Lingua sarda l sardo (nome nativo sardu) e una lingua neolatina parlata nell'isola e Regione autonoma della Sardegna (Italia). Classificata come lingua indoeuropea romanza e in particolare come lingua neolatina occidentale, e costituita da un insieme di varianti ed e considerata la piu conservativa delle lingue derivanti dal latino. Gruppi della lingua sarda e varianti Il sardo propriamente detto viene comunemente distinto in due gruppi (diasistemi o versioni): il logudorese-nuorese e il campidanese. Sardo logudorese o logudorese-nuorese (nord e parte del centro della Sardegna), parlato nella Sardegna centro-settentrionale da circa 400.000 abitanti e comprendente a sua volta i sottogruppi (dialetti) del Logudorese comune e del Sardo nuorese, costituisce sia la forma piu caratteristica e arcaica (e la lingua parlata piu simile al latino, nonostante gli influssi spagnoli) oltre che di maggiore prestigio e vivacit`a culturale. Sono suoi sottogruppi: Il logudorese settentrionale (parlato nel Logudoro, in Anglona e nel Monte Acuto a Sennori, Ploaghe, Pozzomaggiore, Bonorva, Thiesi, Mores, Ozieri, Oschiri, Monti, Olbia), che costituisce da secoli il piu modello letterario di riferimento per il sardo logudorese. Il logudorese centrale o comune (parlato nel Marghine e nella Planargia a Bosa, Macomer fino alla zona di transizione di Abbasanta e Bonarcado e nel Goceano con Bono, Pattada, Al`a, Padru fino a Torpe e Posada). . Il nuorese (parlato a Nuoro e dintorni, Bitti, Orani, Ottana) e il baroniese (parlato nella Baronia a Orosei, Siniscola, Onan`i, Galtell`i, Lula, Lode). Il barbaricino (parlato nella Barbagia settentrionale a Fonni, Ollolai, Orgosolo) . Sardo campidanese (regione storico-geografica del Campidano, nella parte centro-meridionale della Sardegna). Costituisce la variet`a maggiormente parlata nell'isola, da circa 900.000 abitanti, anche se e quella che evolvendosi ha perso alcune caratteristiche tipiche del sardo e ha subito maggiori influenze esterne (prima toscane nel medioevo e poi catalane). Rispetto al logudorese presenta una maggiore uniformit`a sul territorio, anche se presenta alcune differenze locali nelle aree periferiche: L'oristanese (Milis, Samugheo, Tiana, Oristano, Cabras, Fordongianus). L'ogliastrino (Lanusei, Tortol`i, Arzana, Tertenia, Urzulei). Il campidanese rustico (Villacidro, Sanluri, Barumini, Tuili, il basso oristanese, nonche in generale dai ceti agro-pastorali). Il cagliaritano o campidanese comune o cittadino (parlato a Cagliari, Quartu Sant'Elena, Iglesias e nel Campidano dai ceti piu elevati e colti) presenta tra tutti i maggiori influssi toscani (autunnu, angelu) ed e spesso adottato come modello di riferimento per il campidanese. Un discorso a parte va fatto per le seguenti varianti corse, in quanto spesso vengono "politicamente" considerati dialetti sardi ma hanno caratteristiche linguistiche lessicali, sintattiche e grammaticali di tipo corso/toscano e quindi nettamente differenti: Il gallurese, parlato nella parte nord-orientale dell'isola (Gallura), e di fatto un dialetto Corso meridionale, conosciuto dai linguisti col nome di Corso-Gallurese e nato verosimilmente a cavallo tra il XV e il XVII a seguito di notevoli flussi migratori nella regione di genti Corse. Il sassarese, parlato a Sassari, a Porto Torres e nei loro dintorni, possiede caratteristiche intermedie tra il gallurese (di cui conserva la grammatica e la struttura) e il logudorese (da cui deriva gran parte del lessico), derivanti oltre che da una continua migrazione Corsa anche dalla forte influenza esercitatavi dai dominatori pisani, genovesi e