laRepubblica GIOVEDI6MAGGIO2010 I 44 REPUBBLICA LIBRI LUCA MARTINELLI L'acqua ě una merce. Perché ě giustoe possibile arginare la privatizzazione Altreconomia 2010 VITO CASARANO L'acqua come il petrolio? Owero: sarä anch'essa fonte di conflitti? Schena Editore 2009 NICHOLAS STERN Un piano per sal vare i I pianeta Feltrinelli 2009 BJORN LOMBORG Stiamo freschi Mondadori 2008 PASCAL ACOT Catostrofi climatichee disastri sociali Donzelli2007 PIERO BEVILACQUA La terrae finita. Breve storia dell'ambiente Laterza2006 GIUSEPPE ALTAMORE Acqua Spa Mondadori 2006 TIMOTHY GARTONASH Free World Mondadori 2006 Mentre ilmondo vede assottigliarsi le riserve idriche in Italia il referendum che si oppone alla privatizzazione dei servizi ha giá raccolto 250milafirmě ACQUA Quando il bene comune diventa una merce CARLO PETŘINI Circa 250 mila cittadini hanno firmato per il referendum "L'acqua non si vende" che, senza scen-dere in tecnicismi, ha lo scopo di fermare la privatizzazione dell'acquapubblica. Io sto con loro, firmo; non solo, masono afavore del-le proposte che stanno arrivando da piti parti per rendere effettiva la pos-sibilitá delle amministrazioni locali di dichiarare il servizio idrico «privo ďinteresse economico», escluden-dolo cosi dal pacchetto di servizi da iiberalizzare" secondo il decreto Ronchi. Questo decreto, infatti, con-sente la privatizzazione degli acque-dotti e dei vari servizi idrici collegati, previa gara ďappalto. Cosi facendo si consentirá apotenti gruppi di inte-resse economico di trattare l'acqua come fosse una qualunque merce, e quindi di farci pagare non tanto un servizio, come oggi accade in situa-zioni di gestione pubblica, mailbene stesso, come se esso appartenesse a chi ce lo "vende". II private ha come fine quello di fare utili, le strade pos-sono essere due: aumentare i prezzi o risparmiare sugli investimenti. Sono contro la privatizzazione dell'acqua non perché sia contro la privatizzazione tout court, ma perché il modo di procedere di questo decreto sta consegnando le reti idriche nelle mani di capitalist! senza imporre loro nessuna regola che li obblighi a proteggere l'essenza di quello che ě un bene comune. Questo ě l'acqua: una cosa di tutti. Una cosa che tra l'altro comincia a scar-seggiare a livello planetario, e quin-difagolaalivello economico. Nonva sempli cemente comprata e vendu-ta pero, va gestita affinché tutti ne abbiano, perché non ci siano spre-chi, perché non venga inquinata, o usata per fini industriali e rimessain circolo senza essere depurata, perché ce ne siaancorapertanto tempo. Vorrei pero che fosse chiara una cosa: la ragione dell'awersione alla privatizzazione non risiede in una presadiposizioneaprioristica contro il private. In linea teorica nulla viete-rebbe una corretta gestione dell'acqua da parte di un private che se ne assumesse il servizio. II problema ě che una corretta gestione di un bene comune puo essere realizzatasolo da un attore f ortemente radicato sul territory, chesipongacomeobiettivolo sviluppo di quelterritorio,lasuapro-tezione e quella dei suoi abitanti e dei loro diritti. Ed ě molto difficile che questo awengaaffidandolagestione dell'acqua anziché a enti locali a societa di capitali o a banche. *** L'acquapero ě soltanto lo spunto per fare una riflessione piii ampia. Perché qui stiamo perdendo di vista una cosa intoccabile: i beni comuni devono esulare dalle logiche di mer-cato. II che non significa che ci sia unaformulaesattaperlaloro gestione. Intendo dire che non é detto che debba per forza essere lo Stato a far-sene carico, deve invece poter parti-re una reale condivisione: che sia proprieta collettiva a gestione priva-ta, che siatutto pubblico o che siaun mixdelle due cose nonhaimportan-za, perché ci sono formule