le gengive posteriori); i denti; le labbra. Anche la cavità nasale può partecipare al meccanismo di fonazione, quando il velo e l'ugola si trovano in posizione di riposo e permettono quindi il passaggio dell'aria attraverso il naso. In ciascuno dei punti compresi fra la glottide e le labbra al flusso d'aria espiratoria può essere frapposto un ostacolo al passaggio, ottenendo così suoni e rumori che costituiscono fisicamente i suoni del linguaggio. Il luogo in cui viene articolato un suono costituisce un primo parametro fondamentale per la classificazione e identificazione dei suoni del linguaggio; un secondo parametro fondamentale, e anzi il primo parametro che occorra prendere in considerazione perché individua grandi classi di suoni, è dato dal modo di articolazione, e cioè dal restringimento relativo che in un certo punto del percorso si frappone o no al passaggio del flusso d'aria. Un terzo parametro importante, che si riconduce comunque fondamentalmente al modo di articolazione, è dato dal contributo della mobilità di singoli organi (corde vocali, lingua, velo e ugola, labbra) all'articolazione dei suoni. In base al modo di articolazione abbiamo una prima grande opposizione fra i suoni del linguaggio: quella fra suoni prodotti senza la frapposizione di ostacoli che creino perturbazioni al flusso d'aria fra la glottide e il termine del percorso - e in presenza di vibrazioni delle corde vocali - e suoni prodotti mediante la frapposizione di un ostacolo par- Fonetica e fonologia ziale o totale al passaggio dell'aria in qualche punto del percorso - sia in presenza che in assenza di vibrazione delle corde vocali. I primi tipi di suoni costituiscono le vocali, i secondi le consonanti. I suoni prodotti con concomitante vibrazione delle corde vocali accostate e tese sono detti 'sonori', i suoni prodotti senza vibrazione delle corde vocali discoste (o con una vibrazione molto ridotta) sono detti 'sordi'. Le vocali sono normalmente tutte sonore, le consonanti possono essere sia sonore che sorde. 2.1.2 Consonanti Modo di articolazione Come abbiamo visto, le consonanti sono caratterizzate dal fatto che vi è frapposizione di un ostacolo al passaggio dell'aria. A seconda che questo ostacolo sia completo, cioè mediante il contatto di parti di organi provochi un'occlusione o blocco momentaneo ma totale al passaggio dell'aria, o sia invece parziale, cioè consista in un restringimento della cavità in cui passa il flusso d'aria senza vero contatto e senza quindi che si crei un momento di blocco, si riconoscono due grandi classi di consonanti: rispettivamente, le 'occlusive' (dette a volte anche 'plosive' o 'esplosive'; ingl. stop) e le 'fricative' (o 'continue' o anche 'costrittive' e a volte 'spiranti'), così chiamate perché l'avvicinamento degli organi articolatori provoca un rumore di frizione. A un livello maggiore di precisione, occorre distinguere dalle fricative le cosiddette 'approssimanti', in cui l'avvicinamento degli organi articolatori non arriva a provocare una frizione o un fruscìo così sensibile come nel caso delle vere fricative. Sono approssimanti le semiconsonanti e semivocali (cfr. § 2.1.4). Esistono suoni consonantici la cui articolazione inizia come un'occlusiva (con una rapidissima occlusione del canale) e termina come una fricativa (l'occlusione appena iniziata si trasforma in un restringimento del canale). Si tratta di consonanti per così dire 'composte', costituite da due fasi, fuse assieme, e vengono chiamate 'affricate'. Nel modo di articolazione pertinente per alcuni tipi di consonanti intervengono, oltre al grado di chiusura relativo del canale, altri fattori quali movimenti o atteggiamenti della lingua o la partecipazione anche della cavità nasale alla produzione del suono. Abbiamo così consonanti 'laterali', quando l'aria passa solo ai due lati della lingua (o attraverso uno solo di essi), e 'vibranti', quando si hanno rapidi contatti intermittenti tra la lingua e un altro organo articolatorio. Laterali e vibranti possono essere riunite sotto l'etichetta di 'liquide' . Si hanno invece consonanti 'nasali' quando vi è passaggio dell'aria anche attraverso la cavità nasale. Le consonanti possono poi essere caratterizzate anche in base ad altri parametri, di cui qui non ci occuperemo. Uno di questi è per es. La differenza fra sonori e sordi 47 Le consonanti occlusive e fricative Approssimanti Consonanti affricate Consonanti laterali, vibranti e nasali 48 Forza e aspirazione Le consonanti (bi)labiali, labiodentali, dentali e palatali Le consonanti velari, uvulari, faringali e glottidali Le consonanti retroflesse La linguistica l'energia articolatoria (tensione muscolare) con la quale vengono prodotte, che dà luogo a una scala che va dalle consonanti più 'forti', le occlusive sorde, a quelle più 'lenì', le approssimanti; le occlusive in generale sono più forti delle fricative, e le sorde sono più forti delle sonore. Un altro parametro, che può riguardare le occlusive e le affricate davanti a una vocale, è la presenza di 'aspirazione', vale a dire di un intervallo di tempo fra il rilascio dell'occlusione o della tenuta della consonante e l'inizio della vibrazione delle corde vocali caratteristica delle vocali, che produce una specie di soffio laringale; le consonanti così prodotte vengono dette 'aspirate'. Luogo di articolazione Oltre che in base alla presenza o assenza di vibrazioni delle corde vocali e al modo di articolazione, le consonanti vengono classificate anche in base al punto dell'apparato fonatorio in cui sono articolate. Partendo dal tratto terminale del canale, che è peraltro anatomicamente il più avanzato, abbiamo anzitutto le consonanti '(bi)labiali', prodotte dalle labbra o tra le labbra; abbiamo poi le consonanti 'labiodentali', prodotte fra l'arcata dentaria superiore e il labbro inferiore; le consonanti 'dentali', prodotte a livello dei denti (in una classificazione sommaria come la nostra, esse comprendono anche le 'alveolari', prodotte dalla lingua contro o vicino agli alveoli); le consonanti 'palatali', prodotte dalla lingua contro o vicino al palato duro (o nella zona fra gli alveoli e il palato duro: in tal caso si tratta più propriamente di 'postalveolari'); le consonanti 'velari', prodotte dalla lingua contro o vicino al velo; le consonanti 'uvulari', prodotte dalla lingua contro o vicino all'ugola; le consonanti 'faringali', prodotte fra la base della radice della lingua e la parte posteriore della faringe; e infine le consonanti 'glottidali' (o 'laringali'), prodotte direttamente nella glottide, a livello delle corde vocali. In una classificazione più precisa di tutte le consonanti prodotte nella cavità orale, si può prendere in considerazione anche la parte della lingua che interviene specificamente nell'articolazione: avremmo così per es. consonanti 'apico-dentali', prodotte dall'apice della lingua contro o vicino ai denti, o 'apico-alveolari', prodotte dall'apice contro o vicino agli alveoli, o 'dorso-palatali', prodotte dal dorso della lingua contro o vicino al palato duro, o 'radico-velari', prodotte dalla radice della lingua contro o vicino al velo - si veda oltre -, eccetera. Esistono ancora altri modi e luoghi di articolazione, fra cui potremmo qui fare un cenno alle consonanti cosiddette 'retroflesse' (dette anche 'cacuminali' o 'invertite'), che vengono articolate flettendo all'indietro la punta della lingua, o apice, verso la parte anteriore del palato, com'è per esempio nella pronuncia siciliana di dd in beddu "bello" e di tr in tre. Fonetica e fonologia Le due figure A e B in Fig. 2.2 (a volte dette 'orogrammi', per dettagli v. Box 2.1) mostrano schematicamente come siano disposti gli organi articolatori nella produzione di foni consonantici (per i simboli grafici usati, cfr. sotto§ 2.1.5). Nella figura A, non c'è passaggio di aria nella cavità nasale (l'ugola chiude il passaggio) e la lingua va a toccare (contatto) il velo (zona posteriore del palato), quindi abbiamo una occlusiva velare, che può essere la sorda [k] o la sonora [g], dato che nella figura non viene rappresentata la glottide con la vibrazione relativa delle corde vocali; se l'ugola fosse rappresentata abbassata, in modo tale che lasci quindi passare l'aria egressiva nella cavità nasale, avremmo invece la nasale velare [IJ]. Nella figura B, sempre con chiusura dell'ugola, la lingua si avvicina senza toccarle (il passaggio dell'aria non viene quindi bloccato: v. freccette che simboleggiano il movimento del- 1'aria) alle gengive e alla parte posteriore dei denti: abbiamo quindi una fricativa alveolare, sorda [s] o sonora [z]. Box 2.1- Meccanismi articolatori di alcuni suoni dell'italiano :::: Fig. 2.2 :::: :::: I diagrammi seguenti, che rappresentano sezioni sagittali dell'apparato fonatorio, illustrano i meccanismi di articolazione di alcuni suoni dell'italiano, mostrando la posizione e l'azione dei vari organi coinvolti nella fonazione. Nella figura A (i due diagrammi, od orogrammi, vanno immaginati in rapida successione, come le due fasi di un veloce movimento articolatorio) è rappresentata un'affricata dentale, [ts] (sorcia) o [dz] (sonora). L'articolazione del suono avviene in due fasi. In una prima fase la lingua viene a contatto con i denti superiori, provocando una chiusura completa del canale (impostazione); il velo è sollevato, impedendo il passaggio dell'aria nella cavità nasale, l'aria si accumula dietro la lingua e la pressione aumenta (tenuta). In un secondo momento, quando la pres- 49 50 La linguistica sione diviene sufficiente a rimuovere l'ostacolo, la lingua abbandona i denti, e l'aria, fino a quel momento compressa contro le pareti della cavità orale, attraversa la fessura creata dalla posizione parzialmente rilassata della lingua (soluzione). Si tratta, va ricordato, non di due suoni in sequenza ma di un suono unico, la cui durata corrisponde invero a un solo segmento. Fig. B Nella figura B è rappresentata la nasale bilabiale [m]. Come nel caso dei suoni occlusivi, l'articolazione determina una momentanea chiusura del canale orale: il labbro superiore e quello inferiore vengono a contatto provocando la chiusura delle labbra, a cui fa seguito un rilascio repentino. A differenza dei normali suoni occlusivi, il velo è abbassato, consentendo il passaggio dell'aria nella cavità nasale. Le corde vocali, come in tutti gli altri suoni nasali, sono in vibra- zione. Fig.C Nella figura C è rappresentata la semivocale (o meglio, semiconsonante) anteriore [j]. Il predorso della lingua si solleva rispetto alla posizione neutra e risulta spostato verso il palato duro. Si produce un restringimento minimo del canale, senza che si generi una compressione d'aria rilevante contro le pareti della cavità orale. Il passaggio dell'aria è relativamente libero e veloce. Le corde vocali, come nel caso della corrispondente posteriore [w], sono in vibrazione. Fig. D Nella figura D possiamo vedere come si presenta la glottide nello stato di fonazione sorda, immagine a sinistra, e nello stato di fonazione sonora, immagine a destra. La parte in alto di ciascuna delle due immagini rappresenta la zona anteriore della laringe, la parte in basso quella Fonetica e fonologia posteriore; le frecce segnalano il verso della pressione muscolare; la zona tratteggiata mostra l'ampiezza della fessura tra le corde vocali. Nella fonazione sorda le corde vocali sono lievemente discoste e lasciano fuoriuscire l'aria piuttosto liberamente. Nella fonazione sonora, invece, le corde vocali, accostate e tese per effetto della pressione muscolare provocata dall'azione delle cartilagini aritenoidi (a cui le corde vocali sono attaccate a una estremità: in basso nell'immagine), sono poste in forte vibrazione dal flusso d'aria egressivo. 2.1.3 Vocali Abbiamo visto che le vocali sono suoni prodotti senza che si frapponga alcun ostacolo al flusso dell'aria nel canale orale. Le diverse vocali non sono quindi caratterizzate dal modo di articolazione né dagli organi che partecipano alla loro realizzazione, ma dalle diverse conformazioni che assume la cavità orale a seconda delle posizioni che prendono gli organi mobili, e in particolare la lingua. Per classificare e identificare i suoni vocalici occorre infatti far riferimento in primo luogo alla posizione della lingua, e precisamente al suo grado a) di avanzamento o arretramento e b) di innalzamento o abbassamento. In base al primo parametro le vocali possono essere 'anteriori' (se vengono articolate con la lingua in posizione avanzata), 'posteriori' (se vengono articolate con la lingua in posizione arretrata) e 'centrali'. Con altra terminologia, anch'essa assai diffusa e basata questa volta sull'area a cui la lingua si trova più vicina nell'articolare il suono relativo, si usano anche i termini 'palatali' invece che 'anteriori' e 'velari' invece che 'posteriori'. In base al secondo parametro, cioè lo spostamento relativo della lingua verso l'alto, le vocali possono essere 'alte', 'medie' (con ulteriore distinzione fra 'medio-alte' e 'medio-basse') e 'basse'. Fra le vocali medio-alte e quelle alte e quelle medio-basse e basse si può introdurre ancora un gradino diverso, e allora avremo vocali rispettivamente 'semialte' e 'semibasse'. Una terminologia altrettanto diffusa, e basata sull'ampiezza dello spazio fra lingua e palato, definisce 'chiuse' le vocali 'alte', 'semichiuse' quelle 'medio-alte', 'semiaperte' quelle 'mediobasse' e 'aperte' le vocali 'basse'. La posizione in cui vengono articolate le vocali secondo il duplice asse orizzontale e verticale può essere utilmente rappresentata da uno schema, detto per la sua forma 'trapezio vocalico' (fig. 2.3). Vocali anteriori, posteriori e centrali Vocali alte, medie e basse Il trapezio vocalico 51 Un altro parametro importante nella classificazione dei suoni vocalici è la posizione delle labbra durante l'articolazione. Le labbra possono trovarsi distese, formanti una fessura, oppure possono essere tese e protruse, cioè sporgere in avanti e dare luogo a una specie di arrotondamento. Le vocali prodotte con le labbra protruse si chiamano appunto 'arrotondate' (o 'labializzate' o, con parola derivata dal greco, 'pro- Vocali arrotondate e non arrotondate 52 Vocali nasali Che cosa sono le semivocali Fig.2.3 Il trapezio vocalico )) )) )) La linguistica cheile'), le vocali prodotte senza protrusione e arrotondamento delle labbra si chiamano 'non arrotondate' (o 'non labializzate' o 'aprocheile'). Normalmente le vocali anteriori tendono a essere non arrotondate, le vocali posteriori tendono ad essere arrotondate. Esistono però anche vocali anteriori arrotondate e vocali posteriori non arrotondate. Ancora, i suoni vocalici possono essere realizzati con o senza passaggio contemporaneo dell'aria nella cavità nasale: nel primo caso le vocali sono ovviamente dette 'nasali'. 2.1.4 Semivocali Vi sono suoni con modo di articolazione intermedio fra vocali e consonanti fricative, e quindi prodotti con un semplice inizio di restringimento del canale orale, cioè con la frapposizione di un ostacolo appena percettibile al flusso dell'aria, detti come abbiamo accennato 'approssimanti', sulla base del fatto che avviene un inizio di avvicinamento fra gli organi contrapposti (si veda§. 2.1.2). Fra le approssimanti vi sono suoni di fatto assai vicini alle vocali, di cui condividono la localizzazione articolatoria, e che vengono appunto chiamati 'semivocali', o anche 'semiconsonanti'. In una classificazione più precisa, semiconsonanti e semivocali andrebbero comunque tenute distinte, riservando il primo termine ai suoni in cui la componente di fruscìo è più marcata, e Fonetica e fonologia quindi li rende più vicini alle consonanti fricative. A differenza delle vocali, le semivocali non possono costituire apice di sillaba (si veda oltre, § 2.2.4), e assieme alla vocale a cui sono sempre contigue nella catena fonica costituiscono un dittongo (o trittongo, se più di una: si veda § 2.2.4). Una classificazione fondamentale delle semivocali può limitarsi a distinguere quelle 'anteriori' (o 'palatali') da quelle 'posteriori' (o 'velari'). 2.1.5 Trascrizione fonetica I diversi sistemi di scrittura utilizzati dalle diverse lingue rendono in varia maniera nel mezzo grafico la realtà fonica della produzione verbale. In particolare, nei sistemi alfabetici tipici delle lingue europee ogni singolo suono viene reso in linea di principio da un particolare simbolo grafico. Esistono comunque anche grafie sillabiche, che rendono con appositi simboli intere sillabe - cfr. § 2.2.4 - e non singoli suoni; e grafie originariamente di carattere ideografico, cioè basate su segni che riproducono schematicamente e in modo stilizzato tratti dell'entità significata e in cui i caratteri corrispondono a morfemi o parole e non a entità foniche (per illustrazione e ulteriori e più precise distinzioni, v. Box 1.1). Le grafie alfabetiche formatesi storicamente per convenzione e accumulo di abitudini grafiche sono però tutt'altro che univoche e coerenti. Non c'è rapporto biunivoco tra suoni e unità grafiche (o 'grafemi': le lettere dell'alfabeto). Allo stesso singolo suono possono corrispondere nella stessa lingua o in lingue diverse più grafemi differenti: in italiano, per esempio, il primo suono della parola cane può essere reso, oltre che dalla lettera e, "ci", anche dalla lettera q, "qu", come in quadro. Viceversa, uno stesso grafema può rendere suoni diversi: in italiano è il caso, per esempio, sempre di e, la lettera "ci", che in certe parole (davanti a vocali posteriori o centrali) rende appunto il suono iniziale della parola cane e in altre parole (davanti a vocali anteriori) rende invece il suono iniziale della parola cena, evidentemente diversi. Un singolo suono può essere reso da più grafemi combinati: in italiano è per esempio il caso della combinazione di tre lettere sci, "esse ci i", che solitamente rende il suono iniziale della parola scienza; o della combinazione di due lettere eh, che rende anch'essa il suono iniziale di cane, quando questo è seguito da vocali anteriori, come in chitarra, poche, eccetera. Ad uno o più grafemi in una parola può non corrispondere alcun suono: in italiano, è il caso della lettera h, che non corrisponde ad alcuna realtà fonica: una parola come ha, 3apers. sing. del verbo avere, consiste di un unico suono, quello rappresentato dalla lettera a; ecc. (cfr. comunque Box 2.2). L'ortografia italiana si può comunque definire abbastanza fedelmente 'fonografica': siamo abituati ad associare a ogni suono, per rap- Semivocali anteriori e posteriori Le grafie alfabetiche 53 Differenza tra fonia e grafia in lingue diverse 54 La linguistica presentarlo, una singola lettera (o al massimo in alcuni casi nessi di due - come eh davanti a e, i, per es. in chimiche - o di tre lettere - come gli davanti a a, o, u, e, per es. infoglia); e quindi siamo abituati a leggere e pronunciare 'come si scrive'. Mentre la grafia dell'italiano è quindi nel- 1'insieme non troppo lontana dalla realtà fonica (e così quella del tedesco), quelle del francese e dell'inglese ne sono spesso assai distanti. L'inglese ha un'ortografia con elementi addirittura logografici, spesso con suoni singoli che corrispondono a sequenze diverse di lettere, e lettere che non hanno alcun corrispondente fonico (come in cough "tosse", in cui gh rende il suono che più spesso troviamo scritto con la lettera/; "effe"; o in knight "cavaliere", in cui k iniziale e gh nel corpo della parola non corrispondono ad alcun suono, e i corrisponde al suono che nell'ortografia italiana viene reso con il nesso ai). Bisogna porre particolare attenzione su questo punto, giacché è facile farsi fuorviare, nell'analisi e nel trattamento dei fenomeni linguistici, dai fatti meramente grafici e dalle incongruenze in essi insite (si badi anche che si è molto favoriti in tali fraintendimenti dalla confusione che nell'insegnamento scolastico spesso si fa tra lettere e suoni): va costantemente tenuto presente che la realtà della lingua è primariamente fonica, e quel che conta è la fonia, e non la grafia. L'analisi linguistica deve sempre basarsi sull'immagine fonica delle parole (anche quando queste - com'è consueto quando l'interesse dell'analisi non sia incentrato sulla fonetica e fonologia - siano rappresentate nella normale ortografia). Box 2.2 - Fonia e grafia. Suoni e grafemi dell'Italiano Il sistema di scrittura dell'italiano, come l'alfabeto greco e latino su cui si fonda, appartiene ai sistemi di scrittura che si basano fondamentalmente sull'inventario fonematico della lingua (cfr. Box 1.1). Qualunque sistema di scrittura, che sia di tipo logografico o fonografico (fonetico), può poi offrire una rappresentazione più o meno completa, o più o meno coerente, di tutte le unità rilevanti della lingua a cui si riferisce. L'ortografia dell'italiano, come si è visto (§ 2.1.5.), è piuttosto fedelmente 'fonografica', riproduce cioè le unità fonologiche con una certa fedeltà. Ciononostante, non mancano casi in cui il rapporto biunivoco tra i suoni e i grafemi (le lettere dell'alfabeto) viene a mancare. Alcune opposizioni fonematiche non sono rappresentate nella grafia: /e/ - /e/, /o/ - hl, /si - /z/, /ts/ - /dz/, /i/ - /j/, /u/ - /w/; di conseguenza, ad esempio, a uno stesso grafema possono corrispondere fonemi diversi (es. accetta rappresenta sia [a't:Jet:a] "ascia", sia [a't:Jet:a] "(egli) accetta";fuso rappresenta sia ['fu:so] "arnese per filare", sia ['fu:zo] "part. pass. di fondere"; rau.a rappresenta sia ['rat:sa] "genere, stirpe", sia ['rad:za] "pesce del genere Raja"; ecc.). Altre opposizioni fonematiche sono preservate nella grafia per mezzo di combinazioni di grafemi, che occorrono in particolari contesti: è il caso, ad esempio, di eh e gh davanti a e, i (es. china ['ki:na], ghiro ['gi:ro], di contro a Cina ['tfi:na], giro ['d3i:ro]); si hanno anche combinazioni diverse per rappresentare lo stesso suono, come gli davanti a a, e, o, u, e gl davanti a una i grafica (es. piglia ['pi&a], egli ['e&i]). Uno stesso suono può essere così rappresentato da gra- Fonetica e fonologia femi diversi o nessi diversi di lettere (digrammi, trigrammi) in contesti diversi ([k] è reso con e in casa e eh in china, [,{] è reso con gli in piglia e gl in egli). Si conservano inoltre alcune caratteristiche di grafia etimologica, senza che siano motivate dalla fonologia attuale della lingua; accade così, ad esempio, che a uno o più grafemi di una parola non venga a corrispondere alcun suono (es. ho [o], hai [aj], ecc., dove è mantenuta la h iniziale delle corrispondenti forme verbali latine, che rendeva la consonante glottidale del latino; scienza ['fcntsa], dal lat. scientia(m)) o, come già visto, che a uno stesso suono corrispondano grafemi differenti (es. quinto ['kwinto], dal lat. quintu(m), cane ['ka:ne]). Si riporta qui di seguito una più completa casistica di rapporti non biunivoci tra suoni e grafemi dell'alfabeto italiano. Grafemi a cui corrispondono suoni diversi (un certo grafema non rappresenta sempre lo stesso suono): e [k] cane ['ka:ne] [tf] certo ['tfcrto] e [e] mela ['me:la] [e] treno ['trc:no] g [d3] giro ['d3i:ro] [g] gloria ['glo:rja] [i] pino ['pi:no] [j] lieve ['ljc:ve] n [n] dente ['dente] [llJ] anfora ['all)fora] [IJ] bianco ['bjauko] o [o] posto ['po:sto] [o] mossa ['mos:a] s [s] spago ['spa:go] [z] sbafo ['zba:fo] u [u] uno ['u:no] [w] uova ['wo:va] z [ts] puzza ['put:sa] [dz] mezzo ['mcd:zo] Suoni a cui corrispondono grafemi diversi (un certo suono non è rappresentato sempre con lo stesso grafema): [k] e caro ['ka:ro] q quadro ['kwa:dro] Grafemi che non rappresentano alcun suono: h 0 ha [a] 0 (in certi contesti) sufficiente [suf:i'tfrnte] Suoni rappresentati (sempre o in certi contesti) da combinazioni di grafemi: [k] eh chilo ['ki:lo] [tf] ci bacio ['ba:tfo] [g] gh ghiera ['gjc:ra] [d3] gi giallo ['d3al:o] [A] gl egli ['e&i] gli aglio ['aA:o] [Jl] gn gnomo ['Jlo:mo] [f] se scelta ['felta] sci asciutto ['af:ut:o] 55 Per ovviare alle incongruenze delle grafie tradizionali ed avere uno strumento di rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio, valido per tutte le lingue, che riproduca scientificamente la realtà fonica, i linguisti hanno elaborato sistemi di trascrizione fonetica, in cui c'è corrispondenza biunivoca fra suoni rappresentati e segni grafici che li rap- presentano. Il più diffuso e importante dei sistemi usati per la trascrizione fonetica è l'Alfabeto Fonetico Internazionale, indicato solitamente con la L'alfabeto fonetico internazionale 56 La linguistica sigla IPA, dal nome della International Phonetic Association (intesa spesso anche come International Phonetic Alphabet; a volte anche API, dalla denominazione francese Association - o Alphabet - Phonétique lnternational(e)), la società dei fonetisti che lo ha promosso e che già nel 1888 ne presentò la prima versione, successivamente modificata e integrata a più riprese. Diamo qui le tabelle di una scelta dei principali grafemi utilizzati dalla trascrizione IPA con l'indicazione dei fondamentali caratteri articolatori dei suoni che vi corrispondono; come si vede, una parte dei grafemi IPA corrisponde a quelli dell'alfabeto latino, usati nella grafia normale dell'italiano, ma molti altri grafemi hanno una forma speciale. Per una versione dettagliata dell'alfabeto IPA, v. Box 2.3. L'IPA permette di riprodurre qualunque suono di qualunque lingua (e quindi, acquisita la definizione articolatoria del fono rappresentato, di pronunciare parole anche di lingue che non conosciamo). Ecco ora una lista di esempi per ciascuno dei suoni che compaiono nelle due tabelle delle consonanti (tab. 2.1) e delle vocali (tab. 2.2). Si tenga presente che nelle tabelle sono riportati tutti i suoni consonantici Tabella 2.1- Consonanti (sr. sta per 'sorde', sn. sta per 'sonore') Bilabiali Labio-dentali Dentali e alveolari Palatali Uvulari Faringali Glottidali sr. sn. sr. sn. sr. sn. sr. sn. sr. sn. sr. sn. sr. sn. sr. sn. · p b t d k g q ? q> f3 f V s z I 3 X 'Y X 1S' 'ì h 0 3 pf ts dz tJ d3 m Il) n J1 lJ I f... r R Tabella 2.2 - Vocali (e semivocali). Nelle colonne delle Anteriori e delle Posteriori, a sinistra stanno le serie di vocali non arrotondate, a destra quelle arrotondate Antenon (palatali) Centrali y re a Postenon (velari) w u u o :, Fonetica e fonologia e vocalici che esistono in italiano standard e soltanto un piccolo numero (a mo' di esempio) di quelli che non compaiono in italiano ma esistono in alcune importanti lingue. Nel Box 2.4 è riportata esemplificazione più ampia da diverse lingue, relativa a consonanti e vocali non presenti in italiano standard. Le parole che contengono il suono esemplificato sono date prima nella grafia convenzionale e poi in trascrizione fonetica; le lettere in ortografia convenzionale che rappresentano il suono esemplificato sono sottolineate. Si noti che per gli esempi italiani diamo sempre, tranne quando diversamente indicato, la trascrizione fonetica nella pronuncia standard a base fiorentina emendata, che non sempre coincide con le pronunce normali nell'italiano delle diverse regioni; si veda oltre, § 2.2.3. La trascrizione fonetica, convenzionalmente, si pone fra parentesi quadre([...]). L'accento (si veda§ 2.3.1) nella trascrizione IPA è indicato con un apice (') posto prima della sillaba su cui esso cade. Due punti indicano l'allungamento della vocale (cfr. § 2.3.3). 2.1.6 Consonanti OCCLUSIVE. Bilabiali: [p], sorda, come in 12ollo ['pollo], [b], sonora, come in fz_occa ['bokka] (si noti - ma si veda oltre, § 2.3.3 - che consonanti lunghe, o 'doppie', o 'geminate', o 'rafforzate', si possono rendere in grafia IPA in due modi: o raddoppiando il simbolo corrispondente ovvero con due punti dopo il simbolo: ['bok:a]); dentali (o alveolari, a seconda che siano articolate con la punta della lingua contro gli incisivi o un po' più indietro, contro gli alveoli): [t], come in topo ['t::,po], [d], come in d_ito ['dito]; velari: [k], come in ç_ane ['kane], [g], come in gatto ['gatto]; uvulari: [q], sorda, come in arabo Iraa ['ìi'ra:q]; glottidali: [?] (indifferente alla distinzione fra sorda e sonora), che si trova per esempio in tedesco all'inizio di ogni parola cominciante per vocale (ein Apfel "una mela" [?ajn '?apfal]). In italiano, si possono avere occlusive glottidali quando si pronuncia una parola 'sillabandola', cioè staccando le sillabe l'una dall'altra (per esempio, ho detto "la ama" [la '?a:?ma], non "lama" ['?la:?ma]!). FRICATIVE. Bilabiali: [cp], sorda, come nella pronuncia fiorentina di ti- 120 ['ticpo], [13], sonora, come in spagnolo cafz_eza "testa" [ka'f3e0a]; labiodentali: [f], come infilo ['filo], [v], come in }l_ino ['vino]; dentali (e alveolari): [0] (articolata, come la corrispondente sonora che segue, con la punta della lingua fra i denti e definita quindi più propriamente 'interdentale'), come in inglese think "pensare" [0il)k], [ò], come in ingl. that "quello" [òret]; [s] (che è tipicamente alveolare), come in s_ano ['sano], [z] (alveolare), come in s_baglio ['zbaAAO] ([s] e [z], assieme alle due fricative palatali - si veda subito oltre-, sono a volte anche det- 57 Le occlusive Le fricative 58 La linguistica te 'sibilanti'); palatali (più propriamente, postalveolari): [J], come in sci [fi], [3], come in francese jour "giorno" [3uB'] (la fricativa palatale sonora [3] non esiste in italiano standard; e'è però nella pronuncia fiorentina di parole come valigia [va'li3a]); velari: [x], come in tedesco Buch "libro" [bux] o spagn. hijo "figlio" ['ixo], [Y], come in spagnolo agua "acqua" ['aYwa]; uvulari: [x], come in arabo shaykh "sceicco" [frejx], [B'], come in francese jour_ [3uB'] (corrisponde alla tipica "erre" fricativa francese); faringali: ['ì], sonora, come in arabo _Iraq ['ìi'ra:q]; glottidali: [h], sorda, come in inglese h_ave/ted. h_aben "avere" [hre:v]/ ['ha:b;rn], o nella pronuncia fiorentina di parole come poç_o ['p:-,ho]. Spesso tale fricativa è, impropriamente, definita come 'aspirata' (cfr. § 2.1.2). Le pronunce fiorentine, e di una vasta area della Toscana, che abbiamo esemplificato qui a proposito delle fricative bilabiale e velare sorde, ma che riguardano anche le dentali sorde, sono note sotto il nome di 'gorgia toscana'. Le affricate AFFRICATE. Labiodentali: [pf], sorda, come in ted. Apfel "mela" ['?apfal]; dentali: [ts], come in pazzo ['pattso], [dz], come in -;_ona ['dz:-,na]; palatali: [tf] , come in ç_ibo ['tfibo], [d3], come in gelo ['d3elo]. Si tenga presente che in IPA le affricate si trascrivono (oltre che in altri modi che qui non consideriamo), corrispondentemente alla loro natura fonetica, come la sequenza della occlusiva più la fricativa dei relativi luoghi di articolazione: [ts], affricata dentale, è rappresentata come [t], occlusiva dentale (prima fase dell'affricata), più [s], fricativa alveolare (seconda fase). Per convenzione, le affricate lunghe o doppie inoltre si trascrivono ripetendo il solo simbolo della fase occlusiva: ['pattso] e non ['patstso] (trascrizione alternativa: ['pat:so], cfr. § 2.2.3). Le nasali NASALI. Bilabiale: [m], come in m_ano ['mano]; labiodentale: [llJ], come in i!lvito [illJ'vito]; dentale (alveolare): [n], come in !lave ['nave]; palatale: [p], come in g_!locco ['p:-,kko]; velare: [IJ], come inja!lgo ['fal)go]. Tutte le nasali soI:J.o sonore. Le laterali LATERALI. Dentale (alveolare): [l], come in lana ['lana]; palatale: [A], come in gli [Ai]. Tutte le laterali sono sonore. Le vibranti VIBRANTI. Dentale (alveolare): [r], come in r_iva ['riva] (la [r] italiana è plurivibrante; esiste anche una corrispondente monovibrante, notata [r], come in spagn. tor.o "toro" ['toro], inglese americano mat1er "materia" ['mrerg]); uvulare: [R], come in frane. rose "rosa" [Roz], ted. rot "rosso" [Rot]. Tutte le vibranti sono sonore. Fonetica e fonologia 2.1.1 Vocali e semivocali ANTERIORI (non arrotondate). Semivocale (più propriamente, approssimante): [j], come in pi.ano ['pjano] (un'approssimante anteriore a volte presente in italiano in pronunce particolari è la labiodentale [v], la cosiddetta 'erre moscia': ['pa:due] padre pronunciato con 'erre moscia'). Vocali: [i], alta, come in vi.no ['vino]; [1], fra alta e medio-alta (più aperta di [i]), come in ingl. bi.t "pezzo" [bit] o nella pronuncia siciliana dell'italiano (es.: Si.ci.lia [s1'tJdja]); [e], medio-alta, come in italiano standard mg_no ['meno]; [e], medio-bassa, come in ital. standard bg_ne ['bene]; [re] bassa, come in ingl. bqd "cattivo" [bre:d]. Fra le anteriori arrotondate, ricordiamo: [y], alta, come in frane. m11.r "muro" [myB'], ted. ki:ihl "fresco" [ky:l], dialetto piemontese ['sypa] "zuppa"; [0], medio-alta, come in frane. peu "poco" [p0], piem. [ci309] "gioco"; [re], medio-bassa, come in frane. peur "paura" [prern]. CENTRALI. Medio-alta (o media): [g], come in franc.jg_ "io" [3g] o ingl. thg_, articolo determinativo, [òg] (questa vocale, detta anche 'indistinta' o 'neutra', è chiamata tradizionalmente schwa, dal nome di una lettera dell'alfabeto ebraico); [a], bassa, come in mano ['mano]. POSTERIORI (arrotondate). Semivocale (più propriamente, approssimante): [w], come in 11.omo ['w::imo]. Vocali: [u], alta, come in m11.ro ['muro]; [u], fra alta e medio-alta, come in ingl./11.ll "pieno" [fui]; [o], medio-alta, come in bQcca ['bokka]; [::,], medio-bassa, come in uQmo ['w::imo]. Fra le posteriori non arrotondate meritano un cenno: [A], medio-bassa, come in ingl. bgt "ma" [bAt]; [o], bassa, come in ingl. cqr "auto" [ko:], piem. [sol] "sale". Le vocali possono anche essere realizzate come nasali: in questo caso si trascrivono con una tilde C) sovrapposta, come in frane. un "uno" [&], pain "pane" [pi':], eccetera. Vocali e semivocali anteriori 59 Vocali centrali Vocali e semivocali posteriori 60 La linguistica Box 2.3 - ALFABETO FONETICO INTERNAZIONALE CONSONANTI prodotte con processo polmonare egressivo, tabella standard (secondo la revisione del 2005): .... ·.:: ~ ro il) ... ....:o "' ~e:: "' .... ~ il) :.::L~ ~ il) .... ·.:: ~ ro "O i;:: "O ~ o ro o ~ ·g ro eo ·e... Il) ro o :l .§:B e: > t;.; ti ~ ~ ;> o ro 8~~ il) ro ao::l ....i A:: o.. ::i ~ Occlusive p b d t J3 f V e ò s z f 3 ~ ~ ç i Fricative laterali ½ 6 Approssimanti l l j Approssimanti laterali l A Legenda: Le caselle con sfondo grigio denotano articolazioni ritenute impossibili. Quando si trovano due consonanti all'interno di una stessa casella, la consonante di sinistra è sorda e quella di destra è sonora. VOCALI Anteriori Semianteriori Centrali Semiposteriori Posteriori Alte i y t u w u Semialte I y u Medio alte e 0 ;) e 1( o Medie ;) Medio basse e re 3 (3 A ::, Semibasse re 'B Basse (a) CE a Q D Legenda: Quando si trovano due vocali all'interno di una stessa casella, la vocale di sinistra è non arrotondata e quella di destra è arrotondata Fonetica e fonologia Box 2.4 - IPA. Consonanti non presenti In Italiano standard Occlusive [t] retroflessa sorda es. svedese korJ. "carta (da gioco)" [kut:], italiano di Sicilia [cl] retroflessa sonora [c] palatale sorda [;J-] palatale sonora [q] uvulare sorda [G] uvulare sonora [?] glottidale Nasali [r1J retroflessa [N] uvulare Vibranti [B) bilabiale [R) uvulare Monovibranti [y] labiodentale [r) alveolare [e] retroflessa Fricative [] bilabiale sorda [{3] , bilabiale sonora [0] (inter)dentale sorda [ò] (inter)dentale sonora [3] postalveolare sonora [~] retroflessa sorda [:~J retroflessa sonora [ç] palatale sorda magre ['ma:tce] es. svedese jord "terra" [juq:], italiano di Sicilia bella ['beq:a] es. ungherese O!,uk "gallina" [cu:k], dialetto friulano ['caze] "casa" es. ungherese magJ_ar "ungherese" ['mDJ-Dr], dialetto friulano [';J-al] "gallo" es. arabo Qatar ['qotor] es. somalo Mug_disho "Mogadiscio" [mua'dif:,] es. tedesco ein Ei "un uovo" [?ajn ?aj], arabo Allah [?al:a:h]; segnale di iato in italiano: ho detto le elettrici [le ?elet 'tri:tfi] e non le lettrici [le ?let'tri:tfi] (può comparire anche nella sillabazione: es. le e-let-tri-ci [le ?e?let'?tri:?tfi]) es. svedese jiirn "ferro" [jrert:], italiano di Sicilia cart1.e ['kacrte] (o ['kart:e]) es. arabo mat1_qulatun "trasportato" [maN'qu:latun] es. kele (lingua austronesiana) [mBulim] "faccia" es. tedesco Rube "rapa" ['Ry:bg], francese rouge "rosso" [Ru3] es. mono (lingua niger-cordofaniana) vwa "spedire" [ya] es. spagnolo cabi:.a "capra" ['ka{3ra] es. norvegese blad "lama" [beo:], italiano di Sicilia madre ['ma:tce] es. giapponesefuhai [whai] "deperimento", italiano di Firenze saaone [sa'q>o:ne] es. spagnolo caf2.ra "capra" ['ka{3ra] es. inglese thin "sottile" [0ml, spagnolo brag_o "braccio" ['bra0o], italiano di Firenze prato ['pra:0o], dialetto veneto rustico ['0etu] "cento" es. inglese/amer "padre" ['fo:òg], dialetto veneto rustico [ma'ò:,:na] "Madonna" es. francese journal "giornale" [3uK'nal], italiano di Firenze regina [re13i:na) es. cinese shéhuì "società" ['~1r-xwej], italiano di Sicilia scars_o ['skarno] (o ['ska~:o]) es. russo kog_a "pelle" ['ko~g], italiano di Sicilia s_rotolato [~roto'la:to] es. norvegese kyss "bacio" [çys], dialetto napoletano ['çum:g] "fiume" 61 62 La linguistica li] palatale sonora [x] velare sorda [Y] velare sonora [x] uvulare sorda [If] uvulare sonora [h] faringale sorda ['ì] faringale sonora [h] glottidale sorda [fi] glottidale sonora Fricative laterali [½] alveolare sorda [\3] alveolare sonora Approssimanti [u] labiodentale [1] alveolare [-tl retroflessa [tq] velare Approssimanti laterali [l] retroflessa [L] velare es. svedese jord "terra" fjuq:] es. tedesco Bach "ruscello" [bax], spagnolo caja "cassa" ['kaxa] es. spagnolo/uego "fuoco" ['fwcYo] es. arabo khalq "creazione" [xo½q] es. francese jour_nal "giornale" [3ulf'nal], tedesco Bar.t "barba" [barnth] es. arabo muflammad "lodato" [mu'ham:ad] es. arabo al-'arabiyyah "arabo" [al'ìara'bij:ah] es. inglese flim "lui" [h1m], tedesco flaben "avere" ['ha:b;;in], italiano di Firenze amico [a'mi:ho] es. inglese Oflio [o0 'fiaiou], cecoPraha "Praga" ['prafia] es. gallese !lwyd "grigio" [½md] es. zulu (lingua niger-cordofaniana) indlala "fame" [in'l3ala] es. olandese l1!,ang "guancia" [uaIJ], danese r.éd "sa" [ueò], svedese r.iin "amico" [uc:n], dialetto veneto rustico [mI'uatqU] (mi r.ago) "io vado" es. inglese r.ed "rosso" [1ed] es. svedese/orr "prima" [fce,t:] es. neogreco s'agapo "ti amo" [satqa'p:,], dialetto veneto rustico [m1'uatqu] (mi vago) "io vado" es. norvegese farl.ig "pericoloso" ['fa:li], italiano di Sicilia Carlo ['ka{lo] (o ['kal:o]) es. wahgi (lingua australiana) agJ_agJ_e "vertiginoso" [arnLe] IPA. Vocali non presenti in italiano standard Anteriori [y] alta arrotondata [0] medio alta arrotondata es. francese sfi_r "sicuro" [sylf], tedesco Rfd_be "rapa" ['Ry:b;;i], dialetto piemontese ['skyr] "scuro" es. francese deux "due" [do], dialetto piemontese [fo] "fuo- co'' [ce] medio bassa arrotondata es. francese seul "solo" [sce:l] [re] semibassa non arrotondata es. inglese dg_d "papà" [dred], italiano di Bari Bari ['bre:ri] [IB] bassa arrotondata es. svedese/ii.rr "prima" [fIB,t:] Semlanteriori [1] semialta non arrotondata [Y] semialta arrotondata es. inglese /i.li "riempire" [fil], tedesco .Mi.tte "centro" ['m1t;;i], italiano di Sicilia Mi.lana [m1'la:no] es. tedescoffd_llen "riempire" ['frl;;in] Centrali [i] alta non arrotondata [a] alta arrotondata [s] medio alta non arrotondata [e] medio alta arrotondata [a] media [3] medio bassa non arrotondata [o] medio bassa arrotondata [u] semibassa Semiposteriori [u] semialta Posteriori [w] alta non arrotondata [Y] medio alta non arrotondata [A] medio bassa non arrotondata [o] bassa non arrotondata [o] bassa arrotondata 2.2 Fonologia 2.2.1 Foni, fonemi, allofoni Fonetica e fonologia es. russo jaz_yk "lingua" [j1'zik] es. svedese hy_s "casa" [ha11s] es. russo sontsg_ "sole" ['sontss] es. svedese dy_m "muto" [dem:] es. francese qug_ "che" [ka], inglese father "padre" ['fo:òa], tedesco Mitte "centro" ['m1ta], dialetto napoletano ['jaJJka] "bianco" es. inglese bird "uccello" [b3:d] es. irlandese Domhnach "domenica" ['dmnvax] es. inglese Asia ['efau], italiano di Bologna Portq Sqrqgozzq ['portu çurn'go~m] es. inglese py_ll "tirare" [pul], italiano di Sicilia by_co ['bu:ko] es. portoghese pg_gar "afferrare" [pw'gar], turco ayarilik "differenza" [ajrw'twk] es. cinese shi_huì "società" ['i_;y'xwcj] es. inglese cy_t "tagliare" [kAt] es. inglesejQ.ther "padre" ['fo:òa], italiano di Piemonte pqne ['po:ne] es. inglese hQt "caldo" [hot], italiano di Bologna PQrta SaragQzza ['portu çurn'go~m] Ogni suono producibile dall'apparato fonatorio umano (rappresentabile in una qualche casella della classificazione che abbiamo appena visto, e pertanto trascrivibile con un simbolo dell'alfabeto IPA) rappresenta un potenziale suono del linguaggio, che chiameremo ora 'fono'. Un fono è la realizzazione concreta di un qualunque suono del linguaggio. Il termine 'fono' a rigore può indicare sia un singolo suono concretamente realizzato in una certa circostanza da un certo parlante (un'unità quindi tipicamente di parole: cfr. § 1.4.2), sia la classe di suoni concreti che condividono le stesse caratteristiche articolatorie particolari. Nella gamma di foni materialmente producibili, le diverse lingue ne pertinentizzano un certo numero assegnando loro valore distintivo: quando i foni hanno (in una data lingua) valore distintivo, cioè si oppongono sistematicamente ad altri foni nel distinguere e formare le pa- Definizione di fono I fonemi 63 64 La fonologia Trascrizione fonetica e fonematica La prova di commutazione Definizione di fonema Allofoni di un fonema La linguistica role di quella lingua, si dice che funzionano da fonemi. I foni sono le unità minime in fonetica. I fonemi sono le unità minime in 'fonologia' (o 'fonematica'). La fonologia studia l'organizzazione e il funzionamento dei suoni nel sistema linguistico. La parola ['mare] è costituita da quattro foni diversi in successione; io posso pronunciare ognuno dei foni costitutivi della parola in modi diversi, per esempio la a anteriorizzata invece che centrale, ['m.ere], ma la parola rimarrà sempre identificata come mare: i due foni diversi non danno luogo ad un'opposizione fonematica, corrispondono a un unico fonema (sono membri dell'identica classe). D'altra parte, ciascuno dei quattro foni distingue/oppone la parola in considerazione da/a altre parole: [m] oppone ['mare] a, per esempio, ['pare] o ['kare] (si usa anche la notazione /m~p/, /m~k/), [a] la oppone a, per esempio, ['m:,re], [r] la oppone, per esempio, a ['male], [e] la oppone, per esempio, a ['mari]. La parola [mare] è quindi formata dai quattro fonemi /m/, /a/, /r/, /e/: in trascrizione fonematica, dove si impiegano per convenzione le barre oblique(/.../) invece che le parentesi quadre([...]), sarà /'mare/. Mentre la trascrizione fonetica può essere 'larga' o 'stretta', nella misura in cui cerchi di riprodurre il più possibile, o, no tutti i caratteri della pronuncia anche nei dettagli, la trascrizione fonematica riproduce per sua natura solo le caratteristiche pertinenti della realizzazione fonica, trascurando le particolarità e le differenze che non hanno valore distintivo, ed è quindi sempre una trascrizione 'larga'. Ciascuno dei quattro fonemi è identificato per opposizione, mediante un procedimento di scoperta che consiste nel confrontare un'unità in cui compaia il fono di cui vogliamo dimostrare se è o no fonema con altre unità della lingua che siano uguali in tutto tranne che nella posizione in cui sta il fono in oggetto. Tale procedimento si chiama 'prova di commutazione'. Va notato che vocali e consonanti non sono mai in opposizione fra di loro, ma vocali si oppongono a vocali e consonanti (e semivocali) si oppongono a consonanti (e semivocali); più precisamente, vocali e consonanti sono in opposizione sintagmatica, o 'contrasto', mentre all'interno delle due classi, cioè fra le consonanti e semivocali da un lato, e fra le vocali dall'altro, c'è opposizione paradigmatica, nel vero senso del termine. 'Fonema' è dunque l'unità minima di seconda articolazione del sistema linguistico. Più precisamente, un fonema è una classe astratta di foni, dotata di valore distintivo, cioè tale da opporre una parola ad un'altra in una data lingua. Foni diversi che costituiscano, come nel caso sopra esemplificato di ['mare]/['m.ere], realizzazioni foneticamente diverse di uno stesso fonema, ma prive di valore distintivo, si chiamano 'allofoni' (o anche, più genericamente, 'varianti') di un fonema: in italiano, per esempio, [n] e [IJ] sono due allofoni dello stesso fonema, Fonetica e fonologia dato che possono comparire nella stessa posizione senza dar luogo a parole diverse, come in ['dente], pronuncia standard della parola dente, e ['del)te], pronuncia settentrionale. Un fonema che abbia diversi allofoni si identifica con il più frequente e normale degli allofoni: si dirà dunque che in italiano la n dentale (alveolare), [n], e la n velare, [IJ], sono allofoni del fonema /n/ (dentale); o, meglio, che [IJ] è un allofono di /n/. Una coppia di parole che siano uguali in tutto tranne che per la presenza di un fonema al posto di un altro in una certa posizione forma una 'coppia minima'. Una coppia minima identifica quindi sempre due fonemi. Nell'esempio di [mare] sopra fatto, ciascun'altra parola citata (['pare], ['kare], ecc.) costituisce con ['mare] una coppia minima; la coppia minima ['mare~ 'pare] identifica i due fonemi /m/, nasale bilabiale, e /p/, occlusiva bilabiale sorda. Per dimostrare che un fono è fonema in una data lingua, bisogna quindi trovare in quella lingua delle coppie minime (almeno una, in linea di principio), che lo oppongano a un altro fonema. In italiano, una serie di coppie minime come per esempio ['pattso ~ 'pettso ~ 'pittso ~ 'pottso ~ 'puttso] identifica i cinque fonemi vocalici /a/, /e/, /i/, /o/, /u/. Si tenga presente che, mentre contribuisce in maniera decisiva a distinguere parole, e quindi segni linguistici, e quindi significati, il fonema non è ovviamente un segno, perché, per definizione, non ha significato. 2.2.2 Fonemi e tratti distintivi I fonemi sono, come abbiamo visto, unità minime di seconda articolazione, i più piccoli segmenti a cui si arriva nella scomposizione del significante dei segni linguistici. Non sono dunque ulteriormente scomponibili in segmenti più piccoli: non è possibile tagliare un fonema /t/, occlusiva dentale, per esempio, in due pezzi più piccoli, un primo pezzo occlusivo e un secondo pezzo dentale. I fonemi si possono però analizzare sulla base delle caratteristiche articolatorie che li contrassegnano: potremmo identificare /t/ come 'occlusiva dentale sorda', /d/ come 'occlusiva dentale sonora', /m/ come 'nasale bilabiale sonora', eccetera. Un fonema, da questo punto di vista, si può quindi ulteriormente definire come costituito da un fascio di proprietà articolatorie che si realizzano in simultaneità. Le caratteristiche articolatorie diventano allora, sul piano della fonologia, proprietà che permettono di analizzare, definire e rappresentare i fonemi in termini di diverse combinazioni possibili di tratti facenti parte di un inventario comune. Fonemi diversi saranno definiti da combinazioni diverse di questi tratti, come mostra la tabella 2.3. Due fonemi sono differenziati da almeno un tratto fonetico pertinente binario(= a due valori,+, "sì; presenza", e-,"no; assenza"): nella tabella 2.3, /t/ e /d/ sono distinti in maniera necessaria e sufficiente La coppia minima 65 66 La linguistica Tabella 2.3 - Analisi di fonemi in tratti articolatori ------ -+ + I tratti distintivi + + + + + + + + + + + + + + + + + + + dal valore del tratto /+sonoro/ (lo stesso: /-sordo/); e un solo tratto basta a differenziarli pertinentemente. La 'correlazione' di sonorità, o 'sordità', è molto importante, perché in molte lingue interviene a differenziare parecchie coppie di fonemi uguali per gli altri tratti. Partendo da queste considerazioni, è stata sviluppata in fonologia la teoria dei tratti distintivi, che consente di rappresentare economicamente tutti i fonemi come un fascio di alcuni tratti distintivi con un determinato valore+ o - grazie anche all'utilizzazione di proprietà acustiche anziché soltanto articolatorie (come per esempio '+/- diffuso', +/-bemollizzato', ecc.), che permettono un trattamento più soddisfacente in termini di binarietà. Si è giunti infatti a formulare un certo numero, chiuso e relativamente limitato di tratti distintivi binari che permetterebbero, opportunamente combinati, di dar conto di tutti i fonemi attestati e possibili nelle lingue del mondo (cfr. Box 2.5). Dal punto di vista fonetico (fisico e fisiologico), i tratti distintivi binari rappresentano in fondo dei movimenti e atteggiamenti muscolari degli organi preposti alla fonazione. Dal punto di vista fonologico, del sistema linguistico, si tratta, come abbiamo detto, di proprietà astratte realizzantisi in simultaneità nei singoli segmenti fonematici; in teoria, si potrebbe anzi addirittura fare a meno del livello descrittivo dei fonemi, ed esprimere tutto con i tratti, a un livello più alto di astrazione. Cara e gara, per es., in questa prospettiva, risultano distinti non dall'opposizione fonematica /k~g/, ma semplicemente perché sono opposti per sonorità (nel segmento in prima posizione). I tratti consentono anche di rappresentare economicamente, attraverso 'regole' (cfr. più avanti§ 4.4 e Box 2.5), fenomeni fonologici che avvengono di frequente nelle lingue, per esempio le 'assimilazioni' (consistenti nel fatto che due foni che vengano a trovarsi in posizione contigua tendono facilmente ad assumere l'uno qualche tratto dell'altro, diventando più simili: cfr. avanti § 7.1.2). In italiano per es. una fricativa dentale o alveolare viene realizzata sempre sonora davanti a una consonante sonora di qualunque Fonetica e fonologia modo e luogo di articolazione: ['skala], ['sp::,zo], ma [zga'bdlo], ['zbaA:.fo]. Se volessimo rappresentare questo fatto con una regola (cfr. § 4.4) che operi con foni e fonemi, dovremmo elencare tutti i fonemi consonantici che possono trovarsi in un nesso preceduti da una fricativa dentale/alveolare; utilizzando invece tratti, e chiamando 'sibilanti' le consonanti fricative dentali o alveolari che sono soggette al fenomeno in questo contesto, possiamo formulare la semplice regola fonologica [sibilante]-[+son]/___ [+cons] [+son], che si legge: 'una sibilante diventa (viene realizzata) sempre sonora nel contesto davanti a una consonante sonora'. Si tratta ovviamente di un regola contestuale, che specifica nell'uscita, dopo la barra obliqua, il contesto in cui avviene il fenomeno (cfr. § 4.4). Box 2.5 - Tratti distintivi e regole fonologiche Un'analisi nei termini della tabella 2.3 del§ 2.2.2 risulta per molti versi inadeguata dal punto di vista fonologico. Oltre a non portare grossi vantaggi sul piano dell'economia di analisi e di rappresentazione, poiché fa ricorso a ben sette proprietà per definire soli otto fonemi, dà sì conto di quali proprietà articolatorie (quindi fonetiche) contraddistinguano i vari fonemi, ma non ci dice nulla circa l'effettiva pertinenza fonologica di queste proprietà. Consideriamo ad esempio i rispettivi luoghi di articolazione dei fonemi rappresentati in quella tabella. I fonemi /b/ e /d/- e quindi le coppie minime a cui la loro opposizione dà luogo (es. balla e dalla) - risultano distinti tra di loro perché il primo è bilabiale e il secondo dentale; /t/ e /f/ (es. testa e festa) perché il primo è dentale e il secondo labiodentale (oltre ad avere un diverso modo di articolazione); /n/ e /p/ (es. nani e pani) perché il primo è dentale e il secondo bilabiale (oltre ad avere un diverso modo di articolazione e grado di sonorità), e così via. In realtà tutte le caratteristiche citate, riferite al luogo di articolazione (bilabiale, dentale, labiodentale), dipendono dalla posizione che assume la parte anteriore della lingua, la corona. Questa si può presentare sollevata e tesa verso i denti superiori (come in /t/, /d/ e /n/) o gli alveoli (come in /1/ e /r/) o la zona alveo-palatale (come ad es. in /tfI e /d3/), oppure abbassata e rilassata verso i denti inferiori (sia in /p/, /b/, /IJ!/ che in /f/ e /v/). I fonemi /t/, /d/, /n/, da una parte, e /p/, /b/, /f/, /v/, /ml, dall'altra, si distinguono quindi non tanto in base a opposizioni quali [±labiodentale], [±dentale], [±bilabiale], ma, più in generale e da un punto di vista fonologico, in base all'attivazione della corona: un'opposizione che può quindi essere definita come [±coronale]; i fonemi /t/, /d/, /n/ (così come /1/, /r//tJ/, /d3/) sono cioè identificati dal tratto [+coronale] e i fonemi /p/, /b/,/f/,/v/, /ml dal tratto [--coronale]. Tale opposizione vale tendenzialmente per tutte le lingue del mondo: sul piano della mera realizzazione fisica, una certa lingua potrà poi avere fonemi coronali in punti di articolazione tra di loro diversi (ad es. dentale, alveolare, alveo-palatale, v. sopra). Fonemi con lo stesso tratto [+coronale] potranno essere prodotti in punti di articolazione differenti a seconda delle diverse lingue: i fonemi coronali /0/ e /ò/ dell'inglese, ad esempio, che danno luogo a coppie minime come ether - either (/'i:0,l/ "etere" - /'i:òg'/ "o"), sono realizzati in punti di articolazione estranei all'inventario fonematico dell'italiano. 67 68 La linguistica Ad opera prima di R. Jakobson e poi, negli anni Sessanta, di N. Chomsky e M. Halle, si è giunti a formulare un certo numero, chiuso e relativamente limitato, di proprietà (una dozzina secondo Jakobson, più di una trentina per Chomsky e Halle), denominate tratti distintivi, che permetterebbero, opportunamente combinate, di dar conto di tutti i fonemi attestati e possibili nelle lingue del mondo. Questo insieme di tratti distintivi, in altre parole, rappresenterebbe il complesso degli atteggiamenti articolatori (e, specie nella prospettiva di Jakobson, delle proprietà acustiche; es. [±diffuso], [±bemollizzato], ecc.) che in tutte le lingue del mondo possono avere valore distintivo. I fonemi della tabella 2.3 diventano quindi rappresentabili come segue (per i termini, cfr. Schema 'Tratti distintivi dell'italiano' sotto): sonorante sonoro continuo coronale /p/ /bi + /ti /di + + + /f/ + /v/ + + /ml + + + /n/ + + + + Due fonemi si differenziano tra di loro per il valore, positivo o negativo, di almeno un tratto distintivo. I fonemi /b/ e /d/, ad esempio, sono distinti in maniera necessaria e sufficiente dal valore del tratto [±coronale] (se positivo indica che i fonemi sono prodotti con intervento della corona); i fonemi /bi e /p/ dal valore del tratto [±sonoro], e così via. Nello schema seguente si dà l'insieme dei tratti che si possono considerare necessari e sufficienti a distinguere i fonemi dell'italiano, suddivisi nelle due classi delle consonati e delle vocali; segue una breve descrizione del valore dei tratti. Tratti distintivi dell'Italiano Consonanti e semivocali p b f V t d ts dz s z k g 1f d3 f m n Jl ,{ r j w sillabico - - consonantico + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + sonorante + + + + + + + + sonoro - + - + - + + - + + + + + + + + + + + continuo - - + + - - + + + - + + + + + nasale + + + rilascio rit. + + - + + laterale + + arretrato + + - + anteriore + + + + + + + + + + - + + + - + coronale + + + + + + + + + - + + - + Vocali e e a ::, o u arrotondato + + + alto + - + basso + + + arretrato + + + + Fonetica e fonologia Definizione dei tratti: 1) sillabico (unico tratto non riferito a caratteristiche articolatorie): fonemi che possono costituire nucleo di sillaba; in italiano soltanto le vocali, in altre lingue anche consonanti nasali, laterali e vibranti; 2) consonantico: fonemi prodotti con frapposizione di un ostacolo al flusso dell'aria: tutte le consonanti; 3) sonorante: fonemi prodotti con passaggio d'aria relativamente libero, e quindi senza turbolenza nel flusso d'aria nel passaggio attraverso il cavo orale, e con vibrazione delle corde vocali (sempre sonori, privi di un corrispondente sordo): le vocali, le semivocali e le consonanti nasali, laterali e vibranti; la pressione dell'aria nella cavità orale necessaria a produrre i fonemi [+sonoranti] è simile a quella esterna ed è minore di quella richiesta per la produzione dei fonemi [-sonoranti] (con turbolenza del flusso d'aria; detti anche 'ostruenti'); 4) sonoro: fonemi prodotti con vibrazione delle corde vocali; 5) continuo: fonemi prodotti con una costrizione nella cavità orale, che consente al flusso del!'aria che esce dalla bocca di poter essere protratto nel tempo, finché c'è aria espiratoria a disposizione: fricative, laterali, vibranti, semivocali; 6) nasale: fonemi prodotti con abbassamento del velo e conseguente passaggio del flusso d'aria attraverso il canale nasale: le consonanti nasali; 7) rilascio ritardato (o soluzione ritardata): fonemi realizzati in due momenti: un primo in cui l'aria è trattenuta nella cavità orale e un secondo in cui è rilasciata; tipicamente, fonemi che iniziano con un'articolazione occlusiva e terminano con un'articolazione fricativa: le consonanti affricate; 8) laterale: fonemi prodotti con passaggio del flusso d'aria ai lati della cavità orale (il passaggio è impedito nella zona centrale): le consonanti laterali; 9) arretrato: fonemi prodotti con il corpo della lingua ritratto rispetto al,la posizione neutra: le consonanti velari e la semivocale posteriore; le vocali /a/, f':;/,/o/, fu/; 10) anteriore: fonemi prodotti con una costrizione nella zona alveolare o in un luogo anteriore a questa: bilabiali, labiodentali, dentali; 11) coronale: fonemi prodotti con la parte anteriore della lingua sollevata rispetto alla posizione neutra: dentali, alveolari e alcune palatali; 12) arrotondato: fonemi prodotti con le labbra protese in avanti: /'J/, /o/, /u/; 13) alto: fonemi prodotti con la lingua sollevata rispetto alla posizione neutra: /i/, /u/; 14) basso: fonemi prodotti con la lingua abbassata rispetto alla posizione neutra: /e/, /a/, /'J/. (Tutte le vocali, inoltre, si caratterizzano per i tratti [+sillabico], [--consonantico] e [+sonorante]). Come si è accennato nel § 2.2.2, i tratti distintivi sono utilizzati nelle regole fonologiche. Una regola fonologica ha una forma di questo tipo: A-+B/_C, che vale: 'A diventa, o è realizzata come,_B nel contesto seguita da C'. A rappresenta l'elemento che subisce il cambiamento, B il risultato del cambiamento, e ciò che si trova alla destra della barra il contesto in cui si verifica il fenomeno (altri possibili contesti: C_, 'preceduta da C', e C_D, 'tra gli elementi Ce D'). In italiano (come in molte altre lingue), per esempio, una consonante nasale tende a essere articolata nello stesso punto della consonante che la segue. Operando con le unità segmentali, dovremmo formulare più regole distinte, quali: 69 70 La linguistica (1) n---+ rn/_ [p, b, m] (es.: in-previsto---+ imprevisto [impre'vi:sto], in-battuto---+ imbattuto [imbat'tu:to], in-modesto ---+ immodesto [immo'de:sto]); (2) n---+ TTJ/_ [f, v] • (es. anfora ['arrJfora], invito [irrJ'vi:to]); eccetera. Rappresentare il fenomeno con una notazione di q~esto tipo, che opera con foni e fonemi, è poco economico, poiché comporta che si debbano elencare tutti i fonemi che possono trovarsi in un nesso preceduti da una nasale. Inoltre, non consente di cogliere le proprietà generali che esercitano un'influenza sul verificarsi del fenomeno e lo caratterizzano, né permette di vedere ciò che a un livello di maggiore astrazione hanno in comune le due regole. Utilizzando i tratti articolatori, possiamo riformulare le due regole precedenti nel modo se- guente: (I b) [+nasale] ---+ [+bilabiale] / _ [+bilabiale] [+dentale] (2b) [+nasale]---+ [+labiodentale]/_ [+labiodentale] [+dentale] La regola (1 b) esprime ovviamente il fatto che una nasale dentale diventa bilabiale quando è seguita da una consonante bilabiale, la regola (2b) che una nasale dentale diventa labiodentale quando è seguita da una consonante labiodentale. Entrambe le regole, cioè, ci dicono che una consonante nasale acquisisce lo stesso luogo di articolazione della consonante che la segue. Una notazione del secondo tipo rende evidente perché sia proprio davanti alle consonanti /p/, /b/, /m/, da un Iato, /f/ e /v/, dall'altro, che la nasale viene realizzata in quel determinato luogo, mostrando quali sono le proprietà articolatorie più generali che determinano il fenomeno. I fenomeni fonologici, del resto, non si applicano mai casualmente a singoli fonemi, o gruppi di fonemi, ma sempre in virtù di proprietà o tratti fra questi condivisi, che li accomunano. Nemmeno questa formulazione, tuttavia, dà conto di come sul piano fonologico si tratti in realtà di un unico fenomeno, esprimibile quindi per mezzo di un'unica regola che si applica rispetto a una stessa classe di suoni, quelli caratterizzati dal tratto [--coronale]; una classe a cui appartengono tanto i fonemi /p/, /b/, /m/, bilabiali, quanto i fonemi /f/ e /v/ e l'allofono [TTJ], labiodentali. Ciò si può allora esprimere, a un grado maggiore di astrazione e di generalizzazione, con una riformulazione mediante tratti distintivi inerenti, arrivando a un'unica regola come: (3) [+nasale]---+ [--coronale]/_ [--coronale] [+anteriore] [+coronale]. 