catalani. Riconoscimento istituzionale La lingua sarda e stata riconosciuta con Legge Regionale n. 26 del 15 ottobre 1997 "Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna" come seconda lingua ufficiale della Regione autonoma della Sardegna, a fianco dell'italiano (la Legge regionale prevede la tutela e valorizzazione della lingua e della cultura, pari dignit`a rispetto alla lingua italiana con riferimento anche al catalano di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese, la conservazione del patrimonio culturale/bibliotecario/museale, la creazione di Consulte Locali sulla lingua e la cultura, la catalogazione e il censimento del patrimonio culturale, concessione di contributi regionali ad attivit`a culturali, programmazioni radiotelevisive e testate giornalistiche in lingua, uso della lingua sarda in fase di discussione negli organi degli enti locali e regionali con verbalizzazione degli interventi accompagnata dalla traduzione in italiano, uso nella corrispondenza e nelle comunicazioni orali, ripristino dei toponimi in lingua sarda e installazione di cartelli segnaletici stradali e urbani con la denominazione bilingue). La legge regionale applica e regolamenta alcune norme dello Stato a tutela delle minoranze linguistiche. Nessun riconoscimento e invece attribuito alla lingua sarda dallo Statuto della Regione Autonoma (a differenza degli Statuti della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige), che e legge costituzionale e che pure all'art. 15 definisce quello sardo un "popolo". Si applicano invece al sardo (come al catalano di Alghero) l'art. 6 della Costituzione (La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche) e la Legge n. 482 del 15 dicembre 1999 "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche" che prevede misure di tutela e valorizzazione (uso della lingua minoritaria nelle scuole materne, primarie e secondarie accanto alla lingua italiana, uso da parte degli organi di Comuni, Comunit`a Montane, Province e Regione, pubblicazione di atti nella lingua minoritaria fermo restando l'esclusivo valore legale della versione italiana, uso orale e scritto nelle pubbliche amministrazioni escluse forze armate e di polizia, adozione di toponimi aggiuntivi nella lingua minoritaria, ripristino su richiesta di nomi e cognomi nella forma originaria, convenzioni per il servizio pubblico radiotelevisivo) in ambiti definiti dai Consigli Provinciali su richiesta del 15% dei cittadini dei comuni interessati o di 1/3 dei consiglieri comunali. Ai fini applicativi tale riconoscimento, che si applica alle "...popolazioni...parlanti...sardo", il che escluderebbe a rigore i dialetti gallurese e sassarese in quanto geograficamente sardi ma linguisticamente di tipo corso, e sicuramente il ligure-tabarchino delle isole del Sulcis. Ai fini di consentire una effettiva applicazione di quanto previsto dalla Legge Regionale n. 26/1997 e dalla Legge n. 482/1999, nel quadro dell'attaule situazione in cui nella lingua persistono due gruppi dialettali distinti (logudorese-nuorese e campidanese), la Regione Sardegna ha incaricato una commissione di esperti di elaborare una ipotesi di Norma di unificazione linguistica sovradialettale (la LSU: Limba sarda unificada, pubblicata nel 2001), che identificasse una lingua-modello di riferimento (basata sulla analisi delle varianti locali del sardo e sulla selezione dei modelli piu rappresentativi e compatibili) al fine di garantire all'uso ufficiale del sardo le necessarie caratteristiche di certezza, coerenza, univocit`a, e diffusione sovralocale. Questo studio pur scientificamente valido non e mai stato