alternatíve, vecchie e nuove. Stiamo venden-do o svendendo tutto, dando in gestione a chi ha come unico fine ľac-caparramento, mentre certe cose non si dovrebbero toccare. Ricordo un grande dei Barolo, ľindimentica-to Bartolo Mascarello, che si scaglio contro la curia di Alba, rea secondo lui di avervenduto a dei privati delle vigne storiche, vigne che erano a Teivitorio Ibeni comuni devono rimanerefuori dalle logiche di mercato. Possono essere gestiti solo nell'inter esse delterritorio cuiappartengono, delsuo sviluppo e dei suoi abitanti Modernita Quardando alpassato sitrovanosoluzioni di grande modernita, come quelle che le comunitá hanno adottato da sempre per amministrare i boschi oglialpeggi "beneficio collettivo", tra i migliori cm di Langa. Ě solo un esempio delle tante risorse comuni che la nostra Italiastaperdendo,echeavevanore-sistito anche alle spinte piii privati-stiche tipiche dell'Ottocento e Nove-cento. "Vicinie", "partecipanze", "comunaglie", "ademprivi", "societa degli originari", demani comu-nali: boschi, terreni agricoli, spiagge e coste, pascoli, terreni a uso civico chepersecoli erano adisposizione di tutti, di cui la comunitá si faceva carico per mantenerli e sfruttarli con sensodellimiteegaranzieperilfutu-ro. Proprieta collettive o insieme di risorse naturali gestite dal Comune, dalla parrocchia, da gruppi di fami-glie, reti di vicinato e associazioni, se- I SILLABARIO ACQUA TIMOTHY GARTONASH acqua.Eccounacrisichesistaprofilando.Al momenta, circa un abitante sutre delle aree rurali del mondo non possiede un accesso so stenibile all'acqua potabile: in totale fa un miliardo dipersone.Amanoamanochelapopolazione cresce e, con lo sviluppo economico, siincremental'utilizzo di acqua, ěprobabilechequestacifraaumenti.Unmi-liardo e settecentomilapersone vivono giäinpaesi "a rischio idrico". In Europa sono quattro i paesi classi-ficati in tale categoria: Italia, Spagna, Cipro e Malta. La carenza ě particolarmente drammatica nel Vicino Oriente e in alcune zone dell'Africa, la rivalita per ac-caparrarsi la poca acqua ha acuito in conflitti fra gli Stati, non ultimo quello fra Israele e i paesi confinan-ti. Ě probabile che le riserve di acqua vengano ulte-riormente dagli effetti del riscaldamento globale, e in futuro potremmo assistere a "guerre per l'acqua". © RIPRODUZIONE RISERVATA condo regole complesse che risalgo-no in molti casi anche al Medioevo. Sono quelli che inglese si chiamano "commons". Ci sono ancora esempi inEmilia,conlepartecipanzeagrarie che hanno origine ai tempi delle prime formazioni comunali e ancora oggi si trasmettono per discendenza diretta di padre in figlio: enti privati di diritto pubblico che hanno un re-golamento per l'assegnazione (a ro-tazione) delle terre per il diritto d'u-so e di coltivazione. Oppure pensia-mo alle regole che le comunitá si sono sempre date perlaraccolta di er-ba, frutti di bosco, funghi e legname nei terreni comuni. Perché dobbia-mo ridurre tutto a una dicotomia tra pubblico e privato, che ě stucchevo-le quasi quanta quella tra destra e sinistra? Guardo al passato e vedo so-luzioni di grande modernita, che po-trebbero aiutarci nella gestione dell'acqua, nel ripristino dei pascoli, nel mantenimento dei boschi e degli al-peggi (che stanno tral'altro diventan-do sempre piiiterreno di sfruttamen-to a danno dei malgari, i quali ogni anno si vedono aumentare arbitraria-mente gli affitti per basi d'asta dove spesso corrono dasoli, perché gli uni-ci rimasti a fare quel lavoro). Guardo al passato e vedo geniali soluzioni per lo sfruttamento locale dellebiomasse (sfalci e legnami da buttare); luoghi dove costruire orti collettivi gestiti magari daipensionati abeneficio del-la comunitá; unpaesaggiodifesoeva-lorizzato; reti idriche locali, all'avan-guardia