Viaggio ďautore CAMMINANDO ALLA RICERCA DÍ UN AMORE 13 Le settimane di cammino, per un totale di 90 tappe, fra il 7 aprile e il 15 (uglio 2010 2.191 I chilometri percorsi unicamente a piedi attraverso 14 regioni e conlOgiornidiriposo 120 Le ore girate per il documentario durante il viaggio, 14.500 invece le foto scattate Lo scrittore Enrico Brizzi ha trascorso novanta giorni da viandante su stradě e sentieri di un Paese che, nonostante le sue molteplici identita, continua a considerarsi e sentirsi un}unica Nazione Siamo nani sulle spalle di giganti, que-sto lo ricordiamo spesso, anche per-ché la sublime immagine ci fa senti-re cullati. Meno volentieri ci prendia-mo la responsabilitä di camminare sulle nostre gambe, ed ě un peccato, contando che ci permetterebbe d'in-terrogare le Stesse pietre calpestate dalle calighe dei legionári e dai sandáli dei pellegrini. Eppure solo cosi, caricandoci in spalla il bagaglio e accettando la scommessa d'una tabella di mar-cia da rispettaxe, la nostra conoscenza delľltalia uscirä dalla dimensione libresca e dalla schiavitü dei luoghi comuni, per assumere spessore e pro-fonditä autentici. Puö nascere in perfetta conforrnitä alio spirito che ci spingeva da bambini nelle nostre incerte esplo-razioni, l'idea di regalarsi un viaggio di tipo nuovo e antichissimo irisieme: non serve comprare nes-sun biglietto, per partire a piedi da casa propria, da soli o insieme a un pugno d'amici fidati, e av-viarsi verso la meta prescelta un passo dopo l'al-tro. L'ltalia intera, solcata da un reticolo di sentieri e stradě secondarie, puö cosi trasformarsi in un vivo teatro, al contempo fondale, coro e pubbli-co per le gesta dei camminatori. Le informazioni ehe non abbiamo trovato nei libri, sono disponibili dalla viva voce della gen-te, felice di confidarsi con chi passa e va; le varia-zioni ďaccento e costumi, riscontrabili anche nell'ambito d'una singola tappa da venticin-que chilometri, ci raccontano piů cose sulla nostra terra di mille atlanti storici. Anche nelľ aprile dell'anno scorso, quando i miei compagni e io ci siamo portati alle pen-dici della Vetta d'ltalia per intraprendere il grande viaggio a piedi che ci avrebbe condotto in Sicilia, abbiamo cercato di tenere gli zaini sgom-bri da ideologie e preconcetti: non volevamo di-mostrare nessuna teória sullo stato del nostro Paese, al contrario ci interessava provare a conoscer-lo meglio. La pratica concreta del cammino, che dello sport mutua l'abbigliamento tecnico ma non lo spirito competitivo, ci ha permesso di traversare la Re-pubblica alia stessa velocitä di viandanti e pellegrini dei secoli passati. Fatica e sete ci hanno donato ľumiltä della quale bisognerebbe essere capaci nell'accostarsi ai grandi misteři: cos'e l'ltalia a 150 anni dalla sua Unitä? E chi sono, oggi, gli Italiani? Per aiutarci nella ricerca abbiamo portato con noi, insieme alle mappe e alle casacche antiyento, i testi degli autori italiani che hanno saputo rac-contare la ricchezza e le contraddizioni del nostro Paese; la tappa di Asiago ě stata cosi pensata come omaggio a Mario Rigoni Stern, la rilettura di Silone era programmata per scandire le tappe abruzzesi, e le parole di Carlo Levi ci avrebbero tenuto compagnia al confine fra Campania e Basi-licata. Ogni amico ehe si univa al viaggio era tenuto a portare con sé un libro relativo al territorio tra-veŕsato, e cosi abbiamo camminato in Veneto con Parise, Meneghello e le lettere dei volontari della Grande Guerra, in Emilia con Bassani, Bacchelli e i memoriali partigiani, giů