ne čerti lucidi intervalli, nei quali una voce interna dice ad ^Katto - e se řossero minchionerief — cosi anche il no. stro poveretto, in mezzo a quella baldanza di pensieri, in quella crescente esuberanza di forze, sentiva di tempo in tempo che a quelle forze mancava un certo fondamento e ehe appunto nel momento della piu grande intenzione pa-revano pronte a cadere. Quel po' di senno che gli era rima-stok) faceva accorgere che il piu se n'era ito; a un dipresso come ľultimo lumicino rimasto acceso dopo una grande il-luminazione fa intravedere gli altri spenti». Vi fa per giunta riscontro, ancora nella prima versione delľosteria di Gor-gonzola, 1'istantanea comparativa di Renzo in ascolto, «cheto cheto, con ľanimo ďun autore che trovandosi sco-nosciuto presso tre o quattro uomini di buon gusto, sente fare il processo all'ultima sua opera». Difficile credere che associazioni del genere muovano soltanto da una lepida analngia esterna, senza il sottinteso fluttuante di una remo-ta affinitä strutturale, specie quando, venendo di nuovo alia storia di Renzo, apprendiamo dal capitolo XXXVII, a gio-chi ormai fatti, che egli «soleva raccontar la sua storia molto per minuto, lunghettamente anzi che no (e tutto conduce a Scredere che U nostro anonimo lavesse sentita da lui piu ?d'una volta)*. Questo equivale a dire, sul piano di un'ipo-tetica archeológia letteraria, che ľ autore d**1 ""^"TSfri**"* eľaJter ego colto del suo personaggio. ľinterprete della sua - autobiografia orak. Ma gialiěT^rsgdeŤToTřiaňžo. ä~guaŕ3är beneTil destino di Renzo sembra quello, mentre cammina da un posto alľaltro, di rimuginare, ascoltare, narrare, iruin. «guazzabuglio» di immagini e di pensieri, le proprie awefr ture. Alia sua iniziativa si deve anche il «carteggio» con Agnese, al centra del capitolo XXVII, tra ľapparizione di don Gonzalo, che finisce nel geroglifico stanco di un incomparably «baco da seta». e la cronaca domestica di don 1-erranff a fianco della «signora moglie», con la sua meraví-gliosa bíbhoteca di «uomo di studio» e di «letterato». P">; pno perche Renzo non sa «scrivere, e neppur leggere, ne senso esteso della parola*, come dichiara esplicitamente il narratore rettificando ora la sua risposta ad Azzeccagar- 62 Ironta polifonica burgli, egli ha pero bisogno di uno capace di «tener la penna in mano» e deve insieme trovare un «corriere» che recapiti la «lettera» a destinazione, una volta accertato dove sono le «donne» da cui é stato costretto a separarsi rifugiandosi nel «territorio di Bergamo» e assumendovi poi la falsa identita di Antonio Rivolta. Solo dopo che il primo «plico» diretto al padre Cristoforo e attraverso di lui alle sue assistite s e per-so per la stráda, tra «un'osteria» e «un convento», il tenta-tivo di comunicazione del «poverino» ha successo e Agnese puô finalmente avere lo «scritto» spedito per lei a «un amico di Lecco». Ma anche la madre di Lucia é analfabeta e cosi si ripete in senso inverso l'operazione di delega, tanto grafica uuanto interpretativa, del suo cornspôTrdentTďoItrečô'ňfi-\c! cli.iloao epistolare dei due prohighi illetteratl il processo comunicativo rischia ad ogni passo di spezzarsi, tutto risulta difficile e aleatorio: la ricerca di uno «scrivano» fi-dato, il mezzo della trasmissione, I'accertamento del reca-pito, 1'intimita del «segreto», la chiarezza delle notizie, ľordine e il senso dei fatti riferiti, la decodificazione del testo, sempre per persona interposta, per procura. Se poi sotto l'aspetto compositivo si vuole chiamarlo un microro-manzo epistolare intercalato nel racconto, é evidente che le forme canoniche di un genere cosi fortunato nel Settecento vengono ora messe a confronto con la quotidianitä del reale, con l'entropia della vita associata, scendendo al livello della «gente dTneisuno», ai limiti di una stilizzazione caricaturale prodotta dall'anomalia del vera e dei suoi paradossi. Mentre lo scrittore di una lettera vive in presa diretta il romanzo della propria anima, interamente calato nell'oggetto, come aftermava il Richardson di Clarissa, i «due corrispondenti» lombardi non possono comunicare se non alienando la propria parola alľintenzione estranea di un «segretario». La loro voce si attua in quella di un altro, il contenuto vivente della loro esperienza deve affidarsi, per essere percepito, alia mediazione, all'abilitä riproduttiva di un attore, che a_scolta. recita e scrive. Dare notizia di sé significa per Renzo e Agnese una nuova avventura nella «scala del mondo», fuori dalľordine borghese delľidillio o della elegia epistolare non meno che dalľetica «signorile» per cui donna Pras- 63 Irónia polifonka Irónia polifonka sede si fa «distendere da don Ferrante» Ie lcttcre «ďimpor-tanza» e poi copia «diligcntissimamente», comc unica re-sponsabile pubblica, le «minute» del coniuge «scgretario». Ma oltre alio straniamento realistieo di una forma lette-raria il carteggio di Renzo e Agnese apre la stráda alla tro-vata, da ascrivere subito a una fertile irónia narrativa, di due personaggi ehe nel ragguagliarsi a vicenda intorno a quanto é loro successo dopo ľabbandono forzato del paese narrano una seconda volta i capitoli o trammenti delia loro favola romanzesca da nn pnnm Hi vista rlstrpttn e r»par", sottoposto per di piú alla deformazione non rettifieabile delia lontananza. Di fronte a un lettore giä informato di tutto essi appaiono dunquej^ testimoni e i copisti delia pro-pria storia, senza la possibilitä, nel riaggregarne insieme Ie parti, di andare oltre le congetture delľansia o del deside-rio. E tuttavia, quanto meno riescono a rendere ľintreccio degli eventi, poiché é vero soprattutto per loro ehe il cuore sa «appena un poco di quello ehe é giä accaduto», tanto piú essi partecipano al flusso confuso e drammatico delia vita nel suo andirivieni, anche nello spazio labile delle parole, «a sbalzi e ad intervalli». La loro autenticita scaturisce piú in-tensa dalla incertezza del contatto informativo, dalla rea-zione degli impulsi e degli affetti a un referto sfocato, a un'assenza dolorosamente ambigua. Čosi dalla parte di Renzo il dossier epistolare ha inizio, in un modo «arruffato» a cui manca «un costrutto chiaro e intero», con il «racconto delia fuga» e il «ragguaglio delle sue circostanze attuali», dal «cambiamento di nome» al «dovere star nascosto», passando poi alle «domande affannose, appassionate, su' casi di Lucia, con de' cenni oseuri e dolenti, intorno alle voči ehe n'e-rano arrivate», e facendovi seguire, nello stile franco e nati-vo delia retorica popolare, «speranze incerte, e lontane, di; segni lanciati nelľavvenire», «promesse e preghiere di mantener la fede data, di non perder la pazienza né U c°-raggio». La risposta di Agnese, accompagnata dai quanta scudi» delľinnominato, riferisce a sua volta con » medesima «chiarezza» del corrispondente «la tremenda sto; na di quella