2.2.3 I fonemi dell'italiano Gli inventari fonematici Non tutte le lingue hanno gli stessi fonemi, né tutte hanno lo stesso numero di fonemi. Gli inventari fonematici delle diverse lingue del mondo sono costituiti in genere da alcune decine di fonemi: l'inglese ne ha 34 (44 se si contano i dittonghi, cfr. sotto, § 2.2.4, come singoli fonemi Fonetica e fonologia a sé); 36 il francese; 38 il tedesco; altrettanti il russo; 24 lo spagnolo; 31 il cinese; 37 (o 64, a seconda di come si computano le consonanti lunghe) l'arabo egiziano, eccetera. Si badi che non sempre gli autori sono d'accordo circa gli inventari fonematici delle diverse lingue, il numero delle cui entità può facilmente variare a seconda dei criteri di analisi prescelti. Il più alto numero di fonemi, più di cento e fino a 140 (!), sembra comunque si abbia in lingue khoisan, parlate in Africa meridionale; i più piccoli numeri di fonemi, a quanto pare, si hanno in lingue dell'America meridionale (mura, Amazzonia, 11 fonemi; moxo, Bolivia, 19 fonemi), in lingue della Nuova Guinea (rotokas, 11 fonemi), in hawaiano (13 fonemi) e in lingue australiane (bandjalang, 16 fonemi). L'italiano standard ha 30 fonemi, o 28 secondo alcuni autori, che non considerano fonemi a sé le semivocali; si arriva peraltro a 45 se calcoliamo come fonemi a sé le consonanti lunghe (cfr. sotto, e§ 2.3.3): p t b d f s V z ts dz m n r J tJ d3 .J1 A: J e o e ::i a u k g w L'inventario fonematico dell'italiano è connesso con numerosi problemi: ci limitiamo qui ad accennare ad alcuni di quelli che più sonorilevanti ai fini di un'adeguata trascrizione fonetica. Ovviamente, per trascrivere foneticamente occorre basarsi sul modo in cui una parola è pronunciata, e non sul modo in cui essa è scritta; sulla fonia, e non sulla grafia. La grafia può spesso essere fuorviante, anche in italiano (si veda in proposito Box 2.2). Si noti anche che uno stesso simbolo può indicare due cose ben diverse nell'alfabeto italiano e in IPA: la lettera z, "zeta", per esempio, vale /ts/ o /dz/ (affricate alveolari) nella grafia normale, ma il simbolo IPA z rappresenta la fricativa alveolare, vale cioè appunto /z/. Nella parola giglio, per un altro esempio concreto specifico, abbiamo già tre problemi: a) la lettera gin italiano è usata sia per in- L'inventario fonematico dell'italiano standard 71 72 Lo statuto delle consonanti lunghe Differenze regionali di pronuncia La linguistica dicare il fonema /g/ - davanti a vocali centrali e posteriori - che il fonema /d3/ - davanti a vocali anteriori: la pronuncia ci dice che qui è in gioco il secondo, affricata palatale sonora; b) il trigramma gli rende, davanti a vocali diverse da i, il fonema /li./, laterale palatale (nella parola giglio, quindi, non ci sono due /i/, ma una sola, la prima: la seconda lettera i è un mero segno grafico); c) la consonante laterale palatale in italiano standard quando è in posizione intervocalica, cioè preceduta e seguita da vocale (qui, /i/ e /o/), è sempre lunga o doppia. Trascrizione standard di giglio è quindi: ['d3i/i./i.o]; variante accettabile, in base alla pronuncia settentrionale (si veda sotto), ['d3i/i.o] (o, ancora più precisamente - si veda§ 2.3.3 -, ['d3i:/i.o]); pronuncia settentrionale più marcata, e meno accettabile: ['d3i:ljo]; pronuncia romana molto marcata e non accettabile nello standard: ['d3ijjo] (cfr. § 7.2.2). Veniamo allora ai problemi generali della fonologia dell'italiano. Anzitutto, come abbiamo detto, è problematico lo statuto delle consonanti lunghe o doppie o geminate (si veda anche § 2.3.3). Se accettiamo che per esempio ['kane] vs. ['kanne] (['kan:e]) costituisca una coppia minima- Io è, se prendiamo ['kanne] come formata non da cinque fonemi, /k/, /a/, /n/, di nuovo /n/, /e/, ma da quattro, /k/, /a/, /n:/ (/n/ lunga), /e/-, dobbiamo aumentare di 15 il numero dei fonemi italiani, essendo appunto 15 le consonanti che possono dar luogo a coppie minime basate sulla lunghezza: cioè tutte le consonanti tranne le cinque che in posizione intervocalica sono sempre lunghe e la /z/, che non compare mai lunga. Le affricate dentali, la fricativa palatale, e la nasale e la laterale palatali (cioè, [ts], [dz], [J], [p], [/i.]), sono in italiano standard sempre lunghe o doppie se si trovano fra due vocali. Per la fricativa, la nasale e la laterale la cosa non è mai riprodotta nella grafia tradizionale, mentre per le affricate in certi casi lo è - es., pazzo -, in altri no - es., azione [at'tsj:,:ne] (in grafia fonetica stretta, trascriviamo in questo caso - e nel seguito - come lunga anche la vocale tonica in sillaba libera: v. oltre,§ 2.3.3). Si badi quindi che le due rese alternative ['kanne] e ['kan:e] per canne (e ovviamente per tutti i casi di opposizione fra consonanti scempie e geminate) rispondono a due analisi e interpretazioni fonologiche diverse del fatto fonetico. In genere, ci sono nella pronuncia dell'italiano molte differenze regionali (cfr. § 7.2.2), evidenti anche nella pronuncia delle persone colte. Le opposizioni fra /s/ e /z/, fra /ts/ e /dz/, fra /j/ e /i/ e fra /w/ e /u/ hanno uno statuto non chi~issimo, con molta variabilità e differenti distribuzioni nell'italiano delle diverse regioni, e partecipano a formare un numero non alto di coppie minime (si dice quindi che hanno un basso 'rendimento funzionale'). Nell'italiano del Settentrione, per esempio, la fricativa dentale (o alveolare) è sempre realizzata sonora in posizione intervocalica, quindi ['kjc:ze] vale chiese sia come nome desi- Fonetica e fonologia gnante "edifici di culto" che come voce verbale ("domandò"), mentre in toscano (e italiano standard) si distingue fra ['kjc:ze], con la sonora, nel primo caso e ['kjc:se], con la sorda, nel secondo caso (formano coppia minima); al Nord casa si pronuncia ['ka:za], ma al Centro e al Sud si pronuncia ['ka:sa]. Così, allo standard ['tsi:o] zio corrisponde al Nord ['dzi:o], allo standard e settentrionale [al'tsa:re] alzare corrisponde il meridionale [al'dza:re], eccetera. L'opposizione fra vocali medio-alte e medio-basse (/e~c/ e /o~::>/), che si attua peraltro soltanto in posizione tonica, cioè quando le rispettive vocali recano l'accento, è tipica della varietà tosco-romana di italiano, ma è ignota, o ha distribuzione diversa (compare cioè in elementi lessicali diversi) e molto più ristretta, in altre varietà regionali di italiano. A rigore, quindi, avremmo /'peska/ "azione di pescare" vs. /'pcska/ "frutto", e /'botte/ "recipiente per il vino" vs. /'b::>tte/ "percosse", costituenti entrambe coppie minime. Ma per esempio in molte pronunce settentrionali non c'è opposizione, non si danno queste coppie minime: in tutt'e due i casi si ha da un lato /'pcska/ e dall'altro/ 'b::>tte/. La consonante nasale ha nello standard realizzazione (dorso)velare solo davanti a consonante velare, ma nell'italiano del Settentrione tende ad essere realizzata velare ogni nasale che si trovi in fine di sillaba: pronuncia standard [non] non, ['kampo] campo, pronuncia settentrionale [noi]], ['ka]Jpo] (anzi, spesso al Nord la n finale di sillaba provoca la nasalizzazione della vocale che la precede: [n6JJ], ['kaIJpo]). Infine, un fenomeno da menzionare è il cosiddetto 'raddoppiamento (fono)sintattico', che consiste nell'allungamento (pronuncia come geminata) della consonante iniziale di una parola quando questa sia preceduta da una delle parole di una serie che appunto provoca il fenomeno (si tratta di tutte le parole con l'accento sull'ultima sillaba - si veda§ 2.3.1 -, di molti monosillabi e di alcuni bisillabi): es. ['do:ve vvaj] dove vai?, [a r'ro:ma] a Roma, eccetera. In certi casi (parole come davvero, cosiddetto, soprattutto, ecc.) il fenomeno è arrivato a essere rappresentato nell'ortografia. Anche il raddoppiamento sintattico è molto variabile regionalmente: nella pronuncia del Settentrione di solito non avviene, o, in certi casi, può avvenire dopo parole che nello standard non provocano il fenomeno. Nella Scheda 2.1 si fornisce un riepilogo delle convenzioni IPA da tenere comunemente presenti trascrivendo l'italiano (o altre lingue). Differenze di apertura Raddoppia- mento fonosintattico 73 74 La linguistica Scheda 2.1- Alfabeto fonetico internazionale: alcune convenzioni di trascrizione • La trascrizione fonetica si pone convenzionalmente fra parentesi quadre, la trascrizione fonematica fra barre oblique. • In IPA non si adottano le convenzioni ortografiche o interpuntive in uso nella scrittura: non si utilizzano maiuscole, apostrofi, virgole, punti fermi, punti esclamativi, ecc. • L'accento è indicato soltanto sulle parole plurisillabiche, con un apice posto prima della sillaba su cui esso cade; es. cane ['ka:ne], cantante [kan'tante]. • La lunghezza viene notata con due punti posti dopo il simbolo del fono. In italiano sono tendenzialmente lunghe le vocali toniche in sillaba aperta (cfr. § 2.3.3); es. ['ka:ne]. Sono brevi tutte le vocali atone e le vocali toniche in sillaba chiusa, es. [kan'tante], o nelle parole ossitone, es. cantò [kan'to]. • Le consonanti 'doppie' (o 'geminate') si possono rendere in due modi, che corrispondono a due interpretazioni diverse dello statuto fonologico del fenomeno (cfr. § 2.2.3): o raddoppiando il sim' bolo corrispondente, es. bocca ['bokka]; o con due punti posti dopo il simbolo, es. ['bok:a]. • Le consonanti affricate 'doppie' si possono rendere in due modi: o ripetendo il solo simbolo della parte occlusiva, cioè il primo simbolo del digramma, es. pazzo ['pattso]; o con due punti posti dopo il simbolo della parte occlusiva, es. ['pat:so]. •Quandola vocale tonica è preceduta da consonanti 'doppie', l'accento si può rendere in due modi: o con un apice posto tra il primo e il secondo simbolo consonantico, nel caso di notazioni del tipo di [kk] o [tts], es. boccone [bok'ko:ne], tazzina [tat'tsi:na]; o con un apice posto prima del simbolo consonantico che è seguito da due punti, nel caso di notazioni del tipo di [k:] o [t:s], es. [bo'k:o:ne], [ta't:si:na]. Che cos'è la sillaba Struttura della sillaba 2.2.4 Sillabe Le minime combinazioni di fonemi che funzionino come unità pronunciabili e possano quindi essere utilizzate come 'mattoni preconfezionati' per costruire la forma fonica delle parole sono le sillabe. In italiano e nella gran maggioranza delle lingue una 'sillaba' (dal greco syllabé, dal verbo syllambano "prendere insieme") è sempre costruita attorno a una vocale: una consonante o una semivocale ha sempre bisogno di appoggiarsi a una vocale, che costituisce quindi il picco sonoro, detto 'perno', o 'apice', o 'testa', o 'nucleo', della sillaba. In certe lingue, anche alcune consonanti, come r, e a volte le n, possono fungere da apice di sillaba; si dice quindi che esse sono caratterizzate dal tratto (si veda sopra, § 2.2.2) /+ sillabico/. La struttura fonica della parola è comunque data da un'alternanza continua tra foni più tesi e 'chiusi', con minore sonorità (le consonanti) e foni più rilassati e 'aperti', con maggiore sonorità (le vocali). Ogni sillaba è formata da almeno una, e non più di una, vocale e da un certo numero - da zero a qualche unità - di consonanti (o semivocali). Una vocale da sola può pertanto costituire sillaba. Non tutte le consonanti possono combinarsi liberamente nel formare, assieme a una vocale, delle sillabe: esistono al contrario numerose condizioni, o più tecnicamente 'restrizioni fonotattiche' (che qui non possiamo menzionare), sulla di- Fonetica e fonologia stribuzione e combinabilità dei fonemi e sulle sequenze possibili in ogni lingua, che danno luogo quindi a restrizioni sulla struttura sillabica. Vi sono comunque in ogni lingua strutture sillabiche canoniche, preferenziali. In italiano, la struttura sillabica canonica è (utilizzando i simboli V per 'vocale', C per 'consonante') CV, come in ['ma:no], parola costituita da due sillabe entrambe CV ([ma]+[no]). Piuttosto frequenti e 'normali' sono comunque anche le strutture: V (['a:pe] = [a]+[pe]); VC (['alto] = [al]+[to]); CCV (['sti:le] = [sti]+[le]); CVC (['kanto] = [kan]+[to]); CCCV (['stra:no] = [stra]+[no]. Non sono possibili in italiano, per esempio, sillabe CVCC, che esistono invece, ad es., in inglese ([lrend] land "terra"; l'inglese ha moltissime parole monosillabiche) o in tedesco (['bjtgRn] lautern "chiarire, purificare"= [bj]+[tgRn]); tanto meno sono possibili in italiano strutture sillabiche ancora più complesse, come per es. nel saluto russo zdravstvujt'e ("salve!"), la cui prima sillaba sarebbe CCCVCCC. L'identificazione dei confini sillabici (che permettono la divisione in sillabe di una parola) si effettua in base a vari criteri fonetici e fonologici; un criterio pratico per l'italiano, per es., è che due consonanti contigue all'interno di una parola sono assegnate entrambe alla sillaba che ha come nucleo la vocale seguente (e quindi sono membri della stessa sillaba) se tale combinazione compare anche in inizio di parola (ma-gro, come gre-co), mentre se questo non si dà sono assegnate la prima alla sillaba precedente e la seconda alla seguente (tan-to, perché nessuna parola italiana inizia con il nesso consonantico nt-). Se analizziamo le consonanti doppie o lunghe dell'italiano come ripetizione dello stesso fonema, esse chiudono la sillaba che le precede, in quanto analogamente il primo membro viene assegnato alla sillaba precedente e il secondo alla sillaba seguente (gat-to). In italiano inoltre le vocali della sillaba che reca l'accento (v. sotto) sono sempre lunghe se la sillaba è aperta (['ma:no], ma-no, contro ['mando], man-do). Con terminologia più tecnica, in una sillaba la parte che eventualmente precede la vocale è detta 'attacco' (o 'inizio', onset), la vocale stessa è il nucleo e la parte che eventualmente segue la vocale è la 'coda' (in CVC, per esempio, la prima C è attacco o inizio, V è nucleo e la seconda C è coda). In recenti teorie fonologiche basate sulla sillaba, nucleo e coda assieme costituiscono quella che viene definita 'rima'. Sillabe con coda (che cioè finiscono con una consonante o una semivocale) si chiamano 'chiuse' (o 'implicate'), sillabe senza coda si chiamano 'aperte' (o 'libere'). Correnti di analisi fonologica recentemente sviluppate (come la fonologia prosodica, la fonologia metrica, la fonologia 'autosegmentale') dànno molta importanza alla sillaba come unità fondamentale al cui livello trattare i fenomeni fonologici e sulla cui base descrivere il ritmo dell'enunciato. Le strutture sillabiche canoniche in italiano Costituenti della sillaba 75 76 Il dittongo Il trittongo I tratti soprasegmentali o prosodici La linguistica Una combinazione interessante di fonemi, che può sia fungere da sillaba a sé stante, sia far parte di una sillaba più ampia, è il 'dittongo' . Un dittongo è la combinazione di una semivocale (o approssimante) e una vocale; la vocale costituisce sempre, ovviamente, l'apice sillabico. Se la sequenza è V+ semiV, avremo un dittongo discendente (come in ['awto] =[aw]+[to]), se la sequenza è invece semiV+ V avremo un dittongo ascendente (come in ['pjc:no] = [pjc]+[no]). Si possono anche dare combinazioni di due semivocali e una vocale: si avrà allora un 'trittongo', come per esempio in [a'jw::,:la] =[a]+[jw::,]+[la] (analizzabile peraltro anche come [aj]+[w::,]+[la], con due dittonghi), [mjcj]. Sulla base del carattere ascendente oppure discendente del dittongo, possiamo anche differenziare fra semivocali e semiconsonanti: nel dittongo ascendente c'è un restringimento relativamente maggiore del canale, e quindi abbiamo approssimanti un po' più tendenti alle consonanti fricative, cioè propriamente 'semiconsonanti'; nel dittongo discendente invece le approssimanti sono più vicine alle vocali, cioè propriamente 'semivocali' (/j/ sarà dunque, con terminologia più precisa, una semiconsonante in /'pja:no/ piano e una semivocale in /'dzajno/ zaino; è anche possibile differenziarle nella trascrizione, impiegando per le semivocali i grafemi [i] e [!J]). Si noti che nella linguistica inglese è consuetudine - probabilmente anche per influsso della grafia- trattare i dittonghi discendenti come un'unica entità fonica, un sorta di vocale composta costituita da due diverse fasi vocaliche, e trascrivere conseguentemente, per esempio, baby "bambino" come ['be1b1], bisil- labico. 2.3 Fatti prosodici (o soprasegmentali) Vi è una serie di fenomeni fonetici e fonologici rilevanti che riguardano non i singoli segmenti, bensì la catena parlata nella sua successione lineare, i rapporti tra foni che si susseguono, ed hanno dunque la sillaba e la successione di sillabe come contesto basilare di azione. All'insieme di tali fenomeni si dà il nome di fatti, o tratti, 'soprasegmentali' - perché agiscono al di sopra del singolo segmento minimo, riguardando le relazioni fra foni sull'asse sintagmatico - o 'prosodici' (dal greco pr6s + odé "verso il canto") - perché concernono nel complesso l'aspetto melodico della catena parlata e ne determinano l'andamento ritmico. I fondamentali tra di essi sono l'accento, il tono e l'intonazione, e la lunghezza o durata relativa. Non tratteremo qui altre caratteristiche soprasegmentali che pure contribuiscono in maniera importante all'andamento della catena fonica, quali il ritmo (e le pause) e il tempo (o velocità dell'elocuzione). Si tenga comunque presente che nella lingua par- Fonetica e fonologia lata quotidiana non formale la velocità più alta dell'eloquio e la bassa attenzione posta al pronunciare le parole fanno sì che la catena fonica risulti spesso 'ipoarticolata' (con fusione e riduzione delle sillabe e con mancata realizzazione di tratti articolatori dei fonemi) rispetto alla forma standard. 2.3.1 Accento L' 'accento' è la particolare forza o intensità di pronuncia di una sillaba (e in primo luogo quindi della vocale che fa da apice sillabico) relativamente ad altre sillabe, che fa sì che tendenzialmente in ogni parola una sillaba (detta sillaba tonica) presenti una prominenza fonica rispetto alle altre (dette sillabe atone). Non in tutte le lingue tale prominenza ha lo stesso rilievo o è ottenuta nello stesso modo, anche se in genere è dovuta a un aumento della pressione dell'aria nel canale orale. In italiano l'accento è fondamentalmente dinamico o intensivo, dipendente dalla forza con cui sono pronunciate le sillabe: la sillaba tonica è tale grazie soprattutto a un aumento del volume della voce (concomitante con una durata relativamente maggiore); in altre lingue l'accento è piuttosto musicale, connesso all'altezza della sillaba; in altre ancora è connesso soprattutto con la durata della vocale (l'accento sta sulla sillaba mantenuta più a lungo). L'accento come fondamentale tratto prosodico non va confuso con l'accento grafico, un simbolo diacritico che in italiano è impiegato per indicare nella grafia la posizione dell'accento fonico nelle parole ossitone (nelle quali l'ortografia italiana prevede che l'accento sia sempre obbligatoriamente segnato: città, così), e anche per altri scopi, quali indicare la differenza fra monosillabi omofoni (da preposizione vs. dà 3a pers. del presente del verbo dare), o la differenza di timbro delle vocali intermedie, con le quali l'accento grave può essere impiegato per indicare la vocale aperta o medio-bassa, e quello acuto per indicare lavocale chiusa o medio-alta: è [e] vs. é [e] (caffè [kaf'fr], ma perché [per'ke]), ò [:,] vs. 6 [o], eccetera. L'accento grafico circonflesso è a volte ancora usato nell'ortografia per indicare la vocale i risultante da una fusione di due suoni: principi, plur. di principio. Si noti comunque in generale che nella grafia convenzionale dell'italiano l'accento grafico si segna di norma soltanto sulle parole plurisillabiche tronche e su alcuni monosillabi, mentre le parole piane, sdrucciole, ecc. di solito non recano accento grafico. La posizione dell'accento, cioè la posizione della sillaba, all'interno di una parola (o di strutture più ampie che costituiscano un unico gruppo tonale), su cui cade l'accento, può essere libera o fissa. In certe lingue, è tendenzialmente o rigorosamente fissa, come in francese, dove l'accento cade sempre sull'ultima sillaba o sillaba finale del gruppo L'accento L'accento grafico La posizione dell'accento 77 78 Il valore fonematico dell'accento Classificazione delle parole in base all'accento La linguistica ([kama'Rad] camarade "compagno", [yn bd a'mi] une belle arnie "una bell'amica") o in turco, dove cade quasi sempre sull'ultima; o in ungherese, finlandese o svedese, dove cade sempre sulla prima sillaba (sillaba iniziale); o in polacco, swahili o quechua, dove cade sempre sulla penultima sillaba. In altre lingue, la posizione è invece libera, e l'accento può cadere su una qualunque delle sillabe della parola, o comunque in posizioni sillabiche diverse. In questo caso, la posizione dell'accento può avere valore pertinente e opporre distinguendole due o più parole tra loro segmentalmente del tutto uguali: si parla allora, un po' impropriamente (dato che non c'è un'effettiva entità fonica segmentale), di 'valore fonematico' dell'accento, intendendo appunto che l'accento in base alla posizione della sillaba su cui cade ha valore distintivo oppositivo. In certe lingue l'assegnazione dell'accento non è correlata alla posizione sillabica, ma avviene con altri criteri, non necessariamente fonologici: in tedesco per es. l'accento tende a stare sulla radice lessicale (cfr. avanti§ 3.2.1). In italiano l'accento è tipicamente libero, e può trovarsi sull'ultima sillaba di una parola ([kwali'ta]; la parola allora si dice 'tronca'; più tecnicamente, 'ossitona'), sulla penultima ([pja'tJe:re]; la parola allora si dice 'piana', o più tecnicamente 'parossitona'; è la posizione più frequente in italiano), sulla terzultima (['ka:mera]; la parola si dice allora 'sdrucciola', o più tecnicamente 'proparossitona'), e, più raramente, sulla quartultima (['ka:pitano], 3a pers. plurale del presente del verbo capitare; parola bisdrucciola) o addirittura sulla quintultima (questo si ha però soltanto in parole composte con pronomi clitici: es., ['fabbrikamelo] "fabbrica questo per me", trisdrucciola). Si chiamano 'clitici' quegli elementi (particelle, parole monosillabiche) che nella catena fonica non possono rappresentare la sillaba prominente e recare quindi accento proprio, e devono dunque 'appoggiarsi' su un'altra parola; in italiano, sono per esempio clitici gli articoli e i pronomi personali àtoni, come me e lo nell'esempio sopra. Nelle parole con quattro o più sillabe di solito oltre all'accento principale vi sono anche uno o più accenti secondari, cioè emergenze relative di altre sillabe che fanno da contrappeso alla sillaba tonica: in.fabbricamelo c'è per esempio un accento secondario su [lo], ultima sillaba. Conseguentemente, in italiano l'accento interviene a differenziare pertinentemente parole diverse a seconda della sua posizione: es., ['ka:pitano], 3a pers. plur. di capitare vs. [kapi'ta:no], nome, vs. [kapita'no], 3apers. sing. del passato remoto del verbo capitanare (anche se in capitanò più correttamente la vocale finale dovrebbe essere [::,] e non [o]); o ['su:bito], avverbio, vs. [su'bi:to], participio passato del verbo subire. Anche in inglese la diversa posizione dell'accento può dar luogo a opposizioni fra parole per il resto fonicamente identiche dal Fonetica e fonologia punto di vista segmentale: invite ossitono è "invitare", verbo ([in'vait]), parossitono è "invito", sostantivo ('inva1t]), e così import può essere verbo, "importare" ([1m1 p;):t]), oppure sostantivo, "importazione" (['1mp;):t]). 2.3.2 Tono e intonazione I fenomeni di tonalità e intonazione riguardano l'altezza musicale (ingl. pitch) con cui le sillabe sono pronunciate e la curva melodica a cui la loro successione dà luogo. 'Tono'è precisamente l'altezza relativa di pronuncia di una sillaba, dipendente fondamentalmente dalla tensione delle corde vocali e della laringe, e quindi dalla velocità e frequenza (numero in un'unità di tempo) delle vibrazioni delle corde vocali; queste determinano la 'frequenza fondamentale', che è il principale parametro dei fenomeni di tonalità (aumento di frequenza vuol dire tono alto, diminuzione tono basso; innalzamento relativo della frequenza vuol dire tono ascendente, abbassamento tono discendente). In molte lingue, dette appunto 'lingue tonali' o 'lingue a toni', il tono può avere valore distintivo pertinente a livello di parola, cioè può distinguere da solo parole diverse per il resto foneticamente del tutto eguali. Si parla in tal caso anche di 'tonemi'. Sono per esempio lingue tonali, in maniere diverse, il serbo-croato, lo svedese, il cinese, il vietnamita, il thailandese, molte lingue africane (per esempio, lo yoniba), eccetera. Un esempio. In cinese mandarino (o putonghuà "lingua comune", la varietà standard basata sul pechinese), [ma] con tono alto costante è la parola per "mamma", [ma] con tono alto ascendente vale "lino, canapa", [ma] con tono basso discendente-ascendente vale "cavallo", e [ma] con tono alto discendente è "ingiuriare, bestemmiare"; e c'è poi anche un ma con intonazione neutra che funge da particella interrogativa posposta alla frase. Si noti che in cinese una gran parte delle parole sono monosillabiche e monomorfematiche (si veda oltre, § 6.2.1), e quindi le distinzioni di tono hanno un'importanza fondamentale. Casi marginali di opposizione di tono si trovano, come accennato, anche in lingue più vicine a noi: per es. svedese anden "l'anatra" vs.ànden "lo spirito", serbo-croato gréid "città" vs. gràd "grandine". In serbo-croato (ora, serbo e croato), la questione delle opposizioni di tono è complicata dal fatto che è concomitante con questioni di lunghezza vocalica. Si noti che gli accenti grafici (e altri segni diacritici analoghi) possono essere usati, come in questi esempi, anche per indicare il tono (accento acuto varrà 'tono ascendente', accento grave 'tono discendente', e simili). Possiamo quindi rappresentare (in maniera peraltro semplificata) i cinque diversi ma in putonghuà esemplificati sopra rispettivamente come: md, ma, ma, mà e ma. L"intonazione' è invece l'andamento melodico con cui è pronun- Definizione di tono 79 Le lingue tonali Esempi di distinzione tonale L'intonazione 80 Intonazioni fondamentali La linguistica ciata una frase o un intero gruppo tonale o gruppo ritmico (cioè la parte di una sequenza o catena parlata pronunciata con una sola emissione di voce). L'intonazione è in sostanza una sequenza di toni che conferisce all'emissione fonica nel suo complesso una certa curva melodica: sarà per es. ascendente un'intonazione in cui l'ultima o (una fra) le ultime sillabe dell'enunciato sono di tono più alto. In gran parte delle lingue l'intonazione di frase distingue il valore pragmatico (si veda§ 5.6) di un enunciato, o vi è comunque associata: permette cioè di capire se si tratta di un'affermazione, un'esclamazione, un ordine, una domanda, un'ammissione, eccetera. In italiano, per esempio, il contorno intonativa degli enunciati è in molti casi l'elemento principale a fornire l'informazione cruciale che distingue il valore interrogativo di un enunciato, associato a una intonazione ascendente: ['vjc:ne] pronunciato con curva intonativa ascendente è una domanda (= viene?); pronunciato con contorno intonativo costante, senza grandi modificazioni dell'altezza (in particolare, della frequenza fondamentale, ha un valore definibile come 'sospensivo' e caratterizza le affermazioni 'neutre', è tipico cioè degli enunciati dichiarativi(= viene); pronunciato con intonazione discendente ha valore grosso modo esclamativo e caratterizza le affermazioni decise(= viene!). Nell'ortografia, una parte della punteggiatura (come si vede dagli esempi: punto interrogativo, punto esclamativo, puntini) ha giustappunto la funzione di rendere, approssimativamente, i principali tipi intonativi (così come altre parti della punteggiatura, come il punto fermo, servono a segnalare, oltre a partizioni del testo, anche l'andamento ritmico della catena parlata). Con (rozza) indicazione della curva intonativa, potremmo rappresentare così tre diversi valori assegnati dall'intonazione all'enunciato Gianni viene: Gianni viene? Gianni viene... Gianni viene! Si badi che questa è in ogni caso una rappresentazione molto edulcorata e semplificata dei fenomeni: nella realtà esistono parecchie curve intonative diverse, con altri andamenti, derivanti anche dalla cambi- Fonetica e fonologia nazione delle tre intonazioni principali che qui abbiamo esemplificato, e dalla loro interazione con altri tratti soprasegmentali. 2.3.3 Lunghezza La 'lunghezza' (o 'durata' o 'quantità') riguarda l'estensione temporale relativa con cui i foni e le sillabe sono prodotti. Fondamentalmente, infatti, ogni fono può essere breve o lungo, cioè durare nella realizzazione per un tempo più o meno rapido. L'articolazione delle vocali e delle consonanti fricative, ad es., per la loro natura fonica può essere tenuta per un tempo teoricamente indeterminato, mentre l'articolazione delle consonanti occlusive (o comunque con una componente di occlusione) non può essere tenuta più che momentaneamente. Brevità o lunghezza sono peraltro nozioni relative, definite in termini del confronto fra segmenti nella catena parlata: sarebbe più appropriato infatti parlare di foni più e meno lunghi, invece che lunghi e brevi in assoluto. La quantità delle vocali o delle consonanti può avere valore distintivo. In italiano, la quantità, o durata o lunghezza, delle consonanti non ha funzione distintiva, a meno che non supponiamo che le consonanti che possono essere sia semplici che doppie realizzino appunto un'opposizione di durata. È infatti possibile analizzare ogni consonante doppia che abbia una corrispondente semplice o come la ripetizione in contiguità dello stesso fonema, o invece come fonema a sé, opposto alla corrispondente scempia (soluzione da molti autori preferita). In tal caso, le consonanti doppie sono considerate lunghe, e quelle semplici brevi (o meglio non lunghe). In questa prospettiva l'opposizione lunga~ breve interverrebbe a costituire coppie minime (cfr. § 2.2.3); quindi ['ka:ne] cane~ ('kaone] canne sarebbe una coppia minima, /'kane ~ 'kan:e/, che identifica due fonemi distinti, una nasale dentale breve, /n/, e una nasale dentale lunga, /n:/). In IPA, come abbiamo visto, la lunghezza viene notata con due punti posti dopo il simbolo del fono. Per le consonanti, può però anche essere adottata la ripetizione dello stesso simbolo: la scelta dipende quindi ovviamente dall'interpretazione che si dà della questione delle consonanti doppie, corrispondendo le due alternative a due diverse analisi fonologiche. Si ricordi che per le consonanti affricate la lunghezza in IPA si segnala, in relazione alle due diverse analisi fornibili, o ripetendo il primo simbolo del digramma che le rappresenta, o coi due punti dopo di esso: per es., pazzo sarà ['pattso] oppure ['pat:so]. Nella divisione in sillabe, se adottiamo la rappresentazione delle consonanti doppie con la ripetizione dello stesso grafema, il primo di essi sarà assegnato alla sillaba che precede, il secondo alla sillaba che segue: mat-to-ne [mat'to:ne]. Per le vocali, la durata in italiano non è pertinente. Una parola pronunciata con una vocale decisamente lunga individua un'accentuazione La lunghezza dei foni La lunghezza consonantica in italiano La lunghezza vocalica in italiano 81 82 La linguistica enfatica della stessa parola, e non un'altra parola: una ['ma::no], con [a] realizzata molto lunga, per esempio, non è qualcosa di diverso da una ['mano], ma è la stessa parola detta con enfasi e sottolineatura espressiva. In genere, la vocale suscettibile di tale allungamento enfatico è soprattutto la vocale della sillaba tonica; che a parità di altre condizioni è sempre già un po' più lunga delle vocali delle sillabe atone. A rigore, infatti, in italiano le vocali toniche in sillaba libera (cfr. § 2.2.4) sono sempre tendenzialmente lunghe; per cui una trascrizione fonetica stretta dovrebbe per esempio notare sempre ['ma:no]. Nella trascrizione fonematica invece non si segnalerà quindi mai la lunghezza vocalica, essendo l'allungamento della vocale in.italiano o un mero espediente espressivo o un tratto automaticamente determinato dal contesto fonetico, in entrambi i casi quindi privo di valore distintivo: ['ma:no] corrisponde fonologicamente a /'mano/. Nel parlato spontaneo italiano, le vocali brevi hanno una durata fra i 40 e gli 80 millisecondi, e le vocali lunghe fra 80 e 150 millisecondi. In molte lingue la durata vocalica funziona invece da tratto pertinente, mentre normalmente non ha rilevanza la lunghezza consonantica (fra le lingue più note, solo in italiano e in arabo esistono serie consonantiche analizzabili in base alla rilevanza della lunghezza). Così la lunghezza vocalica è per es. distintiva in latino classico: malum con la a breve è "male, malanno", mentre malum con la a lunga è "mela"; o in tedesco, dove [Jta:t] Staat è "stato" e [Jtat] Stadt è "città" (cfr. § 1.3.2). In alcune lingue, sono pertinenti sia la lunghezza vocalica che quella consonantica: per es., in finlandese (o finnico; suomi nella lingua stessa) kuka "chi" ~ kukka "fiore"; sata "cento" ~ saata "accompagna" ~ sataa "piove". Fonetica e fonologia 83 ESERCIZI (Awertenza: le consonanti lunghe, doppie ne/l'ortografia, sono qui sempre trascritte secondo una delle analisi alternative possibili: ad es., [s:], e non [ss]) A. Trascrizione fonetica D Trascrivere in IPA: sgoccio/ìo, sciogliere, sbracciarsi, fraseggio, Giuliana, impiastricciato, schiaccianoci, sbilanciato, candeggina, chiediamocelo, congiunzioni, germogliante, ingegneri, cinque- centotrenta. fJ Trascrivere in IPA: ciao, svitiamo, preannunciai, ignavia, indigeribile, guarnizione, giallognolo, leggiucchiavano, scenario, /uccichìo, ciliegia, giungere, stanchezza, ghisa, civetteria, anfratto, spol- veramelo. IJ Trascrivere in IPA: scioglilingua, guadagnare, brogliaccio, ignominioso, qualunque, quaglia, Ignazio, tiroideo, scegliemmo, lusinghieri, aggiudicazione, sciocchezza, conciliazione, quercia, giovani. IJ Trascrivere in IPA: risciacquai, specializzazione, inginocchiatoio, giochi, leggiamo/o, scucchiaiare, quantificò, conguaglio, zia, allergia, chiosa, sbrigliare, giornalai, scia, vaghezza, sbucciatura, brusio, uova. mTrascrivere in IPA: dieci magliette gialle su quei pagliericci bianchi; giudizio a briglia sciolta sulle acciaierie marchigiane; qualche sciocca chiamata a singhiozzo; un castagnaccio bruciacchiato e due cicche giù in legnaia. Il Trascrivere in IPA: arcigni macchiettisti chiedono aiuto a giocolieri spilungoni; cinquantasei cinghie sul bagnasciuga di una spiaggia con fanghiglia; sono sufficientemente equipaggiato con cesoie taglienti da giardinaggio. U Scrivere in ortografia normale le seguenti parole italiane trascritte in IPA: [aJ:en'sjo:ne], ['peJ1:o], [kil)ka,{:e'ri:a], ['giJ1:o], [ifl)fil)'gardo], [aJ:u't:et:sa], [Ja'k:wi:o]. Le parole sono trascritte secondo la pronuncia italiana standard? Da che cosa si deduce? BJ Scrivere in ortografia normale le seguenti parole italiane trascritte in IPA: [kontfe't:wa:le], ['gil)geri], [zbatfu'k:ja:re], [d3a'k:e], [tfive't:wo:la], [kon'd3und3ere], [zberlut:fi'ki:o], [ril)'gjc:re], [ven'ta,{:o], ['fo,{:ersi], [ind3inok:ja'to:jo], [kwadri'n:,:mjo], [sa'ljrntsa], [lu'tfiJ1:olo]. Il Scrivere in ortografia normale le seguenti combinazioni di parole italiane trascritte in IPA: [kan't:, 'b:rne], [:, 'v:isto], [ke 'f:aj], [a 'k:a:sa], [se 'v:w:,j]. La trascrizione riflette la pronuncia italiana standard? Da che cosa si deduce? eD) Scrivere in ortografia normale le seguenti parole inglesi trascritte in IPA: ['mAÒ;J], ['d3Ad3m;int], ['0i;iri], ['b:n;i], [d3u:s], ['ta:91t], ['fju3n], ['w:,:t;ipru:f], ['strAktf;i], ['fa1;im;in], [':,:g;in], [wa1t], ['d3:igil)], [krref], [sa1'bl;id3i], ['nref;in]. El) Scrivere in ortografia normale le seguenti parole francesi trascritte in IPA: [ny'as], [paRs'b], [trakil'ma], [mcRvc'j0], [épo'ze], [ma'3e], [katR;i'vé], [dc'sadR], [l5'ta], [kwa], [fabR], [3wédR], [vwaja'3e]. €I Scrivere in ortografia normale le seguenti parole spagnole trascritte in IPA: [na'0iòo], [i'1(wal], ['kin0e], [a{3an'0ar], [na'ral)xa], [de'xar], ['xenjo], ['naòa], ['keso], [bi'{3ir], ['xwi0jo], [mu'tfatfo]. 84 La linguistica B. Proprietà articolatorie El Scrivere in ortografia normale (non in IPA) una parola formata, nell'ordine, da una vocale posteriore alta, una nasale velare, un'occlusiva velare sonora, una semivocale anteriore e una vocale anteriore medioalta. EIJ Scrivere in ortografia normale (non in IPA) una parola di cinque lettere formata da una fricativa labiodentale sorda, una semivocale anteriore, una vocale posteriore alta, una nasale bilabiale e una vocale anteriore medioalta. E! Scrivere in ortografia normale (non in IPA) cinque parole che contengano una fricativa dentale sonora, cinque che contengano una fricativa palatale sorda, cinque che contengano una nasale ve- lare. &Il Quali sono i tre parametri articolatori fondamentali per la classificazione e l'identificazione dei suoni consonantici? EB Completare le seguenti affermazioni con i termini appropriati: (i) Le consonanti . ................. sono quelle articolate nel luogo più avanzato dell'apparato fonatorio. (ii) Le . .. sono caratterizzate dal fatto che non vi è frapposizione di un ostacolo al passaggio dell'aria. (iii) L'articolazione di una consonante affricata inizia come una me una ..... e termina co(iv) Il modo di articolazione la lingua. ..... è caratterizzato dal passaggio dell'aria ai lati del(v) Le consonanti . ................. sono prodotte fra le labbra e i denti anteriori. Bi) Trovare gli errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sottolineando le formulazioni sbagliate e sostituendole con quelle ritenute esatte. Si tenga conto che una o più affermazioni potrebbero non contenere errori. (i) Le consonanti vibranti non possono avere articolazione bilabiale e sono sempre sorde. (ii) Le vocali anteriori sono sempre arrotondate. (iii) Non possono esistere consonanti labiodentali palatali. (iv) La vocale [i] è articolata con la lingua vicina al velo. (v) Le vocali posteriori tendono a non essere arrotondate. e!) Quale termine è fuori posto in ciascuna delle seguenti quaterne, e perché? (i) alta, bassa, arrotondata, bilabiale (ii) [f]; [p]; [k]; [t] (iii) [b]; [d]; [dz]; [g] (iv) labiodentale, vibrante, bilabiale, velare (v) [f]. [v], [t], [z] (vi) palatale, medio-alta, velare, laterale. fl Completare le seguenti affermazioni con i termini appropriati: (i) Nella frase è con molto piacere che ti saluto, ci sono [numero] ..... vocali centrali e [numero] . ........... consonanti occlusive velari. (ii) Nella frase senza il tuo permesso non vengo vestita di bianco, ci sono [numero] ...... consonanti nasali dentali e [numero] ........ vocali anteriori alte. (iii) Le consonanti dentali o alveolari dell'italiano sono: [d], [s]. [dz], (iv) I foni [ts] e [r] hanno in comune la proprietà articolatoria .... (v) I fonemi [n], [m]. [v], [z], [r], [l] hanno in comune la proprietà articolatoria .................................... Fonetica e fonologia 85 @D Associare simboli IPA a descrizioni articolatorie dei foni nelle due liste seguenti. Tenere conto che non tutti i simboli sono associabili a una delle definizioni articolatorie date, e viceversa. (1) 0 (2) j (3) IJ (4) u (5) ,{ (6) q (7) b (8) d3 (a) nasale palatale (b) laterale alveolare (c) semivocale posteriore (d) fricativa velare sonora (e) affricata palatale sonora (f) nasale velare (g) occlusiva velare sorda (h) vocale posteriore alta. Identificare per ciascuna delle seguenti serie di parole quale proprietà articolatoria hanno in comune i suoni iniziali di ogni parola. (i) naso, ventaglio, svagato, limbo (ii) canederli, gheriglio, quelli, binarietà (iii) uomo, hotel, ugola, oibò (iv) tuonava, carnificazione, pino, scendiletto (v) scellerato, favorire, sgusciare, sale (vi) cinema, già, glielo, gnu (vii)glicine, dadaismo, maneggione, no. Qual è il fono identificato dalla posizione degli organi articolatori indicati nella figura seguente? Rappresentarlo in IPA e definirlo nei termini delle proprietà articolatorie che lo costituiscono. È un fono sordo o sonoro? Qual è il fono italiano identificato dalla posizione degli organi articolatori indicati nella figura seguente? Rappresentarlo in IPA e definirlo nei termini delle proprietà articolatorie che lo costituiscono. È un fono sordo o sonoro? C. Fonologia Quali delle seguenti coppie di parole sono coppie minime? (a) foglio, meglio; (b) posta, pasto; (c) di, sci; (d) gnocco, Rocco; (e) spia, svia; (f) piglia, pigna; (g) quarta, carta. Le coppie minime individuate quali fonemi permettono di identificare? Quali delle seguenti coppie di parole sono coppie minime? (a) gioco, poco; (b) gatto, getto; (c) cigno, ghigno; (d) sciolgo, colgo; (e) resto, presto; (f) sfatto, sbatto; (g) piano, mano. Le coppie minime individuate quali fonemi permettono di identificare? Trovare una coppia minima che individui l'oppòsizione fra occlusiva velare sorda e affricata palatale sorda, una che individui l'opposizione fra vocale centrale bassa e vocale anteriore medioalta, una che individui l'opposizione fra nasale palatale e occlusiva bilabiale sorda. Trovare una coppia minima che individui l'opposizione fra consonante vibrante dentale e semivocale anteriore, una che individui l'opposizione fra nasale bilabiale e occlusiva dentale sorda, una che individui l'opposizione fra vocale posteriore alta e vocale posteriore medioalta. 86 La linguistica ti) Le seguenti coppie minime si oppongono tutte per lo stesso tratto distintivo. Quale? para ~ bara; quanto ~ quando; faro ~ varo; cesto ~ gesto. ii) L'opposizione sordità/ sonorità ha basso o alto rendimento funzionale in italiano? Perché? i) Formare con la parola ottenuta nell'esercizio 14 una coppia minima che identifichi il fonema 'occlusiva bilabiale sorda'. @I Trovare gli errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sottolineando le formulazioni sbagliate e sostituendole con quelle ritenute esatte. Si tenga conto che una o più affermazioni potrebbero non contenere errori. (i) In italiano standard, i fonemi / tz/, / dz/, / J/, /JII e /z/ sono sempre lunghi in posizione in- tervocalica. (ii) La nasale velare è un fonema dell'italiano. (iii) In italiano, ogni consonante doppia che ha una corrispondente semplice può essere considerata o come la ripetizione di uno stesso fonema o come un fonema a sé (opposto alla corrispondente semplice). (iv) Una trascrizione fonematica non è mai una trascrizione 'larga'. (v) In termini di tratti distintivi, cara e gara si opporrebbero tra di loro sulla base del tratto [±sono- ro]. ii) La frase seguente contiene in sole 63 lettere tutti e 30 i fonemi dell'italiano (alcuni presenti più volte): qui nella zona c'è una fonte piena di pesci svegli e di gnomi saggi di razza gobba. Individuare ciascun fonema alla sua prima occorrenza nella frase. @Il Che cosa hanno di particolare parole come addio, pressappoco, cosiddetto, chicchessia, dapprima, ebbene, frapporre, nemmeno? Quale fenomeno esemplificano? ii) Trovare gli errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sottolineando le formulazioni sbagliate e sostituendole con quelle ritenute esatte. Si tenga conto che una o più affermazioni potrebbero non contenere errori. (i) La trascrizione fonetica e quella fonematica della parola informatica sono identiche. (ii) Foni e fonemi sono classi astratte di suoni. (iii) Le parole velo e vello costituiscono una coppia minima se consideriamo vello come formata da quattro fonemi. (iv) Le lingue con inventario fonematico più ridotto hanno meno di cinque fonemi. (v) La fricativa palatale sorda non ha un corrispondente sonoro tra i fonemi dell'italiano standard. @il Cercare di formulare attraverso una regola, e utilizzando i tratti distintivi, il fenomeno fonologico illustrato dai seguenti esempi: dico -- dici, dice, diciamo; vinco -- vinci, vince, vinciamo, vincete; piango -- piangi, piange, piangiamo, piangete. ifj Cercare di formulare attraverso una regola, e utilizzando i tratti distintivi, il fenomeno fonologico illustrato dai seguenti esempi: scossa ['sbs:a]; sguarnito [zgwar'ni:to]; spina ['spi:na]; sbadiglio [zba'di,{:o]. @Ii) Siano date le seguenti parole in una certa lingua X: [tJed] "barbarie", [ned3] "rabbonire", [tJejd] "tacchino", [ne3] "facocero", [ped3] "labbro", [tJid] "macchiato". Quanti e quali fonemi della lingua X si possono identificare? In questi esempi, l'arrotondamento (ossia [±arrotondato]) è un tratto pertinente, con valore distintivo? @il Sia data la seguente lista di parole di una lingua Y: [d3ad] "albero"; ['d3irul] "sciocco" ; [d30d] "tamburo"; [dad3] "sole"; [d3uk] "cipria"; [d3i'rul] "zanzara"; [lur'd3i] "mettere"; [d3od] "pasticcio di melanzane"; [k01d3i] "gettare"; [d3u'kil] "scopa"; [b'd3i] "stringere"; [tJuk] "lampone"; [vlad] "scuro". Quali fonemi della lingua Y permette di individuare questa lista? Fra i fonemi individuati c'è la laterale dentale? C'è una vocale anteriore arrotondata? Se sì, quale? C'è un'affricata dentale? Se sì, quale? Fonetica e fonologia 87 D. Sillabe e prosodia li) Sia data la seguente lista di parole: (i) strano, (ii) zanzara, (iii) spalmali, (iv) dittongo, (v) maestro, (vi) pieno, (vii) agnello, (viii) recipiente, (ix) rincaro, (x) mettitela, (xi) velarizzata. Riconoscere per ciascuna parola quali sillabe sono aperte e quali chiuse. Scrivere una parola italiana che contenga la struttura sillabica CCCV, una che contenga la struttura CVC, una che contenga la struttura CCV, una che contenga la struttura CCVC. Data la lista di parole della lingua Y dell'esercizio 39, che cosa si può dire sull'accento in quella lin- gua? Individuare la sillaba tonica di ciascuna parola dell'esercizio 40. Quali di quelle parole sono parossitone? Quali proparossitone? Come si definisce ciascuna delle parole seguenti quanto alla posizione dell'accento? (i) accorgetevene, (ii) impostazione, (iii) radiocomando, (iv) lasciarglieli, (v) monocellulare, (vi) spegnetelo, (vii) delegittimante, (viii) incostituzionale, (ix) parlategliene, (x) lucido, (xi) amichevole, (xii) appendicelo, (xiii) andatevene, (xiv) caduco, (xv) indicamelo, (xvi) pavido, (xvii) acrobata, (xviii) saltò. Individuare i pronomi clitici che compaiono nelle parole degli esercizi 40 e 44. Completare le seguenti affermazioni con i termini appropriati: (i) In certe lingue, possono fungere da apice di sillaba anche certe consonanti , come (ii) In italiano una curva intonativa ascendente ha valore . (iii) Sillabe senza .......................................... si chiamano aperte (o libere) (iv) La sequenza semivocale + vocale identifica un dittongo .... (v) Nelle lingue tonali il tono ha valore distintivo pertinente: sbagliare un tono equivale a sbagliare un . ................ in una parola di una lingua come l'italiano. mTrovare gli errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sottolineando le formulazioni sbagliate e sostituendole con quelle ritenute esatte. Si tenga conto che una o più affermazioni potrebbero non contenere errori. (i) Nelle lingue a toni non esiste l'accento. (ii) Cardinale e salame sono due parole proparossitone. (iii) La lunghezza consonantica in certe lingue ha valore distintivo. (iv) In italiano le vocali lunghe sono sempre toniche. (v) Un sillaba senza coda è sempre costituita dal solo nucleo vocalico. (vi) Una successione di tono alto e tono basso dà un contorno intonativo costante. Che cos'è la morfologia Morfologia CAPITOLO 3 Obiettivi del capitolo Questo capitolo si occupa del secondo dei livelli o piani di analisi della lingua, mettendo a fuoco le minime unità dotate di significato, i 'morfemi', ed esaminando come questi si individuino, e come si combinino nel dare luogo alle basilari unità comunicative della lingua, le parole. Vengono distinte tre classi diverse di morfemi sulla base del tipo di significato che essi recano e della funzione che hanno nel sistema linguistico; vengon.o riconosciuti tipi di morfemi in base alle posizioni che essi assumono nella parola e alla forma con cui si manifestano; e vengono descritti i modi nei quali i morfemi da un lato contribuiscono alla formazione delle parole, giocando un ruolo importante per la produttività del lessico di una lingua, e dall'altro danno luogo alle diverse forme che ogni parola variabile assume nel discorso, realizzando le categorie della grammatica. Sono anche individuati tipi diversi di parole, a seconda dei procedimenti che intervengono nella loro formazione e della struttura che esse hanno. Il capitolo mira a fornire le nozioni e le categorie necessarie per • rendersi conto della struttura interna della parola e della complessità con la quale i morfemi operano al loro interno. 3.1 Parole e morfemi Dal piano del mero significante, che costituisce il primo livello, dal basso, di analisi della lingua (e cioè la seconda articolazione), ci spostiamo ora al livello superiore, prendendo in considerazione il piano del significante in quanto portatore di significato (prima articolazione). Studieremo le unità minime di prima articolazione e il modo in cui queste si combinano per dare luogo ai segni che fungono da entità autonome della lingua, le parole. Il livello di analisi in causa si chiama morfologia (dal greco morphé "forma" + logia "studio", da l6gos "discorso"); l'ambito d'azione della morfologia è la forma, o meglio la struttura, della parola. Anche se per i parlanti comuni le parole sono le unità basilari costitutive di una lingua (che al profano risulta appunto essenzialmente fatta di parole), definire rigorosamente e in maniera univoca la nozione di parola è purtroppo impresa non semplice: ci accontentiamo qui di adottare una delimitazione approssimativa del concetto di 'paro- Morfologia la', utile per inquadrare i fenomeni di cui possiamo occuparci in questa sede (per approfondimenti, cfr. Box 3.1). Definiremo, dunque, parola la minima combinazione di elementi minori dotati di significato, i morfemi (costituita, quindi, da almeno un morfema), costruita spesso (ma non sempre) attorno a una base lessicale (cioè, a un morfema recante significato referenziale; si veda oltre), che funzioni come entità autonoma della lingua e possa quindi rappresentare isolatamente, da sola, un segno linguistico compiuto, o comparire come unità separabile costitutiva di un messaggio. Fra i criteri che ne permettono una definizione e individuazione più precisa, possiamo menzionare: a. il fatto che all'interno della parola l'ordine dei morfemi che la costituiscono è rigido e fisso, inscindibile - ovvero i morfemi non possono essere invertiti o cambiati di posizione, pena la distruzione della parola stessa: gatto (gatt-o), ma non *ogatt (o-gatt); b. il fatto che i confini di parola sono punti di pausa potenziale nel di- scorso; c. il fatto che la parola è di solito separata/separabile nella scrittura (almeno nella scrittura moderna: fino ancora al Settecento era normale trovare scritture continue, senza spazi di separazione fra parole); d. il fatto che foneticamente la pronuncia di una parola non è interrotta ed è caratterizzata da un unico accento primario (cfr. § 2.3.1). Box 3.1 - Criteri per la definizione di parola Definizione di parola Criteri di definizione della parola I parlanti di una lingua possiedono la nozione di parola in maniera generalmente intuitiva; sono in grado di scomporre un enunciato in parole, elaborare elenchi di parole accomunate da certe caratteristiche, isolare singole parole a partire da un enunciato, eccetera. Cionondimeno, la nozione di parola è invero complessa. Una parola è allo stesso tempo un'unità fonologica, semantica e grammaticale (cioè morfosintattica): rappresenta sempre l'unione di una particolare combinazione di suoni (es. ['a:mo]) con un particolare significato ("provo affetto, amore"), suscettibile di un particolare uso grammaticale (prima persona del presente indicativo di amare). Definire che cosa sia una parola in un modo univoco, che valga per tutte le lingue del mondo, è un'operazione difficile. Definizioni basate su criteri ortografici, per cui è una parola ogni elemento che in un testo scritto compare tra due separatori (spazi, segni interpuntivi, ecc.; cfr. § 3.1, punto c), sono applicabili soltanto a lingue che hanno una fonna scritta, quindi a una minoranza delle lingue storico-naturali esistenti, e oltretutto non valgono per tutti i sistemi di scrittura (cfr. Box 1.1). I soli criteri ortografici, inoltre, non sono sempre sufficienti a decretare se si tratti realmente di più parole oppure di una parola unica; si pensi a casi come pesce spada o camera oscura e a unità lessicali polilessematiche (cfr. § 3.3) come luna di miele o sacco a pelo, che possiedono forti attributi di unità autonome (per cui v. sotto). Sul piano fonologico esistono alcuni criteri che consentono di identificare i confini di una parola nella catena parlata. Uno di questi è dato dalla posizione fissa dell'accento, in lingue che presentano tale caratteristica. Dal momento che una parola ha di nonna un solo accento primario (cfr. § 3.1 punto d), in una lingua con accento fisso sulla sillaba finale, come il francese, la 89 90 La linguistica presenza dell'accento segnalerà la fine di una parola e l'inizio di un'altra; in una lingua con accento fisso sulla sillaba iniziale, come lo svedese, la presenza dell'accento segnalerà l'inizio di una nuova parola e la fine di quella precedente; e così via. Un criterio come questo, oltre che valido soltanto per lingue con accento fisso, non consente tuttavia di distinguere gli elementi che nella catena parlata non presentano un accento proprio, e può quindi indurre a considerare questi come parti di parola, indipendentemente dal loro statuto grammaticale; così, per es., in francese [elep'tit] elle est petite "lei è piccola" (con accento sulla sillaba finale del gruppo,§ 2.3.1) risulterebbe costituire un'unica parola, nonostante che elle e est siano parole a sé stanti. Altri criteri fonologici, che qui non menzioniamo, chiamano in gioco restrizioni fonotattiche (§ 2.2.4) e regole fonologiche (cfr. Box 2.5). Sul piano morfologico, una data combinazione di morfemi è individuata come una parola sulla base del grado di coesione interna. Per valutare la coesione tra morfemi, si mostrano particolarmente determinanti alcuni criteri come: 1) la non interrompibilità della combinazione: una parola non può essere liberamente interrotta da materiale morfologico; 2) la posizione fissa dei singoli morfemi: l'ordine dei morfemi che costituiscono una parola non può essere modificato (cfr. § 3.1 punto a); 3) la mobilità della combinazione: una parola può assumere posizioni diverse all'interno di un enunciato, nei limiti della relativa libertà o rigidità di ordine dei costituenti di una data lingua; 4) l'enunciabilità in isolamento della combinazione: una parola può costituire un enunciato da sola (senza considerare i contesti metalinguistici). A questi si può poi aggiungere il criterio della pausa potenziale (cfr. § 3.1 punto b), e la considerazione che una parola tipica contiene normalmente una sola radice lessicale. Esemplificando: 1) una parola come il romeno fratii ("i fratelli"), formata da/rati- "fratelli" e -i "i" (articolo determinativo masch.), non è interrompibile da materiale morfologico (fratii mei "i miei fratelli"); diverso è il caso del corrispondente italiano ifratelli, sintagma nominale (v. § 4.2), che consente l'inserzione di altri elementi (es. i mieifratelli); 2) l'ordine dei morfemi che compongono una parola, come ad esempio il tedesco Frauen "donne", non è alterabile, pena la decomposizione della parola stessa (*Enfrau); 3) confrontiamo gli enunciati ille non currit, latino, e he does not run, inglese, entrambi col significato di "egli non corre": di -it, nell'enunciato latino, e does, in quello inglese, che veicolano lo stesso significato di "terza persona singolare, presente indicativo", soltanto does può comparire in posizioni diverse (es. prima del pronome in frase interrogativa: does he run? "egli corre?"); il latino -it non è una parola ma un morfema flessionale (v. § 3.2.1); 4) parole come tu, bello o domani possono rappresentare autonomamente un enunciato, ad es. in risposta a domande quali chi porta la torta?, com'è il tempo? o quando parti?, rispettivamente; lo stesso non può dirsi per elementi quali anti-, pseudo, -zion-, -es- ecc. (escludendo ovviamente enunciati metalinguistici, del tipo di -es- è un suffisso che in italiano crea aggettivi etnici). Aggiungiamo che si può sempre avere una pausa, che non sia agrammaticale, prima e/o dopo di parole come fra/ii, Frauen, does, currit, tu, bello, domani e simili; non è invece possibile, ad esempio, trafrati- e -i o tra curr- e -it. Il confronto tra lingue mostra però una così ampia gamma di tipi diversi di parola (cfr. § 6.2.1) da indurre a considerare in termini graduali e non categorici la nozione stessa di parola. Si potranno così riconoscere alcune combinazioni di.morfemi che rispettano tutti i criteri sopra menzionati, e che quindi rappresentano in modo più tipico il concetto di parola, e altre che invece ne rispettano soltanto alcuni; queste potranno ancora definirsi parole ma in modo meno tipico, in particolare tanto meno quanti meno criteri diagnostici saranno presenti. In questo senso, alcune parole saranno da ritenersi 'più' parole di altre. Una parola come dormire sarà molto vicina al concetto più tipico di parola, avendo un accento principale proprio ([dor'rni:re], essendo enunciabile in isolamento (es. che cosa vuoi/are? dormire), mobile (es. voglio dormire; è dormire che voglio) e internamente stabile (*iredorm). Così una parola di una lingua isolante (v. § 6.2.1, per i tipi morfologici di lingue), come il vietnamita nhà "casa", che presenta la sola radice les- Morfologia sicale nuda, sarà tendenzialmente più 'parola' di una parola di una lingua polisintetica, che è formata con più radici lessicali; per es. in nootka, lingua amerindiana polisintetica: inikwihlma "(esso) brucia nella casa" (inik"'- "bruciare", -ihl- "nella casa", -ma "esso"), inik"'ihf?isma "(esso) brucia flebile nella casa" (inikw- "bruciare", -ihl- "nella casa", -1is- "flebile", -ma "esso"). Distante dal concetto più tipico di parola è anche un composto 'lungo' come per es. il tedesco Feldarbeitsforschungsgruppe "gruppo di ricerca sul lavoro sul campo", formato con quattro radici lessicali (Feld "campo", Arbeit "lavoro", Forschung "ricerca" e Gruppe "gruppo"); che può anche presentare un ordine diverso delle radici lessicali: Feldforschungsarbeitsgruppe "gruppo di lavoro sulla ricerca sul campo". Casi analoghi si ritrovano in italiano nei composti coordinativi (v. Box 3.3) con più di due costituenti, come bar-ristorante-pizzeria (anche barpizzeria-ristorante). Si tratta tuttavia di casi eccezionali: i composti dell'italiano, oltre a non essere generalmente interrompibili (es. pesce spada, ma *pesce quasi spada; camera oscura, ma *camera molto oscura), presentano un ordine fisso degli elementi che li costituiscono (*spada pesce; *oscura camera). Sarà ancora meno 'parola' delle precedenti un'unità polilessematica come trovarsi alle prese: oltre a essere interrompibile (es. mi trovo ancora una volta alle prese con lui), ha costituenti interni fortemente mobili (es. alle prese con lui mi trovo). Saranno invece più 'parola' di trovarsi alle prese altre unità polilessematiche, come buttare giù "deprimere", interrompibile (es. la telefonata l'ha buttato proprio giù) ma internamente stabile, o come luna di miele e sacco apelo, non interrompibili (es. *luna di dolce miele, ~sacco molto a pelo) e con costituenti non mobili (*era di miele la luna, *è a pelo il sacco). Sono distanti dal concetto più tipico di parola gli elementi clitici, come l'articolo gli o il pronome lo: se da un lato non sono interrompibili e presentano un ordine fisso dei morfemi, dall'altro non hanno accento proprio né mobilità di posizione (es. *cercavo amici gli, *cerco lo) - o hanno mobilità fortemente limitata (devo cercarlo, lo devo cercare)- e da soli non possono costituire un enunciato (chi cercavi? *gli I *lo). Il concetto di 'parola' come minima associazione di significante e significato autonoma, usabile in isolamento, presenta dunque un carattere nettamente prototipico (cfr. § 5.5). Nel prototipo 'parola' saranno compresi, oltre ai tratti coincidenti con i criteri di definizione e riconoscimento sopra presentati, anche proprietà come l'avere un significato lessicale, referenziale (cfr. § 5.1: le parole piene sono 'più parole' delle parole vuote), o - per lingue come l'italiano - il fatto di essere soggette alla flessione (una parola delle classi suscettibili di recare morfologia flessionale, e in particolare delle categorie lessicali maggiori, verbo, nome, aggettivo, è 'più parola' di una parola invariabile). Se proviamo a scomporre parole, che ovviamente appartengono alla prima articolazione della lingua, in pezzi più piccoli di prima articolazione, cioè tali che vi sia ancora associato un significato proprio isolabile, troviamo allora dei morfemi. Prendiamo per esempio dentale. Possiamo scomporre l'aggettivo dentale in tre pezzi di tal natura, tre morfemi: dent-, col significato "organo della masticazione", -al-, col significato "(aggettivo) relativo a", -e, col significato "singolare (uno solo)". La parola dentale è dunque formata da (e analizzabile in) tre morfemi. Ciascuno dei tre morfemi è suscettibile di entrare