Il přímo novecento: tra modernita, avanguardie e rinnovamento Marino Moretti jiTATA Marino Moretti nasce a Ce-senatico (in provincia di Fori!) nel 1885 e qui muore, no-vantaquattrenne, nel 1979. Attivo giornalista (collaboratore circa trentennale del "Corriere della Sera" e di numerosi altri periodici e rivi-ste), scrittore operoso in poesia e in prosa (di narrativa e di ricordi), Moretti visse sempre piuttosto appartato, col-tivando poche e solide amicízie letterarie (tra cui quella, intensissima, con Aido Palazzeschi, conosciuto in gio-ventii alia scuola di recitazione fiorentina di Via Laura, che frequentarono entrambi in qualitá di allievi di poche speranze). All'esordio precoce successe una carriera molto feconda. In poesia, dopo le primissime autoedizioni del 1903, sconfessate dall'autore, esce Fraternita (1905), segui-to da altre quattro raccolte, tra cui: Poesie scritte col lapis (1910), e Poesie di tutti i giorni (1911): giä i titoli, sotto tóno, suggeriscono ľatteggiamento umile della poesia di Moretti, che in subito aggregata dai critici alle esperienze crepuscolari. Dalle cinque raccolte giovanili l'autore derive., in tempi diversi, due differenti antologie: Poesie 1905-1916 (Treves, Miláno 1919) e Poesie scritte col lapis (Mondadori, Milano 1949). La vena poetica di Moretti sembrava essersi esaurita tutta negli anni giovanili, ma vi ě stata una felice sorpresa del vecchio poeta, che ha pubbli-cato ultraottantenne quattro apprezzabili raccolte, omoge-nee per tagli e stile, di gusto epigrammatico e diaristico, tra il 1969 e il 1974: L'ulttma estate, Tre anni e un porno, Le poverazze, Diario senza le date. Per quanto concerne la sua produzione in prosa, occorre ricordare una serie di racconti giovanili di acuto realismo regionale romagnolo, come // paese degli equivoci (1907); I leslofanti (1910); il romanzo d'esordio II sole delsabato (in rivista nel 1913, in volume del 1916); e i romanzi piú celebri di stile sobrio ma incisivo e sempre di lucida índagine piccolo-borgbese: ĽAndreana (1935); La vedova Fioravanti (1941); La camera degli sposi (1958). AI vivace e spigliato filone memorialistico appartengono in particolare II tempo felice (1929); Via Laura (1931); I grilli diPazzoPazzi(V)5l). :oiare Uesperienza poetica di Moretti ě, come giä detto, spartita in due tempi crono-logieamente ben distinti. La giovinezza, tra il 1905 e il 1916, conta cinque raccolte di gusto crepuscolare, dominate da un repertorio tematico fatto di oggetti e figure della quotidiana realtä piccolo-borghese: dettagliati interní domestici, giardini, parenti, conversazioni minime, 204 maestre, suore, matite, anzi - per dirk con Moretti con un termine oggi non piú in uso - «lapis». Ľ sentimente piú ricorrente del poeta ě ľamissione esplicita e insistita «non ho niente da dire», che si accorda con le analoghe proteste "negative" tipiche dei crepuscolari (la «vergo-gna» di essere poeti), e che esprime 1a difficoltä del fare poesia dopo esperienze troppo alte e solenni (D'Annun-zio, soprattutto) di cui si awerte la necessitä del supera-mento. Anche per ragioni di vícinanza geografica (sono entambi romagnoli), Moreřti risente molto del realismo campagnolo e domestico di Giovanni Pascolí, cui lo lega-no alcune aree tematiche (in particolare, il forte attacca-mento alia figura materna) e scelte lesstcali di registro umile (fiori, piante, animali). II linguaggio di Moretti ě realistico, sobrio, dimesso; Moretti stesso park della sua poesia come di «prosa-poesia» (nel Giardino dei frutti, primo testo della raccolta omonima, 1916: «Ecco dunque la mia prosa, la mia prosa-poesia»); ma, nonostante la modestia molto esibita, va sottolineata la sua notevolissi-ma abilitä tecnica e metrica di versificatore, che reagendo al verso libero in auge nei primi del secolo, recupera le forme chŕuse tradizionali, specialmente con attenzione alle sperimentazioni di Pascoli. La fas e poetica diabisttco-epigrammattca della vec-La produzione senile del poeta, dopo un cin-quantennio circa di prosa, ha suscitato grande interesse e si puô affiancare a quella - altrettanto ímprevista - del coetaneo e amicissimo Palazzeschi. Pubblicando nel 1966 la raccolta di Tafte le poesie, cioě dei testi giovanili, Moretti vi aggiunge alia fine un inedito Diario senza le date: poesie in forma di appunto diaristico, alcune di vecchia data (ľautore le dice přeléváte da «agende, la prima delle quali ě del 1926»), e dominate dal gusto ironico dell'epigram-ma. Struttura di diario e nátura di epigramma sono dunque le due forme-base in cui si articolano le raccolte delia vecchiaia: Ľultima estate, 1969; Tre anni e un giorno, 1971; Le poverazze, 1973; Diario senza le date, 1974 (con variant! e aggiunte rispetto al testo del 1966). I temi převalenu sono la riflessione continua sulla vecchiaia e sulľimminenza della morte; e quella, altrettanto continua, sul suo lavoro poetico. Questo diario senile, con le sue beffarde e deriso-rie punre epigrammatiche, conferma e rafforza ľimpres-sione di "astuzia" della poesia morettiana, ingiustamente valutata da alcuni come ingenua, troppo tenera e facile. II vegliardo Moretti degli ultimí anni, invece, ě stato festeg-giaro come un «vecchio crepuscolare d'avanguardia» per il gusto - evidente negli epigrammi - «di mandare la gente alla malora e di godersi le fanciullaggini delia vecchiezza» (Alfredo Giuliani). Guido Gozzano I COLLOQUI La raccolta poetica use! nel 1911 a Milano presso I'editore Treves. II volume pre-senta 24 testi, composti tra il 1907 e il 1910, suddivisi in tre sezioni: // giovenile errore, Alle soglie, II reduce. La signorina Felicita owero la felicita Dai Colloqui Metro Sestine di endecasillabi, rimate solitamente, ABBAAB, ma con la possibile variazione ABABAB oppure ABABBA. Le parti V e VI si chiudono con un verso isolato che rima con l'ultimo e il penultimo verso della šestina irnmediatamente precedente. Apparso per la prima volta sulla