LEAREE TEMATIC H E Ľ AMORE, IL CORPO 1005 BOCCACCIO E Ľ AMORE iL ^tíl>«^ľ«norcéUcontCnutoprcvalentequesta prevalent k jä^SľT^) i" cui Boccaccio enunc.a 1 argomento di cu-iKVU^Zt^omm* ě an insieme di dicci novelle che s. immaginano ESS^gST« titoli rieorre esplicitamente la parola yore uv. v,, in JuTcon destgnaziom diverse sempře all amore c,.. rifer.sce;v. iS^consideruino ľargomento deUe singole novelle, nsulta che 66 (su 100) sono incentrate sul rapporto uomo-donna, il quale compare anche, come mot no margin., k. in pirecehie dclle alt re. La novelletta incompiuta che Boccaccio all ínizio della qiitrtí giornati nana a sua giustificazione, chiarisce le premesse teoriche su cui egli si tondiva sia nella scelta di questo tema sia nel modo di trattarlo. 07 Intmdunonealla ivgiornata Círissune donne, si per le parole de' savi uomini udite e si per le cose da me molte volte e vedut* t Wtte. esiimav*1 to che lo 'mperuoso vrnto e ardente; della 'nvidia non dovesse pereno-twe se non 1'alte torri o le piü levate' cime degli alberi: ma io mi truovo della mia estimazio-tt ingannaio Ptt ob che\ ruggendo io e sempře essendorai di fuggire ingegnato il ťiero im-ptto di questo nibbioso spirito*, non solamente pe piani; ma ancora* per le proťondissime «P» sono u^nato ďwd«; il che assai manitesto puo apparire a chi le presemi novel- k„Lmí* 1" ™ 7™Vn ',0rtmin Vd8are e 'm ^ *™« P« "le'' sono e I toriJ 1 cwereda^w^011 ^UBU'lsSMno e riroessoquanto il piü si possonV1. Né per tut- **^Z£Zve2l T***"?' *° Chť íssai manifestamente11 posso presem*^^^'^'^.^^l'miseriaesenzainvidianelle che^p^í^;, Jj^** r*>*&M \imad0í h>mo dett0 —ohm*., deuni han dej ™ o TcZ ' Ť dUc"° * piacervi e di mpmeet loto. E molti. m\i0 teneri" della mia ff '■ (IMKaw **L"£ST.'C "°n v'uc"° ho potuto evit are di WVÍO,ř"" * £l «n.o. anai. NÍ nu MM del «min nn^u '* ml«eria. tu le cosc di -Wwit™, *»•*■. dnít* .«""•«. ar* hc Maw u c nrl'i/"'' 10 ,n>vi Unu «'°>» ne' oum '•ucrciurvi. Z , " ",'W leh* io ttw i unu gioial ncl ,jľ'. . UM««uniliu ma mostrandosi, dicono ehe io farei piíi saviamente a starmi con le Muse in Parnaso^chc con queste ciance mescolarmi tra voi. E son di quegli ancora ehe, piíi dispettosamentecbeiiwif-mente"'1 parlando, hanno detto ehe io farei piú diseretamente22 a pensare donde io dovessi aver del pane ehe dietro a queste frasche andarmi pascendo di vento2'. E čerti aJtri in altra guisa essere state le cose da me raccontatevi ehe come io le vi porgo s'ingegnano in detrimen-to della mia fatica di dimostrare24. Adunque da cotanti e da čosi fatti soffiamenti25, da čosi atroci denti, da cos) aguti26, valorose donne, mentre io ne' vostri servigi milito2', sono sospinto, molestato e infino nel vivo trafit-to. Le quali cose io con piacevole animo21, saUo Idio, ascolto e intendo: e quantunque a voi in ciô tutta appartenga la miadifesa , nondimeno io non intendo di risparmiar le mie ŕorze, an-zi, senza rispondere quanto si converrebbe, con aleuna Ieggiera risposta tormegli dagli orec chi, e questo far senza indugio10. Per ciô ehe, se giä, non essendo io ancora al terzo della mia fatica venuto", essi son molti e moltopresummono", io awbo ehe avanti" ehe io pervenissi |jc alla f ine essi potrebbono in guisa esser multiplicati, non avendo prima avuu aleuna ^eplllsa,4, ehe con ogni piecola lor fatica mi metterebbono in fondo"; né a ciô, quantunque elle sien grandi, resistere varrebbero le forze vostre*. Ma avanti ehe io venga a far la risposta a alcu-no, mi piace in favor di me raccontare, non una novella intera, acciô ehe non paia ehe io vc-glia le mie novelle con quelle di cos) laudevole compagnia, quale fu quella ehe dimostrata Uj v'ho,;, mescolare, ma parte duna, acciô ehe il suo difetto stesso sé mostri non esser di quel lew; e a' miei assalitori favelando dico". Che nella nostra cittä, giä ě buon tempo passato, fu un cittadino U quale fu nominato Filippo ) di condizione assai leggiere41, ma ricco e bene inviato" e esperto nelle co- se41 quanto lo stato suo richiedca; e aveva una sua donna moglie, la quale egli sommamente U amava, e ella lui, e insieme in riposata" vita si stáváno, a niuna altra cosa tanto studio po-• interamente luno all'altro. Ora avvenne, sl come di tutti avviene, nendo quanto in piacere i " farri. Pimaso, a«irci piů da saf^io sc me ne slessi ivn Ic Musc sul monic Parnasiv •'' pili mu-:, -..v piü con malignita che con intelligent. '•' fiirrí pii) discrrumnite, agirei con maggiore av-vedutezia e Opportunita. ■' a ptnutt imto. se pensassi come au^lagnaimt il pane invece che nuttlmi di vento insegnemlo queste HiiKcheiie. * m elm Mm,vtnrr. si sfonano di Jiinosiure. iwr svilirc U mia fatica. che le cose che vi ho raccon-tato si sono swJte diwrsamente da come io v« le narto " loftumrnn, mormorll iľlnvidia. * aUcoií... «tun, da «armecoat í^«co»la»ui£ " mm$ßl... milihi. Itnguagiitocourse nKiitiesitivo s|Urti'o|ier« in wttro onore. •■• tím puffvok *mma, ivn anlmo iranquUto. '' t Alf*, e Iwnclve la »>.* Jilc*- cvtr>> -l»c>tc J> cuse sprtti tutta a vol, . "tm;,! fi.ii.^:.', pni »eiKii nsp>lo leviiimi > >■ .«i.-.. In, ,.M ,,ll«UllClls|MSľ«»rSllU.|ll.-l»>o""Olll. sein« imliigio " tu... vfHuto, gia ora che non sono giunto neppure all« teria parte della mi» opera. Siamo appena alia fine della teria giornata. >- motto pmttmmoHO, hanno assai baWania, quel j malparlanti " await, prima. M ■:■:.:..:. replica. " com ... /Wo, con minimo iforao mi rovinereb- l*™ . ji **é... iwire. Iii le vostre lorae, quantiuK|ucgrandi, basterehhero a impeilire la mia rovina. " ciř v'bo, che vi ho presentato nelle precedent! giornate. , * il tHrík, la sna stessa incxsmpiuteiia renda chia-u> .1»- non riciuu Ii* le *lur novelle " ftxfUitJo Jico. parlo [Jun) diceiukv * Ji/iMxi BiiiaiV», la laiiiiglia esistette davveio era Ii nmvla horshesia, e molu mcnihi i iisiiluno agenti dclla nsmpagnia dei llardi " A . «fä«ew, ili umilc esitarionc '-' iai'Mio. avviato " aWarooie, iKgli allan " tiptudM, screna " u«tt' iluJi», tanta vollecitiidine LE A REE TEMATIf.HE L AMORE. II- CORPO 1007 "** ju,RlippoI**cheun50,0figliuol°* ^^diguest*""1*4" . r™niii*r la mortedella sua donna tan- *^jlTL«o m alcuno altro amata cosa pert ^ L^^-nud^a]^ ^ ^ ^ Mome Aslna, /^fc-^rtZLK si (dn di non ragionare. la dove egk fosse d aJcuna 1= sttss?