ed efficienti, che garantisco-no acqua a tutti, a prezzi tendenti alio zero, se non del tutto gratis. Bisogna ridare dignita giuridica a queste antiche forme di gestione, perché realizzano cio che né il pubblico puro, né il privato puro sono in grado di garantire: i beni cui tutti hanno diritto, le risorse delle nostre terre, mari e acque. Ci metto anche il cibo, perché la stessa dignita va rico-nosciuta a forme di partecipazione collettivaintemadiciboxhecosaso-no i gruppi d'acquisto solidali, gli orti collettivi urbani o il modello della community supported agriculture nato negli Stati Uniti, in cui si převede l'acquisto anticipate di tutta la produzione di un agricoltore da parte di un gruppo di cittadini che poi si vedono recapitare a casa regolar-mente, perfettamente maturi e in stagione i prodotti? Sono cose né pubbliche né private, né leghiste né comuniste, né passatiste né utopi-che. Modelli che funzionano, collettivi e innovativi, al di lá di schemi stantiicheormaihannosolopiuque-sti scopi: fanno arricchire qualcuno, scarseggiare le risorse di tutti, perde-re la nostra liberta, il senso di far parte di una comunitá e di avere potere sulle nostre stesse vite, lasciandoci da soli, a pagare bollette sempre piii salate. Gli autori IL TESTO del Sillabario di Timothy Garton Ash e tratto da Free World (Mondadori). Piero Bevilacqua inse-gna Storia contemporanea alla Sa-pienza di Roma. Tra i suoi libri La terra e finita. Breve storia dell'ambiente (La-terza) I Diari online TUTTI i numeri del "Diario" di Repub-b//'ca, comprensivi delle fotografie edei testi completi, sono consultabili su Internet in formato Pdf all'indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi direttamente dalla home page del sito, cliccando al menu "Supplement!". © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale A chi appartiene l'acqua? Piů di qualsiasi altra risorsa l'acqua deve rimanere un bene pubblico "Le guerre deii'acqua", (2004) Paul Kennedy Lo sviluppo agricolo e industriale ha intaccato la qualitá e quantitá delle risorse idriche "Ii mondo in una nuova era" (2001) Fred Pearce Qualunque accordo tra isrealiani e palestinesi dovra riguardare l'acqua cosi come la terra "California Literary Review" (2007) 45 EUROPA In Francia i'80 per cento dei mercato ě in mano a privati. In Gran Bretagna ie privatizzazioni sono iniziate nei 1989 MEDIO ORIENTE Uno dei maggiori motivi di confiitto tra Israeie e paiestinesi ě i'approvvigionamento idrico AFRICA L'Onu dichiara i'accesso aii'acqua un fondamentaie diritto umano, ma in Africa ia scarsitá ě drammatica AMERICA Gii Usa sono in testa aiia ciassifica mondiaie di consumi (aiimentari e produttivi) d'acqua. 2.483 metri cubi a testa ITALIA Contro ie poiitiche di privatizzazione ii referendum "L'acqua non si vende" ha raccoito 250.000 firme Le tappe I conflitti storici dovuti alle risorse idriche LE GUERRE E LA CIVILTÁ PIERO BEVILACQUA Qui sopra un acquedotto in un incisione di Piranesi. In aito, "L'acquaioio a Sivigiia" di Veiazquez. A sinistra, ii rabdomante agionando sulla "ragione civile" deii'acqua, agli inizi deli'Ottocento, un sapiente giurista, Gian Domenico Romagnosi, osservava come il regime di quell'elemento non poteva «essere regolato interamente coi principi coi quali si dispone di un pezzo di podere o dell'area di una casa». Un dominio esclusivo di un bene - oggi diciamo di una risorsa - che sfugge per sua intima natura all'appropriazione priva-ta, alla "recinzione" in spazi delimitati, non solo si scon-tra con limiti tecnici difficilmente superabili, ma alla fine produce anche diseconomie generali. La dimensio-ne dell'acqua come bene comune, la sua spazialitä col-lettiva - se pensiamo a fiumi, torrenti e canali - esige un inquadramento