Lo sbarco in Sicilia, l’armistizio, la divisione della penisola Il 1943 iniziò sotto il segno della sconfitta per gli eserciti dell’Asse: al disastro tedesco di Stalingrado ne seguì un altro in Tunisia, con la perdita dell'ultimo caposaldo dell'Asse in Nordafrica e la cattura di circa 200.000 soldati tedeschi e italiani (maggio 1943). Subito dopo gli Alleati usarono il Nordafrica come trampolino di lancio per l'invasione della Sicilia, l'Operazione Husky (luglio 1943). Le decisioni della Conferenza di Casablanca (gennaio 1943) tra Churchill e Roosevelt portarono allo sbarco in Sicilia (10 luglio 1943), anche nella speranza di provocare un crollo del regime fascista già fortemente indebolito. Furono proprio le pesanti sconfitte dell’Asse a far maturare nell’opinione pubblica un antifascismo diffuso: la celebrazione della guerra era stata un elemento fondamentale dell’ideologia fascista, e quindi il venir meno della mitologia bellica si tradusse nella perdita di consenso e in un radicale indebolimento del fascismo. Nel frattempo, il 19 luglio le forze aeree americane bombardavano Roma e Frascati, sedi del comando tedesco in Italia, mentre Mussolini si trovava a Feltre per incontrare Hitler e rimaneva profondamente turbato dalla notizia del bombardamento della capitale. La rapida dissoluzione delle difese italiane in Sicilia e il bombardamento di Roma provocarono una svolta decisiva in Italia: il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo ripristinò lo Statuto e le libertà costituzionali, sancendo così la fine del regime. Vittorio Emanuele obbligò Mussolini alle dimissioni e ne ordinò l’arresto. Il 27 luglio il nuovo capo del governo, il maresciallo Badoglio, annunciò alla nazione la continuazione della guerra, ma prese contatti segreti con gli Anglo-Americani per trattare una pace separata ed uscire così dal conflitto. I Tedeschi, insospettiti dagli eventi, facevano intanto affluire attraverso il Brennero dieci divisioni nella penisola, sottoposta a pesanti bombardamenti da parte degli Alleati. Il 3 settembre fu segretamente firmato a Cassibile (Siracusa) un armistizio con gli Anglo-Americani, reso noto l’8 settembre: l’Italia precipitò nel caos, mentre dei reparti alleati sbarcavano a Salerno e l’esercito alleato risaliva la penisola dalla Sicilia verso nord. All’alba del 9 settembre il re e Badoglio fuggirono verso Brindisi, senza dare disposizioni ai reparti militari; i Tedeschi attuarono un piano di occupazione della penisola e entrarono a Roma, malgrado la difesa di alcuni reparti dell’esercito schierati con gli Alleati. L’esercito italiano si dissolse (strage di Cefalonia). Napoli insorse spontaneamente il 27 settembre e dopo 4 giornate di eroica lotta costrinse alla resa le forze del presidio tedesco: così, quando arrivarono gli alleati, era già libera. Nel frattempo, nell'Italia occupata dai tedeschi, Mussolini, liberato dai Tedeschi il 12 settembre e portato in Germania, aveva organizzato un governo fascista fantoccio (Repubblica di Salò). Il 15 settembre 1943 la radio comunica che "Benito Mussolini ha ripreso oggi la suprema direzione del fascismo in Italia", mentre viene dato ordine a tutte le organizzazioni del partito di appoggiare attivamente l'esercito germanico. Tre giorni dopo in un discorso radiofonico da Monaco, lo stesso Mussolini, annunciando la rinascita di uno stato fascista, indica il compito di riprendere le armi al fianco della Germania e del Giappone. Il 23 settembre, data ufficiale di nascita della Repubblica di Salò, Mussolini rientra in Italia dove si sistema alla Rocca delle Caminate. Contemporaneamente i tedeschi articolano il regime di occupazione militare. Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, dirama un'ordinanza in cui dichiara "il territorio dell'Italia a me sottoposto territorio di guerra" e subordina alle sue direttive "le autorità e le organizzazioni civili italiane". Le province di Udine, Gorizia e Trieste ("Zona di operazioni Litorale Adriatico") vengono affidate al Gauleiter della Carinzia e quelle di Bolzano, Trento e Belluno ("Zona di operazioni delle Prealpi") a quello del Tirolo e vi viene perseguita una politica sistematica di germanizzazione in vista di una futura annessione alla "grande Germania". Le due zone sono escluse dall'autorità di Salò: la nascita della Rsi coincide dunque con la cessione di fatto di ampie aree del paese allo straniero. Dal settembre del ’43 l’Italia rimase separata in due parti: il cosiddetto Regno del Sud, dove esisteva il governo costituzionalmente legittimo, con sede a Salerno, e la Repubblica Sociale Italiana, a nord di Roma. Oltre alla presenza di due eserciti di occupazione, si deve segnalare il movimento della Resistenza, come lotta di liberazione dall’occupazione tedesca e dall’oppressione fascista (questa lotta si configurò per taluni aspetti come guerra civile). Il legittimo governo guidato da Badoglio il 13 ottobre 1943 considerò decaduta la vecchia alleanza con la Germania e dichiarò ufficialmente guerra alla Germania, dando avvio così alla partecipazione di truppe regolari alla Resistenza. La Resistenza Il movimento resistenziale - inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza all'occupazione nazista - fu caratterizzato in Italia dall'impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici). I partiti animatori della Resistenza, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale, avrebbero più tardi costituito insieme i primi governi del dopoguerra. La Resistenza costituisce il fenomeno storico nel quale vanno individuate le origini stesse della Repubblica italiana. Infatti, l'Assemblea costituente fu in massima parte composta da esponenti dei partiti che avevano dato vita al CLN, i quali scrissero la Costituzione fondandola sulla sintesi tra le rispettive tradizioni politiche e ispirandola ai princìpi della democrazia e dell'antifascismo. Il periodo storico individuato comunemente come Resistenza italiana inizia, per convenzione storiografica ormai consolidata, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e termina alla fine del mese di aprile 1945. La scelta di celebrare la fine di quel periodo con il 25 aprile 1945 fu riferito dal CLNAI con la data dell'appello per l'insurrezione armata della città di Milano, sede del comando partigiano. La Resistenza italiana fu solo la prima parte del cosiddetto periodo costituzionale transitorio. In termini politici questo periodo si concluse con la nomina del primo governo Parri del 21 giugno 1945. La seconda parte terminerà il 1 gennaio 1948, giorno dell'applicazione della nuova Costituzione Italiana. Il movimento partigiano, prima raggruppato in bande autonome, fu successivamente principalmente organizzato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), guidato dal generale Raffaele Cadorna (nominato da Badoglio), diviso in CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), con sede nella Milano occupata, e il CLNC (Comitato di Liberazione Nazionale Centrale). Il CLNAI, presieduto dal 1943 al 1945 da Alfredo Pizzoni, coordinò la lotta armata nell'Italia occupata, condotta da formazioni denominate brigate e divisioni, quali le Brigate Garibaldi, costituite su iniziativa del partito comunista; le Brigate Matteotti, legate al partito socialista; le Brigate Giustizia e Libertà, legate al Partito d'Azione; le Brigate Autonome, composte principalmente di ex-militari e prive di rappresentanza politica, talvolta simpatizzanti per la monarchia, riportate come “badogliani”. Nelle città si costituirono nuclei partigiani clandestini denominati GAP (Gruppi di azione patriottica), formati ognuno da pochi elementi pronti a svolgere azioni di sabotaggio e di guerriglia nonché di propaganda politica. Accanto ad essi, nei principali centri urbani sorsero all'interno delle fabbriche le SAP (Squadre di azione patriottica), ampi gruppi di sostegno alle formazioni partigiane belligeranti, con l'obiettivo specifico di rendere più ampia possibile la partecipazione popolare al momento insurrezionale. Nel giugno 1944 avvenne la militarizzazione "ufficiale" dei partigiani, con l'istituzione - riconosciuta sia dai comandi militari alleati che dal governo nazionale - del Corpo volontari della libertà. A capo dei circa 200 mila combattenti che formavano il nuovo esercito italiano era stato posto il generale Raffaele Cadorna Jr, con vicecomandanti l'esponente del Partito Comunista Italiano Luigi Longo e quello del Partito d'Azione Ferruccio Parri. Le ultime fasi della guerra Per spezzare la