)r0filo professionale e collocazione sociale degli intellettuali 371 Pwposte di lettura e ricerca 1. Fra le letture e interpretazioni di que-ste lettere ncordiamo: quella di G. Ferroni, Le «cose vane» nelle «Lettere» diMachiavelli, in «La Rassegna della letteratura italiana», LXXVI, 1972, 1 pp 215-264; queüa di R. Raimondi, // senso del politico. DalBeroaldo J Machiavelli in Po-htica e commedia, Bologna, II Mulino, 1972, pp. 165-72; quella narratologica di G. Bardazzi, Tecmche narrative delMachiavelli scrittore di lettere, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», s. m, V, 1975, 4, pp. 1443-89; e, per ľinter-pretazione lucianesca e antropologica, quella di Sebastian de Grazia, Crossings to another World: Machiavelli and others, in «The Journal of the History of Ideas», XLV, 1984, pp. 145-51. 2. Indichiamo una buona edizione commentata delle lettere fra Machiavelli e Vettori, accompagnata da un'introduzione critica: N. Machiavelli, Lettere a Francesco Vettori e Francesco Guicciardini, a cura di G. Inglese, Milano, Rizzoli, 1989. Sulle lettere in generale: G. Ulysse, Machiavelconteur inachevé. Notessurla correspondance, in Id. (a cura di), La Correspondence, I: Edition, f one tions, signification, Aix-en-Provence, Universitě de Provence, 1984, pp. 49-80. 3. Sulla biografia di Machiavelli, sulla sua carriera e sulľevoluzione politica e co-stituzionale fiorentina del periodo sono da vedere anzitutto la grande biografia di R. Ridolfi, Vita di Niccolô Machiavelli, Firenze, Sansoni, 1978 (la V ed., piü volte aggiornata e ristampata, ě del 1954). Sono inoltre da vedere gli studi dello storico inglese Nicolai Rubinstein sulla prima carriera di Machiavelli nella can-celleria fiorentina (in «Italian Studies», XI, 1956, pp. 72-91) e su Machiavelli e il mondo della politica fiorentina (in M. P. Gilmore [a cura di], Studies on Machiavelli, Firenze, Sansoni, 1972, pp. 3-28); quelli dello storico italiano Sergio Ber-telli, su Machiavelli e la politica estera fiorentina {ibid., pp. 29-72) e sugli ambienti dell'opposizione a Savonarola (Lucrezio e Machiavelli, in «Rivista storica italiana», LXXVI, 1964, pp. 774-90); R. Fubini, Note machiavelliane e para-machia-velliane a proposito della relazione di N. Rubinstein, I: Cancelleria e politica, in Gil-more (a cura di), Studies on Machiavelli cit., pp. 373-87; parecchi dei saggi raccol-ti nel libro di C. Dionisotti, Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980. Si veda infine la biografia dell'americano Sebastian de Grazia, Machiavelli all'infemo, Roma-Bari, Laterza, 1990. Francesco Guicciardini: la percezione della complessitä delle cose nella w'ta politica e sociale e nella storia, lo scetticismo, la necessity di operate con «discrezione»: coerenza e contraddizioni di una carriera Francesco Guicciardini apparteneva a una ricca e potente famiglia fiorentina Schierau, per lunga tradizione di impegno politico, a favore della repubblica oligar-chica degli ottimati, contro il dominio mediceo e contro la repubblica popolare di ti-P° savonaroliano. Provvisto di un'intelligenza acutissima, e di un'ottima formazio-ne (basata sugli studi umanistici e su quelli di diritto civile, per i quali aveva ottenuto U dottorato a Pisa) Guicciardini entrö presto nella carriera politica e diplomatica, al Se'vi2io della repubblica di Firenze, e giä nel 1511 fu inviato come ambasciatore Presso il re di Spagna Le travagliate vicende dello Stato fiorentino lo portarono, ne-^ anni seguenti a svolgere incarichi e uffici sempre piü importanti, presso i Medici e Presso i papi médicei Leone X e Clemente VII: fu governatore di Modena, Reggio e parma e governatore di Romagna e svolse delicatissimi incarichi di natura diplo- 372 LA CULTURA. MÜVIMENTI E ISTlTUZlONl matica e militare; collaboratore e consigliere dei Medici dopo il loro definitivo rien tro a