persona», allude «per via di perifrasi» al voto cu Lucia e ne tira le conseguenze per il destinatario «con p#°lc 64 piü dirette e aperte», di «mettere il cuore in pace, e di non pensarci piü». Proprio l'opposto di quanto s'aspettava il poverino. A questo punto si capisce che la scena resti tutta a Renzo, dopo la «meraviglia» e la «sospensione» senza «conten-tezza» nel vedere «tant'oro», e alla lettura del «terribile scritto» che gli viene fatta dal suo «interprete», con un coinvolgimento progressivo dell'ascoltatore che pereepisee il romanzo nero di Lucia come un dramma del proprio «ani-mo agitato», come uno spettacolo concluso nella gestualitä mimetica di un pubblico ingenuo, facile all'entusiasmo quanto al furore. A mano a mano che apprende i «casi» della sua eroina, tra il «buio» e il «chiaro» di un senso fluttuante che stida ogni sforzo ermeneutico, Renzo infatti e trascina-to a «tremare, inorridire, infuriarsi» quasi che l'intrigo del dramma continui ancora in lui, nella sua «febbre di passio-ni», anch'esse istintivamente teatrali. Ratificata poi dalla formula drammaturgica delle «espressioni piü forti di pietä e di terrore», che qualcuno potrebbe persino affiancare alle «luttuose Traggedie d'horrori» dell'anonimo, questa tea-tralita culmina nella dettatura di una nuova lettera, norTpiu" i1 sc°rcio, per trasposizione narrativa, ma in presa diretta. La^vocedel personaggio irrompe perentoria ed esibisce la 'orza pertormativa delTatto linguistico, ancora con le sue pulsioni elementari, con la sua serie caparbia di «che» ana-or'ci, nella paratassi tipica dell'enunciazione parlata. E la parolache si proietta verso la bivocitä della scrittura: «scri-Vete; proseguiva dettando, — che lo 11 cuore in pace non ^°glio mettere, e non lo metterö mai; e che non son pareri „a "ars' a un figliuolo par mio; e che i danari non Ii tocche-r?; c.'le ü ripongo, e Ii tengo in deposito, per la dote della g'ovine; che giä la giovine dev'esser mia; che io non so di Pfomessa; e che ho ben sempre sentito dire che la Madonna jj entra per ajutare j trjbolati e per ottener delle grazie, ma per far dispetto e per mancar di parola, non l'ho sentito e che codesto non puö stare, e che, con questi danari, ? blarr»o a metter su casa qui; e che, se ora sono un po' im-r°gliato, l'e una burrasca che passerä presto». E una volta 1 P»u si vede, per usare i termini calzanti della Yourcenar, 65 etonoetimbrosi nsolvano.n compo, i.uncn.o. in segno Sľnk'Oi an carattov .km, mcno J,c d. un Pc, S,,,,,.....•Idn.uulU,........l..cUouvv.en( .1 termine delloscamhio cpis.ola.c. ......... pos,,,o„o cluave d, ,imm- Sctr.. leíun/ioni ...ivedol c...legg.o v, .,„ chequella in rondo, di ric.pitol...o . lain avvonturosi del due protagonisti prima dei capiiol. d.. cu. scomp.uono sui «nuovi casi piü generali. pi., lorn. p«». esnr.ni». lo slogo ' eloquentedi Renzo prciigura giá sua l»u\ul azione, .1 suo movimento tenace nella trama successive del racconto parte ľintelligenza manipolatiice delle ope. ../.oni Itilistiche, eon un eit'etto stcrcoscopico, come s'ust dire oggi, da tuisc ei . •:<'■ I'episodio delle lettere tra i dtw profughi i- noppo singolare perche .! suo significant si esau riscj nell'arabesco v isibile dell'ironia nanativa, lanto piť. se si rilegge, e ora ě il momento di lai lo, .1 suo p.n agi aio inter medio sul «eontadino ehe non sa se. i\ cic. e ehe av.cblv bi .o di seriverc ■ Se n'e aeeoľto meglio di ttltri un lettOK filologo, M.mlio Pastore Stocehi, il quale argumenta ehe dalla storia del carteggio emergono dne (e.ui complement..-ri, il l.illiľiK-nte. eomunieativo del mezzo epistolair e ľina deguatezza delia lei teta eome modo di nana/ionc. di qui la critic, implicit a al romanzo episiol.ur e alia sua rappresen-tazione immediaia del presente, nel flusso ancora ealdo del vissuto, ehe sopprime la distanza del giudizio men t.v oblili-ga il narratore a rinunciare al postulato di un progetto on nisciente, alia norma di un vero superiore alľoriz.zonte del personaggio. Ma per quanio introduca a un'iľoniaehe aitiva ľinterazioiie dialettica delia oggettivita e delia soggettivitÄi. la sua lpotesi eritiea appare ancora iroppo scmpl.ee. sia peľ-che .1 limite delia serittura epistolare inerisec alia condizfo ne del personaggio, come awerte, a esempio, un luogo del ^P.tolo XXIV, puntando non sulľonniscienza ma snila possibil.tä di una prospettiva piú larga e intrecciata («et» una storia che nessuno conosceva tutta; e per Lucia stess« ceran delle parti oscure, inesplicabili alfatto. E principal' mente qneJla fatale combinazione ďessersi la terribiK" rozza trovata ľ, snila strada, per ľappunto quando Lucia v" Pásava per un caso straordinario: su di che la madre e la »" /n»f/,//»■/// ha l.uev.iii cenlo congetlure, senza inai dar nel segno, anzi i-.i/.i ncppui .i.iil.uii vieino»), si., pcrclié il rom.mzo epi .tolare, aiulie nel qu.ulro di una paródia sen.., ě solo una m.míč dol Ic.lomeno coniune a ogni procedimeiiio nana livo A ragionaie sulla base dell'inieiluilio espliciitivo in-v.n.o.ille missive degli .m.ill.ibeli, il problenu velu č la H.i ...ne dl un el.uiii l.ilo orale <• la smi ileciulll lca/Í011C»J.KU la c.ten.i neeessaria ilrjgji intermediari, in ...ulála e liiorno, . lir ihei.mo via via la ligi.ra primitiva di un insieme di facti. \ liwllo di un.. tipologia roman/esea viene proposta, in so-stanza, ui.'an.ilisi delia ti.ulizionc inloimativa analoga a nu IIa setteeentese.i dell'( )ries nel suo Calcnln wpra In vt'ritt) v/o;•/<;, a proposito della rcgola ehe «Ia cognizionc del l.uio vad.i sempře seem.nulo nel pass.ue da un testimonio verbale all'.iltro» e che sin da prineipio, nel «pubblieare q.i.ilclie avvenimenio cospicuo da se veduto», l'«uomo sag-i'.io» s. vode «eostretto a modilieare, a cangiare, a troncarc •ii.cor.i o .id aggiungeic oltie alia sua perspieuitä». Ma nel 1 ■uies'j'.io di Kcnzo e Agnese tuno questo lunziona come u" eimeneiuiea povera dell'esisienza privata, ehe non ha ■icccsso alia serittura e dovendo rieorrere a una mediazione j' s°ggeit.i ancora di piü al risebio del fraintendimento, al- opaeita di un linguaggio interpolato. \:. il modello dimo-stiativo Im una n-iiuia peilelta, anche nell'esattezza teenica del suo tessuto lessicale. II cielo coniineia dal «eontadino» che si rivolgc a un yiiciaio» di ptHi ivnz.i «della sua eontlizione», inlorman-V *con piü o meno online e chiarezza, degli anteceden-' ossl11 «•! eontesto dei latti, cd esponendoglt «nella stes- int"1 'COS" mcttcrc i;llt;,>>- " segretario «parte ( uu,e, parte Irantende» e intanto «mettc eome püo in na eiii-iaii.i i ponsieii dell'altro, Ii eonegge, Ii migliora, j. 1,1 la mano, oppure smorza, lascia anche tuori, secondo n„,>IU t"'K> ,ollu '"i'glio alia eosa». Alľaltro capo il desti-stesso° i Pttnrncnl' ebifdere aiuto a un «dotto» dello leii^)1 >. t-be gli «legge» e gli «spiega» il testo della "lud ' p'nZ" 