I .ip'1"''' ' ,,n fgliario Jflhi I'mkI« n/.;i «■ dclla Qrazi «Si ferino su due piedi»': di botto; nella posa del coni-gllo. E £u ľinizio. Delle "ragioni" di don Abbondio2 e delle ,., ic dri promessi. I l.i i u ' vl^«yTn^mpagnia di molti vasi di ferro»: 11 suosis^aTOnsistevaprincipalmente nello scansar tutti i con-sarm^1" " Cede,FC' in qjjdli che non potevsTscansare. issolutamentecos ^^^gU non gli era volontariamente nemko [• 1 \- /strasti, e rířři e'ln quglli che non poteva scansare. Neutralita d: Z 8Uerre che sc°PPÍavano intoTno a lui [. . 1 Sc ' va_col oi,r(^!nteCOStrettoaPrender parte tra J-------="^nti-sW" 'Pře pero alla retroguardia * «££k. TrĚS£ 00l ca / Jiicol r parte tra due contendenti P° rotto, don Akk ^ ragioni contro un potente, rimaneva , Abbondio sapeva trovar sempře qualche torto [...]■ So' '.{^«P-iary,« M.«P.X)Q,'P-.313. *■ **•**«. '^S^^-. XIII (z985), 48, pp- • Parte seconda 95 pra tutto poi, declamava contro que' suoi confratelJi che a I schio, prendevan le parti dun debole oppresso, contro un 'soveľhiľ tore potente. Questo chiamava un comprarsi gľimpkd a contanti voler raddnzzare le gambe ai cani . In don Abbondio la debolezza terragna della nátura ha sempře il sopravvento sulla Grazia di Dio, che spezza «va-ses de terre» perché diano testimonianza della luce e delia potenza della fede: come le anfore di Gedeone che, rotte, fa-cevano apparire le torce fiammanti che dissimulavano den-tro la loro opacita (Giudici, 7, 15-23). I «vasi di terra» era-no, nelľarticolazione ossimorica del Sermon sur les afflictions di Massillon qui sintetizzato, ľemblema della debolezza glo-riosa dei martiri di Cristo8. In don Abbondio sono invece la giustificazione blasfema della resistenza alia Grazia e alia missione del sacerdozio. La debolezza del curato ha la forza e ľostinazione di una bestemmia allegramente dichiarata. La «neutralita disarmata» ě la teológia patetica della difesa a ol-tranza della "pelle" da parte di un tenero quanto insolente e bizzoso "eroe" della viltä, che accomoda il suo buon Dio alla propria industria di sopravvivenza e di quieto vivere: fi-no a farsi (suo malgrado) provocatore e complice di ribaldi e Ptepotenti. Ma don Abbondio non ě un grande peccatore. II suo confronto con Dio ě furbesco. II curato ě il «povero přete* di un «povero Dio»'. Solo i grandi peccatori sanno con-vertirsi, sosteneva Bouřdaloue nella meditazione De la tie-kur dans le service de Dieu10. Don Abbondio non puo avere Pentimenti e rimorsi. Ě un uomo di "terra", iedele a se stes-** daJl'inizio alia finesse un po' si arroventa, ůI suo tuo-Co * la fiammata deludente di uno stoppino di candela non quella di somma testimonianza delle torce ardenti P^'m^SÍ^n,'Wo» sur les affliction, in x^^^'UmAU^- ;• Lfboriose wezie, Milano 1986. PP- -"7"ř „.iredeDteu, in id., (£•«"" clt" t III ^" bourdai (n 1 la liédeur dans k senice" PP-607.8 96 La tabacchieradi donLisander la vocazione e del sacrifice di «milioni di martiri», evoca tagli da Federico Borromeo: [ ] se non sentiva tutto il rimorso che la predica voleva produrre (ch • tj!