come compoLe unità costitutive della parola: i morfemi 91 92 La scomposizione di una parola in morfemi Definizione di morfema Morfema emonema La linguistica nente di altre parole, in cui si ripresenta portando naturalmente lo stesso significato: ritroviamo dent-, per es., in dente, dentario, dentatura, dentista, dentiera, dentifricio, addentare, sdentato, ecc.; -al-, che è un morfema che serve a ricavare aggettivi partendo da nomi, e ricompare per esempio in stradale, mortale,fatale, globale, intenzionale, ecc.; -e, che è un morfema che in italiano esprime il numero, ed eventualmente il genere dei sostantivi e degli aggettivi (si veda oltre), e si ritrova in gentile, abile,feroce, verde, mente, pelle, studente, e via elencando. Occorre badare che la semplice presenza di parti di significante identiche nelle parole non vuol dire che si tratti di un(o stesso) morfema. In studente, per es., non c'è affatto un morfema -dent-: la parola si scompone in stud-ent-e; così come in spalare non c'è affatto un morfema -al-: la parola si scompone in s-pal-are. Il morfema in causa deve ricomparire come isolabile con lo stesso significato, con lo stesso apporto al significato globale della parola che lo contiene; e nei due esempi citati non è possibile attribuire né a -dent- né a -al- alcun significato o valore. Un procedimento pratico per scomporre una parola in morfemi è il seguente. Data la parola (nel nostro caso, dentale), la si confronta via via con parole simili, dalla forma molto vicina, che contengano presumi~ilmente uno per uno i morfemi che vogliamo individuare. Conviene cominciare dunque con la forma più vicina che ci sia, dentali: il confronto ci permette di identificare, per sottrazione della parte uguale, il morfema -e col valore di "singolare" (e allo stesso tempo il morfema -i col valore di "plurale"); confrontando poi dentale con per esempio stradale abbiamo che -al- e dent- sono presumibilmente due altri morfemi; la nostra analisi viene confermata confrontando dentale con dente. Tale procedimento viene tecnicamente chiamato, come abbiamo visto, prova di commutazione (cfr. § 2.2.1). Morfema è dunque l'unità minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante di una lingua portatore di un significato proprio, di un valore e una funzione precisi e individuabili, e riusabile come tale. Possiamo anche dire che il morfema è la minima associazione di un significante e un significato. Il significato di una parola, in linea di principio, è dato dalla somma e combinazione dei significati dei singoli morfemi che la compongono. Un termine sinonimo di morfema a volte usato nella linguistica europea è 'monema'. Gli autori che usano 'monema' come termine generale per le unità minime di prima articolazione distinguono di solito due grandi classi di monemi, che chiamano 'semantemi' quando sono elementi lessicali, e 'morfemi' quando sono elementi grammaticali. Questo uso ingenera equivoci, in quanto possiamo trovare 'morfema' o come termine generale per le unità minime di prima articolazione, così come lo usiamo nella nostra trattazione, o come termine designante una sottoclasse delle unità di prima artico- Morfologia }azione. Un altro sinonimo di 'morfema' a volte usato, e molto generico, è 'formativo'. Analoga, ma non del tutto equivalente, dato che qui interviene anche il significato, alla distinzione che in fonologia si fa tra fonema, fono e allofono, c'è in morfologia la distinzione fra morfema, morfo e allomorfo. Si noti che, dal punto di vista della terminologia, con il suffisso (cfr. § 3.2.2) -ema in linguistica si designano le unità minime fondamentali di un dato livello di analisi viste come unità astratte, di langue (cfr. § 1.4.2), mentre con il suffisso -o si designano le corrispondenti unità concrete, di parole:fonema, morfema, ecc. vs.fono, morfo, eccetera. Il morfema è l'unità pertinente a livello di sistema; il morfo è un morfema inteso come forma, dal punto di vista del significante, prima e indipendentemente dalla sua analisi funzionale e strutturale. A rigore, potremmo (e forse dovremmo) dire per esempio non "il morfema del singolare è -e", ma piuttosto "il morfema del singolare è realizzato dal morfo -e". Si badi in ogni caso che lavorando sui morfemi significante e significato vanno sempre considerati assieme, inscindibilmente. L'allomorfo è la variante formale di un morfema, che realizza lo stesso significato di un altro morfo equifunzionale con cui è in distribuzione complementare; o, in parole più semplici, è ciascuna delle forme diverse in cui si può presentare uno stesso morfema, che sia suscettibile di comparire sotto forme parzialmente diverse. Il criterio in base a cui possiamo dire che si tratti dello stesso morfema (e quindi stabilirne gli allomorfi) è che l'elemento individuato abbia sempre lo stesso significato e si trovi nella medesima posizione nella struttura della parola. Il morfema lessicale col significato "spostarsi avvicinandosi verso un luogo determinato" (il luogo in cui si trova l'ascoltatore, se il verbo è usato alla prima persona; il luogo in cui si trova il parlante, negli altri casi: si tratta di un significato tipicamente deittico: si veda § 4.5.2), quello cioè che troviamo nel verbo venire, appare in italiano nelle cinque forme ven- (in venire, in venuto, in veniamo, in veniva, in venimmo, ecc.), venn- (in venni, vennero, ecc.), veng- (in vengo, vengano, ecc.), vien- (in vieni, viene), ver- (in verrò, verrebbe, ecc.): ciascuna di esse è un allomorfo dello stesso morfema, che (parallelamente a quanto si fa con gli allofoni: si veda § 2.2.1) possiamo designare con la forma più frequente e normale (per i verbi, di solito, la forma dell'infinito), e cioè ven-. Diremo allora che il morfema ven- (di venire) ha quattro allomorfi diversi. Altri esempi: -abil-, -ibil-, -ubil- sono allomorfi di uno stesso morfema, col valore funzionale di formare aggettivi con un significato di potenzialità (mangiabile, leggibile, solubile, ecc.); in inglese, [-s] (di, per esempio, cats "gatti"), [-z] (di, per esempio, dogs "cani") e [-iz] (di, per esempio, horses "cavalli") sono allomorfi del morfema del plurale (prescindendo da altri casi più particolari, come quelli di oxen "buoi", Definizione dimorfo Definizione di allomorfo Esempi di allomorfia 93 94 Le cause dei fenomeni di allomorfia Il fenomeno del suppletivismo La linguistica children "bambini",feet "piedi" - cfr. § 3.2. -, ecc.). L'allomorfia, come si vede, può riguardare sia i morfemi lessicali (v. § 3.2), come sopra nel caso di ven-, sia i morfemi grammaticali, come sopra nei casi di abil- e delle varianti del suffisso del plurale in inglese. Le cause dei fenomeni di allomorfia sono solitamente da cercare nella diacronia(§ 1.4.1), vale a dire da riportare a trasformazioni avvenute nella forma delle parole e dei morfemi, spesso per ragioni fonetiche, lungo l'asse del tempo: gran parte dei fenomeni di allomorfia, di cui l'italiano è una lingua molto ricca, è dovuta ai mutamenti fonetici (cfr. § 7.1.2) e alle diverse trafile con le quali le parole si sono trasmesse dall'origine latina (o altra) all'italiano. Perché si possa parlare di allomorfia occorre comunque che ci sia sempre una certa affinità fonetica tra i diversi morfi che realizzano lo stesso morfema. Tale vicinanza fonica è normalmente dovuta alla stessa origine, da un punto di vista diacronico (come nel caso sopra esemplificato del morfema lessicale ven-); o anche, in sincronia, a modificazioni fonetiche derivanti dall'incontro di determinati foni, o più tecnicamente da 'fenomeni fonosintattici'. In- in inutile e il- in illecito sono allomorfi dello stesso morfema, il prefisso (v. oltre, § 3.2.2) con valore di negazione in-: davanti a una vocale la [n] finale del prefisso rimane invariata, mentre davanti a consonanti laterali, vibranti e nasali la [n] si assimila (cfr. § 7.1.2) alla consonante iniziale della parola a cui il prefisso si applica; in- più lecito dà illecito, e non inlecito (e così irregolare, immobile, impuro, ecc.: tutti con forme allomorfiche dello stesso prefisso). Si dànno anche, sia pure raramente, casi in cui un morfema lessicale in certe parole derivate viene sostituito da un morfema (e quindi rappresentato da un morfo) dalla forma totalmente diversa (e spesso di differente origine etimologica) ma ovviamente con lo stesso significato: per es., nel nome acqua e nell'aggettivo idrico troviamo che il morfema lessicale per "acqua" si manifesta in due forme completamente diverse, acqu- e idr-, l'una proveniente dal latino e l'altra dal greco (hydor "acqua"). Così, cavallo e equino,fegato e epatico ecc.; casi di questo genere si hanno anche nei paradigmi verbali: il verbo andare (and-are) al presente indicativo presenta forme come vado, vai (vad-o, va-i), di diversa provenienza. A tale fenomeno si dà il nome di 'suppletivismo'. Nella stessa categoria di suppletivismo si fanno rientrare anche i casi in cui l'origine della base lessicale è in diacronia la stessa, ma per stratificazione storica si hanno due morfi diversi, l'uno che mantiene intatta la forma originaria e l'altro che ha subito le modificazioni della normale trafila di sviluppo fonetico: il nome di una città del Piemonte per es. è Ivrea, ma il nome dei suoi abitanti è eporediesi, entrambi dal latino Eporedia (stesso caso, per es., in avorio e eburneo, entrambi dal lat. ebiir "avorio"). Morfologia 3.2 Tipi di morfemi I morfemi e la loro combinazione in parole presentano una fenomenologia molto vasta e complicata, che esige di essere trattata ponendo alcune distinzioni essenziali. Esistono due punti di vista principali per individuare differenti tipi di morfemi: la prima e fondamentale è una classificazione funzionale, in base alla funzione svolta, al tipo di valore che i morfemi recano nel contribuire al significato delle parole; la seconda è una classificazione posizionale, basata sulla posizione che i morfemi assumono all'interno della parola e sul modo in cui essi contribuiscono alla sua struttura. 3.2.1 Tipi funzionali di morfemi Dal primo punto di vista, in dentale abbiamo che dent- è un morfema che reca significato referenziale, concettuale, denotativo (si veda§ 5.1), fa cioè riferimento alla realtà esterna rappresentata nella lingua: è un 'morfema lessicale' (anche: 'radice', 'base', volendo 'tema'; ingl. stem). Invece -al- e -e recano un significato o valore interno al sistema e alla struttura della lingua, previsto dalla grammatica (hanno dunque significato funzionale/grammaticale): -al- serve a formare (costruire) parole derivandole da altre parole già esistenti, attaccandosi cioè a un morfema lessicale o base di cui modifica il significato: è un 'morfema derivazionale'; infine, -e serve ad attualizzare una delle varie forme in cui una parola può comparire, recando il significato previsto obbligatoriamente dal sistema grammaticale di una lingua (ha cioè il valore di marcare flessionalmente la parola, indicando che si tratta di una forma al singolare, ma non modifica il significato della base): è un 'morfema flessionale'. Nella classificazione funzionale, dunque, la prima distinzione da fare è tra morfemi 'lessicali' e morfemi 'grammaticali'; i morfemi grammaticali a loro volta si suddividono in morfemi 'derivazionali' (o 'derivativi') e morfemi 'flessionali' (o 'flessivi'). Morfemi M. LESSICALI: M. GRAMMATICALI formano una classe aperta M. DERIVAZIONALI: formano una classe chiusa derivano parole da altre parole M. FLESSIONALI: formano una classe chiusa danno luogo alle diverse forme di una parola 95 Classificazione funzionale e classificazione posizionale dei morfemi La classificazione funzionale Fig. 3.1 <<<<<< 96 Morfemi lessicali e morfemi grammaticali Le parole funzionali Morfemi liberi e morfemi legati La derivazione e la flessione La linguistica I morfemi lessicali stanno nel lessico, nel vocabolario, di una lingua (cfr. 5.2), e costituiscono una classe aperta, continuamente arricchibile di nuovi elementi in maniera non predicibile; mentre i morfemi grammaticali stanno nella grammatica e costituiscono una classe chiusa, non suscettibile di accogliere nuove entità (a meno di fenomeni di mutamento linguistico piuttosto drastici che giungano a toccare l'inventario morfologico), i cui elementi in un dato momento sono tutti predicibili e si possono enumerare ad uno ad uno. La differenza tra i valori dei morfemi lessicali e dei morfemi grammaticali si vede bene, per es., se badiamo che, pur ignorando il significato di un morfema lessicale, sappiamo sempre qual è il contributo di significato che portano i morfemi grammaticali ad esso aggiunti. Poniamo per esempio che esista la parola *breco, parola inesistente in italiano e di cui quindi ovviamente non sappiamo il significato: ma in ogni caso sappiamo che *brechi ne sarebbe il plurale (se è un nome o un aggettivo), che *brechizzare vorrebbe dire "rendere breco", che *brecoso vorrebbe dire "dotato di breco", che *brechità vorrebbe dire "la proprietà di essere breco", ec- cetera. Non sempre tuttavia la distinzione fra morfemi lessicali e morfemi grammaticali è del tutto chiara e applicabile senza problemi: in italiano è questo il caso di molte 'parole funzionali' (o parole vuote), come gli articoli, i pronomi personali, le preposizioni, le congiunzioni, che formano classi grammaticali chiuse ma che difficilmente si possono definire morfemi grammaticali a pieno titolo; alcuni degli elementi di queste classi di parole anzi sono scomponibili in morfemi, come per es. l'articolo: lo (l-o, per commutazione con la, le), uno (un-o, per commutazione con una). Una distinzione che si fa di solito e che può essere utile in questo contesto è quella fra morfemi 'liberi'(= morfemi lessicali) e morfemi 'legati'(= morfemi grammaticali): i secondi non possono mai comparire in isolamento, ma solo, appunto, in combinazione, legati, con altri morfemi. Tale distinzione peraltro, valida per lingue come l'inglese (dove i morfemi lessicali spesso costituiscono da soli una parola: cat, boy, good, run), mal si adatta in generale alla struttura morfologica dell'italiano, in cui anche i morfemi lessicali, le radici, sono per lo più morfemi legati: gatt-o, buon-o, corr-ere. Gli affissi (v. oltre, § 3.2.2) sono invece sempre, per definizione, morfemi legati. Adottando tale distinzione, possiamo trovare una casella per i tipi di elementi come le parole funzionali designandoli come 'morfemi semiliberi'. La derivazione, che dà luogo a parole regolandone i processi di formazione (si veda§ 3.3), e la flessione, che dà luogo a forme di una parola regolandone il modo in cui si attualizzano nelle frasi (si veda § 3.4), costituiscono dunque i due grandi ambiti della morfologia. Si tenga presente che, a partire da determinate radici o basi lessicali (eviden- Morfologia temente contenute nel lessico di una lingua: cfr. § 5.2), la derivazione agisce prima della flessione: prima costruiamo parole, a cui poi applichiamo le dovute flessioni. Questa priorità della derivazione, unita alla caratteristica di 'non interrompibilità' delle parole (cfr. § 3.1), ha come conseguenza che di solito i morfemi flessionali stanno più lontano dalla radice lessicale rispetto ai morfemi derivazionali, che invece tendono a disporsi immediatamente contigui alla radice: cfr. can-e, con l'ordine radice lessicale-morfema flessionale, e can-il-e, con l'ordine radice lessicale-morfema derivazionale-morfema flessionale. Inoltre, mentre la derivazione non è obbligatoria (non tutti i morfemi lessicali suscettibili di combinarsi con un certo morfema derivazionale si combinano in effetti con esso; ogni modulo di derivazione presenta di solito delle lacune di applicazione: da punire si ha punizione, ma da stupire non si ha *stupizione), la flessione è obbligatoria, cioè si applica invariabilmente a qualunque base lessicale ad essa soggetta. In lingue come l'italiano, la forma di parola corrispondente alla radice lessicale nuda (per es. can-) non esiste, esistono sempre le forme di parola generate dalla flessione (can-e, can-i); in lingue come l'inglese, non essendovi per es. nei sostantivi un morfema di singolare ma solo uno di plurale, al singolare dog costituito dalla radice nuda si oppone il plurale dog-s con la marca obbligatoria per questo valore della categoria. 3.2.2 Tipi posizionali di morfemi Dal punto di vista della posizione, i morfemi grammaticali si suddividono in classi diverse a seconda della collocazione che assumono rispetto al morfema lessicale o radice, che costituisce la 'testa' della parola e fa da perno nella sua costruzione. Una parola 'piena' (cfr. § 5.1) non è tale se non contiene un morfema lessicale; e un morfema lessicale da solo può costituire una parola piena autonoma. Le parole funzionali, che sono spesso costituite da un solo morfema, sono invece 'parole vuote', prive di significato lessicale. Quando siano considerati dal punto di vista posizionale, i morfemi grammaticali possono essere globalmente chiamati 'affissi': un affisso è ogni morfema che si combini con una radice. Esistono diversi tipi di affissi. Gli affissi che, nella struttura della parola, stanno prima della radice si chiamano 'prefissi'; quelli che stanno dopo la radice si chiamano 'suffissi'. In inutile, in- è un prefisso (dal significato negativo, "non"); in cambiamento, -ament- e -o sono suffissi, l'uno con valore derivazionale, l'altro con valore flessionale. I suffissi con valore flessionale, che in lingue come l'italiano stanno sempre nell'ultima posizione- o nelle ultime, se sono più di uno, come può succedere nelle forme verbali - della parola, dopo la radice e gli eventuali suffissi derivazionali, si chiamano 'desinenze': -o è quindi più 97 La classificazione posizionale Che cosa sono gli affissi I prefissi e i suffissi Le desinenze 98 Infissi Circonfissi La trascrizione morfematica La linguistica propriamente una desinenza. I prefissi in italiano sono solamente deri- vazionali. La distinzione fra prefissi e suffissi è quella fondamentale. Vi sono però, nelle lingue del mondo, altri tipi di affissi, di definizione più complessa. Abbiamo infatti degli 'infissi', che sono quegli affissi che sono inseriti dentro la radice. In italiano non esistono veri e propri procedimenti di infissazione, anche se alcuni autori trattano come tali (estendendo la nozione a coprire l'inserzione di elementi anche al di fuori della radice lessicale) casi come quello di -ic- in cuoricino, campicello, ecc. (che altri autori, trattandosi di un elemento che compare solo fra la radice lessicale e un suffisso diminutivo, definiscono invece come 'interfisso antesuffissale'). Può essere considerata un infisso la consonante nasale che in verbi del latino e del greco contrassegna il tema del presente (e dell'imperfetto) rispetto a quello degli altri tempi: lat. rumpo, rumpere "rompere", ma al perfetto rupi, al participio passato ruptum, con radice lessicale rup-; lat. vinco, vincere "vincere", ma al perfetto vici, al participio passato victum, con radice lessicale vie-; greco tambano "prendo", aoristo élabon "presi", con radice lessicale lab-. Intagalog, lingua delle Filippine (cfr. § 6.1) con una morfologia verbale molto complessa, esiste per esempio un morlema -in- che, assieme ad altri, funziona grosso modo da marca perfettiva del verbo e si infigge dentro la radice, fra la prima consonante e la prima vocale di questa: da samahan "accompagnare" abbiamo per esempio sinamahan "ha accompagnato" (s-in-amahan: l'infissazione, interrompendo la continuità della radice, crea quindi morfemi discontinui). Un altro tipo di morlemi discontinui sono i 'circonfissi', affissi che sono formati da due parti, una che sta prima della radice e l'altra che sta dopo la radice, e che quindi contengono al loro interno la radice: un esempio è l'affisso del participio passato in tedesco ge-t, come in gesagt "detto", da sagen "dire". Potremmo introdurre a questo punto alcune convenzioni di rappresentazione dell'analisi in morfemi. A un livello di maggior precisione, può essere fatta una 'trascrizione morfematica', in cui la forma dei morlemi si può scrivere tra graffe ({ }), indicando nella riga sottostante, con opportune sigle e abbreviazioni in maiuscoletto (glosse) nel caso dei morlemi grammaticali, il loro significato e valore. Dentale, e gesagt, possono allora essere rappresentati così: {denti- -{al}"dente" AGG -{e} SG {ge- l -{sag}- {-t} L "dire" J PARTPASS Morfologia 99 In alcune lingue esistono poi degli affissi che si incastrano alternativamente dentro la radice, dando quindi luogo a discontinuità sia dell'affisso che della radice. Si tratta dei 'transfissi' (detti anche 'confissi' Transfissi - termine che altri autori usano invece per indicare la classe di formativi lessicali non autonomi comprendenti prefissoidi e suffissoidi, cfr. § 3.3 -; o, meno bene, 'interfissi'), su cui è basata per esempio la morfologia dell'arabo. Le parole in arabo si formano infatti generalmente a partire da una radice di solito triconsonantica discontinua e da un morfema grammaticale costituito da uno schema vocalico discontinuo (con un suo schema accentuale) intercalato tra le consonanti della radice. Intercalando per esempio nella radice k-t-b "scrivere/scrittura" gli schemi vocalici -i-a:- "nome di oggetto/singolare", o -u-u- "nome di oggetto/plurale", o -a:-i- "nome di agente", o -a-a-a "3" singolare maschile del perfettivo", ecc., abbiamo rispettivamente: [ki'ta:b] "libro", ['kutub] "libri", ['ka:tib] "scrittore", ['kataba] "(lui) scrisse", eccetera. Si noti che la 3apers. sing. masch. del perfettivo (cfr. § 3.4) è in arabo anche la forma di citazione dei verbi (quella cioè che troviamo sul vocabolario), come in italiano, francese, tedesco l'infinito o in latino e greco la prima persona singolare del presente indicativo. 3.2.3 Altri tipi di morfemi La fenomenologia delle realizzazioni morfematiche è molto varia e può mostrarsi ancora ben più complessa. Esistono per esempio anche morfemi i cui morfi non sono isolabili segmentalmente. Di questo genere sono i morfemi detti 'sostitutivi', perché si manifestano con la sostituzione di un fono ad un altro fono. Tali morfemi (a volte sono anche chiamati 'modulari', in quanto appunto consistenti in una specie di modulazione fonica) consistono infatti in mutamenti fonici della radice e quindi sono praticamente da essa inseparabili: è per esempio il caso di plurali come ingl.foot "piede"/feet "piedi", goose "oca"/geese "oche", dove il valore PL è reso dalla modificazione della vocale della radice (altri autori trattano, poco convincentemente, questo come un caso di infissazione); o come singolare [gat] "gatto"/plurale [get] in varietà del dialetto piemontese (per esempio, nelle parlate biellesi). Vi sono morfemi discontinui costituiti da una parte 'sostitutiva' e da una parte suffissale, come per esempio in ted. Buch "libro", plurale Bucher "libri", Land "paese", plurale Lander "paesi", dove il valore PL è recato contemporaneamente dalla desinenza-ere dalla modificazione (centralizzazione o avanzamento/abbassamento) della vocale della radice ([u] > [y]). Si parla in certi casi anche di 'morfema zero' -più correttamente, 'morfo zero'-, laddove una distinzione obbligatoriamente marcata nella grammatica di una certa lingua viene eccezionalmente a non essere rappresentata in alcun modo nel significante: un esempio classico è Morfemi sostitutivi Il morfema zero 100 I morfemi soprasegmentali Processi morfologici non riducibili a morfemi segmentali: la reduplicazione I morfemi cumulativi La linguistica quello dei plurali invariabili in lingue che abbiano normalmente la marcatura del numero, come ingl. sheep SG/sheep PL("pecora/pecore"). Per omogeneità del sistema si usa introdurre qui un morfo O(zero), che realizzerebbe il plurale di sostantivi invariabili, in cui il valore PL non è marcato da alcunché nella forma fonica e viene segnalato appunto dal- 1'assenza di morfi. Un morfo o morfema Osi ha in nomi della terza declinazione in latino (come per es. exul, genitivo exulis, "esule"), in cui ogni caso (cfr. § 3.4) ha una sua desinenza (al singolare maschile: GEN -is, DAT -i, Ace -em, ecc.), ma il nominativo non è marcato da una desinenza, coincide con il 'tema nudo': la marca del NOM (SG, perché NOM PL è marcato: exules) va quindi analizzata come O. L'ital. città SG/città PL è un caso un po' diverso, poiché in italiano il plurale non è aggiuntivo, cioè non è dato da un morfo che si aggiunga alla forma del singolare, ma è dato dall'alternanza delle desinenze: i nominali in italiano in pratica non si presentano mai - tranne, appunto, l'eccezione di sostantivi invariabili - in forma non marcata per il numero, e quindi non è del tutto corretto parlare di una realizzazione con marca flessionale Oper il plurale, dato che è O, in questo caso, pure il singolare; si può, quindi, eventualmente parlare qui di morfema Oper la categoria generale del numero. Esistono anche morfemi soprasegmentali (chiamati 'superfissi' o 'sopraffissi '), in cui un determinato valore morfologico si manifesta attraverso un tratto soprasegmentale come l(a posizione dell)'accento (cfr. § 2.3.1) o il tono (cfr. § 2.3.2): è stata per es. interpretata in questo modo la diversa distribuzione dell'accento in coppie di parole inglesi, l'una sostantivo e l'altra verbo, come in record ('rck::,:d] "registrazione" vs. record [n'b:d] "registrare". Nella nostra rapida rassegna di tipi di morfemi ci fermiamo qui, non senza aver ricordato che l'analisi in morfemi (più o meno bene) segmentabili non esaurisce la gamma dei modi in cui si manifesta la morfologia delle lingue. Certi valori morfologici in certe lingue vengono affidati a processi, non riducibili a specifici morfemi segmentali: per esempio la 'reduplicazione', che consiste nella ripetizione della radice lessicale (o di una sua parte). Si riprenda l'esempio riportato nel§ 1.3.2 di indonesiano anak "bambino"/anak-anak "bambini": la reduplicazione è appunto uno dei modi in cui in indonesiano si forma il plurale. In samoano (cfr. § 6.1 ), l'opposizione fra SG e PL nei verbi si attua attraverso la reduplicazione della sillaba accentata: moe "dorme", momoe "dormono". Un'altra nozione ancora è importante. Spesso morfemi grammaticali recano contemporaneamente più di un significato o valore: così, per esempio, nella forma di parola italiana buone {e) vale insieme "femminile" e "plurale"; in latino pulchras puellas "(le) belle ragazze", Morfologia all'accusativo, {as} vale "prima declinazione", "accusativo" e "plurale", e nell'aggettivo anche "femminile". Si noti a margine che il valore di indicare una classe flessionale (qui, prima declinazione) ha uno statuto un po' problematico nello stabilire la natura di un morfema, in quanto non veicola propriamente un significato referenziale o grammaticale, ma piuttosto indica una classe - o paradigma - formale di appartenenza di una parola; il problema è analogo a quello delle cosiddette vocali tematiche (si veda sotto, § 3.3). Si parla in tal caso di morfemi 'cumulativi' (anche, ma a volte con un valore lievemente diverso, 'morfemi portmanteau', specie nella linguistica americana). Trascrizione morfematica esemplificativa: {pulchr}- -{ as} "bell(o)" ACC FEMM PL {puell }- -{ as l "ragazz(a)" ACC PL (l" DECL) Esemplifichiamo su queste stesse forme una variante di trascrizione morfematica spesso utilizzata, anche questa su due righe: pulchr - as puell as "bello" - ACC.FEMM.PL "ragazza" - ACC.PL.( 1a DECL) Un caso particolare, e un po' più complesso, di morfema cumulativo può essere ritenuto il cosiddetto amalgama (o morfema amalgamato), dato dalla fusione di due morfemi in maniera tale che nel morfema risultante non è più possibile distinguere i due morfemi all'origine della fusione. Caso tipico è per esempio la preposizione articolata francese au "al" (foneticamente, [o]), da à "a" più le "il", in cui i due elementi costitutivi non sono più separabili e diventano invisibili, e che reca tutt'insieme il significato multiplo della preposizione e dell'articolo determinativo maschile singolare. Un esempio di amalgama in italiano può essere i, articolo determinativo plurale in cui si trovano fusi il morfo dell'articolo determinativo l- e quello del plurale -i. Gli amalgami sono per definizione morfemi cumulativi, giacché si trovano uniti su un solo morfema (o, meglio, morfo) i significati dei due morfemi da cui risulta l'amalgama (per un riepilogo dei tipi di affissi, v. Scheda 3.1). 101 Un particolare caso di morfema cumulativo: l'amalgama 102 La linguistica Scheda 3.1 - Tipi di affissi: un riepilogo MORFEMI ISOLABILI SEGMENTALMENTE Continuità della radice e dell'affisso: es. italiano disaccoppiare {dis} "reversione" {ac} "acquisizione di uno stato" {coppi} "due unità" {are} INF (l" CONIUG) lett. "ristabilire le condizioni precedenti l'acquisizione dello stato di coppia" (per i significati di alcuni prefissi e suffissi dell'italiano v. Box 3.3) es. italiano impermeabilizzazione {im} {perme} {abil} {izz} "fare diventare" {azion} {e} "contrarietà" - "attraversare" - "che può - essere" - "atto di" - MASCH SG lett. "atto (procedimento) con cui si fa diventare in grado di non poter essere attraversato (da fluidi)" Discontinuità della radice: Influi es. tagalog humanap na ng bahay ang mga batal "i bambini cercarono casa" {h} - {um}- {anap} {na} {ng} {bahay} {ang} {mga} {bata?} L ATINO _J "cercare" "già" GEN "casa" DEF PL "bambino" (l'infisso um agisce sostanzialmente da marca di diatesi attiva, segnala cioè che il soggetto dell'evento ha ruolo semantico di agente; per la diatesi v. § 3.4, per i ruoli semantici v. § 4.3.3) Discontinuità dell'affisso: Clrconflssl es. tedesco /eh habe gemacht "io ho fatto" {Ich} {hab} PRO 1• SG "avere" {e} l"SG {ge} {mach} "fare" {t} ~---PART PASS - - ~ Morfologia 103 es. maltese qatel "(egli) uccise" "uccidere" I {q} {a} {t} {e} {I I PERF 3a SG MASCH (coniugazione di qatel "(egli) uccise": qtilt "(io) uccisi", qtilt "(tu) uccidesti", qatel "(egli) uccise", qatlet "(ella) uccise", qtilna "(noi) uccidemmo", qtiltu "(voi) uccideste", qatlu "(essi) uccisero"; in maltese, come in arabo, la forma di citazione dei verbi èla 3" persona singolare del maschile perfettivo) MORFEMI NON ISOLABILI SEGMENTALMENTE es. tedesco Mutter "madre", Miitter "madri" PL I {Miitter} "madre" Morfemi con una parte sostitutiva e una parte affissale: es. tedesco Mann "uomo", Miinner "uomini" I P L I {Miinn} {er} "uomo" es. tedesco singen "cantare", gesungen "cantato" ~---PART PASS - - - ~ {ge} Morfemi zero I {sung} "cantare" {en} es. ceco mui-0 "uomo" (nominativo singolare) SINGOLARE PLURALE nominativo mui-fi nominativo vocativo mui-i accusativo mui-e accusativo genitivo mui-e genitivo dativo mui-i, -ovi dativo strumentale mui-em strumentale locativo mui-i, -ovi locativo Ptrorfem so~~mif mui-i mui-e mui-u mui-um mui-i mui-ich es. shilluk (lingua nilotica del Sudan meridionale) wat "casa", wàt "case" wat tono alto costante wat tono discendente "casa" SG "casa" PL 104 La linguistica PROCESSI MORFOLOGICI es. samoano (lingua austronesiana): il plurale si costruisce raddoppiando la sillaba accentata della forma del singolare (la sillaba copiata è anteposta a quella originale) moe "dorme", momoe "dormono" alofa "ama", alolofa "amano" savali "cammina", savavali "camminano" CUMULO DI VALORI MORFOLOGICI Morfemi cumulitlvl es. russo bédnym mal'éikam "a(i) poveri ragazzi" {bédn} {ym} {mal'cik} - {am} "povero" - DAT MASCH PL "ragazzo" - DAT es. turco colloquiale sen gelmicen "tu non verrai" {seni {gel} {mi} {cen} PRO 2a so "venire" - NEO FUT 2• SO MASCH PL (non è più possibile distinguere i due elementi costitutivi del morfema -cen, ancora riconoscibili nel turco standard: -yecek- "FUT" e -sin "2" so") 3.3 Derivazione e formazione delle parole I morfemi derivazionali I morfemi derivazionali - come abbiamo visto - mutano il significato della base cui si applicano, aggiungendo nuova informazione rilevante, integrandolo, modificando la classe di appartenenza della parola e la sua funzione semantica, o sfumandone il senso: nella parola derivata (da dormire) dormitorio, per es., viene aggiunto al significato della radice lessicale di dormire il significato di "luogo in cui si 'fa'" la cosa designata dalla radice lessicale; in dormicchiare viene aggiunta al significato della stessa radice lessicale la sfumatura di 'fare la cosa' "in maniera parziale e discontinua"; ecc. Le famiglie di parole I morfemi derivazionali svolgono una funzione assai importante, quella di permettere, attraverso processi soprattutto di prefissazione e suffissazione (ma anche di altro genere), la formazione di un numero teoricamente infinito di parole a partire da una certa base lessicale. In ogni lingua esiste una lista finita di moduli di derivazione che danno luogo a famiglie di parole. Una famiglia di parole (o famiglia lessicale) è formata da tutte le parole derivate da una stessa radice lessicale. Un esempio: parole costruite a partire dalla base socio. Ne riportiamo alcune nello schema seguente. consociazione ---i consociare dissociare Morfologia socievole - socievolezza I _ società - societario consocio tsocialismo - nazionalsocialismo socialista - socialistico riassociare socialità I asrciare - ~ - - - socio--~- socil''j "''t:~aHu::o::=bmtà associazione associativo asociale socialmente sociologia----sociologico sociolinguisticaJ Lsociologo--- sociologizzare Esaminiamo più da vicino alcune delle parole di questa famiglia. Socializzabilità conta per esempio cinque morfemi (soci-al-izz-abil-ità; più un eventuale morfema O- cfr. quanto detto sopra in proposito), analizzabili come segue: {soci } - {al } - {izz} - {abil } - {ità} - ({O}) "socio, - AGG. - VB. - AGG. - SOST. - (NUM.) compagno" REL. POT. ASTR. I II m. lessicale (radice) m. derivazionali (suffissi) L,J m. flessionale (zero) Un cumulo di suffissi come quello esemplificato è piuttosto frequente in italiano. La trafila derivazionale che porta alla parola sopra analizzata è la seguente: socio - sociale - socializzare - socializzabile - socializzabilità. Esaminiamo ora più approfonditamente il morfema {abil}, che serve a ricavare aggettivi con valore di potenzialità da una base verbale: (socializzabile vale "che può essere socializzato"). Nella grande maggioranza delle forme verbali e deverbali (cioè parole derivate da verbi) si pone in italiano il problema della cosiddetta 'vocale tematica', la vocale iniziale della desinenza dell'infinito dei verbi: mangiqre, vedg_re, partire. Poiché si può ritenere che la vocale tematica abbia un suo 'significato', sia pure di natura un po' speciale, del tutto esteriore, in quanto indica l'appartenenza della forma ad una determinata classe di forme della lingua (-a- = verbo della prima coniugazione, -e- = verbo della seconda coniugazione, -i-= verbo della terza coniugazione - dove le coniugazioni sono classi flessionali), potremmo a rigore scomporre ulteriormente -abil- (che contiene la vocale tematica del verbo da cui deriva, socializzare) in {a} e {bil}. Possiamo dunque considerare unitariamente -abil- un allomorfo del suffisso che crea aggettiLa vocale tematica 105 106 Prefissoidi Suffissoidi La linguistica vi deverbali con valore potenziale; oppure analizzarlo ulteriormente come formato da due morfemi, a uno dei quali, appunto la vocale tematica, non corrisponde un reale significato che modifichi la base (morfemi di questo genere vengono anche chiamati 'morfemi vuoti'). Entrambe le soluzioni hanno ragioni a favore; le riterremo dunque ambedue accettabili: mangi-are e mangi-a-re,part-ire e part-i-re, ecc.; il problema si presenta ovviamente anche con altri suffissi, per cui per es. cambiamento si potrà analizzare alternativamente cambi-ament-o (con relativa allomorfia dei suffissi -ament-, -iment-, ecc.) oppure cambi-a-ment-o. Occorre però dire che vi è una terza possibilità: quella di considerare la vocale tematica come facente parte della radice lessicale, cambia-mento. Tale alternativa, anche se un po' controintuitiva, non manca nemmeno essa di argomenti a favore, ed è anzi quella preferita dalla teoria morfologica recente (che spiega l'omofonia della radice con la 3a pers. singolare come risultato della cancellazione di vocali in iato: cambia- + -a= cambia). Attenzione, fra le parole del gruppo sopra esemplificato, meritano anche sociologia e nazionalsocialismo. Qual è la natura dei morfemi che costituiscono la parola sociologia? A prima vista, sembra che in sociologia ci siano due morfemi lessicali, soci-, il capostipite della famiglia lessicale in causa, e -log-(i-a), col valore di "studio di" (come in geologia, astrologia, zoologia, ecc.). Qual è in questo caso la base? Occorre notare che sociologia non vuol dire "studio dei soci/studio del- 1'essere socio", ma significa "studio della società": socio- ['s:,tJo], e non soci- [s:,tJ], è in realtà il morfema in gioco, che sta per società e rappresenta quindi una radice lessicale (lo ritroviamo per es. in sociolinguistica, socioterapia, ecc.) che si comporta, funziona, come un prefisso, attaccandosi davanti a un'altra radice lessicale per modificarne il significato. Possiamo chiamare morfemi di questa natura, che sono allo stesso tempo morfemi lessicali e derivazionali, radici e prefissi, 'prefissoidi'. Esistono anche 'suffissoidi', cioè morfemi con significato lessicale, come le radici, ma che si comportano come suffissi nella formazione delle parole: -logi(-a) può quindi essere considerato un suffissoide, così come è per esempio un suffissoide -metr(-o) in cronometro, letteralmente "misuratore del tempo", o termometro "misuratore della temperatura". Il suffissoide -metro va naturalmente distinto dalla parola metro "unità di misura di lunghezza"; esiste anche un metro- prefissoide, come in metronomo "strumento che scandisce il tempo", a sua volta parola costituita da un prefissoide e un suffissoide, -nom(-)o, dal greco classico n6mos "legge, regola". Prefissoidi e suffissoidi, che per lo più provengono da parole delle lingue classiche, specie dal greco, e che funzionano in sincronia come suffissi, cioè come morfemi derivazionali, ma recano il significato tipico dei morfemi lessicali ereditato Morfologia dalle parole piene da cui sono tratti, vengono anche chiamati nel loro complesso 'semiparole'. Altro termine utilizzato per designare questi formativi di parola è 'confissi' (da non confondere con i con/issi come altro nome dei transfissi, v. qui § 3.2.2). I formativi provenienti dalle lingue classiche (come bio- "vita", eco- "ambiente", pseudo- "falso", mono- "uno", tele- "lontano", semi- "metà", -logia "studio", -fobia "paura", jero "portatore", ecc.) dànno luogo a parole che vengono per questo anche chiamate 'composti (neo)classici'. Un caso interessante di prefissoide è auto-. Dal greco aut6s "(sé) stesso" si sono formate parole in cui tale prefissoide vale, ovviamente, "da/di sé stesso": autonomia, autocritica, ecc., e fra le altre (veicolo) automobile "(veicolo) che si muove da sé; macchina". Per la grande frequenza d'uso di quest'ultima parola, se ne è fatta l'abbreviazione auto "macchina", che a sua volta può dare luogo a nuove formazioni contenenti l'elemento auto- col significato "relativo alle automobili"; che troviamo per esempio in autostrada, autolavaggio, autonoleggio, ecc.; in questo caso auto entra a costituire parole con uno statuto diverso rispetto all'auto- prefissoide da cui deriva attraverso la trafila che abbiamo accennato (abbiamo infatti una 'composizione', come nel caso che vedremo subito dopo, e non più una prefissazione). In nazionalsocialismo abbiamo un caso che sembra assai simile a quello di sociologia, in cui però le due radici lessicali che coesistono nella stessa parola mantengono entrambe il valore che avrebbero se utilizzate come parole autonome: nazionalsocialismo equivale a tutti gli effetti a socialismo nazionale, due parole si sono agganciate fra loro a formare un'entità unica in cui i due membri sono perfettamente riconoscibili e recano il loro significato lessicale normale. Si tratta di 'parole composte': così, per esempio, portacenere, apriporta, lavavetro, portafinestra, asciugamano, altopiano, cassaforte, pastasciutta, eccetera. Il procedimento di composizione è particolarmente produttivo in tedesco, dove troviamo spesso parole formate da parecchie radici lessicali: per esempio, StrajJenbahnhaltestelle "fermata del tram", letteralmente: "posto" (Stelle) di fermata (Halt-e) della ferrovia (Bahn) della strada (Strafie-n)"; Fufiballweltmeisterschaftsqualifikationsspiel "partita di qualificazione al campionato mondiale di calcio", con ben cinque basi lessicali, da destra a sinistra (il tedesco segue in questi casi rigorosamente l'ordine modificatore-modificato: cfr. § 4.2) Spie!, Qualifikation, Meister, Welt, Fufiball (ed anzi sei, se consideriamo che FujJball "calcio" a sua volta è parola composta, FujJ "piede" + Bali "pallone"). L'italiano segue nella composizione delle parole principalmente l'ordine modificando-modificatore, cioè la seconda parola modifica la prima, che funziona da 'testa sintattica' (cfr. § 4.2) del costrutto: portacenere non è "cenere che porta (qualcosa)", ma "(qualcosa) che porta la ceneLe parole composte 107 108 Unità lessicali plurilessematiche Unità lessicali bimembri Sigle o acronimi La linguistica re", e cassaforte è "una cassa che è forte". Non mancano tuttavia parole composte con l'ordine inverso modificatore-modificando, come per es. bagnoschiuma "schiuma per bagno" (e il modulo sembra in espansione nell'italiano contemporaneo). Non vanno confuse con le parole composte in senso stretto le unità lessicali plurilessematiche o polilessematiche o plurilessicali (dette anche, a volte con un significato più specifico, 'polirematiche'), costituite da sintagmi fissi che rappresentano un'unica entità di significato, non corrispondente alla semplice somma dei significati delle parole componenti, comportandosi quindi come se fossero una parola unica: gatto selvatico, che non è un comune gatto che sia selvatico, ma è una specie felina a sé (Felis silvestris), diversa dal gatto domestico (Felis catus); gatto delle nevi, che non è un felino abitante delle distese nevose, ma è un "mezzo cingolato per muoversi sulla neve";fare il bucato, avviso di garanzia, eccetera. Spesso tali formazioni hanno valore idiomatico: essere al verde, partire in quarta, arrampicarsi sui vetri. Le unità lessicali plurilessematiche costituiscono infatti una categoria molto ampia · e variegata che può comprendere classi diverse di elementi, fra cui anche i cosiddetti verbi sintagmatici (andare via, mettere sotto, buttare giù, portare fuori), o addirittura quelli che vengono chiamati 'binomi coordinati': sale e pepe, anima e corpo, usa e getta, avanti e indietro, bread and butter ("pane e burro"). Tali fenomeni si situano all'intersezione fra sintassi e semantica lessicale (cfr. § 5.1) e non sono più di pertinenza della morfologia derivazionale Una posizione intermedia fra le parole composte e le unità plurilessematiche hanno formazioni bimembri come nave scuola, scuola guida, parola chiave, ujjrcio concorsi, sedia elettrica: unità lessicali cioè in cui il rapporto tra le due parole costitutive giustapposte non ha raggiunto il grado di fusione tipico delle vere parole composte e i due elementi vengono rappresentati separatamente nello scritto (molti autori considerano però anche queste come parole composte; cfr. comunque il Box 3.2). Altri meccanismi più marginali che formano parole e che hanno aspetti in comune con la composizione sono la lessicalizzazione delle sigle e l'unione di parole diverse che si fondono con accorciamento degli elementi costitutivi. Le sigle (o 'acronimi') sono formate in genere dalle lettere iniziali delle parole piene che costituiscono un'unità plurilessematica (anche con carattere di nome proprio), la cui pronuncia compitata è promossa a parola autonoma: CGIL ("Confederazione Generale Italiana del Lavoro") - cigielle, FS ("Ferrovie dello Stato") effeesse, TG ("TeleGiomale") - tigì (anche tiggì), TFR ("Trattamento di Fine Rapporto") - tiejfeerre, SMS ("Short Message Service/System") - essemmeesse. Quando la sequenza delle iniziali che formano Morfologia la sigla è compatibile con la struttura fonologica della parola in italiano, diventa essa stessa una parola autonoma: NATO ("North Atlantic Treaty Organization") - Nato, IVA (''Imposta sul Valore Aggiunto") - iva. L'unione con accorciamento dà luogo a quelle che sono state chiamate 'parole macedonia': cantautore(< cantante+ autore), ristobar ( ital. testa) acquista il significato di "estremità superiore del corpo umano, testa" a partire dal valore originario di "vaso di coccio" , per somiglianza connotativa. Quale processo è alla base di questo spostamento di significato? C. L'analisi del significato: semantica componenziale e prototipica fl Quale lessema può avere la seguente rappresentazione componenziale? / (AZIONE) (x CAUSA) (coN UN MOVIMENTO APPOSITO) (YSI ALLONTANA) (VELOCE)/ !!i) A quali lessemi possono corrispondere le seguenti rappresentazioni componenziali? (i) / + UMANO + ADULTO + MASCHIO- SPOSATO/; (ii) / + UMANO + ADULTO - MASCHIO- SPOSATO/. Discutere tali analisi in tratti semantici dal punto di vista della semantica prototipica. mA quali lessemi possono corrispondere le seguenti rappresentazioni componenziali? (i) /RECIPIENTE PER LIQUIDI, DI PICCOLE DIMENSIONI, CON MANICO, CON BECCUCCIO/; (ii) /RECIPIENTE PER LIQUIDI, DI PICCOLE DIMENSIONI, CON MANICO, SENZA BECCUCCIO/. Discutere tali analisi in tratti semantici dal punto di vista della semantica prototipica. fil Quale lessema può avere la seguente rappresentazione componenziale? /MANUFATTO, PER SEDERSI, PER UNA PERSONA, CON LOSCHIENALE, CON QUATTRO GAMBE, SENZA IMBOTTITURA, SENZA BRACCIOLI/. Come si può discutere tale analisi in tratti dal punto di vista della semantica prototipica? fil Completare l'affermazione seguente: i traslati semantici si possono interpretare come .............................. , in quel determinato contesto, di uno o più dei tratti semantici che caratterizzano il significato . .. di un termine. @i Siano dati i seguenti tre lessemi: (i) volpe "persona particolarmente astuta" , (ii) cane "persona incapace" , (iii) orso "persona molto solitaria e scontrosa". Quale tratto semantico comune ai rispettivi significati denotativi è neutralizzato nell'uso metaforico? 224 La linguistica Provare ad analizzare in componenti semantici il seguente settore di un campo semantico: pianura, collina, montagna, altopiano. Provare ad analizzare in componenti semantici Hseguente settore di un campo semantico: nonno, figlio, nipote (nel senso di "figlio del figlio"), madre. A quale lessema potrebbe corrispondere la descrizione componenziale seguente?/+ PARENTE - MASCHIO+ ASCENDENTE + DI SECONDO GRADO/. Correggere la seguente affermazione: 'Il lessema "albero" contiene il componente semantico /- CONCRETO/, ed è un antonimo di "quercia'" Sia data la frase dicono che se mangi cioccolato scompare la tristezza. C'è un nome che presenta il tratto semantico/- CONCRETO/? Se sì, quale? Che tratto semantico deve possedere il soggetto del verbo mangiare perché la frase sia grammaticale? Sia data la frase ho scritto "ti amo" sulla sabbia. C'è un nome che presenta il tratto semantico /- ENUMERABILE/? Se sì, quale? Che tratto semantico deve possedere il soggetto del verbo scrivere perché la frase sia grammaticale? Quali sono le principali differenze tra l'analisi componenziale e l'analisi prototipica del significato dei lessemi? Come si potrebbe definire dal punto di vista della semantica prototipica il concetto di "soggetto"? Direste che in italiano il tratto / + ACCORDO coN IL VERBO/ è un tratto categorico, proprio del punto focale del concetto prototipico di "soggetto"? Quali problemi incontreremmo se volessimo definire in termini prototipici concetti quali "amicizia", "fedeltà" o "ricchezza"? Incontreremmo problemi analoghi se intendessimo analizzarli in tratti semantici? Discutere. D. Semantica frasale e pragmatica Completare l'affermazione seguente: un atto . . ....... consiste nell'intenzione con la quale e per la quale si produce un enunciato. Esistono atti . . ........ diversi per realizzare uno stesso atto .............................. (ad esempio: chiudi la porta!, chiuderesti la porta?, potresti gentilmente chiudere la porta?). u.;J È giusta la seguente affermazione: "Frasi e atti linguistici sono la stessa cosa, vista da due prospettive diverse"? Discutere. Commentare dal punto di vista degli atti linguistici la scritta VIETATO FUMARE. Commentare dal punto di vista degli atti linguistici la scritta è pericoloso sporgersi. Commentare dal punto di vista degli atti linguistici la scritta è severamente vietato l'ingresso agli estranei e alle persone non autorizzate. È appropriato l'uso dell'awerbio severamente? Che proprietà hanno in comune i verbi scommettere, ordinare, assolvere, giurare, promettere, proibire, nominare? Un verbo come restituire possiede la stessa proprietà? Esplicitare le implicature conversazionali presenti nei dialoghi seguenti: (i) A: come procede il tuo lavoro?, B: hai una domanda di riserva?; (ii) A: sarò via per qualche giorno, ti secca?, B: non so prepararmi nemmeno un piatto di pasta; (iii) A: c'è molto da attendere? B: uno spettacolo come questo non si può vedere altrove. Commentare il dialogo seguente dal punto di vista delle implicature conversazionali. A. buongiorno, mi scusi, sa che ore sono? B. sì, arrivederci. Individuare le presupposizioni dei seguenti enunciati: (i) Cesare non ammise di aver condotto la Semantica 225 trattativa; (ii) Galileo scoprì che la Terra gira attorno al Sole; (iii) che tu possegga tre cavalli è una novità. Ui) Dati gli enunciati So che nel cortile della scuola vendono libri usati. È stato Matteo a chiedere il permesso al preside, quali delle seguenti informazioni rappresentano delle presupposizioni? (i) nel cortile della scuola sono in vendita libri usati (ii) io so qualcosa (iii) Matteo ha chiesto il permesso al preside (iv) qualcuno ha chiesto il permesso al preside (v) non si sa chi sia Matteo (vi) i libri usati non sono nuovi (vii)esiste un preside lii) Siano dati i seguenti enunciati: (i) i mezzi di informazione hanno nascosto al paese la realtà della crisi economica; (ii) sono stati i mezzi di informazione a nascondere al paese la realtà della crisi economica. Hanno presupposizioni diverse? Quali? Il problema del numero delle lingue Le lingue del mondo CAPITOLO 6 Obiettivi del capitolo In questo capitolo il filo conduttore fin qui seguito (vedere come sono fatte al loro interno e come funzionano le lingue) è abbandonato, e ci si occupa invece della diversa fenomenologia delle Iingue concretamente esistenti. Per mettere ordine fra le migliaia di lingue del mondo, sono a disposizione criteri diversi: le lingue si possono raggruppare secondo criteri storico-comparativi, in riferimento ai gradi di parentela che fra esse si possono stabilire e alle famiglie di lingue che corrispondentemente si possono individuare; si possono considerare nei termini della loro importanza demografica, socioculturale, economica; si possono classificare in base alle somiglianze edifferenze strutturali che le contrassegnano. Quest'ultimo criterio è quello più importante dal punto di vista della teoria linguistica, e permette di delineare una tipologia delle lingue sia per quanto riguarda la morfologia (struttura della parola) sia per quanto riguarda la sintassi (in primo luogo circa l'ordine dei costituenti della frase). L'obiettivo del capitolo è di dare un'idea della molteplicità delle lingue che rappresentano la concretizzazione della facoltà del linguaggio umano, e di mettere in evidenza itratti strutturali che permettono di configurare su una base comune tipi linguistici diversi. 6.1 Le lingue del mondo Le lingue storico-naturali che rappresentano la realizzazione della facoltà del linguaggio presso le diverse comunità oggi presenti nel mondo sono numerose, dell'ordine delle diverse migliaia. Le cifre proposte dagli studiosi sono tuttavia assai contrastanti, andando a seconda delle stime da un numero minimo di circa 2200 a un numero più che doppio di circa 5100 (e secondo alcuni le lingue oggi parlate sarebbero addirittura sulle 12.000!). Il sito www.ethnologue.com, "Languages of the world", del Summer Institute of Linguistics di Dallas (USA), censisce circa 6900 lingue. L'enorme differenza fra queste cifre può stupire, ma ha le sue buone ragioni. Enumerare tutte le diverse lingue del mondo è un compito molto difficile, e il computo può variare di molto a seconda dei criteri che si adottano. Anzitutto, certe aree linguistiche sono tuttora insufficientemente studiate; e soprattutto spesso è tutt'altro che sem- Le lingue del mondo plice stabilire se diverse parlate tra loro simili sono da considerare varietà o dialetti di una stessa lingua (e quindi contare come una sola unità nel computo), oppure sono lingue a sé stanti (e quindi contano come più unità). L'Italia è già un caso esemplare per questo problema. In prima ipotesi, alla domanda 'quante lingue si parlano in Italia?' verrebbe forse da rispondere: una, l'italiano. In realtà, una risposta del genere è del tutto fallace. In primo luogo, bisogna tener conto non solo della lingua nazionale comune, ma anche delle lingue delle minoranze (cfr. § 7.2.3), parlate da gruppi più o meno consistenti di parlanti in alcune aree o areole del paese (tedesco, francese, sloveno, ladino dolomitico - queste quattro, riconosciute legislativamente già prima della legge nazionale 492 del 1999 che stabilisce norme per la tutela delle minoranze linguistiche-, neogreco, albanese, serbo-croato, provenzale e franco-provenzale, catalano, parlate zingare; e secondo molti apparterrebbero a tale categoria anche il sardo e il ladino friulano; cfr. Box 7.2), per cui superiamo già abbondantemente la decina. In secondo luogo, è dubbio lo statuto dei vari dialetti italiani (piemontese, lombardo, veneto, napoletano, pugliese, siciliano, ecc.), che dal mero punto di vista della storia (cfr. § 7.1) e della distanza linguistica avrebbero le carte in regola per essere considerati sistemi linguistici a sé stanti, autonomi rispetto all'italiano e non sue varietà, anche se di solito non sono computati separatamente. Se li calcoliamo ciascuno come lingua a sé, arriviamo già ad una trentina di lingue 'indigene' (non di recente immigrazione) presenti in Italia. Si noti anche che le lingue romanze o neolatine, derivate dal latino (cfr. § 7.1.1) vengono ovviamente considerate ciascuna una lingua a sé stante, mentre in altri gruppi linguistici sistemi con una distanza strutturale del tutto analoga a quella fra le diverse lingue romanze vengono a volte considerati varietà della stessa lingua (è questo, molto spesso, il caso del cinese, termine che viene volentieri usato per indicare, come se fosse un'unica lingua, un gruppo di lingue tra loro strettamente impa- rentate). Comunque, le lingue del mondo sono alcune migliaia, moltissime peraltro in via di estinzione. La maniera principale per mettere ordine in questo coacervo di sistemi linguistici consiste nel raggrupparli infamiglie, secondo criteri di parentela genealogica, che si basano sulla possibilità di riportare le lingue ad un antenato comune, attestato storicamente o ricostruito induttivamente a partire dalle lingue odierne. Il riconoscimento di parentela linguistica è in genere evidente comparando il cosiddetto lessico fondamentale: un insieme di circa 200 termini designanti nozioni comuni (i numeri fino a dieci, i principali fenomeni meteorologici, le fondamentali specie naturali, le parti del cor- L'italiano e le lingue 227 delle minoranze I dialetti italiani La classificazione delle lingue per famiglie 228 Esempio di classificazione per famiglie Le lingue romanze o neolatine La linguistica po, le normali azioni quotidiane, ecc.), da considerare non esposti a interferenze fra le lingue (cfr. § 7.2.4) e quindi diagnostici per il lessico ereditario indigeno. L'assunzione di base è che se per questi termini troviamo lo stesso o simile significante (fatte salve le differenze fonetiche specifiche dei singoli sistemi linguistici) vorrà dire che questo rimanda a una forma originaria condivisa, e che quindi le lingue che le presentano hanno un antenato comune. Prendiamo a mo' di esempio la tabella 6.1, relativa a come si dicono i numeri 2 e 3 in una serie di lingue disposte casualmente. Si vede subito che le coppie di parole per i numeri 2 e 3 della lista in base alla somiglianza del significante si possono raggruppare come segue: un grande gruppo (che comprende a, b, d, e, h,j, k, l, m); un gruppetto di due (c,f); e due casi isolati, senza somiglianza con altri (g, i). E infatti nel primo gruppo ci sono·tutte lingue della famiglia indoeuropea (per le famiglie di lingue, v. sotto): a tedesco, b romeno, d svedese, e spagnolo (e catalano), h italiano, j hindi, k inglese, l russo, m francese; nel gruppetto di due abbiamo e finnico, festone, lingue della famiglia uralica (ramo ugrofinnico); e le due lingue che mostrano forme del tutto diverse da tutte le altre sono il swahili (g), della famiglia niger-cordofaniana, e il basco (i), lingua genealogicamente isolata (entrambe non hanno nulla a che fare con le altre lingue esemplificate). Inoltre, all'interno del primo gruppo di lingue imparentate, possiamo notare che alcune mostrano forme tra loro più simili che altre: b, e, h, m sembrano fra loro più strettamente imparentate, e così a, d, k, mentre le j sembrano un po' più lontane (in particolare, nella forma per 3, j). Infatti, nella famiglia indoeuropea, romeno, spagnolo (e catalano), italiano e francese appartengono al ramo neolatino; tedesco, svedese e inglese appartengono al ramo germanico; russo al ramo slavo; e hindi al ramo indo-ario. Per muoverci un pochino fra le lingue del mondo, partiamo dalla lingua a noi più familiare, l'italiano. L'italiano ha stretti rapporti di parentela con tutte le lingue provenienti, come l'italiano, dalla comune base del latino, e costituisce assieme a queste il ramo delle lingue romanze (o neolatine), che comprende: italiano, francese, spagnolo (castigliano), portoghese, romeno e altre lingue minori come gallego, catalano, provenzale o occitano, retoromanzo, ecc., nonché svariate vaTabella 6.1 - Termini per due e tre in diverse lingue ..........................zwei drei do} kaksi tvo tre} kolme tre dos kaks mbili due bi do two dva deux ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ w ~ Le lingue del mondo rietà dialettali (come i dialetti italiani derivati dal latino, detti dialetti italo-romanzi) per le quali il riconoscimento di lingue a sé stanti è oscillante (sulla distinzione, assai più problematica di quello che si possa pensare, e di carattere sociolinguistico e non linguistico interno, fra lingua e dialetto cfr. § 7.2.3). Il ramo romanzo, assieme ad altri rami con cui le lingue romanze hanno una parentela, più remota ma sempre dimostrabile, come le lingue germaniche (tedesco, inglese, neerlandese, svedese, norvegese, danese, ecc.), le lingue slave (russo, polacco, serbo-croato, sloveno, ucraino, ceco, bulgaro, macedone, ecc.), le lingue baltiche (lituano, lettone), le lingue celtiche (bretone, gaelico, gallese), le lingue indo-arie (hindi, bengali, punjabi, marathi, romanì, singalese, nepali, ecc.), le lingue iraniche (persiano o farsi, curdo, pashto, ecc.) e tre lingue isolate (il (neo)greco, l'albanese e l'armeno), forma la grande famiglia delle lingue indoeuropee. Il livello della 'famiglia' rappresenta il più alto livello di parentela ricostruibile con i mezzi della linguistica storico-comparativa, che individua le somiglianze (specialmente nello sviluppo fonetico e nel lessico) fra le lingue come prova della loro comunanza di origine, ed è quindi la categoria fondamentale della classificazione delle lingue su base genetica. Più tecnicamente, e a volte con un'accezione che veicola un grado di parentela meno netto e che quindi individua un livello ancora superiore a quello della famiglia (comprendente quindi più famiglie), si parla anche di phylum (o anche di stock). All'interno di una famiglia di lingue, a seconda dei gradi più o meno stretti di parentela, si possono riconoscere dei 'rami' (o sottofamiglie), che a loro volta si possono dividere in 'gruppi' (e questi via via in sottogruppi), a seconda del grado sempre più stretto di parentela fra le lingue. L'italiano quindi si può classificare (assieme ai dialetti italiani) come una lingua del sottogruppo italo-romanzo del gruppo occidentale (assieme ai sottogruppi iberoromanzo e gallo-romanzo) del ramo neolatino (o romanzo; assieme ai rami germanico, slavo, ecc.) della famiglia indoeuropea. La linguistica comparativa riconosce oggi fino a un massimo di diciotto famiglie linguistiche, raggruppamenti separati tra i quali non sono dimostrabili (almeno allo stato attuale delle conoscenze) rapporti ulteriori di parentela a un livello più alto; più alcune (quattro o cinque, o anche di più, a seconda degli autori) lingue singole isolate, di cui non si è riusciti a provare la parentela con altre lingue e quindi ad appurare l'appartenenza ad alcuna delle famiglie esistenti. Riportiamo, in forma tabellare (Tab. 6.2) e a puro titolo esemplificativo (il campo è uno di quelli più discussi, incerti e in continua evoluzione di tutta la linguistica, data anche la grande disparità delle conoscenze nelle diverse aree), una possibile lista di queste famiglie, indicando il numero minimo apLa famiglia delle lingue indoeuropee 229 I sottolivelli della famiglia: ramo, gruppo e sottogruppo 230 La linguistica Tabella 6.2 - Famiglie linguistiche Lingue indoeuropee circa 140 lingue (cfr. sopra) Lingue uraliche • 24 lingue • lingue ugrofinniche: ungherese o magiaro, finlandese o finnico (suomi), lappone (saami), estone, ecc.; votiaco, lingue samoiede, ecc. Lingue altaiche • 63 lingue • lingue turchiche: turco, azero, tataro, casaco (kazako), uzbeco; mongolo, evenki (o tunguso); calmucco; giapponese, coreano, ecc. (l'appartenenza di queste ultime due lingue alla famiglia altaica è tuttavia con- troversa) Lingue caucasiche • 38 lingue • georgiano, àvaro, abcaso, ceceno, ecc. Lingue dravidiche • 28 lingue • tamil, kannada, malayalam, telugu, ecc. Lingue sinotibetane • circa 300 lingue • cinese (meglio il gruppo di lingue cinesi: putonghuà o mandarino, cantonese, wu, xiang, ecc.), tibetano, birmano, karen, ecc. Lingue paleosiberiane • una quindicina di lingue • ciukcio, camciadalo (secondo alcuni queste due lingue costituiscono un ramo autonomo che andrebbe considerato famiglia a sé), coriaco, ecc. Lingue austroasiatiche • circa 150 lingue • vietnamita, khmer (cambogiano), ecc. Lingue kam-thai • circa 60 lingue • thai o tailandese (o siamese), laotiano (o lao), kam, li, ecc. (da alcuni queste lingue vengono considerate far parte con le lingue austroasiatiche di una stessa famiglia, detta austrica) Lingue austroneslane • circa un migliaio di lingue • malese-indonesiano, tagalog (o, nella forma standardizzata, pilipino), giavanese, malgascio, ilocano, sundanese, samoano, tongano, figiano, maori, motu, hawaiano, tahitiano,.ecc. Lingue australiane • circa 200 lingue, molte delle quali in via di estinzione • dyirbal, warlpiri, nunggubuyu, tiwi, ecc. (le lingue australiane, parlate oggi per lo più da poche centinaia, o addirittura decine, di parlanti ciascuna, rappresentano una delle aree linguistiche più complesse e intricate del mondo) Lingue Indo-pacifiche (anche lingue papua, o papuane) • circa 730 lingue, per un totale di meno di 3 milioni di parlanti (lo statuto di questa famiglia linguistica è comunque controverso) • lingue della Nuova Guinea e di isole vicine: tasmaniano (estinta), enga, iatmul, asmat, ecc. (anche quest'area linguistica è eccezionalmente frammentata e complessa) Lingue afro-asiatiche • circa 240 lingue • lingue semitiche: arabo, ebraico, maltese, tigrino, amarico, ecc.; lingue cuscitiche: somalo, galla, oromo, ecc.; lingue ciadiche: hausa, ecc.; lingue berbere: kabilo, tuareg, tamazight, ecc. Lingue nilo(tico)-sahariane • circa 140 lingue • nubiano, dinka, kanuri, h.!O, ecc. Lingue nlger-cordofaniane • circa 1060 lingue (è la famiglia più numerosa, con aree in cui la distribuzione delle diverse lingue è molto intricata e sovrapposta, e complessa da studiare) • lingue bantu: swahili (più propriamente, kiswahili), zulu, lingala, kikongo, shona, ruanda, ecc.; yoruba, ewe, igbo, fulani, fulfulde, bambara, ecc. Lingue khoisan (ottentotto-bosci- mane) • circa 30 lingue • nama, sandawe, ecc. Lingue amerindiane • circa 610 lingue • lingue nordamericane: eschimesi (inuit, groenlandese), aleutino (queste lif')gue, con alcune altre, vengono a volte considerate un ramo indipendente, chiamato eschimo-aleutino, imparentato alla lontana con le lingue paleosiberiane); navaho, apache (assieme a una trentina di altre lingue, queste due vengono da alcuni considerate costituire una famiglia a sé, detta na-dene); lingue algonchine: cree, cheyenne, ojibwa; cherokee, dakota, ecc. • lingue centroamericane: hopi, nahuatl (o azteco), yucateco (o maya), zapoteco, otomi, mohave, ecc. • lingue sudamericane: lingue caribiche, cuna, quechua, aymarà, tupi, guaranì, arawak, ecc. Anche le lingue amerindiane mostrano una situazione complessa e intricata, per la quale sono stati proposti raggruppamenti diversi Lingue isolate: • basco, burushaski, ket, chiliaco, nahali, ainu (?) Le lingue del mondo prossimativo di lingue che la compongono e per ciascuna il nome di qualche ramo significativo e di alcune lingue che vi appartengono (le lingue più importanti o più note sono indicate in grassetto; fra parentesi, eventualmente, il nome indigeno della lingua; non sono menzionate le lingue antiche non più viventi). A queste andrebbero aggiunte alcune decine (o più di un centinaio, a seconda dei criteri di valutazione) di lingue pidgin e creole, nate dall'incontro e mescolanza in situazioni particolari di lingue per lo più tra loro assai diverse e distanti, e sviluppatesi secondo loro tratti peculiari di ristrutturazione; pertanto, spesso difficili da collocare con precisione in una famiglia linguistica, anche se di solito vengono assegnate alla famiglia della lingua che ha loro fornito la maggior parte dei materiali lessicali (detta 'lingua lessicalizzatrice'). Un pidgin, sistema linguistico semplificato che non ha parlanti nativi, si sviluppa in un creolo quando diventa lingua materna in una comunità. Fra i pidgin più noti vi sono il tok pisin (parlato in Papua Nuova Guinea, e in parte creolizzato), il WAPE (West African Pidgin English, parlato in Nigeria, Camerun, Ghana), il Chinese Pidgin English (parlato un tempo in località della Cina meridionale), il russenorsk (parlato sulle coste del Mare Artico), il fanakalo o fanagalò (parlato in Sudafrica, Namibia, Zimbabwe). Fra i creoli: lo sranan (Suriname), il krio (Sierra Leone), il giamaicano (Giamaica), il papiamento (isole di Curaçao, Aruba, Bonaires), il creolo haitiano (Haiti), il mauriziano (isola di Mauritius), il seicellese (Seychelles). La cartina l (figura 6.1) mostra la distribuzione geografica approssimativa tradizionale delle principali famiglie linguistiche (e di quattro lingue isolate, prive di parentela riconoscibile). Delle migliaia di lingue esistenti, soltanto alcune decine possono essere considerate 'grandi' lingue, con un numero sostanzioso di parlanti e appoggiate a una tradizione culturale di ampio prestigio. Secondo stime relative al 2003, risultavano esserci al mondo 64 lingue con più di 10 milioni di parlanti nativi, e 125 con più di 3 milioni. Per 'parlanti nativi' di una lingua si intendono i parlanti di una lingua che hanno imparato quella lingua nella socializzazione primaria e quindi la possiedono come lingua materna (la cosa può presentare qualche problema: per es., per l'italiano vengono normalmente considerati parlanti nativi anche coloro che come lingua della socializzazione primaria hanno avuto uno dei dialetti italiani). Molte lingue (soprattutto in aree isolate e con pochi parlanti, in Oceania, in Amazzonia, ecc.) si stanno peraltro estinguendo: si calcola che a inizio del Terzo Millennio circa il 20% delle lingue esistenti al mondo siano in imminente pericolo di scomparsa. Riportiamo la graduatoria delle principali lingue per numero di parlanti nativi ad inizio del Terzo Millennio. Occorre tuttavia tener conto che il dato puramente demografico, il numero dei 231 Lingue pidgin e creole Le grandi lingue Fig.6.1-Distribuzionedellefamiglielinguistichenelmondoall'iniziodell'etàmoderna. ))}}}} ~ -=~t'.lc, e, v Nordamericaneo~ ~ Altaiche Indoeuropee/Caucasiche ,;:-..'0-..MKOSino-Tibetane •o"v\r(7;.