Giuseppe üngaretti In memoria Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri di nomadi suicida perché non aveva piú Patria Amô la Francia e mutô nome Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva piu vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffě E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono Ľho accompagnato insieme alla padrona delľalbergo dove abitavamo a Parigi dal numero 5 delia rue des Carmes appassito vicolo in discesa Riposa nel camposanto ďlvry 394 V°€ti del Kovecento sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera E forse io solo so ancora che visse Locvizza il 30 settembre 1916 * Cera una volta**** Bosco Cappuccio ha un declivio di velluto verde ftKkflfcc^ corr^e do)ce poltrona Appisolarmi la solo in un caffe remoto con una luce fievole come (juesta di questa*luna Quota Centoquarantuno l'l ^0St0 Mi tengo a' quest'albero tnutn aj^anctoatojn questa doim* cbehalTlanguore di un circo Prima o dopo lo spettacolo e guardo 395 L'Isoiizo scorrendo mi levigava come un suo sasso Ho tirato su le mie quattr'ossa e me ne sono andato come un acrobata sull'acqua Mi sono accoccolato vicino ai miei panni sudici di guerra e come un beduino mi sono chinato a ricevere il sole Quest© e l'lsonzo e qui meglio mi sono riconosciuto una docile fibra del 1'uni verso II mio supplizio e quando non mi credo in armonia Giuseppe Ungar et li il passaggio quieto delle nuvole sulla luna Stamani mi sono disteso in un'urna d'acqua e come una reliquia ho riposato Ma quelle occulte \wm\ i( i t \\\ III \\\\\ II mi i. yi a U m tt mih t. l\t \\s\ "Mu, i u» i LpttNMU) |. ijti n lír • I- 11 i 11111* k > í r)l!l«Hti I i ..... i lit 11 It 1 ( ľ» í il Si i. hin "I 'i'inl. I,.im,m (ittmio ■ llH liilľillilil lump «ll /',< III* Mil .i - i í í i J »íl>Jřf If il-i • IHK» \nu\ir '■ llllU liiľlír UiM^io r li Nllo « Im- im Im vi*«) Uli ;< < ľ < < ľ 'iCCfC ' nhlnr iľilií oii«»n|>cvolr/Zfl m'll' < .1« |,i;iI»iim- (Jijrtihi ' hi '»' niKi ' Ml »jlľ I .M'i M»l'"l" Mil unim Uni'".' ol«io ' mu n(i(iii i 'iiľiv Inf" O'ľ -II .'-M'I I IMI'I ' '»MI.Ml im IffftOflZ" O'i» Mi . hi mim 11' i'; I íil/'''' 'Im in «lynntľ) Mil I, , '"»' ' M V noř |/< Giuseppe Utgaretti 397 che la mia vita mi pare -una corolla —Hi feoebre Good il 16 agosto 1916 Pellegrinaggio In agguato in queste budella di macerie ore e ore ho strascicato la mia carcassa usara dal fango come una suala^ftö^T.^ o come un vsemj? di spinalba to^-^p^ ti basta un'illusione per farti coraggio Un riflettore di la mette un mare nella nebSS Valloocdlo ddl'ABxro Isobto Ü 16 agosto 1916 Nostalgia Ouando la notte e a svanire P000 prima di primavera e di rado ogni 0 ma e incontro i trovo nguente ie na volta ia gli ero stato ssuefatto 1 me ne stacco sempře itraniero Mascendo tornato da epoche troppo vissute Godere un solo minuto di vita iniziale Cerco un paese innocente Campo d» Mailly maggio 1918 Ironia . • Qi pUO sc Odo la primavera nei rami ner ^ k case soi gttite solo a quesťora, passan t Vora delle fincstrc chmfe & sonn0. d. velo di verde intenerira a 402 Po€ti Munt del Novecento beri, poco fa quando ě sopraggiunta la notte secchi. Iddio non si dä pace. Solo a quesťora ě dato, a qualche raro sogna martirio di seguirne ľopera. Stanotte, benché sia d'aprile, nevica sulla ci Nessuna violenza súpera quella che ha as ziosi e freddi. fW&b\co da SENTIMENTO DEL TEMPO Uisola \ pro< A una6ŕoäa ove ^ra era perenne Di anziane selve assone^scese, E s'inoltrö E lo richiamö rumore di penne Ch'erasi sciolto dallo stridulo Batticuore delľacqua torrida, E una, larvg (languiva E rifioriva) vide; Ritornato a salire vide Ch'era una ninfa e dormiva Ritta abbracciata a un olmo. In sé da simulacro a fiamma vera t-rrando, giunse a un prato ove Lombra negli occhi s'addensava * ^ t*11* vergini come Una 0 1 rami Qui&ia P^ra di dardU Jt> Sotto ii ?*--s erano appisolate Giuseppe Ungaretti 403 i a coltre luminosa; Lc mani dd pastvě erano un vetro Ixvigato da fioca febbre. 1925 Inno alla Mořte Amore, mio giovine emblema, DPflKtff* Tornato a dorare la terra, Diííuso entro il giorno rupestre, Ě 1'ultima volta che miro (Appiě delJbm^^Pirruenti Acque sontuoso, ďantri Funesto) la scia di luce Che pari alla tortora lamentosa Sulťcrba svagata si turba. Amore, salute lucente, Mi pesano gli anni venturi. Abbandonata la mazza fedele, Scivoleró nell'acqua buia Senza rimpianto. Mořte, arido fiume... jwmemore sorella, mořte, L'uguale mi farai del sogno Baciandomi. Avró il tuo passo, Andró senza lasciare impronta. ^ darai il cuore immobile Z.un lddio, saró innocente, 0n avro Piu pensieri né bontá. Pocti ttaliam dH Novei e Colla mente murata, Cogli occhi caduti in oblio, Faró da guida alla Eclitita 1925 D' lugl,° Je** Quando su ci si butta Lei, Si fa ďun triste colorc di rosa II bei fogliame. Struggejcífŕejxve íiumi, Mačina scogli, splende, E fúria ehe s'ostina, é ľimplacabilc, Sparge spazio, acceca mete, É ľestate e nei secoli Con i suoi occhi calcinanti Va delia terra spogliando lo scheletro. 1931 Grido Giunta la sera a Kiposavo sopra ľerba monoton-, E preši gusto A quella brama senza fine, Grido torbido e alato ■ ^ che la luce quando muore trati 1928 3 Grazia, felice, Non avresti potuto non spezzarti In una cecitá tanto indurita Tu semplice soffio e cristallo, Troppo umano lampo per l'empio Selvoso, accanito, ronzante Ruggito dun sole ignudo. čmpo. jl da LA TERRA PROMESSA Variaziont su nulla Quel nonnulla di sabbia che trascorre Dalla clessidra muto e va posandosi, E, fugaci, le impronte sul carnato. Sul carnato che muore, d'una^ube... Poi mano che rovescia la clessidra, II ritofno per muoversi, di sabbia, \o*&^*-------------m Ai primi brevi lividi delralba.. La mano in ombra la clessidra vol*. E, ^Tsabbia. il nonnulla che trascorre Giuseppe Ungaretti Silente, ě unica cosa che ormai s'oda E, essendo udita, in buio non scompaia. da UN GRIDO E PAESAGGI da Monologhetto [-] Poeti, poeti, ci siamo messi Tutte le maschere; Ma uno non ě ehe la propria persona. Per atroce impazienza In quel vuoto che per nátura Ogni anno accade di Febbraio Sul lunario fissandosi per termini: II giorno della Candelora Con il riapparso da penombra Fioco tremore di fiammelle Di sulľardore Di poca eera vergine, E il giorno, dopo qualche settimana, Del Set polvere e ritornerai in polvere; Nel vuoto, e per impazienza d'uscirne, Ognuno, e noi vecchi compresi Con i nostri rimpianti, E non sa senza propria prova niuno Quanto strozzi illusione Che di solo rimpianto viva; Impaziente, nel vuoto, ognuno smania, S'affanna, futile, A reincarnarsi in qualche fantasia Che anch'essa sarä vana, E ne ě sgomento, Troppo in fretta svariando nei suoi inganni