£-^ 3 tfa,,° sen,if ioro1 che siweorixkw iwegwndogli. E in questa vita molti anni ii tenne. mai delta cella non la-ffU^U, wire ne ileum altra cosa che se dimostrandoglivs. „ fc^^'afifcnienoinoivrnireakunaTOltaa Firenze: e quivi secondole sueoporrunita da(fi and (£ D» sovenuto", alia sua cella tornava. Gtatmoneche,essendogiailganoned'etadidiciottoannieFilippo vecchio, un di il do-mmdoov'egE andara. Filippo glide disse; al quale il garzon disse:« Padre mio. voi siete oggi-epotttemaledurar faticitf; perche non mi menate61 voi una volta a Firenze. •» acci6 che, ftccendoni cognostete gb' amid e divoti di Dio e ratri, io, che son giovane e pos-» mejfio fatjear cB voi, possa poscia pe' nostri bisogni a Firenze andare quando vi piacera. e voi luoaueiii qui?». D vtjeme" oomo, penstndo che gia questo suo figliucJo era grande e era si abiruato al servi- poi Oo.At m\m, .J......telecoseddmcKxfoaseudwTTAbonoomai poter trarre" se- bene.; per che, ivendovi a andire, seco il meno** SsiK3l!^^k^'^e^,'dm^Me^^a^citta tMr«irp«-rrrf - , ^-™»vi u padre che tossero e come si chiama«/»m H padre " C^^^t^^',^ed Ecosidt ^•bmidoooeec^cSiwi ■ ^ ™* hW * Je.oMaWdbflpdrechecwciAuI^ vmewikquili come il giovane vi- W^ ^kg-ure, ch'elle son mala co- 75 5*to-«'^c00di£ficolt»,«3ppor. *■ mi condocete 41 •*»*> avMi^"' ^ffiolw™* onnai le co-dor«A> andarc , Fb^, fe °Maa« "A. •COSe. Disse aUora iJ figliuolo: «0 come si chiamano?». II padre, per non destare nel concupisdbile appetito~: del giovane alcuno inchinevole72 disi derio men che utile, non le voile nominare per lo proprio nome, cioe femine, ma cbste:«ESe si chiamano papere». Maravigliosa cosa a udire! Colui che mai piu aJcuna ' veduta non avea, non curatosi de' pala-gi, non del bue, non del cavallo, non dell'asino, non de' denari ne d'altra cosa cbe vedott |e poo procurarc piacere. 72 mcbamte. bramcoo. akmmt, alcuna donna. ' qutxto ... jaw, per quanto e pocsibile, non mi c «ncora parso di vedere nieruc di cosi beflo e piacevo ^ come queste vostre papere. H **ok. angdL Dei!... beam, suvna.' se v'importa di me, per-mettete cbe d portiamo su neUe nostre cele n«a di jueste papere, e io le daro da beccare. daaar, jj che pane. * «tf... agegw, e cap! la......fcaiaarntr (iaroaM »e*te\ che la natura era piu forte degfi strn afti —li d» k« escogitari. 2 a pentl e*colon, son.: «vogbo». e — aajssaajpBaaa. e vogfio chiedere ai miei neaaia » si meraiigliano «t questo mio imciesse per voi c, 11 a iTjiifiai aar non dico quel cbe tutrj haono conosduco, i bad (fa-more, iuiactvoIaKaaei:i.aJliacouui«am««airaiM che con voi, donne doldssimc. spesso si hanm. ma ancbe solo queflo che haano visto e oiMtfii—liw . : rt ~inile acnoiczxa di co- desde- cfaaao tra i cuuGoi r, tacbicsxe. ** com rtffeoom sepotm rate. * aUb mm ana. fin mo, aecoodbla aantnone alora in tact tra i setae ei quanordici ansa. Tmrnm* rt Jnfoa. vara a voi 3 nio aniaao. It mm*, i poaerc. ■in »«Jafiamrnaacccsada'pietosi so ». h -vi«*Mle • Pimente guardando* che voi Ü«po ^nco, cheI-uxia s.a v«* j ^K-H, mia vi.;, „,j,£2* Li. Lw» onor si tenncro"". c tu lor caro ,1 „acer loro I c quelle lullt Piene mostrerei d'antichi uomini e valorosi, ne' loro Piu nuluri anni somnia-nKntel^TreSludia[odirompiacerealledonncl"',: il che se essi nonfanno, vadanoe si I appa- Che io con le Muse in l'arnaso mi debbia"0 sure. affermo che e buon consigho, mii luiia-via1" ne noi possiamo dimorir con le Muse ne esse con essonoi''". Sc quando avviene che l'uomo da lor si parte, dilcitarsi di veder cosa che le somigli, questo non e cosii da biasima-re"': le Muse son donnc. c bencW le donnc quel che le Muse vagliono non vagliano "4, pure essehanno nclprimoaspetto"1 simiglianza di quelle, siehe, quando per altro non mi piaecs-wo, per queöo mi dovrebber piacere; senza che1" le donne gia mi für cagionc di comporre mille versi"', dove le Muse mai non mi furonodi farne alcun"" cagionc, Aiutaronmi eile be-H e aoMttonmi u.mporre que" mille""; e forse a qtieste cose scrivere'-"0, quantunque sie JO ! uuilissime, si sonoeile venute parecchicvolle a st.rsi meco, in servigio forse c in onore ddk «i#ina che le donne hanno a esse; per che, quesie cose tessendone dal monte Parnaso ne dalle Muse non mi allontano quanto molti per avventtira s avisano Ii a^.ildivamrwrrdWrraccoodai comport arc ''«"»Pi- "° debbia, ,!r|i|i.i J* w j£ *■*«». * «wienc ..Ivoita che l'uomo si „m,nf ^ S;:.^" - ^ che . esse so- v.l«.no ,.prim.v|,„, ,«2*^«ltJlld»t. 'l^CriÄCnCriC'mCmc:mol,i^,ti. im *""'• "eppurr uno 'imitmnmi mill. -1 : hti||j «'e cose. «per., *»«*. «ompunwdo I1"""1 «aoW «wri riten I y*Jß fd",'"i°w «moros, Jn*tl^~,wim^.nc,,r.no ._*> l;. giä pii'i ne trovarono 126 trallc loro favole i poeti, che molti ricchi tra' loro te-sori, c assai'''' giä, dictro alle loro favole andando, fecero la loro etä fiorire1", dove in contra- 1 rio molti nel cercar d'aver piü pane, che bisogno non era loro, perirono acerbi',0. Che piü? Cuccinmi via questi cotali qualora io ne domando loro, non che la Dio merefe ancora non mi bisogna'"; e, quando pur sopravenisse il bisogno, io so, secondo l'Appostolo, abbondare e necessity sofferire"2; c per ciö a niun caglia piü di me che a me1". Quegli che queste cose cos) non essere state dicono"4, avrei molto caro che essi recasserogli 1 originali; Ii quali sc a quel'"che ioscrivodiscordanti fossero.giustadireilalorriprensione"6 e d'amendar1" mc stesso m'ingegnerci; ma infinoche altro che parole non apparisce"*, iogli lascero con la loro oppinione, seguitando