la Repubblica Quotidiano Ed. Palermo Editori Ĺaterza Data 24-11-2010 Pagina 1 8/1 9 Foglio 1/3 L no studio su " L identita italiana in cucina' ricostruiscc il molo della Siciliadaľederieo II al dopoUnila IL RISORGMENTO COSIL'ISOLADEIGOLOSI CONTRMJIA FARE LA NAZIONE MARCELLO BENFANTE S iamo soliti rivendicare il primato siciliano della scuola poetica federiciana nella storia della letteratura italiana con un orgoglio retrospettivo che me-riterebbe un piü degno presente. E torniamo spesso a ricordare il ricono-scimento espresso da Dante al volgare illustre siciliano nel "De vulgari elo-quentia". Ma il contributo fondativo della corte di Federico II ě probabil-mente ancora piü vasto e radicale. C'e un indizio in un agile (e sapido) libretto dello storico del Medioevo e delľalimentazione Massimo Montana-ri, docente all'Universitä di Bologna, che ha per titolo "L'identita italiana in cucina" UliHJWiH D ricettari di cucina—spiega Montanari—appaiono in Italia nel XIV se-colo. II capostipite ě un testo prodotto in seno alia corte angioma di Napoli noto come il "Liber de coquina". L'origine tuttavia potrebbe essere piü re-mota. Aggiunge infatti Montanari: «Studi recenti perö sostengono, con buo-ne argomentazioni, che alle spalle di questo testo ve ne sia un altro, del se-colo precedente, redatto in Sicilia alia corte palermitana di Federico II». II primato poetico, dunque, si confermerebbe anche in ambito gastro-nomico, con una sinergia molto indicativa. Se infatti la letteratura ě stato un collante basilare nella formazione delľidentitä nazionale, non meno decisivo ě stato ľapporto delľarte culinaria (ed ě questa la tesi che Montanari espone nel suo veloce excursus). Siamo ciö che mangiamo, si sa. Senza scomodare Feuerbach, ap-pare subito evidente che ľidentitä ha un rapporto strettissimo, biolo-gico e culturale, con ľalimentazio-ne, con le sue modalita e i suoi rití. Definiti all'estero, in modo riduttivo ma significativo, come mangiatori di pasta, gli italiani anche in questo caso cominciano dal basso, dalla periferica e staccata Sicilia. Presente giä nel mondo classico (i románi usavano le lasagne) e perfino in an-tichi ricettari francesieinglesi,lapa-sta assume tutťaltra natura e fun-zione allorché, nel Medioevo, assume forma allungata e viene essicca-ta per la conservazione e il traspor- to. Seguiamo ancoraMontanari: «Si delineain tal modo la vocazione anche "industriale" della pasta, atte-stata la prima volta nella Sicilia di tradizione araba, a Trabia, vicino Palermo*. E ad attestarlo é proprio un cronista arabo, il celebre Edrisi, ehe deserive una fabbrica in grado di esportare «moltissimi carichi di navi» oltre lo Stretto di Messina e in vari «paesi musulmani e cristiani». Pošta in questi termini, ľidea un po' sabauda e un po' garibaldina ehe il processo delľidentitä nazionale sia stato un moto ehe dal set-tentrione ha progressivamente coinvolto il meridione viene per-tanto ribaltata. Piíi netta della linea della palma, quella della tavola ha sovente risalito la corrente dellasto-ria.Eccocome Montanari sintetizza questa dinamica culinaria: «Molti aspetti della gastronómia italiana seguono, storicamente, un percor- so da sud a nord: basti pensare alia pasta secca o al riso, che appaiono perlaprimavoltanellaSiciliaarabo-normanna, o ancora agli agrumi, a verdure come gli spinaci e lamelan-zana,introdottisempreinSiciliada-gli arabi, cost come la canna da zuc-chero e l'arte dolciaria che ne de-rivö». Salta agli occhi la paradossale centralitä marginale della Sicilia in questo itinerario di costruzione identitaria. A conferma ulteriore di ciö troviamo che Ortensio Lando nelsuo"Commentariodellepiuno-tabili e mostruose cose d'ltalia e d'altri luoghi" del 1548 muova proprio dalla Sicilia con la ricetta dei maccheroni cotti «con grassi capo-niecascifreschi,daognilatostillan-ti buttiro e latte» epoiproceda verso nord. In questo "viaggio gastronomico per l'ltalia", vista come paese dime- ravigliose ("mostruose") leccomie, Montanari scorge «un forte senso di appartenenza», owero il