Riportiomo una testimonial di Ungaretti che, sia pure indirettamente, aiuta a medio comprendere questo testo e alcun. aspetti salienti della sua ricerca poerica. 9 M, pare d, averlo gia accennato ma meglio di quanto potrei dirlo io in questo momente 1 hanno detto . miei hunu, ehe é ,1 vero memento nel quale la mia poesia prende ins'e-me a me chiara coscienza d, sé: ľesperienza poetka é esplorazione d'un personále con -nente á inferno e 1 atto poetico, nel compiersi, provoca e libera, qualsiasi prezzo possľ cô-stare, il sentire ehe solo in poesia s, puô cercare e trovare liberta. Continente d'inferno, ho detto, a causa dell assoluta sohtudine ehe ľatto di poesia esige, a causa della singolaritä del sentimente dl non essere come gli altri, ma in disparte, come dannato, e come lotto il peso d una speciále responsabilitä, quella di seoprire un segreto e di rivelarlo agli altri. La poesia e seoperta della condizione umana nella sua essenza, quella ďessere un uomo d'og-gi, ma anene un uomo favoloso, come un uomo dei tempi della cacciata dalľEden: nel suo gesto d uomo, il vero poeta sa ehe ě prefigurato il gesto degli avi ignoti, nel seguito di se-coh impossibile a nsahre, oltre le origini del suo buio. [Lecitdi Ungaretti sonotratteda Vita ďun uomo. Tutte k poesie, Mondadori, Miláno 1974, pp. 517 e 505] Giuseppe Ungaretti Dopo VAllegria: due modelli per ľermetismo Dopo ľesperienza rivoluzionaria de/ľAllegria, dopo la ricerca di una parola nuda, pura ed essenziale, che si leyi dal silenzio, come la parola delľuomo originär^ Ungaretti len-tamente riseopre le virtualitä discorsive e melodické del linguaggio poetico_sJl fascino delia tradizione. Si tratta di una regressione o di un progresso? I critici, concordi nel rico-noscere la straordinaria importanza storica de/ľAllegria, si dividono nella valutazione delle successive fasi delia Urica ungarettiana, di cui forniamo qui una campionatura minima nelľambito di quei testi che, per linguaggio e ansia metafisica, poterono costituire fonte di suggestione per gli ermetici. [Sentimente del tempo, La terra promessa/ ĽISOLA 1925 A una proda ove sera era perenne Di anziane selve assorte, scese, E s'inoltrö E lo richiamö rumore di penne 5 Cherasi sciolto dallo stridulo Batticuore delľacqua torrida, 1-2 A una proda... scese. giunse ad un luogo ďap-prodo ehe la fitta e antica vegetazione cospargeva perennemente ďombra (ove sera eraperenne, metafora) e dove regnava il silenzio (lo si evince da assorte, riferito alle selve). Ľidentitá del soggetto ě lasciata volutamente nel vago, come vago, índe-finito e arcano ě il luogo. 4 b richiamô rumore di penne. il frullo di un uc-cello spezza il silenzio, ma non la solitudine ne ľarcano del luogo. Ľuccello non si manifesta alla vista, ě puro rumore. 5-6 Ch'erasi... torrida: il frullo proviene da uno specchio d'acqua (torrida per la calura), che si in-crespa per il movimento del volatile. L'espressio-ne dallo stridulo batticuore e evidentemente analogical stridulo, per virtu fonica sembra evocare il frullo delle ali, per virtu semantica forse addirit-tura un grido del medesimo uccello; batticuore suggerisce il moto ondulatorio e intermittent deU'acqua appena smossa, ma non pud Don evo care anche il probabile moto d'anaa del m.ster.o-sovisitatorealfrangersi del silenzio. Frammenti autograf^-1 Vita dun uomo(Fon-do mano- scritti Univ. di Pavia)- 10 15 20 Vodu ^ E una larva (languiva E rifioriva) vide; Ritornato a salire vide Chera una ninfa e dormiva Ritta abbracciata a un olmo. In sé da simulacro a fiamma vera Errando, giunse a un prato ove L'ombra negli occhi s'addensava Delle vergini come Sera appiě degli ulivi; Distillavano i rami Una pioggia pigra di dardi, Qua pecore s'erano appisolate Sotto il liscio tepore, Altre brucavano La coltre luminosa; Le mani del pastore erano un vetro Levigato da fioca febbre. 