Firenze. Guicciardini accompagnô tutta la sua camera politica con un'assidua meditazio ne teorica e politica, con gli studi e le letture, con la composizione di numerosi scrit-ti. Bisogna pero tener presente ehe gran parte di questi scritti erano destinati a una diffusione limitata, in aleuni casi (per esempio nel caso degli importantissimi Ricor-di), soltanto familiare: avevano come primo interlocutore lo serittore stesso o i suoi diretti collaborator! o discendenti. Un interlocutore privilegiato (e immaginario) di aleuni di quegli scritti, politici e storici, fu, in un certo senso, Machiavelli: i due uo-mini, pur essendo di carattere profondamente diverso e trovandosi spesso schierati su posizioni politiche diverse, si conobbero, si stimarono, ebbero spesso occasione di scambiarsi lettere e di diseutere nei loro incontri. Guicciardini lesse molto presto, in copie manoseritte, il Principe e i Discorsi. Aleuni dei suoi scritti, e non solo le de-boli e frammentarie Considerazioni intomo ai Discorsi di Machiavelli sulla prima Deca di Tito Livio, f anno parte del lungo dialogo intellettuale ehe Machiavelli e Guicciardini allacciarono, attorno alle questioni delia politica e delia storia, alle ragioni e ai possibili sbocchi delia crisi fiorentina e di quella italiana. Una volta usciti gli scritti di Guicciardini dagli archivi di famiglia (il ehe avvenne, per gran parte, nelľOttocento; essendo la sola Storia ď Italia e una parziale raccolta dei Ricordi usciti nel Cinquecento, comunque molti anni dopo la morte delľautore), il problema critico delia loro interpretazione (e, in sottordine, quello del confronto fra i suoi scritti e quelli di Machiavelli) ha impegnato a lungo gli studiosi. Pur essendo assai diffusa una čerta «antipatia» per Guicciardini, per la sua indole altera, chiusa ed egoistica, per le sue contraddizioni e il suo scettico distacco (tutti elementi ehe divennero, in epoca risorgimentale, motivi di un severo giudizio morale, culminato in un famoso saggio di Francesco De Sanctis, Vuomo del Guicciardini), ě venuta mano a mano prendendo piede una piú equanime interpretazione delia sua vicenda e dei suoi scritti. Se vogliamo indicare brevemente, e in via preliminare, i caratteri salienti delia personalita di Guicciardini, possiamo soffermarci su aleuni dati fondamentali (avre-mo occasione, nel seguito del volume, di analizzare la sua posizione rispetto a molti dei temi dibattuti nel suo tempo). Possiamo indicare, anzitutto, due principi, come due ancoraggi cui si tenne sempře attaccato nel corso delľazione politica e diplomatka e nel condurre le sue rifles-sioni sulle cose: un atteggiamento empirico e conereto, rispettoso delia specificita delle «cose» e delle situazioni; un atteggiamento di scetticismo verso le posizioni ideali e di principio, le aspirazioni teoriche assolute, un atteggiamento, cioě, di «di- pre attaccat sioni sulle c delle «cose ideali e di p screzione». Ľ empir nomenVuí" mondo, di í maria, quin teggiament nei sistemi. pratiche ati ze mercant L'empiria ě una disposizione attiva, che esprime una curiositä per il mondo dei fe-nome*nVuttaXrolontä di sperimentarne sempre di nuovi, una volontä di essere nel mondo, di agire e fare la propria parte e costruire la propria fortuna (ě la qualitä primaria, quindi, della grande tradizione mercantile fiorentina). Lo scetticismo ě un atteggiamento mentale, una disposizione passiva, che nasce da s™c¥rtelle teorie e nei sistemi, e nelle spiegazioni totali (ě il risultato delle delusioni ideologiche e anche pratiche attraverso cui sono passati gli intellettuali e il personale politico della Firenze mercantile e oligarchica, dopo la crisi). PROFIT PROFESSIONALE E COLLOCAZIONE SOCIÁLE DEGLIINTELLETTUALI 373 La «discrezione» nasce dalla consapevolezza delia moJtepJicitä di dementi e ' aspetti di cui sono costituite le «cose», dall'impegno di anaJizzarie nei ioro dementi, /' aalia «capacita di soppesarle, di valutarle, con minuzia anaJitica, per ricomporle da ultimo, rese come trasparenti a se stesse, ndl'articolata unitä che le avvince*1. "N Quanto al modo in cui Guicciardini affrontô, praticamente, la sua camera pub-blica, accettando di servire dei signoři che egli in cuor suo disprezzava o addirittura odiava (il che gli ha tirato addosso l'accusa di opportunismo, di badare solo al suo «particulare»), dobbiamo fare una precisazione. Ě vero che, per Guicciardini, gli uomini sono — e devono — essere attenti alľin-teresse particolare loro e delia loro famiglia; ma questa ě per lui una constatazione\ ě la presa d'atto che tale ě la natura umana, ma di li muove anche un'ideologia e una teória politica: il «particulare» ě «il vero cemento degli stati»; il vantaggio del singolo puô realizzarsi solo attraverso la comervazione e salute della societa. Pochi uomini politici furono cosi strettamente legati, come Guicciardini, alia loro classe, quella della ricca oligarchia mercantile e fondiaria fiorentina. Egli costantemente ebbe come punto di riferimento gli interessi di questa oligarchia, che erano minacciati ugualmente dalla democrazia e dalla tirannide. Fra questi interessi c'era anche quel-lo che, se il potere cadeva nelle mani ďun governo popolare o d'un governo tiranni-co, piuttosto che ľesilio (nel quale, tra ľaltro, un proprietario terriero non poteva portare con sé i propri beni) era meglio collaborare, se non altro per rendere migliore quel governo. Date queste premesse, di fronte alio svolgimento delle vicende italia-ne nel primo Cinquecento, a Guicciardini restava soltanto la possibility di difendere realisticamente, nell'azione, gli interessi della sua famiglia e dello Stato, anche sotto un governo che non gli piaceva, e di esprimere, nei suoi pensieri e nei suoi scritti, le risultanze spassionate delle sue osservazioni e meditazioni. Riportiamo, dai Ricordi di Guicciardini, due sue riflessioni sulla discrezione e lo scetticismo, e due suoi «sfoghi» contro il governo tirannico della Chiesa. La discrezione La discrezione, cioě la capacitá di discernere e dirimere ifatti ogni volta con giudizi analitici precisi e concreti, era per Guicciardini la qualitá primaria delVuomo politico, che deve immergersi nelmondo empirico deWazione senza schemi preconcetti e senza regole di comportamento. Ě grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente e, per dire cosi* Per regola1, perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione2 per la varieta delle circun-stanze, le quaíi non si possono fermare con una medesima misura3: e queste distinzione e ec-cezione non si truovano scritte in su' libri, ma bisogna le insegni la discrezione4. (F. Guicciardini, Ricordi, série c, n. 6, in Opere, a eura di E. Lugnani Scarano, Torino, Utet, 1970, I, p. 729) G- Sasso, Guicciardini e Machiavelli, in AA.W., rycesco Guicciardini (1483-1983) nel V centenario delb nasáta, Firenze, Olschki, 1983, p. 28. ^"distintamente... regola, senzadistinguere, in asso-2 ,°' secondo norme schematiche. d"tinzione e eccezione, ció che diversifica ogni cosa del mondo da tutte le altre. 3 le quali ... misura, che non possono essere fissate con un eriterio di giudizio unico e costante. 4 discrezione, discernimento, dal latino discemo (di-stinguo): ě per Guicciardini la facoltá del giudizio acuto e penetrante, massima qualitá delTuomo politico. 