Capitolo sesto Le imprecazioni travestite AI termine del capitolo IV dei Promessi Sposi, a conclu-sioneděHa storia retrospettiva di padre Cristořoro. di suono cosi opposto a quella di don Abbondio nella prima scéna del romanzo, il ritratto del personaggio interiorizza i rererti fi-siojinomici c anaľogíci Jellapparizione iniziale — «due oc-čhi incavati [...] come due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere [...] con una buona tirata di morso» — nel-ľethos di un comportamento, di un abito linguistico. L'o-perazione diagnostica ha luogo in due tempi. Dapprima ě la volta del narratore con il suo occhio critico di moralista moderno: «11 suo linguaggio era abitualmente umile e posíTI to; ma, quando si trattasse di giudizio o di verita combatru- * ta, ľuomo s'animava, a un tratto, delľimpeto antico, che. secondato e modificato da un'enfasi solenne, venutagli dal-1 uso del predicare, dava a quel linguaggio un carattere sin-golare. Tutto il suo contegno, come 1'aspetto, annunziava una lunga guerra, tra un'indole focosa, risentita. e una vo-onta opposta, abitualmente vittoriosa, sempře alľerta, e iretta da motivi e da ispirazioni superiorj>>JPoi interviene. quasi a sorpresa, un testimone interno al racconto che ri-prende l'analisi linguistica ma la trasrorma in una compara-21one figurativa. II fenomeno tecnico. la maschera acustica ^r dir|a con Canetti, diviene ľimmagine profonda del per-*0naggio, 1'emblema vivente di tra Cristoŕoro: «Un n rateIIo, che lo conosceva bene, ľaveva una volta para-^ natu 3 que^e Parole troppo espressive nella loro forma fe^fe cnc alcuni. anche bené~~ěaúcati. pronunziano, ľ^andoja passione trabocca. smozzicate, con qualche lette-cordi taíí1: paro'e c{ie- in 'lucl travisamento. tanno pero ri- re aella loro energia primitiva*.^ nUci pjocesso di sostituzione e attenuazione assunto come e° torte delia similitudine ě quello che gli studiosi del 111 T..5 Le imprecazioni travestite linguaggio definisconq ^jjfawnPin.e che la voce del te, per parte sua, chiama «ipocnta figura* a livell0 Seatran-co, allorché nel capitolo quindicesimo fa entrare C^' per l'arresto di Renzo i «manichini», cioě le manene8"*0 sfigurate per l'appunto dal milanese gergale in •maneá?" Ma nel caso del religioso non si tratta d'ipocrisia quanjj 1'alterazione fonetica ě imposta da un atto ■' lato di «bienséance», da una «riflessipne d'l niiltá». E di solito, come spiega il linguista, lWemismo per leui mutando una lettera si attenua cio che Ia^an^^j I sconveniente o di pericoloso senza per questo diminuirne il vaíóré šemantico, si esercita nei confronti del lessicojwto-rcsc'o ma abnorme dclle bestemmie o dcllc ir.:p:c... Non sara la stessa cosa aňche per le «parole troppo espressi-ve» assimilate al «contegno» di padre Cristoforo? , Per convertire subito il sospetto in certezza basta retro-cedere al laboratorio del Fermo e Lucia, dove l'evidenzadel fatto s'impone da sé, tra racconto e commento storico. Bi-sogna solo avere la pazienza di seguire la trama copiosa e scoperta della sua pagina, ancora nel registro analitico di una esauriente informazione colloquiale: «11 suo linguaggio come le sue azioni mostravano a chi 1'avesse attentamente considerato i segni di questo spirito indebolito ad ogm memento da uno sforzo continuo, ma non mai cancellato e tutto. Era a quei tempi comunissima a tutte le classi di pej; sone d'infiorare il discorso di quelle parole de"e.q" quando si vogliono stampare non si pone che rinia*K*j alcuni puntini, di quelle parole che esprimono o cio cW ha di piu sozzo o cio che vi ha di piú riverito, di queU* *\ role le quali quando scappano ad un signorino nel a P" zia. fannn f*~> :i • • — la iaIU,. 