7-8 E una larva... vide, vide una vaga e indecifra-bile parvenza. I verbi nella parentetica, problematici, potrebbero piu verosimilmente riferirsi al vi-sitatore che trae conforto dalla sola fugace im-pressione di una presenza umana (evidentemente non inquietante). Ma ě da sospettare un sovra-senso simbolico (cfr. Guida all'analisi). 10 era una ninfa: la presenza di un essere mitolo-gico caro alia poesia dassica (non solo dell'Arcadia settecentesca!) ě innanzi tutto una "citazione" di quella tradizione remota, ma anche di una tra-dizione assai piíi recente (si pensi al Pomeriggio ďun fauno di Mallarmé, ad es.). La "naturalezza", rilevata dai commentatori, dell'ingresso di una ninfa nel těsto ě dovuta alia rarefazione irrealisti-ca, all'arcano del precedente paesaggio. 12-13 In sé... errando: espressione vaga e polise-mica. II Contini, oscuramente, parla di un «insor-gere della passione». Simulacro sembra alludere alia larva, cioě alia figura appena intravista (col dubbio che si trattasse di un'immaginazione); passione vera potrebbe alludere allora al ricono-scimento della ninfa, di cui - si dovrebbe arguire - il visitatore s'infiamma (ecco l'insorgere della passione). Ma anche qui e sospettabile un sovra senso simbolico. 14- 15 L'ombra... vergini: l'ombra s'addensava negli occhi delle vergini; si tratta di altre ninfe asso-pite, come le pecore del v. 19. 15- 16 come... ulivi: allusione probabile alla nunziana Sera fiesolana (vol. 3a, Tl04). 17-18 Distillavano... dardi: una tenue luce solare Ultra attraverso le fronde (appena piü rade che m precedenza). 20 liscio tepore. «caratteristico accostamento an» logico in sinestesia, a indicare assieme il tep°r^_ la morbidezza dell'atmosfera, che sono poi & teristiche piü del tessuto verbale che del "paesa* gio"» (Gioanola). ^ 22 la coltre luminosa: il prato irregolarmente minato dai raggi solari. 23-24 le mani... febbre. la figura del Pastoretafora pleta la citazione del topos arcadico: la "ienter-(le mani... erano un vetro) la sottrae ad og»1'^ pretazione realistica, e la colloca fuori dal ^ e dallo spazio, in un universo eternoeim»' „j mitico e letterario. Fioca febbre allude an^oi0 luce solare che colora le mani del perso VARIAZIONI SU NULLA* 12 Quel nonnulla di sabbia che trascorre Dalla clessidra muto e va posandosi, E, fugaci, le impronte sul carnato, Sul carnato che muore, d'una nube... Poi mano che rovescia la clessidra, II ritorno per muoversi, di sabbia, II farsi argentea tacito di nube Ai primi brevi lividi delľalba... La mano in ombra la clessidra volse, E, di sabbia, il nonnulla che trascorre Silente, ě unica cosa che ormai s'oda E, essendo udita, in buio non scompaia. * Ě un testo tratto dalla raccolta La terra promes-sa (sottotitolo: Frammenti 1935-1953). II Contini annota che «Variazioni» andrä inteso «in senso compositivo proprio: La clessidra e di sabbia sono comuni ai primi distici di ogni quartina, «übe alle due prime (nel secondo distico), mano alle due ultime (nel primo verso). Sono sensazioni minime, di movimento, di colore, infine negativa-mente o paradossalmente uditive. I Nota metrica: quartine di endecasillabi sciolti (non rimanti). 1-2 Quel nonnulla... posandosi: frase nominale (non c'ě verbo reggente) che descrive il silenzioso fluire della poca sabbia (nonnulla di sabbia) con-tenuta in una clessidra dalla parte superiore al-1'inferiore, sul cui fondo si posa. 3-4 E, fugaci... nube. dopo Timmagine simbolica di un astratto trascorrere del tempo, ecco un'im-magine vaghissima che dello scorrere del tempo fornisce una testimonianza naturale: la nube al tramonto che rapidamente scolora. 