£ť£"P°ft qwll" stessa Paura SCmpre U * f *[ Vvíb*° dÍ difens°re), ne sent' - '^ÍWid va pero; sentiva un certo dispiacere di sé, una compassione per gn a, ) ! * 11 tri, un misto di tcnerezza e di confusione. Era, se ci si lascia passa'rt questo paragone, come lo stopping umido e ammaccato di una Can. dela,chepresentatoaUafkmma ďunagran torcia, da principio íunu scriTž^ričoppIéttarňon ne vuol saper nulla; ma alia line s'accei d, bene o male, brucia. Si sarebbe apertamente accusato, avrebbe pian! to, se non fosse stato il pensiero di don Rodrigo; ma tuttavia si mo-strava abbastanza commosso, perché il cardinale dovesse accorgersi che le sue parole non erano state senza effetto11. II buon pastore ha capito. Vuole battere il ferro mentre ě caldo, insistendo sulle accensioni; e sui vasi pieni di com-bustibile. Ricorre allora al «redimentes tempus» di san Paolo (Epištola ad Ephesios, 5, 16) e alia parabola evangelica «secundum Matthaeum» (25, 1-13) delle cinque vergini sagge, che hanno proweduto a riempire ďolio i loro «vasi», e delle cinque vergini stolte che di notte sono andate all'incontro con lo Sposo senza avere proweduto all'olio per le lampade: «Ricompriamo il tempo: la mezzanotte ě vicina; lo Sposo non puó tardare; teniamo accese le nostre lampade »12. Sono significative le varianti tra il Fermo e Lucia e / messi sposi: «Abbondio non nobile, non ricco, non animoso, \11. |S1 era Prest0 aweduto di essere nella societa come il vaso di terra cotta in compagnia di molti vasi di bronzo sempre in movimento»"; «H nostro Abbondio, non nobile, non ricco. oraggioso ancor meno, sera dunque accorto, prima qua* di V omí \mnl deUa dis^zione, d'essere, in quella societa, ome u„ Vaso di ^ .n compi, I »"» * molu vasi di ferro.-^ta^ssai l'aggiunta di co- ;;S^ip~'^cit.,cap.xxVI,p.598. ""■•^"Wo'UcMcit t T Parte seconda 97 strizione. Ancor piu importa la cancellazione della nrover biaUtä del paragone («come il vaso»; quel vaso), che si ade guava al richiamo corrente e ricorrente (anche nelle pagine del «Concüiatore») del titolo di una favola di La Fontai aine (V, n: Le pot de terre et le pot defer). Don Abbondio e vaso di terracotta». La correzione dissimula íetimo favoli-sticó (che pur intende persistere nelia sostituzione del «ferro» al «bronzo»), perchépiú "favole" letterarie in sul teatro testuale del romanzo si dispieghino: sulfa falsariga delle parabole evängeliche e della predicazione dei moralisti france-si del Seicento; e nel sottinteso del linguaggio "simbolizza-to" dei salmi. Per altra via sacra, e barocca, si riconferma in-fatti la valenza eccentrica e profanante di un Abbondio-vaso. Attraverso la predicabilitä dei salmi, per l'appunto. E il con-vogliamento simbolico, che dovrebbe essere perfezionante, di acqua, terra e fuoco, nella materia stessa del recipiente. Basta aprire, alia voce «vaso», il secentesco Mondo simbolico o sia Universita ďimprese scelte, spiegate ed illustrate con sen-tenze ed eruditioni sacre e profane del milanese Filippo Pici-nelli: I In persona de i Santi perseguitati et martirizzati, alcuni vasi di terra cotta, i quali prima s'impastano con l'acqua, e poi si rassodano col fuoco, [...] furono introdotti a dire: Transivimuspertgnemetaquam motto levato dal salmo 65, 12, ove gli Israelit! usciti cos. dal Ifuoco delle fornaci egitiane, come dall'acqua del Mar Rosso, per toc« «ü quel prof eta van discorrendocon Dio: Transivimus per ignem et aquam, et eduxisti nos in refrigerium"'. II complesso di fragilita