la mia, di loro dicendo quello che essi di me dicono Ii volendo per questa volta assai'" aver risposto, dicochedall'aiutodi Diocdal vostro, gen tilissime donne, nel quale io spero, armato140, e di buona pazienza'41, con esso'43 procederö 1,1 avanti, dando le spalle a questo vento'41 e lasciandol soffiar: per ciö che io non veggo che di mc altro possa avvenirc144 che quello che della minuta polvere avviene, la quale, spirante tur bo'; , o egli sli terra non la muove, 0 se la muove la porta in alto e spesse volte sopra lc teste degli uomini, sopra le corone dei re e degl'impcradori, e talvolta sopra gli alti palagi e sopra le cecelsi torri la lascia; delle quali146 se ella cade, piü giü andar non puö che il luogo onde levata 1 fu147. E se mai con tutta la mia forza a dovervi in cosa alcuna compiaecre mi disposi, ora piü che mai mi vi disporrö, per ciö che io conosco che altra cosa dir non potra alcuno con ragione se non che gli altri c io, che v'amiamo, naturalmentc14" operiamo; alle cui leggi, cio* della natura, voler contrastare troppo gran forzc bisognano, e spesse volte non solamente invano ma con grandissimo danno del faticante s'adoperano. Le quali forze io confesso che io non l'ho 1 ne d'averle disidero in questow; e se io l'avessi, piü tosto a altrui le presterei che io per me l'adoperassi"". Per che tacciansi i morditori"', e se essi riscaldar non si possono, assiderati si * se ... ivm.nr, so solo che, provando a imniaui-narmi. Va emane, vanne » cercare. "* piü ne trovarono, trovarono piü pane. "' assai, molti uomini. "* fecero ... fiorire, vissero a luiyio. dove in contrario, quando, al contrario. "° che... acerbi, di cui non avevano bisogno, moriro-no in eta immatura. "' Chepiü? ... bisotru.wxotn dir altro? micaccino via coitoro se io vengo a domandar del pane, benche, (traaie a Dio, ancora non ne abbia bisogno. io ... sofferire, io 10, lecondo l'liueanamcnto
  • era IW piA ... I'adoperassi, prefctirci usarle a benelicio d'altri ilepmlerei) piuttosto chr per mia utilitii. '" monition, sono i malevoli, lortini di coil arrrjei denlt e col/ aguli (c(r nota 26). LE AREE TÉMATU III; L'AMORE. ILCORFO 1011 1010 .erK'lordileiti, anzi appe"" u» corrotti standosi, me nel mio, questa brieve vita g^'iÍSS assai vagati siamo'" o belle donne, lä onde ci dip-rtimmo e ľordinccommciatoseguire. (Boccaccio, Decameron cit., w, Introduzione, PP IV).70) AnaJisi del testo U storu di Filippo Balducci é ľunica che ľautorc rac-conn imervenendo direttamente; nel resto del Decameron, come e noto, la lun-zione di «narratorc» h delegáta ai dieci personaggi che msicmc costttu.scono la «laudcvole compagnia» (riga 35). La novella ě inserita in un ampio intervento a difesa dell opera e ha lo seopo di chiarato di dimostrare ehe la (orza delľattrazione erotica e irresistibilc (concet-to-base delia dottrina boccacccsca delľamore). II giovane figlio di Filippo Balducci, tenuto alľoscuro di ogni fatto del mondo, incontra un gruppo di donne (giovani, belle, eleganti) e, pur non sapendo ehe co-sa esse siano til padre, anzi, per sviarlo gli dice che sono «papere»), ě subito preso dal desiderio di averne una c di portarla via con sé: perdono valore, a confronto conle donne, tutte le cose nuove e meravigliose di cui la citta, fino a quel momenta, gli era sembrata piena. Conclusione: il padre «sentl incontanente piú aver di forza la natura che il suo in-gegno» (righe 90-91);convinzioneche Boccaccio ripete piü avanti, indirizzando-ii alle donne: «gli altri e io, che v'amiamo, naturalmente operiamo; alle cui leggi, cioe della natura, voler contrastare troppo gran forze bisognano, e spesse volte non solamcnte invano ma con grandissimo danno del faticante s'adoperano» (righe 153-55). Lünort ě dunque una forza di natura, « cui e inutÜe o dannoso voler resistere. vriT, T* S'lln0vistiche era comP™ u 'riangolo di concetti amore - euere Z so S J* natU".si;ichJiilmava GuinizzeUi per sottoüneare come non Z'ľZ If im0re ' mdmdr Che hi Ü CUOre Ma nel Decameron non sai ^^^J^^ r U ba"UU di FUipP° («ru sublim.no 1, donna, sdramm.nLn 7 **' MkiIe ľatto sessuaJe) dc-cspressionitraslate.spessocomichr ' im°K-sono un esempio di quell'uso di re, acui Boccaccio per lo piü ricorr ""^ U"a rcalti 1u°»diana c f amilia-d parte isolare ľapoloao d,l ľ rappresent«<: ľerotismo. Non dobbiamo t^oni con cui l0 xrkZ J° «"° co"'«to, dalľinsieme cioě delle argomen-«•rarne aleuni dei presuppLľ* ProP™ °pera. Ripercorriamo quindi, per ^Pnm, parte dcU autodtľtS S2U9;m K*°hva la sua scri»u'a« ÄS^ftÄ! ú «en«< '«'«„io scelto dal- ^CaCC,0-d^» Prosa, daUuľddv3^^^ del vol8"e f,orentinoe dallo stile «basso» litti voglic ... n'i ryr :l vivere. ' ^ u P000 'empo che ci e concesso BI '""o.poichémoltoabbiamodiv^ato. (e clo non e del tutto vero: il Decameron nel suo insieme ě piuttosto un esempio di mescolanza di stih, dal comico al tragico). II genere nuovo consentiva sul tema dcll'amorc vanazionirispettoaipreesistenti modelli. Loperanarrativa,in volga-re, in prosa, era accessibile a un pubblico allargato, di varia composizione sociaJe, comprendente anche i non-specialisti di cose letterarie e, contemporaneamente, poteva accogliere quegli dementi (iJ divertimento, il grottesco, la materialita dei corpi, Ic mcscolanze stilistiche) che 1c forme liriche eseludevano o confinavano nci generi minori. II suo fine era di piacere: «piacervi» e «consolarvi», dice Boccaccio rivolgcndosi alle donnc, sue immaginarie interlocutrici. — Riferendo 1c critiche dei detrattori, Boccaccio cos) riassume le alternative che cssi gli prospět tano: a. «starmi con le Muse in Parnaso»; b. «pensare dondc io dovessi aver del pane». Quindi lo scriver novellette é posto in opposizione a due altri tipi di produzionc intcllcttuale: a. la poe»ia sublime, di contenuto astratto e fortemente idealizzato (il monte Parnaso ě l'immagine di un luogo separato dal mondo