Paisà, IV episodio: Firenze I diversi generi a cui è ispirato l’episodio 1) Genere (melo)drammatico. Il plot sembra quello di un melodramma, anche se nel contesto di un film di guerra; i due protagonisti non sono degli eroi, mettono a rischio se stessi e la vita degli altri non per un ideale, ma per gli affetti privati. La testardaggine dei due si giustifica solo in un impianto melò, ribadito dal primo piano della donna nell’inquadratura finale. Da sottolineare anche l’analogia tra la sequenza della morte del partigiano e quella della morte di Pina in Roma città aperta (in entrambe il montaggio alternato sottolinea il clima drammatico; in entrambe c’è la citazione della Pietà michelangiolesca, o della Deposizione dalla Croce). 2) Film di guerra, qualche indizio di commedia, travel film (Harriet e Massimo viaggiano da un punto all’altro della città, incontrando personaggi via via diversi; alcuni di essi sono comici, come i due ufficiali inglesi, la guardia, l’ex militare) La mappa inedita di Firenze: dalla topografia al simbolo Un elemento che balza agli occhi è il percorso complicato di Harriet e Massimo dentro il labirinto della città (cunicoli, tunnel, tetto, scala, reticolo di strade viste dall’alto). Secondo i critici, questa dimensione labirintica (presente anche in altri episodi di Paisà) assume una valenza simbolica, psicanalitica, indica il viaggio dentro il labirinto delle proprie passioni, allude ad un percorso interiore di conoscenza e cambiamento, spostando la prospettiva dalla guerra di Liberazione all’esistenza individuale. La messa in scena, tra classico e moderno Anche la messa in scena, che a prima vista sembrerebbe semplice, dimostra una certa complessità di costruzione, elemento questo che a detta dei critici farebbe propendere per una lettura in chiave onirica, piuttosto che realistica, dell’episodio. Se prendiamo in considerazione ad esempio la scena del passaggio nel corridoio vasariano e la scena finale, si nota come Rossellini passi da uno stile più documentario (fatto di macchina fissa e leggere panoramiche) a un montaggio tradizionale. Classici sono anche il piano-sequenza sul terrazzo, con la gag dell’ex militare, e un altro piano-sequenza nella scena successiva, che rappresenta Harriet e Massimo che scendono le scale del palazzo. Moderne appaiono invece alcune inquadrature degli esterni della città, con le peregrinazioni dei due protagonisti; i frammenti più documentari che mostrano la ronda della Misericordia, le donne che si passano la damigiana dell’acqua, i partigiani che si sparano; e le inquadrature dall’alto della città, che servono spesso da passaggio emotivo da una scena all’altra. La doppiezza del film è ribadita anche dal suo sonoro, che alterna presa diretta a doppiaggio (quello di Harriet e Massimo). Il montaggio Il montaggio costruisce uno spazio labirintico e un tempo sospeso. Le inquadrature che ritraggono Harriet e Massimo sono prive di contiguità spaziale, spesso sono collegate da dissolvenze incrociate. Si evidenzia una sintassi spesso ellittica e addirittura sconnessa. Le immagini delle strade di Firenze non forniscono informazioni su quanto sta accadendo in città; contrariamente alla narrazione classica, i due non devono superare delle prove per avvicinarsi alla meta, anzi l’itinerario offre continue digressioni. I combattimenti ci sono, ma ne arrivano solo echi imprecisi. Rispetto ai personaggi la guerra è altrove, essi sono presi dai loro affetti privati a cui non rinunciano. Anzi, Rossellini mette a fuoco i poli antitetici di una moderna tragedia, in cui le ragioni private dei protagonisti e quelle politiche dei partigiani, entrambe legittime, si trovano alla fine contrapposte. Paisà, V episodio: i frati di Romagna L’episodio appartiene al gruppo dei tre in cui la guerra appare sullo sfondo come tragedia appena vissuta. Nella prima parte, dopo la sequenza di repertorio, si ha un vero e proprio prologo che rappresenta la vita del convento nella sua continuità, anche se turbata dai rumori della guerra. Sono inquadrature statiche, immagini di sintesi collegate tra loro da una serie di dissolvenze incrociate. L’episodio inizia di fatto con l’alba di un giorno doppiamente eccezionale, per la fine della guerra e la visita dei tre cappellani militari. L’arrivo dei tre rappresenta una specie di secondo inizio, anche dal punto di vista linguistico: troviamo infatti nel primo piano americano dei tre il primo movimento di macchina dell’episodio (carrello all’indietro). A questa inquadratura (long take, cioè inquadratura lunga, che si collega però ad altre inquadrature per formare una scena, a differenza del piano-sequenza che forma da sé la scena), in cui è messa in scena la dialettica tra i cappellani (uno cattolico, uno protestante, uno ebreo), si collega poi un piano-sequenza successivo dove sono rappresentate le divergenze intorno alla fede dei tre personaggi: entrambe riguardano uno stesso spazio, il cortile del convento. Tra questi due passaggi salienti della vicenda si colloca l’incontro tra cappellani e frati. In questo modo Rossellini voleva mostrare il rapporto tra popolazione italiana e liberatori americani, argomento ricorrente in tutto il film, in un’ottica tutta particolare. L’arrivo degli americani e il diffondersi della loro cultura toccano ogni sfera e il cosiddetto “scontro di civiltà” non può non riguardare anche il sentimento religioso e le questioni teologiche; ma si tratta soprattutto di una riflessione di ordine antropologico-culturale da parte di Rossellini sulla differenza tra il cattolicesimo dell’americano, permeato di modernità e pragmatismo, e quello del convento, piuttosto rigido. Nella sequenza finale, il fioretto dei