causa a don Abbond^avasi, ^HlogöTsiffpiu-a^rancora, «la sua salute n a ^ [amente sofferto»" Con le sue discras.e umonü ^ Un ^ bondio ha rischiato di diventare un caso patolog edil- a. . p- PicrNELU, Mondo simbolico o sta V^fVit l653 con sentence ed eruditioni sacre e profane, MUano -»öS. A- MANzoNi, / promessi sposi cit., cap. LP ' 9g La tabacchiera di don Lisander tro "Dottor Vetrata"; il quale, inauditamente pa2ZOj s>era convIntraiTTsuocorpo, il suo "vaso", fosse diventato di Pcrl'"errore" di don Abbondio, Manzoni ha umana com-prensione. Quando Federico Borromeo arringa il confuso t ammutolito curato sul coraggio intrepido dell'esercizio pa. storale, sul«timore» e sull'«amore» che esso comporta, Man. zoni si fa partecipe delle realistiche «ragioni» del pavido di fronte alia facile magniloquenza di un "santo": [...] per dir la verita, anche noi, [...], non avendo da contrastare che yj le cose erano dette_djjino^che poi le_faceya, tiriamo avanti con co- raggio La pusillanimita di don Abbondio e una «debolezza del-la carne», per Federico Borromeo; che ad essa oppone la virtu di «fortezza». Lajr^atjumtokonica di Manzoni sulla pre-cipitosa e troppo facile condanna di don Abbondio, apre una pausa di riflessioneJSJella quale si compendia per apici uno dei frammenti del Discorso sopra alcunipunti della storm lor.-£k «passione car- "gHj tenderit7^'jngiu£im>>: a quella «passione che, al- ""^oaa del martirETspEgiva alcuni infelici cristiani a mentire a Dio»; e, dicontro, alia «fortezza», che e «uno sfor-n° .J^P^osa, rara negli individui, presso che iffl-i PossibUe alia moltitudine». All'«empieta» dei paurosi. Parte seconda 99 frammento non oppone un «orrore esagerato»; ma, pju cri stianamente, una «compassione ragionata»: Questa indegnazione eccessiva ed esclusiva ě analoga a quella che provavano gli antichi romani contro il gladiátore che rifuggiva dalla morte. "Ammazza, gridavano, ardi percoti. Perché va cosi timid* mente incontro alle ferite ? perché non cade bravamente? perché muo-rc cosi di malavoglia ?" [...]. Sembra quasi che ogni uomo, volendo al-lontanare da sé il sospetto della paura, affetti di risguardarla come una mostruositá, come un vizio quasi impossibile, si direbbe che quell'ira-condo biasimo della pusillanimita altrui sia negli scrittori una prote-sta di eroismo personále". Dunque: i bravi erano li ad aspettare don Abbondio. II curato «disse mentalmente: ci siamo; e si fermó su due pie-di»20, a chiedere comandi. Fu subito accontentato. II loro padrone, don Rodrigo, gli intimava di non celebrare il matri-monio tra gli operai tessili Renzo Tramaglino e Lucia Mon-della. E don Abbondio cedette all'«ubbidienza». Quel tiranno di don Rodrigo si era incapricciato di Lucia. E su di essa aveva fatto scommessa col cugino Attilio, suo «spensierato» complice nelle soverchierie. Cominciano le traversie dei due operai. E intanto don Abbondio si prepare ad affrontare Renzo: il «ragazzone», che non aveva avu-to nient'altro da fare che sentir «bruciore» e innamorarsi come un gatto. « Egli pensava alia morosa; ma 10 penso alia pei-iHiion Abbondio ě lapidario. E si fa stratéga della propria paura , Upauroso, il simpatico vigliacco, il <> e^ !