E. Montale Non recidere, forbice, quel volto Non recidere, forbice, quel volto solo nella memoria che si sfolla, non fare del grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempre. Un freddo cala... Duro il colpo svetta. E l'acacia ferita da sé scrolla il guscio di cicala nella prima belletta di novembre Cigola la carrucola del pozzo Cigola la carrucola del pozzo, l'acqua sale alla luce e vi si fonde. Trema un ricordo nel ricolmo secchio, nel puro cerchio un'immagine ride. Accosto il volto ad evanescenti labbri: si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro... Ah che già stride la ruota, ti ridona all'atro fondo, visione, una distanza ci divide. Forse un mattino andando Forse un mattino andando in un’aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco. Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto Alberi case colli per l’inganno consueto. Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto Tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto. Non chiedeteci la parola Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco Perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Meriggiare pallido e assorto Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare m entre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Spesso il male di vivere Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. La casa dei doganieri Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: desolata t’attende dalla sera in cui v’entró lo sciame dei tuoi pensieri e vi sostó irrequieto. Libeccio sferza da anni le vecchie mura e il suono del tuo riso non é più lieto: la bussola va impazzita all’avventura. e il calcolo dei dadi più non torna Tu non ricordi; altro tempo frastorna la tua memoria; un filo s’addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana la casa e in cima al tetto la banderuola affumicata gira senza pietá. Ne tengo un capo; ma tu resti sola né qui respiri nell’ oscuritá. Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende rara la luce della petroliera! Il varco é qui? (Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende …). Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. (E. Montale, La casa dei doganieri, in Le occasioni, IV)