374 LA CULTURA. MOVIMENTI E ISTlTUZlONl «Gli uomini sono al buio delle cose» Lo scetticismo di Guicciardini lo porta fissare dei liniiti molto severi, naturali, alle possibility di conoscenza dell'uomo * E filosofi e e teologi e tutti gli altri1 che scrutano2 le cose sopra natura o che non si veggono5 dicono mille pazzie: perche in effetto gli uomini sono al buio delle cose4, e questa indagazio' ne ha servito e serve piu a essercitare gli ingegni5 che a trovare la verita. (Guicciardini, Ricordi, serie c, n. 125, in Opere cit., p. 764) Atialisi del testO In questi due Ricordi si rileva una posizione di rifiuto ra-dicale e totale di ogni sistema o modello teorico, perche i filosofi e i teologi, che parlano in base alle idee anziehe alle cose, dicono mille pazzie. Per Guicciardini l'unica cosa che si puö e si deve fare e chinarsi sulle cose che si veggono, che cado-no sotto i nostri occhi o entrano nel mondo della nostra esperienza, per scrutarle, spiegarle e raccontarle. Si veda come, anche in questo testo, come in altri giä prima, venga privilegiata, nelle espressioni «cose... che non si veggono» e «gli uomini sono al buio delle cose», la funzione del vedere: Guicciardini ha come riferimento solo ciö che si vede e come scopo una visione chiara, «illuministica» dei fenomeni naturali e umani. Tutto il resto e vaniloquio intellettuale. La «tirannide» degli «scelerati preti» Tre cose desidero vedere innanzi alia mia morte, ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna1: uno vivere2 di repubblica bene ordinato nella cittá nostra, Italia liberata da tutti e' barbaři e liberato el mondo dalla tirannide di questi scelerati preti. (Guicciardini, Ricordi, serie B, n. 14, in Opere cit., p. 800) 1 e tutti gli altri, forse gli astrologi, gli indovini. Questa espressione ha comunque valore negativo e spre-giativo, messa com'é dopo 1'indicazione delle due piú prestigiose attivitá intellettuali del tempo: «E filosofi e e teologi» 2 scrutano, indagano. Ma scrutano suggerisce 1'idea di chi fatica a vedere perché si affanna a vedere al buio. le cose ... veggono, le cose soprannaturali che comunque non si vedono, non sono oggetto delTespe-rienza. sono ... cose, non sanno nulla della natura delle cose. 5 serve ... gli ingegni, e un'attivitä intellettuale che tutt'al piü ha valore di ginnastica mentale, pera* non e rivolta a capire e spiegare problemi reaü, no _ ha oggetto concreto, ne quindi un effettivo scopo veritä; e, sembra dire Guicciardini, un puro 8"*°^. limite degli inconsistenti vaniloqui dei debo mente. 1 dubito ... alcuna, anche se vivrö a lungo, temo che non ne vedrö nessuna. 2 uno vivere, una vita. pR0Fll.O PROFESSIONALE E COLLOCAZIONE SOCIALE DEGLIINTELLETTUALI 375 ((Arei amato Martino Luther» lo non so a chi dispiaccia1 piu ehe a me la ambizione, la avarizia2 e la mollizie3 de' preti: si perché ognuno di questi vizi in sé é odioso, sl perché4 ciaseuno e tutti insieme si convengono poco a chi f a professione di vita dependente da Dio, e ancora perché sono vizi sl contrarí ehe non possono staré insieme se non in uno subietto molto strano. Nondimeno el grado ehe ho avuto con pití pontef ici' m'ha necessitato6 a amare per el particulare mio la grandezza loro; e se non fussi questo rispetto7, arei amato Martino Luther quanto me medesimo: non per libe-rarmi dalle legge indotte dalla religione cristiana nel modo ehe ě interpretata e intesa commu-nemente, ma per vedere ridurre questa caterva8 di scelerati a' termini debiti9, cioě a restare o sanza vizi o sanza autorita. (Guicciardini, Ricordi, serie c, n. 28, in Opere cit., pp. 735-36) T3 Analisi del testO C'e, in questi altri due Ricordi, anzitutto, un giudizio severe» e sprezzante sugli uomini di Chiesa, che deriva da una vecehia tradizione polemica fiorentina, rafforzata dall'eco delle recenti prediche di Savonarola (al quale il padre di Guicciardini era stato molto vicino), ma improwisamente riem-pita di una nota personale di vero e proprio odio: oltre al termine di scelerati, ripe-tuto nei due Ricordi, spicca quel caterva, ehe esprime bene il disprezzo del-ľindividualista Guicciardini per la moltitudine confusa degli ecelesiastici, i quali valgono non per sé ma per ľistituzione, ehe tra ľaltro, secondo lui, male