«Basta con kebab e parrucchieri cinesi» MILANO— Il nome è evocativo, fa pensare alla New York della «tolleranza zero» , dei ghetti «ripuliti» , della lotta al degrado. E in effetti la Lega Nord, con il «progetto Harlem» , ha in mente proprio questo, importare il modello americano per restituire decoro alle città lombarde ed evitare l’effetto banlieue. La ricetta, però, è padana: limitare per legge la concentrazione dei «negozi etnici» . Parrucchieri, kebaberie, centri estetici, gastronomie a numero chiuso. Ci riprova, la Lega. Dopo la bocciatura della legge sui phone center da parte della Corte Costituzionale, il Carroccio torna alla carica contro la paura dello straniero «a casa nostra» , contro i quartieri ad alta densità di immigrati, contro le attività legate a determinate etnie. E lo fa con una proposta di legge regionale «in materia di artigianato e commercio» (in attuazione della direttiva europea «Bolkestein» ) che sarà illustrata domani a Palazzo Marino dal vicepresidente del Pirellone, Andrea Gibelli. Parte la campagna elettorale lumbard. Con i primi malumori del Pdl. Il concetto base: regolare l’apertura dei negozi (mai definiti stranieri nel testo) «se in contrasto con la sicurezza, la quiete pubblica, la tutela dei valori artistici, storici o ambientali del territorio» . Nei 31 articoli in cui è declinata la proposta di legge, si affida ai Comuni la possibilità di varare un piano quadriennale per «programmare» la vendita di prodotti alimentari di produzione propria, di stabilire «le distanze» tra un esercizio e l’altro, di vietare la vendita di determinate merceologie sulla base di «criteri qualitativi» ma senza «limitare la concorrenza» . Barriera «anti suq» nella Regione con il maggior numero di imprese con titolare straniero (46 mila). Nel testo si legge che la vendita degli alimentari «di propria produzione per il consumo immediato» — dal kebab (appena entrato nel paniere dell’Istat), al pollo indiano, al take away cinese (ma rischiano anche pane e pizza)— sarà «soggetta alla programmazione comunale» . Inoltre, per fare gli estetisti e i parrucchieri — e qui si vanno a toccare gli interessi della comunità cinese — bisognerà avere attestati precisi. Infine, le amministrazioni sono chiamate a individuare nel loro Pgt «le aree da ritenersi sature rispetto alla possibilità di localizzare nuovi insediamenti» con la possibilità di «differenziare le zone commerciali» e limitare nei centri storici «le attività che non siano tradizionali» . Ultima regola: non potranno aprire esercizi i «delinquenti abituali» , i condannati per reati contro l’igiene pubblica, per riciclaggio e ricettazione. Stretta su baracchini, call center, estetisti «per riqualificare le aree urbane compromesse, evitare la concentrazione di determinate attività e tutelare i negozi storici» . Stefano Maullu, assessore regionale al Commercio del Pdl, è perplesso: «Con la premessa che le attività commerciali al dettaglio sono quelle a cui teniamo di più — nel biennio scorso abbiamo versato per il settore oltre 55 milioni di euro — avrei preferito che sul tema ci fosse un lavoro più condiviso» . E aggiunge: «Mi sorprende che certe proposte vengano avanzate in periodo elettorale, tanto più che i regolamenti sulle aperture dei negozi esistono già. Sarebbe stato più utile discutere insieme sul progetto di collocare le attività commerciali lombarde in un’ottica glocal senza attaccare la libera concorrenza» . Il messaggio rivolto alla Lega è molto chiaro. Dati 200 kebaberie presenti a Milano, la città con più fast food stranieri in Lombardia 3,50 euro il prezzo di un panino con il kebab. Un piatto per due arriva a dieci euro 265 parrucchieri cinesi in attività a Milano, circa il 90% di quelli aperti in tutta la Lombardia 8 euro il costo minimo per una piega e un taglio da un parrucchiere cinese A. Sacchi, Corriere della Sera, 6 marzo 2011 Venezia, basta a kebab e pizze al taglio A Rialto, nell’area di Piazza San Marco, all’Accademia e in altre zone storiche di Venezia le pizzerie al taglio e i locali che vendono kebab sono troppi e la giunta comunale dice basta. L’Ansa riferisce che lo stop a nuove aperture è imposto per il momento fino al 31 dicembre 2011. Secondo la giunta Cacciari, infatti, l’ulteriore proliferazione di pizzerie al taglio e kebab, con il conseguente consumo sul posto, comporterebbe il «depauperamento» dei locali tipici del centro storico della città e «un impoverimento» delle qualità architettoniche e di conservazione ambientale, «a causa della particolarità degli arredi e delle attrezzature di questo tipo di esercizi». Di qui «l’incompatibilità» dell’apertura di nuove pizzerie al taglio e kebab con la «conservazione del patrimonio storico artistico e della tipicità del centro storico» in punti di Venezia che presentano «la massima vulnerabilità sotto il profilo culturale e turistico». La delibera, di immediata esecutività, è stata proposta dell’assessore alle Attività produttive e al Commercio Giuseppe Bortolussi ed è stata approvata oggi dalla giunta che, fissando gli indirizzi temporanei in attesa della modifica al Regolamento, esclude per i prossimi due anni nuove aperture o trasferimenti di attività artigianali di questo tipo. Il divieto riguarda 13 delle 24 microzone commerciali in cui il Consiglio comunale ha suddiviso la Venezia storica: Rialto, Frari, Santa Margherita, Santo Stefano, Area marciana, Santa Maria Formosa, San Canciano, Santi Apostoli, Stazione, Accademia, Bragora, Tolentini e San Marcuola. Tutti luoghi dove pizzerie al taglio e locali che vendono kebab sono presenti ormai «in numero sufficiente a garantire il soddisfacimento della domanda». 4 dicembre 2009