giii fino alia Calabria di Corrado Alvaro e alia Sicilia di Brancati e Tomasi di Lampedusa. Io? pellegríno nelľanima segreta di una ragazza chiamata Italia A piedi dalk Alpi a Capo Passero tra ilpopob antichissimo di uno Stato giovane di Enrico Brizzi Diario d i terra II Grande Viaggio a Piedi ttalica 150 si e snodato dai piedi della Vetta d'ltalia (Valle Aurina, BZ), il punto piii a nord del nostro Paese, fino a Capo Passero (SR), il punto piu a sud. Ad Enrico Brizzi e-all'amico fotografo Francesco Monti, che lo hanno percorso integralmente, si sono affiancati di volta in volta, a staffetta, la dozzina di amici camminatori deH'associazione Francigena XXI. L'iniziativa hagoduto del patrocinio del Comitato Italia 150 e di cinque regioni italiane. Una troupe coordinata dalla regista Serena Tommasini Degna ha ripreso il viaggio per realizzare un documentario. II film sara proiettato in prima assoluta, fuori concorso, al Festival del Cinema di Montagna e Awentura di Trento (28 aprile -5 maggio). Dal viaggio, poi, Brizzi ha tratto ispirazione per il nuovo romanzo Gli psicoatletj [B.C. Dalai editore), che sara presentato al Salone del libro di Torino (12-16 maggio). Ulteriori informazioni sul sito www.italica150 .org (sopra, Brizzie la bandiera Anita in partenza dalla Valle Aurina. Foto Francesco Monti -Francigena XXI) In marcia In alto, la bandiera Anita sull'Appennino tosco-romagnolo. Da sinistra, Brizzi sotto il Sassolungo, sull'Altopiano di Asiago e in Sicilia, sulla spiaggia di Marzamemi (foto Francesco Monti - Francigena XXI) La ricchezza delle nostre fonti, pero, ha lasciato spazio in ogni nuovo borgo alia fascinazione senza tempo del racconto orale: attraverso le parole degli anziani hanno ripreso corpo i fantasmi della Guerra e l'epopea dell'emigrazione, mentre i piů giovani hanno raccontato le proprie inquietudini per un Paese che sembra offrire poche possibilitä di crescita; gli Altoatesini hanno detto la loro sulle celebrazioni dei 150 anni, e gli altri l'hanno detta sugli Altoatesini, e sulle autonomie in generale. Abbiamo camminato attraverso quattordici regioni, e nelle piazze d'ltalia si ě parlato di fede e di federalismo, di fortuna e d'amore, ma anche di Garibaldi (e quanto!), dei tempi in cui Pertini era percepito come il simbolo vivente dell'unitä nazio-nale, e del sacrificio di Falcone e Borsellino. Non manca ľamor di Patria, semmai una maniera condivisa di pensare alia Patria stessa; quel che latita dal Trentino alia Calabria ě la fiducia in una classe politica che, ovunque, ě accusata d'inade-guatezza e rapacitä nel suo complesso, tanto da chi vota Centrodestra quanto da chi vota Centrosi-nistra: la rassegnazibne con la quale si parla della politica come d'un male necessario ě stato per noi l'indice del malcontento, che i sondaggi in televi-sione restituiscono a due dimensioni sotto forma di colonnine colorate, e invece dal vivo prende i volti dei padri di famiglia licenziati, e le voci delle madri che non sanno piů far quadrare i conti di casa, eppure non s'arrendono. I piů interessanti da ascoltare sono stati forse i nuovi Italiani, gli extracomunitari arrivati nelle maniere piů awenturose, socialmente divisi fra quanti sono ormai regolarizzati e i meno fortuna-ti, che vivono la vita dura dei clandestini: ne lavóra un esercito, nelle nostre Campagne e nei nostri cantieri, e i nipoti dei cafoni di Fontamara non hanno piů bisogno di spezzarsi la schiena nei lavo-ri piů umili, che al loro posto lo fanno i nuovi arrivati dal Maghreb. Lungo il Regio Tratturo