'HM(> l"v',1"'<-' i'be sorgano «delle questioni sul gniz° ln,^,uu're» poiclie «l'interessato» eon la sua «eo-• °ne de lani anteceilenti, preteiule che certe parole 67 Irónia polifonica Imnia poltfonica voglian dire una cosa» mentre «il lettore», forte della sua «pratica» di «composizionc», insistc che «ne vogliano dire un'altra». Alla fine prevale il parere «di chi sa» e tocca a lui la «risposta», destinata a sua volta a una «interpretazione» dello stesso tipo. Ii peggio, perö, accade allorche il «soggetto della corrispondenza» esige il «segreto», da non parteeipare a un «terzo», e in chi scrive — come nel caso di Renzo — si aggiunge «l'intenzione positiva di non cur le cose affatto chiare». Ciö che ne esce inlatti, nel lavoro ermeneutico, e una gara di congetture contrastanti dove «le parti finiscono a intendersi tra di loro come altre volte due scolastici che da quattr'ore disputassero sulTentelechia». L'iperbole grotte-sca con cui si conclude questa fenomenologia della com-prensione indigente e divka7-qnasi in omaggio aH'universö aristotelico dell'anonimo, viene poi siglata dal commento epigrammatico del narratore a figura scoperta («per non prendere una similitudine da cose vive; che ci avesse poi a toccare qualche scappellotto»), che non e cosi ovvio e bona-rio come sembra, giacche per intenderlo bisogna riprendere il Fermo e Lucia, che in luogo dei «due aristotelici» metteva in campo «due filosofi trascendentali», ossia, per l'appunto, un esempio di «cose vive». L'ironia del narratore si ritorce dunque su di lui e sul suo stilema sostituito, con un secondo significato che resta fuori, nel suo scatto finale, dal raggio interpretativo del lettore. Ma anche senza uscire dal tracciato della scrittura, ri-percorrendo le sequenze del discorso metanarrativo sul car-teggio di Renzo e Agnese, sulla nuova versione che assunie con loro il genere, stando a Bachtin, del patetismo sentimentale da camera, si puö andar dietro al tiro indiretto del-l'ironia solo che non se ne lascino cadere i segnali; e lo «scappellotto» e giä uno di essi. Quello piü forte e insi-nuante, tuttavia, anche per la radicalitä della correlazigj}e speculare, yiene dalla postilla autölnclüiiva «accacj£apa^a noriltn, che senviamo per la stampa» in coda aU'avverti-■iiento sussidiano che nonostante la sua conoscenza del- della sem- «arte» che lo fa superiore al «contadino» nel dominio parola, al «letterato» interprete e scrivano «nonjiesce-pr-iAdh^Juttö^ueUo^^ qu^^^ta &Zs 68 :ad«. di dire tutt'altro». (,)ui addirittura non solo il HOffM^ remiiancnel^urc^ che lo manovra finisce per essere equiparato al segretario della corrispondenza dei due personaggi. Ora chi allega il proprio laboratorio moderno per ilhistrare gli accidenti di stesura di una lettera secente-sca d'ambiente contadino gioca con la propria immagine e usa l'ironia, di cui ě fatto complice anche il lettore, di «de se fingere minora», diminuendosi e declassandosi a uno «Status» che non giunge neppure a quello dell'anonimo. In real-il suo entimema urbano. come avrebbe sentenziato un trattatista baroeco, ha un sottinteso piü sottile e piü labo-rioso se si considera lo scrivano, che nel caso d'Agnese ě «quell'Alessio suo eugino», non rispetto a ciö che non riesce a dire, ma in rapporto al suo intervento «letterario» nell'e-sposizione dei fatti e dei děsideri espressi a voce schietta e impacciata. L.1Ó che ditterenzia maggiormente il testo scrit-t'1 da quello orale e mimico ě la pretesa o il diritto della «forma letteraria» di non essere un semplice «strumento materiale» degli «affari altrui» e di interpretarli quindi «a modo suo» secondo la «pratica» della «composizione», in conformitä, per dirla con Šklovskij, non alle motivazioni di vita ma alle leggi dell'arte, che presiedono alla metamorfosi della tabula in intreccio. Anche l'esperienza rqmanzesca del c contadino deve assogtiettarsi al potere della IeiieratuiT di ' '»tlermaie la veritä delle proprie forme, di manipolare i ma u' iali come «torni meglio alla cosa». F. poiché l'«idea del can-eggio» descrive «come andassero allora tali cose, anzi come vadano», visto che «in questo particolare» vi ě «poco o ni>Ha di cambiato», non si puö non concludere che il narratore moderno si trova nella stessa condizione del «segretario» o «tureimanno» di Agnese e Renzo e compie nei con-'•"onti dei suoi personaggi, in quanto immagini dell'altro da sc, la stessa manipolazione letteraria di adeguamento alle ''Kure děli'intreccio. Ma ě altrertanro vero che proiettan-dola nello specchio del raeconto egli la mette in discussione, la strada ellittica di un'ironia dell'ironia. In effetti, poiché nello spazio delle «intenzioni» e dei < che la riraccio, la raccomodo, la riorgamzzo in un corpus signihcanvo . Sono 10, in altre parole, che la trasformo in una narrazione coaeme - giacché questa ě la prerogativa della narrazione storica- non solo la presenza di una storia, ma di qualcuno che la racconti e la faccia vcnire verso di noi - come quella canestra di frutta da cui siamo partiti, e ,he ci interpella, ci chiede di essere guardata. «Non si potrebbe, pensai, prender la série de' fatti [...] e rifarne la dicitura?». Per tornare allora alla domanda su cosa ci racconti veramente il narra-tore dei Promessi sposi, 1'enfasi dell'' Introduzione puó essere riferita, evi-dentemente, anche all' «eroica fatica» compiuta dal trascrittore in quanto Arterice di un romanzo storico: per allestire un «componimento misto»; per costruire uno sguardo piú sincero sulla storia. Daltra parte, il racconto manzoniano ě anche testimonianza e segno di un eroico impegno di rappresentazione del trascorrere della storia, non-ché dei modi in cui le coscienze degli individui ne fanno esperienza: siamo ^iunti al terzo ordine di significati per cui /promessi sposi ě un romanzo storico. A questo livello del těsto non bastano i documenti, o gli inserti di-gressivi di spiegazione e di commento dei fatti storici, ma entrano in gioco le modalita attraverso le quali la «dicitura» configura il senso del tempo storico: la dialettica di primo piano e sfondo, per esempio, o la stessa scelta di inserire, di escludere, o di combinare čerti episodi, intervenendo sulťin-treccio e sulla trama del těsto; o la stessa regolazione di una velocitá narra-ňva diversa e variabile che, caso per caso, altro non fa che mimare reffetto di scorrimento per unita discontinue del tempo storico. Sono i casi in cui / promessi sposi va considerato un grande romanzo storico perché cosrruisce una vera e propria semantica del tempo storico, owero del tempo espento comc tempo in cui lorizzonte finito della biografia individuale e travolto da evcntí nuovi e imprevisti che trasformano i modi di considerazione e i temporalizzazione dell esperienza umana. U tela rattoppata: romanzo di formazione e romanzo storico ^finizione ^ «lbr,do artistieamente