frati pone i tre cappellani in uno stato di disagio che Martin trasforma in riconoscimento di specificità culturale. Lo sguardo di Rossellini in questo episodio è, ad un tempo, sinceramente stupito e amorevolmente ironico, comunque non c’è alcuna partecipazione o volontà di giudizio sugli eventi. Paisà, VI episodio: le foci del Po Rossellini struttura l’episodio in 14 sequenze, utilizzando elementi di scrittura filmica destinati a punteggiare il ritmo interno della diegesi (dissolvenze incrociate, dissolvenze in chiusura, tendine, inserimento studiato di elementi musicali). Le dissolvenze incrociate sono molto numerose e marcano i passaggi spaziali, ma indicano anche la sospensione dei passaggi temporali, evidenziando il tempo dell’attesa. Quando l’azione si fa più serrata e a dominare la scena è l’elemento istintivo e non quello razionale, le dissolvenze incrociate infatti si diradano. I segnali di rottura cronologica più rilevanti vengono evidenziati dalle due uniche dissolvenze in chiusura dell’episodio: la prima separa Dale e Cingolani che fanno ritorno dai compagni dopo la visita al casale dall’immagine della laguna immersa nella notte. La seconda segnala il passaggio dalla straziante immagine notturna del bambino all’immagine diurna dei tre militari americani che osservano un duello aereo dalle loro barche. La dissolvenza in chiusura assume dunque una doppia valenza, spaziale e temporale. La tendina invece non segna il momento dell’attesa ma quello in cui la decisione è stata presa e occorre metterla in atto. Anche la musica contribuisce a dividere le sequenze; essa cessa di fronte al dialogo tra gli uomini e di fronte alla tragedia della morte, lasciando spazio al silenzio o ai rumori (pianto del bambino, tonfo dei corpi nel fiume nella scena finale). Un altro elemento interessante, funzionale all’idea di Rossellini di aderire alla realtà del fatto, è la costruzione in profondità di numerose inquadrature. Nella sequenza della battaglia finale non ci sono primi piani, tutto mette in rilievo l’assoluta mancanza di eroi, di figure dominanti. Anche la natura è protagonista dell’inquadratura di Rossellini, a ribadire l’assoluta insignificanza dell’uomo nell’universo. L’occhio del regista è teso a testimoniare, registrare in modo sobrio e passivo i fatti. Tanto che la macchina da presa si mette quasi sempre in una posizione frontale rispetto al profilmico, cercando di dissimulare la propria presenza dietro un’oggettività di carattere quasi documentaristico. Come sottolinea B.Rondi, Rossellini crea la sua epica senza eroi, che per lui è l’epica nazionale della Resistenza, oltre che con la costruzione in profondit dell’inquadratura, anche con il basso posizionamento della macchina da presa, talvolta messa addirittura a terra, che ha l’effetto di non eroicizzare i personaggi, rappresentandoli invece come parte della natura e ponendoli democraticamente tutti sullo stesso piano. Anche i movimenti di macchina sono in questo episodio molto ridotti, e in genere tesi ad accompagnare il movimento del profilmico. Il rifiuto dell’eroe si accompagna però all’emergere di alcuni enigmi. Il primo è un enigma dello sguardo (movimento della macchina da presa nella scena del bambino che piange, in contrapposizione alla fissità dei personaggi: la macchina da presa va oltre i personaggi, inquadra una scena naturale, rifiutando di soffermarsi sulla morte e inquadrando la tragedia in un contesto di ripetitività naturale, di tragicità sempre uguale a se stessa); il secondo delle parti (differenze culturali tra i partigiani e gli anglo-americani, che si scioglie solo nella parte finale, quando Dale, con uno scatto impulsivo simile a quello di Pina in Roma città aperta corre verso il barcone cercando di fermare le esecuzioni sommarie dei partigiani e va incontro alla morte). Il terzo riguarda la materia: l’acqua del fiume da un lato conserva, difende gli uomini e vive in simbiosi con gli abitanti; dall’altro lato cancella, come testimoniano le ultime inquadrature; in seguito però restituisce, come dimostra la prima inquadratura. Allo stesso modo, la memoria delle morti e dei tradimenti, di quella che è stata quasi una guerra civile, non potrà non riemergere come una ferita inguaribile, come un corpo restituito dalle profondità del fiume. Paradossalmente, la vera chiusura dell’episodio è la prima inquadratura, una sorta di prologo-epilogo scisso dal resto dell’episodio e recante un valore altamente metaforico. ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 1) Noti un’analogia nel montaggio e nel ritmo nei vari episodi? 2) Se consideriamo il tema della rappresentazione della guerra in atto e delle conseguenze della guerra, quale simmetria possiamo rinvenire nel testo filmico tra i vari episodi?In quale ordine sono disposti? 3) I personaggi sono tutti alla ricerca: specifica l’oggetto della ricerca nei vari episodi del film- 4) Quali elementi hanno in comune i tre episodi di guerra e, in particolare, il primo e l’ultimo episodio? 5) Si parla, a proposito di Rossellini, di una doppia natura, simbolica e documentaria del film, che non sono assolutamente in contrasto. Puoi fare degli esempi in tal senso?Come si esprime l’aspetto simbolico del film? 6) I critici hanno parlato anche di rivisitazione, nel film, degli archetipi del racconto. A quali episodi si associano rispettivamente i seguenti modelli letterari? v Elemento bucolico v Romance/romanzesco v Favola v Epos v Racconto mitico 7) Ti sembra dunque che sia giustificata l’affermazione di alcuni critici che considerano Pais non un film a episodi ma un’opera profondamente unitaria, dove l’unità risiede anche nel ritmo e nello stile, oltre che nel contenuto?