adottato a livello istituzionale per vari contrasti locali (accusata di essere una lingua "imposta" e "artificiale" e non di aver risolto il problema del rapporto tra le varianti trattandosi una mediazione tra le varianti sritte logudoresi comuni, pertanto privilegiate, e non avendo proposto una valida grafia per la variante campidanese) ma ha comunque a distanza di anni costituito la base di partenza per la redazione della proposta della LSC: Limba Sarda Comuna, pubblicata nel 2006, basata sulle variet`a parlate (e quindi "naturali" e non "artificiali") di mediazione, nell'area grigia di transizione tra il Logudorese e il Campidanese della Sardegna centrale al fine di assicurare alla lingua "comune" il carattere di sovradialettalit`a e sovramunicipalit`a, pur lasciando la possibilit`a di rappresentare le particolarit`a di pronuncia delle varianti locali. Il sardo e riconosciuto come lingua dalla norma ISO 639 che le attribuisce i codici sc (ISO 639-1: Alpha-2 code) e srd (ISO 639-2: Alpha-3 code). I codici proposti per la norma ISO 639-3 ricalcano quelli utilizzati dal SIL per il progetto Ethnologue e sono: sardo campidanese: "sro" sardo logudorese: "src" gallurese: "sdn" sassarese: "sdc" I. Fonetica 1.1. Elementi del vocalismo. La caratteristica essenziale del sardoromanzo e il mantenimento dei timbri originari del latino dopo la perdita della quantit`a: es. pilu(m) > pilu (a fronte dell'ital. pe-lo) bucca(m) > bukka (a fronte dell'ital. bo-cca) Si deve inoltre porre in risalto che la presenza, in sillaba accentata, di ê aperta (come nel caso di bêne) o di e- chiusa (come in quello di ake-tu), cos`i come di o aperta (sole) o di o- chiusa (po-rku) e un fatto che non dipende dall'originaria quantit`a latina della vocale interessata, ma dalla metafonia (o metafonesi): accade infatti che e ed o toniche siano pronunciate automaticamente chiuse se nella sillaba seguente e presente una vocale di timbro i (be-ni >>vieni!<<; po-d.ine >>fior di farina<<) od u (ke-ntu >>cento<<; bo-nu >>buono<<), oppure un'altra e od o chiusa per influsso di una i o di una u che seguono (ge-neru >>genero<<; ko-moðu >>comodo<<); sono invece pronunciate aperte negli altri casi (kêra >>cera<<, bêne >>bene<<; bona >>buona<<, domo >>casa<<). E interessante anche rilevare che i Sardi hanno da tempo piena coscienza della particolarit`a del vocalismo della loro lingua nel rapporto con le altre parlate romanze, ossia di corrispondenze del tipo ital. pe-lo ~ sd. pilu, ital. cro-ce ~ sd. ruke, etc.: succede cos`i spesso che, quando si prendono in prestito da altre lingue parole con e- o o- chiusa in sillaba accentata, queste vengano adattate modificandone il vocalismo in i od u, come e accaduto per es. nel sd. turta dall'ital. to-rta. 1.2. Elementi del consonantismo. Venendo ora al consonantismo del sardoromanzo, nel segnalare alcune sue caratteristiche, indicheremo in primo luogo la situazione testimoniata dalle variet`a piu conservative, quelle cioe che meno si sono allontanate dal latino, segnatamente i dialetti centrali e il logudorese, avvertendo sin d'ora che la variet`a campidanese parlata nel meridione dell'isola mostra su diversi punti differenze piu o meno sensibili per aver partecipato separatamente a innovazioni successive. 