e inaccessibile); b. I'impegno professionale, rivolto all'utile economic». Boccaccio si attesta su una posizione difensiva: sembra sottoüneare U grado inferiore a cui si colloca, in confronto ad altri generi e stili, l'opera che sta scrivendo, ma in effetti ne rivendica Tautonomia e anche la dignita letteraria. R.leggiamo la seconda parte dell'autodifesa (righc 93-159). Vi sono affermati due prlncipi: - tra le novelle in prosa e la poesia («poesia» nel senso medievale di invenzione regolata da precise norme Iinguistiche e adorna di artifici retoric.) che fu pranca-tadaGuidoCavalcanti, Dante Alighieri e Cinoda ^™"™^*± ferenza di qualita: le muse possono visitare anche lo scrittore di novelle («si sono eile venute parecchie volte a starsi meco», riga 128); _ ľautore rimarrä fedele alle donne, fedeie cioe alia sua materi.. Pjopno nella scelta di questa matena e ia e nella bravura retorica applicata a un nuovo genere let- terano io ľľutore indica, polemicamente, ľimportanza del Decameron. Ftercizi Donna cfemm non vengono imp.egate nel Decameron con .dent.-T„n Cercatef di chiarire con una certa precrs.one le conno.az.on, de. co s.gmf cato. Cercate _d,cn introduzione: .n pro- 88 77>? „ i^mne a tutte le novelle che presentiamo in questo capitola Potete allargare 1 mdagme a tu«e ^ ^ ^ ^ IJtilizzate moltre d OTP««*^ ,o xxyj deUa Vjta Nuova (T97) ». i «. rlrrrca 1. 11 rapporto tra i due sessi c certamen- PropOSte di /e»^fnfror,XtIenzio„e dell'autore. Se ne pu6 avere un rite, nel Decameron, ^?°?Muicettt (Giovanni Boccaccio, in LIL, II, 2, p. scontro, come consultare A. Barbina (a cura di), Concordanze del 313), anche nel lessico_ro< 2 voU , e controllare la frequenza alttssima Decameron. Firenze, Gmnti, 1W, LE AREE TEMATICIIE L'AMORE, IL CORPO 1013 ion Con/ront.te í-indxccd. d>?X hanno ne, testo: per esempio, paroU. piüoraeno sigmncat.v, per p ^.^dovrebbe esscr ^ 2 La storia di Fiiippo Balducci non i originale: anzi Boccaccio ripetc qui un logo di probabile origine Orientale, diffusissimo u> Occ.den.e. II precedente• pIU vicino dOMMflM, e che voi stessi polete leggere, e un racconto del Novell,™ (xiv). Si riscontrano anche affinitä con la vita leggendana di Budda, narrata da Marco Polo (T122), a cui rimandiamo per un esercizio di confronto. In sostanza, qui, come in altri casi, Boccaccio usa materiali e schemi (folklorici e lcttcrari) preesistenti e ci mette di suo le coordinate storico-geografiche, cioě i riferimenti alia attualita della societa urbana, e in special modo fiorentina, a lui familiarissi-ma (cfr. A. Rossi, Segni e archetipi nel «Decameron», introduzione all'edizione critica pubblicata da Cappelli, Bologna, 1977, pp. vn-XLvn). Sulla concezione naturalistica dell'amore e della poesia in rapporto a questa novella si puö vedere un articolo di F. Sanguineti, La novelletta dellepapere nel «Decameron», in «Belfagor», XXXVII, 1982, 2, pp. 157-47. II desiderio erotko nel Decameron é un bisogno naturale cenSS^'T laTR'' * ■ qU?r tCndenZa deUa natura> * limitazioni e alle OTWW della. moraLttidiaowIe Adgs.iderip erotjso c scmpre, nel Decameron eosa SSSS SS f PPTT° deU'araore incontra del- disliveUidicie cc Bel^f 117trimoni°.'a ^ondizione religiosa, i ssfeuü. bJT ;ens;0fo;, ;^Vupenon a queUc d^u akn do- gran varieta di storie, ambientate a livelM co I costruisce nel Dmm«»„ una fo, dal cortese al comico. In u u „t ^ f™'e C°" ^nguaggio dif ferenzia-lora attraverso rischiose N^S ' conseguono, ta- CJlm° di cui riprodu: LanovelladiTancredieGh- *"f! Jdi« domiKazio, \n^Honitta, Tancredi, sug- ^ * agfufiauo k scelta del- lepoca e dell'ambiente: un mondojeudaki„ cui si awertono mntrMnni I, |fffr via d amove di Ghtsmunda, la vendetta del padre Tancredi, trasgredendo ileodicecor-tcse al cui interna apparentemente si pongono, ne rivelano la fragilita. Tancredi, prenze1 di Salerno, uccide 1'amante della figliuola e mandale il cuore in una coppa d'oro; la quale, sopr'esso acqua avvelenata, quella si bee2 e cosl muore. Fiera materia di ragionare' n'ha oggi il nostra re data, pensando che, dove per rallegrarci ve-nuti siamo, ci convenga4 raccontar 1'altrui lagrime, Ie quali dir non si possono che chi le dice e chi l'ode non abbia compassione'. Forse per temperare6 alquanto la letizia avuta li giorni pas-sati l'ha fatto: ma che che se l'abbia mosso', poi che a me non si conviene di mutare il suo pia-cere8, un pietoso accidente', anzi sventurato e degno delle nostre lagrime, raccontero. Tancredi, prencipe di Salerno10, fu signore assai umano e di benigno ingegno", se egii nel-l'amoroso sangue nella sua vecchiezza non s'avesse le mani bruttate '2; il quale in tutto lo spa-zio" della sua vita non ebbe che una figliuola, e piu felice sarebbe stato se quella avuta non avesse. Costei fu dal padre tanto teneramente amata, quanto alcuna altra figliuola da padre fosse giammai: e per questo tenero amore, avendo ella di molti anni avanzata 1'eta del dovere avere avuto marito14, non sappiendola da se partire", non la maritava: poi alia fine a un fi gliuolo del duca di Capova16 datala, poco tempo dimorata con lui, rimase vedova e al padre tornossi. Era costei bellissima del corpo e del viso quanto alcuna aJtra femmina fosse mai, e giovane e gagliarda'7 e savia piu che a donna per awentura non si richiedea'8. E dimorando col tenero " padre, si come gran donna, in molte dilicatezze20, e veggendo che il padre, per 1'amor che egli le portava, poca cura si dava di piu maritarla21, ne a lei onesta cosa pareva il richiederne lo", si penso di volere avere, se esser potesse2', occultamente un valoroso amante. E veggen do molti uomini nella corte del padre usare24, gentili e altri2', si come no. vegg.amo nelle cor ti, e considerate le maniere e costumi di molti, tra gli altri un gtovane valletto del padre, fl cui nome era Guiscardo, uom di nazione2>-H "mile ma per vrm. e per costumi nobtle, piu che altro le piacque, e di lui tacitamente, spesso vedendolo, f.eramente s accese , ognora piu ' prenze, principe. 