organizzato». ^ „ romanzo a 8 ma. Bachtin (1979, p. „z), Ü romanzo eP> ^ poss*^ .p0. due seeoli, resiste, per il suo stesso aUa Po*'blllta zione teorica data una volta per tucte. un romanzo per gli occhi loeia formale pura c lineare. Nondimeno, sembra alcrettanco innegab.le che alľmtemo di questo genere che per molti aspetti puo esserc cons.de-raco uno dei modi simbolici privilegiati della modernita, nella prima meta del xix secolo incontrano interesse particolarmente due forme, abbastan-za dissimili, ma con significativi punti di tangenza o di convergenza: il ro-manzo di formazione e il romanzo storico. Iprámem spon presenta aleune prospcttivc testuali giustamente assi-milabili ai modelu del romanzo di formazione: non solo la linea narrativa di Renzo, eroe "cercatore" ehe si congeda dalla storia con il bilancio finale dd suo apprendistato, ma la stessa vicenda di Lucia scandisce, in un certo senso, lc tappe di un percorso di formazione (Baldi, 1004, pp. z? 1 ss.). D'altra parte, le linee di continuitá e di intersezione tra i due generi del romanzo storico c del romanzo di formazione non sono riducibili, a mio av-viso, alla presenza di dementi narrativi comuni interni ai mondi di inven-zione costruiti dall'opera, ma investono le coordinate Stesse di quei mondi, owero l'insieme di problemi che gli autori hanno inteso affrontare sceglien-do di rappresentare la vita umana attraverso le forme e i temi del romanzo storico - che ě piü interessato a rappresentare le veritá della storia dentro gli individui - o del romanzo di formazione - che ci racconta piü spesso le veritá degli individui dentro la storia. In questo senso, il romanzo storico e quello di rormazione possono essere guardati e studiati anche come due generi attraverso i quali nasec e prende consapevolezza di sé il romanzo degli ultimi due secoli, cercando di organizzare e formalizzare in modelli sémantici significativi una delle questioni che piü tormentano la narrativa moderna: quella del tempo, un tempo storico e non piü assoluto («gl'anni suoiprigiomeri, anzi giafatticadaueri»), e dei nuovi rapporti traesperienza e significato postuLui dalle nuove forme di percezione e di esperienza del tempo. In questo senso, le verita ultime di cui ci parlano i due generi non sono moko lontane, perché entrambe le forme ci parlano di uno iato sempře pru forte ehe si ě consumato tra il tempo biografico, delľesperienza indi-viduale. c il tempo extrabiografico della storia. Uno iato rispetto al quale a v,ta particolare diventa pura contingenza, serialitä, « purissimo acciden-e» appunta Ľinizio e la fine dellesistenza umana e ľinizio e la fine della manzóni d pr0SPcttiva dcl tcmP<> storico - c, con terminológia nzoniana, della morte - seguono velocitä e direzioni sempře piü peri-sianu T"11' " r0manzo di fo^azione e il romanzo storico, di riJ SU 5 VCrSC'CCrcano da un l«o di raccontare; e dalľaltro lato ui nawiCinare attraverso una natura morta. / PROMESSISPOSI 61 Il concetto di storia, e di formazione, cosi come sono tematizzati dal romanzo storico e dal romanzo di formazione ottocenteschi, non rappresen-tano allora degli universali astratti, costanti antropologiche di lunga durata indiŕFerentemente assimilabili a qualsiasi epoca; non sono nudi materiali. Storia e formazione (o formazione negata) sono anche modi formali, strategie della «dicitura » attraverso le quali le grandi architetture narrative otto-centesche intendono non solo raccontare, ma rar "vedere" il tempo, cercando di ricostruirc un significato che generalmente non abita la contingenza. Da questo punto di vista, non saranno i nudi materiali narrativi dei Promessi sposi, ma 1 'organizzazione, la mappatura complessiva di quei con-tenuti, i significati di intreccio, a consegnarci le veritä piú interessanti del romanzo storico manzoniano. Esasperato da una cattiva sorte che scandalosamente sta smentendo le sue mire libertine, nel capitolo xi dei Promessi spost don Rodrigo inveisec contro i protagonisti in fuga usando degli epiteti significativi: - Chisi eura di costoro a Mil ano? Chi gli darebbc retta? Chi sa die ci siano? Son come gente perduta sulla terra; non hanno né anche un padrone: gente di nessuno - (PS.XI, p.zi6,§í). Come possono le oscure vicende della «gente di nessuno» aiutarci a ela-borare un giudizio storico complcssivo su un'intera epoca? La risposta a questo interrogativo fissa uno dei momenti principáli di originalita della serittura dei Promessi sposi, e consiste, cssenzialmcnte, nel lavoro strenuo di tessitura e di rammendo compiuto dalľautore dcl «componimento mi-sto di storia e ď invenzione » per elaborare una trama a piú strati, in cui gli individui comuni sono guardati attraverso i fili invisibili che legano la loro °scura esistenza alla grande storia: Don Gonzalo aveva troppc e troppo gran cose in testa, per darsi tanto pensiero c f*"' di Renzo; e se parvc che se ne desse, nacquc da un concorso singolarc di k ostanze, per cui il poveraccio, senza volerlo, e senza sapcrlo né allora né mai, si tr°vo, cbň un sottilissimo c invisibile file attaccato a quelle troppc c troppo gran co*(PS,xxvi,p.So8.§64): " —- 1 1 1 1 irn"™ ^Q^nza v°lerlo, e senza sapcrlo né allora né mai», Renzo si trova coin-0 'n «un concorso singolare di circostanze» di cui non riuscirä mai a to"*ľ'Starc coscicr>za, e che solo la trama romanzesca puô rendere sensa-centro dclľ interesse narrativo, insomma, non é tanto «la miserabile un romanzo per gli occhi attraverso una nátura morta. / PROMĽSSI SPOSl cronaca di un oscuro villaggio»'\ quanto il discorso complessivo che puo dat forma alia catena di evcnti chc trascende il singolo, risucchiandolo nel votdec insondabile del tempo storico. Ma l'eroica ťaticadel «componimento mistodi storiae di invenzionc» - sembra opportuno ripeterlo - vale per due, perché il romanziere non coca soltanto di sbrogliare il guazzabuglio, ripostulando una morale della stotia; ma tenta anche di mimarlo, ed ě qui che sta una delle ragioni piíi im-portanti per cuilpromessisposi k un romanzo storico; ě qui che risiede uno dci contenuti di veritá piu moderní di quesťopera. Ě anche in tal senso che il romanzo storico tiene fede al concetto manzoniano dell'arte, owero rie-sce a parlarci del « nostro destino su questa terra », a partire da un termine di paragone cosi basso come il mondo della « gente di ncssuno». La vicen-da del pověro montanaro ě figura di un destino complessivo rappresentato lungo l'assc del tempo storico. Perché rappresentabile soltanto lungo l'asse del tempo storico, owero attraverso la misura romanzesca: non si tratta intatti di un destino romanesque e fiabesco, ma di una somma di determi-nazioni che inchiodano l'uomo comune ai limiti materiali e culturali della sua temporalitá, esponendo la sua esistenza alia minaccia della discontinu-itá; e mandando all'aria tutte le sue prctese di controllo sulla realtá: don Gonzalo, dopo aver parlato del tumulto, leggcrmente c da uomo chc ha gia mcao riparo a tutto; fece quel fracasso che sapctc a proposito di Renzo; come sapctc anche quel chc nc venne in conseguenza. Dopo, non s'occupo piu d'un affare cosi minuto c, in quanto a lui, tcrminato [...] Ma Rcnzo, il quale, da quel poco che gli sera fatto vedcr per aria, doveva supporre cutt altro chc una cosi benigna noncuranza, stette un pczzo scnz'altro pensicro o. per dir mcglio, scnz'altro studio, chc di vivcr nascosto (PS, XXVII, p. 515, §§ 1 i-ij)". Ě. prccisamentc qucsto movimcnto di individuazionc deU'esistenza chc rendc romanzabili delle vicende assolutamente accidentali che altrimenti ci seccherebbero a mortc (ps, xxxvm, p. 744, § 63). Non sono gli eventi privati in sé a fondarc l'interesse narrative ma il modo 1 guardare ad cssi attraverso la storia. E vicevcrsa, poiché come l'esistcnza omune, al di fiiori delle vicende storiche chc le sovr.ideterminano, non ha alcun intcrcsse, anche la grande storia, da parte sua, acquista senso solo se guardata in una posizionc di rapporto con gli individui. E cosi sará spoglia" dci suoi attributi piu sfarzosi c monumcntali per essere schierata di nuovo in attagliancU'«angustoTeatro» delle vicende della «gentedi nessuno». Ľoriginale modalita manzoniana di messa in discorso delia storia si rcalizza, oltre che in una rilettura ä rebours della tradizionc, nclla messa in rilicvo dei fili paradossali e accidentali che inerecciano le vicende delia storia con quelle degli individui'", producendo, di conseguenza, un er-fetto ďinsieme della temporalitá storica intesa come orizzonte mobile c complesso, che si rifrange, a seconda dellc angolarure, in modalita diverse, compresenti e reciprocamente dissonanti. Un capitolo esemplare: Promessisposi, xx\'ii II capitolo xxvii dei Promessi sposi rappresenta uno degli esempi artisti-camente piú alti della capacitä del romanzo storico manzoniano di ŕar-ci vedere il tempo come tempo storico. Siamo nclľinverno 1618-19. c il narratore sviluppa, in successione, quattro distinte sequenze di racconto: dopo aver fornito delle notizie piú precise sulla guerra di successione per Mantova e il Monferrato'\ si raccontano lc vicende del carteggio tra Agnese e Rcnzo, per passare poi a parlare di Lucia c dei tormenti che le infligge donna Prassede; infinc, ľultimo rmdeo narrativo riguarda la figura di don ťerrante, di cui il narratore passa umoristicamente in rassegna la bibliote-ca, finché, giunto sul punto di elencare il settore delle «lctterc amcnc», si affranca dal ruolo di «copiator servile», prccisamentc come aveva řatto Hell''Introduzione, quando aveva interrotto la trascrizione del «dilavato c graffiato autografo» dell'Anonimo, decidendo di rimettcrsi «nel cammi-"o della storia ». Rilcggiamo l'inserto con cui si conclude il capitolo: Fino alľautunno del scgucntc anno 1619, rimasero tutri. chi per volonta, chi per fcrtt, nello stato a un di presso in cui gli abbiam lasdari. senza che ad alcuno accadcssc, nc chc aJcun altro potcssc far cosa degna desser riferita. Venne 1 autun-n°. »n cui Agnese e Lucia avevan fatto conto di ritrovars. insicmc: ma un grande »Wenimcnto pubblico mandô quel conto all aria: c f\i qucsto ccrtamcnte uno de s"oi piú piccoli cffctd s iron poi j^j grindi awenimcnti. chc pcro non porta r°no ncssun cambiamcnto notabile nella sorte de" nostn personagg.. Fmalmcntc nu°vi casi, piú gcncrah> piú forti. piú csrrcmi. arrivarono anche fino a loro. hno »8M infimi di loro, secondo la scala del mondo: come un turbine vasto. mcalzantc. v»gabondo, scoscendendo e sbarbando alberi. arrufiando recti, scoprendo campa-ni'i- »bbattendo muraglic. e sbattendone qua e la i rottami. sollcva anche. řusceil n**°st, tra ľerba. va a cercare negli angoli le fogl.e passe e legg.cri. che un mmor VCnto vi »vcva confinatc, e lc porta in giro invoke nella sua rapuia. un romanzo per gli occhi Ora, pcrché i ťatti privati che ci rimangon da raccontatc, riescan chiari, dob-biamo assolutamcntc premcttcrc un racconto alia mcglio di quci pubblici, prcn-dendola anchc un po' da lontano ;ps. xxvn, pp. $15-6, §§ 58-60). 11 narratore dice: dalla fine del 1618 fino all'autunno dell'anno seguente, ai protagonisti non accade nulla «che siadegno di esscre riferito», vale a dire che sia materia di interesse per il racconto. Ma a riattualizzare e a renderc romanzabili, nonché memorabili, cjueste esistenze cosi defilate rispetto alia storia, intcrviene la serie dei grandi avvenimenti pubblici, che finira per tra-volgere «come un turbine vasto>> anchc la vita dei «purissimi accidenti». Cosi, attraverso le iorme, il baricentro del testo non ě la peripezia dei due promcssi sposi considcrata in sé, ma l'intreccio tra i fatti privati e quelli pubblici. Un genere di intreccio tutto pamcolare pero, poiché esso ci parla di uno speciále movimento di scambi tra ľindividuo e la storia. Si tratta infatti di un rapporto di inversapropor/.ionalitá tra i due poli, per cui alia posizione di massima incssen/.ialita dell'individuo dentro la storia («don Gonzalo [...] dopo, non s'occupô piíi ďun affare cosi minuto») corri-sponde una posizione di massima essenzialitä delia storia dentro la vita 'individuo («Ma Renzo [...] stette un pezzo senz'altro pensiero o, per meglio, senz'altro studio, che di viver nascosto»: ps, xxvii, p. $i3> li-ij). Pcrché mentre l'uomo dentro la storia ha il peso delle «foglie pa^c cleggieri» confinate negli angoli piu nascosti dcll'erba, la storia, vicevcrsa. rta medesimafunzionedel «turbine » chele «involve nella sua rapina»-Lc risorse conoscitive del romanzo storico derivano proprio dalla capacity di nominare questo sistema di forze rappresentandole dialetticamen-JCM)vvero non solo raccontando «il concorso singolare di circostanze» per cui l'csistenza di un «poveraccio» come Renzo si troverä appesa at rapporti diplomatici tra la Rcpubblica di Venezia e il re di Spagna, ma configurando un mondo narrativo che sia capacc di fissare il senso di p«-carietä c di discontinuitä che acquistano lc biografie pcrsonah appena-k siguardi dalla prospettiva del tempo storico. La rctorica del racconto ccr-cherk di mimare precisamentc talc effetto di inconsistenza, attraverso a combinazionc delle sequenze, owero attraverso l'intreccio, c attraverso K modalita originalissime di mcssa in romanzo dclla storia. Proviamo allora a riscontrarc lc vcrita di qucsta affermazione sul tcsto dei Promessi spon- Forsc ncssun capitolo, come il xxvn, prende cosi alia lettera la metafora dclla scrittura romanzesca come lavoro tessile di riaggiustatura e J raccomodamcnto. La gucrra di successionc per Mantova e il MontcrraW. attraverso una natura mo rta. / PROMESSI SPOSI 65 il carteggio tra due analfabeti - Agnese c Renzo - le smanic da raddrizza-cervelli di donna Prassede con Lucia e il catalogo dclla bibliotcca di don Ferrante: 1 quattro