SCHEDA INTRODUTTIVA SUL NEOREALISMO 1) Che cosa si intende per neorealismo e in che ambito il termine è stato usato per la prima volta? 2) Quali sono i principali esponenti del neorealismo in ambito letterario e cinematografico? 3) Quali sono le caratteristiche fondamentali del neorealismo? 4) A quale contesto storico va riferita la produzione neorealista? 5) Quali sono le radici del neorealismo? Scrive Calvino, nella Prefazione al Sentiero dei nidi di ragno: L’esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani –che avevamo fatto in tempo a fare il partigiano-non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, “bruciati”, ma vincitori, spinti dalla carica propulsiva della battaglia appena conclusa, depositari esclusivi d’una sua eredità. Non era facile ottimismo, però, e gratuita euforia; tutt’altro; quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa ce può ricominciare da zero, un rovello problematico generale, anche una nostra capacità di vivere lo strazio e lo sbaraglio; ma l’accento che vi mettevamo era quello d’una spavalda allegria”. Il neorealismo non fu una scuola. Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche delle Italie più inedite per la letteratura. Senza la variet delle Italie sconosciute l’una all’altra –o che si supponevano sconosciute-, senza la varietà dei dialetti e dei gerghi da far lievitare e impastare nella lingua letteraria, non ci sarebbe stato neorealismo. Il critico e storico del cinema A. Costa distingue tre aspetti nel neorealismo: morale, politico, estetico. “Fu anzitutto la reazione morale agli orrori e alle infamie della guerra che spinse i cineasti a ritrovare i valori essenziali dell'esistenza e della convivenza sociale. Bisognava dare una risposta sul piano politico alla serie di tragici errori commessi dal fascismo. Di qui la necessit di un linguaggio nuovo, che riuscisse a esprimere in modo diretto una presa di coscienza e una volontà di mutamento”. L’estetica della realtà. A partire dalla presentazione, nel 1946, alla prima edizione del Festival di Cannes di Roma città aperta, il nuovo cinema italiano conobbe un successo internazionale senza precedenti. Quella che fu subito chiamata la "scuola italiana" divenne un punto di riferimento obbligatorio per definire i nuovi sviluppi dell'estetica del film, come in passato lo erano stati l'espressionismo tedesco o la "scuola sovietica" negli anni venti. L'impiego di attori non professionisti (gli attori "presi dalla strada"); il realismo dell'ambientazione ottenuto abbandonando gli studi di posa a favore delle riprese in esterni e girando nei luoghi stessi in cui si svolge l'azione; l'adozione di uno stile di tipo documentaristico; la narrazione di vicende ispirate alla vita quotidiana, ai fatti di cronaca: sono questi i principi estetici introdotti dal neorealismo. Il miglior testo per comprendere lo spirito con cui venne accolta, fuori d'Italia, la nuova corrente cinematografica rimane ancor oggi l'articolo di André Bazin Le réalisme cinématographique et l'école italienne de la Libération apparso nel 1948 nella rivista "Esprit" (Bazin 1958-1962, trad. it. 1972:275-303). In questo saggio, Bazin si sofferma a analizzare soprattutto la tecnica narrativa, cercando di definire il rapporto tra cinepresa (tipo di inquadratura e di raccordi tra inquadrature, movimenti di macchina) e fatti narrati, ambiente, oggetti. Servendosi di paragoni con la tecnica del romanzo americano (Dos Passos, Hemingway, Faulkner) e della pittura francese (Matisse), Bazin cerca di dimostrare che la cinepresa è diventata tutt'uno con l'occhio e la mano che la guidano. In tal modo, secondo il critico francese, il racconto, che nasce da una necessità biologica ancor prima che drammatica, "germoglia e cresce con la verosimiglianza e la libertà della vita". È soprattutto in un film come Paisà di Rossellini che Bazin vede realizzarsi un radicale mutamento nella costruzione del racconto cinematografico: L'unità del racconto cinematografico in Paisà non è l'inquadratura, punto di vista astratto sulla realtà che si analizza, ma il "fatto". Frammento di realtà bruta, in se stesso multiplo e equivoco, il cui "senso" viene fuori a posteriori, grazie a altri fatti tra i quali lo spirito stabilisce dei rapporti. Senza dubbio il regista ha ben scelto tra questi "fatti", ma rispettando la loro integrità di "fatto" (ibid., p. 299). Le radici del neorealismo (A.Costa) Il neorealismo non è tutto il cinema italiano del secondo dopoguerra. Ne è la componente culturalmente più prestigiosa e più nota, ma certo minoritaria in termini di incassi. Se la rinascita morale e la vitalità estetica del cinema italiano sono legate alle opere neorealiste, la sua sopravvivenza economica e la sua continuità produttiva sono invece legate a film di carattere decisamente tradizionale. Il cinema italiano sopravvive e conosce un florido sviluppo grazie alle fortune della