IN MEMORIA. Locvizza il 30 settembre 1916. Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri di nomadi suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa. Riposa nel camposanto d’Ivry sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera E forse io solo so ancora che visse Da Il dolore (1947) Tutto ho perduto Tutto ho perduto dell'infanzia E non potrò mai più Smemorarmi in un grido. L'infanzia ho sotterrato Nel fondo delle notti E ora, spada invisibile, Mi separa da tutto. Di me rammento che esultavo amandoti, Ed eccomi perduto In infinito delle notti. Disperazione che incessante aumenta La vita non mi è più, Arrestata in fondo alla gola, Che una roccia di gridi. Se tu mio fratello Se tu mi rivenissi incontro vivo, con la mano tesa, ancora potrei, di nuovo in uno slancio d'oblio, stringere, fratello, una mano. Ma di te, di te più non mi circondano che sogni, barlumi, i fuochi senza fuoco del passato. La memoria non svolge che le immagini e a me stesso io stesso non sono già più che l'annientante nulla del pensiero. NON GRIDATE PIÙ Cessate d’uccidere i morti, non gridate più, non gridate, se li volete ancora udire, se sperate di non perire. Hanno l’impercettibile sussurro, non fanno più rumore del crescere dell’erba, lieta dove non passa l’uomo.