nuclei che compongono il capitolo sono com diversi da poter essere letteralmentc assimilati a quattro grandi toppc formate da tessuti e da colori dissonanti che solo un gran sarto potrebbc ricucirc e ricollocarc in una trama composita c sensata. Al tempo stesso, č interessante notáre che, guardando alia fabula, nes-suno degli episodi raecontati ě veramente csscnziale alio svolgimento e alia comprensione delia vicenda romanzesca. La materia del racconto ě pre-valentemente assimilabile alla categoria formalistica dei "motivi liberi", al punto che, in un certo senso, il capitolo xxvn potrebbe anchc mancare. Dal punto di vista perö dei problemi che l'autore si ponc in quanto autore di un romanzo storico, owero dal punto di vista dclla costruzionc di un componimento capace di farci "vedere" la storia non come fondalc, ma come corso degli eventi dentro il quale passano silenziosamcnte lc mol-titudini senza lasciarc traccia, questo capitolo e intcrcssantissimo, pcrché sono significativi non i singoli episodi considerati in sé, ma i significati di intreccio che essi acquistano dentro la trama del racconto. II narratore introduce il primo nuclco narrativo - quello sulla gucrra -awisando che darä alcune notizie importanti: Giä piu duna volta c'é occorso di tar menzione dclla gucrra che allora boUiva, per la succession* agli stati del duca Vincenzo Gonzaga, secondo di quel nomc; ma c'é occorso semprc in momenti di gran r'retta: sieché non abbiam mai potuto darne Piu che un cenno alia sfoggita. Ora pero, alľintelligenza del nostra racconto si richiede proprio d'avcrne qualche notizia piu particolare (ps. xxvn. p. $09. $ 0- D'altra parte queste notizie piü particolari sali'«Impresa de'' Prencip, e Potentatt» piü famosa dellepoca in cui accaddero i fatti arrivano ncl capi-tolo xxvn, a due terzi cioé del racconto, owero a un terzo dal suo epilogo. A»che questo é un modo di rimescolarc le carte dclla storia, nonchc una ť°rma dissimulata di invito a una lettura piü maliziosa del testo che incrc-sPa umoristicamente anche la lettura dell'arfcrmazionc sucecssiva: scnti-sser letta S°n cosc che chi conosce la storia le deve sapere: ma s.ccome. per un g *» ^ m«--nto di noi medesimi, dobbiam supporre che quest opera non po ^ sc "on da ignoranti, cosi non sari male che ne d.ciamo qui qua>»° r,n»rnc chi navesse bisogno (ps, xxvu. p- $°9- 5 un romanzo pkr gli occhi da qui il narratorc proccdc con il vclocc rcsoconto analctrico dci «poli-' i mancggj» dcgli ultimi duc anni: l'cpoca in cui dormono ancora sotto vulcano gli cvcnti storici che con la loro csplosionc rovesecranno dawe-lc sorti della popolazionc milancsc, os-vero la carestia c la pestc. Nella sua prima sequenza il capitolo xxvn recupera i passaggi di quclla storiografia tradizionalmcntc abituata a cristallizzarc la memoria storica sullc figure dei Prtncipi - nclla "Quarantana", lc illustrazioni di queste paginc, vaJc a dirc i ritratti di Ľrbano vín, di Maria de' Medici edi Carlo Emanuele i di Savoia (ps, xxvn, pp. 510-1), commissionati da Manzoni con una speciale curac preparaci da Gonin, amplifica-no il senso di un passato inteso come culto feticistico di grandi figure imbalsamatc: sembra di esserc nella gaJIcria dci ritratti di famiglia dcl palazzotto di don Rodrigo. Ma attraverso un lessico ironico che introducc una sbavatura, in qua e in li, tra gli inchiostri dcllc fonti ufficiali--, la cronaca dclle imprese dci capi che giocano alla guerra fa progressivamente spazio a uno sguardo po-lcmico che aJla fine si dichiarcrä esplicitamente, ripostulando una morale dclla storia: L'assedio poi andava male, in lungo, ogni unto all'indictro. c per il contcgno sal-do, vigilante, risoluto dcgli assediati. c per aver lui poca gente, e. al dirc di qualche stonco. per i molti ^propositi chc faccva. Su qucsto noi lasciamo la verita a suo luogo, disposti anchc, quando la cosa fosse rcalmcnte cosi. a trovarla bellissima, se hi cagione che in queU'impresa sia rcsuto mono, smozzicato, storpiato qualche nomo di meno. e. ceteris paribus, anchc soltanto un po' mcno danneggiati i tcgoli di Casalc (ps, xxvn. p. 5n. g.9). A questo punto pero entra direttamente in gioco la stratégia narrativa che piu d interessa in qucsto momento, owero la composizione di una pro-spcttiva sulla temporalitá storica attraverso i significati di intreccio. Senza nessun prcawiso, il racconto compie infatti una virata improwisa c scara-venta in scéna ľultimo dcgli accidenti a cui avrcbbc potuto dare spazio il grande "arazzo" del discorso storico ufficialc. Leggiamo come proseguc il testo che abbiamo appena citato: In questi ŕrangenti [don Gonzalo] riecvette la nuova deUa sedizione di Miláno.' « accone in persona. Qu.. nel ragguaglio che gli,, diede. hi fatta anche menzione delia fuga ribclU c clamorosa di Rcnzo, dc' fatti vcn c suppost, cherano sut, cag.onc del suo arrc*°- attraverso ľ na natura morta. / PROMESSISPOSI (,-/ c gli si scppe anche dire che questo ule s'cra riŕugiato sul temtono di Bergamo. Qucsta circostanza fermo ľattenzionc di don Gonzalo (ps. xxvn. pp. 5,1-,. $ 10). II giudizio pronunciato dallo storico sugli «spropositi» di una politica di guerra assolutamente indifferente alle moltitudini si trasforma subito in occasionc di messa in scéna romanzesca grazic alľinvenzionc del «con-(.orso singulare di circostanzc» chc fanno incrociare don Gonzalo con Rcnzo. Ci troviamo davanti a un modus operandi presente in ogni pagina dci Promessi sposi, fin da quelľinizio in cui l'arroganza del potere secen-tesco documentata dalle grida, ma al tempo stesso unprigionata, ridotta a cada verc dal linguaggio cosi polveroso dcllc parole del potere, č "richia-mata in viu" dalla paxola romanzesca, nel senso che diventa oggetto di rappresentazione diretta di quel mondo attraverso il primo straordinario dialogo dei Promessi sposi, quello tra don Abbondio c i bravi: - [...] Via. chc vuol che si dica in suo nome all'illustrissimo signor don Rodrigo? - II mio rispetto... - Si spicghi meglio! - ... Disposto... disposto sempře all'ubbidicnza - (ps. 1. p. 10. §$ 36-}7). Dove, come glossa del brano, si possono ricordarc lc parole scritte da Manzoni a Fauricl: «je fais cc que je peux pour mc pénétrer dc l'csprit du temps que j ai ä decrire, pour y vivre» (cfr. cap. 2, note i-i). Tuttavia, assieme a tale proccdimcnto nel capitolo xxvn opera con una particolarc evidenza 1 attenzione con cui la «dicitura » riscmantizza, oltrc che gli elementi dcl racconto, lc tccnichc della loro ncucitura. Ľcffctto di reale di qucsto capitolo non dcriva dai singoli aneddoti della vita indisiduale direttamente rapprcsentati dal racconto, naadalla veríte de I ensemble riconfigurata dalla tostruzionc dcl tcsto. Essa runanda in primo luogo al contrasro stridente che non solo il primo ma anchc i nuclei succcssivi del capitolo producono complcssivamentc tra i grandi personaggi dclla