Ì1.u® Lingueisolate CD=Basco ®=Burushaski ®=Chiliaco @=Ainu Niger-Cordofaniane Khoisan/o Indoeuropee Austroasiatiche o Q~, I~ /è-vAustronesiane V(f'=~s::~·\ndopacifiche~,7,:7 "' o plurale> duale> triale> paucale. Se una lingua ha il paucale allora ha anche il triale; se ha il triale ha anche il duale; se ha il duale ha anche il plurale; se ha il plurale ha anche il singolare. 22. Gerarchia delle classi di parole: verbo> nome > aggettivo > avverbio. Se una lingua ha avverbi, allora ha anche aggettivi; se ha aggettivi ha anche nomi; se ha nomi ha anche verbi. 23. Gerarchia di accessibilità del sintagma nominale per la frase relativa: soggetto> oggetto diretto > oggetto indiretto> obliquo> genitivo> oggetto di comparazione. Se una lingua ha una costruzione che permette di relativizzare l'oggetto di comparazione, ossia di costruire una frase relativa in cui il sintagma relativizzato abbia questa funzione (es. l'uomo di cui Mary è più alta), allora ce l'ha anche per il genitivo (complemento di specificazione); se ce l'ha per il genitivo ce l'ha anche per l'obliquo; se ce l'ha per l'obliquo ce l'ha anche per l'oggetto indiretto; se ce l'ha per l'oggetto indiretto ce l'ha anche per l'oggetto diretto; se ce l'ha per l'oggetto diretto ce l'ha anche per il soggetto. In altri termini: il soggetto è più accessibile alla relativizzazione dell'oggetto diretto; l'oggetto diretto più di quello indiretto; l'oggetto indiretto più dell'obliquo, e così via. In lingue ergative, il soggetto di verbi intransitivi e l'oggetto di verbi transitivi sono più accessibili alla relativizzazione del soggetto dei verbi transitivi. 24. Gerarchia di animatezza: pronomi di prima e seconda persona> pronomi di terza persona> nomi propri > nomi comuni umani > nomi comuni animati > nomi comuni inanimati. I pronomi di prima e seconda persona identificano referenti animati (e che possono quindi funzionare da agente) più di quelli dei pronomi di terza persona; i pronomi di terza perso- Le lingue del mondo na più dei nomi propri; i nomi propri più dei nomi comuni umani; i nomi comuni umani più di quelli animati; i nomi comuni animati più di quelli inanimati. 25. Gerarchia dei termini di colore: "bianco" e "nero"> "rosso"> "giallo" o "verde"> "giallo" e "verde"> "blu"> "marrone"> "viola", "rosa", "arancione" e "grigio". Se una lingua ha soltanto due termini di colore, allora sono quelli per il bianco e il nero (ossia, hanno bianco e nero come loro punti focali); se ha un terzo termine, è quello per il rosso; se ne ha un quarto, è o quello per il giallo o quello per il verde; se ne ha un quarto e un quinto, sono quelli per il giallo e per il verde; se ne ha un sesto, è quello per il blu; se ne ha un settimo, è quello per il marrone; se ne ha ancora altri, sono quelli per il viola, il rosa, l'arancione e il grigio. 6.2.1 Tipologia morfologica 241 Un primo modo di individuare tipi linguistici diversi e di classificare quindi tipologicamente le lingue è basato sulla morfologia, e più precisamente sulla struttura della parola. A seconda di come è fatta una parola in una data lingua, del rapporto che c'è fra parole e morfemi e del tipo e natura dei morfemi che costituiscono le parole, si distinguono quattro tipi morfologici fondamentali di lingua (due dei quali con sot- totipi). La classificazione delle lingue Un primo tipo morfologico è dato dalle lingue isolanti. È 'isolante' una lingua in cui la struttura della parola è la più semplice possibile: ogni parola è tendenzialmente costituita da un solo morfema (la radice lessicale), e dunque il rapporto morfemi:parole (detto 'indice di sintesi') è generalmente 1:1. L'indice di sintesi, che rappresenta il numero di morfemi per parola, si ottiene dividendo in un dato testo il numero dei morfemi per il numero delle parole. Più è basso tale indice in un qualunque testo in quella lingua, e più quindi il numero dei morfemi tende a coincidere con quello delle parole, più la lingua è detta 'analitica'; al contrario, più è alto l'indice, più la lingua è 'sintetica'. Il nome isolanti si giustifica col fatto che, approssimativamente, tali lingue non solo 'isolano' in blocchi unitari inscindibili le singole parole, ma anche esprimono spesso significati complessi scindendoli, 'isolandoli', in lessemi semplici giustapposti. Le lingue isolanti infatti non presentano tendenzialmente morfologia flessionale, e hanno poca o nulla morfologia derivazionale. I significati e i valori di varia natura codificati nelle lingue di altro tipo dalla morfologia sono, nelle lingue isolanti, affidati al lessico (o ad altri mezzi, come anche la sintassi). Oltreché monomorfematiche, nel tipo isolante le parole sono anche spesso monosillabiche. Sono riportabili a questo tipo, e quindi vengono classificate come lingue isolanti: il vietnamita (tipicamente), il cinese, il thailandese, lo yoniba, !'hawaiano, eccetera. Si noti che anche l'inglese in base alla struttura della parola Lingue isolanti L'indice di sintesi Caratteristiche delle lingue isolanti 242 Caratteristiche isolanti dell'inglese Una tipica lingua isolante: il vietnamita Lingue agglutinanti La linguistica presenta alcuni caratteri di lingua isolante, grazie soprattutto alla morfologia flessionale assai ridotta che possiede. I morfemi flessionali del- 1'inglese non raggiungono propriamente la decina: il suffisso del plurale dei sostantivi (cfr. § 3.4), i suffissi del comparativo di maggioranza (cfr. § 3.4) e del superlativo relativo, la terza persona del presente, le marcature (mediante suffissi o modifiche della radice) del passato e del participio passato, il suffisso del participio presente -ing (che può però anche essere ritenuto un morfema derivazionale che crea nomi a partire da verbi), e pochissimi altri... Qualche esempio dal vietnamita, lingua austroasiatica della sottofamiglia mon-khmer considerata isolante per eccellenza: 1. sach ay hay ="quel/quei libro/-i è/sono bello/-i" "libro" DIM. DIST "bello" (lett.: "libro quello, bello") 2. toi doc sach ="leggo un libro/leggo libri" PRO l" SG "leggere" "libro" (lett.: "io leggere libro") 3. ngu'ò' i dàn ong la ="lo straniero" "persona" CLASS "maschio" "di fuori" ("sesso") (lett. "nonno") In vietnamita, che è anche una lingua a toni (qui resi dagli accenti; cfr. § 2.3.2), le parole entrano per lo più a costituire frasi nella forma di radici lessicali nude, senza morfemi che realizzino categorie grammaticali; e una parte dei significati che in una lingua come l'italiano sarebbero resi dalla morfologia flessionale (e derivazionale) in una lingua isolante come il vietnamita sono affidati al lessico. Per marcare il plurale di un sostantivo, qualora ciò fosse necessario, si usano numerali o nomi classificatori. Analogamente, come si vede dall'esempio 3, per il genere naturale. Un secondo tipo morfologico è dato dalle lingue agglutinanti. È 'agglutinante' (agglutinare vuol dire etimologicamente "incollare insieme") una lingua in cui le parole hanno una struttura complessa, sono formate dalla giustapposizione di più morfemi, che dànno luogo a una catena di morfemi anche lunga; tali lingue presentano quindi tendenzialmente un alto indice di sintesi, spesso attorno o superiore a 3: 1. Inoltre, nelle lingue agglutinanti i morfemi di solito hanno un valore univoco e una sola funzione (non vi sono, o sono rari, morfemi cumulativi: cfr. § 3.2.3): ogni affisso marca biunivocamente solo una categoria grammaticale. All'interno della parola i morfemi sono facilmente individuabili, ben separabili l'uno dall'altro; sono anche relativamente rari fenomeni di allomorfia e di omonimia tra morfemi, e e'è nel complesso una notevole regolarità nella grammatica. Le parole si presenta- Le lingue del mondo no nelle frasi come stringhe compatte di morfemi, ciascuno ben riconoscibile. Sono lingue agglutinanti, per esempio: il turco, l'ungherese, il finlandese, il basco, il giapponese, lo swahili e in genere le lingue bantu, il kannada, ecc. (è agglutinante anche la più nota e importante delle lingue ausiliarie inventate, l'esperanto). Qualche esempio dal turco, lingua agglutinante per eccellenza: 1. ellerimde "nelle mie mani": el ler im de "mano" PL POSS.l" SG LOC 2. kitaplarimi "i miei libri (compl. oggetto)": kitap lar im "libro" PL POSS.l" SG ACC 3. sondiiriilememek "non poter venire spento": son diir - iii eme mek "spegnere" CAUS PASSIVO POT.NEG INF (letteralm. "non poter essere fatto spegnere") Nell'ultimo esempio, 3, la trafila agglutinativa può essere parafrasata all'incirca così: son radice lessicale per "spegnere" più il suffisso causativo -diir, che dà "far spegnere", più il suffisso passivo -iii, che dà "essere fatto spegnere", più il suffisso potenziale negativo -eme, che dà "non poter esser fatto spegnere"; e infine il suffisso dell'infinito -mek. Jn una lingua agglutinante, dunque, le parole possono essere anche molto lunghe e sono costituite da una radice lessicale (negli esempi, el"mano", kitap- "libro" - si noti che anche in turco, come in swahili cfr. § 3.4- la parola per "libro" è un prestito dall'arabo - e, come detto, son- "spegnere") a cui sono attaccati più affissi (nel caso del turco, disposti in concatenazione alla destra della radice). Come si vede, i due nomi e la forma verbale esemplificati realizzano nella morfologia valori che in lingue come l'italiano vengono manifestati piuttosto attraverso il lessico: è il caso per esempio della possessività (resa con il suffisso -im-; in italiano, con pronomi o aggettivi possessivi) o della causatività (resa con il suffisso -diir-; in italiano, con la perifrasi lessicale fare + infinito). Una conseguenza di superficie di ciò è che il corrispondente di quello che in una lingua agglutinante è una sola parola, un nome o un verbo, in una lingua come l'italiano è spesso un sintagma nominale o un verbo complesso. Si noti che il suffisso del plurale compare in due forme diverse, -ler- e -lar-: ciò parrebbe contraddire il principio che le lingue agglutinanti ignorino le irregolarità allomorfiche, ma è spiegabile col fenomeno, del tutto regolare e prevedibile in turco, della cosiddetta armonia vocalica, per il quale la vocale dei suffissi si adegua o as- 243 Una tipica lingua agglutinante: il turco Caratteristiche delle lingue agglutinanti 244 Lingue flessive o fusive La linguistica simila al timbro dell'ultima vocale della radice (in turco, gli affissi seguono sempre la radice lessicale): -/g_r-, perché la radice è r:_l;-lg_r-, perché la radice è kitgp (fenomeno di assimilazione a distanza: cfr. § 7.1.2). Si badi anche al modo ben diverso con cui le lingue agglutinanti, che spesso hanno morfologia di caso, marcano le categorie flessionali rispetto ad una lingua come il latino, flessiva e con morfologia di caso. Per es., il corrispondente in latino di turco kitaplarimi (es. 2) sarebbe libros meos: mentre nella forma turca abbiamo una sola parola costituita da radice lessicale più morfema di numero più morfema di caso, separati e in successione ben scandita, nel secondo avremmo due parole, la prima (libros) costituita da radice più un morfema cumulativo di numero e caso, e la seconda (meos) costituita da radice più un morfema cumulativo di numero, genere e caso. Un terzo tipo morfologico è dato dalle lingue flessive (o fusive). Sono 'flessive' le lingue che presentano parole internamente abbastanza complesse, costituite tendenzialmente da una base lessicale semplice (una radice) o derivata e da uno o anche più affissi flessionali che spesso sono morfemi cumulativi, veicolando ciascuno più valori grammaticali assieme e assommando diverse funzioni. Rispetto alle lingue agglutinanti, hanno un indice di sintesi minore (di solito, attorno a 2: 1 o fra 2: 1 e 3:1), cioè le parole hanno una struttura meno complessa e sono composte da una catena meno lunga di morfemi; ma per converso vi sono molti fenomeni di allomorfia e di fusione, che amalgamano spesso i singoli morfemi e li rendono non ben separabili e identificabili con qualche difficoltà, cosicché l'articolazione in morfemi delle parole risulta meno trasparente e la loro scomposizione non sempre evidente. L'analisi morfematica delle lingue flessive è resa a volte vieppiù disagevole dal fatto che non sono rari fenomeni di omonimia, sinonimia e polisemia di morfemi; nel complesso, la morfologia di queste lingue presenta molte irregolarità e idiosincrasie. Proprio per la caratteristica di riunire più significati su un solo morfema flessionale e di fondere assieme i morfemi rendendo spesso poco trasparente la struttura interna della parola, tali lingue vengono anche chiamate 'fusive'; mentre il termine 'flessive' si riferisce alla presenza in esse di molta morfologia flessionale che dà luogo a più forme flesse della stessa parola: le parole si presentano nelle frasi tipicamente in una forma flessa, che modula in un certo senso la radice lessicale. Sono lingue flessive in genere le lingue indoeuropee, e quindi le principali lingue parlate in Europa. Ottimi esempi di lingue flessive sono: il greco, il latino, il russo. Le lingue romanze, e quindi l'italiano, sono anch'esse fondamentalmente lingue flessive. Il francese, tuttavia, nella versione parlata, sensibilmente diversa dallo standard scritto in Le lingue del mondo quanto non marca alcune opposizioni di flessione realizzate solo nella grafia (per es., quanto alla marcatura del plurale, livre "libro" o fort "forte (masch.)" si oppongono sì a livres "libri" eforts "forti (masch.)" nello scritto, ma nel parlato sia al singolare che al plurale sono realizzati [livff] e [foR] rispettivamente), può presentare un indice di sintesi inferiore a 2, che lo avvicina quasi alle lingue isolanti. Anche l'inglese viene considerato fondamentalmente una lingua fusiva, anche se la ridotta morfologia flessionale da esso posseduta (sono poche le marche di categorie flessionali che operano nella grammatica dell'inglese, cfr. appena sopra) può rendere l'indice di sintesi di un testo inglese (si ricordi che l'indice di sintesi si calcola dividendo il numero dei morfemi per il numero delle parole in un dato testo in una lingua) pari a 1,5 (1,5:1) o anche meno, avvicinandosi quindi a quello tipico delle lingue isolanti. Qualche esempio di struttura della parola e di fenomeni tipici di lingue flessive: 1. italiano: a. buon o bon tà "buono" MASCH.SG "buono" SOST.ASTR san ità (*buon - ità) "sano" SOST.ASTR b. nel(= in+ il): n el (?) ne l (?) "in" ART.DET.MASCH.SG "in" ART.DET.MASCH.SG 2. latino: 3. a. puell arum ("delle ragazze") "ragazza" GEN.PL. l aDECL (FEMM) b. miles 0 ("il soldato") milit ibus ("ai soldati") "soldato" russo: a. star "vecchio" b. star "vecchio" c. gol6v "testa" d. govor{ "parlare" NOM "soldato" DAT.PL.33 DECL uju "vecchia" (compi. ogg) ACC ogo "di vecchio" GEN.SG.MASCH/NT 0 "delle teste" GEN.PL l a PASS.IMPF FEMM.SG "io (donna)/tu (donna) /lei parlavo/-i/-a" Negli esempi dall'italiano, vediamo che la proporzione (la) sano, aggettivo, sta a sanità, nome deaggettivale con la stessa radice lessicale, come buono, aggettivo, sta al rispettivo nome deaggettivale ci fa- 245 Esempi di lingue flessive 246 Il sottotipo introflessivo Una tipica lingua introflessiva: l'arabo La linguistica rebbe prevedere la forma *buonità: abbiamo invece bontà, con doppia allomorlia, sia nella radice sia nel morfema derivazionale; in nel (1.b), è chiaro che sono fusi la preposizione in e l'articolo il, ma non è affatto evidente dove si possa fare il taglio, se cioè la forma debba essere segmentata come n-el oppure come ne-l (inoltre, il morfema dell'articolo appare fortemente cumulativo). Gli esempi dal latino sono tipiche forme flesse di parola, con radice lessicale più desinenza di caso che cumula anche i valori di altre categorie grammaticali; si noti anche in miles (2b) il morfo zero, con concomitante allomorfia della radice, per il nominativo. Gli esempi dal russo, oltre al carattere sistematicamente cumulativo dei morfemi flessionali, mostrano anche qui la presenza di un tipico morfema zero: il genitivo plurale di un nome come golova "testa" è costituito dalla nuda radice lessicale (3c). Si noti anche la marcatura di genere nella forma verbale (3d). Nel tipo morfologico flessivo si distingue un sottotipo 'introflessivo', caratterizzato dal fatto che i fenomeni di flessione avvengono anche dentro la radice lessicale: i morfemi flessionali ed eventualmente derivazionali sono in parte dei transfissi (cfr. 3.2.2) vocalici che si inseriscono all'interno di una base discontinua triconsonantica, intercalandosi fra le consonanti di questa. Esempio tipico di lingua introflessiva è l'arabo, in cui per esempio a partire dalla radice lessicale triconsonantica k-t-b "scrittura/scrivere" possiamo avere fra le altre le seguenti forme: kataba "(lui) scrisse", katabtu "scrissi", 'aktubu "scrivo", kitab "libro", kutub "libri", al-kitabu "il libro (sogg.)", al-kutubu "i libri (sogg.)", kitabun "un libro (sogg.)", kitaban "un libro (compl. ogg.)", ecc.; che si possono per esempio analizzare in morfemi come segue (per possibili schemi di rappresentazione cfr. Scheda 3.1): 1. k-a-t-a-b-a = k-t-b- + -a-a-a "scrivere" PERF.3"SG.MASCH 2. k-u-t-u-b = k-t-b- + -u-u"scrivere" SOST.CONCR.PL 3. al-k-i-t-a-b-u = · al- -k-t-b + -i-a- - u DEF "scrivere" SOST.CONCR.SG NOM 4. k-i-t-a-b-un = k-t-b- + -i-a- - un "scrivere" NOME.CONCR.SG NOM (INDEF) Come si vede, nella morfologia dell'arabo vi sono, oltre ai transfissi, anche prefissi e suffissi: nel nostro materiale, per esempio, il prefisso al-, che marca la determinatezza del nome, equivalendo dunque ad un articolo determinativo; i suffissi di caso -u, -un e -an, che marcano rispettivamente il nominativo, determinato e indeterminato, e l'accusa- Le lingue del mondo tivo (si noti che le desinenze di caso, come -u, -un, -an nei nostri esempi, non sono usate nell'arabo moderno parlato). Si noti che i transfissi arabi possono essere contemporaneamente morfemi derivazioni e flessionali: in kitab "libro" per es. il transfisso -u-u- aggiunge alla radice kt-b "scrivere" il valore derivazionale di nome e quello flessionale di plurale. Vi è infine il quarto tipo morfologico fondamentale, quello 'polisintetico'. Le lingue polisintetiche sono quelle che hanno la struttura della parola più complessa. Come le lingue agglutinanti, hanno la parola formata da più morfemi attaccati assieme, ma (a differenza di queste, in cui normalmente vi è in una parola una sola radice lessicale) presentano la peculiarità che in una stessa parola compaiono due o più radici lessicali, morfemi pieni. Le parole di queste lingue tendono dunque a corrispondere spesso a ciò che nelle altre lingue sarebbero delle frasi intere: all'opposto delle lingue isolanti, le lingue polisintetiche (la cui denominazione si riallaccia appunto al fatto che possono sintetizzare in una sola parola elementi che in altre lingue sarebbero più parole autonome) realizzano nella morfologia valori semantici che di solito sono affidati al lessico. L'indice di sintesi medio nelle lingue polisintetiche è quindi 4: 1 o superiore. Rispetto alle lingue agglutinanti, le lingue polisintetiche presentano inoltre fenomeni di fusione che rendono a volte poco trasparente la struttura della parola, come nel tipo flessivo. Sono lingue polisintetiche molte lingue amerindiane (per es. le lingue del gruppo eschimese), quelle della famiglia paleosiberiana, molte lingue australiane, eccetera. Ecco un paio di esempi dal groenlandese occidentale, una varietà di eschimese (non scendiamo qui in dettagli nel commento della struttura morfematica; cfr. comunque Box 3.1): I. illuminiippuq "è a casa sua": illu mi nii(p) puq "casa" POSS.33 SG.RIFL "essere in" 3" SO. IND 2. illu sananiqarsimaqqaarpuq "(la) casa fu costruita per prima": illu sana - mqar - sima - qqaar - puq "casa" "costruire" PASSIVO PERF "primo" 3" SG.IND Poiché in molte di queste lingue si vengono ad avere parole nella cui struttura si trovano una radice verbale e la radice nominale che in una proposizione rappresenterebbe il complemento oggetto o un complemento diretto di questa, le lingue polisintetiche sono a volte anche chiamate 'incorporanti'. Per alcuni, più in particolare, le lingue incorporanti sarebbero un sottotipo delle lingue polisintetiche, caratterizzato dalla sistematicità con cui il complemento diretto è incorporato dalle radici verbali. Un esempio dal coriaco (koryak), lingua paleosiberiana 247 Lingue polisintetiche Una tipica lingua polisintetica: il groenlandese Lingue incorporanti 248 Distinzione tra lingue analitiche e lingue sintetiche Caratteri non flessivi dell'italiano La linguistica che presenta in maniera evidente tale tecnica di incorporazione dell'oggetto in quelli che risultano verbi-frase: tiqoyanmatekm "io macello (abitualmente) renne". La parola è all'incirca così analizzabile (si noti che nel tipo incorporante in una stessa parola compaiono, come si vede dalle glosse morfematiche, affissi flessionali verbali e nominali). ti qoya PRO.l a SG "renna" nm PRES atek "ammazzare" In ACC In tupinamba, lingua del gruppo tupi-guaranf (America Meridionale), è riportata una serie lessicale come a'i'u "bevo acqua", aka'u "bevo kawi" (una bevanda locale), ama'é'u "mangio oggetti non umani", apor'u "mangio carne umana", con una sistematica inserzione dell'unità lessicale per il complemento oggetto del verbo all'interno del morfema verbale per "ingerisco", a-'u. Un procedimento di infissazione, o meglio ancora di circonfissazione, in cui però entrambi i morfemi in gioco sono radici lessicali. Passando dal tipo linguistico isolante al tipo linguistico polisintetico vi è dunque un progressivo complicarsi della struttura della parola: le lingue isolanti sono lingue tipicamente analitiche (che 'spezzano' il contenuto da codificare e trasmettere in blocchi unitari semplici), le lingue agglutinanti e ancor più le lingue polisintetiche sono lingue, appunto, tipicamente sintetiche (che sintetizzano, 'impacchettano', assieme più blocchi di contenuto, ottenendo entità complesse). Il tipo flessivo o fusivo occupa da questo punto di vista una posizione intermedia tra l'analiticità e la sinteticità: +Analitico +Sintetico 1. isolanti 1. flessivo-fusive 1. agglutinanti 1. polisintetiche Si ricordi che i termini analitico e sintetico sono anche usati in generale per indicare tipi di costrutti o procedimenti presenti nelle lingue: mangiai è per es. una forma verbale sintetica, ho mangiato una forma analitica. Semplificando un po', potremmo dire che a quelle strutture che secondo il tipo flessivo sono parole corrispondono nel tipo isolante ideale componenti minimali del contenuto delle parole, nel tipo agglutinante ideale dei sintagmi e nel tipo polisintetico ideale delle frasi. Abbiamo detto che l'italiano dal punto di vista della tipologia morfologica èfondamentalmente una lingua flessiva (o fusiva). In certi settori della formazione delle parole in italiano troviamo tuttavia la presenza di fenomeni o meccanismi degli altri tipi morfologici: isolante, come in auto civetta; agglutinante, come nei cumuli di suffissi e/o pre- Le lingue del mondo fissi: ristrutturazione, probabilisticamente; e anche polisintetico (tipicamente nelle parole composte, v. § 3.3. e Box 3.2): capostazione, retrocederemmo (una forma di verbo al condizionale di questo genere è in effetti parafrasabile all'incirca come "eventualmente siamo nella condizione di andare indietro", e contiene a rigore due radici lessicali, retro e cedere). 6.2.2 Tipologia sintattica Tipologia dell'ordine dei costituenti Un secondo fondamentale criterio o principio per classificare le lingue in tipi linguistici è basato sulla sintassi, e precisamente sull'ordine basico (normale, non marcato) dei costituenti principali della frase, quello che si ha nelle frasi dichiarative canoniche. Tale criterio è anzi divenuto negli ultimi tempi sempre più importante, e rappresenta oggi il cardine della tipologia linguistica. I costituenti sintattici fondamentali presi in considerazione come fondamento della classificazione tipologica sono quelli che realizzano il soggetto (S), il verbo o predicato verbale (V) e il complemento oggetto o complemento diretto (O). Dal mero punto di vista delle possibilità teoriche di combinazione, sono possibili sei ordini diversi: SVO, SOV, VSO, VOS, OVS, OSV. In effetti, almeno cinque di questi ordini (se non tutti e sei: v. sotto) risultano presenti nelle lingue del mondo, ma con una consistenza e distribuzione statistica molto diversa: SOV è l'ordine più frequente (a seconda dei campioni di lingue prese in considerazione e del relativo computo, si va da più di un terzo a circa due terzi di lingue che avrebbero questo come ordine basico), e SVO è poco meno attestato ed è comunque il secondo per frequenza (da circa un terzo a quasi la metà delle lingue a seconda dei campioni). VSO è il terzo ordine per frequenza (Il %-15% delle lingue), mentre il quarto è VOS (5%-10%; si ha in malgascio, in tzotzil e altre lingue dell'America Centrale). Si noti che allora almeno i due terzi abbondanti delle lingue del mondo hanno un ordine basico col soggetto in prima posizione, e almeno i quattro quinti hanno il soggetto prima dell 'oggetto. Gli altri due ordini sono marginali: OVS si riscontra con una frequenza molto bassa (1 %-5%; lo hanno l'hixkaryana e altre lingue caribiche, come l'apalai, della zona del Rio delle Amazzoni, il mamvu, lingua nilotico-sahariana dello Zaire), e OSV appare rarissimo, se non assente del tutto (1 %?): è stato segnalato, non senza qualche dubbio, per il dyirbal, lingua australiana, e per yamamadi e apurina, lingue del Sudamerica. Va però tenuto conto che, essendo per es. il dyirbal una lingua ergativa (cfr. sotto in questo stesso§), il particolare sistema di marcatura di soggetto e oggetto in tali lingue può offuscare il riconoscimento dell'ordine dei costituenti per quello che riguarda le posizioni di Se O. 249 La classificazione delle lingue in base all'ordine dei costituenti I sei ordini possibili eia loro distribuzione 250 LingueSVO LingueSOV LingueVSO Esempi di ordini La linguistica L'italiano, come tutte le altre lingue romanze, l'inglese e altre lingue germaniche, le lingue slave, il greco, il finlandese, l'ebraico moderno (ivrit), il vietnamita, l'indonesiano, il swahili, lo hausa, lo yoruba, il guaranf, ecc., è lingua SVO (si noti che invece il latino era fondamentalmente SOV, col verbo finale). Lo statuto del tedesco a questo proposito è invece discusso: vi sono sia ragioni per ritenerlo una lingua SVO che ragioni per ritenerlo una lingua SOV, a seconda che si prenda in considerazione l'ordine che si ha nelle frasi principali o quello che si ha nelle subordinate; fondamentalmente comunque il tedesco è una lingua 'verb-second', che nelle frasi dichiarative non ammette mai il verbo in posizione iniziale. Sono SOV fra le altre: turco, giapponese, coreano, ungherese, curdo, persiano, pashto, hindi, bengali, tamil, kannada, tibetano, somali, quechua. Sono VSO: arabo, ebraico classico, gaelico, gallese, maori, tongano, samoano. Qualche esempio: 1. la ragazza legge il libro s V o the giri is reading the book "la ragazza sta leggendo il libro" s V o (inglese) 2. puella librum legit "la ragazza legge il libro" (latino) s o V lett. "(la) ragazza (il) libro legge" k1z kitabl okuyor ("la ragazza legge il libro" (turco) s o V lett. "(la) ragazza il libro legge" 3. taqra' u al-bint al-kitaba "la ragazza legge il libro" (arabo) V s o lett. "legge la ragazza il libro" kataba muhammadun kitaban ("Mohammed scrisse un libro" V s o (arabo) lett. "scrisse Mohammed un li- bro" 4. nahita ny mpianatra ny vehivahy "la donna vide lo studente" V o s (malgascio) lett.: "vide lo studente la don- na" 5. kana yanimno biryekomo "il ragazzo ha preso un pesce" o V s (hixkaryana) lett.: "un pesce prese il ragazzo" Si noti che il latino potrebbe essere considerato sia una lingua SOV sia una lingua a ordine libero, data la frequenza con cui si trovano anche altri ordini (librum legit puella, librum puella legit, legit puella librum, ecc.); in genere, la rigidità relativa dell'ordine ha una certa correlazione con la quantità di morfologia flessionale, nel senso che meno mor- Le lingue del mondo fologia flessionale - e in particolare morfologia di caso - hanno le lingue, più tendono ad avere un ordine fisso, che consente l'identificazione delle funzioni sintattiche altrimenti ottenute con mezzi morfologici. A mero titolo di curiosità, si può ricordare che Yoda, il personaggio extraterrestre del noto film Il ritorno dello ledi (1983), ripreso nei primi anni del Duemila nei cinema italiani, parla (almeno nella versione originale) una lingua con ordine OSV, il tipo più raro e improbabile: sick /'ve become "(lett.) malato io sono diventato", when nine hundred years you reach, look as good you will not "(lett.) quando novecento anni tu raggiungi, tanto bene tu non starai". Perché gli ordini di gran lunga predominanti sono SOV e SVO, seguiti da un terzo tipo relativamente importante, VSO? Una prima spiegazione ragionevole consiste nel fatto che, come abbiamo visto (cfr. § 4.3.4), se non ci sono buoni motivi perché sia diversamente, il soggetto di una frase coincide con il tema: e il tema, nell'ordine naturale dei costituenti informativi, sta in prima posizione (prima il tema, ciò di cui si parla, poi il rema, ciò che si dice al proposito). Entrambi i due ordini predominanti hanno appunto il soggetto in prima posizione (e, per es., le varietà di arabo oggi parlate in area magrebina tendono a essere SVO invece che VSO come l'arabo classico). Inoltre, in parte collegati con questa condizione basilare, sembrano agire due princìpi: a. il 'principio di precedenza', per cui fra i costituenti nominali il soggetto, data la sua prominenza e priorità logica, deve precedere l'oggetto (principio più forte); b. il 'principio di adiacenza', per cui verbo e oggetto debbono essere contigui, in ragione della loro stretta relazione sintattico-semantica e della dipendenza diretta del secondo dal primo (principio più debole del precedente). Avremmo quindi che SOV e SVO obbediscono ad entrambi i princìpi (S precede O, V è contiguo a O); e VSO è la terza possibilità, che realizza il primo ma non il secondo principio, meno forte (S precede O, V non è contiguo a 0). Le altre tre possibilità sarebbero poco frequenti perché risultano sfavorite, dispreferite, dato che o violano il primo principio (il più forte), VOS e OVS (in cui V è contiguo a O, ma S non precede O), o li violano entrambi, OSV (in cui S non precede O, e V non è contiguo a O).A rigore, quest'ultimo ordine dovrebbe quindi essere impossibile, nelle lingue. Un risultato importante della tipologia dell'ordine dei costituenti sta nella constatazione che esistono chiare correlazioni fra l'ordine basico dei costituenti maggiori di frase e l'ordine degli elementi in altri tipi di Ragioni del predominio degli ordini SOVeVSO Il principio 251 di precedenza Il principio di adiacenza 252 Gli universali implicazionali Le lingue VO Le lingue OV La linguistica costrutti. In particolare, però, l'ordine SOV e l'ordine VSO correlano bene con altri parametri posizionali, mentre SVO correla solo debolmente: se sappiamo solo che una lingua è SVO, possiamo prevedere poco circa la collocazione reciproca di altri costituenti, mentre se è SOV o VSO abbiamo una buona possibilità di predire con una certa sicurezza gli ordini di altri elementi in altri costrutti. Su queste basi, sono stati elaborati degli 'universali implicazionali', princìpi generalmente validi che collegano fra loro le posizioni di diversi elementi nella frase e nei sintagmi. È per esempio un universale implicazionale che non conosce eccezioni il seguente: SOV =>(AN=> GN); che si legge: 'se una lingua ha l'ordine SOV e se in quella lingua nel sintagma nominale l'aggettivo precede il nome (AN), allora il genitivo (complemento di specificazione) precederà certamente il nome che gli fa da testa (GN)': in latino, infatti, lingua SOV che ha anche AN (fortunatus homo "uomo ricco"), si ha GN (pacis foedus "trattato di pace"), È un universale implicazionale anche il suo parallelo: VSO => (NA => NG) (se una lingua ha l'ordine VSO e se l'aggettivo segue il nome, allora il genitivo seguirà certamente il nome). Alcuni studiosi hanno cercato di costruire tipologie complesse a partire dalla collocazione reciproca di verbo e oggetto, tralasciando il soggetto, che è per così dire esterno al rapporto di dipendenza col verbo. Sono così stati riconosciuti due tipi fondamentali (cfr. anche§ 4.4): a. lingue VO, che 'costruiscono a destra', o postdeterminanti, con l'ordine, in termini logici, operando/operatore (o testa/modificatore, dato che V è la testa del sintagma verbale; tali lingue sono anche dette 'a testa iniziale'); b. lingue OV, che 'costruiscono a sinistra', predeterminanti, o 'a testa finale', con l'ordine operatore/operando (modificatore/testa). Le lingue del tipo VO avrebbero tendenzialmente anche NA (l'aggettivo dopo il nome), NG (il genitivo dopo il nome), NPoss (il possessivo dopo il nome), NRel (la frase relativa dopo il nome), VAvv (l'avverbio dopo il verbo), AAvv (l'avverbio dopo l'aggettivo), AusV (la forma verbale piena dopo l'ausiliare; ciò implica naturalmente che consideriamo Aus la testa nelle forme verbali composte; cfr. § 4.4), la presenza di preposizioni, ecc.; le lingue del tipo OV avrebbero all'inverso anche AN, GN, PossN, RelN, AvvV, AvvA, VAus, la presenza di posposizioni, eccetera. Le posposizioni sono l'esatto simmetrico delle preposizioni, cioè elementi funzionalmente analoghi alle preposizioni, ma che stanno dopo il sintagma che reggono: un esempio potrebbe essere in italiano - dove però la presenza di posposizioni è del tutto eccezionale - un anno fa (da confrontare con dopo un anno). Le lingue del mondo Un bel caso di lingua che costruisce rigorosamente a sinistra è il turco, da cui riportiamo un esempio che mostra come anche il corrispondente di una frase relativa (cfr. § 4.5.1), la cui posizione prenominale, davanti alla sua testa, è la prima ad entrare in crisi nelle lingue OV, stia, coerentemente col tipo, davanti al nome che modifica: Istanbula gelen vapur "il battello che viene a Istanbul", letteralmente "a Istanbul (Istanbul-a, con il suffisso -a di dativo/moto a luogo) veniente (gelen, participio presente del verbo gelmek "venire") battello (vapur)", con ordine RelN e, nella frase relativa, OV, esattamente simmetrico a quello normale in italiano. Si noti che in turco sono normalmente usati participi, che reggono complementi, con l'identico valore che ha in italiano la frase relativa (com'è del resto anche possibile in italiano: le auto provenienti da Roma I le auto che provengono da Roma). Costruisce invece regolarmente a destra per esempio il gaelico, di cui qui riportiamo un esempio nella varietà scozzese: chunnaic mi cat m6r aig an dorus "vidi un grosso gatto sulla porta", letteralmente: chunnaic "vidi" mi cat m6r aig an dorus "io" "gatto" "grosso" "a, su" "la" "porta" con ordine VSO (chunnaic mi cat) e N Agg (cat m6r), il complemento modificatore o circostanziale (aig an dorus) alla destra di tutto eccetera. Tali correlazioni plurime valgono tuttavia solo come tendenze statistiche prevalenti, dato che è difficile trovare lingue del tutto congruenti tipologicamente, con ordini dei vari elementi nei diversi costituenti tutti tra loro in armonia. In ogni lingua c'è sempre, per ragioni storiche e di variabilità, un certo ammontare di incoerenza tipologica. L'italiano, per esempio, che è come abbiamo detto una lingua SVO, ha molti tratti tipici delle lingue VO, come ci sarebbe da aspettarsi, quali NG (il libro di Mario), NRel (il libro che ho letto), preposizioni, NA (ordine prevalente: libri difficili; ma esiste anche AN: enormi difficoltà; cfr. § 4.2), AusPP (ho letto), ecc., e si può quindi considerare una lingua fondamentalmente postdeterminante; ma ha anche un certo numero di tratti tipici delle lingue OV, quali AvvA (abbastanza difficile), PossN (i miei libri), ArtN (il libro; più in generale, quindi, DetN), NumN (tre libri), eccetera. Si noti tuttavia che per certe prospettive il determinante è la testa del costrutto che lo contiene, cfr. § 4.2: in questo caso l'italiano non sarebbe dunque in effetti tipologicamente incoerente, per questo punto. Ergatività e prominenza topica/e Merita un cenno un ulteriore parametro tipologico, che coinvolge morfologia, sintassi e semantica: l'ergatività, che riguarda l'organizzazione dei sistemi di casi che traducono in superficie i ruoli semantici con- Caratteri di lingue OV Caratteri di lingue VO Incoerenza tipologica delle lingue L'italiano L'ergatività 253 254 Lingue ergative Una tipica lingua ergativa: l'àvaro La linguistica nessi al verbo. Detto molto in soldoni, esistono infatti delle lingue che, contrariamente alle lingue con sistemi di caso che più comunemente conosciamo (latino, greco, tedesco, russo, ecc.), assegnano una marcatura diversa di caso al soggetto a seconda che esso sia soggetto di un verbo transitivo o di un verbo intransitivo. Queste lingue si chiamano 'ergative', perché attribuiscono una rilevanza particolare alla funzione o ruolo semantico di 'agente' (in greco érgon vale appunto "opera, attività, lavoro", e il verbo ergazomai "compiere"). Le lingue ergative pongono allo stesso caso il complemento oggetto (normalmente,= paziente, in struttura profonda; cfr. § 4.3.3 e 4.4) di frasi transitive e il soggetto di frasi intransitive, e ad un caso diverso il soggetto di frasi transitive (normalmente, = agente). I primi vanno al caso 'assolutivo', il secondo va al caso 'ergativo'. Si dice allora anche che queste lingue contrappongono un sistema di casi 'assolutivo-ergativo' a un sistema, più diffuso, 'nominativo-accusativo'. Il problema è chiaro se pensiamo alle seguenti frasi italiane, la prima intransitiva (con un verbo cosiddetto inaccusativo: cfr. § 4.3.3), e la seconda transitiva: (a) la nave affonda e (b) i pirati affondano la nave. Il ruolo semantico di nave è in entrambe le frasi (a) e (b) quello di 'paziente'(= ciò o colui a cui succede qualcosa, senza che vi sia intervento attivo di tale entità); la relazione dell'entità nave con l'evento affondare è chiaramente la medesima; e verrebbe quindi reso in superficie, in una lingua ergativa, con lo stesso caso, l'assolutivo; i pirati, che compaiono come soggetto nella frase transitiva, col chiaro ruolo semantico di 'agente', verrebbero resi col caso ergativo, specifico per marcare l'agente. I sistemi di caso ergativi quindi riflettono più direttamente in superficie il rapporto fra ruoli semantici e funzioni sintattiche. Sono lingue ergative: il basco, le lingue caucasiche, il dyirbal e molte lingue indigene d'Australia, l'eschimese, il ciukcio, il tongano e altre lingue austronesiane della Polinesia, eccetera. Qualche esempio dall'àvaro (lingua caucasica della Georgia sudorientale), in cui peraltro l'originario rapporto del caso assolutivo con il ruolo di paziente con un verbo si è offuscato, come mostra il suo impiego per il soggetto di un verbo come "correre": 1. vas vekerula "il ragazzo corre" vas-0 v eker ula "ragazzo".(ASS) ASS.MASCH.SG "correre" PRES 2. jas jekerula "la ragazza corre" jas-0 j eker ula "ragazza".(ASS) ASS.FEMM.SG "correre" PRES Le lingue del mondo 3. vasass jas jeccula "il ragazzo loda la ragazza" vas- ass jas-(Z) j- ecc- ula "ragazzo" ERG "ragazza".(ASS) ASS.FEMM.SG "lodare" PRES Vas "ragazzo" e jas "ragazza", soggetti nelle frasi intransitive, (1) e (2), sono al caso assolutivo. Si badi che in àvaro il caso assolutivo è dato dalla forma 'nuda' della parola, senza morfemi di caso, come accade spesso nelle lingue ergative, nelle quali l'assolutivo va considerato il caso non marcato; come si vede, in àvaro esistono invece morfemi di accordo del caso assolutivo sul verbo. Così come jas, complemento oggetto nella frase transitiva, (3); mentre vasass in questa frase è al caso ergativo. Si noti che nelle lingue ergative non esistono, ovviamente, i casi nominativo e accusativo. La frase in versione ergativa, appunto (3), può essere meglio parafrasata all'incirca come "il ragazzo agisce in modo che la ragazza sta lodata", o "da parte del ragazzo, la ragazza è lodata" (corrisponde cioè grosso modo a una frase passiva in italiano, ma con l'agente che figura come tema; cfr. §§ 4.3.3 e 4.3.4); e jas non è qua un 'vero' complemento oggetto, come quelli delle lingue nominativo-accusativo. Spesso i costrutti frasali nelle lingue ergative non possono essere tradotti in un corrispondente canonico del tutto preciso nelle lingue non ergative. Confrontiamo ora queste frasi con quelle corrispondenti in una lingua con sistema di casi nominativo-accusativo, il latino: la. puer currit itpuer-(Z) "ragazzo".(NOM.SG) curr "correre" 3"SG.IND.PRES 2a. puella currit puell "ragazza" a NOM.SG.l"DECL 3a. puer puellam laudat puer-(Z) puell "ragazzo" "ragazza" (NOM.SG) am ACC.SG laDECL curr "correre" laud "lodare" it 3"SG.IND.PRES at 3"SG IND.PRES Si confronti in questi esempi come si comportano i casi in latino rispetto alle frasi corrispondenti in àvaro: mentre in àvaro la forma per "ragazza" è allo stesso caso (assolutivo) in 2 (dove è soggetto) e in 3 (dove è complemento oggetto), in latino si ha puella, nominativo, in 2a, e puellam, accusativo, in 3a. Viceversa, "ragazzo" in avaro appare in due forme diverse (marcate al caso assolutivo, 1, e rispettivamente al caso ergativo, 3) nelle due frasi in cui è soggetto, mentre in latino nelle due frasi è naturalmente marcato allo stesso modo (caso nominativo). Una lingua di tipo nominativo- accusativo: il latino 255 256 Lingue subject- prominent e lingue topic- prominent La struttura topic-comment del cinese La linguistica Sempre per quel che riguarda la marcatura dei rapporti sintattici all'interno delle frasi, un altro parametro tipologico interessante è dato dal fatto che, accanto a molte lingue con sistemi di caso che marcano le funzioni sintattiche, strutturando la frase in base ad esse, vi sono lingue che si comportano in modo diverso. Certe lingue strutturano la frase, sia che abbiano morfologia flessionale di caso che no, in base alle funzioni sintattiche (di cui la principale è il soggetto); altre l1ngue possono strutturare la frase sia in base alla sintassi che in base alla struttura informativa, marcando grammaticalmente sia le funzioni sintattiche sia le funzioni pragmatico-informative (cioè, fondamentalmente il tema o topic: cfr. § 4.3.4); e altre lingue strutturano la frase solo o primariamente in base alle funzioni della struttura informativa. Si può così distinguere fra lingue 'subject-prominent', come per es. le lingue indoeuropee (in particolare le lingue europee occidentali), il turco, l'arabo, ecc.; lingue 'topic-prominent', come per esempio il cinese, che non costruisce le frasi secondo lo schema soggetto-predicato verbale ma piuttosto secondo lo schema topic-comment, isolando il tema in prima posizione; e lingue sia subject- che topic-prominent, come il giapponese (nome autoctono della lingua: nihongo), che può marcare, fra l'altro, un costituente o come soggetto o oggetto o altro caso, con le particelle posposte ga, nominativo, o, accusativo, ni locativo e dativo, ecc.; o come tema, con la particella posposta wa. Un paio di esempi: 1. cinese: nèi-ke shù yèzi dà "quell'albero ha le foglie grandi" "quello" "albero "foglia" "grande" -CLASS 2. giapponese: gakkoo wa boku ga isogasikatta "(quanto all)a scuola, io ero molto impegnato" gakkoo wa boku ga isogasi- kat-ta "scuola" TOP "io.maschio" SOGG "impegnato" VB.PASS L'esempio in cinese (1) è privo di qualunque mezzo esplicito di coesione sintattica. La frase è costruita secondo lo schema topic-comment, ed è quindi costituita dal mero accostamento di una parte tematica o topicale, "quell'albero", e una parte rematica, che fa da rema o comment, "foglia grande", senza che vi siano mezzi linguistici per manifestare in qualche modo la predicazione: non possiamo infatti dire che nèike shù sia il soggetto della frase. All'interno del rema, yèzi dà, yèzi può essere considerato analogo al soggetto in una lingua subject-pro- Le lingue del mondo minent e dà analogo al predicato, ma anche qui non vi è alcuna marca morfologica di tale relazione. Propriamente, non si tratta nemmeno di una frase ellittica della copula (verbo essere), come saremmo tentati di interpretare in ottica europea. Una parafrasi adeguata del tutto potrebbe suonare "quanto a quell'albero, la foglia è grande". Anche i due singoli blocchi che fanno da tema e rema hanno al loro interno una struttura tema-rema: T R nèike shù ("quell'albero") yèzi dà ("foglia grande") T R T R nèike ("quello") shù (''albero") yèzi ("foglia") dà ("grande") Nella frase in giapponese, (2), un costituente, gakkoo, è marcato morfologicamente come tema (wa è la particella posposta che marca il topic) e un altro costituente, boku, è marcato morfologicamente come soggetto (ga è la posposizione che marca il soggetto); si noti che "a scuola", se volessimo integrarlo sintatticamente col resto della frase, e quindi non isolarlo come tema in una struttura topic-prominent, sarebbe gakkoo de, con la posposizione de dello stato in luogo. Si noti che ga, o, ni, de e wa, ecc., sono propriamente posposizioni, e non desinenze: si aggiungono all'intero sintagma, e non alla singola parola o alla sola testa; il giapponese è lingua tipicamente OV (cfr. sopra in questo stesso §). Anche in italiano peraltro esistono costruzioni di questo genere, che evidenziano il tema con una marca specifica grammaticale/ lessicale: per es., quanto a Gianni, non lo vedo da molto tempo, dove quanto a marca Gianni come tema. Il suffisso temporalizzante -katta dell'aggettivo verbale isogasi "(essere) attivo, impegnato" sarebbe ulteriormente analizzabile: non entriamo qui in particolari che richiederebbero un discorso ben più ampio e dettagliato. 257 Casi e marcatura informativa in giapponese 258 La linguistica ESERCIZI A. Distribuzione delle lingue e tipologia O Quante sono le lingue storico-naturali oggi presenti nel mondo? Èfacile dare una risposta? Discu- tere. fJ Quali sono oggi le principali lingue del mondo per numero di parlanti nativi? IJ Che cosa si intende per parlante nativo di una lingua? Il A quante e quali famiglie linguistiche appartengono le lingue parlate oggi in Europa? a Che cosa si intende per tipo linguistico? GJ Quali criteri consentono di ricondurre una certa lingua a una data famiglia linguistica e a un dato tipo linguistico (che sia morfologico o sintattico)? Si tratta di criteri della stessa natura? U Completare le seguenti affermazioni con i termini appropriati: (i) nelle lingue isolanti, tendenzialmente, ogni parola è costituita soltanto da .................. . .... (ii) le lingue di tipo ............................. non hanno morfologia flessionale; (iii) nelle lingue agglutinanti non vi sono, o sono rari, morfemi ............................. e all'interno della parola i ............................ sono facilmente individuabili; sono inoltre relativamente rari i fenomeni di ............................. e di omonimia tra morfemi; (iv) le lingue flessive presentano parole costituite tendenzialmente da una radice lessicale semplice o derivata e da affissi . ......... , che sono spesso morfemi . ... ; nelle lingue flessive sono inoltre frequenti i fenomeni di fusione e di . .............. tra morfemi; (v) le lingue introflessive presentano fenomeni di flessione anche dentro la (vi) nelle lingue polisintetiche, in una stessa parola possono comparire anche più di due liJ Completare le seguenti affermazioni con i termini appropriati: (i) i due ordini basici più diffusi nelle lingue del mondo, . ............... e ............................. , coprono da soli una percentuale di lingue che, a seconda delle stime, va dal 70% al 97%; (ii) l'ordine basico ............................. risulta rarissimo, se non assente del tutto; (iii) gli ordini basici SVO e . ........................ rispettano sia il principio di precedenza sia il principio di adiacenza; gli ordini VOS e ............... rispettano il principio di adiacenza ma non quello di precedenza; (iv) lingue ............................ , ossia che 'costruiscono a . ' , tendono ad avere N Agg, NG, NPoss, NRel, VAw, AggAw, AusV, preposizioni, ecc.; (v) le lingue ergative pongono allo stesso caso il complemento oggetto di frasi transitive e il soggetto di frasi .......................... e a un caso diverso, detto ............................ , il soggetto di frasi (vi) le lingue topic-prominent non costruiscono le frasi secondo lo schema soggetto-predicato verbale ma piuttosto secondo lo schema ... eJ Correggere eventuali errori nelle seguenti attribuzioni di caratteristiche a lingue: (i) vietnamita: lingua austro-asiatica, isolante, SOV; (ii) turco: lingua altaica, agglutinante, SOV; (iii) arabo: lingua afro-asiatica, introflessiva, SOV; (iv) swahili: lingua afro-asiatica; agglutinante, SVO; (v) russo: lingua indoeuropea, ramo slavo, flessiva, SVO; (vi) romeno: lingua indoeuropea, ramo slavo, flessiva, SVO; (vii) tedesco: lingua indoeuropea, ramo germanico, agglutinante, SVO. (viii) francese: lingua indoeuropea, ramo romanzo, flessiva, SOV. Le lingue del mondo El) Quale dei termini è fuori posto in ciascuna delle seguenti quaterne, e perché? (i) swahili, russo, turco, giapponese [chiave: tipologia morfologica]. (ii) inglese, finlandese, danese, tedesco [chiave: appartenenza genealogica]. (iii) italiano, turco, latino, russo [chiave: tipologia morfologica]. (iv) inglese, tedesco, romeno, svedese [chiave: appartenenza genealogica]. (v) spagnolo, turco, giapponese, hindi [chiave: tipologia dell'ordine dei costituenti]. (vi) romeno, inglese, tedesco, neerlandese [chiave: appartenenza genealogica]. (vii) turco, swahili, ungherese, coreano [chiave: tipologia dell'ordine dei costituenti]. (viii) bulgaro, polacco, lituano, macedone [chiave: appartenenza genealogica]. 259 EIJ Trovare gli errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sottolineando le formulazioni sbagliate e sostituendole con quelle ritenute esatte. (i) il riconoscimento di parentela linguistica è in genere evidente comparando il lessico fonda- mentale; (ii) l'indice di sintesi è dato dal rapporto parole:morfemi; (iii) una singola lingua non corrisponde mai completamente e in modo coerente a un unico tipo linguistico particolare; (iv) le lingue che costruiscono a destra hanno normalmente gli ordini NAgg e VAw; (v) i transfissi sono caratteristici della morfologia dell 'arabo e di altre lingue semitiche; (vi) le lingue isolanti presentano in genere un alto indice di sintesi; (vii) nelle lingue tonali l'accento ha valore distintivo; (viii) per capire se una lingua è ergativa, occorre guardare come awiene la marcatura del soggetto: se il soggetto viene reso con forme o casi diversi a seconda del tipo di frase, la lingua sarà presumibilmente ergativa; (ix) il cinese costruisce le frasi secondo lo schema topic-comment ma non ha una marca di topic; (x} il giapponese è una lingua topic-prominent e non subject-prominent. f:B Nel brano seguente ci sono cinque errori. Trovarli e correggerli. "I tipi di ordine dei costituenti più diffusi nelle lingue del mondo sono VSO e SVO. Questo secondo ordine è tipico di molte lingue in Europa, e fra le altre anche del russo, che è una lingua appartenente al gruppo germanico della famiglia indoeuropea, e ha una morfologia agglutinante. Le parole in russo presentano quindi un indice di sintesi medio vicino a 2. L'ordine VSO si ritrova invece in arabo, che è una lingua introflessiva della famiglia afroasiatica, e in turco. Anche il turco appartiene alla famiglia afroasiatica. " El Dire di quale lingua della lista B è un attributo ogni elemento della lista A. Si tenga conto che: a) non ci sono associazioni plurime e b) un elemento della lista B e uno della lista A non sono associabili a un elemento dell'altra lista. A B (1) è una lingua semitica (i) finlandese (2) è una lingua isolante (ii) eschimese (3) presenta toni (o tonemi) (iii) ceco (4) è una lingua uralica (iv) maltese (5) è una lingua polisintetica (v) svedese elJ Nel brano seguente ci sono cinque errori. Trovarli e correggerli. "Il tipo morfologico isolante si trova in cinese, che è anche una lingua a toni. Nelle lingue a toni la diver?a posizione dell'accento sulle sillabe della parola ha carattere distintivo. È una lingua isolante anche il vietnamita, lingua ergativa appartenente alla famiglia afroasiatica. Nelle lingue isolanti le parole sono generalmente monomorfematiche, cioè costituite da un solo morfema derivazionale. Era isolante anche il latino, caratterizzato inoltre da un ordine basico dei costituenti SOV." 260 La linguistica E!) Nel brano seguente ci sono due errori. Trovarli e correggerli. "Il swahili (o kiswahili) è una lingua parlata in più paesi dell'Asia centrale, appartiene al gruppo bantu della famiglia niger-cordofaniana, ed è di tipo morfologico fondamentalmente agglutinante. Come tutte le lingue agglutinanti, il swahili ha un indice medio di sintesi inferiore a 2:1". €!) Dire a quale famiglia della lista A appartiene ogni lingua della lista B. Si tenga conto che: a) non ci sono associazioni plurime e b) un elemento della lista Be uno della lista A non sono associabili a un elemento dell'altra lista. A B (1) indoeuropea (i) georgiano (2) afro-asiatica (ii) albanese (3) uralica (iii) swahili (4) caucasica (iv) arabo (5) dravidica (v) estone Efj Siano date le seguenti collocazioni reciproche di costituenti: VO, NRel, NGen, NAgg, DimN, NumN, DetN, PossN, AwAgg, VAw, AusV, Prep. Considerando ciascuna di queste collocazioni come quella prevalente, la configurazione tipologica che ne risulta corrisponde a quella dell'italiano? Sono presenti incongruenze tipologiche rispetto al tipo sintattico dell'italiano? Se sì, quali? ED Èvero che le lingue del tipo SOV sono sempre ergative? Èvero che le lingue isolanti non possono mai essere ergative? Discutere. B. Analisi di materiali e!J Ecco alcune frasi di una certa lingua, con la traduzione in italiano: (i) meréka tidak bahagia "loro non sono contenti "; (ii) guru itu membaca buku " il maestro legge un libro"; (iii) meréka tidak di rumah? "loro non sono in casa?"; (iv) orang itu tertawa "l'uomo ride" ; (v) guru itu di rumah? tidak "il maestro è in casa? No". A quali tipi morfologici sicuramente questa lingua non appartiene? Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti di questa lingua? Qual è la posizione dell'articolo nel sintagma nominale? Qual è la forma di negazione? Ci sono pronomi personali? Quali? Come si traduce in questa lingua " l'uomo è in casa"? E " ridere"? fl Siano date le seguenti frasi in una lingua immaginaria, con la traduzione in italiano: (i) tan tan zang dumb dumb "i topi spaventano le ragazze"; (ii) tan tan bjen me zang kwa Jana "i topi grassi non hanno spaventato Gianna"; (iii) toj bwang kwa tan "(io) ho visto un topo". Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti di questa lingua? A che tipo morfologico appartiene la lingua? Come si forma il plurale? Come si dice topo? fl Siano date le seguenti frasi di una lingua X, con la loro traduzione in italiano: (i) gurguranta o/aokawa "i maiali grufolavano" ; (ii) pituda olaoniga rotooniga! "gu~rda il bel maiale!"; (iii) pituwo olaokaga gurgubakaga "guardo i maiali grufolanti"; (iv) pitusi olainiga "(tu) guardi la scrofa"; (v) laiuvanta olakeokawa o/akeiniga "i guardiani dei porci rimproveravano la guardiana dei porci ". Le lingue del mondo Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti in questa lingua? Che tipo morfologico presenta la lingua? È una lingua ergativa? Se sì, perché? Se no, perché? 261 Sapendo che -o- è un morfema flessionale che marca il genere, individuare tutti i morfemi presenti nel materiale dato. Fra essi c'è un suffisso nominale denominale? Se sì, qual è, e qual è il suo significato? fi Siano date le seguenti frasi in quechua, lingua sudamericana, con la loro traduzione in italiano: (i) wawaykunapaq 1/amkani "(io) lavoro per (i) miei figli "; (ii) wasi yuraqmi "(la) casa è bianca"; (iii) wasikunata rantini "(io) compro (le) case"; (iv) qol/qepaq 1/amkanki "(tu) lavori per denaro"; (v) allqoy batunmi "(il) mio cane è grosso"; (vi) wasipi 1/amkan "(lui) lavora in casa". Sapendo che nelle frasi date -mi è un suffisso che esprime il verbo "essere" e -n è la desinenza della terza persona singolare del presente dei verbi, ricavare tutti i morfemi lessicali e tutti i morfemi grammaticali presenti nelle frasi e indicare il loro significato. Tra i morfemi trovati vi sono degli 'infissi'? Se sì, quali? Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti? Tradurre in quechua "(tu) compri (le) mie case". Tradurre dal quechua in italiano al/qokunata rantin. fil Siano date le seguenti frasi in coreano con la corrispondente traduzione in italiano: (i) nanun chaykul ikssumnita "io, leggo un libro"; (ii) nanun haksayngita "io, sono studente"; (iii) khokkirinun khoka kilta "l'elefante ha il naso lungo" [lett.: "quanto all'elefante, il naso è lun- go"]. Sapendo che na è pronome di 1a persona singolare, che -(i)ta è marca di modo 'dichiarativo' (= indicativo; il coreano non ha flessione verbale di persona), che -u/ è una desinenza di caso accusativo e che kho significa "naso", rispondere alla seguenti domande. Che valore ha il morfema -nun? Che valore ha il morfema -ka? Come si dice in coreano "elefante"? fil Siano date le seguenti frasi in quechua con la loro traduzione in italiano: (i) chakrankunapi 1/amkan "(lui) lavora nei suoi campi "; (ii) chakrachaykunapi takinku "(loro) cantano nei miei campicelli"; (iii) 1/aqtachanchikpi "nel nostro piccolo villaggio"; (iv) 1/amkaq chakrapi mikun "(il) lavoratore mangia nel campo"; (v) warmi takin "(la) donna canta"; (vi) takiq pisi 1/amkan "(il) cantante lavora poco". Sapendo che -q è un suffisso derivazionale che deriva nomi da basi verbali e che -n è la desinenza della terza persona singolare del presente dei verbi, ricavare tutti i morfemi lessicali e tutti i morfemi grammaticali (derivazionali e flessionali) presenti nelle frasi e indicare il loro significato. A quale tipo morfologico appartiene questa lingua? lfi Date tre frasi in una certa lingua, (i) nik gizona ikusi dut "io ho visto l'uomo", (ii) gizonak liburua ikusi da "l'uomo ha visto il libro", (iii) gizona etorri da "l'uomo è venuto ", individuare a quale tipo sintattico appartiene tale lingua e se è una lingua ergativa. Sapendo che è una lingua parlata in due paesi europei e geneticamente isolata, sapreste dire di che lingua si tratta? li) Siano date le seguenti espressioni in coreano con la corrispondente traduzione in italiano: (i) say ot "abito nuovo" (ii) salamui ot "l'abito dell'uomo" 262 La linguistica (iii) say chayk "libro nuovo" (iv) hankuk salam "persona coreana" (v) salami chaykul issumnita "l'uomo legge un libro" In coreano esiste flessione di caso? Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti in coreano? Qual è l'ordine di Agg e N all'interno del sintagma nominale? Tale ordine è coerente con il tipo sintattico del coreano? Come si dice in coreano "uomo"? fl Siano date le seguenti frasi in una lingua immaginaria, con la loro traduzione in italiano: (i) myrgobgilianelas goburas kumbarlatin "i senzatetto occuparono le case"; (ii) angobelas prupururas gymuras hamelin "quelle case hanno tetti rossi"; (iii) esyel gobir ekmyr "la zia non è in casa". Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti di questa lingua? A che tipo morfologico appartiene la lingua? C'è marcatura morfologica di caso? Come si dice casa? lii) Siano date alcune frasi in maori, lingua austronesiana, con la corrispondente traduzione in italiano: (i) i kite te taaata i te maaoo "l'uomo vide il pescecane" (ii) i kite au i te pirihimana "io vidi il poliziotto" (iii) e orna ana te hoiho "il cavallo stava correndo" (iv) kua haere te tamaiti "il ragazzo è andato" (v) e haere ana au ki te paa "io stavo andando al villaggio" (vi) kua mutu te taaata "l'uomo ha finito " (vii) i oma te tamaiti ki te toa "il ragazzo corse al negozio" Sapendo che in questa lingua esistono particelle che accompagnano nomi e verbi determinandone il valore, e che la particella ana posposta va considerata insieme alla particella e preposta, rispondere alle seguenti domande. Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti? Esiste marcatura di caso? Che cosa si può dire sulla marcatura del verbo? Che cos 'è au? Che valore ha te? E ki? fl Sapendo che nella lingua dell 'esercizio precedente "cane" si dice kurii e "picchiare" patua, tradurre in quella lingua le seguenti frasi: (i) il ragazzo stava picchiando il cavallo, (ii) il cane vide l'uo- mo. @Ii) Siano date alcune frasi in chichewa, lingua bantu, con la loro traduzione in italiano: (i) nyemba zinaphikidwa "i fagioli erano cotti "; (ii) nyemba zinaphikika "i fagioli venivano cotti (da qualcuno)"; (iii) nyemba sizinaphikidwe "i fagioli non erano cotti "; (iv) nyemba sizinaphikike "i fagioli non venivano cotti (da nessuno)". Estrarre tutte le informazioni che si riescono a ricavare sulle caratteristiche del chichewa. @D Siano date le seguenti frasi in thailandese con la corrispondente traduzione in italiano: (i) nansu nri sòi maak "questo libro è molto bello"; (ii) kaò ton klàp ti baan "lui deve tornare a casa"; (iii) ciàn cià klàp reu "io tornerò presto"; (iv) kaò mài kin, kaò han nansu diònii, kaò cià kin topài" lui non mangia, adesso legge un libro, mangerà dopo"; (v) nansu sam lem nri mài mirakà maak "questi tre libri non costano molto"; (vi) rot k6n ciàn rùatreo "la mia macchina è veloce". Sapendo che in questa lingua lem è un classificatore per enumerare libri, carte, oggetti, ecc., e che ti e k6n sono delle preposizioni, rispondere alle seguenti domande. Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti? A quale tipo morfologico è riconducibile il thailandese? È marcato in queste frasi il tempo verbale, e se sì in che modo? Com'è espressa la categoria morfologica del numero? Come si dice "tre" in thailandese? Che cosa vuol dire k6n? Le lingue del mondo @B Siano dati i seguenti materiali in sudest, lingua dell'Oceania, con la traduzione in italiano: (i) ama/ama va ithuwe mbughambugha "quell'uomo lì vide cani "; (ii) ama/ama va imarema iye ramae "quell'uomo che morì lì era suo padre"; (iii) ya/onggalongga "continuo a camminare"; (iv) Jon va ithuwe umbwaumbwa "Gianni vide alberi"; (v) mbughambugha /aghiyeko iyako thisosoro "quei grossi cani là (sono) rossi "; (vi) iranggiranggi "continua a uscire". 263 Sapendo che mbugha vuol dire "cane", che sosoro è la radice lessicale per "rosso", che i-, ya- e thi- sono prefissi che realizzano la persona verbale, che -ma e -ko sono suffissi deittici, rispondere alle domande seguenti. Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti in sudest? Quali funzioni ha in questa lingua il processo morfologico della 'reduplicazione'? C'è morfologia di caso in sudest? @i Siano date le seguenti frasi in una certa lingua X con la loro traduzione in italiano: (i) parjusarkc tarbisut balimoki "la bambina giocava con la palla"; (ii) kaljerkc tarbalut "il bambino correva"; (iii) wagar/Kft tarbisimut "le bambine piangevano"; (iv) Jcf c tarbisut balimpar "la bambina guarda la palla"; (v) Jcf et tarbalimut tarbisimar "i bambini guardano le bambine". Che tipo morfologico rappresenta questa lingua? Da che cosa si capisce? Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti? C'è morfologia di caso? Da che cosa si capisce? @Il Siano (a) kanikumbemowi akudizibuwi e (b) itavatis arapangyj i corrispondenti di "mangiavano banane" in due lingue A e B, con la seguente trascrizione morfematica (si noti che la glossa IMPERF vale "imperfettivo" e riguarda la categoria dell'aspetto): (a) kani ku - mbe - mo wi aku dizi bu wi "mangiare" IMPERF PASS 3a PERS PL INANIM "banana" ACC PL (b) it avat is arapa ngyj "mangiare".IMPERF PASS .PL 3a PERS "banana" ACC .PL. NT Che cosa si può dire del tipo morfologico rappresentato da (a) e (b) rispettivamente? @il Siano date in trascrizione fonetica alcune frasi di una lingua X con la corrispondente traduzione in italiano: (i) [b0'sik tu'ruu] "il bambino strilla"; (ii) [bc'suktir c!30k pu'f.:utiq tsal] "quelle scimmie non smettono di urlare"; (iii) [tu'ruu tsul pu'f.:ut bu'gut] "quel bambino è una vera scimmia"; (iv) [stc'pus suu'guriq pa'f.:atiq] "i tafani cacciano via le scimmie"; (v) [bi' sak c!30k] "non urlare! ". A quale tipo morfologico appartiene questa lingua? In questa lingua, qual è l'ordine fondamentale dei costituenti? Qual è la particella di negazione? Ci sono morfemi di caso e come sono espressi? Che valore ha il morfema [-iq]? Che cosa vuol dire [tsal]? @Il Siano date le seguenti frasi in un dialetto romanì con le corrispondenti traduzioni in italiano: (i) u gu/d6 si sukare "il caffè è buono" (ii) kwa gag6 si nujatr6 "quell 'uomo è un medico" (iii) amé sinj6m /aà6 "io sono contento" (iv) amé sinj6m nu rom baban6 "io sono uno zingaro buono" 264 La linguistica Sapendo che kwa è un dimostrativo, che baban6 vuole dire "buono" in senso generale e sukare "buono" riferito alla piacevolezza al gusto, rispondere alle seguenti domande. Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti? Come si può dire in questo dialetto un buon medico? @I Siano date le seguenti frasi in swahili con la traduzione in italiano. (i) kibanda kina vyumba vitatu "la capanna ha tre stanze"; (ii) vyumba viwili vina vitanda vitatu "due stanze hanno tre letti"; (iii) mwili una mikoko na miguu "un corpo ha braccia e gambe"; (iv) miji ina vibanda vitano "il villaggio ha cinque capanne ". Sapendo che il swahili ha una ricca serie di prefissi di accordo ('classificatori'}, che na (parola autonoma) è un congiunzione coordinante e che -tanda è la radice lessicale per "letto", rispondere alle seguenti domande: Qual è l'ordine basico dei costituenti in swahili? Quali prefissi classificatori si possono individuare? C'è l'articolo in swahili? Se sì, quale forma o quali forme ha? ii) Siano dati i seguenti materiali in kannada, una lingua dravidica, con i loro corrispondenti in italia- no: (i) maduttale "(lei) fa (qualcosa)"; (ii) pustakagalakke "a(i) libri"; (iii) Marnata pustakagalannu oduttiddale "Marnata (nome femminile) sta leggendo libri"; (iv) maduttiye "(tu) fai (qualcosa)"; (v) pustakada "de(I) libro"; (vi) cirate mariyannu nekkuttide "(il) leopardo lecca (il suo) cucciolo"; (vii) maduttave "(essi) [non umani] fanno (qualcosa)". Sulla base di questi materiali, e sapendo che -utt- è suffisso di tempo verbale, rispondere alle seguenti domande. Qual è l'ordine fondamentale dei costituenti del kannada? A che tipo morfologico appartiene? Qual è il valore del morfema -ide? Quale il valore di -gal-? Elencare le radici lessicali nominali e verbali presenti nei materiali. Mutamento e variazione nelle lingue CAPITOLO 7 Obiettivi del capitolo Questo capitolo introduce sinteticamente le principali nozioni attinenti alla vita delle lingue lungo l'asse del tempo e nelle concrete comunità socioculturali che le utilizzano. Vengono così dapprima delineate le modalità del mutamento delle lingue durante il tempo e nelle diverse fasi che queste attraversano, e vengono esemplificati i principali fenomeni che çontrassegnano il mutamento nella fonetica e fonologia, nella morfologia, nella sintassi e nella semantica. In un secondo momento viene esaminata la variazione delle lingue in sincronia, introducendo le dimensioni secondo cui la variazione si può descrivere, e illustrando i tipi di varietà di lingua a cui queste danno luogo. Sono poi presi in considerazione i repertori linguistici (l'insieme delle varietà che sono usate da una comunità sociale), e le differenti funzioni che le varietà hanno in una determinata comunità parlante. Obiettivo di questo capitolo è di introdurre nozioni essenziali di linguistica storica e sociolinguistica, fornendo una prima consapevolezza di ciò che succede alle lingue calate nei concreti usi dei parlanti. 1.1 La lingua lungo l'asse del tempo 7.1.1 Il mutamento linguistico Una proprietà empiricamente molto evidente delle lingue, quando le si consideri non come un sistema astratto ma come entità calate negli usi di una concreta comunità sociale, è costituita dalla variazione. Una lingua non è un blocco uniforme, uguale in ogni circostanza, immutabile, ma si presenta sotto forme diverse, mostra sempre un rilevante ammontare di possibilità e modi diversi di realizzazione delle unità del sistema, di usi differenti. Tale differenziazione che si manifesta in ogni lingua è anzitutto visibile lungo l'asse del tempo, nella diacronia (cfr. § 1.4.1). Fa parte dell'esperienza comune di tutti noi constatare come la lingua cambi: ogni lingua conosce cambiamenti nel suo lessico e nelle sue strutture in relazione al passare del tempo e alle modificazioni che parallelamente avvengono nella storia della cultura e della società. Le strutture e i paradigmi si modificano; nascono nella lingua nuove abitudini, nuove parole, nuovi costrutti; e altre abitudini, altre parole, altri La variazione La variazione in diacronia: il mutamento 266 La linguistica storica La continua trasformazione della lingua La nascita di una nuova lingua La nascita dell'italiano La linguistica costrutti cadono in disuso. All'insieme di tali cambiamenti si dà il nome di 'mutamento linguistico', e il settore della linguistica che si occupa del mutamento è la linguistica storica (o linguistica diacronica). Beninteso, 'diacronia' di per sé non vuol dire 'storia', in quanto la storia implica che si prenda in considerazione non soltanto la semplice evoluzione della lingua lungo l'asse del tempo, ma anche la stretta interrelazione e i rapporti reciproci fra la lingua, la cultura e la società che questa riflette, e le dinamiche che le percorrono e che influenzano le vicende della lingua come organismo o istituzione che vive nel tempo. Una lingua di fatto è continuamente in movimento, anche se i risultati di tale movimento possono essere colti solo dopo un certo arco di tempo. Come fenomeno che avviene nella diacronia, il mutamento linguistico è più veloce del mutamento genetico, biologico (la nascita di una nuova lingua avviene in un lasso di tempo molto più breve che non la nascita di una nuova specie naturale), ma è più lento dei mutamenti socio-culturali e molto più lento dei mutamenti del costume e della moda; e richiede in genere per essere completamente avvenuto lo spazio di più di una generazione. Noi come parlanti assistiamo quindi sempre a un processo che è in corso sotto i nostri occhi, e che proprio per questo non è facile da cogliere, se non appunto quando si sia completamente attuato. I cambiamenti che avvengono in una lingua sono graduali e progressivi, e conferiscono a uno 'stato di lingua' in un certo periodo temporale (per es., l'italiano contemporaneo) un aspetto percepibilmente diverso in almeno alcuni dettagli rispetto allo 'stato' della stessa lingua in un periodo storico precedente (come l'italiano dell'Ottocento, l'italiano del Seicento, l'italiano antico [del Due e Trecento], ecc.). Cambiamenti locali multipli in parti diverse del sistema possono sommarsi e ingrandire via via le differenze fra uno stato di lingua e l'altro, al punto tale che ad un certo momento, quando uno stato di lingua risulti così cambiato rispetto ai precedenti da non essere più riconoscibile dai parlanti come 'quella lingua', si è in presenza di una nuova lingua. Uno dei criteri, assieme ad altri, per stabilire che si tratti di un'altra lingua è la mancanza di comprensibilità che entro un certo lasso di tempo si viene a creare fra il vecchio stato di lingua e quello nuovo. Quando ciò avviene, si può dire che è nata una lingua, un nuovo sistema linguistico diverso dal precedente che ne è il 'genitore'. Questo per esempio è il caso dell'italiano e delle altre lingue romanze (cfr. § 6.1), che sono nate dal latino per una somma di mutamenti che in questa lingua sono via via intervenuti fino a farne una lingua diversa, con forme e strutture sensibilmente cambiate ai diversi livelli di analisi; anzi, tante lingue diverse. Il fenomeno è avvenuto gradualmente, negli usi dei parlanti, fra il terzo secolo dopo Cristo e l'Alto Medioevo, e ha trovato il suo riconoscimento esteriore quando, fra il X e l'XI secolo d.C., Mutamento e variazione nelle lingue le nuove lingue, i 'volgari' (così chiamati perché erano la lingua parlata dal popolo, lat. vulgus), hanno cominciato ad essere documentate in usi scritti. Il primo documento sicuramente di volgare italiano è il cosiddetto Placito capuano, del 960, una testimonianza riportata nel verbale notarile, in latino, di una causa giudiziaria relativa a certi possedimenti terrieri del monastero benedettino di Montecassino (v. Materiali 7.1, testo 3). MATERIALI 7 .1 Dal latino all'italiano moderno. Esempi testuali (1) Helvetii omnium rerum inopia adducti legatos de deditione ad eum miserunt. Le lingue volgari "gli Elvezi costretti dalla mancanza di tutto [lett. "di tutte le cose"Jmandarono da lui Qui cum eum in itinere convenissent segue ad pedes proiecissent 267 ambasciatori di resa. Questi, essendosi imbattuti in lui per via ed essendoglisi gettati ai piedi suppliciterque locuti flentes pacem petissent, atque eos in eo loco, e avendo chiesto piangendo con supplichevoli parole la pace, e avendo (egli) ordinato quo tum essent, suum adventum exspectare iussisset, paruerunt. che aspettassero il suo arrivo nel luogo dove erano allora, obbedirono." (Giulio Cesare. De bello gallico, I, XXVII) (2) iste Adeodatus episcopus isto anno fecit ibi fontis, "questo vescovo Adeodato in quest'anno fece in quel luogo delle fonti (battesimali), et sagravit eas a lumen per nocte, et fecit ibi presbitero uno infantulo e le consacrò di notte alla luce (di torce), e vi fece prete un ragazzino abente annos non plus duodecem, qui nec vespero sapit, nec madodinos avente non più di dodici anni, che non sa fare il vespro né il mattutino, facere, nec missa cantare. né cantar messa." (Breve de inquisitione; 715) (3) sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti ["so che quelle terre, entro quei confini che qui sono contenuti, trent'anni le ha possedute l' amministrazione di San Benedetto"] (Placito capuano; 960) (4) Beato Paolino vescovo fu tanto misericordioso che, cheggendoli ["chiedendogli"] una povera femina ["donna"] misericordia, per un suo figliuolo che era in pregione, e Beato Paolino rispose: - Non ho di che ti sovvenire ["aiutarti"] d'altro; ma fa' così: mènami alla carcere, dov'è il tuo figliuolo. - Menolvi ["ce lo portò"]. (Il Novellino, XVI; 1280-90) (5) Quando, il giorno di Natale, il commerciante Policarpi-Curcio si sentì dire per telefono dalla moglie che rincasasse puntualmente perché c'era il tacchino, si rallegrò molto giacché, con gli anni, all'infuori di quella della gola non gli era rimasta altra passione. Grande però fu la sua meraviglia allorché, giunto a casa verso il mezzogiorno, trovò il tacchino non già in cucina, infilato nello spiedo e in atto di girare lentamente sopra un fuoco di carbonella, bensì in salotto. (Sergio Moravia, Racconti surrealisti e satirici; 1956 [1962], p. 199) 268 Il meccanismo del mutamento La cause del mutamento La morte di una lingua Sostrato Fattori interni del mutamento La linguistica Il meccanismo dei mutamenti segue spesso una trafila che inizia con un'innovazione (un nuovo elemento che viene, in dipendenza da vari fattori, a essere introdotto nell'uso linguistico dei parlanti) e prosegue con una fase in cui l'innovazione si diffonde e l'elemento innovante coesiste nel sistema con l'elemento preesistente, se questo c'era; l'innovazione può essere accettata dalla comunità parlante ed avere successo fino a soppiantare totalmente l'elemento 'vecchio' preesistente e a diventare un nuovo elemento costitutivo del sistema linguistico. A questo punto il mutamento è compiuto, è giunto al suo esito finale, con la fissazione di un nuovo elemento nel sistema, spesso coincidente con la sostituzione di un elemento ad un altro elemento della lingua. Le cause e i fattori del mutamento linguistico sono molteplici. A dare origine e fornire una certa direzione ai mutamenti linguistici vi sono sia ragioni e motivazioni interne alla lingua, sia fatti esterni ad essa (ambientali, storici, demografici, economici, socioculturali, ecc.). Ogni cambiamento significativo nell'ambiente, nell'evoluzione economica, nello sviluppo socioculturale (guerre, migrazioni, scoperte, svolte tecnologiche, crisi, rivolgimenti politici, ecc.) può essere un fattore extralinguistico, una causa esterna scatenante di mutamenti linguistici, comprese la decadenza, estinzione o morte di lingue: quest'ultima, assieme al fenomeno opposto della nascita di una nuova lingua, costituisce in effetti il caso più macroscopico di mutamento linguistico. Una lingua muore quando non ha più parlanti e nell'uso di una comunità viene sostituita totalmente da un'altra lingua. Spesso la lingua che si estingue lascia tracce sulla lingua che le subentra, nella fonetica, nella morfosintassi, nel lessico: si tratta di fenomeni di sostrato. 'Sostrato' è infatti il termine che, nello studio del contatto fra lingue (cfr. § 7.2.4), si impiega per indicare in generale l'influenza di una lingua precedente sulla lingua successiva in una comunità parlante. La presenza di vocali anteriori arrotondate (come /y/, per es. in [tyt] "tutto"; cfr. § 2.1.3) nei dialetti dell'Italia di Nord-Ovest (cfr. Box 7.2) viene per es. spesso riportata a un presunto sostrato celtico (le lingue delle tribù galliche precedenti all'invasione romana e alla diffusione del latino), così come l'assimilazione (cfr. sotto § 7.1.2) -nd- > -nn- (monne per mondo) nei dialetti dell'Italia Centro-Meridionale viene ricollegata a un sostrato osco (la lingua italica colà parlata prima del latino). In generale, il contatto linguistico (con la concomitante presenza di una lingua di maggior prestigio e una di minor prestigio) può risultare un importante fattore d'innesco di mutamenti linguistici. Fattori interni del mutamento linguistico sono sia le tendenze del sistema a regolarizzare, acquistare coerenza e simmetria, ottimizzare le strutture, sia le operazioni inconsce del parlante volte a semplificare, sia nella produzione (maggior facilità articolatoria), sia nella ricezione Mutamento e variazione nelle lingue (chiarezza e agio della decodificazione, salienza percettiva), le strutture della lingua. L'economia del sistema e l'agevolezza di processazione da parte del parlante si ritrovano in molti dei fenomeni concreti del mutamento linguistico. Anche se non pare che il mutamento linguistico nel suo complesso sia teleologico, cioè sia guidato da una finalità interna volta a raggiungere un certo stato finale determinato, i singoli mutamenti che avvengono in una lingua sembrano tuttavia seguire una logica interna, un percorso dinamico coerente che collega secondo una certa direzione preferenziale i vari mutamenti nei diversi settori della lingua. Tale direzione tendenziale del mutamento linguistico è stata chiamata 'deriva' (driji). 7.1.2 Fenomeni del mutamento I fenomeni attraverso cui si manifesta il mutamento linguistico sono molteplici e di carattere eterogeneo. Diamo qui una lista esemplificativa dei tipi di fenomeni più comuni e frequenti ai diversi livelli di analisi. Va notato che molti fenomeni del mutamento fonetico sono anche validi in sincronia, dando conto dei rapporti fra diverse forme che parole e morfemi possono assumere, e delle modificazioni che si possono avere fra le realizzazioni dell'italiano standard e quelle di altre varietà d'italiano: per es. la pronuncia tennico per tecnico che si ritrova in varietà incolte di lingua o in registri trascurati è un fenomeno di assimilazione, v. sotto. Si tenga anche presente che i simboli > e < che compaiono in questo capitolo valgono, in linguistica storica, rispettivamente "diventa/ dà luogo a" e "proviene da". La forma che sta dal lato aperto della freccia è l'etimo, vale a dire la forma originaria più antica da cui la forma attuale o più recente proviene. Nel mutamento fonetico, sono molto frequenti fenomeni di assimilazione: due foni articolatoriamente diversi nel corpo della parola tendono a diventare simili o uguali mediante l'acquisizione da parte di uno dei foni di uno o più tratti comuni con l'altro fono. L'assimilazione avviene frequentemente nei nessi consonantici: lat. nocte(m) > ital. notte (assimilazione regressiva: [k], occlusiva velare sorda, perde il tratto [+velare] e diventa [+dentale] come la consonante che la segue, [t], occlusiva dentale sorda); lat. quando> ['kwann;;,] nei dialetti meridionali (assimilazione progressiva: la [d] si assimila alla consonante nasale che la precede). È un caso di assimilazione anche la cosiddetta palatalizzazione delle consonanti velari davanti a vocali anteriori: la consonante velare 'si sposta in avanti' nello spazio articolatorio acquisendo il tratto di anteriorità della vocale che la segue (per es., lat. kentu(m) > ital. cento ['tJento], lat. gente(m) ['gente] > ital. gente ['d3ente]). L'assimilazione può avvenire anche tra foni non contigui nella catena parlata, come nella metafonia, termine che indica la modificazione del timbro 269 I fenomeni del mutamento linguistico L'etimo Fenomeni di mutamento fonetico Assimilazione Metafonia 270 Dissimilazione Metatesi Fenomeni di caduta: aferesi, sincope, apocope Fenomeni di aggiunta: epentesi, protesi, epitesi e dittongazione La linguistica di una vocale interna per effetto della vocale finale, come avviene per es. nel dialetto napoletano: ['nir;:i] "nero"< lat. n1gru(m), ['nera] "nera" < lat. n'igra(m). È un caso di assimilazione anche l"armonia vocalica', come si ha per es. in turco, dove la vocale della radice lessicale influenza il timbro delle vocali dei suffissi a questa aggiunti, che ne assumono tratti: in almak "prendere" il suffisso dell'infinito si presenta con la vocale centrale bassa, [-mak], che 'copia' quella della radice al-; ma in gelmek "venire" lo stesso suffisso appare con la vocale anteriore media, [-mek], armonizzata con la vocale della radice gel-. Esiste anche il fenomeno contrario all'assimilazione, la dissimilazione, differenziazione tra foni che si ha quando due foni simili o uguali non contigui in una parola diventano diversi: lat. venenu(m) > ital. veleno, con dissimilazione (regressiva) delle due [n] dell'etimo latino; lat. arbore(m) > ital. albero, con dissimilazione anch'essa regressiva delle due [r] (ma: > spagnolo arbol con dissimilazione progressiva). Altri fenomeni di mutamento fonetico, frequenti anche nel passaggio dal latino alle lingue romanze, sono: a. la metatesi, spostamento dell'ordine dei foni di una parola (ital.ji"aba, che presuppone una forma latina volgare *jlaba non attestata,< lat.fabula(m), con trasposizione di l dall'ultima sillaba alla prima; spagn. peligro "pericolo"< lat. pericìilu(m), con inversione della posizione di re l); b. la soppressione o caduta di foni, in particolare di vocali, in una parola. Queste possono più precisamente avvenire in posizione iniziale, 'aferesi': lat. apothéca(m) > ital. bottega; in posizione interna, 'sincope': lat. dom"ina(m) > ital. donna, con concomitante assimilazione -mn- > -nn-; in posizione finale, 'apocope': lat. civitate(m) ([kivi'tatem], vd. sotto) > ital. città, secondo una trafila civitate > *civtate > *cittate > cittade > città, con in successione sincope, assimilazione, sonorizzazione dell'occlusiva sorda intervocalica (-t- > -d-; ancora un fenomeno di assimilazione, acquisendo in questo caso la consonante il tratto di sonorità posseduto dalle vocali che la precedono e la seguono). Cadute di foni si hanno anche nella semplificazione di nessi consonantici articolatoriamente complessi: lat. obstaculum > ital. ostacolo (-bst- > -st-). Particolarmente drastico è il fenomeno della caduta di foni nel passaggio dal latino a dialetti italiani settentrionali, che porta ad avere in questi parole dal corpo estremamente ridotto: lat. cal'idu(m) "caldo"> piemontese [kawd] (in parlate piemontesi meridionali, [b:d]), lat. hosp'it bolognese [zbdc:l] "ospedale"; c. l'inserzione o aggiunta di foni (fenomeno contrario al precedente): 'epentesi', nel corpo di una parola (lat. baptismum > ital. battesimo; Mutamento e variazione nelle lingue si noti anche qui la concomitante assimilazione -pt- > -tt-); 'protesi' (o 'prostesi'), all'inizio (lat. statu(m) > spagn. estado "stato"; si noti anche qui la sonorizzazione dell'occlusiva intervocalica, in questo caso associata all'indebolimento, cioè al passaggio della consonante da occlusiva a fricativa, [e'staòo]); 'epitesi', alla fine (lat. cor > ital. cuore; dove si vede anche un altro fenomeno fonetico attivo nel passaggio dal latino all'italiano, la dittongazione di 6 tonica latina in -uo- [w::,]). A livello fonologico, fenomeni ricorrenti sono fra gli altri i seguenti: a. allofoni di un fonema acquisiscono valore distintivo e diventano fonemi autonomi ('fonologizzazione'): le affricate palatali italiane [tf] e [d3] sono la probabile evoluzione degli allofoni costituiti dalle realizzazioni palatalizzate (cioè, spostate in avanti) dei fonemi latini /k/ e /g/ (il lat. cingere /'kingere/, pronunciato ['k'il)g'ere] - indichiamo con ['] l'intacco palatale della pronuncia avanzata delle occlusive velari-, dà l'ital. /'tfind3ere/); b. fonemi perdono il loro valore distintivo e diventano allofoni di un altro fonema ('defonologizzazione'); non raramente la defonologizzazione porta a una fusione di fonemi: è il caso tipico delle vocali lunga e breve (notate per il latino tradizionalmente con un apposito segno diacritico sovrapposto alla vocale, come si vede in molti degli esempi di questo capitolo: d = a lunga, a= a breve) fonemi diversi in latino, che in italiano si fondono in un solo fonema (/a:/~/a/ > /a/); c. perdita di fonemi: l'approssimante laringale del latino /h/ (habere [ha'be:re] "avere") è scomparsa in italiano, dove alla lettera h non è associata alcuna realtà fonica; è rimasto un mero relitto grafico, come nelle voci del verbo avere: ho, hai, ha (dove ha la funzione ortografica di distinguere le voci verbali dai frequenti omonimi o, ai, a), o come simbolo sussidiario nei digrammi eh e gh che rappresentano le occlusive velari sorda e sonora davanti a vocale anteriore (chilo, dighe). L'insieme di questi fenomeni, e altri che qui non sono menzionati, può portare al mutamento dell'inventario fonematico di una lingua. L'italiano, rispetto al latino, ha per es., per quanto riguarda le consonanti, una nuova serie di fonemi palatali: fricativa sorda (/f/), affricate (/tf/, /d3/), laterale (/1../), nasale (/p/). I mutamenti fonetici-fonologici possono anche consistere in spostamenti a catena, che coinvolgono intere serie di foni o fonemi. Fra gli esempi più noti di mutamento a catena vi sono le cosiddette 'rotazioni 271 Fenomeni di mutamento fonologico Fonologizza- zione Defonologizza- zione Perdita di fonemi Le rotazioni consonantiche 272 La legge diGrimm I mutamenti morfologici L'analogia La linguistica consonantiche'. La prima di queste (nota come 'legge di Grimm', dal nome di Jakob Grimm, uno degli studiosi protagonisti nei primi decenni dell'Ottocento della scoperta scientifica dell'indoeuropeo, cfr. § 8.2.1) riguarda il passaggio delle occlusive sorde a fricative sorde, delle occlusive sonore a occlusive sorde e delle occlusive sonore aspirate (cfr. § 2.1.2) a occlusive o fricative sonore, e caratterizza il ramo germanico delle lingue indoeuropee rispetto agli altri rami. La seconda rotazione consonantica caratterizza invece l'evoluzione del tedesco fra le lingue germaniche: le occlusive sorde p, t, k diventano affricate in inizio di parola e in posizione postconsonantica (cfr. ted. zehn "dieci", Herz "cuore", rispetto a ten, heart dell'inglese, che non conosce la seconda rotazione), e fricative in posizione postvocalica (ted. Wasser "acqua" contro ingl. water); le fricative sonore diventate occlusive passano a sorde (ted. Gott "dio" contro ingl. god); e la fricativa dentale sorda diventa occlusiva sonora (ted. Bruder "fratello" contro ingl. bro- ther). Nella morfologia, possono cadere categorie o distinzioni morfologiche e nascerne di nuove, e i morfemi possono cambiare le loro regole di impiego. Nel passaggio dal latino all'italiano viene a perdersi la categoria flessionale del caso (per cui cfr. § 3.4): mentre per es. in latino si distingue lupus nominativo (caso del soggetto) da lupum accusativo (caso del complemento oggetto), in ital. lupo è indifferenziato per caso. Nella categoria del genere, si perde il neutro, e la distinzione si riduce a due valori, maschile e femminile; i sostantivi neutri del latino vengono di solito riportati al genere maschile (e solo eccezionalmente al femminile): lat. vinum (-um è desinenza del neutro nominativo della seconda declinazione)> ital. vino, frane. vin, maschile (lat. mare, neutro della terza declinazione, dà però mare, maschile, in italiano, e mer, femminile, in francese). Uno dei principali meccanismi che agiscono nella morfologia è l'analogia, che consiste nell'estensione di forme a contesti in cui esse non sono appropriate, sul modello dei contesti più frequenti e normali. Per es., in ital. un infinito come volere non può provenire dall'infinito ve/le del corrispondente verbo latino (irregolare) ma risulta dall'applicazione a un caso che non la prevedeva della desinenza regolare comune ai verbi della seconda coniugazione -ere. L'analogia è quindi solitamente un fatto regolarizzante, che crea simmetria eliminando le eccezioni; ed è basata su un rapporto proporzionale fra gli elementi coinvolti, per cui in A : B = a : e la casella per così dire fuori posto (e) viene resa simmetrica mediante la sostituzione di ba e: se habui (''ebbi", passato remoto di "avere") corrisponde all'infinito habere, così a volui ("volli", passato remoto di "volere") viene fatto corrispondere l'infinito volere, al posto del 'corretto' velie. Mutamento e variazione nelle lingue Fenomeni importanti e interessanti sono la rianalisi e la grammaticalizzazione. Un esempio classico di rianalisi è la formazione nelle lingue romanze del passato prossimo (o passato composto), inesistente in latino. La nascita di questo nuovo tempo verbale implica una diversa analisi e interpretazione del valore semantico e del comportamento sintattico del verbo habere, che in latino ha solo il valore di verbo pieno, col significato di "possedere, detenere" (significato che ha ovviamente anche in italiano, in una delle sue classi di impieghi: Gianni ha un libro), e avviene attraverso una trafila come la seguente. In latino esistevano sintagmi costituiti da una forma coniugata di habere in unione a un participio passato, come per es. habeo epistulam scriptam; che non voleva però dire "ho scritto una lettera", come potrebbe sembrare (e che in latino sarebbe epistulam scripsi), bensì "possiedo, ho in mano (ora) una lettera che è stata scritta (prima)": il participio passato è modificatore della testa nominale epistula, e non della forma verbale finita habeo (come sarebbe in italiano ho gli occhi aperti, che è cosa diversa da "ho aperto gli occhi"). A un certo punto, è avvenuto un indebolimento semantico del verbo habere, il valore aspettuale perfettivo del participio passato (che perde il suo legame sintattico con il complemento oggetto retto da habeo) prevale su quello di contemporaneità del presente, e il costrutto viene rianalizzato come un verbo complesso che regge un complemento oggetto, con valore di tempo passato; e reinterpretato quindi come habeo scriptum epistulam "ho scritto una lettera", con habeo scriptum fuso in un'unica unità verbale. Nella trafila che abbiamo appena sintetizzato, avviene anche il passaggio del verbo habere da parola piena (con significato lessicale autonomo, v. § 5.1) a parola vuota (verbo ausiliare), cioè un tipico fenomeno di grammaticalizzazione. Per grammaticalizzazione si intende il mutamento per cui un elemento del lessico diventa un elemento della grammatica: un lessema perde il suo valore semantico lessicale e viene assorbito dalla grammatica, come parola funzionale o come morfema. È un caso di grammaticalizzazione per es. anche il modulo di formazione degli avverbi in italiano: il suffisso derivazionale -mente infatti non è altro che il sostantivo latino mens, mentis "mente, spirito, disposizione intellettuale", al caso ablativo, che si trovava frequentemente in complementi di modo (codificati appunto con l'ablativo), come santi mente "con spirito sano", lenta mente "in maniera lenta, con spirito non pronto" (con l'aggettivo davanti al sostantivo, come previsto dall'ordine dei costituenti del latino, cfr. sotto, e § 6.2.2); e che ha perso il suo valore di lessema a sé ed è stato assorbito dalla grammatica, come un formativo di parola. I fenomeni più rilevanti nel mutamento sintattico concernono di solito l'ordine dei costituenti. Il mutamento sintattico coincide quindi 273 La rianalisi La grammati- calizzazione Il mutamento sintattico 274 Il mutamento lessicale e semantico Arricchimento del lessico La perdita di lessemi La linguistica spesso con un mutamento tipologico. Il latino, anche se è ritenuto una lingua con una notevole libertà nell'ordine dei costituenti, ha comunque un ordine non marcato, basico, di tipo SOV, o comunque OV, predeterminante (costruisce a sinistra, con ordine modificatore-testa): quindi, normalmente il complemento oggetto precede il verbo (OV: legatos miserunt, Materiali 7.1, testo 1), l'aggettivo precede il nome (AggN: pinguis vir), l'avverbio precede il verbo (AvvV: lente procedere), il complemento di specificazione al caso genitivo precede la sua testa nominale (GenN: rerum inopia, Materiali 7.1, testo 1), eccetera. Le lingue romanze sono invece di tipo SVO: in italiano infatti abbiamo rispettivamente, in corrispondenza agli esempi latini appena detti: mandarono ambasciatori (VO), uomo grasso (NAgg), avanzare lentamente (VAvv), mancanza di cose (NGen). In italiano antico rimangono ancora consistenti tracce del tipo sintattico latino: si notino per es. in un periodo come Currado [. ..] sempre della nostra città è stato notabile cittadino[. ..] e vita cavalleresca tenendo, continuamente in cani ed in uccelli s'è dilettato, le sue opere maggiori al presente lasciando stare (Boccaccio, Decameròn, VI, 4) le posizioni finali di frase delle forme verbali tenendo, s'è dilettato, lasciando stare, e l'anteposizione dell'avverbio sempre, dell'aggettivo notabile e del complemento di specificazione della nostra città. Nella semantica lessicale, il mutamento si manifesta in primo luogo come arricchimento del lessico, vale a dire con l'ingresso nell'inventario dei lessemi di una lingua di nuove unità ('neologismi'). L'arricchimento del lessico può avvenire con materiali e mezzi interni alla lingua, utilizzando meccanismi di formazione di parola (derivazione, composizione, ecc.; v. § 3.3) a partire da lessemi già esistenti: con i suffissi molto produttivi -ism- e -ist- da buono per es. si sono coniati buonismo "comportamento o atteggiamento tollerante e benevolo" e buonista "chi esibisce buonismo"; o ricorrendo a materiali di altre lingue (cfr. § 7.2.4), nelle forme del prestito (assunzione di parole straniere, sia con adattamenti morfologici' al sistema d'arrivo, come chattare < ingl. chat "chiacchierare in rete", sia senza, come computer) o del calco (attribuzione a una parola o combinazione di parole esistente di un nuovo significato, sul modello di un lessema straniero:/ine settimana< ingl. week end). Avviene ovviamente, lungo l'asse del tempo, anche il fenomeno opposto, la perdita di lessemi. Molte parole latine, ad es., si sono perdute, non hanno lasciato continuatori in italiano: così per es. cunctus "tutto intero", 6s "bocca" (che però è rimasto come radice in parole dotte o tecniche: orale; mentre os "osso" è continuato); e durante i secoli l'italiano ha perduto parole che esistevano in italiano antico, per es. donzello "giovane uomo di nobile famiglia / domestico di un nobile" Mutamento e variazione nelle lingue (ma si mantiene nell'italiano regionale fiorentino, nel senso di "usciere comunale"), maniato "effigiato in un ritratto", mantenenza "difesa". Avvengono poi cambiamenti (trasferimenti, estensioni, riduzioni) nelle associazioni fra significanti e significati, quando un diverso significante è riferito a un significato esistente, o viene attribuito un nuovo significato a un significante esistente. I meccanismi di tali mutamenti si basano su vari tipi di rapporti fra i significati, in primo luogo rapporti di somiglianza (metafora), come in lat. testa "vaso di terracotta"> ital. testa "capo", ital. antico gentile "nobile" (da lat. gens, gentis "famiglia, stirpe")> ital. moderno "cortese, di modi garbati", ital. gorilla "guardia del corpo" < "grande scimmia antropomorfa"; e rapporti di contiguità (metonimia), come in lat. volumen "rotolo di pergamena (su cui si scriveva)" > ital. ·volume "libro, tomo", penna "piuma di uccello" > "strumento per scrivere (anticamente, una penna d'oca appuntita)" (in dialetto piemontese, per es., lo stesso sviluppo per ['pjyma] "piuma" > "strumento per scrivere"). Un genere di reinterpretazione interessante, analoga alla rianalisi nella morfosintassi, è la cosiddetta paretimologia, o etimologia popolare, vale a dire la risemantizzazione di una parola mediante la rimotivazione del suo significato, che la rende più 'trasparente' attraverso l'apparentamento a una parola nota: lat. cubare "giacere" > ital. covare "stare accovacciato sulle uova", ricollegato a ovum "uovo". Spesso quello che cambia è l'area semantica coperta da una parola (e quindi il suo ambito di impiego): così, si hanno estensioni o generalizzazioni, come in lat. domina "signora, padrona di casa" (da domus "casa") > ital. donna, o al contrario restringimenti o specializzazioni, come in lat. domus "casa" > ital. duomo "casa del Signore" > "cattedrale". Tali spostamenti possono anche riguardare aspetti connotativi e valutativi del significato, sia in senso migliorativo, come in lat. minister "servo, aiutante"> ital. ministro, sia in senso peggiorativo, come in lat. tardo villanus "abitante della fattoria, di campagna" (da villa "fattoria") > ital. antico villano "contadino" > ital. moderno "zotico, maleducato, incivile". In questo ambito rientrano anche i mutamenti semantici per tabuizzazione (da tabu, parola polinesiana che vale "separato, proibito perché sacro") che riguardano l'interdizione di parole relative a determinate sfere semantiche e ai concetti a esse attinenti, che vengono sostituite da altre parole di significato non diretto (dette pertanto 'eufemismi', parola formata da termini greci che valgono "parlar bene"). Nella civiltà contadina per es. la donnola (Mustela nivalis) era un nemico da scongiurare (a causa del pericolo che rappresentava per i pollai): di qui un proliferare in varie lingue (il termine latino è rimasto solo nella denominazione scientifica della specie) di denominazioni 'accattivanti': ital. donnola (letteralm. "piccola donna"), frane. belette (da Mutamenti semantici 275 per somiglianza Mutamenti semantici per contiguità La paretimologia Allargamenti e restringimenti semantici La tabuizzazione Gli eufemismi 276 Mutamenti nei campi semantici Mutamenti pragmatici Variazione in sincronia La linguistica collegare con belle "bella"), spagnolo comadreja (letteralm. "comare"), portoghese doninha ("signorina"), romeno nevasta (letteralm. "sposa"); e anche svedese jungfru (letteralmente "ragazza"), ungherese menyét (letteralm. "bella bambina"), eccetera. I mutamenti possono anche coinvolgere campi semantici (per cui v. § 5.3.4), portando a una loro ristrutturazione. In latino per es. il campo semantico dei colori era strutturato anche secondo una distinzione di brillantezza e intensità luminosa. Ater era "nero, come gamma cromatica", o niger, come "nero brillante"; albus era "bianco, come gamma cromatica", o candidus, come "bianco brillante". L'opposizione si è mantenuta in italiano per il bianco, con bianco (< germanico blank "lucente", che ha sostituito a/bus) opposto a candido, mentre si è annullata per il nero, ridotto al solo nero(< n'igru(m)). Mutamenti si hanno anche nella pragmatica. Nel modo in cui si interagisce con gli interlocutori, il sistema dell'allocuzione (cfr. § 5.1) è passato dal latino tu sing. / vos "voi" plurale, seconda persona generalizzata per tutti gli interlocutori (col vos esteso talvolta in epoca imperiale a pronome di rispetto indipendentemente dalla referenza singolare o plurale) alla bipartizione italiana dapprima fra tu allocutivo confidenziale e voi (con referenza singolare) allocutivo di rispetto; poi, fra Cinquecento e Seicento, a una tripartizione tra tu di confidenza e solidarietà, voi di cortesia e lei di formalità (introdotto grazie al diffondersi di espressioni come la Vostra Signoria, che implicavano una ripresa pronominale di terza persona); finché in italiano moderno si è fissata l'opposizione fra tu confidenziale e informale e lei formale, con voi che funge da plurale per entrambi, annullando l'opposizione (in contesti molto formali il plurale di lei può essere loro; mentre in usi regionali è ancora presente il voi di rispetto con referenza singolare, che era stato fra l'altro rimesso in auge nel periodo fascista, contrario al lei considerato di modello straniero). 1.2 La variazione sincronica 1.2.1 Varietà di lingua e variabili sociolinguistiche La proprietà di variare, di mostrare realizzazioni diverse, insita nella lingua è altrettanto, e ancor più, evidente in sincronia, in un dato periodo temporale. Ogni lingua conosce al suo interno usi diversificati, forme differenti, modi diversi di esprimersi, realizzazioni specifiche ecc., in relazione a diversi fattori sociali. Mediante tali differenziazioni la lingua si adatta a tutti i vari contesti d'impiego possibili in una cultura e società, e permette di esprimere, assieme al significato referenziale dei segni linguistici in quanto tali, anche significati sociali e valori sim- Mutamento e variazione nelle lingue bolici di varia natura (per es. l'appartenenza, o il desiderio di appartenenza, a un certo gruppo sociale; una certa collocazione nella scala sociale; ecc.). La ragione ultima della variazione linguistica sta quindi nel suo essere funzionale ai diversi bisogni comunicativi e più ampiamente sociali a cui per i suoi parlanti una lingua deve rispondere in un certo periodo storico in una certa comunità. La variazione interna della lingua è il campo specifico di azione della sociolinguistica. La sociolinguistica, che presuppone la descrizione del sistema linguistico fornita dalla linguistica generale, studia che cosa accade quando (come succede per tutte le lingue storico-naturali) un sistema linguistico è calato nella realtà concreta degli usi che ne fanno i parlanti nelle loro interazioni verbali; e quindi mette in correlazione la lingua con la società e con gli usi linguistici delle persone. Un insieme di forme linguistiche, ai vari livelli di analisi, che abbiano la stessa o analoga distribuzione sociale, cioè che cooccorrano (tendano a presentarsi insieme) in concomitanza con certe caratteristiche della società, dei suoi membri, e delle situazioni in cui questi si trovano ad agire, costituisce una 'varietà di lingua' (per esempi, cfr. Materiali 7.2). Per individuare e definire una varietà di lingua occorre dunque fare sempre riferimento sia ai fatti linguistici, gli aspetti formali interni, sia ai fatti sociali, extralinguistici, con i quali i fatti linguistici correlano. 'Varietà di lingua' è un concetto essenziale nella prospettiva sociolinguistica: una lingua si presenta o manifesta sempre, nei concreti usi comunicativi in una certa comunità sociale, sotto forma di una determinata varietà; e dal punto di vista sociolinguistico una lingua va considerata come una somma di varietà. Dal punto di vista strettamente linguistico, una varietà di lingua è costituita da un insieme di varianti tra loro solidali (cioè dotate dello stesso grado e natura di marcatezza sociolinguistica, in quanto tendano a comparire assieme in contesti simili). Sono quindi le variabili sociolinguistiche a dare luogo, sul versante linguistico, alle varietà di lingua. Una 'variabile sociolinguistica' è un punto o un'unità del sistema linguistico (una pronuncia, un morfema, una parola, un costrutto, una regola, ecc.) che ammette realizzazioni diverse equipollenti (cioè che non mutano il valore di quell'unità del sistema e non ne cambiano il significato) ciascuna delle quali è in correlazione con qualche fatto extralinguistico. Le differenti realizzazioni regionali di certi fonemi dell'italiano di cui si è fatto cenno nel § 2.2.3 sono tutti esempi di variabili sociolinguistiche a livello fonologico: così per es. la realizzazione velare, [IJ], della consonante nasale in posizione preconsonantica davanti a consonante non velare è una variante di /n/ che ha come correlato sociale 'provenienza settentrionale del parlante' (e individua quindi una varietà di lingua 'italiano settentrionale'). A livello morfologico, per es., è una varia- 277 La sociolinguistica Le varietà di lingua Le variabili sociolinguistiche Variabili fonologiche Variabili morfologiche 278 Variabili lessicali Le dimensioni di variazione Diatopia e diastratia Diafasia ediamesia La linguistica bile sociolinguistica la forma del pronome clitico di terza persona obliquo (dativo): al singolare gli (maschile)/ le (femminile) in italiano standard, ci (con generalizzazione del clitico locativo e neutralizzazione dell'opposizione di genere) in varietà non colte di italiano, come per es. in a mio zio ci ho regalato un libro che ha come correlato sociale 'appartenenza del parlante a un ceto basso o comunque a una fascia sociale con scarsa istruzione'. A livello lessicale (ma nel lessico è più problematico applicare la nozione, dato che è difficile stabilire per ciascuno dei valori della variabile se si tratti della 'stessa entità' che assume forme diverse, o si tratti di entità diverse), possono essere considerate variabili sociolinguistiche le coppie o serie di lessemi sinonimici per quanto riguarda il significato denotativo (cfr. § 5.1) ma collegati a diversi ambiti di uso della lingua: ad es., per designare il significato denotativo "genitore di sesso maschile", si possono trovare padre I papà I babbo Ifossile, eccetera. Padre è formale e 'neutro', papà è di usi informali e affettivi (correlato sociale: 'confidenza, vicinanza nei confronti della persona/dell'interlocutore'), babbo è dell'italiano di Toscana e in parte Emilia (e quindi ha come correlato sociale di nuovo la provenienza geografica del parlante), fossile (evidente metafora) è del linguaggio giovanile (e ha quindi come correlato sociale 'detto da un giovane in situazioni che sottolineino l'identità del gruppo giovanile'). Eccetera. 7.2.2 Dimensioni di variazione Le varianti possono correlare con diversi fattori sociali, extralinguistici, della società nel suo insieme o del contesto situazionale e pragmatico; e le varietà di lingua si caratterizzano corrispondentemente secondo diverse dimensioni di variazione, a seconda del tipo generale di fattore sociale con cui correlano. Si riconoscono di solito, con termini provenienti dal greco classico contrassegnati dal prefisso dia-, (che significa appunto "attraverso"), quattro fondamentali dimensioni di variazione: la diatopia (che dà luogo alla variazione diatopica), la diastratia (che dà luogo alla variazione diastratica), la diafasia (che dà luogo alla variazione diafasica), e la diamesia (che dà luogo alla variazione diamesica). La diatopia riguarda la variazione nello spazio geografico, attraverso i luoghi in cui una lingua è parlata e in cui i suoi parlanti risiedono o da cui provengono; la diastratia riguarda la variazione nello spazio sociale, attraverso le classi o strati sociali e i gruppi di parlanti e reti sociali in una società; la diafasia riguarda la variazione attraverso le diverse situazioni comunicative; e la diamesia (che per certi aspetti può anche essere considerata una sottodimensione della diafasia) riguarda la variazione attraverso il mezzo o canale della comunicazione (con la fondamentale opposizione fra orale o parlato e scritto, cfr. § 1.3.4). Mutamento e variazione nelle lingue Abbiamo già visto sopra esempi di variazione diatopica in italiano, una lingua dove tale dimensione è molto rilevante e si manifesta in primo luogo nella fonetica e nel lessico; le varietà diatopiche dell'italiano sono i cosiddetti 'italiani regionali'. Altri esempi per la fonetica, oltre a quelli già segnalati sopra (e la 'gorgia toscana', cfr. § 2.1.6): la pronuncia dell'affricata palatale intervocalica sonora /d3/ è [d3] in italiano standard e nell'italiano del Nord, [3] nell'italiano di Toscana, [dd3] a Roma in alcuni italiani del Sud: agile può quindi essere ['a:d3ile], ['a:3ile], ['add3ile]; la corrispondente sorda /tf/, sempre in posizione intervocalica, viene facilmente realizzata in Toscana e a Roma (ma anche a Napoli e a Palermo) come [f]: ['pa:fe] pace); in Sardegna, tutte le consonanti in posizione intervocalica (tranne /r/ e /1/), soprattutto se contigue alla vocale tonica, sono sistematicamente allungate: [av've:re] avere, [ad'datto] adatto, ['rappido] rapido; a Napoli e a Palermo, e in altre zone del Sud, la fricativa dentale sorda davanti a consonante viene frequentemente palatalizzata, vale a dire realizzata come postalveolare: ['fko:pa] scopa, ['fta:re] stare. Nel lessico, sono numerosi i geosinonimi, cioè termini differenti usati in diverse regioni d'Italia per designare lo stesso oggetto o concetto (cfr. padre/babbo sopra): l'anguria del Nord è il c0comero della Toscana e del Centro e il mel(l)lone (d'acqua) del Sud (senza contare termini di raggio geografico più specifico, come cetriolo in certe aree del Sud o pateca in Liguria, ecc.), e l'appartamento è alloggio al NordOvest, quarto o quartino al Sud, quartiere in Toscana, mentre uno straccio è un cencio in Toscana, una pezza o una mappina al Sud. Sono anche frequenti i regionalismi semantici, cioè significati particolari assunti da un lessema in una determinata area: salire in Campania e in altre zone dell'Italia meridionale ha anche valore transitivo, con il significato di "portare su, far salire" (sali la valigia!); chiamare in Piemonte vale anche "chiedere" (chiama a Gianni se vuole un caffè); sgabello in Veneto vale "comodino"; curare a Milano vale anche "sorvegliare, badare a" (mi curi la borsa un momento?); tovaglia in Sicilia è "asciugamano"; "giacca" in Toscana si dice giubba; cercare in Sardegna vale "molestare"; eccetera. Ma sono interessate alla variazione diatopica anche la morfologia e la sintassi. Qualche esempio morfologico: il suffisso -aro è di Roma e del Centro, di contro al toscano -aio; benzinaio quindi è forma toscana (e standard), benzinaro forma romana. Il suffisso -ilio è napoletano: Ciccillo. In Sicilia si dice scatolo, maschile, invece di scatola. Per la sintassi: nelle varietà di italiano del Sud, in particolare della Campania e della Sicilia, e della Sardegna, esiste il cosiddetto accusativo preposizionale, vale a dire viene impiegata la preposizione a per il complemento oggetto rappresentato da un essere animato (hai visto a Maria ?, 279 Fenomeni di variazione diatopica Gli italiani regionali I geosinonimi I regionalismi semantici Regionalismi morfologici e sintattici 280 La variazione diatopica di una lingua in diversi paesi Fenomeni di variazione diastratica La linguistica salutami a tuo ji-atello); alla perifrasi aspettuale progressiva (cfr. § 3.4) stare + gerundio dello standard corrispondono in Veneto essere dietro a + infinito, in Piemonte essere qui/lì che, a Roma stare a + infinito; in Sicilia la forma verbale finita tende ad andare in ultima posizione nella frase (oggi a casa sono) e in Sardegna è normale analoga posizione finale del verbo nelle interrogative (il giornale vuoi?); eccetera (v. testo 6 in Materiali 7.2). La differenziazione diatopica può anche ovviamente superare i confini geografici di una singola nazione, quando una lingua sia parlata come lingua nazionale in più paesi. Per restare al lessico, l'italiano della Svizzera (dove è lingua nazionale, parlata nel Canton Ticino e in quattro valli del Canton Grigioni) si differenzia dall'italiano d'Italia in tutta una serie di lessemi: nota "voto scolastico", ghette "collant, calze da donna", nate/ "telefono cellulare", vignetta "contrassegno autostradale", monitore "istruttore", gipponcino "maglietta", training "tuta da ginnastica", eccetera. Così, sono ben note differenze lessicali fra l'inglese di Gran Bretagna (Standard British English) e l'inglese degli Stati Uniti d'America (Generai American) come: underground, tube (SBE)/subway (GA) "metropolitana", trousers (SBE)/pants (GA) "pantaloni" (pants in SBE sono le "mutande"),.film (SBE)/movie (GA), bili (SBE)/check (GA) "conto", lorry (SBE)/truck (GA) "autocarro", mobile (SBE)/cell (phone) (GA) "telefono cellulare", pavement (SBE)/ sidewalk (GA) "marciapiede", lift (SBE)/elevator (GA) "ascensore. Analogamente, per es., se prendiamo il tedesco standard di Germania e quelli di Austria e Svizzera: "pomodoro" è Tornate in Germania, Paradeiser in Austria; "respiro" è Atem in Germania, Schnaufin Svizzera; "bicicletta" è Fahrrad in Germania e Velo in Svizzera; "macellaio" è Fleischer in Germania e Metzger in Svizzera; la "patata" è Kartoffel in Germania e Erdapfel in Austria (e Baviera); l'"albicocca" è in Germania Aprikose e in Austria Marille; "ospedale" si dice Krankenhaus in Germania e Spital in Austria e in Svizzera; i "pedoni" sono Fufigiinger in Germania e Fussgeher in Austria. La variazione diastratica emerge anch'essa ai vari livelli di analisi. Nella fonetica, è evidente in casi di pronunce italiane influenzate dal dialetto, che tendono a comparire soprattutto in parlanti con scarso grado di istruzione, come per es. in Piemonte [la'sjare] lasciare o [pa'sjcIJsa] pazienza (con riduzione della fricativa palatale o postalveolare a nesso di fricativa alveolare + semivocale, e dell'affricata a fricativa); in Veneto, analogamente, [pa'sjeIJsa], o [ko'pja] coppia (con annullamento dell'opposizione fra consonanti scempie e geminate: copia e coppia vengono a essere pronunciate allo stesso modo); a Roma, ['bi:ra] birra (con scempiamento della r intervocalica) o [pen'tsa:re] pensare (con passaggio dell'affricata alla fricativa preceduta da n); in Mutamento e variazione nelle lingue Sicilia, ['ma:tce] madre (con consonanti postalveolari retroflesse). Si manifesta poi fra l'altro anche con fenomeni di semplificazione della pronuncia (cfr. § 7.1.2) quali assimilazioni (arimmetica per aritmetica), epentesi (pisicologia per psicologia), metatesi (spicologia, o piscologia, per psicologia), eccetera. Nella morfologia, oltre a quanto detto sopra circa l'estensione del clitico ci alla terza persona, si hanno per es. generalizzazioni di forme e regolarizzazioni analogiche di paradigmi complessi, come per es. nel caso dell'articolo (i. amici, dei. Svizzeri, un sbaglio), o di forme dei paradigmi verbali (dissimo per dicemmo, potiamo per possiamo, venghino per vengano, bevavamo per bevevamo); analoghi fenomeni si possono avere nella formazione dei comparativi (più bene per meglio, più maggiore), o in accordi basati sulla semantica invece che sulle convenzioni grammaticali (nessuni amici, qualche esperienze, tutto il paese lo sapevano). Esempi per la sintassi possono essere il costrutto del cosiddetto tema libero (o tema sospeso), con un elemento isolato all'inizio dell'enunciato senza elementi di coesione sintattica con la frase che segue (io la mia città è Napoli); o la costruzione del periodo ipotetico dell'irrealtà col doppio condizionale (se potrei,farei.. .) o col doppio congiuntivo imperfetto (se potessi, facessi...). Infine, nel lessico sono per es. una marca diastratica i cosiddetti 'malapropismi', cioè deformazioni motivanti di parole difficili per assimilarle a parole note, più trasparenti, come autobilancia per autoambulanza o febbrite per flebite ; e semplificazioni della struttura derivazionale delle parole con accorciamenti come per es. spiega per spiegazione, la dichiara per la dichiarazione, prolungo per prolungamento. Tutti questi fenomeni sono caratteristici delle varietà diastratiche incolte, 'basse', così definite perché stanno verso l'estremo basso, vale a dire non di prestigio (deviante dallo standard, valutato negativamente nei giudizi della comunità parlante) dell'asse della diastratia, che è orientato da un estremo alto a un estremo basso. Molti di questi fenomeni dipendono infatti fondamentalmente dal cattivo padroneggiamento della lingua standard da parte di parlanti non colti o semicolti che parlano per lo più dialetto. Nel loro insieme, tali varietà sono state chiamate 'italiano popolare' (cfr. testo 5 in Materiali 7.2). Una parte dei fatti che risultano significativi per la dimensione diastratica possono anche contrassegnare la variazione diafasica. Anche l'asse della diafasia è orientato da un estremo alto a un estremo basso. La dimensione diafasica è più complessa delle altre, e vanno in effetti riconosciute al suo interno due sottodimensioni parallele ma in linea di principio indipendenti: l'asse dei registri e quello dei sottocodici. I registri sono le varietà diafasiche dipendenti dal carattere formale o informale dell'interazione comunicativa e dal ruolo reciproco di parlanti L'italiano popolare 281 La variazione diafasica Registri 282 Sottocodici Fenomeni di variazione di registro Fenomeni di variazione di sottocodice La linguistica e interlocutori; i sottocodici (spesso detti 'linguaggi settoriali') sono invece le varietà diafasiche dipendenti dall'argomento di cui si parla (o si scrive) e dalla sfera di contenuti ed attività a cui si fa riferimento. I registri si dispongono su una scala che va appunto da un estremo alto, quello delle situazioni formali, con produzione linguistica accurata e sorvegliata, a un estremo basso, quello delle situazioni informali, con produzione linguistica spontanea e non accurata. Un esempio lampante di variazione di registro: nella fonetica, sono indicatori di registro informale fenomeni di fusione, di riduzione sillabica e 'ipoarticolazione' delle parole nella catena parlata (dovute alla velocità dell'eloquio e alla ridotta attenzione posta dal parlante ai tratti di esplicitazione formale del messaggio). Tutto un pacco detto da un parlante milanese può risultare per es. nella realtà della sua realizzazione fonica: [t;}t;}n'pakb]; e tutti questi interventi detto da un parlante fiorentino: [hutt~'estunt'ven]. A livello morfologico, sono di registro basso e informale accorciamenti di parole come bici, cine, tele, o, con aferesi sillabica, 'sto per questo. A livello morfosintattico, è rilevante l'uso degli allocutivi e delle forme con cui ci si rivolge agli interlocutori (cfr. § 5.1): dare del tu segnala di solito (a parità di altre condizioni) registro informale, dare del lei registro formale. Nel lessico, esistono molte coppie o serie di termini sinonimi differenziati per registro: inizio I esordio, fertile I ubertoso, andare I recarsi, sùbito I tosto, tirar fuori I estrarre, profumare I olezzare, regalare I donare, odorato I olfatto, zoo I giardino zoologico, ecc. (dove il primo termine è dell'uso comune e il secondo di registro formale o aulico); prendere I acchiappare, scendere I venir giù, confusione I casino, schiaffo I sberla.fortuna I culo, toilette (o gabinetto) I cesso (dove il primo termine è di registro medio, neutro, e il secondo di registro informale o basso). È inoltre tipico dei registri bassi l'uso di termini fortemente espressivi, metaforici, disfemistici o connotati come volgari: sfiga "sfortuna", che cazzo fai? "che cosa fai?", che palle, questa lezione è una pizza ("è noiosa"). È invece tipico dei registri alti, molto formali, l'uso di termini aulici, letterari, arcaici, rari, come per es. quantunque, altresì, abbisognare, repentino, parvenza, sembiante, addivenire, eccetera. I sottocodici sono caratterizzati soprattutto da termini tecnici o scientifici (tecnicismi) dei rispettivi settori: fonema, morfema, sintagma, coppia minima, ecc., sottocodice della linguistica; parenchima, mielite, appendicectomia, gastroscopia, emetico, ecc., sottocodice della medicina; azionariato, obbligazioni, leasing, rating, hi-tech (alcuni settori sono molto esposti all'ingresso di elementi dall'inglese; cfr. § 7.2.4), ecc., sottocodice dell'economia e finanza; e via discorrendo: l'elencazione sarebbe interminabile (cfr. testo 4 in Materiali 7.2). Ogni parlante di una lingua ha a disposizione una certa gamma di registri, e si Mutamento e variazione nelle lingue sa muovere lungo di essa a seconda dei caratteri della situazione; e, a seconda delle sfere di attività e di occupazioni in cui sia impegnato o con cui abbia familiarità, possiede o no determinati sottocodici. MATERIALI 7 .2 Esempi di varietà di lingua (1) SMS (registro informale speciale, parlato scritto): 283 (a) K ne so..gli ho inviato 1·mex cn scritto se poteva mex e lui ha dt dno e io gli ho rx ok a dom e lui m ha rikia ttinca dicendo k nn dovevo rompe e poi ha dt k ské..secondo te maccollo dav?