2 si bee, beve. ' Fiera ... ragionare, argomento dolente. Nella rv giornata del Decameron sotto il «rcggimento. di Fi-lostrato, «si ragiona di colore li cui anion ebbero in: feline fine». ' ci convenga, sia opportuno anche. ' che... compassione, senza che chi narra e chi ascolta questi infelici casi sia mosso a compassione. 6 temperare, moderare. ., 7 ma ... mosso, ma quale sia il motivo che a c.61 na indotto. " non... piacere, non mi e lecito cambiare 1 argomento di suo desiderio. accidente, caso. . ;i „ 10 Tancredi... Salerno, nomi e luoghi nevocano U periodo normanno, ma la vicenda e i personaggi sono immaginari. " di benigno ingegno, di indole benevola. u se ... huttate, se solo non si fosse, m v«ch,«., macchiato le mani del s.ngue di due innamormi. '1 lo spazio, il tempo. " avendo... mařilo, pur avendo ella di molti anni su- perata 1'eta opportuna per maritarsi (che era tra i quattordici e i diciotto anni). " non ... partire, non decidendosi a separarla da sí. 14 Opova, Capua. " gagliarda, ardita. " savia ... rtchiedea, saggia piu di quanto non si n-chieda normalmente a una donna. " tenero, qui, affetruoso. K si dilicatezze, circondata da molti agi, come si conviene a donna di grande nascita. •'' poca ■ maritarla, non si dava pensiero di maritarla nuovamente. ,,'"„"■ " ilricbiedemelo. il chiedergliclo. ° se esser potesse, se fosse stato possibile. " nella ... usare, frequentare la corte del padre. 0 tentili e altri, nobili c non nobili. ■ valletto, servitore. " di nazione, di nascita. •'' fieramenle saccese, sinnamoró ardentemente. LEAREETKMATK.HI. I.AMOKI H.COKPO 1015 1014 < ncra pocotweduto", enendoii di l<: • ^ tatabi ■««■} Xlriccvuu, chc da ogni ahr. cca quasi chc d, Urw,l'«w«pcrin«"« » tó«««fcwf """". „rcumcnlc, ni.inaallia .o-.a i..mi...I, 4« 4) r/1 .dovergli lignificare il modosccopcnso una .m >v- ,„„,......... L^ciochc a fare" I di seguente per csscr con lei gl, mostró'4; c poi quella mcssa ,„,.n Lduolo di mm", w1I«b«kIo la dicde a Guiscardo e dicendo": «Iara nc qucsta sera un ioííionc'; alia tua scrvente, col quale clla raccenda il fuoco». Guiscardo il prcic, c avvisando costci nou senza cagione dovcrglicle aver donalo e com del to", partitoii, con csso le ne lornó alia sua casa: e guardando la canna e quella vedendo ks di lei c lettala c ben compreso ció chc a íare avca, il piů contenlo uom (u che fosse gia mai e diedesi a dare opera di dovere a lei andare"' secondo il módo da lei dimostratogli. Eraallato" al palagiodel prenzeuna grottacavata" nel montc, di lunghissimi tempi davanti fátu", ncllí qualgrottadava alquantolumc uno spiraglio fatto per forza" nel monte, il (.prali, per ció che abbandonata era la grotta, quasi da pruni4'' c da erbe di sopra natevi era ritu-tato"; e in questa grotta per41 una segreta scala, la quale era in una delle camere terrene del ptlagicdaquale donna tcncva4\ si poteva andare, come che* da uno řortissimo uscio serrata tone. Emu íuor.delle mentidi tuttiquesta scala, per ció che di grandissimi tempi davanti umu non, cr. che quasi niuno che ella vi fosse si ricordava": ma Amore, agli ocehi del grotta discesa c lo smranlio v«i..,« Z, n q J. " qualc "P"10 c soIa nelIa r auezza che da quello infino in terra esser poteva. Alla MÍT" ""t"0-^*"^™****. /<^,c«nl,d„ctonnt„uno f«MM, til lndic6 «• I" un n,t l1' «n,„, vuoio, tne "'I" prima. «S.,msPi:. poeodi ,ucc uno spiraglio ^Pfcidche, liccome. „ J*""*'. c«Pugli spinosi. „ "'"'"a, oitruiio. „ P". per mezzo di GhiuBo^J, ' Ktme t"'" .ppart.mcnti di " ■£*'«*». bench*. esiitenza. °' M,Cncquuinc""rK>ricordavalasua gtf *c*/" '*n"1'w' cl>e non giunga; complcmcnto e «ni iuoi unci nr"i™V*i 'r""k'"to mol<' 8'orni con r'U,CirC " Khiudere "uel1' ^"^"Slrr,*'1"1110 » Guiscardo eno. lei cal.nd„,i.tlr.vcr.odi indie.,,. 6o qual cosa fomire "Guiscardo přestárneme ordinata%na rune con certi nodiecappiwdapo-tcrc scendcre c salírc per essa c té vestito dun cuoio che da' pruní íl dífendesse, senza fame alcuna cosa sentire a alcuno01, la seguente notte alio spiraglio n'ando, e accomandato" bene I'uno de' capi della rune a un forte bronco'''che nella bocca dello spiraglio era nato, per quella si colló''1 nclla grotta e attese fa donna. La quale il seguente di, faccendo sembianti" di voler dormire, mandate via Je sue damigelle6' c sola scrratasi nclla camera, aperto I'uscio nella grotta discesc, dove, trovato Guiscardo, in-sicme maravigliosa festa si fecero; e nella sua camera insieme venurine, con grandissimo pia-ccrc gran parte di quel giorno si dimorarono*'; e dato discreto ordine alii loro amori** acció che segrcti fossero, tornatosi nella grotta Guiscardo, e clla, serrato I'uscio, alle sue damigelle sc nc venne f uori. Guiscardo poi la notte vegnente, sii per la sua fune sagliendo , per lo spiraglio dondc era cntrato se n'usci fuori e tornossi a casa; e avendo questo cammino appreso piu volte poi in processo di tempo'0 vi ritornó. Ma la fortuna, invidiosa di cosi lungo e di cosi gran diletto, con doloroso avvenimento la Jeti-zia de' due amanti rivolse in tristo pianto7'. |65 Era usato Tancredi di venirsene alcuna volta tutto solo nella camera della figliuola e quivi con lei dimorarsi e ragionare alquanto e poi partirsi. II quale un giorno díetro mangiare lá giu venutone, essendo la donna, la quale Ghismonda aveva nome, in un suo giardino con tut-te le sue damigelle, in quella" senza essere stato da alcuno veduto o sentito entratosene, non volendo lei torre dal suo diletto, trovando le finestre della camera chiuse e le cortine del letto J70 abbattute74, a pie di qucllo in un canto sopra un carello" si pose a sedere; e appoggiato iJ capo al letto e tirata sopra sé la cortina, quasi come se studiosamente76 si fosse nascosto, quivi s'a-dormentó. E cosl dormendo egli, Ghismonda, che