5-6 Poi mano... sabbia: una mano misteriosa vol-tando la clessidra rinnova il computo astratto del tempo che scorre. 7-8 // farsi... alba: altra immagine naturale dello scorrere del tempo, corrispondente alla precedente: la nube che alfalba si inargenta. // farsi argentea tacito si intenderá come "il tacito farsi argentea", "il silenzioso diventare argentea" della nube. 9-12 La mano... scompaia: solo il fruscio quasi impercettibile (si noti al v. 11 Tantitesi silente... s'oda) della sabbia della clessidra testimonia che qualcosa sussiste al buio, al nulla. Uisola, o della poesia. Testo jDer sua natura vago e polisenso, potenzialmente ricco di implicazioni metafisiche,^so/ajpotrebbe addirittura suggerire un'interpretazione in chiave d i documento di poetica (come abbiamo visto, la lirica simbolista, cui questo testo deve es-sere in definitiva ricondotto, paria sovente delľatto stesso del fare poesia e delle tensioni a questo connesse). Per intenderlo in questo modo bisogna rifarsi ad un testo di due anni prima, Sirene, e alľautocommento di Ungaretti. Funesto spirito Che accendi e turbi amore Affine io torni senza requie allalto Con impazienza le apparenze muti, 5 E giä, prima ch'io giunga a qualche meta, Non ancora deluso M'awicini ad altro sogno. Uguale a un mare che irrequieto e blando Da lunge porga e celi 10 Un'isola fatale, Con varieta ďinganni Accompagni chi non spera, a morte. 147 , ,)|)U,,(,»NU N-/IPM. .• * cr,irito» e doí di futro il těsto, cosi scrive Ungarefti: «É h. A proposito d. «funesto sp to» e P°' * un0 sřimo|0 e una veritá illusoria P^ ne, che ě sempře amb.gua che mscor*^e ^ ^ & ^ Ug^ dJ^di cui si diceva pnma e a mus*^ ^ ^ ^ ^ vj punto.T.sola fatale, I i so la de ^ ietudine che ancora non si reali22QP n°> rÄeÄ^Ä i' A o inseguirla, ,o invita a, perigC ^ ně Ta é a//'a/fo, latinismo, significa «in alfo mare», come annota ,1 Cont.ni) e prlm *)'o ePa giunga a qualche approdo concreto e reale gl. porge un ,Hus,one (funesta, perché £ I.mořte) l'illusione di un'isola mitica cui approdare. S.rene těsto di per sé tutťaltro che privo di lat, oscur, formsce pero una traccia per \% terpretazíane dell'altro, l'isofa. Qui si parla di un approdo ad un .sola , cui connotati mitici e metafisici sono una palese legiftimazione dell accostamento all «.sola fatale» di Sirene Quesťisola ě poi un concentrato di topoi, di luogh. letterari (temat.c. e stiiistícifaěIIaTrQ3r zione classica [CÄrcadia, le ninfe e i pastoři, ecc.) e della p.u recente tradizione simDoli$íQ. dalla metafisica evanescenza del paesaggio allo stile oscuramente allusivo, dal seg^o"-^ palpabile rivelatore di una presenza - qui un mallarmeano frullo ďali, in Valéry, ad esem. pio, il suono dei passi - aH'immaginario irrealistico, metaforico e sinestetico [stridulo batti-cuore, liscio tepore, erano un vetro levigato da fioca febbre). Da tufto cio si puö forse arguire che il misterioso visitatore sia il viaggiatore che si ě mes-so per mare nel componimento precedente, il poeta cioě sospinto dall'ispirazione, che tra va ora un approdo (giá prefigurato del resto in Sirene) nel territorio del mifo classico (che riecheggerá in tanti altri testi ungareftiani compresi in Senti mento dětTěmpo) e^iirirrgene-rale della tradizione sia remota che recente. La larva-ninfa pófrebbe essere, come la sjíeja non solo un residuo inerte del classicismo, ma una simbolica incarnazione della poesia. Espressioni come «languiva / e rifioriva» (w. 7-8) e «da sTmulacro a fíamma véra~7 erráň-do» (w. 12-13), per cui si ě sospettato un spvrasenso simbolico, potrebbero allora proprio alludere all'ispirazione e alla poesia, che trova o crede di troväre, dopo il «languore» e un'incertezza di fondo (incertezza di sé, dei propri modi e delle proprie forme), una nuovn strada e un nuovo vigore («fiamma vera»). Una dimensione metafisica. Naturalmente, questa non esclude altre interpretazioni, che identifichino ad esempio nel 'visitatore' il naufrago deWAllegria (Allegria di naufragi: «E subito riprende / il viaggio / come / dopo il naufragio / un superstite / lupo di mare») e cioě l'uomo in prospettiva esistenziale, che trova un approdo metafisico (stabile?), e nella m.t.ca .'sola fuori dal tempo identifichino appunto la dimeasjpne metafisjcajle connotazioni letterarie varrebbero solo come segnale di irrealtá, di metafisicitá). D.verso per il senso, ma affine per la tensione metafisica é Variazioni su nulla, per inten-dere .1 quale nella sua estrema rarefazione, che puö postulare una derivazione barocca (Ungarefti sta traducendo Góngora), si consideri la nota di autocommento di Ungarefti: «II terna e la durata terrena oltre la singolaritá delle persone. Null'altro se non un disincarnato orologio che, solo, nel vuoto, prosegua a sgocciolare i minuti*. La mano che volta la clessidra, come la facoltá uditiva che postula un'esistenza indipen-dente dall'uomo, nel vuoto, saranno dunque mano e udito sovrumani al di fuori dal tempo e dallo spazio. Una svolta. Indipendentemente dall'interpretazione deW'lsola ungareftiana fornita, di per se il Nnauagaip^JoshleJda notáre le inversioni), 1'oscuritá, il simbolismo dei due cojnjjoni-ment. r.pjrodorr. test.moniano il mutamento di direzió7iě~"che Ungarefti "graHüöTmente viepe attuando dopo ÍAliegria e che^poi persegue in varie forme, anche assai diverse da quesjf, i ultimo Ungarefti ad esempio, riconquistata la fede, scriverá poesie palesemente religio nnn ^f^'5'1^6 'ematiche e stilistiche dei componimenti prescelti, proprio perché si * tanno alla tradizione simbolišta, costituiscono una sua^estione immediata per la poesia*' mí ftfn akq| SeCOnd° Vngaretti - Piů che a quell° deWAllegría - guarderanno come a un possibile, e vicmo, padre spirituále. Su questa svolta ascoltiamo la testimonial di Ungaretti stesso- Le mie preoccupazioni in quei primi anni del dopoauerni . stanze a farmi premura - crano tutte tese a ntrova^ordine'unTdir^T"0 drC°-i) mio mestiere quello della poesia, nel caripTäWSeT^oTi^1^ 3nche' essendo nlentecompromesso. In quegli anni, non c'era chi non neeasser^f"11 tr°V° P'Ü diretta" nel nostro mondo moderno, una poesia in versi. Non esisteva un m^a™™™ p0ssibije, meglio intenzionato, che non temesse ospitandola, di disonorarsi Si voZzn™™™ 3 inprosa.La memoria a me pareva, invece, una äncora di salvezza-'in rZHVrn,sai^a-i^iUp^eti che cantano. Non cercavo il verso di Jacopone 0 Q^T^^T del Petrarca, o quello di Guittone, o quello del Tasso o queuo ddSlnft ° TŤi Leopardi: cercavo in loro il canto. Non era 1'endecasillabo del tale non if nn ^ dd ü lenario-deTtaTaltro che cercavo: era Vcnd.c,^^^^^^ era .1 canto itahano, era .1 canto della hngua .taliána che cercavo nella sua costanza mrT' verso i secoii, aftraverso voci cosi numerose e cosi diverse di timbro e cosi gelose della propria novitä e cosi singolan ciascuna nell'esprimere pensieri e sentiment!; era il battito del mio cuore chtryölevo sentire in armonia col battito del cuore dei miei maggiori di una terra disperatamente amata. Nacquero cosi, dal '19 al '25, Le Stagioni, La fine di Crono Sirene, Inno alia Mořte, e altre poesie nelle quali, aiutandomi quanto piu potevo coll'o'rec-chio, e coll'anima, cercai di accordare in chiave d'oggi un antico strumento musicale che, reso cosi di nuovo a noi familiäre, hanno in seguito, bene o male, adottato tutti. [Ragioni d'unapoesia, in Vita ďun uomo, cit. pp. lxxi-lxxii]