<3 (b) 6uSCITO? IO VADO ADORMIRE x' SVEGLIA ALLE 7.45 (c) NO IO NON VADA RIMIN PERÒ OBIGL-SCONT CRDV FOX INTRSATA.96? (d) cmq io nn meridionale..te capi?bri.it taleban da merda!kat vegna un cancher, bastart..ehi, nn t sarai mica offeso, vero?testa d gran batakkjo al vapore.love! (2) Art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana (registro formale, lingua scritta giuridica): Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. (3) Messaggio pubblicitario (in L'espresso, 30.09.2010): Abbiamo acceso la luce in più di 150.000 case. What's next? www.solon.com Grazie alla nostra innovativa tecnologia "Made in Germany", contribuiamo alla produzione di energia pulita in tutto il mondo. Dal 1999 gli impianti fotovoltaici SOLON forniscono energia pulita a oltre 150.000 famiglie. E per te cosa possiamo fare? SOLON. Don't leave the planet to the stupid (4) Saggio scientifico (da A. Golini, Tendenze demografiche, mutamenti sociali e globalizzazione, in A. Golini, a cura di, Ilfuturo della popolazione nel mondo, il Mulino, Bologna 2009, p. 57) (lingua scritta colta) Il gioco, nel passato, delle variabili demografiche esaminate, la situazione attuale nella struttura della popolazione e il possibile andamento delle variabili nel futuro prossimo venturo fanno sì che la popolazione mondiale stimata al 1° luglio 2007 in 6,7 miliardi di persone (dei quali 5,4 vivono nei paesi in via di sviluppo e 1,3 in quelli economicamente sviluppati) possa arrivare, nella cosiddetta ipotesi media di fecondità, a 9,2 miliardi (di cui rispettivamente 8,0 e 1,2). (5) Racconto orale di un parlante semicolto (da F. Foresti, P. Morisi, M. Resca, a cura di, Era come a mietere, San Giovanni in Persiceto 1982, p. 53) (italiano popolare parlato): [.. .]io non avevo neanche il fucile, guardi, l'Italia, per nostra disgrazia, è sempre quella sa, cambia poco, sembra che ci sia della gente che ha cambiato la volontà, qualcheduno è d'apprezzare, molti no, sono da disprezzare e allora là non c'è fucile. Siccome che io per le armi non sono tanto famoso, perché non mi piace il male da fare alla gente io. Allora il tenente disse: -Allora tu, quando lo prendi il fucile? - Scusi, se non ce l'ho, come posso fare...? [...] 284 La linguistica segue MATERIALI 7 .2 (6) da P. Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino 1983 [19781], p. 47 (italiano regionale pie- montese): Il scimmiotto, ben che aveva fatto quel guaio, avrei voluto portarmelo dietro, ma poi ho pensato che qui da noi sarebbe venuto tisico, che alla pensione non me lo tenevano, e che per le mie zie sarebbe stato un bel cadò; e del resto, vigliacco se si è più fatto vedere. La variazione diamesica Il modo fonico o parlato eil modo grafico o scritto L'architettura di una lingua Molti tratti in comune con la variazione diafasica presenta la variazione diamesica, in quanto la lingua tipicamente parlata tende a coincidere o cooccorrere col registro informale, e la lingua tipicamente scritta col registro formale (v. testo 2 in Materiali 7. 2). Anche nella diarnesia conviene comunque considerare due sottodimensioni fra loro incrociate, l'una connessa al carattere fisico del mezzo o canale, l'altra connessa alle caratteristiche strutturali di elaborazione interna del messaggio: si può così distinguere nella produzione e struttura dei messaggi da un lato un modo 'fonico' opposto a un modo 'grafico' (riguardanti il supporto fisico del messaggio), e dall'altro lato un modo 'parlato' opposto a un modo 'scritto' (riguardanti l'organizzazione linguistica interna del messaggio). Un titolo di articolo di giornale come Università la lunga storia della catastrofe ("la Repubblica", 28-07-2010), o un brano come Una posizione particolare, sotto questo profilo, ha la vitamina C (acido ascorbico). Questa sostanza possiede infatti la capacità di ridurre il Fe3+ (ferrico) a bivalente, Fe2+, il quale è un potente proossidante; al tempo stesso l'acido ascorbico agisce da rigenerante della vitamina E, la quale, nel momento in cui trasforma i lipoperossidi in lipoidroperossidi, interrompendo la catena perossidativa, diviene essa stessa radicale libero tocoferile (I mercoledì del!'Accademia, XIII, Accademia delle Scienze di Torino 2008, p. 33), sono tipicamente 'scritto grafico', mentre ehi, molla 'sta borsa! è tipicamente 'parlato fonico'. Nella comunicazione con le nuove tecnologie, sono sempre più frequenti i generi di produzioni linguistiche che presentano assieme i caratteri strutturali del modo parlato e di quello grafico; per es. i cosiddetti messaggini (sms) al telefono cellulare: ma non son cattiva dai solo 3menda (cfr. Materiali 7.2, punto 1). Ogni dimensione rappresenta un asse di variazione della lingua, su cui si possono collocare le diverse varietà di lingua. L'insieme delle varietà di lingua lungo in cui si articola una lingua storico-naturale in un dato periodo temporale e della loro collocazione lungo i diversi assi di variazione può essere chiamato 'architettura' di quella lingua: nella fig. 7.1 è schematizzata una possibile rappresentazione sommaria del- 1'architettura dell'italiano contemporaneo. italiano scritto formale linguaggio burocratico, sottocodici tecnico- scientifici italiano regionale A DIATOPIA italiano colto italiano incolto Mutamento e variazione nelle lingue DIASTRATIA italiano regionale Z DIAFASIA varietà gergali italiano parlato informale Fig. 7.1 Architettura dell'italiano 285 (relativamente alle tre dimensioni della diatopia, diastratia, diafasia) <<(((( L'asse orizzontale rappresenta la dimensione diatopica, che non è orientata (non esiste una scala valutativa su cui si dispongono le diverse varietà: si va da un italiano regionale A a un italiano regionale Z attraverso vari italiani regionali B, C, D, ecc. tutti sullo stesso piano). L'asse verticale rappresenta la dimensione diastratica e quello obliquo la dimensione diafasica (che si può ritenere conglobi la dimensione diamesica). Entrambi questi assi sono orientati, vanno gradualmente da un estremo alto (valutato positivamente) a un estremo basso (valutato negativamente). Le varietà di lingua si dispongono lungo i vari assi come in un continuum: vale a dire che i confini fra le varietà sono graduali e sfumati, e spesso è impossibile porre delle linee nette di demarcazione fra l'una e l'altra. Gli estremi degli assi sono però nettamente differenziati. Per i due .assi della diastratia e diafasia sono indicate designazioni approssimative delle varietà agli estremi, quali punti di riferimento principali dell'architettura della lingua. Nell'asse della diafasia; è da intendere che a sinistra stanno i sottocodici, a destra i registri. Le due dimensioni orientate (assi verticale e obliquo: diastratia e diafasia) valgono per ogni punto identificato lungo l'asse orizzontale, non orientato: il loro punto di incrocio è per così dire mobile, si può vedere spostato in una singola collocazione lungo tutta l'estensione della diatopia. 7.2.3 Repertori linguistici L'insieme delle varietà di lingua presenti presso una certa comunità sociale costituisce il 'repertorio linguistico' di quella comunità. Le varietà che formano il repertorio possono essere varietà della stessa lingua, o varietà di più lingue diverse: si hanno quindi repertori monolingui e repertori plurilingui (bilingui, se ci sono due lingue; o multilingui, se le lingue sono più di due). Per comunità della dimensione di un paese, stato o nazione, la presenza di più lingue nel repertorio è la situazione più normale, e i repertori monolingui costituiscono piuttosto l'ecce- zione. Il repertorio linguistico 286 La linguistica Box 7.1- Un esempio di repertorio plurlllngue: le lingue del Camerun Stato indipendente dal 1960 (dal 1961 nella configurazione attuale, che comprende una parte ex-colonia francese e una parte ex-colonia britannica nigeriana). Superficie: circa 475.000 km2• Popolazione: circa 18 milioni di abitanti (2009). Si contano 239 lingue, molte piccolissime, con un esiguo numero di parlanti. Le lingue indigene appartengono a cinque gruppi principali (prevalentemente della famiglia niger-kordofaniana): bantu, bantoide (bamileke), foibe, ciadico, paleosudanese (adamaua-ubang). Due lingue ufficiali (esolingue): francese, inglese; 14 lingue nazionali tutelate, di cui 5 con più di 250.000 parlanti (fulfulde, duala, basaa, bamileke, beti); 22 lingue parlate alla radio; 9 lingue veicolari (fra cui l'arabo nel Nord, il hausa lungo il confine con la Nigeria, l'ewondo nel Sud; e il WAPE (West African Pidgin English). Lingua standard Dialetto (Turchetta 1996) Sempre per comunità che coincidano con paesi o stati, almeno una delle lingue presenti nel repertorio, e in particolare la lingua nazionale e ufficiale del paese, ha una varietà standard, ed è quindi una 'lingua standard'. Una lingua standard è una lingua codificata, dotata di una norma prescrittiva, con un repertorio di manuali di riferimento (grammatiche, dizionari) e di testi esemplari, per lo più con una tradizione letteraria prestigiosa e di lunga data; è tendenzialmente unitaria, è adottata come modello per l'insegnamento scolastico, ed è ritenuta dai parlanti della comunità la 'buona' e 'corretta' lingua. In un repertorio linguistico ci sono di regola, contrapposti alla lingua standard, anche dei dialetti, val a dire varietà di lingua di uso prevalentemente orale, di estensione areale e diffusione demografica inferiori rispetto alla lingua standard, poco codificate ed espressione di una realtà e cultura regionale o locale. 'Dialetto' è tuttavia un concetto meno univoco di quel che possa sembrare. Il termine viene infatti ugualmente utilizzato per designare casi di almeno due tipi diversi. Possono essere 'dialetti' sistemi linguistici strettamente imparentati con la lingua standard, ma aventi una loro struttura e storia autonoma: è il caso dei dialetti italiani, o più precisamente 'italo-romanzi', che non sono propriamente varietà diatopiche dell'italiano, ma sono per così dire 'lingue sorelle' dell'italiano; nel Medioevo, c'erano infatti in Italia diversi 'volgari romanzi', derivati dal latino, fra i quali uno, il fiorentino, per varie ragioni culturali, letterarie, storico-politiche ed economiche acquisì particolare prestigio e nel Cinquecento fu codificato come italiano standard, relegando gli altri volgari a dialetti. E possono ugualmente essere 'dialetti' varietà risultanti dalla diversificazione su base territoriale di una certa lingua dopo che questa si è diffusa in un paese (è il caso dei dialetti inglesi d'America, che negli Stati Uniti rappresentano le varietà diatopiche dell'inglese consolidatesi nelle diverse aree). Mutamento e variazione nelle lingue 287 In un repertorio spesso vi sono anche lingue di minoranza: queste sono per lo più varietà di lingua non imparentate con la lingua standard e rappresentanti una cultura e una tradizione etnica diverse da quella dominante in un paese, parlate da gruppi di dimensione demografica ridotta rispetto al resto della popolazione del paese, che costituiscono appunto 'minoranze linguistiche'. Molti paesi europei, se non tutti, hanno repertori con lingue minoritarie. In Italia, esistono tre minoranze linguistiche ufficialmente riconosciute fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale (tedescofona, in Alto Adige/Siidtirol; francofona, in Valle d'Aosta - dove però la lingua parlata nella conversazione quotidiana è semmai il dialetto francoprovenzale; e slovena, in provincia di Trieste e Gorizia), e una dozzina di altre lingue o varietà di lingua minoritarie riconosciute dalla legge nazionale num. 482 del 1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche (vd. Box 7.2). In molti paesi soprattutto africani esistono repertori più complessi, con la presenza di lingue europee coloniali (dette 'esolingue') accanto alle diverse lingue nazionali locali (vd. Box 7.1). Le minoranze linguistiche Box 7.2 - Lingue d'Italia (di Insediamento tradlzlonale) Dialetti italoromanzi Dialetti settentrionali: Dialetti toscani area gallo-italica: area veneta: dialetti piemontesi, lombardi, liguri ed emiliano-romagnoli dialetti veneti, veneto-trentini e veneto- giuliani Dialetto centro-meridionali: area mediana: romanesco, dialetti laziali, marchigiani e umbri area alto-meridionale: dialetti abruzzesi, molisani, campani, pugliesi settentrionali, lucani, calabresi centro-settentrionali area meridionale estrema:dialetti salentini, calabresi meridionali e siciliani Dialetti italoromanzi fuori del territorio Territorio Consistenza demografica (stima) tabarchino (ligure) Carloforte e Calasetta in Sardegna 10.000 dialetti galloitalici Sicilia, province di Potenza e Salerno 30.000? 288 La linguistica Lingue minoritarie Territorio Consistenza demografica (stima) dialetti sardi Sardegna 1.000.000 friulano Friuli Venezia Giulia, Provincia di Venezia 450.000 tedesco (e dialetti walser, mòcheno, cimbro ecc.) (a) Provincia di Bolzano (b) Piemonte, Valle d'Aosta, Veneto, Provincia di Trento, Provincia.di Udine (a) 290.000 (b) 10.000 francese Valle d'Aosta e Piemonte ? dialetti zingari sparso 120.000 francoprovenzale (a) Valle d'Aosta (a) 70.000 (b) 15.000 (b) Provincia di Torino, due comuni in Provincia di Foggia (Faeto, Celle San Vito) albanese (arberesh) Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia 80.000 sloveno occitano (provenzale) (a) Province di Gorizia e Trieste (b) Provincia di Udine Province di Torino e Cuneo, un comune in Provincia di Cosenza (Guardia Piemontese) (a) 50.000 (b) 20.000 45.000 ladino dolomitico Trentino Alto Adige, Veneto 35.000 catalano greco (grico, grecanico) croato (nanas) Repertori plurilingui Diglossia Sardegna (Alghero) Province di Lecce e di Reggio Calabria Tre comuni in Provincia di Campobasso (Acquaviva Colle\ r9ce, San Felice del Molise, Montemitro) 20.000 12.000 2.000 In repertori plurilingui è assai raro che i diversi sistemi linguistici compresenti stiano sullo stesso piano negli usi e negli atteggiamenti della comunità parlante e svolgano le medesime funzioni. La situazione più diffusa è quella in cui c'è invece fra le diverse lingue o varietà di lingue una diversificazione delle funzioni e della collocazione nel repertorio (e quindi del prestigio). A una situazione di bilinguismo in cui le due lingue coprano ambiti e ruoli socialmente differenziati, con una netta compartimentazione degli ambiti, ci si riferisce di solito col termine di 'diglossia' (parola di origine greca che vale "duplicità di lingua"). Nella diglossia, una delle lingue o varietà di lingua è impiegata tipicamente nello scritto e negli usi formali e ufficiali ed è insegnata a scuola ma non viene normalmente parlata in famiglia (e viene detta 'varietà H', o 'A': high, alta), mentre l'altra è impiegata nella conversazione quotidiana e negli usi informali (e viene detta 'varietà L', o B: low, Mutamento e variazione nelle lingue bassa). Situazioni tipiche di diglossia sono per es. quelle della Svizzera tedesca o del mondo arabo magrebino (Tunisia, Marocco, ecc.), in cui rispettivamente il tedesco standard (Hochdeutsch) e l'arabo classico sono le varietà H e il dialetto tedesco svizzero e la varietà locale di arabo moderno sono le varietà L; in questi tipi di repertorio, la varietà alta non viene mai usata nel parlato quotidiano fra i membri della comunità linguistica e non è appresa dai bambini nella socializzazione primaria. Una situazione come quella molto comune nelle regioni italiane in cui sono compresenti l'italiano e il dialetto ha caratteristiche un po' diverse. Le due varietà di lingua sono sì proprie di differenti ambiti, la varietà bassa (il dialetto) è solo dell'uso parlato informale, mentre negli usi scritti e amministrativi e nell'insegnamento scolastico compare solo la varietà alta (l'italiano), ma - a differenza della situazione di vera e propria diglossia- quest'ultima viene ampiamente impiegata anche nel parlato quotidiano ed è per la maggioranza della popolazione lingua della socializzazione primaria. Per indicare tale tipo di repertorio è stata proposta la designazione di 'dilalia' (anche questo termine è costruito sul greco e vale all'incirca "duplicità conversazionale"). 7.2.4 Il contatto linguistico Fra le lingue diverse presenti in un repertorio, e più generalmente fra lingue diverse i cui parlanti vengano in qualche modo o si trovino ad avere rapporti comunicativi, si crea tutta una serie di fenomeni di contatto, variamente condizionati dai caratteri sociolinguistici delle comunità interessate. Fra i principali fenomeni e conseguenze del contatto linguistico vanno menzionati l'interferenza e i prestiti (cfr. § 7.1.2) da un lato, e la commutazione di codice dall'altro. La nozione di 'interferenza' riguarda l'influenza e l'azione che un sistema linguistico può avere su un altro, e il termine è spesso usato per coprire tutta la gamma di fenomeni che avvengono in tal caso, e che consistono essenzialmente nel trasporto di materiali linguistici (elementi, parole, regole, tratti, costrutti, categorie, opposizioni funzionali, significati) da una lingua ad un'altra. L'interferenza può riguardare tutti i livelli di analisi ed è particolarmente evidente nei parlanti bilingui, che possiedono due lingue. Spesso si manifesta per così dire sotto la superficie linguistica: il materiale linguistico di superficie è interamente in una lingua, ma il modo in cui esso è organizzato risente dell'influsso dell'altra lingua; per es., venerdì su sabato per "la notte fra venerdì e sabato" detto da un giovane immigrato italiano in Svizzera tedesca è una formulazione fatta interamente di materiale linguistico italiano, ma che riproduce il modello tedesco von Freitag gyfSamstag "da venerdì su sabato". Ha origine da interferenza dell'inglese il diffondersi in italiano di un costrutto come il superlativo relativo con ordinale (scono- Dilalia Fenomeni del contatto fra lingue 289 L'interferenza 290 Il prestito Prestiti lessicali Prestiti fonetici e morfologici Il calco La linguistica sciuto al sistema italiano, che presuppone logicamente che il superlativo relativo abbia referente unico): la terza persona più simpatica del mondo; la seconda montagna più alta della terra è il K2. Quando ciò che viaggia da una lingua a un'altra è materiale linguistico di superficie (fonemi, morfemi, parole, locuzioni ecc.), e in particolare quando si tratta di elementi lessicali, si parla più precisamente di 'prestito'. L'uso dei prestiti, elementi del lessico presi da un'altra lingua, non necessariamente implica il bilinguismo dei parlanti. Il prendere unità lessicali da un'altra lingua (e in particolare dalla lingua che in un certo contesto storico e geografico è dominante: il turco kitap e il swahili kitabu - cfr. § 3.4- sono per es. prestiti dall'arabo kitab "libro" - cfr. §§ 3.4 e 6.2.1) è fisiologico e normale nella storia di tutte le lingue. Il lessico di una lingua (cfr. § 5.2) è infatti un insieme composito anche in relazione alla provenienza dei suoi elementi, essendo costituito sia da lessemi di tradizione o formazione indigena, sia, in misura di solito ridotta, ma comunque evidente, di lessemi provenienti da altre lingue, detti 'forestierismi'. L'italiano ha assunto in tutti i secoli della sua storia prestiti dalle varie lingue con cui è venuto in contatto, spesso non più riconoscibili come tali (albicocca, carciofo, caraffa, sceriffo vengono dall'arabo; bisturi, mansarda, marciapiede, dama, escursione vengono dal francese; albergo, barujfa,j1asco, quarzo vengono dal tedesco); da almeno mezzo secolo in qua sono particolarmente numerosi (com'è ovvio, dato il predominio dell'inglese sulla scena politica, culturale, economica, tecnico-scientifica mondiale) i prestiti dall'inglese. I prestiti subiscono quasi sempre un adattamento (cioè un adeguamento parziale alle strutture proprie del sistema ricevente) nella fonetica, e non raramente nella morfologia e nel significato, diventando così pienamente 'integrati' nella lingua che li accoglie. Jogging, "corsa moderata a scopo di esercizio fisico", pronunciato normalmente ['d3::iggil)g], con allungamento della [g] intervocalica e resa della -g finale meramente grafica, è un prestito foneticamente adattato (pronuncia ingl. ['d3::igil)]) e con uno sviluppo semantico particolare (in inglese è propriamente participio presente dito jog "sobbalzare", solo colloquialmente usato nel senso di far esercizio fisico). Stagista "chi partecipa a uno stage" è un'integrazione morfologica, con aggiunta di morfema derivazionale italiano, del prestito dal francese stage [sta3] "tirocinio" (spesso erroneamente ricondotto a inglese stage [ste1d3] "palcoscenico; fase"). Quando ciò che passa da una lingua a un'altra non è una parola o espressione nei suoi aspetti formali, ma il suo significato, o la sua struttura interna, resi con mezzi propri della lingua ricevente, si parla di 'calchi':ferrovia riproduce il tedesco Eisenbahn, letteralm. "strada di ferro", grattacielo l'inglese sky-scraper, letteralm. "raschiatore del cie- Mutamento e variazione nelle lingue lo"; realizzare ha preso il senso di "comprendere" sul modello di ingl. to realize "accorgersi, capire"; comportamentismo è un calco dall'inglese behaviourism. Mentre interferenze, prestiti e calchi sono fenomeni che avvengono sul piano del sistema linguistico, il vasto insieme di fatti indicati con l'etichetta di 'commutazione di codice' (code-switching) riguarda invece i fenomeni che avvengono sul piano del discorso ed è tipico del comportamento di parlanti bilingui. Il termine indica infatti l'uso alternato di due lingue diverse (codici) nella stessa interazione comunicativa da parte di uno stesso parlante, manifestantesi nel passaggio nel discorso da una lingua a un'altra. Tale passaggio può avvenire o in concomitanza con aspetti pragmatici e contestuali rilevanti dell'interazione verbale, in particolare il cambiamento dell'interlocutore a cui il parlante si rivolge o il cambiamento della funzione e l'atto linguistico che il parlante intende compiere (e in tal caso il passaggio tende ad avvenire al confine di frase, talché il discorso risulta costituito - in varie combinazioni - da un enunciato in una lingua a cui segue un enunciato in un'altra lingua); o senza tale concomitanza, quando il parlante passa da una lingua all'altra (inserendo in un discorso cominciato in una lingua elementi e sintagmi di un'altra lingua) in punti qualsiasi del suo discorso, senza che ci sia correlazione con un mutamento di situazione e un cambio di funzione pragmatica (e in tal caso il discorso risulta composto da frasi con costituenti provenienti da lingue diverse, cioè da enunciati mistilingui). Un esempio del primo caso, che coinvolge inglese e italiano: last time I went to the hospital... the doctor said, no more I inglese! Adesso eh, capisci bene. brava brava "l'ultima volta che sono andata in ospedale il dottore ha detto: basta/" (detto da un'immigrata ghanese in Italia). Un esempio del secondo caso, che coinvolge spagnolo e inglese: bueno, in other words el jJj_ghJ_ que sale de Chicago around three o' clock ("bene, in altre parole il volo che parte da Chicago attorno alle tre"), detto da un parlante bilingue. La commutazione di codice può avvenire in linea di principio fra due qualunque delle varietà di lingua presenti in un repertorio e a disposizione di un parlante, e quindi anche fra lingua e dialetto. Quest'ultimo caso è frequente nella situazione italiana. Un paio di esempi: guardi che loro I a sun fumne, eh "/ sono donne, eh" (italiano/piemontese, detto da un venditore a una bancarella di mercato rionale); poi io non è che mi posso mettere afare le telefonate per niente, ogni minuto.I U telèfunu u pavu iù! "/ il telefono lo pago io" (italiano/siciliano, detto in conversazione amicale a Catania). 291 La commutazione di codice Commutazione fra lingua e dialetto 292 La linguistica ESERCIZI A. Il mutamento linguistico D Quale fenomeno del mutamento fonetico è rappresentato in (i)? Quale in (ii)? (i) lat. somnum > it. sonno; lat. actum > it. atto, lat. voluptas > it. voluttà; (ii) lat. ceram ([k]eram) > it. cera; lat. angelum (an[g]elum) > it. angelo. fJ IJ o Sia dato: lat. eccum il/e > it. antico kel/e (es. sao ko kel/e terre; v. Materiali 7.1, testo 3). Quali fenomeni del mutamento fonetico sono intervenuti in questo caso? Si confrontino le due seguenti iscrizioni pompeiane: (i) Quisquis amat valeat, pereat qui nescit amare e (ii) Quisquis ama valia, peria qui nasci amare "chiunque ama viva, muoia chi non sa amare". Quale fenomeno del mutamento fonetico è intervenuto sulle forme verbali di modo finito nel passaggio da (i) a (ii)? Si esamini il caso seguente: protogermanico *fot "piede", *foti "piedi" > inglese antico fot "piede", fet "piedi"(> inglese foot [fut] "piede", feet [fi:t] "piedi"). Quale fenomeno del mutamento fonetico è intervenuto nel passaggio dal protogermanico all'inglese antico? Dire di quale fenomeno della lista B è un esempio ogni elemento della lista A. Si tenga conto che: a) non ci sono associazioni plurime e b) un elemento della lista B e uno della lista A non sono associabili a un elemento dell'altra lista. A B (1) lat. digitum > it. dito (i) assimilazione progressiva (2) lat. mundum > romanesco monna (ii) aferesi (3) lat. tardo sedia > it. sella (iii) sincope (4) it. antico piùe > it. più (iv) dissimilazione (5) lat. armarium > it. armadio (v) assimilazione regressiva Dire di quale fenomeno della lista B è un esempio ogni elemento della lista A. Si tenga conto che: a) non ci sono associazioni plurime e b) un elemento della lista Be uno della lista A non sono associabili a un elemento dell'altra lista. A B (1) lat. matutinum > it. mattino (i) assimilazione regressiva (2) lat. absentia > it. senza (ii) metatesi (3) lat. lumen > it. lume (iii) aferesi (4) lat. fragmentum > it. frammento (iv) sincope (5) lat. semper > it. sempre (v) assimilazione progressiva A quali parole hanno dato origine in italiano, e attraverso quale fenomeno, le seguenti parole del latino? (i) subtile(m); (ii) captura(m); (iii) pectine(m); (iv) scripsi. A quali parole hanno dato origine in italiano, e attraverso quali fenomeni, le seguenti parole del latino? (i) columna(m); (ii) historia(m); (iii) mu/iere(m); (iv) mensura(m); (v) pagense(m); (vi) calida(m); (vii) dicere; (viii) obtusu(m); (ix) sanctu(m); (x) remem(o)rari. Si considerino gli esempi latini in (i) alla luce dei processi descritti in (ii); quale fenomeno del mutamento fonologico è qui rappresentato? (i) dico "io dedico" - dico "io dico"; piJtet "che lui pensi" - putet "lui puzza"; venit "lui viene" - venit "lui venne"; navi "(qualcosa) di nuovo" - navi "io sono venuto a conoscenza"; malum "male, malanno" - malum "mela" ; (ii) /a:/-/a/ > /a/; /e:/-/e/ > /e/; /i:/-/i/ > /i/; /o:/-/o/ > /o/; /u:/-/u/ > /u/. i! Sia data la seguente coppia di parole dell'inglese: book "libro", books "libri". Si consideri che nel medio inglese (l'inglese parlato in epoca medievale) si aveva bok "libro", beech "libri", e che books Mutamento e variazione nelle lingue 293 non deriva da beech. Quale fenomeno di mutamento morfologico può spiegare la formazione del plurale books? I) Si considerino le seguenti frasi: (i) inglese /'m going to town "sto andando in città"; (ii) inglese the rain is going to fall "la pioggia sta per cadere". Quale fenomeno di mutamento morfologico (e semantico) è intervenuto nel passaggio da gan, che in inglese antico significava "andare" come go in (i), a go in (ii)? E! Si confrontino i seguenti enunciati: (i) Helvetii omnium rerum inopia adducti /egatos [. ..] ad eum miserunt (lett. "gli Elvezi, di tutte le cose dalla mancanza costretti, ambasciatori [...] a lui mandarono"; Materiali 7.1, testo 1); (ii) iste [...] episcopus isto anno fecit ibi fontis (lett. "questo [...] vescovo in quest'anno fece in quel luogo delle fonti"; Materiali 7.1, testo 2). Quale o quali fenomeni del mutamento sintattico sono intervenuti nel passaggio da (i) a (ii)? €Il Che cosa c'è di interessante sul piano dei fenomeni del mutamento sintattico e semantico in meno/vi (lett. "menò lo vi", Materiali 7.1, testo 4), se confrontato con il suo corrispondente italiano ve lo portò? &Il Si discuta il caso seguente sulla base dei fenomeni del mutamento semantico che vi si possono individuare: lat. femur "coscia" > it. femore; lat. coxa "anca" > it. coscia; germ. *hanka > it. anca. €El Trovare le parole latine da cui provengono le parole italiane caldo, raggio, circolo, ginocchio, uomo, piangere, muovere, piegare, cattivo, rosso, mangiare, pioggia, dottore. Individuare i fenomeni di mutamento che sono intervenuti nel passaggio da una parola all'altra. €li) Che cosa sono i volgari? El Che cosa si intende per 'sostrato'? B. La variazione sincronica &I A quale dimensione di variazione fanno principalmente riferimento gli esempi seguenti? Quante e quali varietà riconoscete, e in base a quali fenomeni (v. anche § 2.2.3 e Box 2.4)? (i) [re'3i:na] regina; (ii) ['ma:tce] madre; (iii) [a'mi:ho] amico; (iv) ['tJqJto] cento; (v) capito [kap'pitto]; (vi) [bo:no] buono; (vii) ['la:sjo] lascio; (viii) ['fortse] forse; (ix) ['al)ge] anche; (x) ['kamt bo] campo. &li) Si considerino i brani seguenti. Sapreste dire, e in base a quali peculiarità lessicali, quale varietà di italiano è rappresentata? (i) quest'anno abbiamo trovato una buona intesa con delle ferrovie e gli autopostali (ii) però non è così sicuro cioè non penso che ci sia la cassa malati (iii) ma voi che lavoro fate perché su quella strada c'è sempre colonna agli orari dei frontalieri (iv) devo preparare /'esercizio per l'accademia di ginnastica non ho voglia ma devo farlo sì sì sono monitore (v) fino al 2003 c'era da pagare una tassa una vignetta per la riconsegna di settantacinque fran- chi fil Sia data la seguente serie di espressioni, dal medesimo significato (tratte da T. Telmon, Varietà regionali, in Introduzione a/l'italiano contemporaneo. Il. La variazione e gli usi, a c. di A. A. Sobrero, Laterza, 1993, pp. 93-149): far forca, far fughino, bigiare, fare il ponte, bossare, far lippe, bruciare, fare sgarraticcio, far salina, impiccare, saltare, far filone, far manca, tagliare, fare l'ora, salare, fare schissa, bucare, conig/iare, toreare, fare cuppo, far sega, far vela, nargiare, fare Sicilia, buttarsela. Quale fra queste espressioni è usata nella vostra regione? Quale fenomeno è esem- plificato? fD Si considerino i casi seguenti: (i) inglese britannico: ['ko:] (car "automobile") presso le classi so- 294 La linguistica ciali più alte e nelle situazioni più formali, ['ko:1] (car "automobile") presso le classi sociali più basse e nelle situazioni più informali; (ii) inglese americano: ['ko:1] (car "automobile") presso le classi sociali più alte e nelle situazioni più formali, ['ko:] (car"automobile") presso le classi sociali più basse e nelle situazioni più informali. L'opposizione tra ['ko:] e ['ko:1] in (i), così come in (ii), quali dimensioni di variazione chiama in gioco? Le differenze tra (i) e (ii), invece, a quale dimensione pertengono? @i Di quale varietà di lingua è un esempio il brano seguente? Quali fenomeni caratteristici riconoscete? Cari genitori e famiglia, giorno 14 mi trovo in questa situazione oggi stessa mi hanno fatto il processo e mi hanno condannato a morte ormai ho dovuto farmi di questa convinzione non ci sarebbe stato cavasse/a ma ormai mi sono messo il cuore verso questa grassia ma dopo attutto ho fatto la Confessione Comunione. Cari genitori, datevi coraggio perché ormai mi era destinata non si scancella io vi chiedo perdono che rimarrete dispiacenti. Cari genitori ora vi dico addio ci rivedremo in paradiso ora baci a tutti in famiglia per fortuna mi a sistito mio Cape/lana. Il vostro figliolo. Tommaso Masi (Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, a c. di P. Malvezzi e G. Pirelli, Einaudi, 2002(1952], p. 194) fil Collocate ciascuno dei brani seguenti rispetto ai diversi assi di variazione nella Fig. 1 al § 7.2.2. (architettura dell'italiano contemporaneo), motivandone la collocazione. (i) Si è assunta una dipendenza lineare da/l'angolo di deriva fino all'angolo di saturazione, il tratto successivo viene considerato costante; si è assunta inoltre una dipendenza lineare dal carico verticale fino al raggiungimento di un carico di soglia oltre il quale la forza trasversale rimane costante. (ii) RingraziandoLa anticipatamente per la sempre cortese attenzione, Le porgo i miei più cordiali saluti (iii) In questi ultimi anni il gruppo si è ricostituito con riunioni periodiche e si è aperto a nuove persone. Quando ci fu quell'attenuazione nell'attività, le energie si spostarono sulla casa editrice, le cui esigenze erano divenute più urgenti, anche nella speranza che essa assumesse su di sé quello che poteva non essere più rappresentato altrove. (iv) // reggimento che da più di un mese faccio parte vi sono soldati che provengono da tutte le regioni D'Italia e vi sono anche diversi che vengono dalla galera. La disciplina è al massimo, la zona che operiamo è il Carso. Il Caporalmaggiore che comanda il mio plotone è un galeotto e mi dice che nel reggimento dove prima lui faceva parte, vi furono delle fucilazioni[ ... ] (da G. Bussi, Forse nessuno leggerà queste parole, a cura di P. C. Grimaldi, Meltemi, Roma 2002, pp. 93-94). fil Quali fenomeni di contatto sono esemplificati nei seguenti enunciati in italiano prodotti da parlanti bilingui? (i) non so cosa che ho da fare (cfr. padovano no so cosa che go da fare) (ii) io sono ieri al cinema andata (cfr. tedesco ich bin gestern ins Kino gegangen) (iii) sono stato lavorando (cfr. sardo so istatu travallande) (iv) era figlia di un grande negoziante e gh'éra siicedii che lé la gh 'éva n gran negòsi, la lavorava in panina, di vestr, un grande negòsi. fil Quale fenomeno di contatto è esemplificato nei casi seguenti? (gli enunciati, alcuni reali e altri tratti dalla narrativa umoristica, sono da riferire a emigrati italiani negli Stati Uniti) (i) lo visco (cfr. whiskey) era americano, la birra era americana, ce steva na ghenga de /affari ("banda di vitelloni", cfr. ingl. gang of loafers) tutti americani (ii) mi piacciono 'e stare ("negozi" , cfr. ingl. stores), comprare, guardare (iii) lo sapevo portare il tracco ("camion", cfr. ingl. truck). fl Distinguere nei seguenti enunciati in italiano quali delle parole sottolineate rappresentano casi di prestito e quali di calco dall'inglese. Mutamento e variazione nelle lingue 295 (i) se ti taggo è perché voglio saperne di più su di te (cfr. if i tag you it's because I want to know more about you) (ii) non realizzo che cosa è successo (cfr. ingl. I don't realize what happened) (iii) ho postato due foto su Facebook (cfr. ingl. / posted two photos on Facebook) (iv) questo fine settimana torneremo in Africa (cfr. ingl. this weekend we wi/1 go back to Africa). La nascita della linguistica generale con Saussure Cenni di storia della disciplina CAPITOLO 8 Obiettivi del capitolo Questo capitolo delinea uno schizzo sommario dello sviluppo storico delle idee, delle riflessioni e degli approcci descrittivi sul linguaggio e sulle lingue, menzionando le principali personalità e indicando qualche aspetto saliente nell'Antichità (dai grammatici indiani alla filosofia greca ai grammatici greci e latini), nel Medioevo, nel Rinascimento e nell'Età moderna, sino alla nascita della linguistica scientifica a inizio Ottocento e alla fondazione della linguistica generale o teorica a inizio Novecento. Vengono individuate le principali correnti della linguistica dell'ultimo secolo e sono indicati gli autori più noti che hanno contribuito allo sviluppo dei metodi della ricerca sul linguaggio e all'avanzamento delle conoscenze sulla struttura delle lingue. L'obiettivo del capitolo è di fornire dei punti di riferimento per la profondità storica della disciplina, e di dare informazione sulla latitudine degli studi linguistici nell'ultimo secolo. s.1 Fino all'Ottocento La linguistica, in quanto studio scientifico delle lingue, è ritenuta una disciplina relativamente giovane. Anche se le riflessioni di vario genere sul linguaggio e le descrizioni grammaticali non sono certo estranee al mondo antico, medievale e moderno, è infatti non più in là della prima metà dell'Ottocento che la linguistica si sviluppa come specializzazione autonoma, profilandosi nella sua fase iniziale come studio storico-comparativo delle lingue indoeuropee. E ancor più giovane è la linguistica generale, il cui atto di nascita si fa convenzionalmente coincidere con la pubblicazione postuma delle lezioni ginevrine di Ferdinand de Saussure, il famoso Cours de linguistique générale (Corso di linguistica generale, 1916). Se è vero che la linguistica in quanto disciplina scientifica autonomamente riconosciuta, con una sua identità all'interno dello scibile umano, e quindi la figura del linguista come studioso (o scienziato) a sé, sono di nascita e sviluppo relativamente recente, ciò non significa però che sin dai tempi antichi non siano esistiti da un lato un pensiero linguistico Cenni di storia della disciplina molto sviluppato, con ampie speculazioni sulla natura e il posto del linguaggio verbale nella cultura, nella storia e nel comportamento umano, e dall'altro lato descrizioni grammaticali di singole lingue (anche basate su concetti tutt'oggi non privi di salienza teorica), repertori lessicografici e studi filologici ed etimologici; che anzi abbondano. Gli elenchi di parole e le compilazioni di liste di morfemi prodotti dagli antichi Egizi e dai Sumeri testimoniano già indubbiamente l'esistenza di una consapevolezza e di un sapere sulle lingue; ma è solo nel pensiero filosofico greco classico che si può rintracciare il primo corpo sistematico di dottrine sul linguaggio, e nella cultura indiana del V-IV sec. a.C. che si hanno le prime descrizioni grammaticali di una lingua. Un posto di rilievo ai primordi della storia della linguistica nelle due principali direzioni, filosofica e grammaticale, hanno rispettivamente nel mondo classico greco-latino il grande filosofo ateniese Platone (428 [o 427]-348 [o 347] a.C.), uno dei più noti Dialoghi del quale, il Cratilo (peraltro di non semplice interpretazione; v. brano 1 in Materiali 8.1), è interamente dedicato alla discussione della natura e dell'uso del linguaggio; e nella tradizione non europea il grammatico indiano Pai;ùni (attivo nel IV sec. a.C.), massimo esponente di una tradizione rappresentata prima e dopo di lui da nomi quali Bhartrhari (VII sec. a. c.?) e Patafijali (Il sec. a.C.). Platone nel Cratilo muove dalla discussione delle teorie della scuola filosofica dei Sofisti, che sostenevano l'assoluta convenzionalità del rapporto fra le parole e le cose (il problema dell'arbitrarietà dei segni linguistici costituisce, come si noterà, una questione basilare perennemente dibattuta nel pensiero linguistico), e, discutendo dei "nomi" e della loro attribuzione alle cose, porta vari argomenti pro o contro il fatto che i nomi alle cose vengano dati "per natura" (physei) o "per consuetudine" (éthei) o "per posizione" (convenzione, thései). Platone sembra propendere comunque per una visione in cui c'è un rapporto non meramente convenzionale fra il mondo delle idee, gli oggetti e le parole, essendo il linguaggio il rispecchiamento di immagini mentali delle cose. A Pal)ini si deve un'approfondita descrizione grammaticale basata su categorie e princìpi che in parte sembrano anticipare, ben più di due millenni prima, metodi e assunti formali dello strutturalismo del Novecento. L'Astiidhyiiyi di Pal)ini fornisce infatti un'analisi principalmente fonologica e morfologica del sanscrito mediante un sistema di regole e operazioni che combinano elementi di base in sequenze via via più complesse. Nel periodo fra il III sec. a.C. e il II sec. d.C. si formava e sviluppava in Cina un'elaborata tradizione filologica di analisi e commento dei caratteri dell'alfabeto cinese (cfr. Box 1.1) e del loro rapporto con pa- 297 La linguistica nel mondo classico Platone La grammatica del sanscrito diPa~ini 298 Aristotele Le parti del discorso secondo i grammatici greco-latini La linguistica del Medioevo Isidoro di Siviglia La linguistica role e significati; mentre nella Grecia classica fondamentali riflessioni sul linguaggio contrassegnano anche il pensiero dell'altra grande figura della filosofia classica, Aristotele (384-322 a.C.), che sostiene, rispetto all'idealismo platonico, una prospettiva totalmente convenzionale del rapporto fra le parole e la realtà (presente peraltro anche, appunto, nella cultura cinese coeva, presso cui si trovano affermazioni molto chiare circa il fatto che l'appropriatezza del rapporto fra significante e significato non avesse una realtà intrinseca, ma fosse il risultato di un accordo convenzionale). Aristotele e la scuola filosofica degli Stoici contribuiscono anche a dare forma a una prima embrionale teoria delle principali 'parti del discorso' (fondata sulla distinzione basilare fra nome, 6noma, e verbo, rhema), della flessione e dei casi grammaticali. Del resto, linguisti di fatto erano già gli ignoti elaboratori dell'alfabeto greco, il primo che utilizzi lettere indipendenti per le consonanti e per le vocali, e quindi presupponga implicitamente un'analisi segmentale completa dei foni che costituiscono la catena parlata. Ai grammatici greco-latini si deve la fissazione, modellata sulla struttura del greco, delle nozioni fondamentali che per una ventina di secoli, fino ad oggi, rimarranno il fulcro della trattazione grammaticale; e in particolare la classificazione delle cosiddette parti del discorso (partes orationis) in otto categorie, quasi perfettamente coincidenti con le nove (cfr. § 3.4) in seguito tradizionalmente riconosciute (i grammatici greci non includevano nella tassonomia le interiezioni, aggiunte dai grammatici latini, che a loro volta non tenevano conto dell'articolo, che non esisteva in latino; l'aggettivo era considerato una sottoclasse dei nomi, mentre il 'participio', metoché, formava una classe a sé). Ad Alessandria d'Egitto furono attivi Dionisio Trace (170-90 a.C.), autore della Tèchne grammatike ("Arte della grammatica") e Apollonio Discolo (Il sec. d.C.), che per primo in un trattato giuntoci per frammenti utilizzò il termine sintassi (che è quindi vecchio di quasi due millenni, mentre gli altri termini relativi ai livelli di analisi come oggi sono praticati,fonetica,fonologia, morfologia, semantica, e lo stesso linguistica risalgono non più in là dell'Ottocento; cfr. §§ 4.1 e 8.2.1), mentre in ambito latino vanno menzionati, dopo l'erudito e poligrafo Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.), Elio Donato (IV sec. d.C.) e Prisciano (attivo a Costantinopoli nel V-VI sec. d.C.; cfr. brano 2 in Materiali 8.1). Durante il relativo silenzio dei 'secoli bui' dell'Alto Medioevo vanno comunque menzionate per lo meno l'opera di Isidoro di Siviglia (560-636), autore di venti libri di Etymologiae che, partendo dalla spiegazione (spesso fantasiosa) dell'origine etimologica delle parole, forniscono una summa enciclopedica delle conoscenze del mondo antico come rappresentate nelle parole (cfr. brano 3 in Materiali 8.1); la prosecuzione della trattatistica grammaticale di impronta grecolatina (per es. in Cenni di storia della disciplina Giuliano di Toledo); e soprattutto, nella tradizione non occidentale, l'importante attività dei grammatici arabi dell'VIII sec. d.C., che S1bawayhi (t796 o 793), riassunse nel Kitiib, il "Libro" per antonomasia, grammatica concepita per insegnare la lingua araba a chi non la sapeva. Nei primi secoli del secondo Millennio le riflessioni e speculazioni sul linguaggio ripresero vigorosamente, favorite dalla riscoperta di Aristotele e attraverso lo sviluppo dei commenti ai grammatici latini, fino a sfociare fra il XIII e il XIV sec. nella cosiddetta 'grammatica speculativa', praticata da un gruppo di filosofi (Boezio di Dacia, Radulphus Brito, ecc.) attivi fra Parigi, Bologna e Erfurt (in Turingia), detti anche "modisti", dal titolo dell'opera.di Tommaso di Erfurt, Tractatus de modis significandi seu Grammatica speculativa (ante 1310). La teoria grammaticale dei modisti vede le parole manifestarsi mediante i loro "modi di significare", che ne attualizzano la specificazione semantica in relazione ai diversi contesti, anche attraverso l'intervento di unità assimilabili a quelli che oggi chiamiamo morfemi. Sul versante della descrizione linguistica, alla seconda metà del Duecento risalgono alcuni importanti trattatelli grammaticali dell'islandese, il primo dei quali, dedicato ai rapporti tra ortografia e fonetica del norreno, mostra un impianto sorprendentemente attuale, arrivando a utilizzare tecniche di analisi proprie dell'odierna fonetica e fonologia quali la prova di commutazione (cfr. §§ 2.2.1, 3.1) per individuare il valore distintivo dei SUOnl. Un posto significativo nel pensiero linguistico del Medioevo spetta anche a Dante Alighieri, sia per le assunzioni di matrice aristotelica e mediate dalla filosofia cosiddetta scolastica presenti in più punti del Convivio (e riprese anche in qualche passaggio della Divina Commedia) circa la compresenza necessaria nel linguaggio di una componente naturale e di una componente culturale, sia soprattutto per la prima panoramica dei dialetti italiani tracciata nel De vulgari eloquentia (opere entrambe degli anni 1304-1308; cfr. brano 4 in Materiali 8.1). Nel XVI sec. si assiste in tutta Europa a un fiorire di trattatistica grammaticale, anche in connessione coi processi di emancipazione e standardizzazione delle lingue volgari (i volgari romanzi, le varietà germaniche e slave) rispetto al latino, che, iniziatisi in concomitanza con il rinnovamento culturale avviato dall'Umanesimo, si sviluppano compiutamente appunto in epoca rinascimentale. Mentre da un lato le rimeditazioni della grammatica del latino consentono ad autori come l'italiano Giulio Cesare Scaligero (1484-1558), il francese Pierre de la Ramée (Petrus Ramus; 1515-1572) e lo spagnolo Francisco Sanchez (Franciscus Sanctius; 1523-1601) riflessioni teoriche che riprendono aspetti del pensiero dei modisti e preparano il terreno ai successivi sviluppi razionalisti, dall'altro vengono prodotte le prime grammatiche del 299 I grammatici arabi La grammatica speculativa dei sec. XIII e XIV Dante La trattatistica grammaticale delXVIsec. 300 La Scuola giansenista e il razionalismo cartesiano L'interesse documentario linguistico del Seicento Le lingue artificiali filosofiche La linguistica volgare toscano (L. B. Alberti, 1437-41; G. F. Fortunio, 1516), dello spagnolo (castigliano; A. de Nebrija, 1492), del francese (J. Dubois, 1531, in latino; L. Meigret, 1550), del portoghese (F. de Oliveira, 1536), dell'inglese (W. Bullokar, 1586), del tedesco (L. Albertus, 1573), eccetera. Spesso l'uscita di tali grammatiche era preceduta da trattati concernenti principalmente l'ortografia (problema cruciale al- 1'epoca, quando da un lato in Europa occidentale si trattava di elaborare una norma grafica adattando l'alfabeto latino alle distinzioni e ai suoni delle varie lingue che questo non prevedeva di rappresentare, e dal- 1'altro era stata inventata la stampa). Il Seicento è un secolo altamente significativo per la storia del pensiero linguistico, giacché vi si innestano le radici specifiche di alcuni dei principì di fondo che caratterizzano ancora oggi la moderna linguistica scientifica. L'importanza della Scuola giansenista di Port-Royal e del razionalismo cartesiano per il paradigma teorico della scienza del linguaggio è stata per es. sottolineata dallo stesso Chomsky:A. Amauld e A. Lancelot nella loro Grammaire générale et raisonnée (1660), basata sulla Logique dello stesso Amauld e di P. Nicole (1662), propongono una teoria grammaticale che sia "generale", vale a dire universale, valida per tutte le lingue, indipendente dai tratti specifici che ciascuna di queste può mostrare, e "ragionata", cioè basata sullo stretto rapporto fra pensiero e linguaggio e dedotta razionalmente a partire da principi della logica (v. testo 5 in Materiali 8.1). Il Seicento è anche caratterizzato da uno spiccato interesse per la documentazione di lingue esotiche, connesso con il grande sviluppo assunto dai viaggi e dall'attività missionaria nel Nuovo Mondo e in Oriente, che porta a un notevole accumulo di descrizioni, manuali e repertori lessicali di lingue disparate. Già a metà Cinquecento l'erudito svizzero tedesco Conrad von Gessner aveva del resto raccolto sotto il titolo Mithridates (dal nome di Mitridate Eupatore, 132-63 a.C., VI re del Ponto, noto come il più famoso poliglotta dell'antichità: si diceva che conoscesse più di venti lingue) dati su circa 130 lingue diverse, illustrandole con 22 versioni del Pater Noster in altrettante lingue; opera che inaugura una serie di raccolte poliglotte dei secoli successivi. Con questo filone documentario di lingue esistenti va di pari passo l'interesse per la progettazione e creazione di lingue artificiali 'filosofiche', valide per la comunicazione universale. Il nome più insigne è qui quello del filosofo e matematico tedesco Gottfred W. von Leibniz (1646-1716), che sulla base di un progetto di sistemazione generale del sapere universale lavorò a una sorta di scomposizione dei concetti in elementi basici da combinare fra loro mediante un calcolo, la characteristica universalis, che doveva servire da fondamento per un'unica lingua simbolica valida per tutti. Leibniz associò questa speculazione a Cenni di storia della disciplina una teoria del linguaggio che mette in primo piano la componente della motivazione naturale dei segni linguistici; e fu anche attivo nella raccolta di dati empirici di lingue diverse. Un altro tentativo secentesco, di poco precedente, di creazione di una tassonomia concettuale in generi e specie a cui far corrispondere l'articolazione formale delle parole di una lingua universale è quello dell'inglese John Wilkins. Una voce rilevante nel pensiero linguistico della seconda metà del Seicento è anche quella del filosofo inglese John Locke (1632-1702), fautore di una teoria semantica empiristica che mette in primo piano la concezione della lingua come strumento pratico e afferma con decisione la radicale arbitrarietà della relazione fra nomi e significati. Nel pensiero linguistico del Settecento, in cui occupa una posizione centrale il dibattito sulle origini del linguaggio, si individuano diverse posizioni significative. Il pensiero storicistico italiano ha conferito notevole importanza alle idee sul linguaggio di Giambattista Vico (1668- 1744), che dalla metà dell'Ottocento, anche attraverso il filtro e il rinforzo nella prima metà del Novecento di Benedetto Croce, hanno avuto largo seguito nella cultura italiana. La posizione di Vico è nettamente contraria al razionalismo e al convenzionalismo, e sostiene il radicamento spontaneo del linguaggio nella natura umana. Lo sviluppo del linguaggio si innesta nella storia in stretta associazione con la retorica e la poesia (per Vico la lingua è sempre una creazione individuale), secondo tre tappe, o manifestazioni, fondamentali: una lingua primordiale, "divina", una "lingua degli eroi" e una "lingua del volgo". Alla questione dell'origine del linguaggio si ricollega il filosofo illuminista Étienne Bonnot de Condillac (1714-1780), che formula una sua teoria dell'arbitrarietà e convenzionalità volontaria del segno rispetto alle idee, e sottolinea il valore della condivisione sociale del linguaggio. Condillac discute anche ampiamente la questione del "genio delle lingue" (i 'caratteri' intellettuali che le diverse lingue manifestano), dibattuta fin dal Seicento; a tale dibattito contribuisce anche significativamente Melchiorre Cesarotti (1730-1808) col Saggio sopra la filosofia delle lingue (1786), mentre il filosofo tedesco Johann Gottfried Herder (1744-1803) sviluppa tesi sull'origine del linguaggio che riecheggiano idee di Vico e rappresentano i prodromi dell'ideologia romantica. Sul finire del secolo, lo studioso tedesco Johann Christoph Adelung (1732- 1806) continua la tradizione dei Mithridates con un'opera in 4 volumi contenente informazioni su un gran numero di lingue, e la traduzione del Pater Noster in quasi cinquecento idiomi. 301 Giambattista Vico Il dibattito sull'origine della lingua nel Settecento 302 La linguistica MATERIALI 8.1 Materiali 8.1 - Brani da momenti di storia della linguistica (1) Dal Cratilo di Platone: "ERMOGENE: E per il vero, Socrate, io, pur avendone discusso spesso con lui e con molti altri, non posso convincermi che ci sia qualche altra correttezza del nome se non la convenzione e l'accordo [oµoÀoy{a]. A me pare infatti che se qualcuno pone un nome a un oggetto, questo sia il nome corretto: e che, se poi lo cambia con un altro, e non chiama più l'oggetto con quello di prima, il nuovo nome non stia per nulla in modo meno corretto del vecchio, come accade quando noi cambiamo nome ai servi il nome introdotto non è per nulla meno corretto del nome dato prima; infatti non per natura [q,uo-n] già predisposto per ciascun oggetto è il nome - nessun nome per nessun oggetto - bensì per legge [voµ{Jl] e per uso [É0Et] di coloro che così usano e chiamano. Se però le cose stanno in qualche altro modo, io sono pronto a imparare e ad ascoltare non solo da Cratilo, ma da chiunque altro SOCRATE: Forse dici qualcosa di valido, Ermogene; ma riflettiamo. Tu affermi che quel nome con cui qualcuno chiama ciascun oggetto è il nome per ciascun oggetto? [...] Ma come? Se io chiamo una qualunque delle cose che sono, per esempio quella che adesso chiamiamo 'uomo', se io la denomino 'cavallo', e ciò che adesso chiamiamo 'cavallo' lo denomino 'uomo', allora la stessa cosa avrà nome 'uomo' in pubblico e 'cavallo' in privato? Ed un'altra a sua volta 'uomo' in privato e 'cavallo' in pubblico? Così dici?" (2) Grammatici latini (Prisciano): (Platone, Cratilo, trad. e introd. di F. Aronadio, Laterza, Roma-Bari 20082 [19961], pp. 4-7) "Proprium est verbi actionem sive passionem sive utrumque cum modis et formis et temporibus sine casu significare. Hoc habent etiam infinita, quare non sunt separanda a verbo. Participium autem iure separatur a verbo, quod et casus habet, quibus caret verbum, et genera ad similitudinem nominum, nec modos habet, quos continet verbum. Proprium est pronominis pro aliquo nomine proprio poni et certas significare personas [...]. Proprium est adverbii cum verbo poni nec sine eo perfectam significationem posse habere, ut 'bene facio', 'docte lego'. Hoc ergo inter adverbium et praepositionem est, quod adverbium et sine casualibus potest praeponi et postponi [...]. Proprium est coniunctionis diversa nomina vel quascumque dictiones casuales vel diversa verba vel adverbia coniungere." "È proprio del verbo significare azione o 'passione' o entrambe con modi e forme e tempi senza caso. Questa proprietà hanno anche gli infiniti, che perciò non devono essere separati dal verbo. Invece è separato dal verbo a buon diritto il participio, che ha sia i casi, di cui il verbo è privo, sia i generi, a somiglianza dei nomi, e non ha i modi, che il verbo ha in sé. È proprio del pronome essere posto in luogo di un qualche nome particolare e significare determinate persone[...]. È proprio dell'avverbio essere posto con il verbo e non poter avere senza di esso significato compiuto, comefaccio bene, leggo dottamente. Fra l'avverbio e la preposizione sta dunque questo, che l'avverbio può essere preposto e posposto anche senza termini declinabili[...]