per isventura quel di fatto aveva venir Guiscardo, lasciate le sue damigelle nel giardino, pianamente77 se ne entró nelJa camera: e quella serrata, senza accorgersi che alcuna persona vi fosse, aperto I'uscio a Guiscardo che (75 Pattendeva e andatisene in su il letto, si come usati erano, e insieme scherzando e sollazzan-dosi, avvenne che Tancredi si sveglió e sentl e vide ció che Guiscardo e la figliuola facevano. E dolente di ció oltre modo, prima gli voile sgridare, poi prese partito di tacersi e di starsi nascosto, s'egli potesse79, per potere piú cautamente fare e con minor sua vergogna quello chc gia gli era caduto nelTanimo di dover fare80.1 due amanti stettero per lungo spazio m- 80 sieme, si come usati erano, senza accorgersi di Tancredi; e quando tempo lor parve d.sces. dal letto, Guiscardo se ne torno nella grotta e ella use) deua camera. Della quale Tancredi, an- 55 " Alia ...fornire. per effetiuare quesea sua disceia. '' ordinate, avendo subito preparata. '" cappi, anelli di corda in ctii porre i piedi " smia ... alcuno, senza far subodorare nulla a ncs suno. accomandato, assicurato. bronco, sterpo. si colló, si calb. faccendo sembian/i, fingendo. " damigelle, (anciulle di servizio c compagnia. Jl dimorarono, si iratlennero. "dalo., amori,accordaiisisaviameniesullemodali-'a dci loro incontri. Mtliendo, risalendo. 10 0»... tempo, genericamente: nei giorni successivi. " rh/oUe... pianto, mut6 in un pianto desolato. " dietro mangiare, dopo mangiato. " in quella, nella camera H e ... abbaltute, e abbassate le tende (cortine) del lello. n m ... carello, in un angolo. sopra uno sgabello. ;* studiosamente, a bclla posta. :' pianamente, senza far rumore. " prete partilo, decise. ^ s 'egli potesse, sc gli fosse riuscito. w '>'■'- .fare, gli era venuto in mente di fare. " per lungo spazio, a lungo. " quando ... parve, quando scmbro loro opportune LE AREE TEMATICHE Ľ AMORE. IL CORPO 1017 I con de" vwchio íoae.dt una j «dou, cUemcimone finestra di quella si caJö nel gjardino e senza essere da alcun M alia sua camera si torno. TTJ^Zimim mYmár dďo spiraglio la seguente notte in sul pnmo sonno Gu.Miar-±JálZmmod^úmcrao del cuoio unpacnato", fu preso da due e segretamcnte a ?LB|««aqo^.£0«il^.^iPu«^£i^: «Guucardo, la mu benignita «^«».^■eii^roJtr^ , s. ,• ar » oftt vidi coo gli occhi miei». Al -juiIlCtmmiVi niimi ilti---x"r* " nonquesto: «Amor puč troppo piü che ne \ )i ne 10 pOMMo"* Coaaaodö t^T* Tancredi che egh chetaroente " in akuna camera di la entro guardato f os-*",eco«aroiarto. IcMsidi sefoeme, noo sarjpiendo Ghismunda nulla di queste cose, avendo scco Tancredi iň e dmne novita* pensate, appresso mangjare"' secondo la sua usanza nella camera imSbádk fitjtaok. dove tatulasľ: chiamare e senatosi dentro con lei, piangendo le co- ■JMftaitii ifláwiMuh.inii ml iini im.....n 11 tu i riríi r Ii rm iwt'i mai non mi sa- I atfabe potato cade neu aaimo", quantunque mi fosse staio detto, se io co' miei occhi non vedno, che tn di luuopmü a akuno uomo", sc tuo marito suto non rosse, avessi, che í am, mm par pensato*1, di che io, in questo poco di rimanente di viu che la mia vec-•na 1 mha*. Kapře tarô doknte di oö ricordandomi E or volesse Idio, che, poi che a dtnaesä coodocer ú dovevi*, avessi preso uomo che aDa rua nobilta dece vole ^ fosse r, sa tra uati che nefla mia corte n'usano deggesti* Guiscardo, giovane di vilissima faäaae, nefla nostra cone quasi come per Dio T dapxco! fanciuüo infino a queste i: al-le?Mo,dicbe tnkiyaiirfaHmnafiamx>d'animo messo m'hai, non sappicndo io che parti-»Aie m ňjiatm. Di Guiscardo, il quale k>feci stanotte prendere quando dello spiragli aaern, e holo in pripone*', ho io gü meco preso panno che fame; ma di te sallo Idio che io ľSľ ?fT P,ne™liae ľ**™ A quale io ťho sempre piü ponato che alcun ■ad^port^abtfocaa, e d'akra mi trae giustissimo sdegno preso per la tua gran follia: q»e# vuek che » n perdom e quesri vvjc4e che io comro . mia natura in te incrudelisca,M: nlZni, T*FFŕ a ^ ^ ^ un fanciul ben bat tuto1-. ^•""^^LcX^ í - -^o-re esser disco- vjuoorao, ootore u*samabik senu e a mostrarlo con romore e con ■<*r. «fcbtoe »» j — Ptwo. tveui non dico ťatto, m* nep-forepeniato « letbm, io qoou poa vita che aocora U vec-»• -- iowai, poiefaé doven proprio comportarri m eonvetnenee. a^ m^J*°.pe»cariU. r , T* die aeasiooe prenderc oô tuoi "T* max ■> _ ,. "• -JrV°mf'e 10 "3*> PňíiooieTO « Axr.baicUcbre coturo queste m«e accuse « *****>. pereoiao. -"-.•od*. lagrime. come .1 p.u le femine íanno, ŕu assai vohe vW": ma purquest. ^nncmk .1 suo an.mo alt.ero, .1 viso suo con maravigliosa forza ferrnô'10, e seco. avanti che a dôvere al-cun pnego per se porgere, di piü non stare in vita dispose111, avvisaofaiiae«»«^«,» Guiscardo. Per che, non come dolente femina o ripresa del suo fiBoIU, ma come noo cawtee vatao-sa , con asciutto viso e aperto114 e da niuna parte turbato cosi al padre cÜsse: «Tancredi, né a negare né a pregare son disposta, per ciô che né ľun mi varrebbe né ľaltro voglio che mi'va-glia"\ e oltre a ciö in niuno atto"*iniendodi rendermi benivolala rminansuetodme^el tuo amore: ma, il vero confessando, prima con vere ragioni difenderlafaiMnna^epotoan t'atti fort issimamente seguire la grandezza defl'aniroo mio1Egli ě il vero120 che io ho amato e amo Guiscardo. e quanto io viverö, che sara poco, l'amero, e se appresso la morte s'ama, non mi rimarrö ďamarIoi:!: ma a questo non m'indusse tanto la mia feminile fragilita, quanto la tua poca sollecitudine del maritarmi e la virtü122 di kti. Esser ri dové, Tancredi, manifesto, essendo tu di came, aver generata figliuola di carne e non di pietra o di ferro; e ricordar tí dovevi e dei, quantunque tu ora sie vecchio, chenti e quali e con che forza vengano13 le fcggi della giovanezza: e come che"4 tu, uomo, in parte ne' tuoi migliori anni neD'armi esseratato juo ti siiU5, non