DUE RECENSIONI DEL FILM “LA NOTTE” DI M. ANTONIONI Lento sfaldarsi dei rapporti affettivi tra lo scrittore Giovanni Pontano e la moglie Lidia. La crisi si consuma tra la visita a un amico moribondo in clinica e la noia di una festa mondana. Si scivola nel disamore. L'azione si svolge a Milano da un pomeriggio di sabato all'alba di domenica. Come in tutti i film di M. Antonioni, la crisi del sentimento d'amore è la spia di una crisi più vasta, anche sociale; è la donna che ha un atteggiamento più lucido e attivo. Scritto con Tonino Guerra e Ennio Flaiano, è una variazione e, insieme, un approfondimento dei temi di L'avventura (1959), ma il paesaggio vi ha importanza assai minore. Musiche di Giorgio Gaslini che ebbero il Nastro d'argento 1962, oltre a quelli per il miglior film e per M. Vitti attrice non protagonista. Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli S'è già detto in occasione dell'Avventura, che Michelangelo Antonioni è forse il solo nostro regista che senta con sincerità e cerchi d'esprimere con coerenza il tema dell'incomunicabilità e dell'impotenza ad agire che è proprio oggi alle società dell'Occidente. Antonioni, tuttavia, non è arrivato a questo tema attraverso il travaglio culturale e l'imitazione artistica, come tanti; bensì per esperienza di vita, in maniera autobiografica. Donde l'autenticità della sua ispirazione ma al tempo stesso un certo impaccio ogni volta che il tema esca dall'ambito psicologico e sfiori il dato storico e culturale. La notte racconta la serata d'un romanziere di successo, a nome Pontano, e di sua moglie, i cui rapporti sono giunti ormai a forza di aridità, ad una specie di paralisi. I due coniugi tra il pomeriggio e l'alba fanno diverse cose tutte molto comuni che Antonioni ci descrive con minuzia crudele e compiaciuta, quasi a dire: «ecco che cos'è la vita». Vanno prima di tutto a visitare un letterato loro amico malato in una clinica. Durante questa visita Pontano ha quasi un'avventura insieme ripugnante e tentante con una malata, una ninfomane la quale, al suo passaggio per un corridoio, l'attira nella propria stanza e si getta su di lui. Più tardi, in macchina, fra il traffico della città, Pontano racconta l'avventura alla moglie che, però, non fa commenti. Tristi e distanti, i due rientrano a casa. Pontano si ritira nel proprio studio; la moglie se ne va a vagabondare per i quartieri periferici di Milano. A Sesto San Giovanni, tra i capannoni e i prati rognosi, ella spia con avidità un pugilato tra teppisti, accarezza con nostalgia una bimba piangente, assiste divertita ad un esperimento di lancio di razzi. Tutto le par vivo dopo la compagnia così spenta del marito. Ma alla fine gli telefona affinché venga a prenderla con la macchina. La serata prosegue con un cocktail letterario durante il quale viene presentato l'ultimo romanzo di Pontano. Più tardi i due coniugi dovrebbero recarsi ad un ricevimento in casa d'un industriale ma la moglie, in un subitaneo conato d'affetto, propone di passar la sera da soli. L'esperimento fallisce: dopo avere assistito, in un night club, ad un numero di danza negra, i due si recano dall'industriale. Qui ci troviamo nell'ambiente della Milano ricchissima che cerca a tutti i costi di divertirsi. L'industriale è un tipico industriale, in tutta la sua scuorante pesantezza e buona fede. Avvengono le solite cose: balli frenetici, tuffi in piscina, giochi, corteggiamenti, discussioni pseudo filosofiche. I due coniugi tentano fiaccamente di tradirsi a vicenda, lui con la figlia dell'industriale, lei con un invitato qualsiasi, ma non ci riescono. Alla fine, un po' come nella conclusione dell'Avventura, si ritrovano in un prato, all'alba, abbracciati; il nodo s'è sciolto e, almeno per quel giorno, essi si ameranno. Abbiamo voluto raccontare il film nei particolari per dare il senso dell'accanimento con il quale Antonioni ripete quella sola ma profonda nota: l'aridità dei rapporti, la brutalità della vita moderna, lo squallore del destino umano. Questa nota desolata trova la sua espressione più alta, di rara eleganza e precisione, nella prima parte del film, soprattutto nella passeggiata della moglie di Pontano. Questa passeggiata è la cosa migliore che Antonioni abbia fatto sinora. Egli ha intuito con simpatia poetica il personaggio della moglie. Vera lei, tutto diventa vero intorno a lei. Lo stesso purtroppo non si può dire del marito e di conseguenza delle parti in cui primeggia. Chi ha detto a Flaiano e Antonioni che un intellettuale debba essere per forza spento e devitalizzato soltanto perché nei suoi libri ha descritto la crisi del mondo moderno? In realtà gli scrittori e in genere gli artisti sono più vitali della gente comune se non altro perché quest'ultima si limita a vivere le crisi mentre gli artisti le esprimono. Antonioni con il suo Pontano ha commesso lo stesso errore di Fellini con il suo Steiner. La seconda parte, dedicata alla festa in