^lbe . f» agire il linguaggio militate di MachiavdU 1» , ^Giovanni Bardazzi)-'1. La >ua e una tattica ^^hT^č^nzalalsifica nelle "rag.oni del contg della stone , '^■Mbbozzoeframmer.tiaelDisc^osop^lcu ÍK< U Italia, in m., Tutte le opere cit., IV, PP- >°° 6)> « Iprometšisposi cit., cap. i, P-'9 . ■ «Cenobio», XAA „, (niS-5ir- G- BARDAza, II "interna dt ottobrei<^s" n"«>«o monografico: Atti delConvegno d, Gtnevre, O 100 La tabacchiera di don Lisander Sülle gambe di don Abbondio cammina, nel romanzo, la "mariotólcomMzzatí* del Segretario fiorentino. Le cui opere condividono con la Ragion di Stato di Giovanni Bote-ro il palchetto della politica nella rappresentativa biblioteca dell'aristotelico filosofone don Ferrante, maestro in silloj-i'. smi e paralogismi: (jfi fefcUO. Due [...] erano i libri che don Ferrante anteponeva a tutti, c di D1 totj 8ran 'un8a> m <3uesta materia; due che, fino a un certo tempo, tu ^ j i ■ Üto dichiamare i primi, senza mai potersi risolvere äqual de' due con venisse unicamente quel grado: 1'uno, il Principe e i Discom del a !r bre segretario fiorentino; mariolo sí, diceva don Ferrante, ma proíon do: 1'altro, la Ragion di Stato del non men celebre Giovanni Botero; galantuomc^sí, diceva pure, ma acuto". E Machiavelli e Botero insieme, «mariolo ma galantuo-mo», era il Fermo ubriaco che con Toste della 1 .una piena re-citavala favola di Amore e Psiche". Manzoni tornerä all'ag-giunto di profonditá, a proposito di Machiavelli, nel saggio Del romanzo storico e, in genere, de' componimenti mis ti di storia e ďinvenzione (1850): II Machiavelli, osservatore cosi vigilante e cosi profondo (quando perö non prende per regola suprema dei suoi giudizi e de' suoi consign 1 utilita: regola iniqua e assurda, che ě tutťuno; e con la quale, per conseguenza, non c'ě ingegno che possa andare al fondo di nulla), il Machiavelli, ne' suoi Discorsi sopra T. Livio, tra taňte e cosi varx -servazioni, non ne fa, se non m'inganno, una sola di eritica stonca '„tť Ptende per test0> ogni volta che gli venga in taglio. de uogh, delle parlay di Livio> ^ ^ né ^ che . luoghi dove Lrv.o tJ^T """" a Pren m°vimenti interní dell'animo [...]■ E Jc cneavíkk "°" l°Puó^slio dimostrare T. Livio, usa il lingu*^ me ci lín' ?°tUt<íUSare ««^mente, se avesse citato un apologo:,; gH m Sk Parlate [-I dice. P« esempio: [...] «Ü nostro istarg ^ShiTí qUCSte Par0le>> [-]- Ma ě aPPunt° ^""TÍe-te a ircK^^^^'fattistorici^uestocorrerecon la ' mP»«*i sposi,, in "™ DI, cap. vn, p. 47o Si veda e. bonora, P°>" " M""zo»' Concluvonie propaste cit., pp. i8a-»4- 101 co- Parte seconda fermarsi lí; ě questo che abbiamo voluto notáre in un uomo tale me un saggio insigne d una disposizione comune". Ljvjoe il «nostro istorico»; di quel «mariolo»di un no-vellator di storia che ě Machiavelli, si vuol dire. Come l'Ano-nimo secentesco ě il «nostro storico», «matricolato» al-quänto"; di quel romanzator di storia e del verosimíle, che ě il Manzoni dei Promessi sposi. La palinodia ě forte; e tur-í>a. Di siffatte autoeritiche era capace'Manzoni, «mariolo [...] ma profondo»: «se ha mutato opinione [sul romanzo storico], non fu per tornare indietro. Se poi questo andare avan-ti sia stato un progresso nella verita, o un preeipizio nell'er-rore, ne giudicherä il lettore discreto», dice di sé mlYAv-vertimento. ♦ «Insigne», Manzoni definisce nel saggio