rivista "Nuova Antológia" del 16 marzo 1909, con il sottotitolo "Idilio", e poi raccolto nei Colioqui (sezione Alle soglie), questo poemetto rappresenta la piú famosa poesia di Gozzano. Ě una novella in versi di-visa in otto parti: un avvocato colto e amante della letteratura {evidente proie-zione delľautore) trascorre un periodo di vacanza in un piccolo paese del Cana-vese, e qui incontra Felicita, una ragazza non bella né colta, chetuttavia lo attrae per la sua semplicitá e modestia, grazie alle quali ě cosi diversa dalle donne cui il protagonista ě abituato. II poeta in questi versi racconta, con una vena di irónia e insieme di malinconia, il sogno del tutto utopistico di un idillio che sa irrealizzabile ma in cui, anche se sólo per qualche breve attimo, vuole credere. La lunga e complessa gestazione del poemetto ě stata indagata da E. Sanguineti che ha ricostruíto la nascita del personaggio di Felicita attraverso alcune testimo-nianze del poeta stesso. Riportiamo qui il primo abbozzo di quella che era desti-nata a diventare La signorina Felicita, contenuto in una lettera di Gozzano ad Amalia Gugliminetti spedita nelľagosto 1907 da Ceresole Reále (ai piedi del Gran Paradiso), dove il poeta stava trascorrendo una vacanza con la sola cornpagnia di "una servente indigena e prosaicissima": "Ě un'onestissima fanciulla, figlia di Maria, e io nutro per lei la piú rispettosa ripugnanza: imaginate un corpo diciotten-ne; ma che in citta, sdegnerebbe una vecchia ottuagenaria, imaginate un volto quadratOj scialbo, roseo, lentigginoso, senza pupille, senza ciglia, senza sopracci-glia e un viscidume di capelli gialli, tirati, tirati lisci e aderenti e stretti alla nuca in un fascio di trecciuole minuté e su tutto il volto diffusi i segni delľidiozia eredita-ria...». Un legame biografico con il poemetto ě altresi testimoniato da una lettera con 205 Il prjmo Novecento: tra modernita, avanguardiľ e rmnovamento LA SCUOLA POETICA CREPUSCOLŕVRE cuí Gozzano annunciava ľuscita del suo testo: «Figurera nella "N.va An-to.gia" del mezzo marzo un mio poemetto, un idillio ehe vissi due estati or sono e ehe resuscitai in rime ľestate scorsa, con amore e con fatica grande" (lettera a De Frenzi del 5 marzo 1909). E ancora, in un abbozzo in prosa delľincompiuto poemetto Le farfalle a proposito delia Acheron-tia Atropos si legge: «Ě la farfalla ehe incontrai nel Canavese a quella vil-la ehe chiamai Amarena, con quella signorina ehe chiamai Felicita». 10 luglio: Santa Felicita. I Signorina Felicita, a quesťora scende la sera nel gíardino antico della tua casa. Nel mio cuore amico scende il ricordo. E ti rivedo ancora, e Ivrea rivedo e la cerulea Dora e quel dolce paese che non dico. Signorina Felicita, ě il tuo giorno! A quesťora che fai? Tosti il caffě: e il buon aroma si díffonde intorno? O curi i líni e canti e pensi a me, alTawocato che non fa ritorno? E l'awocato ě qui: che pensa a te. Pensa i beí giorni dun autunno addietro, ViLTAmarena a sommo delTascesa coí suoi ciliegi e con la sua Marchesa dannata, e 1'orto dal profumo tetro di busso e i cocci inmimeri di vetro sulla cinta vetusta, alla difesa... Vili'Amarena! Dolce la tua casa in quella grande pace settembrina! La tua casa che vestě una cortina ii granoturco fino alla cimasa: :ome una dama secentista, invasa dal Tempo, che věsti da contadina. 3ell'edificio triste inabitato! 3rate panciute, logore, contorte! ■iilenzio! Fuga delle stanze mořte! Ddore ďombra! Odore di passato! Ddore ďabbandono desolato! ?iabe deřunte delle sovrapporte! írcole furibondo e il Centauro, e gesta delTeroe navigátore, "etonte e il Po, lo sventurato amore 1'Arianna, Minosse, il Minotauro, )afne rincorsa, trasmutata in lauro ra le braccia del Nume ghermitore... 5 Ivrea... Dora ě una citazione dalla cele-bre poesia dí Carducci Piemonte, contenu-ta ín Rimeeritmi(w 21-22: «lvreala běda che le rosse torri / speechia sognando a la cerulea Dora»); anche il do/ce paese del verso seguente ě di provenienza carduccia-na: «Dolce paese, onde portai conforme» ě ľinäpitdi Travefsando la maremma to-scana (in Rime nuove) La Dora ě la Dora Baltea, affluents del Po, vicino a Ivrea. 6 che nor dico il poeta ometle voluta-mente il nome del paese dove si trova la villa di felicita, 7 il tuo giorno il tuo onomastieo (cfr. epi-grafe). 8 Tosti il caffě il tono elegiaco della rie-vocazione ě corretto dalľimmaginazione prosaica (ě un esempio del «cozzare del-i'aulico col prosaico» di cuí parla Montale individuando la peculiaritá della poesia gozzaniana). 11 avvocato Gozzano si era iseritto alla facoltá di Giurisprudenza, senza giungere mai alla laurea. 14 Vill'Amarena la villa di Felicita nel Canavese (forse ad Agile, luogo natio d Gozzano e suo frequente rifugio); a som-modelľascesa incimaallasalita. 15 Marchesa ľantica proprietaria della villa alla guale saranno dedicati i vv 135-150, che, secondo la leggenda, talvolta ritorna sotto forma di fantasma. 16-17 profumo tetro di busso la sine-stesia indica il profumo amaro del bosso, pianta sempreverde dal colore scuro, talvolta usata nel cimíteri. 17 cocci... di vetro posť sulle mura di cinta con scopo difensivo per impedirne II su-peramento; innumeri innumerevoli. 18 vetusta "antica". 22 cimasa cornicione del tetto: la casa ě ricoperta sulla facciata fino al tetto da pan-noechie di granoturco appese a essiccare. 23 secentista "secentesca" (masecenrí-sta rende anche I'atmosfera del Seícento); invasa "devastata". 26 Grate panciute le finestre della villa hanno le tipiche inferriate baroeche. 27 Fuga delle stanze una successione di stanze disposte una dopo 1'altra. 28-29 Odore ďombra... desolato altre sinestesie. 30 Fiabe... sovrapporte porte e finestre sono decorate da pannelli che rappresen-tano scene mitologiche (efr. la strofa seguente). 31 Ercole... Centauro Ercole, figlio di Zeus, uedse il centauro Nesso che aveva in-sidiatosua moglieDeianira. 