1.2.1. Trattamento delle occlusive velari davanti a vocale palatale. Il mantenimento delle consonanti occlusive velari sorda e sonora davanti a vocale palatale (e, i), osservabile in generale nel sardo centro-settentrionale: dal lat. centu(m), ad es., si ha in sd. ke-ntu (che si confronta con l'ital. cento), oppure da cinque si ha kimbe (in ital. cinque); cos`i pure dal lat. generu(m) si ha il sd. ge-neru (cfr. ital. genero), e da gelAre si ha il sd. gelare (cfr. ital. gelare). E tuttavia differente la situazione che si osserva oggi in campidanese, dove si sono affermati dopo il Mille, per imitazione della pronuncia toscana, degli esiti che sono il frutto della palatalizzazione (si registra in sostanza il passaggio a un'articolazione piu avanzata, di tipo palatale): la forma per >>cento<< e qui infatti tSe-ntu, per >>cinque<< si ha tSínku, mentre per >>genero<< si ha d3e-n(n)eru e per >>gelare<< d3elai. 1.2.2. Le occlusive sorde intervocaliche. Un'altra caratteristica estremamente conservativa del consonantismo sardo, testimoniata oggi soltanto dai dialetti centrali (specialmente nella regione centro-orientale dell'isola), e il mantenimento delle occlusive sorde bilabiale, dentale e velare (-p-, -t-, -k-) in posizione intervocalica: dal lat. cupa(m) si ha kupa >>botte<<, da ape(m) ape >>ape<<, da rota(m) rota >>ruota<<, da catEna(m) katêna >>catena<<, da locu(m) lo-ku >>luogo<<, da secAre sekare >>tagliare, rompere<<. I restanti dialetti sardi, ossia il logudorese e il campidanese, mostrano a questo riguardo una situazione meno conservativa. Si registra in essi la lenizione - il passaggio delle occlusive sorde --p-, -t-, -k- fra vocali a un'articolazione meno energica, dunque hanno per esito -*-, -ð-, -g/-, spiranti sonore bilabiale, dentale e velare, realizzate senza che gli organi fonatori interessati (ad es., le labbra, nel caso di *) blocchino completamente l'aria espiratoria, lasciandola anzi defluire verso l'esterno attraverso uno stretto canale (a questo si unisce inoltre la vibrazione delle corde vocali, che conferisce a questi foni il carattere della sonorit`a, assente nei foni sordi). Restando dunque agli esempi portati in precedenza, alla forma kupa dei dialetti centrali corrispondono il log. e il camp. ku*a, ad ape il log. a*e e il camp. a*i, a rota corrispondono il log. roða e il camp. arroða, orroða, a katêna il log. e il camp. kaðêna, a lo-ku corrispondono il log. e il camp. lo-g/u e infine a sekare il log. seg/are e il camp. seg/ai. 1.2.3. Le occlusive sonore intervocaliche. Per quanto riguarda il trattamento delle occlusive sonore in posizione intervocalica, va ancora una volta sottolineato che la situazione piu conservativa e offerta dai dialetti centrali, nei quali si osserva in generale il passaggio di questi foni a spiranti sonore dello stesso luogo di articolazione: dal lat. cubAre, pede(m), ego si hanno, rispettivamente, ku*are >>nascondere<<, pêðe >>piede<<, êg/o, dêg/o >>io<<. In logudorese e in campidanese, invece, il processo di lenizione e giunto fino al dileguo delle consonanti interessate, sicché le forme corrispondenti sono, per >>nascondere<<, il log. kuare e il camp. kuai, akkuai, per >>piede<< il log. pêe, pê e il camp. pêi, per >>io<< il log. êo, dêo e il camp. dêu. Riassumendo possiamo dire che il trattamento delle occlusive intervocaliche in sardo e il seguente: dialetti centro-orientali: -p-, -t-, -k- > -p-, -t-, -k- (= conservazione) -b-, -d-, -g- > -*-, -ð-, -g/- (= danno spiranti sonore) dialetti periferici: -p-, -t-, -k- > -*-, -ð-, -g/- (= danno spiranti sonore) -b-, -d-, -g- > O/ (= zero, dileguo) 1.2.4. Trattamento delle labiovelari. Infine, per chiudere col consonantismo, descriviamo brevemente il trattamento in sardo delle consonanti labiovelari latine, per es., nel lat. quattuor >>quattro<<, aqua >>acqua<< (labiovelare sorda), o in anguilla >>anguilla<< e in lingua >>lingua<< (labiovelare sonora): in sardo hanno come esito b(b), occlusiva bilabiale sonora (eventualmente