storia - dal duca di Savoia nno al papa Ľrbano vin, o Maria de' Medici - c gli spaventati accidenti che abitano la pcriťcria dellimpero: Rcnzo, ma anchc Agnese, suo cugino, Lucia, donna Prassede, don Ferrante: tutte figuře che appartengono, in qucsta zona dcl romanzo, a una storia chc ha completamentc espropriato i personaggi da ogni possibilitá - almeno terrena - di reale protagonismo. La rocambolcsca serie di equivoci originati dallo scambio cpistolarc tra Agnese c Rcnzo e la rassegna ironica dell' inutile libreria d i don Ferrante 68 un romanzo per gli occhi attraverso una nátura morta. / PROMESSJ SPOSI dcstinata a disperdcrsi sui «muriccioli», hanno portato piu di un lettorc a sostcnerc, con argomcnti c riscontri testuali preziosi oltrc chc brillanti, chc il capitolo xxvii dci Promesst sposi č la parte del romanzo a piu alto tasso dijnctalcucrarieti1', ricca com č di rimandi alle disfunzioni comuni-cativc dclla parola scritta, quando non sia conosciuta c posseduta - come nel caso di Agnese c Renzo -, o quando. nel caso invcrso ma spcculare, sia appaltata da letter.itoni come don Fcrrantc interessati alia cultura come privilegio sociále c occasionc di ruga dalla realtä. Anche uno dcgli interpreti piu importanti dci Promesst sposi, Ezio Raimondi (1990, pp. 64 ss.), si é fermato sulle letterc fattc scrivcre da Renzo e dalla sua promessa suocera, c ha giustamcntc rifcrito ľ irónia dcll'episodio alia nátura ambigua e pro-blematica delľatto narrativo. Mi sembra perô che in tal senso la metalette-rarictá, intesa come la capacitä del romanzo di parlarci di sé stesso, sia stata csscnzialmentc schiacci.ua sui suoi espliciti termini antitetici di paragone - il carteggio tra due analfabeti, e la libreria di un crudito - senza guar-darc invece al paesaggio complessivo costruito dall'intrigo del capitolo. Combinando e coordinando materiali cosi diversi, la rctorica del racconto mima gli ctfetti di disordine della vita umana appena cssa venga travolta dal tempo storico. L'efTetto di caos, di mancanza di un cenrro prodotta dalla successionc dcgli cpisodi taccontati nel capitolo ě il paradigma piu o dclľeffetto di rimescolamento tempestoso e conŕuso di livelli con cui e moltitudini incontrano la storia; ľorditura slegata del capitolo ě figura del disordine di queste esistenzc strappate al tempo circolare e noto della biografia,c sbattutedentro la temporalitä accclcrata dclla storia. •• E io [—J cosa volete che abbia imparato? lo non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a ccrcar me», conclude la protagonista alia fine della vicenda (ps, xxxvin, p. 745, § 67), esprimendo un dubbio chc, a pensarei bene, atttavcrsa in ogni punto il romanzo storico manzoniano. Un libro come una natura morta In questa prospcttiva di lettura. il capitolo xxvn dci Promesst spost si con-ferma come una dcllc parti piu significative del romanzo anche perché a trama, oltre a esserc mimesi del disordine dclla vita umana - la vita urna^ chc all'autorc intcressa fissarc in contcnuti di veritá - c anche tentaovo, supcramcnto, "raccomodatura", chiavc di rapprcscntazione di 1ucSt° rja sordine. II lavoro di rattoppamento dclla «dicitura» consistc infatti nc 69 riconfigurazione di una continuity che il caos dclla storia ha travolto. Cosi, nel finale del capitolo xxvn, il narratore conclude: Ora. perché 1 fatti privati che ci rimangon da raccontare, riescan chiari. dobbiamo assolutamcntc prcmcttcre un racconto alia meglio di quei pubblici. prendendola anche un po' da lontano (ps, xxvn, p. 526, $ 60). I movimenti anche bruschi dclla parola romanzesca tra sequenze rifcrite a dimensioni spaziali e temporali cosi separate ma anche cosi tcnutc insieme dall'unita di misura del capitolo, fanno del capirolo xxvn dei Promesst sposi una sorta di scatola ncra dclla macchina romanzesca, perché esso con-tiene tanto i congegni formali quanto i dispositivi ermeneutici dell'opera intera. II capitolo infatti, testualmentc parlando, riproducc il movimento continuo del «componimento misto di storia e d'invcnzione» tra le diverse prospertive di racconto, owero tra una dimensione cosi «di piccol .iff arc » come quella dci «ŕatti privati* e l'insieme dei «ratti pubblici» che csorbirano quasi fino al paradosso dagli orizzonri angusti dcllc «gente meccanichc». Ma proprio questa stratégia mulrifocale della narrazionc as-sicura al testo i suoi effctti di conoscenza e di veritä, perché la rapprcscntazione di realtä cosi reciprocamenre dislocate ma simultaneamcntc prcscnti produce, per cosi dire, una prospertiva rridimensionalc della vicenda che é il modo piu erficace per rappresentarc - e dunque anche contencre - le relazioni che intercorrono tra il tempo storico e le esistenzc dei «purissimi accidenti». E, per la precisione. per rappresentarc ľ idea di tempo storico cosi come e intesa da Manzoni. sin dai tempi del Dtscorso sopra alcunt della storm longobardua in Italia: oweto come turbine che riduce gli individui a .< gregge attcrrito e sperso» {Adelchi, iii, v, v. 186). Sebbcne meditata a lungo. é proprio grazic al passaggio dalla tragédia al romanzo che questa idea si trasforma da concetto in prassi scrittoria. II romanzo infatti ci parla dcllc sue veritä anzitutto attraverso la forma. Con 'a similitudinc - di nsononze omerichc e dantcsche - dclla storia come turbine che rutto travolge nclla sua rapina «mandando alľaria» le solu-Zloni cspcritc dai pcrsonaggi per rcsistcrc ai guai, il narratore, nel finale del capitolo xxvn, fissa in immaginc quelle chc il capitolo c. ha raccon-tato finora, infilzando nclla ricucitura romanzesca cpisodi cosi smcmbra-t« ma chc, guardati nclľinsiemc. producono una cosi realc espenenza di mancanza di centra «Quando [...] pretendete che lautore dun romanzo storico vi faccia distinguere in esso ciô che é stato realmcnte. da cio chc UN ROMANZO PBR GLI OCCHl at traverso una natura morta. / PROMESSI SPOSI 71 e di sua invcnzionc I...) gli prescrivctc l'impossibilc», scrivcra Manzoni (iooo,p. 8). 1 c'cdacrcdcrgli. Guardate actraverso la scoria, Ic esistcnzc dclla «gcntc di ncssuno» di-vcntano "inteicss.uui": il romanzo stoxico scmbra invcstito di un compito paradossale. 1 ;sso inf.utuonsisic ncl t.u riapparirc c rciulcre dcgne di mcn-zionc vicendc assolutamcntc accidental! c destinate all'oblia Mcmorabili, pcr6, in quanto incvitabilmcntc connotate da una condizionc inassima di inconsistenza c di incsscnzialita rispctto alia buicra intcrnalc dclla storia. Mcmorabili in quanto immcmorabili, insomnia, c proprio per qucsto dc-gnc di diventarc visibili e rcali. Ma csistenze paradossalmcntc mcmorabili anchc in quanto incapaci di una riclaborazionc coscicnzialc degna di mcmoria: «cosa volete chc abbia imparato?» (ps, xxxviii, p. -4s, § 67). Lo spazio vuoto chc scpara la con-tingenza dal significato c chc il discorso storico si propone di ricmpirc ci vicne rcstituito, alia fine del romanzo, in tutta la sua dcsolante assenza di sbocchi: non csistc una possibility di rapporto c di comunicazione tra la coscienzadegli individui c la storia: c poi. se vossignoria vuol prendcrsi il divertimento di scntir qucsta povera gente ragionar su alb carlona. potri fargli racconcar la stona a lui. c scntira (PS, xxxviii. P-7»7.