giuridico e forme di utilizzo economi-co non sempre riconducibili all'impresa individuale e privata. «L'acqua, ricorda Vandana Shiva, puö essere utilizzata ma non posseduta». Tanto Romagnosi, che piů tardi Cattaneo, rivendicheranno - per la prospera Lombardia del loro tempo - la genialitä di un istituto giuridico affermatosi in quelle terre: il cosiddetto diritto di acquedotto. Vale a dire l'obbligo, per ogni proprie-tario, di far passare nel proprio podere il canale destina-to a portare acqua all'azienda agricola confinante o disposta piů a valle. Un sacrificio imposto alla proprieta I fiumi contest Per secoli le contese hanno riguardato i fiumi che oltre afornireforza motrice e usi domestici erano anche le principali vie di comunicazione e segnavano spesso le linee dei confni privata che aveva consentito il diffondersi, nelle campagne lombarde, di una delle piů fiorenti agricolture ir-rigue d'Europa. Ma non sempre l'acqua ha favorito soluzioni cosi positive, concertate e accettate. Anche perché non ě, in sé, l'elemento naturale che decide le forme sociali del suo utilizzo, ma le culture umane che ne vengono a contat-to. E sotto tale profilo noi sappiamo che proprio la na-tura spazialmente diffusa e giuridicamente sfuggente dell'acqua ě stata ragione storica di conflitti che hanno segnato le civiltä antiche e percorso l'interavicenda delle societa umane. Si pensi alle cosiddette "societä idrau-liche" del mondo antico. Abbiamo notizie del fatto che giä intorno al4500 a. C. Le cittä-stato di Umma e Lagash si scontravano per il controllo delle acque del Tigri e del-l'Eufrate. E in tutta l'Asia del Sud, la predominanza delle agricolture legate alla coltivazione del riso, hanno creato forme di sfruttamento concertato, ma anche conflitti. In genere, tuttavia, le lotte esplodevano per problemi legati all'uso dei fiumi. Tanto nel mondo antico che per tutto l'evo moderno i corsi fluviali non costi-tuivano soltanto una risorsa per l'irrigazione. Essi svol-gevano piů funzioni: animavano mulini, macchine idrauliche, erano sede di fortezze militari. E l'appro-priazione a monte, le deviazioni per usi particolari che ne facevano le comunitä danneggiavano gli utenti a valle, aprendo vertenze e scontri. Ma i fiumi segnavano anche i confini tra Stati. In Europa il Reno e il Danubio hanno visto a lungo fronteggiarsi Stati, popoli e non pochi eserciti. Confini, ma anche vie di transito. Prima della nascita delle ferrovie e della creazione di moderni siste-mi viari, i fiumi sono state le piů agevoli vie interne per il trasporto di uomini e merci. Non si comprende la collo-cazione di tante cittä europee in prossimitä dei fiumi se si trascura tale aspetto: l'acqua era necessaria non solo perusi domestici, perl'irrigazione e per creare forza mo-trice, ma anche per collegare il centro urbano ad altre cittä, ai mercati esterni. Anche in questo caso l'acqua, benché bene non raro, costituiva una risorsa contesa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Storie italiane di lotta per un diritto primario QUELLA SETE DI POTERE PAOLO RUMIZ LA acqua e il business del futuro? Sbagliato. L'af-' fare vero e la sete. E la tentazione dei privati di usare la sete per strappare agli utenti tariffe su-periori al dovuto. L'acqua non e come i telefo-ni, che se il servizio non va, si passa alla concorrenza. Non e nemmeno un bene voluttuario, perche senz'acqua si muo -re. Chi detiene l'acqua e non risponde a una logica di servizio difficilmente rinuncerä a usare la sua posizione di monopolio. L'acqua e potere assoluto. Quanto giä succede laddove i privati sono entrati in cam-po, illumina il nostro precario futuro di utenti, dopo il varo della legge che - caso unico in Europa - obbliga a privatiz-zare i servizi pubblici anche