32 eroe navigátore Ulisse, cosi chiamato da Pascoli al v. 2 di Ľultimo viaggb (nei Poemiconviviali). 33 Fetonte e il Po Fetonte, figlio del Sole, ne voile guidare li carro infuocato; ma per evitare cíne incendiasse la Terra, alia quale si era awicinato troppo, venne fulminate e fatto precipitare nel fiume Eridano (identi-ficato con il Po). 34 Arianna innarnoratasi di Teseo, Arianna (figlia del re cretese Minosse e d Pasífae) lo aiutô a uscire dal labirinto, in cui egli aveva ucciso il Minotauro (mostro con testa di toro e corpo di uomo) ma f u poi da lul abbandonata. 36 Nume ghermitore Apollo, per sfug-gire al quale la ninfa Dafne ottenne dagli děi di essere trasformata in alloro. 37 I'arredo I'arredamento 39 pirografia incisione praticata su cuoio o legno col pirografo (una punta dí metallo rovente). 40 divani corinzi dell'lmpero divani in stile Impero (cioé neoclas-sico, affermatosi con Napoleone), ornati con capitelli di stile corinzio. 41 Bella Otero la famosa ballerina franco-spagnola Carolina Otero (1868-1953). 43 forbita "lustrata". 45 pazíente ě stato sottolineato dai eritici fuso della dieresi, che co-stringe a soffermarsi sull'aggettivo che allude a una delle principali ca-ratteristiche di Felicita. 48 la tua semplice vita clausoia dantesca (Purg. VII, 130). 50 bifolco "contadino"; Gozzano si riferisce qui all'aspetto rozzo del padre di Felicita. 51 frequenza "assiduita" 52 massaio cosi si chiama chi conduce un podere. 53-54 certo antico guaio nota-rile un vecehio problema legale, di cui si parlerá nei servi seguenti; deferenza "rispetto". 55 inqueto forma piú ricercata di ingweto. 59 odor d'inchiostro putrefatto perché I'atto risale a molti anni addietro. 62cieche "folii". 63 parato "tappezzeria". 64 catasto dove vengono registra-te le proprieta immobiliari. 66 ipotecario il creditore, a cui ě intestata I'ipoteca che viene ritirata in caso di inadempienza da parte del debitore. 73 lusinga "attrattiva". 77 artorti "legati". 78 un tipo di beltá fiamminga un tipo di bellezza cara ai pittori fiamminghi per i colori nordid (car-nagione pallida e lentigginosa, ca-pelli biondo-rossi). 79 vermiglía "rossa". Penso I'arredo - che malinconia! -penso I'arredo squaLUdo e severo, antico e nuovo: la pirografia sui divani corinzi dell'lmpero, la cartolina della Bella Otero alle specchiere... Che malinconia! Antica suppellettile forbita! Armadi immensi pieni di lenzuola che tu rammendi paziente... Avita semplicita che 1'anima consola, semplicita dove tu vivi sola con tuo padre la tua semplice vita! II Quel tuo buon padre - in fama d'usuraio -quasi bifolco, m'accoglieva senza inquietarsi della mia frequenza, mi parlava dell'uve e del massaio, mi confidava certo antico guaio notarile, con somma deferenza. «Senta, awocato.,,» e mi traeva inqueto nel salone, talvolta, con un atto che leggeva lentissimo, in segreto. Io l'ascoltavo docile, distratto da quell'odor d'inchiostro putrefatto, da quel disegno strano del tappeto, da quel salone buio e troppo vasto... «... la Marchesa fuggi... Le spese cieche...» da quel parato a ghirlandette, a greche... «deIl'ottocento e dieci, ma il catasto...» da quel tic-tac dell'orologio guasto... «... l'ipotecario e morto, e l'ipoteche...» Capiva poi che non capivo niente e sbigottiva: «Ma l'ipotecario e morto, emorto!!...»- «E se l'ipotecario e morto, allora...» Fortunatamente tu comparivi tutta sorridente: «Ecco il nostro malato immaginario!>> m Sei quasi brutta, priva di lusinga nelle tue vesti quasi campagnole, ma la tua faccia buona e casalinga, ma i bei capelli di color di sole, attorti in minutisslme trecciuole, ti fanno un tipo di belta fiamminga... E rivedo la tua bocca vermiglia cost larga nel ridere e nel bere, e il volto quadro, senza sopracciglia, tutto sparso d'efelidi leggiere e gli occhi fermi, l'iridi sincere azzurre d'un azzurro di stoviglia... iL primo No vec ento; tra modernita, AVANCUAJÍDIE t RINNOVAMENTO cui Gozzano annunciava l'uscita dei suo těsto: «Figurera nella "N.va An-to.gia" del mezzo marzo un mio poemetto, un idillio che vissi due estati or sono e che resuscitai in dme ľestate scorsa, con amore e con fatica grande" (fettera a De Frenzi del 5 marzo 1909). E ancora, in un abbozzo in prosa delľincompiuto poemetto Le farfalle a proposito delia Acheron-tiaAtropossi legge: «Ě la farfalla ehe incontrai nel Canavese a quella vil-la che chiamai Amarena, con quella signorina che chiamai Felicitas. La scuola poetica crepuscolare 10 luglio: Santa Felicita. I Signorina Felicita, a quesťora scende la sera nel gíardíno antice* della tua casa. Nel mio cuore amico scende il ricordo. E ti rivedo ancora, e Ivrea rivedo e la cerulea Dora e quel dolce paese che non dico. Signorina Felicita, ě il tuo giorno! A quesťora che fai? Tosti il caffě: e il buon aroma si diffonde intorno? O cuci i lini e canti e pensi a me, all'awocato che non fa ritorno? E 1'awocato ě qui: che pensa a te. Pensa i bei giomi dun autunno addietro, VilTAmarena a sommo dell'ascesa coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa dannata, e Forto dal profumo tetro di busso e i cocci innumeri di vetro sulla cinta vetusta, alla difesa... VilTAmarena! Dolce la tua casa in queDa grande pace settembrina! La tua casa che vestě una cortina di granoturco fino alla cimasa: come una dama secentista, invasa dal Tempo, che věsti da contadina. Bell'edificio triste inabitato! Grate panciute, logore, contorte! Silenzio! Fuga delle stanze mořte! Odore ďombra! Odore di passato! Odore d abbandono desolato! Fiabe defunte delle sovrapporte! Ercole furibondo e il Centauro, le gesta delTeroe navigátore, Fetonte e il Po, lo sventurato amore dArianna, Minosse, il Mřnotauro, Dafne rincorsa, trasmutata in lauro tra le braccia del Nume ghermitore... 5 Ivrea... Dora ě una citazione dalla cele-bre poesia di Carducci fíemonfe, contenu-ta inRimeeritmiiw. 