produzione di genere e di consumo, con la quale del resto lo stesso neorealismo ha rapporti di scambio, se non altro per il fatto che ne rinnova l'iconografia, come accade per generi come il comico e il melodramma sentimentale. Inoltre, il neorealismo non nasce da una tabula rasa rispetto al cinema precedente, con il quale ci sono indubbi rapporti di "continuità", se non altro di uomini. Aspetti della realtà quotidiana avevano travato espressione nelle commedie di Mario Camerini (Gli uomini che mascalzoni..., 1932, Grandi magazzini, 1939) e nei film "rurali" di Alessandro Blasetti, Sole, 1929, Terra madre (1931), o in Quattro passi tra le nuvole (1942) dello stesso Blasetti. Il richiamo a una realtà quotidiana, ai tratti "regionali" e "paesani" della vita nazionale (contapposti al cosmopolitismo cinematografico e letterario) era emerso con vigore nel dibattito culturale in epoca fascista, per esempio negli scritti di Leo Longanesi e in molti interventi apparsi sulla rivista Cinema diretta dal figlio del duce, Vittorio Mussolini. La difesa di un cinema nazionale, popolare e realista che venne fatta sulle pagine di Cinema negli anni immediatamente precedenti la caduta del fascismo era assai più che compatibile con il regime, tanto più che coincideva con l'esaltazione di film indubbiamente propagandistici, come Sole (1929) o Vecchia guardia (1934) di Blasetti o La nave bianca (1941) e L'uomo della croce (1943) di Rossellini. Al di là delle complesse vicende personali, politiche e culturali degli uomini che diedero vita al movimento di rinnovamento del cinema italiano, il neorealismo appare, più che un movimento organico e unitario, una straordinaria affermazione del mezzo cinematografico. La macchina del cinema che si rivela capace, anche nell'ambito delle convenzioni narrative mai davvero messe in discussione, di cogliere il mutamento dello scenario umano e visivo, ancor prima che politico. Uno dei punti di forza del neorealismo fu la capacità di assimilare, in un clima di frenetico aggiornamento vissuto come reazione al clima di chiusura della cultura ufficiale fascista, nuovi modelli cinematografici e letterari e di adattarli alla realtà italiana. Già nell'ambito delle istituzioni cinematografiche del fascismo (le riviste Cinema e Bianco e nero, il Centro Sperimentale di Cinematografia), critici come Umberto Barbaro, Luigi Chiarini e Francesco Pasinetti avevano promosso un vasto lavoro di aggiornamento, facendo conoscere gli aspetti più avanzati delle cinematografie di tutto il mondo e promuovendo l'approfondimento degli aspetti teorici del cinema (con la traduzione degli scritti di Ejzenstejn, Pudovkin, Balázs). Ossessione (1943), film d'esordio di Luchino Visconti, considerato da molti l'opera che anticipò, ancor prima della caduta del fascismo e della fine della guerra, temi e stile del neorealismo, è sicuramente importante per il fatto che ci mostra angoli inediti della provincia italiana (i dintorni di Ferrara), che gli esterni sono stati ripresi nei luoghi stessi dell'azione, che rompe con gli schemi compositivi del cinema italiano precedente. Ma l'elemento di maggior novità consiste nell'assunzione cosciente di modelli di riferimento inediti nel panorama del cinema italiano: innanzi tutto, la narrativa statunitense: il film è tratto da Il postino suona sempre due volte, 1934, di James Cain, un romanzo dall'intreccio avvincente, dal ritmo serrato e dalla scrittura nitida e tesa; il cinema francese, e in particolare l'opera di Jean Renoir, un autore che aveva fornito originali interpretazioni cinematografiche del naturalismo letterario dell'Ottocento e che, soprattutto con Toni (1934) aveva dato un rilievo del tutto nuovo e di grande efficacia all'ambientazione, al paesaggio, alle condizioni di vita di una comunità di provincia. L'importanza di Ossessione non sta solo nella scoperta di una realtà provinciale dimenticata dalla letteratura e dalla propaganda. Sta anche e soprattutto nell'aver saputo esprimere la necessità di nuovi modelli di rappresentazione e di interpretazione. Un bisogno di apertura intellettuale e morale che non riguardò solo il cinema e che fu efficacemente sintetizzato da queste parole di Cesare Pavese, scritte nel 1946: " Noi scoprimmo l'Italia [...] cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in Francia e nella Spagna". Fu questo clima di apertura, che comportò anche un certo eclettismo, il dato più importante della breve stagione neorealista, durante la quale si affermarono quegli autori che fecero circolare il cinema italiano nel mondo e che misero a punto una serie di modelli espressivi adatti a rendere possibile uno scambio tra evoluzione della societ italiana e cinema. In questo senso si può affermare che per almeno un trentennio dopo la fine della guerra, il cinema italiano è riuscito a interpretare i mutamenti, gli umori e le contraddizioni di una società in rapida evoluzione.