dovevi di meno conoscere quello che gli ozii e le dilicatezzepossanooe' veedri non che ne' giovani'". Sono adunque, si come da te generata, cfi carne, e si poco vivuta1*, che ancor son giovane, e per ľ una cosa e per l'altra piena di coDcupisdbile disidero , al quale maravigliosissime!i0 forze hanno date l'aver gä, per essere stato inanwa.nwwniitoqual piacer sia a cosi fatto disidero dar compimenio. Aue quali forze non poteodo io reststere, a • jj seguir queUo a che eile mi tiravaiK>H', si come giovane e femina, rm dispoo ejnnamo-rami^certomquestoopposiogmmiav^mn^^ pietoso Amore e benígna fortuna assai occult senza sentirlo aleuno1", io a' . ^ ■■■ vici**. pati un dolare iodidbik. e pni *"ttt tu sul punto di darlo a \*edcre con grída e lacrí-ro<. come di solito řanno le donne " »äi. debofcna. ... f*"**, mantenne impassibile. fco dispose, decise in cuor suo dl non *oín ptó were, piuttosto che abbassarsi a únpiorare demen- |u npreu ...fallo, ledarguiu per ii suo errore. m* ... valorotM, ma come donna sprenante e co- „, frrto. franco. uno (il negare) non mi servirebbe. ľ«ltro (il pregare) non voglio che mi serva (cici non ricorrervi). "t mmo too, con nessun atteggiamento. Kndcnm... miametmJme. accaruvanni la rua ge- aerositá. '" com... wim, ľin/inito i reno dal přeceděntew»»-do- difendere il mio onore coo foodari «rgomenn " fortrmmtmente... moc. teuere We con coerenia jj» mia nobilta d'animo. Eilt... too, i veto. . non cesaerd ďamarlo f&tm. vakre. m ebemú rtnf">. ch che natura siano e coo quan- , ta lona si tacdaao Knrire. " m ... srn, tbtmš speso. essendo uomo. parte dei root amá máffiaň odl 'esercizio defle ármi. ^ worn... ometat, dcneii nondimeno sapere. posséMO... potmi, possonoprodurre nri porame anche nd vecehi <■ comafisaMe ébsurro, naturale tendenxa re il piacere waiMufftiiMii—i' stranrrKnarie. >"«... M», dot: a im n—aiii—j al suo iat- >u £... fmt, e certamenie. men or cosi agivo, ternu di evitarc con ogni mu feraa. per ouanto mi era pc«-sibile, di proeurare vcigogna a te e a me con qurgli atri a cui mi spingera la nostra naturale diir^mtine. sia pur peceaminma. ,u sexu sentsrio tkmma, sena ehe nessuno lo sa pesse- bderi. penemwt. riusdvo a reahxxare i mid de- LE AREE tematiche (OOCOJDf ■jo •*5 rhe ru Ü s*PPÍ!".» noi nego. Guiscardo non per accidente tolsi , come molte . r: ^ÄeXcor.sigDoeJess, innanzi a ogni altro e cor, aweduto pens.ero a me !o SScam savia perseveranza di me e di lui lungamente goduta sono del mio duio Di äeeZwe, obe ařaniorosamente aver peccato, che tu, b piü volgare opinione che la veri-AmuämAn coopiüamariwdine mi riprenda, dicendo, quasi turbato esser non ti de sc» nobile u«no avesri a questo eleao, cheiocon uomo di bassa condizion mi son posta " in che1"«« t'aecorp che ooo il mk> peccato ma queüo della fortuna riprendi, la quäle assai mmeioacáegm aahokva'", abbasso lasdando i degnissimi. Ma lasciamo or questo, e linarda alqoaoto a'principudtOecwe:4::tuvedrainoid*unaraassadicarr.e ' tuttilacarne ivere e da ooo medesimo creatore tutte l'anime con iguali forze. con iguali potenze, con igua-Erirrücreaie1*'. Lamtn prirmrramrnte'" noi, che tutti nascemmo e nasciamo iguali, ne di-tamti e quegB che di lei maggior parte avevano e adoperavano nobili furon detti, e il rima-iwmm imiiiuliue. Ebenchécontrariausanza poi abbiaquesu legge nascosa, ella non é ttjam irfajMni rlifli nirma ně da" buon costumi'"; e pe: c:b cohii cht vir: j »amen-adopera' , apertamente sě mostra gentik"7, e chi altramenti il chiama'1", non colui che ě iafBMBMaJuichechkinac^ Raguarda150 tra tutti i tuoi nobili uornini la kr róa, i lor costumi e le loto mankre, e d'altra parte quelle di Guiscardo ra-r^j^ST* KBU *aimositi gkdkare, tu dirai hii nobilissimo e questi tuoi nobili tut---qKrTTmt '°* viltu e ^ vakr * Guiscardo k non credetti al gjudicio d'alcuna altra pmoMcheaquefedeaetneparolee de' mieiocchi. Chi D cwnmendö152 mai tanto quanto vJÜTH 1? tT*'?k.C0le vakroso uomo dee essere commendato- 1??°™!"™°: mic,occhinon «'kgannarono, niuna laude da te data gli f u che mZ^^^^^^^^P°teano«Printe, non vedessi " e Á^^Z^TZ'12 m d™ Ü vero: ma per awentura l tu di- S^EÄ^i ** T° un rlente uo' mmeh*.t um aVendo porta in .fc jícurv. ' ^ * — «d egu* dipende cht unnobi. »*poi uuo dunenticare questa legge, essa non e an-c«a »comparu, ne roessa in discuuione dafla natura JTj " comporta con digruta *fe»vw, ii comporta. nobile. ^ feUo, ibagÜa •M^.eooMdeii. m «**, neue qualj. niuna vtA*> da it semackZu °e"un """«o gl« fu riconoaciuio •o in '«to e in^i"0"10 Vedej,i P"'ic«n>en'e me*' to le tu, L i ancor» P>u «nmirevole di quan ^ ,^pottMCTO»Pri'neTe. Ghiarnot^Ce?' ""^ ^ ^ in PHm0 lu0g° ™ Ua£ aPP,C*° 4 "im«re Guiacardo. mei„ COf) K per caao tu dicejsi che mi sono mettere m P°Vrro' eßhene qucito » potrebbe am-»tua vergogna: per che queito e iJ too- ^'»m (facendo ■ perene questo c u í un galantuomo al tuo anere pověro). L'AMORE. IL CORPO 1019 aide: Molu re, molti gran preneipi furon gjä pweri, e mold di qoegli che la......Vfmj e guardan le pecore giä ricefussirni furono e sonne5'. Uulrinwdubbk^chem mov«i, ooe che di me far ti dovessi '. caccial del tutto\Ta: se tu nella ruaestrema vecchiezzaa farqaaJbi che giovane non usas ti . cioe a incrudelir, se' disposto, usa in me la tua crodeka, k ^fV t alcun priego porgerti disposta non sono, si come m prima cagkn di questo peccato^aepao* cato e: per ciö che io t'aeerto'"' che queüo che di Guiscardo fatto avrai o farai, se di me non fai il simigliante, le mie mani medesime il faranno. Or via, vaconki*niineaspaaidcrkaiajii-me. e incrudekndo, con un medesirno coJpo. se coň ti par che meritato abbumo, occidi». Conobbe il prenze la grandezza dell'anirDo deiia sua figiuola ma rjon cretietie per ciö in turto lei si t'ortemente disposta a quelk che k paroksue sonavano1*',cone dkeva; (in th.ilaéri partitosi e da sé rimosso'15 di vokre in akuna cosa1*, neflapersona