21-22: «Ivrea la bella che le rosse torri / speechia sognando a la cerulea Dora»); anche íl dolce paese del verso seguente ě di provenienza carduccia-na: «Dolce paese, onde portal conforme» ě ľincipitdl Traversando ta maremma to-scana (in Rime nuove). La Dora ě la Dora Baftea, affluente del Po, vidno a Ivrea. 6 ehe non dico il poela omette voluta-mentě il nome del paese dove si trova la villa di Felicita. 7 fl tuo giorno il tuo onomastico (cfr. epi-grafe). 8 Tosti il caffě il tono elegiaco della rie-vocazione ě corretto dalľimmaginazione prosaica (é un esempio del «eozzare del-I'aulico col prosaico» di cui parla Montale indřvřduando la peculiaritá della poesia gozzaniana). T1 avvocato Gozzano si era iscritto alla iacoltä di Giurispriidenza, senza giungere mai alla laurea. 14 Vill'Amarena la villa di Felicita nel Canavese (forse ad Agliě, luogo natio di Gozzano e suo frequente rif ugioj; a sommo dell'ascesa in eima alia saiřta. 15 Marchesa ľantica proprietaria della villa alia quale saranno dedicati i w. 135-150, che, secondo la leggenda, talvolta ritorna sotto forma di fantasma. 16-17 profumo tetro di busso lasine-stesia indica il profumo amaro del bosso, pianta sempreverde dal colore scuro, talvolta usata nei eimiteri. 17 cocci,., d? vetro posti sufle mura di cinta con scopo difensivo per impedirne il su-peramento; innumeri innumerevoli. 18 vetusta "antica". 22 cimasa cornicione del tetto: la casa ě ricoperta sulla facciata fino al tetto da pan-nocebie di granoturco appese a essiccare. 23 secentista "secentesca" (masecenti-sta rende anche l'atmosfera del Seicento); invasa "devastata". 26 Grate panciute le finestre della villa hanno le tipiche mfemate barocche. 27 Fuga delle stanze una successione dl stanze disposte una dopo l'altra. 28-29 Odore ďombra... desolato altre sinestesie. 30 Fiabe... sovrapporte porte e finestre sono decorate da pannelli che rappresen-tano scene mitologicrie (cfr. la strofa seguente). 31 Ercole... Centauro Ercole, figlio di Zeus, uccise il centauro Nesso che aveva in-sidiatosua moglie Deianira. 32 eroe navigátore Wisse, cosi chiamato da Pascoli al v. 2 di L'ultimo visggio (nei Poemi cenviviait). 33 Fetonte e il Po Fetonte, figlio del Sole, ne volle quidare il carro infuocato; ma per evitare che incendiasse la Terra, alia quale si era awicinato troppo, venne fulminate e fatto precipitare nel fiume Eridano (identi-ficato con il Po). 34 Arianna innamoratasi di Teseô, Ananna (figlia del re eretese Minosse e dl Pasifae) lo aiuto a uscire dal labirinto, in cui egli aveva ucciso il Minotauro (mostro con testa di toro e corpo di uomo) ma fu poi da lui abbandonala. 36 Nutne ghermitore Apollo, per sfug-gire al quale la nmfa Dafne ottenne dagli dej di essere trasformata in alíoro 37 ľatredo ľarredamento. 39 pjrografia incisíone praticata su cuoio o legno col pirografo (una punta di metal lo rovente). 40 divani corinzi delľlmpero divani in stile Impero (cioé neoclas-sico, affermatosi con Napoleone), ornati con capitelli di stile corinzio. 41 Bella Otero la famosa ballerina fľanco-spagnola Carolina Otero (1868-1953). 43 forbita "lustrata". 45 pazíente éstatosottolineato dai cntici ľuso della dieresi, ehe co-stringe a soŕfermarsi sulľaggettivo ehe allude a una delle principáli ca-ratteristiche di Felicita. 48 la tua semplice vita dausola dantesca {Purg. VII, 130). 50 bifolco J'contadino"; Gozzano si riferisce qui alľaspetto rozzo del padre di Felicita. 51 frequenza "assiduitá". 52 massaio cos) si chiama chi conduce un podere. 53-54 certo antico guaio nota-rile unvecchio prablema legale, di cui si parleré nei servi seguenti; deferenza "rispetto". 55inqueto forma piú ricercata di inquieto. 59 odor ďinchiostro putrefatto perché ľatto risale a molti anni addietro. 62 cieche "foJli". 63 parato "tappezzería", 64 catasto dove vengono registra-te le proprieta immobiliari. 66 ipotecario il ereditore, a cui é intestata ľipoteca ehe viene ritirata in caso di inadempienza da parte del debitore. 73 lusinga "attrattiva". 77 attorti "legáti". 78 un tipo di beltä fiamminga un tipo di bellezza cara ai pittori fiamminghi per i colorí nordici (car-nagione pallida e lentigginosa, ca-pelli biondo-rossi). 79vermiglia "rossa". Pensol'arredo-chemalineonia! -pensolarredosquallido esevero, antico e nuovo: la pirografia sui divani corinzi dell'Impero, la cartolina della Bella Otero alle specchiere... Che malineonia! Antica suppellettile forbita! Armadi immensi pieni di lenzuola che tu rammendi pazi'ente... Avita semplicita che l'anima consola, semplicita dove tu vivi sola con tuo padre la tua semplice vita! II Quel tuo buon padre - in fama d'usuraio -quasi bifolco, rn accoglieva senza inquietarsi della mia frequenza, mi parlava dell'uve e del massaio, mi confidava certo antico guaio notarile, con somma deferenza. «Senta, awocato...» e mi traeva inqueto nel salone, talvolta, con un atto che leggeva lentissimo, in segreto. Io l'ascoltavo docile, distratto da quell odor d'inchiostro putrefatto, da quel disegno strano del tappeto, da quel salone buio e troppo vasto... «... la Marchesa fuggi... Le spese cieche...» da quel parato a ghirlandette, a greche... «delTottocento e dieci, ma il catasto...» da quel tic-tac dell'orologio guasto... «... 