resistenza opposta dai Tedeschi lungo l’Appennino (linea Gustav), gli Anglo-Americani operarono uno sbarco alle spalle della linea Gustav e precisamente ad Anzio (22 gennaio 1944). Vennero tuttavia bloccati da reparti germanici, per cui le operazioni militari si protrassero fino alla primavera seguente. Proseguiva nel frattempo l’attività politica: a Bari, in un congresso dei partiti antifascisti del Cln venne chiesta l’abdicazione del re, in favore del figlio Umberto. A questa linea moderata si opposero inizialmente socialisti, comunisti e partito d’Azione, che chiedevano l’immediata abolizione della monarchia. Togliatti, leader del PCI, tornato dall’URSS, in un discorso tenuto a Salerno nel marzo 1944 abbandonò l’intransigenza anti-monarchica per adottare una posizione moderata che prevedeva l’appoggio al governo Badoglio (svolta di Salerno). Fu così possibile creare un governo di unità nazionale di cui facevano parte anche i rappresentanti del Cln. Proseguivano nel frattempo le rappresaglie e le stragi naziste (Roma, Fosse Ardeatine) e la guerra partigiana. Nella primavera del 1944 riprese finalmente l’avanzata degli alleati, che entrarono a Roma il 4 giugno. Nello stesso giorno Umberto di Savoia venne nominato luogotenente generale del Regno, mentre Badoglio venne sostituito da Ivanoe Bonomi, capo del CLN e rappresentante dell’antifascismo moderato. Bonomi restò in carica per due successivi governi, dal giugno 1944 al giugno 1945, grazie anche all’appoggio degli alleati. Intanto le truppe alleate e i reparti italiani proseguivano la loro avanzata verso nord e ai primi di agosto raggiungevano Firenze. L’avanzata alleata fu però di nuovo bloccata nel mese di settembre, quando venne raggiunta la linea gotica (linea difensiva tedesca tra il Tirreno e l’Adriatico). Da quel momento l’Italia restò per un altro inverno divisa in due tronconi: la popolazione civile dovette soffrire fame, freddo e bombardamenti continui, prepotenze e rappresaglie tedesche (strage di Marzabotto, presso Bologna, nell’ottobre 1944). Il 19 aprile 1945, mentre gli Alleati finalmente dilagavano nella valle del Po, i partigiani su ordine del CLN diedero il via all'insurrezione generale. Dalle montagne, i partigiani confluirono verso i centri urbani del Nord Italia, occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate venne dato l'ordine di proteggere i macchinari dalla distruzione. Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti che componevano il CLN. La mattina del 14 aprile, in un'Imola che sembrava deserta, entrò per primo l'87° Reggimento Fanteria del Gruppo di Combattimento "Friuli" a cui, però, fu subito comandato di dirigersi verso Bologna. Poco dopo giunse la divisione Carpatica polacca, comandata dal Generale Wladyslaw Anders insieme ai soldati del Gruppo di Combattimento "Legnano". Ancora la mattina del 21 aprile fu il "Friuli" ad entrare per primo a Bologna, passando per la Porta Maggiore, nel tripudio dei bolognesi. In giornata giunsero anche i polacchi, il "Legnano" e altri gruppi. Gli americani liberarono Modena il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 e Parma il 25. Nella stessa data, a Genova, inizia l'insurrezione, che porterà il generale tedesco Gunther Meinhold ad arrendersi formalmente al CLN ligure il 25 aprile. Milano e Torino furono liberate il 25 aprile: questa data è stata assunta quale giornata simbolica della liberazione di tutta l'Italia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene commemorata annualmente in tutte le città italiane. Le truppe alleate arrivarono nelle principali città liberate nei giorni seguenti. La liberazione di molte città, inclusi centri industriali di importanza strategica, prima dell'arrivo degli alleati rese l'avanzata di questi più rapida e meno onerosa in termini di vite e rifornimenti. In molti casi avvennero drammatici combattimenti strada per strada; i resti dell'esercito tedesco e gli ultimi irriducibili fascisti della Repubblica Sociale Italiana sparavano asserragliati in vari edifici o appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. Tra essi e le forze partigiane avvennero talvolta vere e proprie battaglie (come a Firenze nel settembre 1944), ma solitamente la loro resistenza si ridusse a una disorganizzata