di ki inaudehre, pen» con gli altrui danni1' raffredeiare ü suo fenrnte amort, e coasandů a' doe che GaMacaaaa guardavano che senza akun romore hú k s^goeae noro lui il recassero. Li quali, cosi come kro era stato oonundato, cos operarooo. Laonde, venu to ll di seguente, fattasi il prenze ventre una grande e befla coppiďoroe messo in quelk il cuor di Guiscardo, per un suo segrerissimo fatagEare1**i dmoüV» imrx)se^ - che cpaak gjiek desse dicessr aD quelia cosa :; che tu piü ami, come tu han hň!n conadato diaöchce^|»aaMw. Ghismunda, non smossa dal suo hero prcforiinento, fanesi ventre erbeeiaAa itíenos^ poi che partito fu il padre, queue snfio e in acqua redosse'per presu che ella temeva awerusse. ADa quak venuto il fannzlurec coi ^"^^f prenze-, con forte viso: 5 k coppapresr, equefla^^^^^^ Lese, cos, ebbe per cmtssttno queílo essere ü U famighar, dtsse^Non s. conventa sepolrura ^e^d oroacost fartocuorchente questo ě: diseretamente in ciö ha ümw I^JJ ^ ^ «« sen^pre e infino E cosi detto, appressatoselo ' alia bocca, il basao, «J«^5^ -"a questo stremo della vita mia ho verso me trovato teneressu»Oi •70 75 ora piü che giä mai; e per db l'ultüne grazie, k quali rer^ «d. debbo gi. n, presento, da mia parte gli renderai». ^ a ^ nguardando disse: «Ahü Questo detto, rivolta sopra b coppa ^^T? «1 b crudelta di cohú che cot gh occhi dolcissimo albergo di rutti i miei piacen, malaoetu su ™ non totfr... avert, non wttne a now"" nobilti, ma solo rícehezza. e lonne, e sono tuttora. dubbio, osservazione. _ ebe. dovea,, che cosa do«ss. fa« 01« 141 non utatti, non erí sobto f«c jj che non sono disposta a nvolgertt aicu. perche sei tu la prima causa di questo pew"- ťacerto, ti assicuro. „ ggaňcae m ma ... sonavano, ma non per 1°«' , íire che la donna era senza esitaaone aupv» quelle che le sue parole nunifestavana dau> nmono, allontanato ^nac"' "* in akuna cosa, in alcun modo. g Gui- "'con.danm. con U sofíerenz. di un al.ro scardo. di 00 suo servitore 6- >* ii qnetU cost, defla perdita d> coka-^«..nefeaoMpoxiooe. t™0*,- . ~~ «oressione íerma. comforte viso, coo espresssow .^.»riönüor-dre- ? tpfresséioseh. »rvicmatoseUx ^ parnas, otamai. «95 LE AREE TEMATK.IH- I.'AMORE. IL CORPO 1021 1020 ■, ft vedere"H Assai m'era con quegli della mente riguardarti a ciascuna corso fornito. edi taJechentela, fortuna telconcrdette ti se space,,,, "1» S 2 • dolcczz, delcuoredii G i7 ,Unm*«in« cioe '*' I". ... spaced I,.; ^° dcl *'ovv* "ccbo). gJ» ^r"0dcl ,r"to<* vi.. che U , f0"V""e. perfette. i» e una volit ll lir- . i Mcdjocvo era o,linio^ ' Plameňte. Nel i«« * rivo|to a S^cfe* c" ric°^ lJ0 luincentro, qui vjcino ra mT7I" """"^1 anim* sua-che ccrtamente anco ™ ™ «m«, aspetta la mia, dalla quale ě sommamente ISTSr";0 qu,,Je que,,i ^,e donne no , ulc pungendo. „^j" cuore, quale cuore. Z^aH°: interrogavano. n rasc""bu. asciugatisi. so ^' /i>m'/°. * adempiuto ogni mio dovere ver- '',''w^/frm'chetu««'custodito. ,H '■laieuo, i| vasetto. '« maariow' V""°' disP°sc "J suo corpo sul letto con '"^ST^^^-icheseppc. Sua fosse. non "P'ndo quale specie di ac- temendo di quello che sopravenne200, presto201 nella camera sees* della figfiuola, nella qual giunse in quella ora che essa sopra il suo letto si pose; e tardi con dolci parole ievatosi a suo conforto202, veggendo ne' termini ne' quali era20', cominció dolorosamente a piagnere. Al quale la donna disse: «Tancredi, serbati coteste lagrime a meno disiderata fortuna che questa2u:no: ť gm>injte$no».rijtaS)cal qualespciu.tcudal-.--.v .:. -Tanciedj.chee r^tm^nr^- m-ir"^""'1*1"'^ lromc AÜ '°^-l>;oiv -inrw rWMT H °" ""^ áDP*rc »U'*11«"* ^ *«umw"o *. trascotrc aľ.a>;;idc'aa, cvwraddkcndo U fáma di sovrano benigno in aii era k da «gu »ii sroammcmo, s> abbandon* al pianto. assume im compoi ( i i c» che Ii :i$Iia stessa jli rinfaecia, i con raaioni ďonort »ipichc del codkc di componamcnti di mm mcxM rtucuac' U fic'oMa, che f 1* vera rajtionc del suo scmirsí oťťcso Ľanaksi del perMMgpodi Tanctesii í siata al ccmro delia ritlcsMone critica pui rccente V«n äudtosi Hanno rilevato conic U cl w«V IVv^v^ n.- .^fifru ncjathv. in quÉi «w*m nra rtwt potto nd* ca&btv* erotic*, p di Icttur* delia novcllí stia «nx>r9 4iT*nsr?4UmI«ň-an* luce negativ*. *ppunto IMWttk, ľtmpre: l'inccstp °*»ďaniao diffuse nd mon~ p MILWL * Miriiri' íťtÄ »au. « M* hacknx ot ^e>u» e i n 9' ■i I l.AMORl. II CORVO 102) riguarda ulquanto a' principii delle cose- tu vfd™i n«; J1 j. n -................ Äjísn:?"""....."""" imano la luxru amorosa, che l «valorr»7Tľ-7.ir^jU-r~-"r- iguali poien2e, con iguali «carne» lc- vtriu gittini iiícntc cvn I'elaK'r.i/ionc di un codice cultural^ ŤuttľglideiDentí vtngono cooniMti erit^ nti terme/za a un ct.ca quotidiana. Come Francesca da Rimini', anck Ghismonda é un intcllctiiialc. eheconosec i propri testiesa leoriaue. waor.al-.-are. quelloehe!ei stessa ehiama il proprio «natur.il iweato.. seguitoéxtrodaiinaduhitativa usepeceatoe. Á pec-c«to non piu punihile, non ehe da Dio. dagli uomini. se realinato senu «icqo|i»»di aha E mentre Francesca insistc sulľincliittabilitä ddí'amore («Amor. ch'a nulloamatoamarper-dona»l. sulla propria Iragilita di donna rispetto alia virtii dell'amante («mi preše dd costui piacer sl torte. .»), sul carattere di destino del proprio pecearo e lo rinvia a un principk) tra-scendente lAnuire). Ghismonda, invece, rovqcia gii aaomeati.IcaittMMLkuKiMtJMht; e\Misajx-\olo. ed cstrnde poi íl proorio cam i un« leg«e niti fft~"u • <"\ JUT"1^ *n'"v"r- .... \ ., V .-. -.. . .. M ■ oka - . iofleabüeati pnncipi e ägmm nell analisi tilosottca: ma assume come persona la rcsponsabttjta ^l^lľ^d, p^AT«>crídLaaM«r«>4»-j_ si conclude con U scvTertaddW^ ^ ^mme tuuinaaaa °* » oTveode«*ü T«r*«*■ C££^eoAeflaaeséiaKAaerinrf> rcnijooe dd •e**^V_ rviiaiiwif' co"P«e «esti di dew^iwrie aov^b. »ieao Pwadete iaetaaw k|**^J «P "IKna"°: ****' a*. r»e«^ 10 JO