di epo-ca borbonica, poi, le greggi sono condone di rado da pastori nativi della Marsica o del Sannio, che sempře piů spesso si occupano del bestfame uo-mini d'origine balcanica, o ancora curdi e indiáni ŕ_ ŕ Abbiamo cercato di W W tenere gli zaini sgombri da ideologie e preconcetti. E abbiamo imparato tanto dai nuovi italiani: gli immigrati ^ ^ Avevamo libri di W W riferimento per ogni regione. Ma poi il fascino dei racconti orali della gente ce Ii ha fatti mettere da parte sikh. Per non dire delle donne: in mold villaggj del-l'intemo, le uniche ragazze che si vedono in giro sono le giovani mogli straniere di pensionati vedo-vi, o maritati in tarda eta, impegnate come bari-ste, cameriere o badanti, e non di rado indicate con esecrazione dalle anziane locali. Chi nota con sorpresa che le nostre citta rischiano di cambiare volto nel giro di pochi anni, dovrebbe concedersi un giro in Appennino per rendersi conto di come i flussi migratori hanno gia trasformato in via defi-nitiva molte piccole comunita; e quanti credono ciecamente nel mito dell'italico «cuore d'oro», fa-rebbero bene a contare i lividi che fioriscono sui volti delle giovani dell'Est esiliate nelle frazioni fuori mano. E fatta di uomini e donne, l'ltalia, e ognuno di loro e in grado di raccontare una storia diversa; metter-le insieme tutte e come radunare migliaia di pezzi di stoffa per cucire una sola grande bandiera, la nostra. Sara una bandiera aitigianale, come i dra'ppi della Repubblica romana che sfidarono le cannonate straniere, e come i rricolori che sventolavano nel-l'aprile dei 1945 per le strade delle cittä dei Nord appena liberale; non e vergogna ma onore, fregiar-si d'un vessillo che si e fatto conoscere sulle barri-cate e negli assalti alla baionetta. E il nostro inno, che incita gli Italiani a formare una sola coorte, emoziona e ammonisce al tempo stesso: non dall'egoismo, ma dal sacrificio genero-so di giovani a migliaia, nacque la nostra libertä. Certo, in dodici mesi l'Italia fu una da Aosta a Sira-cusa, enessuno puö dire che in centocinquant'anni il divario economico e sociale fra il Nord e il' Sud si sia appianato come sembrava doveroso che accadesse: sono molu' e gravi, i problemi sul tappeto, pur tuttavia un secolo e mezzo di vita co-mune ha affondato per sempre l'idea - cara nei tempi ai nostri potenti vicini - che l'Italia potesse essere altro che una, libera e sovrana. II nostro popolo antichissimo vive in un'o Stato giovane, dei quäle non sempre va fiero, ma e ben con-sapevole di costituire una sola Nazione: le diffe-renze culturali fra regione e regione ci hanno arric-chiti e awicinati, e costituiscono forse il vero teso-ro che si offre al camminatore tappa dopo tappa. Cosa resta, quando arrivi dopo novanta giorni di cammino a Capo Passero, di tum' i preconcetti sul nostro Paese? Un volo di polvere che il vento tra-scina in mare, e finalmente l'Italia puö apparirti per quella che e. Non con la facies di una matura Minerva, andreb-be disegnata la sua allegoria; la figura che meglio si presta a vestirsi in tricolore e portare in capo una corona turrita non e ancora donna, protettiva e madre, ma fanciulla in fiore, figlia, sorella. La nostra Italia non deve sembrare una dea, anzi andrebbe rappresentata in tutta la bellezza della sua umana giovenru: forse solo cosi la troveremo degna di clemenza per i suoi errori, e capace di suscitare in noi, anziehe richieste inopportune, il giusto senso di cavalleria. Enrico Brizzi 2011 Testo originale per «II Corriere della Sera» o ppncouzCNE pjSöwata