guerriglia, per esempio a Parma e a Piacenza. Il 27 aprile 1945 Benito Mussolini, che indossava la divisa di un soldato tedesco, fu catturato a Dongo, in prossimità del confine con la Svizzera, mentre tentava di espatriare assieme all'amante Claretta Petacci. Riconosciuto dai partigiani, fu fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo 28 aprile; il suo cadavere venne esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli della stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Milano. Il dopoguerra in Italia Gli anni 1945-1948 furono decisivi per delineare la fisionomia del Paese. Nel dicembre del 1944 si formò il secondo governo Bonomi, a cui successe nel giugno del 1945 il governo Parri, con la partecipazione di tutti i partiti del CLN, dal comunista al liberale. Nonostante il suo prestigio morale, il governo Parri non riuscì a dominare le tensioni interne alla coalizione dei partiti, che avevano visioni diverse in merito alla ricostruzione economica e politica del Paese. A ciò si aggiungevano gravi tensioni sociali, un tentativo separatista in Sicilia e la diffidenza degli Alleati per un governo troppo sbilanciato a sinistra. Pertanto nel novembre del 1945, con l’uscita dei liberali dal governo, Parri fu costretto a dare le dimissioni. A dicembre divenne capo del governo il democristiano Alcide De Gasperi (governo di coalizione dei partiti antifascisti), che propose una linea normalizzatrice nel Paese. Il 1 gennaio 1946 anche l’Italia settentrionale fu restituita formalmente dal governo alleato alla giurisdizione italiana e si tennero le elezioni amministrative, che videro il successo della DC e una discreta affermazione di PCI e PSI. Il 2 giugno 1946 gli italiani scelsero a suffragio universale, con un referendum popolare, la forma della repubblica (2 giugno: festa della Repubblica). Ci fu un’altissima affluenza alle urne, intorno al 90%: la repubblica ottenne 12.717.923 voti contro i 10.719.284 totalizzati dalla monarchia, soprattutto al sud. Il 28 giugno fu proclamata la repubblica e dieci giorni dopo il giurista e uomo politico napoletano, Enrico de Nicola, fu nominato dall’Assemblea Costituente capo provvisorio dello stato. Venne inoltre eletta l’Assemblea Costituente, con l’incarico di redigere la Costituzione del nuovo stato, che sarebbe entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Nel frattempo si succedevano vari governi presieduti da De Gasperi: il secondo (luglio 1946-gennaio 1947), con la presenza di PCI e PSI, il terzo (maggio 1947-maggio 1948), monocolore democristiano, orientato in senso moderato. Quest’ultimo chiudeva in via definitiva il periodo della collaborazione governativa tra i partiti antifascisti, iniziato nel 1943 nei CLN; i partiti socialista e comunista passarono dunque all’opposizione. Il 18 aprile 1948, in un clima dominato dalla guerra fredda (piano Marshall, colpo di stato a Praga, aumento della pressione militare sovietica ai confini dei Paesi occidentali), si tennero le prime elezioni politiche della Repubblica, che videro la vittoria della Democrazia Cristiana e la sconfitta di socialisti e comunisti riuniti nel Fronte Popolare. Tale risultato sancì la rottura dell’unità tra i partiti antifascisti, l’inizio del predominio democristiano come elemento centrale nell’assetto politico dello stato, l’egemonia del Partito Comunista tra le forze di opposizione. Luigi Einaudi divenne presidente della Repubblica, mentre veniva formata un’alleanza quadripartita (DC, socialdemocratici, repubblicani, liberali) presieduta da Alcide De Gasperi, al suo quinto governo. La coalizione quadripartita riuscì a dare all’Italia una maggioranza governativa per l’intera prima legislatura (1948-1953), assicurando una notevole stabilità politica che permise a De Gasperi di realizzare in quegli anni una precisa scelta di campo: quella di una piena fedelt all’Occidente. Nell’aprile del 1949 l’Italia entrò a far parte del Patto Atlantico e della Nato; poi del Consiglio d’Europa; nel 1951 della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), e infine dek 1955 dell’ONU. Fonti Brancati, Pagliarano, Dialogo con la storia. Il Novecento, La Nuova Italia, 2006 Lepre, Petraccone, Storia d’Italia dall’Unità a oggi, Il Mulino, 2008 www.wikipedia.org