. È proprio della congiunzione congiungere diversi nomi o espressioni di qualunque genere dotate di caso o diversi verbi o avverbi." (Prisciani Caesariensis lnstitutionum grammaticarum Libri X.Vlll, II, 18-21) (3) Dalle Etymologiae di Isidoro di Siviglia: "Etymologia est origo vocabulorum, cum vis verbi ve! nominis per interpretationem colligitur. Cenni di storia della disciplina 303 segue MATERIALI 8.1 Hanc Aristoteles CJUµj3oÀov, Cicero adnotationem nominavit [.. .]. Nam dum videris unde ortum est nomen, citius vim eius intellegis. [...]Non autem omnia nomina a veteribus secundum naturam imposita sunt [.. .], quia quaedam non secundum qualitatem, qua genita sunt, sed iuxta arbitrium humanae voluntatis vocabula acceperunt" "L'etimologia è l'origine dei vocaboli, quando l'essenza del verbo o del nome viene colta mediante l'interpretazione. Questa è stata chiamata simbolo da Aristotele, e adnotatio da Cicerone [...]. Infatti intanto che vedrai da dove ha avuto origine un nome, più presto capisci la sua essenza. [.. .]Ma non tutti i nomi sono stati imposti dagli antichi secondo la natura[.. .], giacché un certo numero di cose ricevettero denominazione non in base all'essenza con cui sono nate, bensì secondo l'arbitrio della volontà umana." (Isidoro di Siviglia, Etymologiarum sive Originum libri XX, 1, 29) (4) Dante: "[...] vulgarem locutionem appellamus eam qua infantes assuefiunt ab assistentibus cum primitus distinguere voces incipiunt; ve!, quod brevius dici potesi, vulgarem locutionem asserimus quam sine omni regola nutricem imitantes accipimus. Est et inde alia locutio secundaria nobis, quam Romani gramaticam vocaverunt. Hanc quidem secundariam Greci habent et ahi, sed non omnes: ad habitum vero huius pauci perveniunt, quia non nisi per spatium temporis et studii assiduitatem regulamur et doctrinamur in illa. Harum quoque duarum nobilior est vulgaris: tum quia prima fuit humano generi usitata; tum quia lotus orbis ipsa perfruitur, licet in diversas prolationes et vocabula sit divisa; tum quia naturalis est nobis, cum illa potius artificialis existat." "chiamiamo lingua volgare quella che i bambini imparano ad usare da chi li circonda quando per le prime volte incominciano a distinguere i suoni; o anche, detto in modo più conciso, dichiariamo lingua volgare quella che senza regole di alcun genere apprendiamo imitando la nutrice. ' Abbiamo inoltre anche un'altra lingua secondaria, che i Romani chiamarono grammatica. Una tale lingua secondaria ce l'hanno invero anche i Greci, e altri, ma non tutti: alla consuetudine di questa però arrivano pochi, perché non ne impariamo le regole se non attraverso un prolungato spazio di tempo e studio assiduo. Di queste due pure ci è più nota la lingua volgare: sia perché fu la prima a essere familiare al genere umano; sia perché tutto il mondo ne fruisce, benché sia differenziata in diversi vocaboli e pronunce; sia perché ci è naturale, mentre l'altra si presenta, piuttosto, artificiale." (De vulgari eloquentia, I, 1, 2-4) (5) Dalla Grammaire di Port Royal: "La Grammaire est l'art de parler. Parler, est expliquer ses pensées par des signes que !es hommes ont inventés à ce dessein. On a trouvé que les plus commodes de ces signes étoient les sons et les voix. Mais parce que ces sons passent, on a inventé d'autres signes pour les rendre durables et visibles, qui soni !es caractères de l'écriture, que !es Grecs appellent ypa.µµma: d'où est venu le mot de Grammaire. Ainsi !'on peut considérer deux choses dans ces signes: la première; ce qu'ils soni par leur nature, c'est-à-dire, en tant que sons et caractères. La seconde; leur signification, c'est-à-dire, la manière dont les hommes s'en servent pour signifier leurs pensées" "La Grammatica è l'arte di parlare. Parlare, è spiegare i propri pensieri attraverso segni che gli uomini hanno inventato a questo scopo. Si è trovato che i più comodi di questi segni erano i suoni e le voci. Ma siccome questi segni passano (sono labili), si sono inventati altri segni per renderli du- 304 La linguistica segue MATERIALI 8.1 revoli e visibili, e questi sono i caratteri della scrittura, che i Greci chiamano grammata:e di qui è venuta la parola Grammatica. Così si possono considerare due cose in questi segni: la prima, quello che sono per loro natura, vale a dire in tanto quanto suoni e caratteri. La seconda: il loro significato, vale a dire il modo in cui gli uomini se ne servono per rappresentare i loro pensieri" (6) W. Jones (1746-1794): (A. Bailly, Grammaire générale et raisonnée de Port-Royal, Slatkine Reprints, Ginevra 1968, pp. 3-4) "La lingua sanscrita, quale che possa essere la sua antichità, è di meravigliosa struttura: più perfetta del greco, più abbondante del latino, e più squisitamente raffinata di entrambe, pur avendo con esse un'affinità maggiore - sia nelle radici dei verbi che nelle forme della grammatica - di quel che potrebbe essersi prodotto per puro caso; un'affinità tanto grande, che nessun filologo potrebbe esaminare queste tre lingue senza persuadersi che esse sono derivate da una stessa fonte comune, che, probabilmente, non esiste più. Una ragione simile, per quanto non altrettanto forte, spinge a supporre che sia il gotico che il celtico, per quanto mescolati con un idioma molto diverso, avessero la stessa origine del sanscrito; e l'antico persiano potrebbe essere aggiunto alla stessa famiglia [...]" (da Storia della linguistica. Voi. Il, a cura di G. C. Lepschy, il Mulino, Bologna 1990, p. 385) 8.2 Dall'Ottocento ai giorni nostri 8.2.1 La linguistica ottocentesca I prodromi della linguistica comparativa Il passo decisivo per la nascita della nuova disciplina è preparato già alla fine del Settecento, con il riconoscimento e l'affermazione su base comparativa da parte dell'inglese William Jones, giudice in India, della parentela fra il sanscrito e le lingue europee (1786; cfr. brano 6 in Materiali 8.1). La linguistica comparativa tedesca dell'Ottocento Franz Bopp La scoperta e lo studio sistematico, attraverso il metodo storicocomparativo, della parentela fra le lingue storicamente ricostruibile sono favoriti in questo periodo sia dalle conoscenze sempre più ampie di lingue diverse da quelle europee, sia dall'affermarsi del pensiero romantico che esalta i nessi fra lingua, popolo e nazione, sia dallo sviluppo delle scienze della natura. Il terreno è così preparato per i lavori di studiosi come il danese Rasmus Rask (1787-1832) e il tedesco Franz Bopp (1791-1867), la cui Vergleichende Grammatik ("Grammatica comparata") del sanscrito, persiano avestico, greco, latino, gotico e tedesco (1833) lo fa considerare il fondatore della linguistica storico-comparativa, quella che in Italia verrà chiamata 'glottologia'. L'ambiente tedesco è particolarmente propizio allo sviluppo degli studi di linguistica comparativa, che portano al pieno riconoscimento della famiglia linguistica indoeuropea ("indogermanica" nel mondo germanofono). Nei primi decenni dell'Ottocento vi sono attivi i fratelli Grimm (fra i quali Jakob è considerato il fondatore della germanistica), i fratelli Schlegel (August Cenni di storia della disciplina Wilhelm e Friedrich), e poi August Schleicher (1821-1868), che, ispirandosi alla teoria dell'evoluzione di Charles Darwin (la prima edizione de L'origine della specie è del 1859), concepisce le lingue come un organismo naturale e propone un modello di albero genealogico delle lingue indoeuropee, elaborando inoltre, con la ripresa di distinzioni e concetti dei fratelli Schlegel, una prima classificazione tipologica in lingue isolanti, agglutinanti e flessive. Alla tipologia linguistica dà un contributo significativo anche Wilhelm von Humboldt (1767-1835), che coltiva anche interessi che chiameremmo antropologico-idealistici, basati sul modo in cui la "forma interiore" delle lingue (innere Sprachform) si riflette nelle loro caratteristiche strutturali. La seconda metà dell'Ottocento è un terreno propizio per un notevole sviluppo della fonetica. A partire dalla scoperta delle leggi fonetiche (individuazione di princìpi o regole che agiscono nel mutamento linguistico, § 7.1, e permettono la comparazione sistematica fra le diverse lingue provenienti da uno stesso ceppo), lo sposalizio fra la propensione allo studio fonetico e l'analisi storico-comparativa sfocia negli ultimi decenni del secolo nelle impostazioni dei cosiddetti 'neogrammatici' (ted. Junggrammatiker, "giovani grammatici", cioè grammatici della giovane generazione). Questa scuola (sorta a Lipsia fra il 1870 e il 1880: A. Leskien, K. Brugmann, H. Osthoff) si ispira a un'ideologia positivista e psicologista, e sostiene l'infallibilità assoluta delle leggi fonetiche, adottando il principio dell'analogia per la spiegazione dei casi che a queste farebbero eccezione. Una figura notevole di questo periodo è Hermann Paul, che unisce all'approccio analitico dei neogrammatici l'attenzione per costruzioni teoriche complessive; il suo Prinzipien der Sprachgeschichte ("Princìpi della storia linguistica", 1880) costituisce una delle prime opere di inquadramento critico generale, non privo di interesse anche oggi, delle conoscenze acquisite dalla nuova disciplina sui fenomeni linguistici e sui metodi per affrontarli. Alla temperie neogrammatica va anche riportata la figura del padre della linguistica italiana, Graziadio I. Ascoli (1829-1907), che fondò (lasciando molto spazio alla dialettologia) nel 1873 l'Archivio glottologico italiano, la prima rivista italiana di linguistica, e elaborò la teoria del 'sostrato', basata sull'influsso delle lingue soccombenti sulle lingue le hanno sostituite, che Ascoli vede come il maggior fattore delle differenziazioni dialettali. Una posizione decisamente contraria al positivismo talora meccanicistico dei neogrammatici è invece espressa, sempre nell'ambiente germanofono, da Hugo Schuchardt (1842-1927), che propone un orientamento storicista molto attento a cogliere le differenti manifestazioni della vita delle lingue nella società e nella cultura, fonda la tradizione di studio delle lingue pidgin e creole (cfr. § 6.1), e, unitamente a J. Schmid, contrappo- 305 Gli studi di Schleicher eHumboldt Lo sviluppo della fonetica nel secondo Ottocento I neogrammatici positivisti e Hermann Paul Graziadio I.Ascoli L'orientamento storicista diSchuchardt 306 I pionieri della linguistica moderna tra Ottocento e Novecento William Dwight Whitney Il Cours de linguistique générale di Ferdinand de Saussure (1916) I principi della nuova linguistica generale di Saussure La linguistica ne al modello dell'albero genealogico di Schleicher la 'teoria delle onde', secondo cui la differenziazione delle lingue avverrebbe non per ramificazioni lineari successive ma per via di cambiamenti che si propagano come onde concentriche, dando luogo anche a sovrapposizioni e incroci. Ma la linguistica di fine Ottocento e primo inizio del Novecento è ricca di personalità notevoli anche per l'interesse verso le questioni teoriche, che aprono la strada alla nascita della vera e propria linguistica generale. Prospettive interessanti per la loro 'modernità', su certi terni, si trovano in Die Sprachwissenschaft, ihre Aufgaben, Methoden und bisherigen Ergebnisse ("La linguistica, i suoi compiti, metodi e risultati", 1891) di Georg von der Gabelentz, grande studioso di lingue orientali; ma soprattutto va menzionato William Dwight Whitney (1827-1894), fondatore della linguistica americana, il cui The Life and Growth ofLanguage (già del 1875) anticipa molte vedute 'moderne', concependo la lingua come fatto sociale, uno strumento e un'istituzione creata dall'uomo, e preparando il terreno a Saussure con l'introduzione del concetto di sistema. Lo studioso polacco Jan Ignacy Baudouin de Courtenay (1845-1929) a sua volta pone le basi per la distinzione tra fonetica e fonologia e la definizione del concetto di fonema. Gli studi di fonetica compiono grandi passi in avanti ad opera dell'inglese Henry Sweet (1845-1912) e del francese Paul Passy (1859-1940): l'Associazione Fonetica Internazionale da quest'ultimo fondata elaborerà nel 1888 la prima versione dell'Alfabeto Fonetico Internazionale. Analoghi progressi compiono gli studi di semantica, ad opera soprattutto del francese Miche! Bréal (1832-1915). s.2.2 Il Novecento Per quanto riguarda lo sviluppo del pensiero linguistico e della linguistica nell'ultimo secolo, le presenti pagine non possono che dare un cenno riassuntivo di elementare inquadramento che serva da primo orientamento di massima nella multiforme e complessa articolazione della disciplina. (Per indicazioni e rimandi bibliografici circa le opere più significative della linguistica del Novecento, cfr. la Bibliografia commentata che segue questo capitolo). Il 1916 è convenzionalmente considerato la data di nascita della linguistica generale. In quell'anno fu infatti pubblicato postumo il Cours de linguistique générale di Ferdinand de Saussure (1857-1913), tratto dagli appunti dei suoi allievi all'Università di Ginevra, fra i quali Charles Bally (1865-1947) svilupperà poi una sua originale concezione in direzione stilistico-funzionale, piuttosto lontana dal pensiero saussuriano. Punti cardine della nuova linguistica generale concepita da Saussure (che nel 1878 aveva anche pubblicato uno studio sul sistema vocalico delle lingue indoeuropee ricco di importanti innovazioni) sono: una chiara separazione fra lo studio dei mutamenti che intercorrono nelle lin- Cenni di storia della disciplina gue lungo l'asse del tempo (diacronia) e lo studio dello stato in cui una lingua si presenta agli occhi dell'osservatore in un determinato periodo (sincronia); l'assunzione della nozione di 'sistema' (in cui tout se tient "tutto si tiene", "tutto è in interrelazione reciproca", e in cui quindi il valore di ogni elemento dipende dai suoi rapporti con gli altri elementi del sistema) come concetto centrale per la considerazione della lingua; la corrispondente rilevanza della nozione di 'struttura' quale manifestazione del sistema (da qui, il termine strutturalismo per indicare l'insieme delle scuole di linguistica postsaussuriane che sviluppano il pensiero di Saussure o ne condividono l'impostazione); la basilare distinzione fra unità astratte e elementi concreti della lingua; la riflessione continua su 'che cosa fa il linguista', con l'esplicitazione degli assunti e dei procedimenti rigorosi d'analisi con cui si opera sulla lingua (quest'ultimo aspetto sarà particolarmente sviluppato dalla corrente americana dello strutturalismo). Saussure, grazie alla sua teoria del segno, è inoltre considerato il precursore, o uno dei fondatori, assieme all'americano Charles Sanders Peirce (1839-1914), della disciplina detta semiologia o semiotica. Va notato che la corretta interpretazione del pensiero saussuriano nel Corso di linguistica generale, trattandosi di opera basata sugli appunti presi dagli allievi a lezione, non è esente da problemi. Negli stessi anni in cui Saussure era attivo a Ginevra, in America Franz Boas (1858-1942), nato in Germania, inaugurava la linguistica antropologica dando grande impulso allo studio delle lingue indigene d'America e alla ricerca e documentazione 1,inguistica sul campo (che avevano cominciato a praticare sistematicamente in quel medesimo arco di tempo anche i dialettologi in Europa). In Europa, l'indoeuropeista Antoine Meillet (1866-1936), di poco più giovane di Saussure e suo allievo quando questi insegnava a Parigi, sviluppa in molti lavori descrittivi una considerazione della lingua in direzione piuttosto sociologica; mentre l'anglista danese Otto Jespersen (1860-1945) si muove in una direzione molto diversa da quella di Saussure, sostenendo una concezione psicologistica ed evoluzionistica che vede nel passato di una lingua i motivi della sua struttura e del suo funzionamento attuale e assegna al fonosimbolismo (§ 1.3.2) un ruolo non secondario. Ci volle dunque qualche tempo perché la svolta nel pensiero linguistico segnata da Saussure costituisse il terreno di coltura delle scuole di linguistica che sono state poi chiamate 'strutturaliste' e hanno segnato in maniera decisiva il progresso della disciplina fra gli anni Venti e Sessanta del XX secolo (e che peraltro non hanno rapporti diretti con l'insegnamento saussuriano, ma nascono indipendentemente l'una dall'altra in diversi ambienti intellettuali). Si tratta essenzialmente della Scuola di Praga, della Scuola di Copenaghen e dello strutturalismo americano. Il Circolo linguistico di Praga (fondato nel 1926) costituisce uno sviluppo dei prin- 307 Lo strutturalismo La linguistica antropologica di Franz Boas Antoine Meillet Le scuole strutturaliste Il Circolo linguistico di Praga 308 Roman Jakobson La Scuola di Copenaghen La glossematica di Louis Hjelmslev Lo strutturalismo americano La linguistica cipi strutturalisti in una direzione prevalentemente funzionalista e vede l'attività di molti studiosi, fra cui S. Karcevskij e Vilém Mathesius (1882- 1945), che inaugura con la cosiddetta 'prospettiva funzionale della frase' gli interessi per la strutturazione pragmatico-informativa (§ 4.3.4) nella sintassi; ma soprattutto, Nikolaj Sergeevic Trubeckoj (1890-1938), che elabora compiutamente il concetto di fonema(§ 2.2.1) come unità distintiva e caratterizzata per opposizione, e Roman Jakobson (1896-1982), personalità poliedrica attiva in molti campi fra la linguistica e la semiologia (la 'scienza dei segni' nata sotto l'egida del Cours di Saussure), che nella natia Russia fu uno degli esponenti della scuola formalista di critica letteraria, contribuì poi in maniera fondamentale alle elaborazioni teoriche della Scuola di Praga, e dal 1941 insegnò negli Stati Uniti, rappresentando nella sua biografia un trait-d'union fra l'eredità culturale europea e lo spirito scientifico americano. Il nome di Jakobson è legato fra le altre cose alla teorizzazione di un modello delle funzioni della lingua(§ 1.3.6) divenuto basilare, e di un inventario generale di dodici tratti distintivi inerenti (§ 2.2.2, Box 2.5), costituiti ciascuno da una coppia oppositiva, di validità universale, all'interno del quale ogni lingua opera una scelta per dare luogo al proprio sistema fonematico (teoria poi compiutamente sviluppata anche in senso formale da M. Halle e N. Chomsky). Più direttamente connessa con gli assunti saussuriani è la cosiddetta Scuola di Copenaghen, che ha una posizione particolare nella linguistica della prima metà del Novecento in ragione del suo orientamento verso una trattazione formale e astratta, quasi algebrica. Fra i suoi rappresentanti, accanto a V. Bn;;ndal e H. J. Uldall, spicca Louis Hjelmslev (1899-1965), i cui Prolegomena a una teoria del linguaggio (1943) sono un tentativo di fondare (anche con l'impiego di una terminologia peculiare a volte quasi esoterica) una rigorosa teoria della lingua come una totalità autosufficiente, non riducibile ad alcun altro tipo di fenomeno, da spiegare secondo principi sui generis basati su unità astratte definite deduttivamente in termini di logica formale. La teoria di Hjelmslev, nota anche come Glossematica, ha influenzato significativamente gli sviluppi recenti della linguistica più attenti alle questioni inerenti la costruzione stessa di una teoria linguistica e i principi epistemologici che essa deve seguire. Relativamente indipendente rispetto agli sviluppi strutturalisti è invece la figura di Émile Benveniste (1902-1976), influente studioso francese che ha prodotto fini analisi di questioni sia di comparatistica indoeuropea sia di linguistica generale, con prospettive originali e illuminanti su parecchi problemi di entrambi i campi. In America, una scuola strutturalista si forma come una delle eredità dell'opera di Edward Sapir (1884-1939), nato anch'egli in Germania, personalità eclettica che recò contributi importanti sia alla teoria del mutamento linguistico che alla descrizione sincronica e alla tipologia lingui- Cenni di storia della disciplina stica. La discussione approfondita delle problematiche relative alla metodologia della descrizione sincronica del sistema linguistico, soprattutto a livello di fonologia e morfologia, caratterizza in modo particolare lo strutturalismo americano, detto anche 'strutturalismo tassonomico' o 'distribuzionalismo', per via della sua precipua attenzione a fornire classificazioni formalmente inattaccabili degli elementi e delle strutture della lingua, basate sulla loro distribuzione. Il caposcuola dello strutturalismo americano è considerato Leonard Bloomfield (1887-1949), nel cui Language (1933) viene in primo piano un'impostazione fortemente neopositivistica mirante ad analizzare meccanicisticamente la lingua sulla sola base comportamentale empiricamente verificabile dei messaggi in essa prodotti, prescindendo dalle funzioni, dal significato, dall'intenzione dei parlanti. Altri nomi importanti nello strutturalismo americano sono quelli di Charles F. Hockett (1916-2000), Zellig S. Harris (1909-1992; ne fu allievo nei primi anni Cinquanta Noam Chomsky), EugeneA. Nida (1914-) (in particolare per la morfologia), Joseph H. Greenberg (1915-2001) (per la tipologia linguistica), e Kenneth L. Pike (1912-2000), un allievo di Sapir che ha allargato la prospettiva tassonomica (che per l'eccessiva attenzione al rigore asemantico delle procedure di analisi rischiava a volte di ridursi a mero esercizio formale) integrandola in una teoria analitica complessiva del comportamento umano che integra i fatti linguistici in un più ampio contesto antropologico-culturale, nota come 'tagmemica'. Il concetto di funzione ha invece una notevole importanza nell'anima europea dello strutturalismo, costituendo prima, come si è detto, una delle costanti di riferimento della Scuola di Praga, e informando poi significativamente l'opera di André Martinet (1908-1999), noto in particolare, oltreché per la prospettiva funzionalista da lui applicata in molti campi, per i suoi studi di fonologia diacronica. A un altro linguista francese di impostazione strutturalista, Lucien Tesnière (1893-1954), si deve l'elaborazione di una teoria della strutturazione sintattica che ha avuto a decenni di distanza notevole influsso in Europa, la 'grammatica di valenza' (cfr. § 4.3.2 e Box 4.2) o 'grammatica di dipendenza'. Con Martinet, siamo già in pieno nella seconda metà del Novecento, quando l'eredità strutturalista in Europa si stempera e si sviluppa in molteplici direzioni. Una delle più rilevanti è appunto la 'linguistica funzionale', il cui rappresentante più noto è lo studioso inglese Michael A. K. Halliday (1925-), principale esponente della Scuola di Londra, o 'neofirthiana', che si rifà all'insegnamento di J. R. Firth (1890-1960) condividendo una 'teoria contestuale' del linguaggio, secondo cui la funzione in un contesto è fondamentale per determinare le strutture della lingua, la forma linguistica. Un'altra importante corrente funzionalista è la scuola di Amsterdam, con un'impostazione più formale, che ha come capofila Simon C. Dik (1940-1995). Leonard Bloomfield 309 La grammatica di valenza diTesnière La linguistica funzionale di Halliday 310 La nascita della sociolinguistica: Coseriu, Labov eHymes Le Syntactic structures diNoam Chomsky (1957) La linguistica generativa La linguistica Una personalità notevole della seconda metà del secolo, che ha avuto molta influenza soprattutto nell'ambiente tedesco, è Eugenio Coseriu (1921-2002), un linguista specialista di lingue romanze che ha saputo associare proficuamente prospettive strutturaliste a un solido storicismo di impianto neoidealistico. Sia Halliday che Coseriu vengono a trovarsi per aspetti rilevanti (come la considerazione del linguaggio come fenomeno semiotico-sociale per Halliday, e la teorizzazione delle dimensioni di variazione della lingua, § 7.2, per Coseriu) su posizioni contigue a quelle rappresentate dalla sociolinguistica (lo studio della lingua calata nella società e negli usi dei parlanti), che proprio negli anni Sessanta si stava profilando come un settore a sé stante delle ricerche linguistiche. Sono infatti di quegli anni in America i primi importanti studi sul terreno di William Labov (1927-), che in breve diventerà il maggiore studioso della variazione linguistica; allo sviluppo della sociolinguistica contribuiscono molto anche gli studi di etnolinguistica e linguistica antropologica di Dell H. Hymes (1927-2009), che ne condividono l'attenzione primaria per la lingua come fatto sociale. Intanto nel 1957 usciva in America un volumetto, dal titolo Syntactic structures, destinato a segnare una nuova era nella linguistica generale. Il suo autore, Noam Chomsky (1928-), operante al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, diverrà ben presto il linguista più influente e più noto dei nostri tempi grazie a una prospettiva teorica che, pur condividendo alcuni assunti formali dello strutturalismo, costituisce per molti aspetti una rivoluzione nella linguistica. Questa viene vista non più come una disciplina prevalentemente storica o essenzialmente descrittiva, ma come una vera scienza predittiva, che studia il linguaggio come una facoltà mentale dotata di una sua specificità e si pone come obiettivo di spiegare come questa funzioni, sotto le condizioni poste da un insieme di principi e regole, nel generare infinite possibilità combinatorie a partire da un insieme finito di elementi primari, riflettendo la competenza linguistica innata dei parlanti nativi (cfr. § 4.4. e Box 4.4). Tale corrente di studi si chiamerà infatti prima 'grammatica generativo-trasformazionale' (in quanto i primi sviluppi della teoria conferiscono un ruolo essenziale alle 'trasformazioni' come meccanismo delle strutture generate dalla grammatica), e poi semplicemente 'grammatica generativa' o più ampiamente 'linguistica generativa'. La linguistica chomskyana affronta lo studio del linguaggio da una prospettiva rigorosamente formale (o formalista) e intende porsi in radicale contrapposizione allo strutturalismo e ad ogni altra corrente della linguistica che privilegi induttivamente i dati empirici. Ispirandosi a modelli da un lato matematizzanti e dall'altro biologico-mentalisti, Chomsky vede il linguaggio come una facoltà mentale basilarmente innata, inscritta nel patrimonio genetico dell'uomo, e con una sua organizza- Cenni di storia della disciplina zione autonoma, da studiare con metodi rigorosamente deduttivi. Anche se i fondamenti generali e gli obiettivi scientifici ne sono rimasti pressoché invariati, la teoria generativa ha conosciuto nei suoi cinquant'anni di vita un continuo ricambio dei risultati, e significativi riorientamenti di indirizzo che ne hanno via via mutato l'assetto e le categorie principali, dalla 'teoria standard' della fine degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta alla cosiddetta 'teoria dei principi e parametri' (o Government and Binding, "Reggenza e legamento", dal nome di due delle principali nozioni invocate per spiegare la grammaticalità, o agrammaticalità, delle frasi) degli anni Ottanta sino al più recente 'programma minimalista'. Questo, assieme all'altissimQ grado di sofisticazione tecnica raggiunto, fa sì che sia molto difficile per coloro che non partecipano dall'interno al programma di ricerca generativo capire e apprezzare dovutamente le sue tecniche, impadronirsi dei suoi risultati e seguirne i progressi con piena cognizione di causa, talché si è progressivamente creato fra la linguistica generativa e gli altri modi di fare linguistica teorica e descrittiva un solco che ancor oggi appare purtroppo relativamente netto. A ciò si aggiunga che gli studiosi della scuola generativista tendono ad ignorare totalmente i risultati raggiunti nei vari campi dagli studi linguistici condotti secondo altre prospettive. Anche per queste ragioni, nonostante che la grammatica generativa costituisca, soprattutto in America, il paradigma per eccellenza degli studi teorici in linguistica, è lungi dall'essere diventata il quadro di riferimento comune accettato e condiviso da tutti i linguisti. All'orientamento decisamente formalista della linguistica generativa (ma anche di altre correnti), che vede il linguaggio verbale essenzialmente come riflessione del pensiero e le strutture della lingua come costrutti formali e indipendenti dalla funzione, si contrappongono tuttora varie correnti accomunate dall'accentuazione data a una prospettiva funzionale o funzionalista, che considera il linguaggio verbale in primo luogo come strumento di comunicazione e vede le strutture correlate con le funzioni. Tale concezione è in genere fatta propria dalla linguistica tipologica, che, appoggiandosi di solito a principi molto più funzionalisti che formali (ma negli ultimi anni si è anche formata una corrente di studi tipologici di ispirazione generativista), cerca di chiarire quali siano i meccanismi potenziali e attuati del linguaggio, e che cosa quindi sia universale e che cosa variabile nella struttura delle lingue, prendendo in considerazione i diversi modi in cui le migliaia di lingue di differenti famiglie linguistiche esistenti al mondo realizzano le codificazioni e le categorie del sistema linguistico. Assunti decisamente funzionalisti sono alla base anche di teorie più particolari, come la 'morfologia naturale' di Wolfgang U. Dressler (1939-) e di altri autori europei, la 'sintassi funzionale-tipologica' dell'americano Talmy Giv6n 311 L'orientamento funzionalista nella linguistica contemporanea La linguistica tipologica 312 Teorie linguistiche di impianto formale Molteplicità della linguistica odierna La linguistica (1936-), o anche la 'sintassi naturale' di John Haiman, altro studioso americano; che tendono a ridurre la portata del postulato dell'arbitrarietà del segno (§ 1.3.2), vedendo più di un aspetto della struttura delle lingue come riflettente in maniera iconica caratteri del mondo o dell'utente. Nel quadro funzionalista rientra anche la cosiddetta construction grammar (A. E. Goldberg e altri), di recente diffusione. Non mancano nel panorama dell'ultimo trentennio odierno teorie di impianto formale che si discostano più o meno recisamente dagli assiomi del generativismo, come da un lato la 'grammatica cognitiva' dello studioso americano Ronald W. Langacker (1942-), o la 'grammatica lessicale-funzionale' (J. Bresnan), la 'grammatica relazionale' (D. Perlmutter), la word grammar (R. Hudson), eccetera; e dall'altro, su un versante fortemente logicizzante, la 'grammatica categoriale', algoritmo sviluppato da logici, o la 'grammatica di Montague' (dal nome di un logico matematico americano prematuramente scomparso nel 1971). Come abbiamo detto, e come si può intuire già da queste sintetiche annotazioni, il panorama odierno della linguistica generale è molto mosso e variegato: il mondo della ricerca linguistica si apre a ventaglio in una miriade di correnti e specializzazioni, a cui fa da pendant una quantità sempre crescente di lavori e di ricerche nei diversi campi e sottosettori dello scibile linguistico, a volte assai parcellizzate, talché non esiste più studioso che possa dominare con la dovuta profondità più campi anche solo un po' diversi da quelli che pratica abitualmente. Ad aumentare la complessità del quadro (e si badi che non è stata fatta qui menzione degli sviluppi recenti di un altro importante settore degli studi linguistici in rigogliosa evoluzione, quello della linguistica storica), occorre infine tener presente che sono nate e si sono sviluppate aree disciplinari al confine della linguistica generale, ma che hanno sempre il linguaggio e le lingue come fuoco d'attenzione principale, quali la sociolinguistica (studio delle interrelazioni fra linguaggio e società e dei fatti linguistici in quanto dotati di valore sociale), la psicolinguistica (studio delle interrelazioni fra linguaggio, mente e comportamento linguistico dei singoli parlanti), la linguistica antropologica o etnolinguistica (studio delle interrelazioni fra linguaggio, pensiero e cultura, in particolare presso società che non possiedano la scrittura), la pragmatica linguistica (studio del linguaggio come modo di agire), la linguistica acquisizionale (studio dei processi di apprendimento spontaneo delle lingue), la linguistica applicata (studio del modo in cui la linguistica può trovare impiego nella soluzione di problemi pratici in vari campi, e in particolare dell'insegnamento delle lingue), la linguistica matematica e computazionale (studio delle possibilità di analisi con strumenti automatici delle vastissime quantità di dati empirici rese disponibili grazie al persona! computer e al web), la neurolinguistica (studio dei rapporti fra linguaggio e cervello/sistema neuronale), e via discorrendo. Appendice 313 Appendice 1. Esercizi di riepilogo O Nelle due liste seguenti, collegare il nome del linguista (1, 2, 3, 4) con il concetto o procedimento di analisi da esso teorizzato (A, B, C, O) [per es.: 1-C, 2-A, ecc.]: 1. Saussure 2. Bloomfield 3. Chomsky 4. nessuno di questi; A. analisi in costituenti immediati B. grammatica generativa C. semantica componenziale O. sincronia vs. diacronia. fJ Nelle due liste seguenti, collegare l'unità di analisi (1, 2, 3, 4) con il livello di analisi a cui essa appartiene (A, B, C, O) [per es.: 1-C, 2-A, ecc.]: 1. fonema 2. sintagma 3. morfema 4. lessema A. fonologia B. semantica C. morfologia O. sintassi IJ Completare le seguenti proporzioni col termine appropriato Langue sta a . ........... come ... .. sta a fono. Morfema sta a . .... come ............................... sta a allofono. Il Risolvere le seguenti proporzioni: (a) semi : lessemi= tratti distintivi : x, (b) morfo : x= y: fonema, (c) selezione: paradigmatico= x: sintagmatico, (d) morfema: allomorfo = x: allofono, (e) fono: x = y : langue, (f) x : parola = parola : morfema. Il Ordinare i termini delle seguenti liste dall'unità più piccola (di livello più basso) a quella più grande (di livello più alto). Tutti i termini sono ordinabili nella stessa scala? Se no, quale/ -i va(nno) esclu- so/-i? (a) allomorfo, fonema, frase, morfema, parola, sillaba, sintagma (b) fonema, frase, lessema, morfema, parola, sillaba, sintagma GJ A che proposito si usa in linguistica il termine "famiglia"? E il termine "articolazione"? fi In ognuno (tranne che in uno) dei gruppetti di termini riferentisi a un certo settore o livello di analisi della lingua sotto riportati c'è un elemento estraneo, che non si riferisce a una nozione appartenente a quel settore o livello di analisi. Individuare gli elementi estranei (barrando la rispettiva ca- sella). (i) O onnipotenza semantica, O biplanarità, O trasponibilità di mezzo, O doppia articolazione, O complessità sintattica (ii) O sema, O lessema, • iponimo, O campo semantico, O ruolo semantico (iii) O valenza, O sintagma, O suffisso, O frase, O soggetto (iv) O allomorfo, O noema, O suppletivismo, O desinenza, O radice (v) O flessione, O nasale, O fonema, O tono, O parola ossitona liJ In dado: a. quale dei seguenti tre tratti semantici è contenuto: / + ANIMATO/ / -DI SESSO FEMMINILE/ / + CONCRE- TO/?; b. c'è una vocale anteriore alta (o palatale chiusa)?; c. quante sillabe ci sono?; d. quanti morfemi ci sono?; e. c'è la funzione grammaticale di soggetto o di complemento oggetto? 314 Appendice IJ In libro: a. quale dei seguenti quattro tratti semantici è contenuto: / +ANIMATO/ /-D1sEsso FEMMINILE/ / +coN- CRETO//+ADULTO/? b. c'è una vocale posteriore alta (o palatale chiusa)? c. quante sillabe ci sono? ED) Alcune delle seguenti affermazioni contengono errori. Trovare le cose sbagliate, e correggerle. a) le famiglie linguistiche raggruppano le lingue sulla base della loro affinità tipologica b) nel tipo morfologico agglutinante non esiste morfologia flessionale c) 'agente', 'beneficiario', "tema', 'paziente' sono ruoli semantici d) in italiano esistono due affricate palatali, / ts/ sorda e / dz/ sonora e) -azion- è un suffisso nominale deverbale molto produttivo in italiano f) tra futuro semplice e passato remoto c'è un'opposizione di aspetto g) in Carla mi chiese che le portassi la valigia il pronome clitico le ha interpretazione deittica h) fra "lungo" e "corto" c'è un rapporto semantico di antonimia i) una regola ricorsiva è riapplicabile al proprio risultato IJ Individuare gli eventuali errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sostituendo ciò che è errato con una formulazione adeguata. a. "In macigno ci sono tre morfemi: ma-, cign-, o". b. "Il criterio per stabilire se fra due lessemi x e y ci sia un rapporto di iponimia consiste nel verificare se vale che 'tutti gli x sono y ma non tutti gli y sono x', come nel caso di x = mastino e y =cane". c. "L'equivocità del codice lingua riguarda il fatto che con la lingua si possono dire anche cose non corrispondenti alla realtà". d. "Le vocali sono foni prodotti senza che si frapponga alcun ostacolo al passaggio dell'aria nella cavità orale". e. "Il turco è una lingua tipicamente agglutinante, imparentata alla lontana con il giapponese". f. "La deissi riguarda il riferimento di elementi del messaggio linguistico al contesto linguistico immediatamente precedente: quindi, in Gianni compra un gelato e lo offre a Maria, lo è un deittico". g. "La doppia articolazione corrisponde alla distinzione fra le unità minime lessema e fonema ". h. "I sintagmi in maiuscolo nelle due frasi il negozio è cento metri Più IN LÀ e IN MONTAGNA il tempo cambia in fretta hanno valore deittico, e più precisamente codificano la deissi spaziale". i. "['kasko] e ['parto] sono due begli esempi di omonimia". j . "Morfo sta a fonema come allomorfo sta a fono". k. "Il cinese è una lingua tipicamente introflessiva". I. "I seguenti lessemi contengono tutti e quattro i tre tratti semantici / +CONCRETO, - UMANO, - ENUMERABILE/: fuoco, fango, albero, carta" . m. "Una famiglia linguistica è un gruppo di lingue che condividono analoghe caratteristiche strutturali e appartengono quindi ad uno stesso tipo". n. "In cinghiale c'è un dittongo, in ciliegia ce ne sono due". o. "I componenti semantici si combinano in simultaneità per dare luogo al significato delle frasi ". p. "Suffisso sta a morfema flessionale come prefisso sta a morfema derivazionale". q. "Le unità di seconda articolazione non sono dotate di significato e possiedono linearità, le unità di prima articolazione sono dotate di significato e non possiedono linearità". r. "L'arabo è una lingua isolante, appartenente alla stessa famiglia linguistica del turco" . s. "La parola è l'unità di analisi immediatamente superiore al morfema". t. "Le frasi diverse di una lingua sono in numero illimitato". u. "Due lessemi omonimi hanno gli stessi tratti semantici". v. "Nella frase Gianni mangia le mele con la buccia, il nodo SV domina direttamente un nodo SPrep". Appendice 315 w. "In guanto ci sono fra l'altro una occlusiva velare sonora e una semivocale anteriore". x. "Nelle lingue agglutinanti non esistono suffissi". y. "Nella teoria degli atti linguistici, l'atto illocutivo è costituito dalla struttura fonetica, grammaticale, lessicale del messaggio che produciamo". z. "Nella frase Gianni sta sempre male, il nodo SV domina direttamente un nodo SN". f,I Individuare gli eventuali errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sostituendo ciò che è errato con una formulazione adeguata. a. "In chiesa ci sono, fra l'altro, una fricativa glottidale e una semivocale anteriore". b. " Mezzo è un lessema polisemico". c. "Le vocali si distinguono dalle consonanti per il diverso luogo di articolazione". d. "La funzione della lingua incentrata sul ricevente si chiama funzione fàtica". e. "Tra bello e brutto c'è un rapporto di iponimia". f. "Il significante dei segni linguistici è primariamente fonico-acustico". g. "La funzione della lingua incentrata sul canale si chiama funzione conativa". h. "La grammatica generativa studia la competenza linguistica, cioè l'insieme delle frasi effettivamente prodotte in una lingua". E!) Nelle seguenti affermazioni ci sono molti errori. Sottolineare ciò che è errato e indicare quali sarebbero le formulazioni adeguate. a) Le lingue che costruiscono a destra hanno normalmente gli ordini NA e VAw. b) Il segno linguistico pizza ha come connotazione "un tipo di focaccia" e come denotazione "ambiente napoletano". c) Il turco è una lingua tipicamente polisintetica. d) I fonemi si oppongono sull'asse paradigmatico e si combinano sull'asse sintagmatico. e) I transfissi sono caratteristici della morfologia dell'arabo e di altre lingue semitiche. f) Le lingue isolanti presentano in genere un alto indice di sintesi. g) Un antonimo ha estensione maggiore del proprio iperonimo. h) La lingua è un sistema che permette di produrre un numero infinito di frasi a partire da un numero finito di elementi. i) Il lessico di una lingua forma un sistema chiuso. j) I saluti sono un buon esempio di funzione conativa, perché sono chiaramente incentrati sul contatto fra parlante e ricevente. k) Le vocali arrotondate possono essere sia anteriori che posteriori. I) I lessemi "libro", "matita", "sedia" e "spazzolino" contengono tutti e quattro i tratti semantici / + CONCRETO/ e / -ENUMERABILE/. m) In italiano non ci sono consonanti fricative labiodentali. n) I morfemi cumulativi sono caratterizzati dal recare più di un significato o informazione morfologica contemporaneamente. o) Nelle lingue tonali l'accento ha valore distintivo. p) Tra il lessema "bicicletta" e il lessema "veicolo" c'è un rapporto di sinonimia. q) Non può esistere una sillaba se non c'è almeno una consonante. r) 'Dentale' designa un luogo di articolazione dei foni, 'velare ' designa un modo di articolazione. s) Nelle frasi non marcate, 'soggetto', 'agente' e 'tema' tendono a coincidere sullo stesso costi- tuente. t) La morfologia derivazionale dà luogo alle varie forme in cui una singola parola suscettibile di assumere forme diverse compare nel discorso. u) La corretta trascrizione in IPA della parola sgualcisci è ['zgualtJiJ(J)i]. v) Mangiare è un verbo performativo. w) Per capire se una lingua è ergativa, occorre guardare come awiene la marcatura del soggetto: se il soggetto viene reso con forme o casi diversi a seconda del tipo di frase, la lingua sarà presumibilmente ergativa. Appendice x) La parola alpino si può scomporre nei tre morfemi alp-, -in- e -o; -in- è morfema con valore diminutivo, ed è omonimo del prefissoide in- con valore negativo che troviamo per es. in incarcerare, o, come allomorfo im-, in immaginare. y) Il turco è una lingua flessiva con ordine basico dei costituenti SOV appartenente alla famiglia al- taica. z) L'arabo è una lingua agglutinante con ordine basico dei costituenti SOV appartenente alla famiglia afroasiatica. Trovare gli errori contenuti nelle seguenti affermazioni, sottolineando le formulazioni sbagliate e sostituendole con quelle ritenute esatte. [Si tenga conto che una o più affermazioni potrebbero non contenere errori]. (i) La regola: [sibilante] _,. [+son]/____ [+cons] è una regola ricorsiva [+son] (ii) La funzione fàtica, nello schema di Jakobson, è quella relativa al canale o contatto (iii) L'analisi componenziale serve ad individuare quali sono i costituenti immediati di una frase (iv) La parola macello ha tre morfemi: mac-, -ell-, -o (v) Il vietnamita è una lingua austroasiatica di tipo morfologico isolante (vi) Le consonanti vibranti non possono avere articolazione bilabiale e sono sempre sorde I seguenti brani contengono complessivamente 5 errori. Trovarli e correggerli, sottolineando le parti sbagliate e sostituendole con le giuste formulazioni . (a) Il swahili (o kiswahili) è una lingua parlata in più paesi dell'Asia centrale, appartiene al gruppo bantu della famiglia niger-cordofaniana, ed è di tipo morfologico fondamentalmente agglutinante. Come tutte le lingue agglutinanti, il swahili ha un indice medio di sintesi inferiore a 2:1. (b) I segni linguistici appartengono al tipo di segni detti 'indici'; sono dotati del piano del significante e del piano del significato e sono fondamentalmente arbitrari: dal significato di un segno non si può ricavare come debba essere il suo significante. I segni linguistici minimi sono i fonemi, ma l'unità segnica usata normalmente nel discorso come unità fondamentale autonoma è la parola. Le parole, dal punto di vista del loro significato, si possono distinguere in parole primitive, parole derivate e parole composte. Quale dei termini è fuori posto in ciascuna delle seguenti quaterne, e perché? [Spiegare la ragione dell 'esclusione] (i) infisso, circonfisso, prefisso, morfema zero (ii) antonimia, solidarietà semantica, iponimia, complementarità (iii) giapponese, inglese, russo, francese [chiave: tipologia dell'ordine dei costituenti] (iv) oggetto, soggetto, predicato verbale, paziente (v) bassa, alveolare, posteriore, arrotondata [chiave: fonetica] (vi) russo, tedesco, finlandese, spagnolo [chiave: appartenenza genealogica] Di quale nozione, categoria o fenomeno linguistico sono un esempio i casi seguenti? [Per es.: "bello", "brutto": antonimia]? (i) idrico, onirico, equino (ii) un caffè, lo vuole? (iii) "spaghetti", "pasta", "cibo" (iv) "nominare", "proibire", "assolvere" (v) [u], [::,], [o] Di quale categoria o nozione della lista B è un caso o esempio ogni elemento contenuto nella lista A? (Per esempio: '-abil- è un morfema'. Tenere conto che non tutti gli elementi di A sono associabili alle categorie o nozioni di B) A (1) completamente nudo (2) concedere (3) sciocco - fiocco (4) [g] (8)-go(5) " libro" - "quaderno" (6) /± ENUMERABILE/ (7) promessa B (a) morfema (b) sema (c) iponimia (d) atto linguistico (e) velare (f) verbo trivalente (g) coppia minima (h) sintagma aggettivale Appendice 317 El) Associare gli elementi della lista A a quelli della lista B, sulla base del principio 'A è un/-a (un caso di) B'. [Tenere conto che non tutti gli elementi delle due liste possono essere associati] A 1. raglio/ ragno 2. regalare 3. eco- 4. F--+ SN + SV 5. giapponese 6. fegato/ epatite 7. taglialegna 8. -os- 9. aspetto 10. sed- 11. arabo 12. focus 13. fossilizzare B i. prefissoide ii. radice lessicale iii. lingua SOV iv. suppletivismo v. iponimia vi. coppia minima vii. regola ricorsiva viii. ruolo semantico ix. categoria morfologica x. caso xi. lingua austroasiatica xii. verbo trivalente xiii. verbo denominale lii) Associare gli elementi della lista A a quelli della lista B, sulla base del rapporto 'A è/ sono un/ -a (un caso di) B'. [Tenere conto che non tutti gli elementi delle due liste possono essere associati] A (1) Gualtiero (2) [CB] (3) "coniglio" - "lepre" (4) -i (5) COMP (6) {gioe-} {-a-} {-re} (7) turco (8) "rosa" - "fiore" (9) [g] (10) russo (11) [z] (12) troppo B (a) lingua agglutinante (b) parola monomorfematica (e) consonante palatale (d) iponimia (e) ideòfono (f) vocale bassa (g) sintagma nominale (h) sinonimia (i) morfema cumulativo U) parola bisillabica (k) lingua polisintetica (I) categoria morfologica f!J Che cosa sono? Assegnare tutti gli elementi che si riesce della lista di sinistra a definizioni della lista di destra. 1. "latte" a. sillaba 2. ci 3. rincitrullire 4. -il- 5. (-) au(-) 6. molto ricco 7. [tJ] 8. SN --+ Pro/_ Vmeteorologico 9. capacità 10. agente fl Riempire le lacune nelle seguenti affermazioni: b. funzione sintattica c. verbo bivalente d. regola ricorsiva e. pronome clitico f. morfema derivazionale g. parola proparossitona h. sintagma awerbiale i. affricata dentale j. suffissato deaggettivale k. fricativa palatale I. lessema [-ENUMERABILE] m. sintagma aggettivale a) Il ... .. fa parte del rema ed è la parte dell'enunciato più saliente per novità infor- mativa. b) La funzione metalinguistica è incentrata sul c) Il lessema è . ............................. minima in semantica. d) In ieri ha piovuto tutto il giorno, il tema è costituito da . e) Ogni . . può essere analizzato come costituito da un fascio di tratti semantici. f) La funzione ................. è incentrata sul ricevente. g) i morfemi . h) belare e pecora sono un esempio di . i) ricevere è un verbo ............................... , mentre .... .......................... è monovalente li) "Troppo occidentale, volevo ucciderla". Marocchino getta la moglie italiana dal balcone: "Chiedeva di lavorare". In questo titolo di articolo di giornale ("la Repubblica", 11 giugno 2005): a) individuare i pronomi b) indicare se i pronomi individuati hanno valore deittico o anaforico (o cataforico) c) c'è una frase nominale? c'è una subordinata completiva (oggettiva)? d) si vede, e dove, la natura dell'italiano come lingua a soggetto nullo? e) che valenza hanno i verbi gettare, chiedere e lavorare? 318 Appendice f) c'è un verbo performativo? g) ci sono dei lessemi fra cui esista un rapporto di solidarietà semantica? e di iponimia? e di an- tonimia? h) ci sono verbi inergativi? fl "Era domenica, l'aria era fresca e profumata di resina, il sole non tramontava mai, e noi due ci eravamo messi in cammino attraverso la foresta con l'intenzione di raggiungere il fiume prima del buio [...]" (da P. Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino 1978, p. 36). Nel brano dato: a. quante frasi ci sono? b. quanti nomi (N) ci sono? c. qual è il soggetto di raggiungere? d. trovare un sinonimo di raggiungere, un iperonimo di domenica, un iperonimo di so/e e un sinonimo di foresta; e. ci sono semivocali anteriori? f. ci sono fricative labiodentali? g. ci sono verbi inaccusativi? h. qual è il ruolo semantico di il sole? e di domenica? c'è un elemento che svolga il ruolo semantico di 'destinazione'? fil Sia dato il seguente brano: "Di fronte alla pistola le due commesse non hanno fiatato e hanno consegnato l'incasso al rapinatore. Ma quando lui è uscito, una di loro l'ha seguito a piedi senza farsi accorgere, mentre al cellulare dava indicazioni ai carabinieri sulle vie che imboccava. E l'ha fatto arrestare." (La Repubblica, 3.01.2009) (i) In questo brano, c'è una frase scissa? Se sì, qual è? (ii) Ci sono subordinate awerbiali? Se sì, quali sono? (iii) Ci sono pronomi clitici anaforici? Se sì, quali sono? (iv) Ci sono suffissati deverbali? Se sì, quali sono? (v) Ci sono consonanti palatali? Se sì, quali? (vi) Ci sono elementi che svolgano il ruolo semantico di 'paziente'? e di 'strumento'? (vii) Qual è il tema della prima frase? 2. SOLUZIONI DI UNA SCELTA DI ESERCIZI Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 1 IJ Icona: il cavallo rappresentato sulla tela. Segno in senso stretto: la parola cavallo. Il (i) icona (significato: "treno dotato di vettura ristorante "); (ii) indice; (iii) icona; (iv) simbolo; (v) segnale; (vi) icona; (vii) simbolo. mSegni in senso stretto. €1;1 Sì. L'italiano, a differenza dell'inglese, non designa diversamente la carne per scopi alimentari (in inglese meat) e la carne non per scopi alimentari (in inglese f/esh). El No, perché le somiglianze dipendono dalla parentela genealogica fra queste lingue, tutte della famiglia indoeuropea (cfr. § 6.1). mBrrr, ciufciuf, sp/ash sono ideòfoni , rimbombo, miago/ìo, ticchettìo onomatopee. Rispetto agli ideofoni, le onomatopee presentano un grado maggiore di integrazione nel sistema linguistico; si veda ad es. la presenza dei suffissi -o, in rimbombo, e -ìo, in miago/ìo e ticchettìo. fD (i) antropologicamente; (ii) ontogeneticamente; filogeneticamente; (iii) habi/is; (iv) 5.000; 3.500; (v) fenici; 1.300. fil L'ordine in cui si susseguono le parti del segno (ossia, gli elementi di ciascuna delle tre stringhe) è fondamentale per il significato del segno stesso (owero delle stringhe stesse). fil (i) conativa; (ii) poetica; (iii) metalinguistica; (iv) emotiva; (v) poetica; (vi) referenziale; (vii) referenziale; (viii) conativa; (ix) poetica; (x) referen- ziale. @I) Sì; in (i) è applicata ricorsivamente la regola F--+COMP+F (cfr. § 4.4.), in (ii) ogni numero è dato dalla somma dei due numeri precedenti. @I Equivocità. Più in particolare, siamo in presenza di un caso di polisemia in (i) e di sinonimia in (ii). msignificante; significato; significante; fonico-acustico; referente; non. li (i) sincronico; (ii) diacronico; (iii) sincronico. Ui) La dicotomia fra sistema astratto e realizzazione concreta. il) (i) paradigmatico; (ii) sintagmatico; (iii) sintagmatico; (iv) paradigmatico; (V) sintagmatico; (vi) paradigmatico; (vii) sintagmatico. Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 2 fJ ['tJa:o],[zvi'tja:mo], [prean:un'tJaj] ([preannun'tJaj]), [i'J1:a:vja] ([iJ1'J1a:vja]), [indid3e'ri:bile], [gwarni't:sjo:ne] ([gwarnit'tsjo:ne]), [d3a'bj1:olo] ([d33l'bJ1J10lo]), [led:3u'k:ja:vano] (Oedd3uk'kja:vano]), [Je'na:rjo], [lut:Ji'ki:o] ([luttJi'ki:o]), [tJi'ljc:d3a], ['d3und3ere], [stal)'ket :sa] ([stal)'kettsa]), ['gi:za], [tJivet:e'ri:a] ([tJivette'ri:a]),[afl)'frat:o] ([afl)'fratto]), ['spolveramelo] (si dà qui la trascrizione in italiano standard, per tutte le parole sono ammissibili anche varianti; nelle trascrizioni tra parentesi le consonanti doppie sono rese raddoppiando il simbolo cor- rispondente). a ['djc:tJi maA:'A:ette 'd3alle su kwej paUe'rittJi 'bjal)ki], [d3u'dittsjo a 'briMa 'J:,lta 'sulle attJaje'ri:e marki'd3a:ne], ['kwalke 'J:,kka kja'ma:ta a sil)'gjottso], [ulJ kastaJ1'J1attJo brutJak'kja:to e 'du:e 'tJikke d3u in leJ1'J1a:ja] (si dà qui la trascrizione in italiano standard; per tutte le parole sono ammissibili anche varianti; le consonanti doppie sono sempre rese raddoppiando il simbolo corrispondente; non è segnato il raddoppiamento fonosintattico). fil concettuale, ghingheri, sbaciucchiare, giacche, civettuola, congiungere, sber/uccichìo, ringhiere, ventaglio, sciogliersi, inginocchiatoio, quadrinomio, salienza, lucignolo. Bi mother, judgement, theory, corner, juice, target, fusion , waterproof, structure, fireman , organ, white, jogging, crash, psychology, nation. Il) unghie. E!J (i) bilabiale, perché non è una proprietà articolatoria delle vocali; (ii) [J]. perché non è una consonante occlusiva; (iii) [dz], perché non è una consonante occlusiva; (iv) vibrante, perché non identifica un Appendice 319 luogo di articolazione; (v) [t], perché non è una consonante fricativa; (vi) medio-alta, perché non è una proprietà articolatoria delle consonanti. li) Laterale palatale [,\]. Èsonoro, come tutti i foni la- terali. 1m) (c) / d/ ~ / J/ ; (d) /J1/ ~ / r/ ; (f) se consideriamo / A::/ ~ / J1:/. fl Tra le varie possibili: cocca ~ ciocca, mano ~ meno, gnomo ~ pomo. @I Ha alto rendimento funzionale. In italiano abbiamo ben sei coppie di consonanti che si oppongono per sonorità; tre di occlusive: / p/ ~ / b/, /t/ ~ / d/, / k/ ~ / g/; due di affricate: / ts/ ~ / dz/ , /tJ/ ~ / d3/ ; e una di fricative: / f/ ~ / v/ . @I) Si tratta di casi in cui il fenomeno del raddoppiamento fonosintattico è rappresentato nell'ortografia (es. [a d'di:o] addio). @!il Si possono identificare sei fonemi : / e/ , / i/ (v. [tJed] ~ [tJid]), / 3/, / d3/ (v. [ne3] ~ [ned3]), / n/ , / p/ (v. [ned3] ~ [ped3]). Il tratto [±arrotondato]) non ha valore distintivo, perché i fonemi / e/~ /i/ sono caratterizzati entrambi dal tratto [-arrotondato]. IDJ Sillabe aperte: (i) stra, no; (ii) za, ra; (iii) ma, li; (iv) go; (v) ma, e, stra; (vi) pie, no; (vii) a, /o; (viii) re, ci, te; (ix) ca, ro; (x) ti, te, la; (xi) ve, la, za, ta. Sillabe chiuse: (ii) zan, (iii) spai, (iv) dit, ton; (vii) gnel; (viii) pien; (ix) rin; (x) met; (xi) riz. li Sono pronomi clitici, nell'esercizio 40: -li in spalmali; -te-- e -/a in mettitela; nell 'esercizio 44: -ve--, -ne in accorgetevene; -glie- e -li in lasciarglieli; -te-- e -/o in spegnetelo; -glie- e -ne in parlategliene; -ce-- e -/o in appendice/o; -ve--, -ne in andatevene; -me- e -/o in indicamelo. li) (i) r, I e n; (ii) interrogativo; (iii) coda; (iv) ascendente; (v) fonema. Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 3 Il s-man-acci-are, tron-eggi-av-ano, ri-s(-)veg/i-ando-si, Enna, s-bucci-at(-)ur-a, scen-ari-o, in-ginocchi-at(-)oi-o, dietro, inter-naz(-)ion-a/-e, zi-a, e-vas-ion-i, pre-annunci-ai, scinti/1-ì-o, a/-lacci-abil-ità, pre-sci-istic-i, auto-medic-azion-e, ac-corr-ere, ri-es-patri-are, s-prem-ut-a, crisi, autor-it-ari-o, am-mar-aggi-o, inser-zion-ist-i (non si tiene conto della dimensione diacronica; le vocali tematiche non sono trattate come morfemi autonomi) fi dieci para-cad-ut-ist-i coraggi-os-i im-pre-ved-ibilmente r(e)-im-patri-at-i; con-stat-azion-e amich-evo/-e tra due para-sub-ordin-at-i in-disciplin-at-i; I-a ciabatt-in-a in-feroc-it-a per-nott-a ne--11-a (n-e/1-a; cfr. § 320 Appendice 6.2.1) stanz-ett-a (non si tiene conto della dimensione diacronica; le vocali tematiche non sono trattate come morfemi autonomi) Il Sono morfemi le forme sottolineate e in grassetto: stato, musicisti, cantanti, ~. udibile, uomQ, musi~a. I~. stessa, f!!Qdurre, musicme, estern~. sua, chitarra, ignorava, l'esistenza. quando, mcantò, Canzone. EIJ Morfemi derivazionali: in- in invecchiare; im-e -abilin impraticabile; in- e -ità in incapacità. Morfemi flessionali: -are in invecchiare; -e in impraticabile (ed eventualmente un morfema zero per la categoria del numero in incapacità). Compare due volte lo stesso morfema in-, di valore negativo, nelle forme im- (impraticabile) e in- (incapacità). Il morfema indi invecchiare è un morfema diverso, che ha valore ingressivo (v. Box 3.3). El i) amicale e amicizia; pace e pacato; promozione e promuovere; ii) piombo e plumbeo; infuocato e pirico; accavallato e equino; le parole ascoltare, iniquo, andare, sentire, venire, equamente presentano morfemi lessicali che non intrattengono rapporti né di allomorfia né di suppletivismo con quelli delle precedenti. mPenna, perché è una parola formata da due morfemi legati: il morfema grammaticale -a e la radice lessicale penn-. i) s-, con valore ingressivo, in scaldare, es-, con valore negativo, in sfortunato; iv) in-, con valore ingressivo, in innervosirsi, e in-, con valore negativo, in inaffidabile (cfr. Box 3.3). glottodidattica (glotto-), autoadesivo (auto-), semicerchio (semi-), androgino (andro-). Una parola composta: calciomercato; un aggettivo suffissato denominale: climatico; un prefissato deaggettivale: indeciso; una base lessicale non derivata: onesto; un alterato: bimbino. (i) sostitutiva; suffissale; (ii) cumulativo, (iii) tematica; (iv) prefissoidi; (v) unità lessicali polilessematiche (o polirematiche); (vi) deverbale; denominale; denominale; prefissato, deaggettivale. (i) infisso, perché è l'unico tipo di affisso della quaterna a dare luogo a discontinuità nella radice lessicale; (ii) bagnasciuga, perché è l'unica parola composta della quaterna; (iii) automobile, perché è l'unica parola della quaterna in cui auto ha statuto di prefissoide; (iv) sostitutivo, perché è l'unico morfema della quaterna a non essere isolabile segmentaimente; (v) motoraduno, perché è l'unica parola della quaterna in cui moto non ha statuto di prefissoide. La categoria del numero in siglitan presenta anche il valore di duale. Il danese può marcare la definitezza sia con un suffisso, -en (applicato al nome: es. dagen), sia con un articolo, den (in posizione preaggettivale: es. den store daltJ. eJ Sì. Il suffisso del plurale dei nomi è -me. Sì, ci sono prefissi con valore possessivo: no- "poss 1• sG", namo- "poss 2• PL", i- "poss 3• sG". "Il suo coniglio" è itoci. mL'ungherese presenta una marca di accordo verbale con l'oggetto (v. in questa frase il suffisso -em). In italiano il verbo si accorda (concorda) soltanto con iI soggetto. Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 4 fJ i) SAw; testa: velocemente; ii) SPrep; testa: per; iii) SN; testa: lei; iv) SAgg; testa: impegnativo; v) SV; testa: giunse; vi) SN; testa: foto. EIJ Tra le varie possibili: tuo fratello crede che Giulia tornerà. €1) Sì: una in cui la nonna di quel tuo collega è l'interlocutore, e una in cui la nonna è l'interlocutore e quel tuo collega è l'argomento di conversazione. In un albero, il SPrep di quel tuo collega si diparte nel primo caso da un nodo SN, nel secondo caso da un nodo SV. fli (i) SPrep; (ii) seconda valenza; (iii) oggetto indiretto; (iv) sperimentatore; (v) tema. fil (i) piantare: bivalente; su due piedi: circostanziale; (ii) morire: monovalente; (iii) porgere: trivalente; (iv) trasferire: tetravalente; (v) favorire: bivalente; (vi) ridere: monovalente; così: circostanziale. fl La prima valenza del verbo è realizzata da il mister; la seconda da di fare silenzio; la terza da ai giocatori. È presente anche un circostanziale: durante l'allenamento. fil (i) soggetto; (ii) SV; circostanziale; (iii) nominale, ieri; circostanziali; (iv) prima; (v) transitivi; ditransitivi; (vi) inaccusativi'; (vii) animata; inanimata. @til (i) tema: la settimana prossima; soggetto e agente: mia sorella; (ii) tema: all'esame; soggetto e agente: due candidati; (iii) tema, soggetto e agente: l'editore. @il (ii) dislocazione a destra (e frase scissa): è nel 1958 che l'hanno inaugurato, il museo del cinema; (iv) dislocazione a sinistra: il museo del cinema l'hanno inaugurato nel 1958. @lj Tra le varie possibili: glielo hai portato a Gianni? (pronome clitico dativo: glie-) mi) Nelle frasi (iii) e (v); in entrambe, una birra è tema. mSN->SN+SPrep (/a caposala di ostetricia di Villa Gemma). No. Nella prima frase, ha occupa il nodo Fless, testa di SFless, mentre guardato occupa il nodo V, testa del SV contenuto all'interno del nodo SFless; nella seconda, guardava occupa il nodo Fless, testa di SFless. Elementi anaforici : -le (in dirle), glie- e -l(a) (in gliel(a)). Elementi deittici: verrà, mia. (i) spaziale, (ii) spaziale, temporale e personale, (iii) temporale, (iv) personale, (v) temporale, (vi) personale, (vii) spaziale. Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 5 GJ (1) (iii); (2) (iv); (3) (ii); (4) (vi); (5) (i); (6) (v). ID (i) antonimia, paradigmatico; (ii) solidarietà semantica, sintagmatico; (iii) antonimia, paradigmatico; (iv) sinonimia, paradigmatico; (v) antonimia, para- digmatico. EIJ (1) (v); (2) (iv); (3) (i); (4) (ii); (5) (i); (6) (vi). €1 (i) iponimia; (ii) meronimia; (iii) solidarietà semantica; (iv) sinonimia; (v) antonimia; (vi) inversione; (vii) nessun rapporto semantico; (viii) antonimia; (ix) sinonimia; (x) iperonimia; (xi) inversione; (xii) sinonimia; (xiii) meronimia; (xiv) iponimia. Antonimia fra leggero e pesante; sinonimia fra leggero e lieve; iponimia tra frutta e cibo; eventualmente, anche solidarietà semantica fra cibo e leg- gero/pesante. Gettare, parete, palazzo, dipinto, largo, impossibile, panetteria, frutta, grasso. Sì: (i) famiglia semantica; (ii) gerarchia semantica (o insieme di meronimi); (iii) campo semantico. (i) lattina, famiglia semantica; (ii) mela, gerarchia semantica (o insieme di meronimi); (iii) credere, campo semantico; (iv) mattone, famiglia semantica; (v) tempo, gerarchia semantica. Metafora. /-UMANO/. Nonno: I+PARENTE +MASCHIO +ASCENDENTE +DI SECONDO GRADO/; figlio: /+PARENTE +MASCHIO -ASCENDENTE +DI PRIMO GRADO/, nipote: /+PARENTE +MASCHIO -ASCENDENTE +DI SECONDO GRADO/; madre: / +PARENTE -MASCHIO +ASCENDENTE +DI PRIMO GRADO/. Un'alternativa (ricorrendo a un tratto non binario, che esprima gradi diversi di ascendenza/discendenza): nonno: /+PARENTE +MASCHIO 2ASCENDENTE/; figlio: /+PARENTE +MASCHIO lDISCENDENTE/. nipote: I+PARENTE +MASCHIO 2DISCENDENTE /; madre: I+PARENTE -MASCHIO lASCENDENTE/. La descrizione /+PARENTE -MASCHIO +ASCENDENTE +DI SECONDO GRADO/ corrisponde a nonna. Appendice 321 'li lessema "albero" contiene il componente semantico / +CONCRETO/. ed è un iperonimo di "quercia"'. Sì: sabbia. Il verbo scrivere richiede un soggetto /+UMANO/. Sono verbi performativi: qualora usati alla prima persona del presente indicativo realizzano l'atto linguistico che designano; restituire non è un verbo performativo. (i), (iv), (vii). Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 6 a (i) un morfema; (ii) isolante; (iii) cumulativi, morfemi; allomorfia; (iv) flessionali, cumulativi; allomorfia; (v) radice lessicale; (vi) radici lessicali. ID Correzioni: (i) SVO; (iii) VSO; (iv) niger-cordofaniana; (vi) ramo romanzo; (vii) flessiva; (viii) SVO. Bi) (i) russo, unica lingua non agglutinante della quaterna; (ii) finlandese, unica non indoeuropea; (iii) turco, unica non flessiva; (iv) romeno, unica non germanica; (v) spagnolo, unica non SOV; (vi) romeno, unica non germanica; (vii) swahili, unica non SOV; (viii) lituano, unica non slava. &I "Il swahili (o kiswahili) è una lingua parlata in più paesi dell'Africa centrale, [...] ha un indice medio di sintesi attorno o superiore a 3:1". El) Polisintetica, agglutinante, (introflessiva); SVO; NArt (segue il nome); tidak; sì: meréka " loro "; "l'uomo è in casa" è orang itu di rumah; "ridere " è tertawa. lii) SVO; isolante; con reduplicazione (ripetizione della parola); tan. fai Morfemi lessicali: wawa- "figlio", wasi- "casa", allqo- "cane", qo//qe- "denaro", yuraq- "bianco", batun- "grosso", ranti- "comprare", 1/amka- "lavorare". Morfemi grammaticali (oltre a -mi e -n): -y"mio/m iei " (POSS ia SG), -kuna- PL, -ta ACC, -paq "per" (DAT, posposizione per il complemento di interesse o vantaggio), -pi "in " (posposizione per il LOC), -ni 1" PERS SG, -nki 2• PERS SG; non ci sono infissi; l'ordine dei costituenti è SOV; wasiykunata rantinki; "(lui) compra (i) cani ". e) Morfemi lessicali: chakra- "campo", 1/aqta- "villaggio", warmi- "donna", taki- "cantare", miku- "mangiare", 1/amka- "lavorare", pisi "poco". Morfemi grammaticali (oltre a -q e -n): -n- "suo/suoi" (Poss 3a sG), -y- "mio/miei" (Poss ia sG), -nchik "nostro" (POSS 1• PL), -nku "3• PERS PL", -pi "in" (posposizione per il LOc), -kuna- PL, -cha- "piccolo" (suffisso diminutivo); la lingua appartiene al tipo agglutinante. Appendice Èuna lingua di tipo SOV, ed è ergativa: c'è la stessa forma di una parola quando questa è soggetto di frase intransitiva (iii) e complemento oggetto (ii}, e una forma diversa quando è soggetto di frase transitiva (i); la prima forma sarà quindi al caso assolutivo, la seconda al caso ergativo; il dato è confermato dal fatto che apparentemente le stesse desinenze (-k e -a) si trovano in altre parole nella stessa collocazione sintattica. La lingua è il basco. SOV; agglutinante; sì (ad es. -ur ACC, -ir LOc); gob. VSO; sì, ad es. la particella i preposta al SN indica il complemento oggetto (marca l'Ace); particelle apposite esprimono (il tempo e) l'aspetto, segnatamente: kua preposto al verbo il (PAss) risultativo, i preposto al verbo il (PASS) puntuale, e assieme a ana il (PASS) imperfettivo (PR0G, DUR); non c'è flessione di persona; au è PROia PERSSG; te è ART DET, ki è Prep di moto a luogo. SVO; isolante; il futuro è marcato con la particella cià preposta al verbo; la categoria del numero è espressa con il classificatore lem posposto al nome (e preceduto eventualmente da un numerale); "tre" è sam; k6n è la Prep "di ". lntroflessivo; VSO; [d.30k]; sì, sono espressi da alternanze vocaliche all'interno della radice (ad es. [-u-u-] N0M); [-iq] marca il plurale dei nomi; [tsal] "quelle". SOV; agglutinante; -ide: 3• PERS sG non umano; -gal- marca il plurale dei nomi; radici lessicali nominali: pustaka "libro", cirate "leopardo", mariy "cucciolo" ; radici lessicali verbali: mad "fare ", od "leggere", nekk "leccare". Soluzioni di alcuni quesiti ed esercizi del capitolo 7 o Si tratta in entrambi i casi di fenomeni di assimilazione regressiva. In (i) la prima consonante del nesso si assimila alla seconda; in (ii) la consonante che precede la vocale anteriore (palatale) acquista il tratto palatale. Metafonia. (1) (iii); (2) (i); (3) (v); (5) (iv). (i) sottile; (ii) cattura; (iii) pettine; (iv) scrissi; assimilazione regressiva. Defonologizzazione. Analogia (estensione della desinenza regolare del plurale dei sostantivi). Grammaticalizzazione (un elemento lessicale, il verbo pieno per "andare" è diventato un ausiliare). L'italiano di Svizzera: (i) autopostale "corriera"; (ii) cassa malati "assicurazione sanitaria, mutua", (iii) colonna "coda"; (iv) monitore "istruttore", (v) vignetta "contrassegno autostradale". Le dimensioni diafasica e diastratica. La dimensione diatopica. (i) sottocodice tecnico-scientifico; (ii) italiano formale; (iii) italiano colto; (iv) italiano popolare. (i), (ii) e (iii): interferenza; (iv): commutazione di co- dice. (i) e (iii): prestito; (ii) e (iv): calco. Bibliografia s.1 Bibliografia essenziale commentata Gli scopi di questa bibliografia sono tre, tutti modesti: fornire suggerimenti per approfondire la materia, informare gli studenti sui principali lavori esistenti nella disciplina, e indicare le fonti su cui si è fondata la nostra presentazione e da cui abbiamo tratto materiali. Non si è badato quindi né alla completezza né all 'accuratezza dei dettagli, ma si sono compiute scelte finalizzate alla didattica, e almeno in parte anche frutto dei gusti personali di chi scrive. Con un asterisco(*) sono indicate le opere particolarmente accessibili o comunque raccomandabili agli studenti principianti. 1.1 NeU 'ultimo decennio sono usciti per il pubblico italiano molti volumi di introduzione alla linguistica o comunque a carattere manualistico. Il più noto è forse *GRAFFI, SCALISE (2002, 20062), con numerosi approfondimenti di singole tematiche e con capitoli anche di sociolinguistica e di linguistica storica. Più agile, e con attenzione particolare anche alle 'applicazioni pratiche' della linguistica, è *LOMBARDI VALLAURI (2007, 20102) . Fra i più recenti, vi sono SAVOIA, BALDI (2009), due volumi che coprono tutto lo spettro dei fenomeni di comunicazione verbale, con ampio spazio alle componenti semiotiche e sociolinguistiche; GOBBER, MORANI (2010), con una spiccata attenzione alla pragmatica e alla linguistica storica; *BASILE, CASADEI, LORENZETTI, SCHIRRU, THORNTON (2010), che fornisce un panorama completo di nozioni e metodi dei diversi ambiti della linguistica sincronica. PuGLIELLI, FRASCARELLI (2008) è invece una completa e argomentata trattazione secondo la prospettiva generativista. In generale, tutte queste opere recenti sono più complesse del volume che state leggendo. Non mancavano tuttavia negli anni precedenti manuali di introduzione alla linguistica. Si possono ricordare: SOUTET (1998), una trattazione di scuola francese con particolare attenzione agli aspetti neuropsicologici del linguaggio, al discorso e alla linguistica testuale; *DE MAURO (1998), un volumetto molto agile adatto come primissima lettura di avvicinamento alla materia, mentre l'edizione arricchita con molti materiali e approfondimenti, *DE MAURO (2003), costituisce un'opera introduttiva sicuramente raccomandabile (ampliamenti ulteriori di singole aree tematiche sono in DEMAURO, 2008). Ancora utilizzabili risultano YULE (1987), specialmente adatto a principianti anche se qua e là lacunoso e non sempre del tutto affidabile, *LYONS (1982), più articolato, e AKMAJIAN, DEMERS, FARMER, HARNISH (1996), che ha un'impostazione generativista ma tratta anche aspetti non strettamente di linguistica sincronica. SIMONE ( 1990, 19952, 20063), particolarmente utile per chi voglia approfondire lo studio della linguistica teorica in prospettiva funzionalista, svolge una trattazione già alquanto approfondita e di carattere problematico, e non è pertanto consigliabile a principianti assoluti. *LAUDANNA, VOGHERA (2006) presenta trattazioni elementari di diversi aspetti del linguaggio mettendo a confronto prospettiva linguistica e prospettiva psicolinguistica. Raccolte di materiali di esercitazione di linguistica sono *LURAGHI, THORNTON, VOGHERA (2000), e la silloge ridotta *LURAGHI, THORNTON (2004). Una delle migliori introduzioni sistematiche alla linguistica generale rimane LYONS (1971), mentre per gli aspetti storico-critici sono ancora importanti LEPSCHY (1966, 19902) e DURANTE (1975) ed è chiaro e informato anche se assai sintetico *LEPSCHY (1992). Utile per i principianti è anche MALMBERG (1985). Sono disponibili alcuni dizionari specialistici di buona fattura. Per una prima consultazione rapida, sono consigliabili *CARDONA (1988) e CASADEI (2001); più dettagliato è *BECCARJA (1994, 20043), mentre *CRYSTAL (1993) è una maneggevole enciclopedia che in ampie voci monografiche contiene una miniera di informazioni di ogni genere su tutto lo scibile linguistico, e BussMANN, CoTTICELLI KURRAS (2007) è un dizionario enciclopedico molto ricco di voci. Esistono anche due enciclopedie internazionali della linguistica: BRIGHT (1992), in quattro volumi, e ASHER (1994), in dieci volumi, opera di enorme impegno e vastità. Molto spazio alla linguistica è lasciato anche nell'Enciclopedia dell'italiano diretta da R. SIMONE in corso di pubblicazione da parte dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana G. Treccani. 324 Bibliografia Il modo in cui è presentata la materia nel nostro corso è basato fondamentalmente sulla tradizione strutturalistica e post-strutturalistica maturata nel Novecento, a partire dai fondamenti posti da *SAUSSURE(1916) e attraverso gli sviluppi soprattutto americani, per i quali è un classico *BLOOMFIELD (1933), fino alle impostazioni più recenti della linguistica generativa e della linguistica funzionale e tipologica. Ci sembra infatti che un apparato nozionistico-terminologico di questo genere rappresenti pur sempre una koiné di riferimento per tutti coloro che si occupano di linguistica generale, teorica e descrittiva. In particolare, quanto alle principali fonti istituzionali della nostra presentazione si può dire che le nozioni fondamentali sulla natura semiotica dei fatti linguistici dipendono soprattutto dallo strutturalismo europeo da SAUSSURE ( 1916) a MARTINET (1965), e da HocKETT (I 958); la trattazione dell'arbitrarietà è fondata su HlELMSLEV ( 1968); l'apparato nozionale di fonologia fonde le acquisizioni dello strutturalismo europeo (in particolare, per la fonologia TRUBECKOJ, 1933) e quelle dello strutturalismo americano, mentre quello di morfologia dipende soprattutto da quest'ultimo. Comunque, per abbracciare nel suo insieme la storia della linguistica e del pensiero linguistico attraverso i secoli sono ora fondamentali i tre volumi curati da LEPSCHY (1990-1995). Quanto alla linguistica generale, classici di fine Ottocento sono PAUL (1880), VON DER GABELENTZ (1891) e WHITNEY(1875), mentre significativi dello sviluppo della linguistica nel nostro secolo sono per es. JESPERSEN (1922), TRUBECKOJ (1939), JAKOBSON ( 1966), HJELMSLEV (1968), MARTINET ( 1965), TESNIÈRE (1959) e COSERIU (1971) in Europa, e SAPIR (1921), Hoc KETT ( I958), P1KE (1954, 19672) in America. Per seguire i diversi riorientamenti della linguistica generativa si possono invece segnalare alcune opere di CHOMSKY (1957, 1970, 1989, 1995). Opere significative di diverse impostazioni non generativiste della linguistica teorica contemporanea sono per es. HALLIDAY (1985), DIK (1983), DRESSLER (1987), G1v6N (1984), HAIMAN (1985), LANGACKER (1987). Una prima informazione e uno sguardo sui metodi e sui risultati dei settori di confine della linguistica si possono avere per esempio per la sociolinguistica in BERRUTO (2004, 1995) e, con altra prospettiva, in GIANNINI, SCAGLIONE (2003); per la psicolinguistica in HARRIS, COLTHEART (1991 ), MARINI (2001 ), CACCIARI (2006); per l'etnolinguistica in CARDONA ( 1976 (2006]); per la pragmatica linguistica in BERTUCCELLI PAPI (1993), BAZZANELLA (2008) e CAFFI (2009); e per la linguistica applicata e lo studio delle lingue seconde rispettivamente in CORDER (1981), BETTONI (2007) e in GIACALONE RAMAT (1986, 2003). Esistono molte importanti riviste internazionali di linguistica generale; lo studente deve conoscere almeno l'esistenza di "Language" (organo della Linguistic Society ofAmerica), "Lingua", "Folia linguistica" (organo della Societas Linguistica Europaea), "Joumal of Linguistics" (organo della Linguistics Association of Great Britain; l'associazione scientifica italiana corrispondente, la Società di Linguistica Italiana, pubblica un bollettino di notizie e una collana di atti di congressi), "Langages", "Linguistics"; fra le riviste italiane di linguistica generale, occorre ricordare almeno "Lingue e linguaggio", "ltalian Joumal of Linguistics/Rivista di linguistica", "Studi italiani di linguistica teorica ed applicata". 1.2 Sulla 'scienza dei segni' in generale, un riferimento di routine è sempre Eco (1975). Per la collocazione del linguaggio verbale umano fra i sistemi di comunicazione e per le proprietà della lingua, è ancora assai utile HINDE (1974). Sulla classificazione dei segni rimane fondamentale SEBEOK (1979) e sulla comunicazione animale SEBEOK (1973). Per gli aspetti più filosofici, v. il sintetico DE MAURO (1982). Gli studenti possono trovare un primo approccio a tutta la problematica in *BERRETTA (1980). Per singole tematiche: sull'arbitrarietà dei segni linguistici, e sui suoi limiti, è ora importante SIMONE (1995); sul fonosimbolismo e problemi connessi, JAKOBSON, WAUGH(1984); sulla lingua parlata in genere si può vedere *HALLIDAY (1992) e sulla scrittura *CARDONA ( I981 ), COULMAS ( 1996); sulle origini del linguaggio, LIEBERMAN (1980), e, per gli aspetti paleoantropologici e genetici, PIAZZA (1995). Sulle funzioni della lingua, è ancora d'obbligo il rimando a JAKOBSON (1966) e poi a HALLIDAY (1983); sui tentativi di insegnamento a primati di sistemi organizzati sul modello della lingua, v. SEBEOK, SEBEOK (1980), CIMATTI (1998) e, per un sintetico bilancio dal punto di vista della linguistica, DwYER (] 986). Sulla natura della lingua e sui princìpi generali dell'analisi linguistica, oltre ai classici Saussure e Bloomfield già citati, saranno da vedere HlELMSLEV (1968), COSERI U(1971), CHOMSKY (1991), LYONS (1991). 1.3 Per la fonetica, sono utili introduzioni ALBANO LEONI, MATURI (1995) e MATURI (2006). Più dettagliati: *MIONI (2001), CANEPARI (1979, 2003), e, con particolare riferimento all'italiano, SCHMID (1999), *MIONI (1993). Per la fonologia, un trattato affidabile è NESPOR (1993); più agile è NESPOR, BAFILE (2008). Sulla pro- Bibliografia 325 sodia e intonazione, vi sono ora fra gli altri SORIANELLO (2006) e DE DOMINICIS (2010), ma sono sempre utili CANEPARI (1985) e, in particolare per l'italiano, BERTINETTO, MAGNO CALDOGNETTO (1993). Tuttora un buon fondamento per accostarsi a questo livello di analisi, così come peraltro ai successivi, sono i manuali 'classici' di autori della scuola strutturalista americana, come HARRIS (1951), HocKETT (1958), PIKE (1954, 19672), BOLINGER (1975). I dati riportati sul numero dei fonemi nelle lingue sono basati su MADDIESON (1984), COMRIE (1987/1991) e CRYSTAL (1993). 1.4 Per la morfologia, si raccomandano ora *THORNTON(2005) e *SCALISE, BISETTO (2008), e rimane molto utile MIONI (1992) [di reperimento tuttavia non facile]. Il manuale di SCALISE (1994) è incentrato sulla morfologia derivazionale. Per la metodologia di scoperta nell'analisi morfematica è ancora valido NIDA (1946). Una breve rassegna critica sulla nozione di morfema è BERRUTO (1988). Per la morfologia derivazionale dell 'italiano, disponiamo ora di un'opera collettiva di vasto respiro in GROSSMANN, RAINER (2004). Per un'impostazione di altro genere, nota come 'morfologia naturale', v. DRESSLER (1987). Fonti parziali degli esempi che riportiamo per varie lingue, oltre agli articoli pertinenti in COMRIE (1987/1991), sono anche state: HANEWALD, HANEWALD (1983) per il tagalog, MITCHELL (1962) e SI AMMOUR (1993) per l'arabo, FICI GIUSTI, GEBERT, SIGNORINI (1991) per il russo, MERLO PICK (1981) e PERROTT (1957) per il swahili. Sulle singole categorie grammaticali, sono fondamentali i volumi ad esse dedicati della collana 'rossa' della Cambridge University Press, "Cambridge Textbooks in Linguistics" (che è probabilmente la più affidabile collana di linguistica a livello internazionale). 1.5 Per la sintassi, è un'utile opera introduttiva (nella prospettiva generativista che domina negli studi in questo settore) *DONATI (2008), mentre MEREU (2004) unisce una impostazione generativista alla prospettiva tipologica; un manuale di riferimento rimane GRAFFI (1994), anche se non è più aggiornato sui recenti sviluppi del generativismo. Ancora utilizzabile è l'antologia di STATI (1977). Relativamente poco noto in Italia è TESNIÈRE (1959), assai importante. Interessante, se non altro per la personalità del!'autore, anche MARTINET (1988). Per l'analisi in costituenti immediati, è ancora valido il riferimento a Bloomfield. Per i ruoli semantici, v. alle origini BACH, HARMS ( 1978). Per la struttura informativa della frase, molto sviluppata dalla cosiddetta 'scuola di Praga', v. SoRNICOLA, SVOBODA (1991), da una prospettiva un po' diversa HALLIDAY (1987), e ora LOMBARDI VALLAURI (2009). Sulle frasi marcate, una prima rassegna è BERRETTA (1995). Sulla grammatica generativa, è aggiornato l'agile *GRAFFI (2008), e introduzioni più ampie agli aspetti via via più recenti della grammatica generativa sono fomite da COOK, NEWSON (1996), HAEGEMAN (1996), CECCHETTO (2002); MORO(2006) è un'originale presentazione divulgativa, con orientamento verso la neurolinguistica. Fra le opere di CHOMSKY meritano un cenno almeno la prima (1957), e *(1977), (1981), (1989), (1995). Per la linguistica testuale, che si occupa di fenomeni superiori al livello della frase, V. DE BEAUGRANDE, DRESSLER (1984) e FERRAR! (2005). Una trattazione di riferimento aggiornata e affidabile della sintassi dell'italiano è *SALVI, VANELLI (2004). 1.6 Per la semantica, da una visuale strettamente linguistica (di problemi di semantica si occupano molto anche la logica e la filosofia del linguaggio: una trattazione formale recente da questi punti di vista è per es. DELFITTO, ZAMPARELLI 2009) sono ancora utili, benché non più aggiornati: BERRUTO (1976), LYONS (1980), LEECH (1974, 19812; a cui è ispirato lo schema di implicazioni fra tratti del§ 5.4), CRUSE (1986); in una prospettiva più psicolinguistica, AITCHISON (1987); per la semantica strutturale e componenziale, GECKELER (1979). Vari risvolti della semantica sono discussi in GAMBARARA (1999); da un punto di vista più strettamente linguistico, si può consultare *CASADEI (2003), mentre un'introduzione aggiornata al livello semantico-lessicale è *JEZEK (2005), e per vari aspetti della lessicologia è importante DE MAURO (2005). L'analisi in tratti è stata sviluppata anche dalla semantica generativa, corrente di moda nei primi anni Settanta ma da tempo non più praticata, su cui V. per es. STEINBERG, JAKOBOVITS (1971 ). Per la semantica prototipica, V. WIERZBICKA (1985), TSOHATZIDIS (1989), KLEIBER (1990), Grv6N (1986), LAKOFF (1987); i dati sulla centralità dei tratti e sul grado di esemplarità nel § 5.5 sono tratti rispettivamente da RoscH (1973)- E. Rosch è l'autrice che ha introdotto più significativamente nella psicologia cognitiva questo genere di ricerche - e da SMITH, MEDIN (1981); sull'applicazione di categorie prototipiche in generale nella linguistica, TAYLOR (1989 [2004]). Per orientamenti in altre direzioni - ma sempre nell'ambito degli studi cognitivi - della semantica lessicale, V. JACKENDOFF (1989). Per la pragmatica linguistica in generale, V. LEVINSON ( 1985) e BAZZANELLA 326 Bibliografia (2008); per gli atti linguistici in particolare v. AUSTIN (1962), che ha inaugurato il campo di ricerca, SEARLE (1976) e SBISÀ (1978). Sull' implicito e le presupposizioni, v. DucROT (1979) e soprattutto SBISÀ (2007); e in generale per la semantica frasale, in prospettiva formale e filosofica, CHIERCHIA (1997). 1.7 Per la classificazione genealogica e l'inventario delle lingue del mondo (si tenga presente che molti particolari della classificazione e lo stesso riconoscimento di alcune famiglie sono temi molto discussi e costituiscono problemi aperti), un primo panorama introduttivo molto informato è MANZELLI (1983) [però non facilmente reperibile], e uno dei trattati più importanti (anche se molti ne discutono l'impostazione) è RuHLEN (1987) (su cui è fondamentalmente basata la cartina della distribuzione geografica delle famiglie linguistiche nel§ 6.1). Opera fondamentale di consultazione sulle lingue del mondo è COMRIE (1987 [1991)), che oltre a una sintetica presentazione generale delle diverse famiglie contiene concisi profili descrittivi di quasi una cinquantina di lingue principali. Ora però il pubblico italiano ha a disposizione un'opera di riferimento ampia e aggiornata quali sono i due volumi di ' BANFI, GRANDI (2008). Per le lingue indoeuropee antiche e classiche, è basilare GIACALONE RAMAT, RAMAT (1993). Sulle lingue d'Europa, ampie informazioni da diversi punti di vista sono in BANFI (1993), *BANFI, GRANDI (2003), Toso (2006). Sulla distribuzione geopolitica delle lingue, un volumetto ancora utile (ma, ovviamente, non aggiornato) è BRETON ( 1978). La graduatoria che presentiamo sulla consistenza demografica delle lingue è basata su M10NI (2005), assai utile per un primo sintetico contatto con la tematica, mentre una trattazione più ampia, e incentrata sulle questioni di ecologia delle lingue, è NETTLE, ROMAINE (2001). Per la tipologia linguistica, un'agile introduzione è *GRANDI (2004), un'antologia tuttora fondamentale è RAMAT ( 1976), ed opere di riferimento importanti sono COMRIE ( 1983) e CROFT (1990), mentre princìpi ancora assai validi, specie per la tipologia morfologica, si trovano in SAPIR (1969 [1921)). Trattazioni ampie e ancora ricche di informazioni su molti aspetti della tipologia si trovano nei tre volumi di SHOPEN ( 1985). Sulla tipologia deli 'ordine dei costituenti, è classico GREENBERG ( 1966) (riportato in RAMAT (1976) sopra citato) e sono importanti HAWKINS (1983) e TOMLIN (1986). Sull'ergatività, DIXON (1994). Sulle costruzioni ' a topic', L1-THOMPSON (1976); e in generale per approfondimenti sul cinese NORMAN (1988). 1.8 Per la teoria e descrizione del mutamento linguistico, utili letture introduttive sono LAZZERONI (1987) e MANCINI (2003) e una riflessione teorica ancora leggibile con profitto è COSERIU (198 l); per una prospettiva generativista, si vedrà LIGHTFOOT (2006). Sulla linguistica storica in generale, una prima solida informazione si ha in FANCIULLO (2007), e, per le lingue indoeuropee, in CAMPANILE, COMRIE, WATKINS (2005); un trattato sempre affidabile è Hoc K(1991). Per l'italiano, un primo, semplice, avvicinamento è in D'ACHILLE (2001). Per la variazione sociolinguistica, si possono consultare per una prima introduzione BERRUTO (2004), e per una trattazione più ampia BERRUTO ( 1980, 1995); per la situazione italiana, BERRUTO (1987) e D'AGOSTINO (2007). Gli esempi di ipoarticolazione nel parlato informale sono tratti da SAVY (1999). Sui dialetti italiani erispettivamente sulle minoranze linguistiche, sono ora buoni manuali LoPORCARO (2009) e Toso (2008). Per i repertori linguistici, è d'obbligo citare DELL'AQUILA-IANNÀCCARO (2004); TURCHETTA (1996) tratta casi africani. Sul contatto linguistico, v. per un primo avvicinamento DAL NEGRO, GuERINI (2007); un classico è WEINREICH (1953, riedito recentemente 2008). 1.9 Fonti dei materiali di esemplificazione per il capitolo 6 e per gli esercizi di questo e di altri capitoli, nonché per i box di approfondimento, sono state, oltre ai manuali qui citati in generale, ai capitoli relativi alle lingue interessate in COMRIE (1987 [1991)) e alle descrizioni di singole lingue citate sopra: per il turco, LEWIS (1989) e BAYRAKTAROGLU, BAYRAKTAROGLU (1992); per il groenlandese, FORTESCUE (1984); per il coriaco, MITHUN (1984); per il gaelico, MACKINNON (1971); per l'àvaro, COMRIE (1978). La segnalazione sull'ordine OSV nel linguaggio di Yoda si deve all'edizione originale inglese di CRYSTAL (1993), alla pagina 98. Oltreché da opere già citate sopra per le lingue interessate, altri materiali linguistici sono stati ricavati, spesso con adattamenti, dalle seguenti fonti: per l'indonesiano, KWEE (1976); per il quechua, DUNKEL (1986) e COLE (1985); per il thailandese, ROSSI, No-ONE (1994); per il maori, BAUER (1993); per il kannada, SHRIDAR (1990); per il sudest, LYNCH, Ross, CROWLEY (2002); per il gayo, SORAVIA (1984); per il rom, SORAVIA (1978). Bibliografia 327 Altre fonti specifiche di idee, esempi e materiali per i box sono stati: per i sistemi di scrittura, COULMAS (1996), DANIELS, BRIGHT (1996), IANNACCARO (2000), M!ONI (2009); per la lingua italiana dei segni: ROMEO (1997); per gli orogrammi: CANEPARI (2003) e M!ONI (1986); per i tratti fonologici, M10N1 (1983); sulla nozione di parola, RAMAT (1990); per i tipi di affissi: BORO, AZZOPARDI-ALEXANDER (1997), COMRIE (1987 [199l]a), H!MMELMANN (2005), JENDRASCHEK (2009), REISS, S!MPSON (2009), SHORT (1987 [1991]); per i morfemi derivazionali dell 'italiano, SCALISE (1995); per tempo e aspetto verbale, BERTINETTO (1986, 1991), COMRIE (1976), DAHL (2000), MONTERMINI (2008); per la valenza, G!ORGI (1988); per le lingue d'Europa: NOCENTINI (2002), PRICE (2000); per gli universali linguistici: GREENBERG (1966) e MAIRAL, G1L (2006). Inoltre, per gli esercizi di morfologia (cap. 3): GREEN (1991), HAUGEN (1991), KATAMBA (1993), KROEGER (2005); per gli esercizi di pragmatica, CAFFI (2006) e BAZZANELLA (2008); su mutamento e variazione (cap. 7): D'ACHILLE (2001), MCMAHON (1994), ONIGA (2007), PANDOLFI (2006), SCHMID (2005). s.2 Elenco delle opere citate (Per le opere apparse in traduzione italiana, l'indicazione bibliografica dell'edizione originale è stata fornita sistematicamente solo nei casi in cui risultava significativa per seguire lo sviluppo della disciplina) AITCHISON J., Words in the Mind. An l ntroduction to the Menta/ Lexicon, Blackwell, Londra 1987. AKMAJIAN A., DEMERS R. A., FARMER A. K., HARNISHR. M ., Linguistica. Introduzione al linguaggio e alla comunicazione, il Mulino, Bologna 1996. ALBANO LEONI F., MATURIP., Manuale di fonetica , La Nuova Italia Scientifica (ora Carocci), Roma 1995. ASHER R. E. (a cura di), The Encyc/opedia ofLanguage and Linguistics, Pergamon Press, Oxford-New York 1994. 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WIERZBICKA A., Lexicography and Conceptual Analysis, Karoma, Ann Arbor (Mich.) 1985. Indice analitico* 'A due canne' 31 Ablativo, caso 9, li , 119, 146, 273 Accento 11, 34, 57, 73-79, 87, 89-91, 100, 213,236, 259,315 Grafico 77 Accordo 121, 125, 130, 146, 167, 170, 224, 255,264,302,320 Accusativo, caso 34, 101, 103, 119, 146,254-56,261, 272, 279 Acronimi, v. sigle Adelung, J. Ch. 301 Adiacenza, principio di 251, 258 Aferesi 270, 282, 292 Affissi 96-99, 101-102, 123, 127-29, 240,243-44,248,258, 327 Affricate 47-48, 56, 58, 69, 71-72, 74, 81 , 271-72, 314,319 Agente 99, 102, 110, 112,120, 128, 140, 152-53, 155-57, 159, 163, 166, 186-87, 209, 240, 254-55, 314-15, 317,320 Aggettivo 29-30, 91 , 94, 96, 101, 109, 111-12, 114, 116-17, 120, 123-24, 128, 134, 138, 142-43, 179, 223, 240,245,252, 257, 273, 274, 298, 320 Aggiunti 148 Agglutinanti, lingue 237, 242-44, 247- 48, 258, 260, 305, 315-16 Albanese 8,227,237, 260, 268 Alberi 133, 142, 144, 166, 170, 174, 185 Alfabeto 16-18, 53-56, 59-60, 63, 71 , 74, 237-38, 297, 298, 300, 330 Alfabetico Fonetico Internazionale 55, 60,74, 306 Allofoni 63- 65, 93, 271 Allomorfi 93-94, 110-11, 126-27 Allungamento 57, 73, 82, 290 Alte, vocali 51, 56, 60, 73, 84 Alterazione 111 Altezza musicale 79 Alveolari 48, 56-58, 60, 67, 69, 71, 84 Amalgama 101, 104 Anafora 180 Analisi, v. sintesi, indice di Analisi componenziale 205-211 , 213, 224,316 Analiticità 235, 248 Analogia 149-50, 322 Anteriori, vocali 51-53, 56, 59-60, 62, 72, 84, 268-69, 315, 318 Antonimia 202, 205, 222-23, 314, 316, 318, 321 Antroponimo 196 Aperte, vocali, v. basse, vocali Apice sillabico 76, 77 Apocope 270 Apollonio Discolo 298 Apparato fonatorio 14, 44, 45, 48, 49, 63, 84 Apprendimento del linguaggio 27-28, 35,312, 329 Approssimanti 47-48, 52, 60, 62, 76 Aprocheile, vocali 52 Arabo 12, 18, 57-58, 61-62, 71, 82, 99, 103, 118, 120, 122, 125, 128, 230, 233,243, 246-47, 250-51 , 256, 258- 60, 286, 289-90,314-17, 325 Arbitrarietà 8-9, 11-12, 22, 32-33, 41 , 297, 301, 312, 324 Architettura della lingua 284-85, 294 Arcilessema, v. iperonimo Argomenti, v. valenze Aristotele 298-99, 303 Amauld, A. 300 Arrotondate, vocali 51-52, 56, 59, 84, 268, 315 Articolazione, prima 13-14, 16, 22, 46, 47-52.58, 67, 69, 70, 81 , 84, 91 , 92, 131 , 159, 171,182,244, 301 , 306, 313-16, 319 e v. doppia articolazione seconda 13-14, 16, 25, 32-33, 38, 41 , 64, 65, 88 e v. doppia articola- zione Ascoli, G. I. 305 Aspetto 120-24, 263,314,317,322, 327 Aspirate 48, 272 Assimilazione lii , 244, 268-71, 292, 233 Assolutivo, caso 240, 254-55, 322 Asterisco 38, 323 Astrazione 34, 36, 66, 70, 166,239 Attacco (sillabico) 75 Aitanti, v. valenze Atto linguistico 212, 214-17, 224, 315, 326,331 indiretto 216 illocutivo 215-16 locutivo 216 perlocutivo Àvaro 230,234, 238, 254-55, 326 Avulsivi 45 Avverbiali, v. circostanziali Bally, Ch. 306 Bantu, lingue 118, 123, 230, 243, 260, 262,286, 316 Basco 228, 230, 232, 235, 238, 243, 254, 322 Base lessicale 89, 94, 97, 104, lii , 128, 130, 244, 320 e v. radice (lessi- cale) Basse, vocali 51, 56, 60, 73 Beneficiario 152, 314 Benveniste, É. 308 Bilabiali 56, 57, 60, 69-70 Bilinguismo, v. plurilinguismo Binarietà 66, 85, 208 *In grassetto sono indicati i numeri delle pagine nelle quali si trova la definizione del termine. 334 Indice analitico Biplanarità 7, 13, 33, 38, 313 Boas, F. 307 Bloomfield, L. 309,313, 324-25, 327 Bopp, F. 304 Bréal, M. 306 Calco 207, 274, 290-91, 294, 322 Campo semantico 41 , 203, 205-206, 211 , 223-24, 276, 313,321 Canale 14-15, 19-20, 24, 31-32, 42, 47-52, 69, 76-77, 158, 278, 284, 315-16 Canale fonico-acustico 14-15, 19 vantaggi del 19 visivo, grafico 14, 19-20, 42 Casi 11-12, 151, 235-38,253-55, 257, 259, 286, 293,298,302, 305, 315- 16,3 19,322,326-27 Catafora 180 Categoricità 209, 211 Categorie, appartenenza a 4, 91, 118, 120, 125, 131 , 138, 151-52, 163, 167, 172,175,188, 191 , 194, 209- 13, 218, 244-45, 272, 289, 297-98, 311, 316 Categorie grammaticali 88, 117, 122- 24, 129, 242, 246, 325 Categorie lessicali, v. parti del discorso e classi lessicali Catena iponimica 200 Centrali, vocali 51 , 53, 56, 59, 60, 63, 72, 84 Cesarotti, M . 301 Chiuse, vocali, v. alte, vocali Chomsky, N. 29, 32, 35, 68, 160, 173, 184, 300, 308-10, 313,324-25,328 Cinese 3, 8, 17, 61, 63, 71 , 79, 158, 227,230,233,241 , 256,259, 297- 98, 314,326 Circonfissi 98, 102 Circostanti, v. circostanziali Circostanziali 119, 148, 150, 154, 172, 176, 186,320 Citazione, forma di 99, 103, 117, 197 Classi di parole 96,123, 213, 240, 330 Classificatori 118, 123, 125, 198,242, 264 Clausola, v. proposizione Clitici 78, 87, 91 , 157, 187, 235-36, 318-19 Coda 75, 87,319,322 Codice 5, 7, 8, 15, 22-25, 27, 30, 33, 35,40,42, 289,291,314, 322 Coesione 90, 182, 256, 281 Collocazioni 201, 205, 260 Combinatorietà 14, 25 Comitativo 111, 152 Comment, v. rema Commutazione, v. prova di commuta- zione Commutazione di codice 289, 291 , 322 Competenza 28, 35-36, 39, 43, 160-62, 198,3 10,3 15 Comp 169, 174-75, 189 COMP, v. complementatore Complementi 119, 121 , 146, 148, 151 , 253, 273 Complementarità 34, 202, 205, 222- 23, 316 Complementatore 167-69 Complessità sintattica 28, 30, 33, 42, 313 Componenti semantici, v. tratti seman- tici Comunicazione 3-7, 14-15, 19-26, 30- 32, 39-40, 42, 44, 46, 116,123, 128, 132, 154, 160, 171 , 180,201 ,205, 214, 278, 284, 300,311,323, 324, 327, 329,330,331 animale 31, 42, 324, 331 non verbale 4, 123, 329 Conativa, funzione 24, 315, 318 Concetto 3, 7, 88, 90-91 , 146, 148, 161, 192-93, 196,203, 210-12, 221 , 224,239,277, 279, 286, 306-3Q9, 313 Concordanza, v. accordo Condizioni di felicità 217 Condillac, É. B. de 301 Confissi 99, 107, e v. transfissi Congiunzioni 29, 83, 96, 169, 172, 214 Connettivi 172, 214 Connotazione 193,315 Consonanti 16-18, 46-48, 52-53, 56- 57, 60-61, 64, 67-75, 81, 83-84, 87, 94,99, 236,239-40, 246,269, 271 , 279-81 , 298, 315-16, 318-19 lunghe 57, 71-72, 72, 75, 81 , 83 Contatto, v. canale contatto linguistico Contenuto 7, 8, IO, 22, 120, 164, 195, 204, 206,209,216-17,248, 313-14, 316, 321 e v. significato Contesto (come referenza e come situazione) 24, 30, 44, 67, 69, 76, 82, 96, 117, 120, 124, 134, 144-45, 151, 155,158, 164-65, 180-82, 195, 200, 204,214,220,223,278,290,309, 314 Contiguità semantica 275 Continue, v. fricative Convenzione 6-10, 15, 22, 53, 58, 64, 206, 297, 302 Conversazione, regole della 218 Conversione, v. derivazione zero Coordinazione 140, 172 Coppia minìma 65, 72-73, 81, 85-86, 282, 316-17 Coreferenze 180 Coriaco 230, 247, 326 Cortesia linguistica 216 Coseriu, E. 35-36, 43, 310, 324, 326, 328 Costituenti immediati 132-33, 136, 163, 166, 183, 185-86, 313,316, 325 Costrittive 47 Cotesto 180 Courtenay, B. de 306 Creole, lingue 231 , 305 Creatività 25, 42 Cultura 3, 27, 34, 42, 194, 210, 265- 66, 276, 286-87, 297-98, 301, 305, 312,328 Culturale, specificità 6 Dante Alighieri 299 Dativo, caso 9, 103, 119, 166, 187, 253,256,278 Dato 155, 158-59 Declinazioni 119 Definitezza 120, 129, 219, 320 Deissi 181, 189, 314,331 Deittici, v. deissi Deaggettivali 112, 114-15, 128, 245, 317,320 Defonologizzazione 271, 322 Denominali 112-15, 128,261,3 17,320 Denotativa, funzione, v. referenziale, funz Denotazione 193, 315 Dentali 19, 48, 56-58, 60, 67, 69, 72, 84, 92 Deriva 269 Derivazione 10, 96-97, 104, 109, 111- 12, 116, 168, 240, 274 zero 116 Designatum 9, e v. referente Desinenze 97, 100,119,247,257,322 Destinazione 152, 3I8 Determinanti 90, 135 Deverbali 36, 105-106, 318 Diacronia 33-34, 43, 94, 265-66, 307, 313,328 Diafasia 278, 281, 285 Dialetti 4, 12, 40, 227, 229, 231 , 236, 268-70, 286-88, 299, 326, 330-31 Diamesia 278, 284 Diastratia 278, 281 , 285 Diatesi 102, 120-21, 237 Diatopia 278, 285 Differenze regionali nell'italiano 72 Diglossia 288-89 Dik,S.309,324,329 Dilalia289 Dimensione 34, 38, 43, 118, 152, 193, 202,211,279,281, 284-85, 287, 293-94, 319-20, 322 Dimensioni di variazione 4,278,294,310 Dionisio Trace 298 Dipendenze 29, 132, 151 Discontinuità 29, 99, 102-103, 320 Discretezza 21-22, 33, 42, 160 Dislocazioni a destra 158 Dislocazioni a sinistra 155, 187 Dissimilazione 270, 292 Distanza strutturale 227 Distanziamento 26-27, 33, 42, 160 Dittongazione 270, 271 Dittongo 34, 53, 76, 87, 314 Dizionari 17, 197-98, 286,323 Doppia articolazione 13-14, 22, 25, 32-33, 38, 41, 313-14 Dressler, W. U. 311, 324-25, 329 Dualità di strutturazione 13-14, 41 e v. doppia articolazione Durata, v. lunghezza Dyirbal 230, 249, 254 Economicità 14 Egressivi, suoni Ellissi 15 I , 182, 189 -ema 93 Emittente 4-5, 7, 20, 24 Emotiva, funzione 23-24, 318 Enantiosemia 199,205 Enciclopedia 194, 209,219, 221 , 323, 328 Enumerabile 207,224, 314-17 Enunciato 80, 89, 90-91, 139, 214-15, 218-19, 224, 291 Epentesi 270,28 1 Epitesi 270-71 Equivocità 30, 33, 319 Ergative, lingue 240, 254-55, 258, 260 Ergativo, caso 240, 254-55, 322 Esecuzione 35-36, 160-61 Espressione 7, 116-17, 122, 149, 181, 290 e v. significante Espressiva, funzione, v. emotiva, fun- zione Estensione 13, 119, 152, 181 , 195-97, 221-22,286,315,322 Indice analitico 335 Etimologia 275 Eufemismi 275 Famiglia lessicale/semantica 104-106, 223 Famiglie linguistiche 229, 231-32, 234, 258,311,314, 326 Faringali48, 56,58, 60 Fàtica, funzione 24, 315-16 Fattivi, verbi 2I9 Finlandese/finnico 8, 78, 82, 118, 130, 228,230,234-35, 237-38,243,250, 259,316, 321 Flessione91,96-97, 109-10, 117-18, 120- 21, 124-25, 129, 167, 213, 238, 240, 245-46,258,261-62, 298,313,322 contestuale 67, 123-25, 165, 192, 195, 309 inerente 124 Flessive, lingue 244-45, 258, 305 Focalizzatori 156, 159 Focus 156, 158-59, 174,188,2 18, 317 Fonazione 45-46, 49-51 , 66 'Fondi', operazione 163, 188 Fonema64-67, 70-72, 74-75,81, 86,93, 208,271,282,306,308, 313-14,319 Fonetica 17, 38-39, 44-45, 47, 49, 51, 53-55, 59, 61 , 63-65, 67, 69, 71-75, 77, 79, 81-83, 85-87, 89, 94, 131, 215,263 , 265, 268, 279-80, 282, 290, 298-99, 305-306, 315-16, 324, 327-28, 330-31 acustica 44 articolatoria 19, 44-45, 48, 52, 56, 84-85, 268,319, 328, 330 uditiva 44, 328 Fonia 53-54, 71 Fonicità 15 Fono 19, 56, 63-65, 73-74, 81, 85, 93, 99,269, 313-14 Fonologia 38-39, 44-45, 47, 49, 51 , 53-55, 57, 59, 61, 63-67, 69, 71-73, 75, 77, 79, 81 , 83, 85, 87, 93, 109, 131-32, 171, 175, 197,265, 298-99, 306,309, 313, 324,330-32 Fonologizzazione 271 Fonosimbolismo 12,307,324 Forma 6-10, 12-16, 19, 21, 23, 25, 33, 36, 38,41, 44, 51 , 56,65,69,74, 77, 88-89, 92-95, 97-100, 103-105, 110, 117, 118-19, 121 , 124-25, 128-29, 146, 151, 153, 163, 165-68, 197, 216-17,219, 228-30,238,240, 242- 44, 246,248-49, 252, 255,260,264, 269-70, 273, 277-80, 298,305,308, 315,322,330 Formativo 93, 273 Formazione delle parole 88, 96, 104, 106, 109-11, 116, 127, 129, 162-63, 248, 274, 329, 331 Forme di parola 97 Francese 3, 10-11 , 41, 54, 56, 58, 61- 63, 71 , 77, 89,90,99, 101, 148-49, 157, 162, 181 , 182, 198, 227-28, 233,236,244, 258,272,286,288, 290,299-30,306, 316, 323 Frase 7, 13-14, 23, 26, 29, 38, 79, 80, 84, 86, 90, I18-22, 124-25, 128, 130-35, 138-43, 145-59, 161-80, 182, 184-89, 194, 214-16, 219, 221 , 224, 226, 235, 240, 248-49, 251-57, 259, 274,280,281,291, 308, 313-18, 320-22, 325, 327, 329 Frasi ambigue I66 argomentali, v. completive avverbiali 109, 125, 138, 140, 148, 150,172, 176, 179, 318 complesse 26, 149, 171, 173, 175 completive 150, 172-73, 177, 179 dichiarative 154, 157, 249-50 dipendenti, v. subordinate interrogative 154, 168, 173-74, 280 iussive 154 mal formate 38, 160 nominali 132, I83 principali 157, 250 relative 43, 140, 173, 179 scisse semplici 34, 149, 175, e v. proposi- zione subordinate 160, 168-69, 172-77, 179, 235,250,318 Fricative 47-48, 52-53, 56-58, 60-62, 67,69, 76, 81 , 272,315, 318-19 Funzioni dei morfemi 117 della lingua 23, 308, 324 pragmatico-informative 153-54, 157, 159, 185-87,256,308 semantiche, v. ruoli semantici sintattiche 124, 141 , 145-46, 148, 151, 153-54, 156, 159,166, 185- 86,213, 251 , 254, 256 Fusive, lingue, v. flessive, lingue Gabelentz, G. von der 306, 324, 329 Gaelico 229, 235, 250, 253, 326 Generativismo 160-61 , 184, 312,325 Genere 43, 54, 92, 109, 117, 118-19, 121, I65, 240, 242, 244, 246, 249, 261,272,278 femminile 43, 100-101 , 109-10, 336 Indice analitico 118-19, 128,193,206,264,272, 278, 313-14 maschile43,99- 103, 110, 117-20, 165 neutro 43, 118-19, 193, 272, 278, 282 Genitivo, caso 100, 103, 119,240, 246, 252,274 Geosinonimi 279 Gerarchia semantica 204-05, 223, 321 Gessner, C. von 300 Giapponese 17, 61 , 121 ,230,233,243, 250,256-57, 259, 314, 316-17 Giuliano di Toledo 299 Giv6n, T.311 , 324,329 Glottidali 48, 56-58, 60 Gorgia toscana 58, 279 Grado 51, 67, 90, 114, 120, 124, 199, 212,224,277,321,325 comparativo 120, 242, 296 superlativo 120, 242, 289-90 Gradualità 211 Grafemi 53-56, 76 Grafia 15, 17, 19, 53-57, 71-72, 76-77, 199,245 Grammatica generativa 131 , 140, 151- 52, 160-61 , 188, 310-11, 313, 315, 325,329 Grammatica universale I60-6 I, I63, 169,328 Grammaticalizzazione 273, 322 Grammatici greco-latini 298 Grammatici indiani 296 Grandi lingue 231 Greco classico 106, I18-19, 278, 297 Greenberg, J. H. 309, 326-27, 329 Grice (H.P.), massime di 218 Groenlandese 230,247,326 Gruppo (linguistico) 227-28, 230,235, 314 Gruppo nominale, v. sintagma nomi- nale Gruppo tonale 77, 80 Gruppo verbale, v. sintagma verbale Halle, M. 68, 308, 331 Halliday, M. A. K. 309- IO, 324-25, 329 Hawaiano 71, 230 Herder, J. G. 301 Hindi 8, 18, 118, 228-29, 233, 250, 259 Hixkaryana 250 Hjelmslev, L. 35, 308, 324, 329 Homo sapiens 7, 20, 208 Humboldt, W. Von 304-305 Hymes, D. H. 310 Khoisan 71, 230, 232 Icone 6, 11 Iconismo 12 ldeòfoni 11, 123, 318 Illocutiva, forza, v. atto illocutivo Implicazioni fra tratti 325 Implicito, significato 217, 219 Implicite, frasi 169, 172, 174 Incassature 29, 161, 164,208 Incoerenza tipologica 253 Incorporanti, lingue 247 Indicatore sintagmatico 133, 135, 141 , 145, 154, 163-65, 183-84, 188 Indici 6, 180, 193, 316 Inferenze 5, 216,219 Infissi 98, 102, 261,321 Inglese 9, 11, 40-41 , 57-58, 61-63, 75- 76, 78, 90, 93, 94, 109, 116, 120, 124, 127, 129, 134, 149, 162, 168, 182, 228-29, 233,235,245,250, 259,286, 290-94, 301,309, 316, 318, 326, 328 Intensione 195-96, 200, 221-22 Intenzionalità 32 Interferenza 289, 322 Interpretazione delle frasi 15 I, I65-66, 169-70, 180, 185 Intonazione 79-80, 325, 327-28 Introflessive, lingue 258 Inventario fonematico 86, 235-38 Inversione 156, 202-03, 205, 222, 270, 321 IPA, v. Alfabeto Fonetico Internazio- nale Iperonimo 109, 200, 203, 205, 222, 315,318,321 Iponimia 200, 205, 222-23, 314-18, 321 Isidoro di Siviglia 298, 302-303 Isolanti, lingue 235-36, 241-42, 245, 247-48, 258-60,305,315 Italiani regionali 279, 285 Italiano (standard) 6, 8, 10-12, 16, 34- 36, 41 , 43-44, 53, 55, 57-59, 61-66, 69, 71-75, 77-78, 80-82, 85-87, 90- 93, 96, 98-102, 105, 109-12, 117- 18, 122, 124-25, 127-30, 135, 137, 146, 154-55, 157-58, 161-63, 181- 83, 199,202,210, 224, 228 , 233, 236, 243, 245, 248, 252-53, 255, 257, 259-64, 267, 271-74, 276-79, 281,283-86,289-94,301,305,314- 15, 319-20, 322-23, 326-27, 329, 331 Italiano popolare 281 , 283, 322 Jakobson, R. 23-24, 42, 68, 308, 316, 324,330 Jespersen, O. 307, 324, 330 Jones, W. 304 Labiali 48 Labiodentali 48, 57-58, 60, 69-70, 84, 315,318 Labov, W. 3IO Lancelot,A. 300 Langue 35-36, 43, 93, 160-61, 195,313 Laringali, v. glottidali Laterali 47, 56, 58, 60, 62, 69, 94,319 Latino 3, 8-9, li , 16-18, 20, 24, 29, 34-35, 41 , 43, 54-56, 82, 90, 94, 98- 100, 109, li], 118-20, 149, 223, 227-29, 237, 244-46,250,252,254- 55, 259, 266-68, 270-76, 286, 292, 297-300, 304, 331 Leibniz, G. W. von 162,300 Lessema 196, 197-203, 206-211, 221- 24, 273-74, 279, 313-15, 317, 321 Lessico li, 39, 88, 96-97, 124, 146, 153, 163, 191 , 196-98, 200,203, 209,214,227-29, 234,237, 241-43, 247,259,265,268,273-74,278-82, 290,315, 328-30 fondamentale 227, 259 Lessicografia 197 Lessicologia 197,325,329 Lettere 10, 13-14, 24, 53-55, 57, 84, 86, 108, I68, 298 Libertà da stimoli 26, 27, 33, 42 Linearità 21-22, 28, 33, 41, 314 Lingua 3, 4, 6-7, 9-16, 19, 21-32, 33, 34-36, 38-51, 53-57, 61-65, 67, 69, 75-76, 79, 82, 84, 86-92, 95-99, 103-105, 117, 123, 125, 128-31 , 135, 137, 146-47, 149, 153, 157-58, 160-65, 169, 173, 181-82, 191-92, 194, 197-203, 208, 213-15, 227-29, 231, 233-69, 271,274,276, 277-91, 294, 297, 299-301, 303-04, 306- 317, 321-22, 324, 327-32 come modo d'agire 214 dei segni 32 parlata 15, 181 , 260-61, 267,287, 316,321 , 324,329 scritta 15, 283, 329 Lingua-oggetto 25 Linguaggio (verbale) 3-7, 9, 11-46, 55, 63, 153, 160-63,191, 193, 195,214, 218,226,239, 278, 285, 296-301, 312, 323-331 origini del 19, 301,324 precondizioni per il 22, 31 Lingue 3-5, 8-16, 28, 31 , 34, 40-42, 44-45, 53, 55-57, 63, 66-71, 73-74, 77-80, 82, 86-87, 89-92, 96-100, 106-107, 109, lii , 118-125, 135, 146, 149, 155-57, 160-162, 169- 171, 181, 197, 204, 207, 226-332 atoni79, 87, 259 classificazione delle 227, 229, 238, 241 , 249, 330 delle minoranze 227, 287, 326 indoeuropee 229-30, 232, 234-35, 237, 244, 256, 272, 296, 305, 326, 329 neolatine, v. romanze , numero delle 226 ov 157, 252-53, 257, 274 romanze 122, 227-29, 235-36, 244, 250, 266,270, 273-74, 3]0 storico-naturali 3, 7, 28, 40, 89, 161, 226, 238, 258,277,284 topic-prominent 256-59 vo 157, 252-53, 260, 274 Linguistica generale 3, 277, 296, 306- 308, 3!0, 312, 323-24, 327-31 Linguistica storico-comparativa 229, 304 Linguistica testuale 180, 323, 325, 328 Liquide 47 Livelli di analisi 3, 38-39, 131-32, 193, 213, 266, 269, 277, 280, 289, 298 Località 152 Locke, J. 162, 301 Lunghezza 11, 26, 72, 74, 76, 79, 81- 82, 87, 106, 235-38 Luogo di articolazione 48, 67, 70, 315, 319 Macedone 229, 237, 259 Malapropismi 281 Malese-indonesiano 8, 12, 230 Malgascio 230, 249, 250 Martinet, A. 309, 324-25, 330 Massime della conversazione, v. Grice, massime di Medie, vocali 51, 60 Medio-alte, vocali 51, 73 Medio-basse, vocali 51, 73 Meillet, A. 307 Meronimia 201, 204-205, 321 Messaggi 6, 20, 25-28, 30, 35, 37, 42, 132, 160, 181 , 197, 214-15, 284, 309 Metafonia 269, 322 Metafora 204, 207, 275,278, 321 Metalingua 24-25, 208,213 Metalinguaggio, v. metalingua Indice analitico 337 Metalinguistica, funzione 23-25, 317- 18 Metatesi 270, 281 , 292 Metonimia 204, 275 Minimalista, programma 311 Modalità 31, 44, 120, 171, 265 Modisti 299 Modo 115-16, 120 Modo di articolazione 46-48, 51-52, 67 Monema92 Morfema zero 99, 246, 316,320 Morfemi 13, 16, 53, 88, 89, 90-101 , 102-106, 111-112, 117-18, 120-21 , 124-30, 171 , 213,241-48,255, 258- 59, 261 , 263, 269,272, 290, 297, 299,313,314-17, 319-21,327 cumuJativi 100-101, 104, 128, 242, 244, 315, 321 derivazionali 95, 97-98, 104-106, 110-12, 116, 127, 129, 246, 261 , 320,327 flessionali 95, 97, 105, 117-20, 123- 25, 127, 129, 167, 242, 244-48, 261, 320-21 grammaticali 92, 94-98, 100, 117, 126,129,261 , 321 lessicali 94-99, 106, 126-27, 261 , 320-21 legati 96, 320 liberi 96 modulari, v. morfemi sostitutivi portmanteau, v. morfemi cumulativi soprasegmentali 76,8I, 100, 103 sostitutivi 99, 103 Morfo 93-94, 99-101 , 246, 313-14 Morfo zero, v. morfema zero Morfologia 38-39, 88-89, 91 , 93, 95- 101, 102, 105, 107-11 , 113, 115, 117-21, 123-24, 127, 129-32, 146, 155, 171, 175, 197, 226, 237, 241- 47, 250-51 , 253,256, 258-59, 263, 265, 272, 279, 281 , 290, 298, 309, 311,313-15, 324,325, 327, 331-32 Morte di lingua 268 Motivazione e v. arbitrarietà Moxo 71 'Muovi', operazione 163, 167, 188 Mura 71 Mutamento 34, 36, 96, 204, 265-71 , 273-75 , 277, 279, 281 , 283, 285 , 287, 289, 291-93, 295, 305,308, 326-27, 330 fonetico 269-71 , 292 morfologico 293 semantico 274, 276, 293 sintattico 273, 293 tipologico 274 Nasali 47, 50, 52, 56, 58, 59-61 , 69, 84, 94,235-36, 240 Nascita di lingua 266, 268 Negazione 94, 111, 127,154, 202, 214, 217-19, 260, 263 Neogrammatici 305 Neologismi 274 Nodi 133-35, 141, 164, 170, 189 Nominativo, caso Il , 100, 103, 119- 20, 128, 246, 254-56, 272 Nomi propri 196, 240-41 Norma 36, 43, 286 NP, v. sintagma nominale Numerali 109-242 Numero 118-19, 121 , 129-30, 240, 244-45, 262, 319-20, 322 duale 118-19, 240, 320 plurale 118-19 singolare 118-19 Nuovo 155, 158-59 Occlusive 47-48, 56, 60-61, 81, 84, 271-72, 319 Oggetto, complemento 119, 124, 145- 46, 148, 153, 155-57, 168-69, 173, 186, 218, 240, 243, 247-49,254-58, 272-74, 279,313,316, 322 Omonimia 30, 111, 128-29, 198,199, 205, 242, 244, 258, 314 Onniformatività, v. onnipotenza se- mantica Onnipotenza semantica 22, 33, 313 Onomatopee 6, 11, 318 Opposizione 36-38, 64, 72-73, 79, 112, 148, 199, 202, 205, 308 Ordine dei costituenti 90, 145, 259 Ordine lineare 155 Organi della fonazione 45-46,49-51 ,66 Orogrammi 49, 327 Ortografia 54, 57, 83-84, 299 osv 249, 251,326 ovs 157, 249, 251 Palatali 48, 51, 53, 56-58, 60, 69, 72, 84, 236, 271 , 314, 318 Paradigmatico, asse 37-38, 43, 124, 315,319, 321 Parametri 46-47, 84, 161-63, 182,252, 311,328 Paraverbo 124 Parentela linguistica 227, 259 Parentesizzazione I35 Paretimologia 275 338 Indice analitico Parlante nativo 28, 160, I63, 258 Parole 7-8, 11-13, 16-18, 22, 25-26, 34-36, 40-44, 53-54, 56-58, 63-65, 68, 73-75, 77-78, 83-100, 104-10, 111-12, 116-17, 119, 123-25, 127- 133, 135-40, 154, 160, 162-63, 165, 168, 171-72, 181, 191 , 194-95, 197- 99, 200, 204, 208, 210, 213,215, 228, 239-45, 247-49, 258-59, 265, 267, 269-70, 274-75, 281-82, 289- 94, 297-99, 301, 316,319-20, 322, 327, 329, 330-31 composte 78, 107-109, I16, 128, 249, 316 derivate 8, 94, 104-105, 109, 112, II6, 204, 3 I6 funzionali 96-97, 135, 194 macedonia 109, 237 piene 91, 107-108, 138, 194 primitive 116, 316 vuote9!,96, 194 parole 35-36, 43, 63, 160 Parti del discorso 123, 298 Passaggio di informazione 4-5 Passivo 121, 243, 247 Passy, P. 306 Paziente 152-53, 155-56, 163, 166, 186, 209,254,314,316,318 Performativi, verbi 215,216, 321 Peirce, Ch. S. 307 Periodo 115, 171-72, 217,274, 281 Persiano 229, 234, 250, 304 Persona 10, 17, 21 , 30, 89, 90, 93, 99, 103, 113-15, 120-21, 124, 155, 167, 193-94, 196, 204, 216, 223 , 240, 242, 261-63, 276, 278, 281 , 283, 290, 321-22 Phylum 221 Pidgin e creole, lingue 9, 231 , 286, 305 Pike, K. L. 309, 324-25, 33 I Platone 297, 302 Plosive, v. occlusive Plurifunzionalità 22-24, 33, 42 PIurilessematiche, v. polilessematiche Plurilinguismo 328 Pluripotenza, v. plurifunzionalità Poetica, funzione 24, 318 polacco Polilessematiche, unità lessicali 89, 91 , 108,320 Polirematiche, v. polilessematiche Polisemia 30, 150, 195, 198,199, 204- 205, 244, 319 Politeness, v. cortesia linguistica Port-Royal300,304 Posposizione 257, 321 Posteriori, vocali 51 -53, 56, 59-60, 63, 72, 84,315 Pragmatica linguistica 180, 191, 214, 312, 324-25 Pnigmatico, valore 80 Precedenza, principio di 251 , 258 Predicato verbale 145, 167, 172, 218, 249,256,258,316 Predicazione 132, 153-54, 256 Prefissi 97-98, 102, 106, 111-12, 118, 123, 125, 198, 240, 246, 263-64, 320 Prefissoidi 99, 106, 128, 198, 320 Prepubertà linguistica 28 Prestito 125, 243, 274, 290, 294, 322 Presupposizione 158, 217-19 Princìpi 25, 33, 38-39, 43-44, 77,131 , 145, 151, 154, 161, 163, 172, 197, 205 , 215 , 220, 238, 251-52, 297, 300, 305-06,308, 310-11 , 317, 324, 326, 328 Prisciano 298, 302 Processi morfologici I00, 104 Produttività 14, 25, 30, 33, 41 , 88 Proiezione massimale 140 Pronomi 78, 87, 96, 117-18, 121, 137, 149, 180-81 , 236, 239-40, 243, 260, 276, 317-19 e v. clitici Pronominalizzazione 180 Proposizione 132, 139, 146, 158, 170, 172-73, 215, 217-19, 247 Prosodici, fatti , v. soprasegmentali, fatti Pro(s)tesi 271 Prototipo 91 , 210-13 Prova di commutazione 64, 92, 133, 175, 299 Punto focale 210,224 Quantificatori 214 Quantità, v. lunghezza Quasi sinonimia 200 Raddoppiamento fonosintattico 73, 319 Radice (lessicale) 18, 36, 45-46, 48, 78, 90, 95, 97-100, 102-106, 109- 110, 115-117, 128-29, 155, 204, 240-47, 258, 263-64, 270, 274, 313, 317, 320-22 e v. morfemi lessicali Ramo linguistico 228-31 , 234-38, 258, 272, 321 Rask, R. 304 Reduplicazione 12, 100, 104, 263, 321 Referente 9, Il , 22, 42, 135,151, 193, 196,219,221,290,319 Referenziale, funzione 24, 89, 91 , 95, 101,192, 193-96, 216, 276, 318 Reggenza 119, 146, 311, 329 Regionalismi 279, 331 Registri 269, 281-82, 285 Regole 7, 25, 27, 30, 35, 43, 66-67, 69, 70, 90, 151 , 161 , 163-65, 197, 218, 272, 289, 297, 303,305, 310,329 a struttura sintagmatica I63-64 contestuali 164 di riscrittura 163 ricorsive 138, 164 Rema 154, 155-59, 187, 240, 251 , 256-57, 317 e v. tema Rendimento funzionale 72, 86, 319 Repertorio linguistico 285-86 Ricevente 4, 7, 20, 24, 290, 315,317 Ricorsività 25-26, 29, 33, 42, 135, 138, 160-61, 173 Riflessività 22, 25, 33 Romeno 3, 12, 90,228, 236, 258-59, 321 Rotazioni consonantiche 271 Rotokas 71 Ruoli semantici 102, 140, 151-54, 156, 159, 166, 185-86, 188,208, 221 , 253-54, 314, 325 Ruoli tematici 151 Ruoli theta, v. ruoli tematici Russo 3, 18, 41 , 61, 63, 71 , 75, 104, 118,123, 128, 228-29, 233, 236-37, 244, 245-46, 254, 258-59, 316-17, 321, 325 Sapir, E. 308-309, 324, 326, 331 Saussure, F. de 35, 37, 296, 306-308, 313, 324, 331 Schemi valenziali 146-48, 169 Schleicher, A. 304-306 Schuchardt, H. 305 Scimpanzé 32 Scrittura 13, 15-18, 39, 41, 53-54, 74, 89, 99, 246, 304, 312, 324, 327-28, 331 e v. grafia Scuola di Copenaghen 307-308 Scuola di Praga 307-309, 325,332 Segnali 6, 21 , 27, 182, 189 Segnali discorsivi 182, 189 Segni linguistici 5, 7-12, 14, 19, 21-22, 27, 30, 33, 38, 40-41-42, 65 , 181 , 191,193, 276,287,301, 315-16, 324 Segni, tipi di 4,22, 27, 30, 32-34, 37- 38, 40-44, 53, 55, 65-66, 79, 88-89, 181 , 191-93, 276, 297, 301, 303- 304,308, 315-16, 318, 324,327,331 Segnici, fatti 5 Segno 4-10, 13, 21-22, 25-26, 28, 38, 40-42, 65, 72,89, 181, 192-93, 195, 221 , 271 ,280, 301, 307-308, 312, 315-16, 318, 322 Semantica 9, 10, 22, 25-26, 30, 33, 38- 39, 89, 104, 108,110, 118,131, 136, 145, 147-48, 153-54, 159-60, 163, 170-71, 191-93, 195-225, 251 , 253, 265, 274-75, 28 I, 298-99, 301, 306, 313, 316-18, 321, 325-30 Semi, v. tratti semantici Semiconsonanti 47, 52, 76 Semiparole 107 Semivocali 47, 52-53, 56, 59, 64, 68- 69, 71, 74, 76, 318 Sensi7,195, 199,204,207,219,244,266 Serbo-croato 79, 227, 239, 237-38 Sfera semantica 203-205, 223 Sibilanti 58, 67 Sigle 98, 108, 134, 137 Significante 7-11 , 13-14, 16, 21-22, 24, 30, 33-34, 38, 44, 65, 88, 91-93, 99, 150-51, 191, 199,204, 221 , 223, 228, 275,298, 315-16, 319 Significato 7-10, 13-14, 16, 21-22, 24, 30, 34-36, 38, 41 , 44, 65, 88, 90-98, 100-IOI , 104-109, 111-12, 114, 127, 123, 128, 139, 145-48, 150-51, 163, 165-66, 171-72, 191-96, 198- 215, 218, 221 -24,261 , 273-79, 290, 293, 298, 302, 304,309, 314-16, 318-19, 328-29 come concetto, 192 come funzione dell'uso 192 come operazione 192 connotativo, v. connotazione denotativo, v. denotazione grammaticale 172, 194-95, 221 implicito 217,219 lessicale 91, 97, l06-107, 194, 210,221,273 linguistico 193-94, 204 referenziale, v. denotativo sociale 193 , tipi di 191, 195, 221 Sillaba 17, 34, 53, 57, 69, 72-79, 81- 82, 87, 89-90, 100, I04, 110, 236, 270, 313-15, 317 Simboli 6-7, 11, 16-17, 32, 49, 53, 75, 85, 134-35, 163, 167, 208, 269,300, 307, 324 Simboli di categoria 134-35, 163, 167 Sincope 270, 292 Sincronia 33-34, 43, 94, 106, 265, 276, 307, 313,328 Indice analitico 339 Sinonimia 30, 127, 199-201 , 205, 222- 23, 244, 315, 317, 319, 321 Sintagmatico, asse 37-38, 76, 124 Sintagmi 108,119, 131, 136, 138-41 , 144-47, 149-51 , 162, 164, 169-72, 175, 181, 183, 239, 248, 252, 273, 291 , 314, 327-29 aggettivali 119, 138 avverbiali 138 del complementatore 167-68 del determinante 140 della flessione 167 nominali 140, 145, 147, 149-50, 164, 329 preposizionali 141, 145-46, 149, 164, 172 verbali 145 Sintassi 28, 38-39, 108, 124, 131-33, 135-37, 139, 141 , 143, 145, 147, 149, 151, 153-45, 155, 157, 159-61, 163-65, 167, 169, 171-73, 177, 179- 83, 185, 187, 189, 192,197, 214, 217, 226,241 , 249, 253, 256, 265, 268, 275, 279,281 , 298, 308, 311- 13, 325, 328-30, 332 Sintesi, indice di 241-42, 244-45, 247, 259-60, 315-16, 321 Sinteticità 248 Sistema linguistico 8, Il , 14, 25-26, 28, 30, 34-35, 37, 39, 43-44, 64, 66, 88, 123, 161 , 171-72, 192-95, 197, 201- 202, 206, 214,218, 231,239,266, 268,277, 289, 291,309,311,318 Sistemi di comunicazione 3, 7, 26, 31- 32, 160, 324 animali 26 Situazione (comunicativa) 26, 27, 39, 160, 180-81, 194, 214-16, 230, 283, 288-89, 291 , 294 Sociolinguistica 4, 105-106, 265, 277- 78, 310, 312,323,324, 326-29 Soggetto 23, 102, 118-19, 121, 124-25, 134, 145-50, 153, 155-60, 162, 166- 70, 172, 175, 178-79, 182, 186-88, 207, 213, 224,236, 240, 249, 251- 52, 254-57, 258-59, 272, 313, 315- 18, 320-22 Soggetto nullo, lingue a l62, 182, 317 Solidarietà semantica 201, 205, 223, 316,318, 321 Somiglianza semantica 200 Sonorità 66-67, 74, 86,270, 319 Soprasegmentali, fatti 76, 8I, I00, I03 Sordità, v. sonorità Sostanza 10-11, 39, 41 , 80, 203 Sostrato 160, 238, 268, 293, 305 Sottocategorizzazioni I65 Sottosistemi lessicali 203 sov 157, 235, 237-38, 340, 249-52, 258-60,274, 316-17, 321, 322 Spagnolo 8, 41, 57-58, 61-62, 71 , 129, 162, 182, 198, 228, 233, 236, 259, 270, 276, 291,299-300, 316,321 Specificatore 169-70 Specificità del linguaggio verbale umano 3-5, 7, 9, 11-15, 20, 22, 25- 27, 30-31, 33, 40, 42, 160, 239,324 Sperimentatore 152, 166, 320 Spiranti 47 Spostamenti di significato 204 Standard, lingua 281 , 286-87 Stato di lingua 266 Stoici 298 Strati (della lingua), v. livelli di analisi Strumento 21 , 23, 30, 55, 106, 114-15, 118-19, 140,146, 152-53, 163,186, 199,275,301, 306, 311, 318 Struttura profonda 154, 165-66, 169, 188,22 1, 254 Struttura superficiale 154, 165-66 Strutturalismo 132,297, 307-10, 324 Strutture argomentali 146 Subordinazione 172-73, 327 Suffissi 12, 36, 97-98, 102, 105-106, 110-13, 120 Suffissoidi 99, 106, 198 Sumeri 15, 297 Suoni (del linguaggio) 10-14, 16-17, 19, 22, 32, 44-49, 49-56, 63-64, 70, 77, 84-86, 89,153, 299-300, 303- 304, 330-31 Suppletivismo 94, 127, 313, 317, 320 svo 155, 157, 235-38, 249, 250-53, 258-59, 274, 321-22 Swahili 3, 8, 12, 78, 118, 125, 228, 230, 234, 243, 250, 258-60, 264, 290, 316, 321, 325, 330-31 Sweet, H. 306 Tabuizzazione 275 Tagalog 8, 98, 102, 230, 234, 325, 329 Tecnicismi 282 Tedesco 10-11, 29, 41 , 54, 57-58, 61- 63, 71 , 75 , 78, 82, 90-91, 98-99, 102-103, 107, 109, I 18-20, 128, 149, 162, 181-82, 185, 198, 202, 227-29, 233, 235, 250,254,258-59, 272, 280, 288-90, 294, 300-30 I. 304, 310, 316 Tema 95. 98. 100. 140. 15 1-52, 154- 59. 187. 240, 25 I, 255-57. 2XI, 314-15. 317- IX, 3 O 340 Indice analitico Tempo 34, 39, 76, 94, 120-22, 124, 150, 159, 167 Teoria X-barra 140, 154, 169 Tesnière, L. 148, 149,309, 324-25, 332 Testa 74, 97, 107, 109-10, 137-40, 162, 167-73, 183, 189, 252-53, 257, 273-75, 320-21 Testo 21, 80, 89, I32, 180, 182, 189, 241,245,267,274, 280-82, 284, 292-93,300, 329 Thailandese 8, 40, 79,241 , 262, 326, 33 1 Tipo linguistico 239, 248, 258-59 Tipologia linguistica 238, 249, 305, 309, 326-29, 33 I Tommaso di Erfurt 299 Tonica, vocale 12, 34, 72-74, 77-78, 82, 87,271,279 Tono 21 , 76, 79-80, 87, 100, 103,2 16, 313 Topic, v. tema Toponimi I96 Tracce 168, 183,268, 274, 331 Transfissi 99, IO, 107, 246-47, 259,315 Trapezio vocalico 51-52 Trasmissibilità culturale 27, 33 Tratti distintivi 65-70, 86, 205 , 208, 308, 313 binari 66 pertinenti v. tratti distintivi semantici 165-66, 191-92, 206-11 , 213,223-24,3 13-15, 317 Triangolo semiotico 9, 40, 192,22 1 Trittongo 53, 76 Trubeckoj, N. S. 308, 324, 332 Tupinambà 248 Turco 8-9, 12, 63, 78, 104, 118,120, 161-62, 230,234,238,243, 244, 250, 253,256, 258-59, 270, 290, 314-17, 321-26 Ugro-finniche, lingue 237 Ungherese 61 , 78, 130, 182,230, 237- 38, 250,259,276 Unità di analisi, v. livelli di analisi Universali linguistici 238, 239, 327 Implicazionali 240, 252 Uso 35-36, 41 , 43 Uvulari 48, 56-58, 60 Valenze 146-49, 154, 163, 169, 185 Valore di verità 216, 218 Variabile sociolinguistica 277 Variazione 4, 21-22, 265 , 267, 269, 271,273, 275-85, 287,289,291, 293-95,310,326-27 diafasica 278, 281, 284-85, 322 diastratica 278, 280-81 , 285, 322 diatopica 278-80, 285, 322 Varietà di lingua 200, 265 , 276-78, 283-89, 291 , 294 Velari 19, 48, 51, 53, 56-58, 60, 69, 84, 269,271 Verbi 10, 29,36,93, 98-100, 103, 105, 108, 110-12, 117-20, 124, 130, 132, 147-49, 152-53, 165-66, 169, 181, 186, 202-203 , 208, 215-16, 219, 224, 240, 242, 248, 261-62, 272, 302,304,317-18,321 inaccusativi 153,318,320 inergativi 153,318 intransitivi 149, 153, 186,240 meteorologici 147, 149, 227 parasintetici 112 transitivi 148-49, 153,240,320 Vibranti 47, 56, 58, 60-61, 69, 84, 94, 316 Vietnamita 79, 90, 230, 233, 241-42, 250, 258-59 Vocabolario fondamentale 198 Vocali Il , 16-18, 31, 45-53, 56-57, 59- 60, 62, 64, 68-69, 72-77, 79, 81-82, 84, 87, 101, 106, 235-40, 268-71 , 298,314-15,319-20 brevi 18, 82 lunghe 18, 82, 87 nasali 52, 236, 240 Voce, v. diatesi Volgari 267,286,293,299 vos 249,251 , 258 VP, v. sintagma verbale vso 235, 240, 249-53, 259, 321-22 Whitney, W. D. 306, 324 Zoosemiotica 31,328,33 1