Del'romanzo storico 1'ayversione di Galileo Galilei per la Gerusalemme libe-rata26. II poema tassesco era sembrato alio scienziato una Wunderkammer: uno studietto di qualche ometto curioso, che si sia dilettato di ador-narlo di cose che abbiano, o per antichitá o per rarita o per altro, del pellegrino, ma che perö sieno in effetto coselline, avendovi, come saria a dir, un granchio petrificato, un camaleonte secco, una mosca e un ragno in gelatina in un pezzo ďambra, alcuni di que: fantoccini di terra che dicono trovarsi ne i sepolcn anticni d tgit-to [...]". C'é molta affinitá tra lo "studiolo" manierista deseritto da Galileo e la cultura che si respira nella btbhoteca di don ■ ■ ^re de'componimentimistidistoria ... a. Manzoni, Det romanzo storico e, in genere, ae cumy ed "penzione, in ro., Tutte le opereát., IV/3, PP- 34°-4>-2< m-> Ipromessi sposi cit., cap. xv, p. 362 „n>., Del romanzo storico cit., p. 336- . ktteríri, a eura di A. Chi«- . G. Galilei Consideration al Tasso, mm., bc""'cntlcof the Arts, 19m < - Firenze x cf pANOFSKY, Gallas a Cnt,c Del]a stessa "J1 M. C.Z^i, GalL entico ^^f^L^^fT^. Sa8gi. jSOj994.cap: x"x; P ; 3), Per deserivere, in.un. ^ b „ ca-^SKölta erudita», << vaghe, ma sempre maravigliose: ne so come nellc viscere de la te£ genen 1 oro e l'argento e gli altri metalli, e nel letto del mare lZtT°d»Jn°-- n* saP-i ^ la generazion de gU •*» perle li abb; • k-shuama »jta si rimra.elli; o come di due btuti di ** ^^IprZtrŕ- Parraa Part e seconda se specie ne nasca un misto ehe né a la madre né al padre si gliante L--J • 103 sia somi- a. un La ppsitmzzazione manzoniana non ě priva di malizi Attraverso Jasso, proietta don Ferrante sullo sfondo di un classicisino_parodizzato. Convoca infatti le Metamotfosi di ()vidio..E f a della secentesca scienza di don Ferrante la ca-ri^gmradegli incompresi segreti di Pitagora: [...] isque, licet caeli regione remotus, mente deos adiit et, quae natura negabat visibus humanis, oculis ea pectoris hausit. Cumque animo et vigili perspexerat omnia eura, in medium discenda dabat coetusque silentum dictaque mirantum magni primordia mundi et rerum causas et, quid natura, docebat; quid deus, unde niues, quae fulminis esset origo, Iuppiter an venti discussa nube tonarent, quid quateret terras, qua sidera lege mearent, et quodeumque latet; [...]". Don Ferrante ě un galileiano «ometto curioso». E la sua biblioteca ě il luogo di falsificazione manieristica del rap-PQrj^Lt£ajarl.e e natura. Da questo "capriccio", da questa Wuňderkamměr, Fermo ha preso i colori rétorici della sua ciarla di ubriaco; e don Abbondio ha tratto la scienza rnili-tar£_dejUasuaialsificazione della prudenza. Don Abbondio ě perö, anche e soprattutto, un teologo y«SDíSašäBo della Provvidenza, che a D10 attribuisce gü effetti special! cli una peste e le mansioni di uno spazzino n *?. tasso, Lettera a Scipione Gonzaga del 15 aP^e ' "^"Ŕecemione T a. di C. Guasti, Firenze 1854, PP- cfr'-G" < 1 Tutte le poesie cit., e a id., Ipromess, spas, aeura d. fc• K mottom cit., in «Rivista di letteratura italiana», VI (198»'. *. < LXVI (I97I). 3, PP. 568-79; e- a. MttlA £o7^lUUrTe I?96-l82I> introduW di M. Praz, Roma 10- ' a S?a'Bari ?978, p. 103, nota 1. ™, i promessi sposi cit., cap. xxvm, p. 885 (corsivo nostro).