1'ipotecario e morto> eripoteche,..» Capiva poi che non capivo niente e sbigottiva: «Ma 1'ipotecario e morto, e morto!!...» — «E se 1'ipotecario e morto, allora...» Fortunatamente tu comparivi tutta sorridente: «Ecco il nostra malato immaginario!» III Sei quasi brutta, priva di lusinga nelle tue vesti quasi campagnole, ma la tua faccia buona e casalinga, ma i bei capelli di color di sole, attorti in minutissime trecciuole, ti fanno un tipo di belta fiarriminga... E rivedo la tua bocca vermiglia cost larga nel ridere e nel bere, e il volto quadra, senza sopracciglia, tutto sparso d'efelidi leggiere e gli occhi fermi, Tiridi sincere azzurre d'un azzurro di stoviglia... il primo novecento: tra modernita, AVANOUARDIE e RINNOVAMENTO Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermi rideva una blandizie femminina. Tu civettavi con sottili schermi, tu volevi piacermi, Signorina: e piú d'ogni conquista cittadina mi lusingó quel tuo voler piacermi! Ogni giorno salivo alia tua volla pel soleggiato ripido sentiero. II faftnacista non pensó dawero -un'amicizia cosi bene accolta, -quando ti presentó la prima volta 1'ignoto villeggiante forestiero. Talora - giá la mensa era imbandita -mi trattenevi a cena. Era una cena ďaltri tempi, col gatto e la falena e la stoviglia semplice e fiorita e il commento dei cibi e Maddalena decrepita, e la siesta e la partita... Per la partita, verso ventun ore giungeva tutto l'inclito collegio politico locale: il molto Regio Notaio, il signor Sindaco, il Dottore; ma - poiché trasognato giocatore -quei signoři m'avevano in dispregio... M'era piú dolce starmene in cucina tra le stoviglie a vividi colori: tu tacevi, tacevo, Signorina: godevo quel silenzio e quegli odori tanto tanto per me consolatori, di basilico d'aglio di cedrina... Maddalena con sordo brontolio disponeva gli arredi ben detersi, rigovernava lentamente ed io, giá smarrito nei sogni piú diversi, accordavo le sillabe dei versi sol ritmo eguale dell'acciottolio. Sotto l'immensa cappa del camino (in me rivive l'anima d'un cuoco forse...) godevo il sibilo del fuoco; la canzone d'un grillo canterino mi diceva parole, a poco a poco, e vedevo Pinocchio, e il mio destino... Vedevo questa vita che m'avanza: chiudevo gli occhi nei presagi grevi; aprivo gli occhi: tu mi sorridevi, ed ecco rifioriva la speranza! Giungevano le risa, i motti brevi dei giocatori, da quell'altra stanza. 86 blandizie femminina "civet-terta femminile". 87 sottili schermi lieui dissimula. zioni. 90 quel tuo voler piacermi e Clausula dantesca riferita in far. IX 14 {«[...] e 1 suo voler piacermi») a Cunizza da Romano, L'uso ironico delia fonte e dato dal confronlo tra le due figure femminili e le relative situazioni poetiche. 91 alia tua volta 'date' 99 falena farfalla notturna. 100 fiorita con decorazioni florea-li. 101-102 Maddalena decrepita la vecchia domestica delta casa; siesta riposo pomeridiano. 104-105 I'inclito... locale Illustre consesso delle persone che contano nella vita del paese {e evidente la sfumatura ironka dell'ag-gettivo indito). 107 trasognato reso estraneo alia realtä dai suoistessi sogni. 114 cedrina arbusto dat profumo di cedro, cbiamato anche cedro-nellaolimoncina. 119-120 accordavo... acciottolio Gozzano ironizza sul suo stesso Ia-voro di poeta che confonde il proprio ritmo con il prosaico rumore delle stoviglie riordinate dalla domestica. 126 Pinocchio neile Awenture di Pinocchb del narratore toscano Carlo Coflodi <1S80>, il Grillo par-lante da al burattino Pinocchio saggi awertimenti relativi al suo future. \ 28 presagi grevi " presentimen- ti funesti". 131 motti brevi "battute fulmi-nanti". 134 il rifiuto secolare tutto quello che viene abbandonato col passaredegli anni. 135tomba il solaio, cosi chiama- to perche conserva le cose morte. 138laDama e la Marchesa, anti- ca proprietaria della villa di cui si conserva in solaio un vecchio ritrat- to (cfr. w. 139 ess.). 143 noviluni notti senza (una, al- Cinizio del mese lunare. 147 profilo greco profile regola-| re. 148 altocinta «con la cinture su-bito sotto il serto, come nella mo-da dell' Impero (si veda per esem-pio il ritratto di Juliette Recamier, diJ.L. David, pure a piedi nudi)», Continf; I'un piede ignudo in mano una posizione cara ai ri-trattisti dell'epoca. 149 speco antra, caverna (voce ietteraria). 150 arcade dell'Arcadia; cielo pagano del rnondo dassico. 152 peplo I'abito nazionale delle donne greche e poi di quelle ro mane; ricco realizzato con molto tessuto, abbondantemente 153 Stirpe qui nelsenso di vasto insieme d'oggetti van. 154topaie le tane dei topi (doe, qui, cose diventate ormai solo tane di topi). 155-156 darpame.„ Musa im-portante dichiarazione di poetica sottolineata dal forte enjabement fra darpame e re/effo; reietto "rifiutato"; Musa la divinitä dassica ispiratrice degli artisti. 159 frondi regie "rami regali"; si allude all'alloro con cui venivano incoranati eroi e artisti. 160 Tore/uaio nei giardini d'Este il quadra rappresenta il poeta Torquato Tasso ritratto alia corte degli Estensi a Ferrara. 162 un ramodi ciliegie ěil rámo d'alloro (v. 159), che Felicita nella sua sernplicitá e ignoranza crede sia un ramo di ciliegie. L'ironia gozzoniana é accentuata dalla tessera colta, dantesca, dai verso seguente: fermammo il passo ě citazione da Purg. Ill, 53 («dis-se il maestro mio, fermando 'I pas-so»). 166 canterano dell'lmpero cas-settone in stile Impero. 167 effigie "ritratto" 169 quasi a voce "quasi rispon- dendoaunavoce". 171 abbaino piccola costruzione con finestra, che si eleva sui tetti. 175 Non vero "irreale"; smalto pittura a smalto. 176 a zone quadre a causa dei tefeieffl-fiftf(v.172). 1771vreaturrita cfr. notaalv, 5, 178 la Serra costone morenico che separa il Canavese dal Biellese. 180 luminosoed alto ě un clausula dantesca, presente in Inf. IV, 116: «in luogo aperto, luminosoe alto». IV Beilezza riposata dei solai dove il rifiuto secolare dortne! In quella tomba, tra le vane forme di ciö ch'e stato e non sarä piu mai, bianca bella cosi che sussultai, la Dama apparve nella tela enorme; «E quella che lasciö, per infortuni, la casa al nonno di mio normo... E noi la confinammo nei solaio, poi che porta pena... Uhan veduta alcuni lasciare il quadro; in certi noviluni s'ode il suo passo lungo i corridoi...» II nostro passo diffondeva l'eco tra quei rottami del passato vano, e la Marchesa dal profilo greco, altocinta, Tun piede ignudo in mano, si riposava alTombra d'uno speco arcade, sotto un bei cielo pagano. Intorno a quella che rideva illusa nei ricco peplo, e che mori di fame, vera una Stirpe logora e confusa: topaie, materassi, vasellame, lucerne, ceste, mobili: ciarpame reietto, cosi caro alla mia Musa! Tra i materassi logori e le ceste v'erano stampe di persone egregie; incoronato