rappre-sentano. Questa passionalitä affiora anche in modo evidente nella visione finale del secondo testo, che abbandona il tono realistico e pragmatico, consueto nei Ricordi, per aprirsi improwisamente aü'utopia. E un'improwisa proiezione del desiderio dal solito piano della prudente determinazione del possibile al piano delľimpossibile. Trascinato dalla passione, in uno sfogo d'amore, Guicciardini si dichiara pronto a scristianizzarsi in cambio di una riduzione delľautorita dei preti.C'e, anche, nel secondo ricordo, una spassionata disamina della sua contraddi-zione: lui che «ha sempře desiderato la ruina dello stato ecclesiastico», si ě poi trovato a dover servire i papi e ad attuare (con grande rigore, come ě noto, e come vedremo) la loro politica. Ciö ha f atto per il suo «particulare»: un concetto che ha suscitato scandalo e condanne moralistiche. Ma bisogna dire che qui «particulare» significa non solo e grettamente interesse privato, ma «insieme di circostanze personali», necessitä di mantenere gli impegni preši e la parola data, senso del-ľonore di sé e della propria famiglia. In ogni caso il ricordo vive proprio in questa tensione fra i due elementi (fissati in due periodi, staccati dal «Nondimeno»): la denuncia savonaroliana dei vizi dei preti e l'esame lucido delle proprie contraddi-zioni, dalle quaíi cerca di liberarsi nella proiezione utopica finale. ďspiaccia, riesca sgradito. ovarizia, aviditä. »lollizie, corruzione. "Perché, e perché. "grado ... pontefici, le cariche che ho ricoperto sot- to diversi pontefici (Leone X e demente VII). 6 m'ha necessitato, mi ha obbligato. 7 e se ... rispetto, e se non ci fosse questo motivo. 8 caterva, moltitudine. ' a' termini debiti, nei giusti limiti. MAT I Ricordi no a||a tradizione fiorentina degli scritti familiari e del-22 I Ricordidi FrancescoGuicciardiniappar y raccog|iere questi «ammonimenti» e «consiglj» e |a. le ricordanze dei mercanti, i qua" erdl " . tuttavia, i Ricordi di Guicciardini si caratterizza-sciarli ai loro discendenti. Rispetto a tale trao , ^ dj medjtazj0ne mQra|e no per modi e forme del tutto 0^«^^ deZ scrittura di penetrare nei signif icati riposti e II progressivo approfondimento dell'impegno meditativo dei fl/cord/ e .1 passaggio dalla semplice massima o dal semplice consiglio pratico ricavati dall'esperienza alia meditazione e speculazione ampia, di un osservatore che contempla le cose per coglierne in modo del tutto disinteressato la complessa veritä, e testimoniato non solo dai caratteri stilistici dell'opera ma anche dalla lunga sto-ria della sua composizione. Dei Ricordi sono state ricostruite quattro successive fasi di scrittura e raccolta: 1. due quadernetti del 1512, risalenti al soggiorno spagnolo, in cui Guicciardini trascrisse rispettivamente 13 e 29 ricordi; 2. una raccolta, che Raffaele Spongano, autore dell'edizione critica, chiama la A, risalente agli anni 1523-25, non pervenuta sino a noi in un manoscritto autografo, dalla quale furono a suo tempo tratte le numerose stampe cinquecentesche (e anche successive) dell'opera; 3. una raccolta messa insieme nel 1528, indicata come la B; 4. la raccolta definitiva, giunta sino a noi autografa, del 1530. indicata come la C e divenuta la raccolta di base di tutte le edizioni moderne Questa contiene 221 Ulf h-m-6' N!omett6re inSieme ^uest'ultima raccolta Guicciardini abbandonö definitivamente 55 ri-aiunii^nqi ":an0t9iuntisiTalla redazione B- ™ntre6si eranofermati alia redazioneA)eneag- ^ÄrLS SS totfdei ricordi da lui scritti a 276-con ben 606 di^se formulazioni popa o Äeq^sTuJ raCC°lta S°n° 1 Seguenti: abbandono di pensieri trop- cessivelormZlo^helab^aZe' SSSfT ° ^ 03 ,Ui ROn eiÜ Condivisi 0 "assorbiti in *» do le nuove regole del Bembo) rrZoTT^ COnservati- con una ripulitura linguistica (secon- poi le motivazioni: in modo quindMnve so ,1? Sintattica