casa dell'industriale, è inferiore alla prima sia perché vi fa capolino un accenno d'intreccio, sia perché tutto, dal comportamento degli invitati ai discorsi del padrone di casa, vi è troppo esplicito e previsto. Tuttavia il tono alto del film è riconfermato da alcuni episodi, come per esempio quello molto bello della corsa della macchina sotto la pioggia. La notte è a nostro parere il film formalmente più perfetto di Antonioni; e anche il più consapevole e coerente nelle intenzioni. L'interpretazione di Jeanne Moreau, non dissimile da quella fornita in Moderato cantabile e in Ascensore per il patibolo, è eccellente. Mastroianni, forse per colpa della sceneggiatura, manca un po' troppo di vivacità. Monica Vitti ha dei buoni momenti, specie nella scena insieme con la Moreau. Alberto Moravia (sta in Moravia al/nel cinema, fondo A. Moravia, 1993) L’ eclisse (http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2001-ii/W-bol/Sangalli/) I personaggi del terzo capitolo della Tetralogia, L'eclisse, sono ritratti come se fossero essi stessi intercambiabili con gli oggetti e le cose che li attorniano. La realtà ritratta dal regista è punteggiata da frammenti di oggetti e di persone. Il livellamento delle persone con gli oggetti è reso assoluto attraverso motivi come cancelli, mattonelle e muri, che racchiudono i protagonisti in immagini tronche di attori e oggetti. Meccanismi di reificazione dei bisogni e dei sentimenti gravano sul comportamento umano, visto come parte integrante di tale frammentazione. Il film si conclude con parecchi minuti consistenti in una miriade di inquadrature nelle quali si legge un evidente rifiuto di continuare la storia con avvenimenti o personaggi, proprio perché né gli uni né gli altri appaiono plausibili nel contesto delineato dal film. Parafrasando Pascal Bonitzer, con L'avventura e La notte Antonioni aveva proposto che l'individuo è incapace di percepire realtà; ora sostiene che il soggetto stesso si è dissolto nel vuoto, o «falsa coscienza» della Verdinglichung.^12 Questa volta il regista ci offre una eloquente e attenta descrizione del piano commerciale di una Borsa. A poco a poco sentiamo che questo ambiente è il correlativo della descrizione, svolta dal film, del caos esistenziale dei personaggi. Come tutte le istituzioni, la Borsa ha i propri linguaggi e strutture espressive. A questo proposito il regista osserva: «In Borsa non so come fanno a capirsi, a fare delle operazioni con segni così rapidi, svelti».^13 Dal mugghiare delle offerte ai sussurri delle novità, dall'incessante, osceno tempestare di domande e suppliche, al premere e spintonare: tutti i contendenti giocano i loro ruoli freneticamente, mentre cercano di apparire sicuri di sé, a proprio agio. Avendo pienamente abbracciato uno stile di vita, un'occupazione e, dunque, un'ideologia disumanizzate, essi si nascondono agevolmente ogni perplessità o rimorso riguardo agli altri, o ogni presentimento che la loro stessa esistenza possa essere inautentica. L'ambiente della Borsa deve essere sembrato particolarmente significativo al regista. Per gli antichi, l'imponenza delle colonne dei templi greci deve aver rappresentato ciò che i più alti dei nostri grattacieli simboleggiano per noi: prosperità, realizzazione e potere.^14 La presenza di un colonnato che struttura l'edificio fa pensare a questo eclettico tentativo di rendere tanto il trionfo e la realizzazione, da una parte, che lo stile e il temperamento artistico, dall'altra, come se l'arredatore o l'architetto avessero aspirato a mitigare l'aspetto venale e mercantile del luogo dedicato agli scambi, controbilanciando in qualche modo le due disposizioni. Nonostante ciò, nella sequenza che si svolge nell'edificio della Borsa la coppia protagonista del film (Vittoria/Monica Vitti e Piero/Alain Delon) manifesta, con i gesti e i comportamenti, il proprio disagio e smarrimento. I loro sentimenti più profondi sono efficacemente riassunti dal regista in una singola immagine, che coglie la coppia immobile, in silenzio, ai due lati di un grande pilastro, con gli sguardi volti in opposte direzioni. Come le formiche che Vittoria a lungo osserva, nella scena finale, sul tronco di un albero, i personaggi sembrano essere consci ognuno solo delle funzioni e della presenza fisica degli altri. Rispecchiando il credo della Borsa commerciale, i protagonisti si valutano l'un l'altro in termini di utilità o valore. Cose e persone sono diventate intercambiabili, e la presa delle prime sulle seconde giunge al livello di «realtà assoluta»:^15 questo accade, per esempio, nelle eloquenti immagini finali di L'eclisse, in cui i protagonisti sono svaniti, sostituiti da oggetti. Inoltre, il film termina, più che con un'eclisse, con un abbagliante primo piano di una strada illuminata. La luce artificiale può rappresentare il rapporto uomo/progresso tecnologico: la soggettività è negata, cosicché i soggetti sono eclissati.