COMMIATO (UNGARETTI) Gentile Ettore Serra poesia è il mondo l’umanità la propria vita fioriti dalla parola la limpida meraviglia di un delirante fermento Quando trovo in questo mio silenzio una parola scavata è nella mia vita come un abisso MONTALE Non recidere, forbice, quel volto, solo nella memoria che si sfolla, non far del grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempre. Un freddo cala... Duro il colpo svetta. E l'acacia ferita da sé scrolla il guscio di cicala nella prima belletta di Novembre. Metro: quartine composte da endecasillabi e due settenari (v. 4 e v. 7). Ricorrono rime irregolari e una rima imperfetta («sempre» / «Novembre», ai vv. 4 e 8). L’ angoscia della memoria: Ecco il breve commento di Giorgio Bàrberi Squarotti e Stefano Jacomuzzi a questi versi: «Ancora l'angoscia della memoria che non riesce a custodire in sé l'immagine fedele della persona amata, la lascia a poco a poco svanire nel passato sempre meno chiaro alla mente sempre più irrimediabilmente perduto. Un'esperienza dolorosa, una ferita della vita (ne sono simbolo la forbice, un freddo), bastano a distruggere il ricordo felice, come d'autunno, l'acacia, colpita dall'accetta, lascia cadere nel fango il guscio della cicala». Immagini e corrispondenze simboliche: L'immagine consueta della «nebbia», per indicare lo svanire dei ricordi (cfr. il v. 17 di Casa sul mare, T149), contrasta con il nitore degli atti, che li cancellano con colpi netti e decisi, simboleggiando le crudeli necessità della vita, che operano con tagli secchi e impietosi nelle speranze dell'esistenza. Alla «forbice», che il poeta scongiura di «non recidere ... quel volto» (l'immagine è ripresa e quasi ingigantita, al v. 3, dal sospeso e attonito «grande suo viso in ascolto»), corrisponde il «duro ... colpo» dell'accetta, che amputa la cima dell'« acacia ». L'altezza. dell'albero rende più miserevole la caduta,_ nella «belletta» (si noti il sostantivo dantesco), del «guscio di cicala», scheletro di un insetto che ha perduto per sempre il dono "solare" del canto. Il brivido di morte: E’ il corrispettivo dell'indifeso e misero ricordo, il cui venir meno è accompagnato da un brivido di morte: «Un freddo cala ... » (v. 5). Addii, fischi nel buio, cenni, tosse. Addii, fischi nel buio, cenni, tosse e sportelli abbassati. E' l'ora. Forse gli automi hanno ragione. Come appaiono dai corridoi, murati! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - Presti anche tu alla fioca litania del tuo rapido quest'orrida e fedele cadenza di carioca? - [(Eugenio Montale, Le occasioni, mottetti)] A Liuba che parte Non il grillo ma il gatto del focolare or ti consiglia, splendido lare della dispersa tua famiglia. La casa che tu rechi con te ravvolta, gabbia o cappelliera? sovrasta i ciechi tempi come il flutto arca leggera - e basta al tuo riscatto.