2Í-' fann° fare i] viso dell'arme alia mamma, e - - ellaviao^ — u vlso aejj-, servľtnrľ I °hib6! dove hai tu ir>teso questo: nelia * AT"'6 - (e ľavra "^eso dal signor p«* ^ ľnon sono sconosciute nel,e ^řas > diconoXn CrZa Parte dei colloqui del popolo, * ^ questi saDiem;^1611,1.' che converrebbe abbandonar ■ mini sieno cíĹT dlC°n° bene' Perché comunque g ^ conveno non vi ha alcuna classe ďu°*£ , 83 C,° che é turpe. Quest'uso era adunq"e Le imprecazioni travcuilc nissimo in allora, e chi ne vuol la prova dia una occhiata "lie leggi che bestemmiavano pene atroci per impedir la be-"temmia, guardi alia cura che i vescovi prendevano per to-eliere qu'esta vergogna dal clero stesso. II signor Ludovico aveva fatto un tale uso di queste frasi che la lingua del Padre Cristoforo durava fatica a rimandarle tutte le volte che si presentavano, cioě ad ogni primo impeto di passione di qualunque generc; ma padre Cristoforo faceva stare la sua lingua. Solamente in cerfi casi rati, nei quali la passione era ťäňTrrviva che quasi quasi Cristoforo tornava per un momenta Ludovico, veniva ad un componimento. Si proferi-v.mo le parole, ma traJormate, ad aleune consonanti radi-cali n'erano sostituite altre che toglievano il senso ordinario alia parola, e la lasciavano soltanto travedere una lontana intenzione, quasi un bisogno di proferirla. Cosi mutato, \ trasformato, temperato era l'animo, in modo pero che rite-neva alquanto dell'antica natura». —< A questo punto non sussistono piu dubbi che le «parole troppo espressive» equivalgono a «bestemmie», sottoposte alio stesso trattamento eufemistico che, nella scrittura mi-mica di un Porta, accredita la serie imprecatoria del parlato quotidiano «per brio, corpo de bio bon, corpo de mi, sanguo de mi, cisti». Ma il lettore che non ricorra al riscontro del 'ermo e Lucia deve indovinarlo per proprio conto, accet-tando la sfida delľellissi ironica e sciogliendo, per cosi dire, a trama obliqua, Pangoiatura bassa"suggeru-ebbe ora I'Al-mansi delľeufemismo narrativo e della sua lucida malizia di secondo grado. Le notizie intorno all'interdizione messa in sub'03 dalcaPPucclr>o vengono tutte rimosse e al loro posto entra di taglio il punto di vista epigrammatico di uno che unC V1?n° C cluindi parlare per impressione diretta, con a^£i? fiduciario del tutto simile a quello delľanonimo di fed Per esemPÍÔ, occorre un giudizio di esperto degno >n or 6 SUl n0taio in an8ustia che tenta di condurre Renzo il quf0ne: <>i st* di umore» e «una čerta petulanza bizzarra e mor ^. pure sul fondo di una «natura schietta e generosa»- ^ ^ tello Tobia rappresenta invece il candore, che so ^jto momento di commozione puö giungere ad imprecar^^^^. assolto dalla grazia affettuosa e barocca del suo ^ «Non morrä, per Dio! — gridö lo zio Tobia. L ang ^ ^ cusatore, che volö alia Corte del Cielo per denun^ete,^ stemmia, arrossi nel consegnarla, e l'Angelo ^anC^a caitfe"0 registrarla, fece cadere una lagrima sulla parola e „er sempre». Se poi si continua a sfogliare il Tristram Sbaridy, di episodio in episodio, ecco emergere intanto tra i capitoli 5 e 12 del volume III le «formule di Ernulfo* e le considerazioni del padre del protagonista suU'«arte del ma-ledire», e piú ancora la storia del «moccolo» di Futatorio (IV,27), unita al dialogo tra Didio, Triptolemo, Kisarcio, Yorick e zio Tobia del capitolo 29, a proposito delle parole da non alterare nel sacramento del battesimo. Qui la cita-zione diventa d'obbligo, almeno per alcuni segmenti: «Per render nullo il battesimo, sarebbe stato necessario che il prete avesse pronunciato erroneamente la prima sillaba di ciascun nome [...]. «Gastrifere, per esempio», prosegui Kisarcio, «battezza il figlio di Caio "in G amine gatris etc. etc" invece che "in Nomine patris etc. etc.". E un battesimo? No, rispondono i piu valenti canonisti, in quanto cosi si la-cera la radice delle parole, se ne altera il valore e significato [...]. Invece, nel caso citato», continuó Kisarcio, «in cui patriae sta per patris, filia per filii e cosi via, se le desinenze so-no errate, le radiči restano integre, perció le distorsioni della declinazione in qua o in la non invalidano affatto il battesimo, in quanto il senso delle parole permane». Ma l'episodio di maggiore effetto, tanto da esser men-zionato anche dal nostro Leopardi in una nota dello Zibal-j°y del 1° agosto 1820, é sicuramente quello della badessa delle Andouillettes e della sua novizia, che viene raccontato n« capitoli 21-25 del volume VII per trascrivere le imprecazioni necessarie con i cavalli francesi senza pronunciarle Per esteso, facendo uso dello stesso «stratagemma» ideato dalle due monache nei confronti delle loro mule recalci-c W-^j-^ in breve> centre sono in viaggio per «i bagni y 1 dl Bourbon» sul calesse affidato al giardiniere del con-^ento, la badessa e la sua giovane compagna, Margherita, si ovano ďimprovviso senza aiuto, giacehé l'uomo ě caduto avnaco e le mule non ne vogliono piu sapere di andare antl- La novizia sa che vi sono certe parole «peccaminose» in<>> vw. superare la difficoltä. II segreto cSÄS? *** «orride parole» in monosillabi a voci alterne- mp° do alcun peccato nel dire bou, bou, bou, bou volte di seguito; né vi e alcuna turpitudine nel pro"' ^ la sillaba gre, gre, gre, gre fosse pur da mattutino a""!^ Perció, mia cara figliuola, io diró bou, e tu dirai we- ^ invertendo l'ordine, siccome non c e piú peccato in bo^L in/ott, tu dirai fou ed io entreró con tre, come facciamoi compieta con fa, sol, la, re, mi, do». Ma ci vuole altro perle mule, tutto resta come prima, e il duetto finisce sulla nota lunga di un'amarezza comica e accigliata: «'Esse noncica-piscono', disse Margherita. 'Ma ci capisce il diavolo', con-cluse la badessa delle Andouillettes». Dopo aver preso contatto con pagine di cosi robusta ed erratica «drolerie», in cui la retorica agilissima e enciclope-dica di un Rabelais irlandese che ha letto Locke si prende beffa del decoro retorico e delle sue convenzioni e sowerte gli artifici, le trappole del linguaggio con un riso capriccio* ma filosofico «sub specie ludi», diventa difficile, quandose ne isolano čerti motivi o strutture, sottrarsi alia se"saz10^ pungente che le «parole troppo esprej>sive»jjei_^^ Sposi abbiano qualche "rapporto con il «sistema siianai^r^ con la vena giocosa della sua matrice Preť*1(iatori?'rci,ési pressione si precisa e acquista poi forza induttiva a ^ passa al Tristram Shandy francese, che non solo ha u nizzazione in quattro tomi, a capitoli di Partlturpprimeo rispetto all'originale, ma presenta anche, mentre seme il Tristram Shandy e i Promessi Tposi.du: il sorriso ycomodarite-e borghese-del nárräíôréTsuTiršrena visibiJe ľ*1 *Uo' «venticinque» lettori, non deve essere scambiato "on la forza ironica del racconto, con ciô che bisogna «devi-^.nel teatro, tanto piú ambiguo, delia serittura. Le c.u-01 segrete ne sono in fondo una prova. 119 118