delle frondi regte v'era Torquato nei giardini d'Este. «Awocato, perche su quelle teste buffe si vede un ramo di ciliegie?» Io risi, tanto che fermammo il passo, e ridendo pensai questo pensiero: Oime! La Gloria! un corridoio basso, tre ceste, un canterano dell'lmpero, la brutta effigie incorniciata in nero e sotto il norne di Torquato Tasso! Allora, quasi a voce che richiama, esplorai la pianura autunnale daU'abbaino secentista, ovale, a telaietti fitti, ove la trama del vetro deformava il panorama come un antico smalto innaturale. Non vero (e bello) come in uno smalto a zone quadre, apparve il Canavese: Ivrea turrita, i colli di Montalto, la Serra dritta, gli alberi, le chiese; e il mio sogno di pace si protese da quel rifugio luminoso ed alto. 48 iL PRIMO NOVECENTO: TRA MODERMTÄ, AVANGUARDIE E RINNOVAMENTO Ecco - pensavo - questa e l'Amarena, ma laggiü, oltre i colli dilettosi, c e il Mondo: quella cosa tutta piena di lotte e di commerci turbinosi, la cosa tutta piena di quei «cosi con due gambe» chefanno tanta pena... L'Eguagliatrice numera le fosse, ma quelli vanno, spinti da chimere vane, divisi e suddtvisi a schiere opposte, ititesi all'odio e alle percosse: cosi come ci son formiche rosse, cosi come ci son formiche nere... Schierati al sole o all'ombra della Croce, tutti travolge il turbine dell'oro; o Musa - oime! - che puö giovare loro il ritmo della mia piccola voce? Meglio fuggire dalla guerra atroce del piacere, dell'oro, delTalloro... L'alloro... Oh! Bimbosempliceche fui, - dal cuore in manoe dalla fronte alta! Oggi l'alloro e premio di colui che tra clangor di buccine s'esalta, che sale cerretano alla ribalta per far di se favoleggiar altrui... «Awocato, non park: che cos'ha?» «Oh! Signorina! Penso ai casimiei, a piccole miserie, alla cittä... Sarebbe dolce restar qui, con Lei!...» - «Qui, nel solaio?...» - «Per l'eternitä!» - «Per sempre? Accetterebbe?...»- «Accetterei!» Tacqui. Scorgevo un atropo soletto e prigioniero. Stavasi in riposo alia parete: il segno spaventoso chiuso tra l'ali ripiegate a tetto. Come lo vellicai sul corsaletto si librö con un ronzo lamentoso. «Che ronzo triste!» - «E la Marchesa in pianto... La Dannata sarä, che porta pena...» Nulla s'udiva che la sfinge in pena e dalle vigne, ad ora ad ora, un canto: O mio carina tu mipiaci tanto, siccome place al mar una sirena... Un richiamo s'alzö, querulo e röco: «E Maddalena inqueta che si tardi: scendiamo; e Tora della cena!» - «Guardi, guardi il tramonto, lä... Com'e di fuoco!... Restiamo ancora un poco!» - «Andiamo, e tardi!» «Signorina, restiamo ancora un poco!...» 182 dilettosi l'aspetto dei quali infonde serenitá. 184 turbinosi "vorticosi". 185-186 «cosi con due gambe» in un'altra poesia, Nanesl, Gozzano 5i definisce «un coso con due gambe / detto guidogozza- noö 187 ĽEguagliatrice la Morte che rende gl! uomini uguali. 188 quelli gli uomini; chimere "sogni, ideali". 193 Schierati... Croce Gozzano allude qui ai socialisti (il loro simbo-lo ě il sole nascente) e ai catlolici. 194 il turbine dell'oro il deside-riodidenaro. 198 alloro la gloria poetica. 202 clangor di buccine "squilli di trombe"; si tratia di una citazio-ne da D'Annunzio {Alcyone, II Fdnciullo). 203 cerretano ciarlatano (da cer-reto, paese dell'Umbria, da cui nel Medioero provenivano molti medici girovaghi). Gozzano allude certamente a D'Annunzio: lo con-ferma anche il fatto che il sintag-ma ddngor di buccine é presente piü volte nella poesia dannunzia-na. 204 favoleggiar altrui citazione dantesca(Par..ll,51). 211 atropo farfalla nottuma. 213 il segno spaventoso l'atro-po reca impresso sul dorso un di-segno che ricorda l'immagine di un teschio. 215 vellicai "solleticai", corsaletto "dorso". 219 lasfinge la farfalla. 223 querulo "piagnucoloso". 229 plana "pianura". 238 perplessitá crepuscolare senso di precarietá e incertezza in-dotto dall'ora del crepuscolo. Slataper nella "Voce" usa questo sintagma per alludere ai toni esan-gui e dimessi della poesia crepuscolare, 240 cose poco belle la litote allude a una pericolosa tentazione erotica. 242 nel parco dei Marchesi Felicita e I'awocato si sono trasfe-riti nel giardino della villa, dove continuano il loro colloquio. 244 StagionL. braccia il tempo ha corroso il naso e le braccia delle statue die rappresentano le sta-gioni. 245vinaccia ciocherimane dalla pigiatura deltuva. 247 produttivi commestibili e quíndi utili, a differenza delle pian-te ornamental 249 pieridi famiglia di fartalle diurne. 250 cetonie scarabei dorati; bombi inserti che, come le api, vivono in piccole societa. 253 che "quello che". 258 donne rifatte sul romanzi donne che vogliono comportarsi come le eroine dei romanzi. 259 con proteso il cuore "of-frendomi il loro amore" {anastro-fe). 260 senza vestigio "senza la-sciaretraccia". 262 tenero prodigio II dolce mi- racolo deli'amore. 274 facendo... mani "nascon- dendosiilvisofralemani". 276percelia "scherzando". Le fronti al vetro, chrni sulla piana, seguimmo i neri pipistrelli, a frotte; giunse col vento un ritmo di campana, disparve il sole fra le nubi rotte; a poco a poco s'annunciô la notte sulla serenitá canavesana... «Una Stella!...» - «Ire stelle!...» - «Quattro stelle!. «Cinque stelle!» - «Non sembra di sognare?...» Ma ti levasti su quasi ribelle alla perplessitá crepuscolare: «Scendiamo! E tardi: possono pensare che noi si faccia cose poco belle...» Ozi beati a mezzo la giomata, nel parco dei Marchesi, ove la traccia restava appena dell'etä passata! Le Stagioni camuse e senza braccia, fra mucchi di letame e di vinaccia, dominavano i porri e ľinsalata. Ľinsalata, i legumi produtüvi deridevano il busso delle aiole; volavano le pieridi nel sole e le cetonie e i bombi fuggitivi,,, Io ti parlavo, piano, e tu cucivi innebriata dalle mie parole. «Tutto mi spiace che mi piacque innanzi! Ab! Rimanere qui, sempre, al suo fianco, tenninare la vita che m'avanzi tra questo verde e questo lino bianco! Se Lei sapesse come sono stanco delle donne rifatte sui romanzi! Vennero donne con proteso il cuore: ognuna dileguö, senza vestigio. Lei sola, forse, il freddo sognatore educherebbe al tenero prodigio: mai non comparve sul mio cielo grigio quell'aurora che dicono: l'Amore...» Tu mi fissavi... Nei begli occhi fissi leggevo uno sgomento indefinito; le mani ti cercai, sopra il cucito, e te le strinsi lungamente, e dissi: «Mia cara Signorina, se guarissi ancora, mi vorrebbe per marito?» «Percha mi fa tali discorsí vani? Sposare, Lei, me brutta e poveretta!...» E ti piegasti sulla tua panchetta facendo al viso coppa delle mani, simulando singhiozzi acuti e straní per celia, come fa la scolaretta. 210 211 554429999999985^^ iL FRIMO NüVECF.NTO: TRA MODERNITÁ, AVANGUARDIE Ľ itINNOVAMENTO Ma, nel chinarmi su di te, m'accorsi che sussultavi come chi singhiozza veramente, né sa piú ricomporsi: mi parve udire la tua voce mozza da gli ultimi singula nella strozza; «Non mi ten.., ga maipiú... tali dis... corsi!» «Piange?» E tentai di sollevarti il viso inutümente, Poi, colto un fuscello, ti vellicai ľorecchio, il collo snello... Giä tutta luminosa nel sorriso ti sollevasti vinta d'improwiso, trillando un trillo gaio di fringuello. Donna: mistero senza fine bello! VI Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermi luceva una blandizie femminina; tu civettavi con sottili schermi, tu volevi piacermi, Signorina; e piú ďogni conquista ciltadina mi lusingö quel tuo voler piacermi! Unire la mia sorte alia tua sorte per sempře, nella casa centenaria! Ah! Con te, forse, piecok consorte vivace, trasparente come ľaria, rinnegherei la fede letteraria che fa la vita simile alia morte... Oh! questa vita sterile, di sogno! Meglio la vita ruvida conereta del buon mercante inteso alia moneta, meglio andare sferzati dal bisogno, ma vivere di vita! Io mi vergogno, si, mi vergogno ďessere un poeta! Tu non fai versi. Tagli le camicie per tuo padre. Hai fatta la seconda classe, ťhan detto ehe la Terra ě tonda, ma tu non eredi... E non mediti Nietzsche... Mi piaci. Mi faresti piú felice ďun'intellettuale gemebonda... Tu ignori questo male che s'apprende in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti, tutta beata nelle tue faccende. Mi piaci. Penso che leggendo questi miei versi tuoi, non mi comprenderesti, ed a me piace chi non mi comprende. Ed io non voglio piú essere io! Non piú ľesteta gelido, il sofista, ma vivere nel tuo borgo natio, ma vivere alia piccola conquista 281 singulti "singhiozzi"; stroz-za "gola", il rimandoě a Dante inf. VII, 125 (cQuesfinno si gorgi> glian nella strozza») e hi XXVIII 101 («con la lingua tagliata nellá strozzas: anche qui in rima con «mozza»). 285 vellicai "solleticai". Cfr.il v 215. 288 trillando un trillo emetten- do un gridolino acuto, figura eti-mologica (come tu mil..} ta tua semp//ce wia dei w. 47-48 e pensa/ questo pens/era del v. 164). 289 mistero... bello ilsintagma sens Hne + aggettivo ě di origine dantesca, e ripreso da Pascoli e D'Annunzio. 290-295 Tu... piacermi! la strofa riprende i w. 85-90 (ma con iuce-va al posto di rideva). 301 che... mořte perché la pas-sione per la letteratura distrae dal-la vita e porta su un piano artificio-so, non vero. 304 inteso alia moneta "impe-gnato a guadagnare" 305 sferzati dal bisognoso "spinti dalla povertá" 311 Nietzsche la rima aH'orecchio del nome del filosofo tedesco con cam/oe (v. 308) é stata assunta a emblema del rapporto aulico-pro-saico che caratterizza il poemetto (e tutta la poesia di Gozzano). 313 gemebonda "fragile fisica-mente e psicologicamente" (per-chévittima dell'angoscia esisten-ziale). 314 s'apprende "si attacca e si propaga". 318 tuoi perché ispirati da te. 321 esteta gelido il cultore della bellezza ě freddo perché sacrifica all'amore per I'arte il calore della vita: sofista una persona cap-ziosa, dai ragionamenti cavillosi, dal nome dei seguaci di una cor-rente filosofica della Grecia classi-ca. 322 borgo natio sintagma leo-pardiano (te ricordanze. v. 30). 323 piccola conquista supera-mento, giorno per giorno, delle piccole difficoltá della vita quoti-diana. I CREPUSCOLARI 324 in oblio ě il consueto deside-rio gozzaniano di essere "rnortoal mondo" e di non avere piú alcun desiderio. 328sagace "efface". 331 certa gelosia quellaprovo-cata dall'awocato nel notaio, come si spieghera nei versi sequent!. 332 loquacitá mordace discorso aggressivo. 334 un capo ameno un tipo sin- golare, per antif rasi. 344 cia rla " chiacchiera, pettego- lezzo". 349 ipecacuana medicinale estratto dalle radiči delľomomma pianta brasiliana. 350 al rezzo "alľaria fresca". 356 «un punto sopra un i gigante)) citazione dal poeta fran-cese Alfred de Musset (1810-57): «La lune,/comme un pointsurun 360nell'incanto del plenilunio. 365 pellegrino sazio stancodel viaggio della vita. 367 l'Ospite furtiva la morte mercanteggiando placido, in oblio come tuo padre, come il farmacista... Ed io non voglio piú essere io! VII 11 farmacista nella farmacia m'elogiava un farmaco sagace: «Vedrä che dorme le sue notri in pace: un sonnifero d'oro, in fede mia!» Narrava, intanto, certa gelosia con non so che loquacitä mordace. «Ma c e il notaio pazzo di quell'oca! Ah! quel notaio, creda: un capo ameno! La Signorina ě brutta, senza seno, volgaruccia, Lei sa, come una cuoca... E la dote... la dote ě poca, poca: diecimila, chi sa, forse nemmeno...» «Ma dunque?» - «C'ě il notaio furibondo con Lei, con me che volli presentarla a Lei: non mi saluta, non mi pária...» -«E geloso?» - «Geloso! Un finimondo!...» -«Pettegolezzi!...» - «Ma non Le nascondo che temo, terno qualche brutta ciarla...» - «Non terna! Parto.» - «Parte? E va lontana?» «Molto lontano... Vede, cade a mezzo ogni motivo di pettegolezzo...» -«Dawero parte? Quando?» - «In settimana.. Ed uscii dall'odor d'ipecacuana nel plenilunio settembrino, al rezzo. Andai vagando nel silenzio amico, triste perduto come un mendicante. Mezzanotte