Guido Ceronetti: La difficile arte di salutare gli altri (“Repubblica”, 26.7.2008) Caro direttore, il saluto? Dico subito qual è il peggiore. Non c' è peggior modo di salutare che dire salve, parola che, di per sé fredda e sgraziata, viene quasi sempre gettata, più che detta, con svogliatezza e noncuranza: il «salve» esclude ogni possibile amabilità ed è significativo che sia diventato, dopo il «ciao», il saluto italiano più diffuso. Il «salve» degli ambienti giovanili e di lavoro sottintende repulsione per la socialità, l'indisponibilità al dialogo e all'amicizia, avvertendo: c' è un muro, ci vai a sbattere. Meglio ritrarsi. Anni fa scendevo talvolta a un albergo romano a tre stelle, al Nomentano, accettabile... Un giorno fu assunto un portiere di giorno che, non ripreso dalla direzione, salutava la clientela, abitualmente, con «salve». Oltre che sgradevolmente infame, il «salve» non può essere seguito da un nome proprio senza sprofondare di più nel brutto, e il portiere ideale, in qualsiasi albergo, è quello che ti dà il buongiorno accompagnato dal nome. Buongiorno signor Tiramazza! Questo fa che il nominato Tiramazza gongoli, e l'albergo, terra dei nessuno, gli è subito reso familiare; molte paure, inerenti all' assurdità del soggiorno in camere di tutti, svaniscono... Per evitare lo sconcertante saluto anonimo di quel portiere caricato a salve, mai più, in quell'albergo romano, ho rimesso piede. Il miglior saluto è «ciao», in lingua ancora decentemente italiana, lo segua o no il nome. Dall' eco un po' servile nell' ètimo (sciavo, schiavo, s' intende: tuo) l' origine è strapersa, e «ciao» ha il colore dell' indipendenza. Il suo uso in lingua corrente è databile, pare, verso 1880: dunque si poteva già salutare con "Ciao Giosuè" il Carducci […] Prima del 1922, "Ciao Benito" lo poteva dire chiunque - dopo, via via, sempre meno. […] Ciao è bello a patto che non sia ripetuto: ciao-ciao […] è svogliato e denota, pur con le migliori intenzioni, una grande stanchezza. […] Pessimo, da evitare, da reprimere, dilagato come un male infettivo è il ciao a filza di salamini, a mitraglia di guerrigliero, oggi usatissimo nei congedi telefonici, sia di fisso che di cellulare: "ciao ciao ciao ciao ciao...!". Di solito è affannato, nevrotico, sintomatico di qualche buco nero […] . "Addio" ha cessato di essere un modo di salutare. Era per antonomasia il saluto epistolare, i grandi della lingua terminavano così la lettera […] sigillata. Adesso sarebbe incongruo, ironico, accolto male. Un suicida, un condannato a morte scrivono, nei loro convulsi messaggi, come saluto supremo, "addio". […] Dai messaggi lasciati in segreterie telefoniche o digitati nei cellulari "addio" è bandito. O può sussistere come formula di rottura. Nella lingua letteraria […] "addio" resta vivo e pregnante. Ma rimanda a Dio, al cui regno appartengono i morti, ed è come se a quel regno si consegnassero i vivi […]. Rinviare a Dio o agli Dei è, in un certo senso, come già morti salutare i vivi. C' è da riflettere sull' universale adiòs castigliano - che ha valore identico a ciao - espressione emblematica di un mondo che aveva (non so se ancora abbia […] ) un legame indissolubile e una completa familiarità con la morte. […] Salve a tutti! Di recente è uscito un articoletto su La Repubblica in cui l'autore Gudo Ceronetti contesta l'utilizzo del saluto "Salve" come forma "fredda e sgraziata" e poi addirittura "sgradevolmente infame". Nella sua simpatica prolusione, l'autore passa poi a un elogio del Ciao e dell'addio, forma rimpianta e ormai in disuso. Ci sono rimasto molto male e da giorni medito una replica. Innanzitutto va chiarito che Salve è un saluto benaugurante, derivando dal latino Salvus, cioè sano, in salute. Non è necessariamente un saluto formale. Dico "salve" spesso quando incontro un amico che non vedo da tanto tempo, in luogo dell'abusato "Ma ciaaaaaoooooo"; e soprattutto lo dico quando mi trovo davanti a una platea di persone, senza con questo volerne prendere le distanze. In ogni caso, bisogna ammetterlo, il principale merito di Salve è l'essere l'unica forma che ci salva (mi scuso per il gioco di parole) dalla deriva confidenziale. Ciao è un saluto indubbiamente più intimo, derivante appunto dal suo etimo ricordato dall'autore dell'articolo "sciavo, schiavo, s' intende: tuo". E noi non siamo intimi di tutti, almeno non io. Dunque ben venga una forma cortese, augurale, educata e rispettosa di salutare il prossimo. Il principale merito del Salve è che non presuppone una classificazione, non richiede un atto unilaterale e arrogante, cioè la preventiva decisione sul grado di confidenza che si intende concedere all'altro: è una forma universale, nella misura in cui ci permette di salutare un amico e il vicino in ascensore, senza con questo disdegnare né adulare. (intervento sul blog http://www.francanna.com/dblog/articolo.asp?articolo=203, consultato 15.10.2010)