riconosci-mento di una profonda condivisio-ne di gusti e abitudini, pur nella ca-pillaritá locale delle tradizioni e de-gli usi. Anche Bartolomeo Stefani, capocuoco di casaMantova, nel suo trattato "L'arte di ben cucinare, et instruire i men periti in questa lode-vole professione" del 1662 assume un'ottica di comunicazione tra "di-stretti gastronomici" vedendo in Napoli e nella Sicilia unafonte di ap-prowigionamentodiverdureefrut-ti «nella stagione fredda» che a ben vedere ě giáun sistema di risorse che prelude in qualche modo auna con-cezione unitaria. Cosicché quando Pellegrino Artuši, giá membro della mazziniana Giovine Italia, dá vita a partire dal 1891 al suo celeberrimo "La scien-za in cucina e l'arte di mangiar be- Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Laterza Pag. 6 la Repubblica Quotidiano Ed. Palermo Editori Ĺaterza Data 24-11-2010 Pagina 1 8/1 9 Foglio 2/3 ne", ľintenzione di unificare la fragile nazione tramite il complesso degliusigastronomici,sullafalsari-ga di quanto Manzoni aveva fatto con "I promessi sposi" sul piano linguistico, ha giä importanti pre-cedenti. Anzi, a detta di Piero Cam-poresi, «i gustemi artusiani sono riusciti a creare un codice di identi-ficazione nazionale la dove falliro-no gli stilemi e i fonemi manzonia-ni». Se la Sicilia verista si immette nella letteratu-ra nazionale postunitaria ■ con grande autorevolez-za, non tra-scurabile, ancorché modesto e fa-migliare, ě il contributo che offre al progetto artu-siano. Scrive Montanari: «fe attraverso la rete postale che luoghi lontani come la Sicilia riescono a entrare nellaraccolta di Artusi, che, nono-stante la fortissima personalita dell'autore, finisce per confi-gurarsi come opera colletti-va». E soprattutto come opera "dialettale", owero irriducibi-le ai dettami omologanti di un'Accademia della Crusca gastronomica, la cui caratteri-stica fondamentale ě il costi-tuirsi in rete, come un insieme coeso ma nel contempo forte-menteradicatonelladimensione locale. Un aneddoto storico puo spiegare questo legame cosi fram- mentario eppure saldo: nel campo di prigionia di Hannover, dopo la rotta di Caporetto, il sottotenente genovese Giuseppe Chioni mette insieme un ricettario italiano rac-cogliendo i ricordi dei suoi commi-litoni. Contemporaneamente, sempre ad Hannover, un altro pri-gioniero, il sottoufficiale agrigenti-no Giosue Fiorentino, compie la stessaoperazione. Fratelli d'ltalia anche per quel vincolo ancestrale del cibo che im-plicitamente vuol dire casa, fami-glia, terra. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'omaggio I UNA MOSTRA PER RICORDARE I IL FOTOREPORTÉR SCAFIDI VENERDlpomeriggioalCircoloufficialidipiazzaSant'O-liva Angela Scafidi ricorderä suo padre, il grande fotoreportér Nicola, morto sei anni fa. E lofarä nella manierache piu sarebbe piaciuta a Nicola, con una mostra fotografi-ca. Nicola Scafidi, fotografo de "L'Ora" fino ai primi anni Settanta, ha raccontato con i suoi scatti mezzo secolo di storia siciliana, dal bandito Giuliano ai delitti di mafia, dal-la miseria nei paesi dell'entroterra al terremoto nel Belice, passando per i grandi set cinematografici allestiti in Sicilia, comeil"Gattopardo"o"llgiornodellacivetta",agli avvenimentidispettacoloesport.comeunostoricocon-I certodiLouisArmstrongaPalermo.Nonacasolesuefo- I I to furono pubblicate da prestigiose testate straniere. I Laterza Pag. 7 la Repubblica Quotidiano Ed. Palermo Editoři Laterza Data 24-11-2010 Pagina 1 8/1 9 Foglio 3/3 I volumi ILfUPO Un pupodi zucchero sicihano(da ''Dolcezzedi Siciha'' di Salvátore Farina '-U' .^ograticar "L'identita italiana in cucina" di Massimo Montanari NlsWJlkjsH cita i I "Commentario della piu notabili cose d'ltalia" di Ortensio Lando, del 1548 e "L'arte di mangiar bene" di Pellegrino Artusi del 1891 m/m -^^^^^^^^^^^^ ^^^^^^^^^^^^ í^raSiil SI Sc il vewsmo sícilíano si immette nella lett<> i. itiu i con autorevolczza, non o trascurabilc U contribute d ito al celcbre manuále di /lituji ■■■■■■■■■■■ Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Laterza Pag. 8