laddove funzionanti e remu-nerativi. Firenze per esempio, dove il servizio e gestito da Publiacqua con la compartecipazione di privati (Acea, Cal-tagirone, Monte dei Paschi Siena e altri). Una situazione al limite del paradosso. Nel 2005 la societä e ancora tutta pub-blica, e investe massicciamente in una campagna di rispar-mio idrico. I cittadini ci stanno, e in due anni i consumi ca-lano di undici milioni di metri cubi. Un successo europeo, che ottiene riconoscimenti. Ma ecco che i privati entrano col 40 per cento della quota, e tutto cambia. Agli utenti arri-va una lettera che dice: siete stati bravi, complimenti. Ma noi abbiamo incassato meno, dunque dobbiamo aumen- Sprechi Firenze, Val di Taro, Garda, Mugello, semprepiü numerosi i casi di comunitä che restano a secco mentre le aziende private speculano, tra indifferenza delle amministrazioni comunali e sprechi incredibili tarvi la tariffe. E quanto accade. La punizione di un com-portamento virtuoso e l'incitamento allo spreco. In fondo alla Val di Taro c'e una fabbrica di acque mine-rali la quale succhia dalle falde in maniera tale che, in tempo di siccitä, in alcune case del paese vicini, i tubi dell'acqua pubblica restano a secco. C'e una allarmata assemblea, ma il sindaco tranquillizza tutti. Dice: niente paura, se l'acqua nostra manca, la fabbrica pomperä nei tubi la propria. Tutti tornano a casa felici e contenti di tanta magnanimitä, senza riflettere che l'acqua data solo in concessione e giä auto-revolmente riconosciuta come acqua altrui. Sul Garda, mentre i cittadini di Salö bevono acqua pota-bilizzata al cloro dallo stesso lago dove confluiscono le loro fogne (nel paese vicino di San Felice un anno fa c'e stata la gastroenterite con accuse di epidemia colposa), un'indu-stria in concessione succhia milioni di litri dalla fonte Tavi-na che sta alle porte della cittä. Nel Mugello, per paura che il tunnel della Tav disseccasse le sue fonti, l'Acqua Panna ha ottenuto uno spostamento del tragitto. La "talpa", sposta-tasi piü in lä, non ha avuto gli stessi riguardi con le acque pubbliche e ha risucchiato pozzi, fiumi e torrenti con dan-ni per milioni di euro. Ma c'e di piü. Quando lo stesso tunnel tra Mugello e Val d'Arno ha intercettato una falda enorme di acqua purissi-ma, anziche intubarla all'origine almeno per alimentare Firenze e risolvere i problemi del suo mediocre servizio idrico, ha lasciato che quel prezioso fiume sotterraneo si di-sperdesse, si inquinasse di bitumi edilizi e finisse inutiliz-zato nell'Arno. Un altro monumento allo spreco e al man-cato ammodernamento della pubblica rete. Piü che guerra dell'acqua, e rapina dell'acqua; corsa al-l'accaparramento. E questo che si teme dal 2011, quando la nuova legge entrerä in vigore. Per questo e partita la corsa al referendum abrogativo, con autorevoli sostegni anche nei partiti di maggioranza, soprattutto la Lega. "L'acqua e roba nostra" dicono i verdi sul territorio. Acqua insomma come fattore identitario, e insieme come diritto fondamentale. Cosi la raccolta firme corre al galoppo, con 250 mila sotto-scrizioni su mezzo milione, raccolte in un mese soltanto. LIBRI FRED PEARCE Il pianeta del futuro Bruno Mondadori 2010 Un pianeta senz'acqua Il Saggiatore 2006 ANNCHRISTIN SJOLANDER HOLLAND Il business dell'acqua Jaca Book 2006 VANDANA SHIVA Le guerre dell'acqua Feltrinelli 2006 DIANE R. WARD Water Wars Carocci 2006 GIUSEPPE ROMEO L'acqua. Scenari per una crisi Rubettino 2005 FRÉDÉRIC LASSERRE Acqua. Spartizione di una risorsa Ponte alle Grazie 2004 MARC DE VILLIERS Acqua Sperling & Kupfer 2004 PHILIP BALL H2O. Una biografia dell'acqua BUR 2003 G. ANZERA, B. MARNIGA Geopolitica dell'acqua Guerini e Associati 2003 © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale