ILLAV0R0 797 cortesie da gentiluomini) e per quanto si tratti, con evidenza, di una ricchezza radi-cata nell'ambiente cittadino e accumulata, quindi, grazie ai processi produttivi tipici della societa urbana, i personaggi non sono rappresentati nelle loro attivitá economi-che e neppure rivelano atteggiamenti intellettuali e morali che ne siano in qualche modo inřluenzati. Per Boccaccio la grandezza delluomo sembra misurarsi non sulla capacitá di produrre, ma sui modi di consumare. A questo ambito si riferisce la quali-tá che egli mostra, qui e in numerose altre novelle, di prediligere: la liberalitá, che ě generosita nello spendere e nel donare. <eca, possiede mille occhi. u ** Wait, sono la nátura e la fortuna. „ awiso, ritengo. . u t*r... oportunitá, per ogni evenienza. „ qui, spregevoli. s°spetti, di custodire care cose, come invece ě. 16 quindi... traggono, da quei nascondigli spregevoli (quindi) le tirano fuori nei casi di maggior bisogno. 17 ministře, governatrici. 18 di quelle... traendole, aU'occorrenza, da quelle vili oceupazioni riportandole alia luce. llche ... dimostrarvi, e mi piace mostravi con una breve novella come Čisti fornaio provasse questa ve-ritá in un'occasione di non grande rilievo, facendo riflettere messer Geri degli Spini: la novella raccon-tata or ora, che tratta di madonna Oretta, che di Geri fu moglie, me lo ha riportato alla mentě. Geri (Ruggeri) di Mannetto Spini, guelfo nero di famiglia, fu tra i capi della sua fazione intorno al 1300. La societa mercantile formata da Spini, Mozzi, Chiarenti esercitava presso la curia pontificia il servizio di te-soreria, di cambio e di credito; ció spiega la dimesti-chezza di Geri con papa Bonifacio VIII e il grandissimo conto in cui questi lo teneva, evidenti anche dal seguito della novella. 20 in stato, in grandissima considerazione; per le ragioni spiegate nella nota 19. 21 bisogne, faccende. Allude all'ambasceria papale dell'anno 1300, capeggiata dal cardinale ďAcqua-sparta, con cui si tento una conciliazione tra Bianchi e Neri. 22 essendo ... smontati, essendo scesi ad alloggiare in casa di messer Geri. Le case degli Spini erano nei pa-raggi di Santa Trlnita, presso l'odierna via de' Tor-nabuoni. 824 LEAREE TEMATICHE t5 40 45 venne che, che se ne fosse cagionc2', messer Ger. con quest, ambasciadori1 del Papa tutti a & quasi ogni mattina davanti a Santa Maria Ugh. passavano, dove Costl fornaio il SUo forno aveva e personalmente la sua arte esserceva25. Al quale quantunque la fortuna arte assai umi-le data avessc, tanto in quella gli era stata benigna, che egli n era r.cchissimo divcnuto, e scn. za volcrla mai per alcuna altra abbandonare splendidissimamcnte 6 vivea, avcndo tra I'altrc sue buone cose sempře i migliori vini bianchi e vermigli che in Firenze si trovassero 0 nel con-tado. II quale, veggendo ogni mattina davanti all'uscio suo passar messer Gcri e gli ambasciadori del Papa, e essendo il caldo grande27, s'aviso2* che gran cortesia sarebbe il dar lor berc del suo buon vin bianco; ma avendo riguardo alia2* sua condizione e a quella di messer Geri, non gli pareva onesta cosa il prcsummere'0 d'invitarlo ma pensossi di tcner modo il quale induccsse messer Geri medesimo a invitarsi. E avendo un farsetto" bianchissimo indosso e un grem-biuledi bucato innanzi sempře, li quali piú tosto mugnaio che fornaio il dimostravano'2, ogni mattina in su I'ora che egli avvisava che messer Geri con gli ambasciadori dover" passaresi faceva davanti all'uscio suo recare una secchia nuova e stagnata d'acqua fresca e un picriolo orciolctto bolognese'4 nuovo del suo buon vin bianco e due bicchieri che parevano d'arien-to", si eran chiari16: e a seder postosi, come essi passavano, c egli, poi che una volta 0 due spurgato sera*', cominciava a ber si saporitamente18 questo suo vino, che egli n'avrebbefat-ta venir voglia a' morti. Laqualcosa avendo messer Geri una e due mattine veduta, disse la terza: «Chenteě'9, Cisti? e buono?» Čisti, lcvato přestárneme in pie, rispose: «Messer si, ma quanto non vi potre' io dare a inten-dere , se voi non assaggiaste». Messer Geri, al quale o la qualita" o affanno piú che l'usato'2 avuto o forse il saporito bere, che a Cisti vedeva fare, sete avea generata, volto agli ambasciadori sorridendo disse: «Signo-n, egli ě buono" che noi assaggiamo del vino di questo valente uomo: forse che ě egu44 tale, che no. non ce ne pentererao»; e con loro insieme se n'ando verso Cisti. II quale, fatta di presente" una bella panca venire di fuori dal forno, gli pregó che sedessero; e all, lor fam.ghan , che gia per lavare i bicchieri si facevano innanzi, disse: «Compagm, * ratev, mdietro e lasciate questo servigio fare a me, ché io so non meno ben mescere4' che » sapp.a infornare; e non aspettaste* voi ďassaggiarne gocciola!» E cosl detto, esso stesso, * "che.. capotu, qualunque fosse il motivo chiesa facta < trovava naturalmente 1 - '. IUUUVG " Santa Mana Vghi, piecola chicsa fatta cos dalla famiglia dcgli Ughi. Si trovava natu sulla strada di chi muovcssc dalle casc Spini alla vol-ta drllc residenze dei Ccrchi (capi dei Bianchi) o dei Donati (capi dei Neri): forse con questo si spiega U passaggio davanti ad essa di Geri c degli ambasciato-ri papali. " la ... esserceva, esercitava la sua professione. "' splendidissimamente, con molto agio e buon gusto. ■ essendo... grande, l'ambasceriadel cardinale di Ac-quasparta ebbe luogo in giugno. s'avisd, penso. " avendo ... alla, considerando la. il presummere, l'ardire. " farselto, giubbetto. il dimostravano, lo facevano parere. dover, dovessero. " orcioletto bolognese, vaso di terra cotta, di quelli la Ä0'4 fatti a Bologna. » t, ■ ,, a anento, d argento. chiari, puliti e lucidati. '' spurgato s'era, aveva sputato, liberandosi ' Lo scopo era di richiamare l'attenzione e preP una migliore degustazione del vino. saporitamente, di gusto. Chente ě, com'e. |0 py quanto... intendert, quantosia buono non\ trei far capire. «Aioi* * la qualitä, del tempo, cioe la calura dell» «"» piü che l'usato, piü del solito. t,li f buono, ě bene. tli, il vino. di presente, subito. <; famig/iari, servitori. mescerc, servire da bere. non aspettaste, non sognatevi. IL LAVORO 825 vati quatro bicchieri bell. e nuov. e fatto venire un piccolo orcioletto del suo buon vino, dil: gentemente d.edc bere a messer Geri e a' compagni, alii quali 1 vino parve il migliore che essi avessero gran tempo davanti bevuto; per che, commendatol molto50, mentre gli ambascia dor vi stettero , quasi ogni mattina con loro insieme nando a ber messer Geri. A' quali, essendo espediti'2 e partir dovendosi, messer Geri fece un magnifico convito", al quale invito una parte de' piú orrevoli" cittadini, e fecevi invitare Cisti, il quale per niuna condizione andar vi voile. Impose adunque messer Geri a uno de' suoi famigliari che per un fiasco andasse del vin di Cistie di quello un mezzo biechier per uomo desse alle prime mense". II famigliare, forse sdegnato perché niuna volta bere aveva potuto del vino, tolse un gran fiasco . II quale come Cisti vide, disse: «Figliuolo, messer Geri non ti manda a me». II che raffermandov' piů volte il famigliare né potendo altra risposta avere, torno a messer Geri e si glide disse; a cui messer Geri disse: «Tornavi e digli che si fo: e se egli piú cosi ti ri-sponde, domandalo a cui io ti mando*60. II famigliare tomato disse: «Cisti, per certo messer Geri mi manda pure61 a te». Al quale Cisti rispose: «Per certo, figliuol, non fa*62. «Adunque», disse il famigliare «a cui mi manda?» Rispose Cisti: «A Arno». II che rapportandoM il famigliare a messer Geri, subito gli occhi gli s'apersero dello 'ntellet-toM e disse al famigliare: «Lasciami vedere che fiasco tu vi porti»; e vedutol disse: «Cisti dice vero6'»; e dettagli villania'* gli fece torre un fiasco convenevole '. II quale Cisti vedendo disse: «Ora so io bene che egli ti manda a me», e lietamentc glielo impié6*. n E poi quel medesimo ď. fatto il botticello''' riempiere ďun simil vino e fattolo soavemente portare a casa di messer Geri, andó appresso, e trovatolo gli disse: «Messere, io non vorrei che voi credeste che il gran fiasco stamane m'avesse spaventato; ma, parendomi che vi fosse uscito di mentě ció che io a questi di71 co' miei piccoli orcioletti v'ho dimostrato, cioe che questo non sia vin da famiglia", vel volli staman raccordare7'. Ora, per c.óche 10 non inten-do ďesservene piú guardiano7' tutto ve 1'ho fatto venire: fatene per innanz.' come v. piace». tfan . davanti, da molto tempo. commendatol molto, assai lodato quel vino. mentre stettero, per tuno il tempo che gli amba-»ciatori rimasero in Firenze. " espediti, liberi dei loro a/fari, avendo concluso I ambasceria. ; convito, banchetto. orrevoli, degni. per... condizione, in nessun modo. P*r... Cisti, andasse a prendere un fiasco del vino di Cisti. _ "l* prime mense, alla prima portata. tolse ... fiasco, prese un fiasco molto capiente (co-sieché, dopo aver servito gli ospiti rimanesse vino da anchc per lui). raf/ermando, riconfermando Tomavi ... mando, tor naci, e digli che davvero ti ">ando io (sifo): e se ti risponde ancora (pii) a quel m°do, chiedigli a chi altri ti manderei, secondo lui Pure, proprio. non /a, non ti manda. *' II rapportando, e riferendo queste parola. M occhi... ntelletto, comprese. riflettendo, il signjfi-cato delle parole di Cisii (cír nota 19). *' vero, ha significato awerhiale: con verita ™ dettagli vtllama. redarguitolo aspramente. ": convenevole, adatto, di dimensioni non sproposi-tate come il precedente " lielamente ... impté, glielo riemp) con piacere. 6' il botticello. una botticella. " soavemente, con delicatezza: era vino prezioso da trattar con eura. " .,.•(.•■./: di. nei giorni passati. - da famtglta, adatto alla servitú. " raccordare, ricordare '' esservene guardiano, di continuare a custodirlo per voi. Cisti fa intenderc con queste parole a messer Geri che il vino che tanto gli era piaciuto, poteva or-mai considerarlo cosa sua. '' per innanzi. ďora in avanti 826 »'EAREETEMATICHE Mcsser Geri ebbe il dono di Čisti carissimo e quelle grazie gli rendé che a ció credette si con vcnissero, c sempře poi per da molto 1'ebbc e per amico 6. (Boccaccio, Decameron cit., ví 2 PP 720 25) Analisi del těsto Ě questa una delle novelle piú rappresentative del modo i— - : Boccaccio interpretava la realta sociále. Ne possiamo ricavarc: ma valutazione del lavoro artigianale (lavoro manuále); una indicazione dei limiti entro i quali Boccaccio riteneva possibile modif icare i rapporti sociali. a. 11 mestiere che Čisti esercita ě ripetutamente qualif icato come sprcgevole («vil mcstiero», «dell'arti reputate piú vili», «arte assai umile», righe 5; 1 5-14; 2J^4V .. Mi uon i típpresenmo ncl lavoro, ma nei momento in cui giazu all* ric-chezza e all'«altissimo anidB», si pone al di sonra della sua condizione. Tuttavfa il personaggio non ě separabue dalsuo mestiere: cgli č e rcita «Cisti fornaio», ela vicenda dimostra come anche un (ornaio possa, in virtú dcľle stte qtiaittn, stringe-re rapporti personali con un banchiere. A Boccaccio non interessano le caratteri-stichc generáli di una condizione di lavoro (quindi non gli interessa il mestiere di fornaio, c tanto meno il lavoro in sé, astrattamente inteso) ma gli aspetti che fan-no di questo caso particolare uneccezione: Čisti ama il suo lavoro — visto che non lo vuole abbandonare — in cui ě, evidentemente, abile; ě netto e preciso nel-la persona e nei gesti; ě diventato riechissimo e vuole, per sua seelta, usare la ric-chezza in maniera cortrv O..—:---- o.e. per sua sceita, usare la nein maniera cortese. Questi sono connotati personali non generalizzabili b. Nonostante aleunc apparenze la gerarchia sociale ě rigida; gli spostamenti dai gradi piú bassi verso ľalto non sono né possibili né auspícaMli: questo ě il P"nt0 di vista, che ľautore mostra di condividere, del ricco fornaio. Čisti iníatti tiene a distanza i servi e, pur aspirando alla promozione sociale, riíiuta di partecipare * banchetto oííerto da Geri Spina. S. puo riteacre diejajiovclk indkhi, con sum-aente verosimiglianza, quali fosseto i confini della iemoerazia possilňle second Boccaccio. ^ Abbiamo individuate ľideologia che é sottesa alla noveUa; cerchiamo ora & ve-ÍSÄf m0dÍ ľÍde0l08Ía si attui nella narrazione. Si ě detto che Čisti e to* matr 1 7 ?£» e daUe ci™*anze concrete in cui ľesercita, c.oe JJ ~apeCullíre ln"i Čisti, reagisce neUa situazione in cui la fortun.^ bere del suo b„n„ lr,ettolosamprer,dc la7 "0n U rWnľ **** JCC )__ Ia rapPr«entaSn°enT'° interna dei Person "m0dl —v,oree, II. LAVORO ambasciatori, che fanno parte dei gruppi dirigenti; quello di Čisti, artigiano, pro-prietario di bottega (popolo minuto); quello dei servi (lo strato sociále piú basso). Secondo il sistema di alleanze piú owio e prevedibile Čisti e i servi dovrebbero staré insieme avendo come avvenan Geri e gli aiabaiciatori. Si realizza invece, per Émbiziunc dei fornaio, i! sjstem^ontrario: Čisti e Geri sono dalla siessa parte, ntro i servi. Che le íí/Zeawresianodi questo genere ě evidente non solo per 1'at-teggiamento sprezzante erie Čisti ha verso i servitori («e non aspettaste voi ďas-saggiarne gocciola!», riga 51), ma, piú sottilmentc, nelle battute e nei malintesi finali. II servu ouu tapiice ľtnJgmatka nspo.sta di < listi, porciu- non conosce il eodice (Kila facezia: tra il fornajo e Cr- ri Snina che possiedono la cortesia e ne sanno le i tipo aicow««!c3SJon^he eselude gli Esercizi Nella novella avviene un abbassamento, che pud anche essere consi-derato ironico, del codice di comportamento cortese. Descrivete il modo in cui Cisti, uomo di mestiere mediocre c che si muove in uno spazio umile, esercita la cortesia e individuate le caratteristiche di questo abbas- samento. Percotsi La novella di Cisti appartiene, come quelle di Forese e Giotto (T30) e di Guido Cavalcanti (T62a), alla sesta «giornata» del Decameron e, come le altrc, si incentra sul motto, sulla battuta con cui il protagonista reagisce a una provocazione. In queste novelle il personaggio «provocato» e il «provocatore» banno in comune un cqdjc^dWfjorLflg^orWMa^^c^roco appiciiamcnio, il piacere di vivere e il riconoscimci ' delle qusjita intcllettuali); infatti in t Lit t i e tre i casi il «provocatore» capisce i! suo errore e mostra di ravvedcrsi: come? riprendete in considerazione il comportamento finale di Forese, di Geri Spina e di Betto Brunelleschi, che svolge un'esplicita autocritica. Alquanto diversa, pur facendo parte della stessa «giornata», č invece la novella di frate Cipolla (T26), il cui meccanismo ě quello carattcristico Jclla befia. Le novelle della sesta «giornata» sono quasi tunc di ambicnte fiorentino Da quelle che abbiamo riprodotto potetc ricavarc un quadro di costume c una rap presentazione di tipi sociali: magnáti e popole^ popolo minuton^ cliuaii. ;ti 1'iri che vívevíino di expedienti, sente del contad : I*' amico. LA DEFINIZIONE DEL LAVORO SECONDO TOMMASO D'AQUINO In un passo della sua ultima opera, la Sttmma theologtae, Tommaso ďAquino, filo-sofo e teologo domenicano, il pensatore piú importante della scolastica nel Duecen-lo. affronta la questione se i rcligiosi siano obbligati a lavorare manualmente, e, ap-Poggiandosi nel corso della trattazione, secondo ľuso, alľautoritä delle Sacrc Scrit-