lunga), sicché nelle variet`a centro-settentrionali le forme per >>quattro<<, >>acqua<<, >>anguilla<< e >>lingua<< sono, rispettivamente, battoro, abba, ambid.a e limba (si veda anche la forma per >>cinque<<, kimbe, data in precedenza). Differente, tuttavia, e la situazione offerta dal campidanese, ove si registrano degli esiti di tipo italiano che si sono affermati durante la dominazione pisana: per >>quattro<< si ha infatti k^watturu, k^wattru, per >>acqua<< ak^wa, per >>anguilla<< ang^wid.a e per >>lingua<< ling^wa. 2. Morfologia In questo settore si ha a che fare con una materia vastissima, difficilmente compendiabile in un breve spazio, quindi cercheremo di indicare almeno alcuni fatti che appaiono particolarmente significativi. 2.1. Morfologia nominale. Per quanto concerne la formazione dell'articolo determinativo, esso procede dal lat. ipsu(m), ipsa(m), ipsos, ipsas, diversamente da cio che accade nelle restanti lingue romanze, dove il punto di partenza e, generalmente, illu(m): l'articolo determinativo sardo e pertanto su (es.: su kane >>il cane<<), sa (es.: sa kroka >>la chiocciola<<), pl. sos (sos kanes >>i cani<<), sas (sas krokas >>le chiocciole<<). Parzialmente differente e la situazione in campidanese, ove al plurale si ha, tanto al maschile come al femminile, is. Per quanto riguarda la flessione dei sostantivi, la formazione del plurale avviene attraverso l'impiego del morfema consonantico --s: dunque, per fare alcuni esempi, sg. bákka >>vacca<< ~ pl. bakkas >>vacche<<, sg. ka*ad.u >>cavallo<< ~ pl. ka*ad.os >>cavalli<<, sg. pêðe >>piede<< ~ pl. pêðes >>piedi<<, sg. bandule-ri >>vagabondo<< ~ pl. bandule-ris >>vagabondi<<, etc. Dal punto di vista storico, e interessante notare che questa modalit`a di formazione del plurale accomuna il sardo alle lingue romanze occidentali, ad es. lo spagnolo, dove a singolari tipo cabra >>capra<< rispondono plurali tipo cabras >>capre<<, o il francese, con chevre ~ chevres, ecc. Si osservi infine, riguardo a quest'argomento, che i primi segni della situazione descritta si intravedono in Sardegna gi`a in epigrafi di et`a romana, nelle quali si hanno nominativi plurali del tipo FILIAS (per il classico filiae) e PATRONAS (per patronae). 2.2. Morfologia verbale. Nel sistema del verbo si assiste alla riduzione delle quattro coniugazioni latine (in --are, -ere, -ere, -ire) a tre, rispettivamente con infinito in -áre (kantáre, da cantare), -ere (kúrrere, da currere, e tímere da timere: come si vede da quest'ultimo esempio, in sardo la seconda coniugazione latina si e persa a vantaggio della terza) e --íre (finíre, da finire). All'interno della situazione descritta si registra tutta una serie di fenomeni di estremo interesse, come la conservazione di autentici relitti morfologici: cos`i, per citarne almeno uno, in sardo, l'imperfetto congiuntivo deriva direttamente da quello latino (es.: kantáret, fakeret, dormíret), mentre le restanti lingue romanze mostrano di averlo sostituito col piuccheperfetto (cfr. ital. cantassi, corressi, udissi). 3. Cenni di ortografia 3.1. Una sola forma grafica delle parole. Va rispettata la costanza morfologica delle parole, indipendentemente dalle modificazioni fonosintattiche. 3.2. Accentazione. L'accento gafico e segnato sulle vocali toniche delle parole ossitone o tronche, es. tribu , e proparossitone o sdrucciole, es. femina, omine, prov`intzia ecc. Non si usa nelle parole piane, es. iscola. 3.3. no, non. No si usa di fronte a parola che inizia con vocale, non di fronte a parola che inizia con consonante, es. no ando, non fatzo. 4. Il sostrato linguistico prelatino. Quando nel 238 a.C. il latino, al séguito dei Romani, giunse in Sardegna, qui si parlavano gi`a altri idiomi, oggi non sopravvissuti, che furono come sommersi dalla nuova ondata linguistica, destinata col tempo ad affermarsi e a costituire l'ossatura della futura lingua romanza del luogo. I glottologi hanno isolato nel corso del tempo una serie di elementi che, non attribuibili al latino né alle parlate successivamente approdate nell'isola, vanno ascritti, con gradi differenti di probabilit`a, alle lingue del sostrato preromano. 4.1. Il sostrato punico. A partire dall'VIII sec. a.C. la Sardegna registro la frequentazione fenicia, con la connessa creazione di colonie e fondachi (Karales, Nora, Bitia, Sulci, Tharros, Othoca), e sul finire del VI sec. a.C. sub`i l'arrivo dei Cartaginesi, la cui presenza, protrattasi fino all'occupazione romana, appare rilevante soprattutto nelle regioni costiere. Dal punto di vista linguistico l'influsso punico appare oggi piuttosto limitato. Disponiamo infatti di una manciata di vocaboli di sicuro etimo punico, ai quali va sommato un numero altrettanto esiguo di toponimi. Riguardo ai primi, ricordiamo le voci mittsa >>sorgente<<, tsippiri >>rosmarino<<, tse-urra, tseurra >>germe, germoglio, pollone<<, tutte diffuse nell'area campidanese (ove la presenza punica appare anche dalla documentazione archeologica piu intensa che non altrove). Quanto alla toponimia dell'isola, ci sono sporadiche tracce della presenza punica: ricordiamo a questo proposito il caso di Macumadas (in territorio di Núoro), Magomadas (vicino a Bosa), Magumadas (a Gesico e a Nureci), dal punico maqom hadash >>citt`a nuova<<. 4.2. Il sostrato paleosardo. Cioe la situazione preesistente in Sardegna all'arrivo dei Fenici, dei Punici e dei Romani. Si tratta di un settore di studi fra i piu complessi, giacché, ignorandosi pressoché tutto delle lingue piu anticamente parlate nell'isola (manca, in particolare, ogni documentazione scritta), i glottologi devono procedere all'identificazione di quegli elementi del lessico, della fonetica e della toponimia sarda attuali che, non potendosi spiegare alla luce di lingue note, vanno ascritti, con un procedimento puramente negativo, al fondo linguistico piu antico, sulla cui composizione si possono solamente formulare ipotesi piu o meno plausibili. Per quello che riguarda il lessico, resti del sostrato paleosardo si identificano piu copiosi fra i vocaboli che indicano formazioni geomorfologiche, piante e animali: per dare un'idea, fra i primi si possono ricordare parole come il camp. d3ara, che designa altipiani basaltici e granitici (come la Giara di Gesturi, a sud di Oristano), oppure il barbaricino e camp. bak(k)u, ak(k)u che significa >>valle, forra << (anche nella toponimia: Bacu Abis, vicino a Carbonia), o ancora tevêle, têle, che nelle parlate centrali indica un terreno dirupato e boscoso preparato per la coltivazione attraverso la debbiatura; fra i fitonimi menzioniamo il nuor. thinnig/a, log. tinnia, camp. tsinnig/a >>sparto<<, e-ni, la denominazione del tasso in Ogliastra, a Orgosolo e a Dorgali, e ancora il centr. athanda, thanda, thranda, tsantsa >>papavero selvatico<<; fra i nomi degli animali, infine, si puo ricordare il tipo assile, kassile, grassi*ile, grassile e simm., impiegato in logudorese e in campidanese settentrionale per indicare la martora; ancora, la denominazione thurunkrone, thilingrone, tilingrone, (at)tilind3one, tsiringone, sittsiringoni e simm. presente in logudorese e campidanese per il lombrico, oppure la voce centr. e log. grod.e, lod.e per >>volpe<<. Interessante puo essere anche la comparazione del sostrato paleosardo con i relitti linguistici iberici presenti nel basco: in questa direzione di ricerca, particolarmente significativa e la voce campidanese bêg/a >>valle acquitrinosa<<, che >>insieme al castigliano vega e al portoghese, gallego veiga... risale a (terra) (i)baika `terreno irriguo, che si trova nei pressi di un corso d'acqua', da ibai `fiume' (ancora oggi la parola basca suona cos`i), piu il suffisso -ko, -ka esprimente come in basco la pertinenza<<. 5. Le lingue di superstrato. Nel 456 d.C. la Sardegna, ormai completamente latinizzata, fu occupata dai Vandali: da questo momento in poi subir`a una sequela di dominazioni straniere, che tuttavia non avranno per conseguenza l'imposizione completa e duratura delle rispettive lingue o di almeno una di esse, come era accaduto in precedenza coi Romani, ma piu semplicemente provocheranno l'accoglimento da parte dell'idioma locale di una serie cospicua di elementi esterni, destinati in ogni caso a non alterarne in profondit`a l'originario scheletro latino piu antico. 5.1. I superstrati vandalico e bizantino. I Vandali, popolazione germanica sul cui idioma sappiamo pochissimo, assoggettarono l'isola dal 456 al 534 d.C.: cio di cui siamo certi, in ogni caso, e che nel sardo attuale non compaiono tracce dirette di un superstrato linguistico germanico. E bene tuttavia ricordare che durante la dominazione vandalica (cos`i come nella successiva et`a bizantina) la Sardegna fu unita amministrativamente all'Africa e incremento in misura sensibile i contatti con la cristianit`a di quella regione. Si puo ritenere che l'et`a vandalica abbia favorito in Sardegna l'influenza di modelli linguistici latini di ascendenza nordafricana, determinando in alcuni casi l'avvio di particolari fenomeni fonetici, morfologici e lessicali, fra i quali ci limitiamo a ricordare l'assunzione di i- protetica davanti a s- impuro. Nel 534 d.C. la Sardegna entro a far parte dell'esarcato africano di Bisanzio. Dal punto di vista linguistico l'influsso bizantino sul sardo si puo vedere soprattutto nelle sfere amministrativa ed ecclesiastica. 5.2. Il superstrato italiano. Allentatisi progressivamente i legami con Bisanzio in séguito all'espansione islamica nel Mediterraneo, tra il IX e il X sec. sorsero nell'isola, nel vuoto di potere creatosi, i quattro giudicati di Gallura, di Cagliari, d'Arborea e di Torres, vere e proprie entit`a statali autonome. A partire dall'inizio del Mille, poi, inizio la progressiva penetrazione commerciale e politica di Genova e di Pisa in Sardegna. La conseguenza linguistica piu evidente fu la penetrazione nel sardo di un numero considerevole di voci italiane antiche, come si riscontra in alcuni casi gi`a nei primi documenti dell'XI sec. Avvertendo che nel passaggio al sardo esse hanno sub`ito una serie di adattamenti alla fonetica locale, segnaliamo, fra le altre, il log. be-ttsu, camp. be-tSu >>vecchio<<; il log. e camp. d3o-vanu >>giovane<< (tosc. ant. giovano); il log. abbaiðare >>guardare<< (ital. ant. (a)guaitare); il log. tSáffu, tsáffu >>schiaffo<< (tosc. ant. ciaffo); il log. anku, camp. anki >>che<< in frasi che esprimono augurio o malaugurio (tosc. ant. anco); il log. barre-d.u >>fardellino dei ragazzi<<, camp. rust. orre-d.u >>gonnella bianca di tela<< (ital. ant. guarnello), etc. L'influsso pisano, inoltre, fu particolarmente incisivo nel meridione dell'isola, dove modifico in modo sensibile la veste fonetica del campidanese, che proprio a partire da questo periodo comincio ad assumere una serie di tratti distintivi rispetto alle parlate logudoresi. Infine, va segnalato che l'influsso italiano, stemperatosi durante il periodo catalano-aragonese e spagnolo, e ripreso intenso dopo che, nel 1720, la Sardegna e passata ai Piemontesi e in séguito e divenuta parte dello Stato italiano: in particolare, l'apertura verso l'esterno imposta dall'esperienza delle due guerre mondiali, il servizio militare obbligatorio (svolto spesso in caserme del continente), la creazione di una rete stradale che ha in parte annullato l'antico isolamento delle regioni centrali, la scolarizzazione di massa e la diffusione capillare sul territorio dei mezzi di informazione nazionale hanno fatto s`i che la conoscenza dell'italiano si diffondesse in misura massiccia, tanto che oggi e l'italiano e non il sardo la lingua materna di numerosi giovani. 5.3. Il superstrato catalano e spagnolo. Nel 1323 un corpo di spedizione guidato dall'infante Alfonso, figlio di Giacomo II d'Aragona, sbarco in Sardegna, accadimento che puo essere considerato l'atto iniziale di un nuovo periodo della storia sarda che vide l'isola, sino al 1720, soggetta in modo pressoché ininterrotto dapprima al dominio catalano-aragonese e poi a quello spagnolo. Dal punto di vista linguistico assai piu di quello spagnolo, fu penetrante l'influsso catalano. La diffusione del catalano, lingua ufficiale dei conquistatori sino al 1479, fu piu rapida e intensa nella regione meridionale dell'isola. Per testimoniare la forza con la quale il nuovo idioma si radico nella Sardegna meridionale, si usa citare l'espressione ancora in uso in campidanese no Síri s*u g/aðalanu, letteralmente >>non sapere il catalano<<, che viene impiegata in riferimento a persona che ha difficolt`a a esprimersi (dunque: >>non saper parlare<<). Volendo poi citare degli esempi della penetrazione del nuovo idioma nel lessico sardo, non si ha che l'imbarazzo della scelta: ricordiamo, un po' a caso, voci come il camp. aitSi >>cos`i<< (cat. així); il camp. le-d3u, centr. le-dzu >>brutto<< (cat. lleig); il camp. mid3a, centr. midza >>calza<< (cat. mitja); il camp. ulleras, ul'eras >>occhiali<< (cat. ulleres), etc. Per quanto riguarda lo spagnolo, il suo uso tardo a farsi strada nell'isola, soprattutto in quelle zone in cui piu aveva preso piede il catalano, ossia nella Sardegna meridionale, ove bisogner`a attendere la fine del Seicento per poter parlare di una vera e propria fruizione del nuovo codice linguistico. Anche per questa ragione si e potuto affermare che l'influsso linguistico spagnolo e stato piu sensibile nella regione settentrionale dell'isola, come mostrano alcuni casi in cui, per esprimere un medesimo significato, si ha in campidanese un termine di origine catalana e in logudorese uno di provenienza spagnola: cos`i, per es., si e gi`a visto che per >>brutto<< si ha in camp. le-d3u (dal cat. lleig), mentre in log. prevale fe-u (dallo sp. feo). Ecco comunque altri esempi di vocaboli penetrati in sardo dallo spagnolo: log. e camp. kalentura, kallentura >>febbre<< (sp. calentura); log. duðare, camp. duðai >>dubitare<< (sp. dudar); log. luêgo, luêgu, camp. luêgu(s) >>subito<< (sp. luego); log. olvidare, camp. olvidai >>dimenticare<< (sp. olvidar); log. e camp. sumbre-ri >>cappello<< (sp. sombrero), etc. Resta infine da rilevare che per numerose voci riesce difficile stabilire con certezza se esse provengano al sardo dal catalano o dallo spagnolo, stante la stretta affinit`a esistente fra le due lingue: e il caso, ad es., di termini quali il log. e camp. karrêra, karrêla >>via, strada<< (cat.-sp. carrera); del log. e camp. gana >>voglia, desiderio, appetito<< (cat.-sp. gana); del log. mukkaðore, camp. mukkaðori >>fazzoletto<< (cat.-sp. mocador), etc.