§»9). La storia, in fondo, scmbra comportarsi non troppo diversamcnte dal concetto chc don Abbondio ha dclla Provvidcnza: prccipita sugli csscri umani a prescinderc dalle loro capacita di autodctcrminazionc c comprensione: - Chc nc dice, signor curato. d'uno scombussolamcnto di qucsta sorta? - d>«* »1 Mrto: - mi par di leggerc la stona dc' mori in Francia. - Coudcvo dire? Mi doveva cascarc addosso anchc qucsta! - (PS. XXIX. p. 1 JMhe da qui chc passa. per lautorc dci Promessi sposi, la fctica di una Wtaura Icttcraria chc ci parli dclla vita umana guardata attravcrso i "pcncn/.ali c coscicnziali a cui la inchioda il tempo storico. Vale la p*» I ™'m ? SCnSa 11 Parcrc m»>«oniano su alcuni dialoghi di un dranv St0r,C° chc Nicco'^ Tommaseo gli aveva chiesto di leggerc ncl iW poich-KIl, vuole assolutamcntc eh'io Le d.ca Mualcosa c chc sia quakosa di »* "* qUa" "«*' «"» Personam ■„, SCmbra chc abb.ano troppo ingcg«* esscr tanti: chc conoscano troppo con cui hanno chc tare c sc medesimi; chc nelle passioni altrui c nelle loro, ncgli avvenimcnti che promovono c in quelli chc sop-pottanOi vcgg.in troppc cose generali dclla natura umana e dcU'andamcnto dclla socicta. chc qucstc cose lc dicano troppo spesso con una concisionc arguta. d'un argutczza chc si trova csser verita, ma cht non era di certo net mill* dugento, nesarä, credo, mat comiine a molti, massime neldiscorso occastonale e improvviso (Manzoni, 198611. il. p. 14; corsivo mio). I dialoghi del testo di Tommaseo fissano I'amimodello del concetto di rcalismo a cui guarda lautorc dci Promessi sposi in quanto autore di un romanzo storico. La narrazione manzoniana inratti trabocca di occasioni in cui gli esscri umani coinvolti nclla vicenda si raccontano i fatti accaduti, ma, proprio per qucsto, trabocca di rafFazzonaturc c di sganghcrati stra-ralcioni con cui i pcrsonaggi commcntano la storia, sccondo una scelta di rapprcsentazione del vcro applicata con una cocrenza chc non conosce cccczioni. La storia infatti, quando entra nella vita dcllc moltitudini, le aggrcdiscc, suscitando incomprensione, paura, stuporc: - Cose quest'altra storia? - pensö di nuovo Renzo; c andö dictro a uno che, tatto un tascio d'assc spczzate e di scheggc. se lo mise in ispalla, awiandosi. come gli altri, per la strada che costeggia il fianco settentrionalc del duomo (ps, XII, P 149. § 4O. A poco a poco, si vicne a sapere che Renzo e scappato dalla giustizia. ncl bei mezzo di Milano. c poi scomparso; corrc voce che abbia tatto qualcosa di grosso; ma la cos.1 poi non si sa dire, o si racconta in cento manicrc ^PS, XVIII, p. «44, § 4). rottebbe scmbrare un caso, ma c un fenomeno cosi ricorrentc da mcritarc attenzione: nclla maggior parte dellc volte in cui i grandi eventi storici chc ranno da stondo alia vicenda bucano lorizzonte pcrccttivo c discorsivo dci Pcrsonaggi ci6 succcdc a tavola1'. Ncssun romanzo, come I promessi sposi, a cosi tanto spazio alia vita a tavola (tav. 4). E cosi la storia si mcscola Puntualmente agli svarioni con cui il sacccntc o il "novellatorc" di turno txpongono la loro ridotta prospcttiva dci fatti. Capita per la discussionc su"a Suerra di succcssionc alia tavola di don Rodrigo (ps, V, pp. 95-8, §§ S1<>8); pcr j| rcsoconto completamentc distorto dci tumulti milanesi chc Renzo Senne fare al mcrcantc allostcria di Gorgonzola (ps, xvi, pp. 317-2», y per i rimandi al govcrno spagnolo e al papato fatti alia tavola c°ntc zio (ps, xix, pp. ?6v4, §§ 7*8)i per i rimandi al passaggio dci un romanzo per gli occhi mzichenccchi fatti dal sarto mcntre consuma un miscro pasto con Agnc-se, don Abbondio c Pcrpctua (ps, xxix, p. 560, § ?,). E infinc, il passaggio dcllc truppc alcmannc, filtrato dalla pcrcczionc ansiosa di don Abbondio alla tavola dcll'Innominato (ps, xxx, pp. $76-7. §§ ?i-h)- Comc «un turbinc vasto, incalzante», la storia giungc «fíno agli infi-mi» individui, «sccondo la scala del mondo». Nc rovescia c nc determi-na le csistcn/.c, invadc gli spazi piú privati della vita quotidiana, si siede a tavola con la «gcntc di ncssuno», prccipitandola ncl circolo angoscioso i ogni mancanza di controllo e di rielaborazione coscicnzialc sul trionfo I tempo. II carattere di imprevedibilitá e di approssimazionc chc contraddistin-gue 1'incontro tra gli uomini c la storia č il medesimo chc stabilisec la definitiva lontananza tra i duc poli: anche se la storia arnva alla tavola della pověra gente, il contrario non accadra mai. L'«croica fatica » del romanzo si traduce allora nello sforzo di rcalizzare quello che gli individui, e men che mai le moltitudini, non riusciranno mai a farc, owero padroneggia-rc il tempo storico. La «gcntc di ncssuno» resta, per 1'appunto, gentc di nessuno, moltitudinc chc, almeno su questa terra, soltanto la serittu-ra del romanzo storico ha il poterc di riscattare dal «covile oscuro della dimcnticanza»". 1'roprio in quanto «componimento misto di storia e d invcjizionc», in primo luogo; in quanto discorso romanzesco capacc di claborarc una filosofia della storia, in secondo luogo; c, in terzo luogo, in quanto struttura formalc capacc di faře i "vedere" il tempo, il romanzo storico manzoniano compic una «guerra illustre» contro 1'oblio e la mořte dei significati che proprio a partire dalle suc strategie testuali fissa le ragioni piú verc della modernita dei Promessi sposi. Comc le foglic di vitc appassite e accartocciatc nclla Canestra dijrutta di Caravaggio, quclla storia continua a guardarci, a vivere del nostro sguardo. Vivere per uno sguardo: storia di Gertrude Lombrae laluce Dove c e un'anima non raggiunta dalla grazia lá c c il buio. Vale per 1 opera di Caravaggio comc per quclla di Manzoni, in particolare per /promessi sposi. VcrbaJc c visualc non si supportano, bensi interagiscono dentro 1 orizzontc costruito da questa idea, chc in rcaJtá non č unidca ma una condizionc ex post, cioč non csiste prima, ma solo attraverso la forma, fun-zionando comc espressione c processo visivo. I personaggi principali dei Promessi sposi, quando entrano in secna, *ap-paiono , comc per críctto di una focalizzazionc improwisa suH'attorc del racconto, chc lillustrazionc della "Quarantana" valorizza nci suoi cfFetti teatrali. Cosi, don Abbondio al suo primo ingresso č subito immortalaro comc corpo e sguardo all opera (la testa piegata, le paJpcbrc abbassate a mezz asta, la mano chc allenta il collctto): ps.i.p. 17 Rcnzo č messo in posa, cd c preceduto da una didascalia teatralc: « Lorenzo • comedicevan tutti, Renzonon si feccmoltoaspettarc» (ps, n.p. ??.§ 7):