scoccö, lenta, rombante su quel dolce paese che non dico. La Luna sopra il campanile antico pareva «un punto sopra un I gigante». In molti mesti e pochi sogni heti, solo pellegrinai col mio rimpianto fra le siepi, le vigne, i castagneti quasi d'argento fatti nell'incanto; e al cancello sostai del camposanto come s'usa nei libri dei poeü. Voi che posate giä sull'altra riva, immuni dalla gioa, dallo strazio, parkte, o morti, al pellegrino sazio! Giova guarire? Giova che si viva? O meglio giova l'Ospite furtiva che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio? 999999999999999999999^ IL primo novecento: tra modernita, avanguardie e r1nnovamento A lungo meditai, senza ritrarre la tempia dalle sbarre. Quasi a scherno sudiva il grido delle strigi alterno... La Luna, prigioniera fra le sbarre, imitava con sue luci bizzarre gli amanti che si baciano in eterno. Bacio lunare, fra le nubi chiare come di moda settanťanni fa! Ecco la Mořte e la Felicitá L'una m'incalza quando 1'altra appare; quella nťesilia in terra ďoltremare, questa promette il bene che sará... VIII Nel mestissimo giorno degli addii mi piacque rivedere la tua villa. La mořte delTestate era tranquilla in quel manino chiaro che salii tra i vigneti giá spogli, tra i pendii giá trapunti di bei colchici lilia, Forse vedendo il bel fiore malvagio che i hoři uccide e semina le brume, le rondini addestravano le piume al primo volo, timido, randagio; e a me randagio parve buon presagio accompagnarmi loro nel costume. « Viaggio con le rondini stamane...» «Dove andrá?»- «Dove andró? Non so... Viaggio, viaggio per fuggire altro viaggio... Oltre Marocco, ad isolette straně, ricche in essenze, in datteri, in banáne, perdute nelTAtlantico selvaggio... Signorina, s'io torní ďoltremare, non sará ďaltri giá? Sono sicuro di ritrovarla ancora? Questo puro amore nostro salirá l'altare?» E vidi la tua bocca sillabare a poco a poco le sillabe: giuro. Giurasti e disegnasti una ghirlanda sul muro, di viole e di saette, coi nomi e con la data memoranda: trenta settembre novecentosette... Io non sorrisi. Uanimo godette quel romantico gesto ďeducanda. Le rondini garrivano assordanti, garrivano garrivano parole ďaddio, guizzando ratte come spole, incitando le piccole migranti... Tu seguivi gli stormi lontananti ad uno ad uno per le vie del sole... I CREPUSCOLARl 371 strigi ucceili nottumi. 376 come... fa cioe durante il Romanticismo. 377 Felicita qui e evidentemente sinonimo di Amore, a ricostruire il tipico binomio romantico di Amore e Mode. 379 in terra d'oltremare Gozzano progetto, senza mai rea-lizzarlo, un viaggio alle isole Canarie. 386 trapunti "punteggianti"; coichici fion autunnali di colore lilla. 387 malvagio tutte le parti del colchico contengono un succo ue-lenoso. 388 brume "nebbie". 389 plume "ali, permetonimia". 392 nel costume nel comporta- mento. 395 altro v'iaggio quello della morte. 399 s'io torni qualora tornassi. 406 saette "frecce" (la freccia di Cupido e simbolo d'amore). 413 ratte come spole "rapide comele spole deitelai". 415 lontananti che si allontana- vano (per ragioni di rina Gozzano otnette il sr pronominale). 421 Barberia la terra dei barberi, e piu genericarnente, I'Africa set-tentrionale. 423 arnaro senza fine cfr.il v. 289 425 in bande lisce con i capelli li-sci bipartiti sulla fronte; in crinoline con gonne lunghe sostenu-te da cerchi. 426 venerando "degno di vene-razione". 428 al confine m guerra o in esi- lio. 430 Prati Giovanni Prati (1814-84), poeta divenuto simbolo del languido sentimentalismo di parte della letteratura romantica; lacri-mante "mentre piangevi" (si noli I'uso transitivo del ver bo lacrima-re). «Un altro stormo s'alza!...»-«Eccos'awia!»-«Sono partite...» - «E non le salutů!...» -«Lei devo salutare, quelle no: quelle terranno la mia stessa via: in un palmeto della Barberia tra pochi giorni le ritroverö...» Giunse il distacco, amaro senza fine, e fu il distacco d'altri tempi, quando le amate in bande lisce e in crinoline, protese da un giardino venerando, singhiozzavano forte, salutando diligenze che andavano al confine... M'apparisti cosi, come in un cantico del Prati, lacrimante l'abbandono per l'isole perdute nelTAtlantico; ed io fui l'uomo d'altri tempi, un buono sentimentale giovtne romantico.., Quello che fingo d'essere e non sono! Analisi del Testo Il poemetto ě costruito come una novella in versi, segnata da una successione di eventi ricostruibili in una vera e propria trama. L'occasione del componimento ě indicata dalla data posta in epigrafe, accanro alia quale si legge il nome del santo del giorno (come giá accade in uno dei poeti cari a Gozzano, Francis Jammes che pone in epigrafe alia sua Cest aujourd'hui: «8 juillet 1894 / Dimanche, Sainte-Virginie*): si tratta dunque del giorno dell'onomastico della donna protagonista della poesia. Felicita, apostrofata anaforicamente al v. 1 della prima e della seconda šestina, viene introdotta sul-lo sfondo dell'ambiente in cui vive: la descrizione coinvolge inizialmente il giardino, quindi la casa, osservata prima dall'esterno (la facciata ricoperta dal granoturco) e poi dalľinterno (i pannelli con i racconti mitologici e ľarredamento). Solo nella parte terza giunge finalmente il ritratto della donna presentata con un'iriiziale connotazione riduttiva (quasi brutta, priva di lusinga, dalle vesti quasi campagnole) subito corretta da accenti positivi ifaccia buona e casalinga, bei capelli di color di sole, belta jiammingd). Ľawocato protagonista del poemetto é lusingato dall'amore di Felicita che sembra aprirgli la strada verso un'altra vita: nella rinuncia alia fede letteraria il freddo sognatore potrebbe finalmente trovare il proprio riscatto. Ma si tratta di una breve illusione poiché ľuomo, malato immaginario, deve lasciare quella vita per un lungo viaggio che gh permetta di sfuggire alia malattia (la tisi) e alia morte: il commiato da Felicita ě cosi segnato dalla piena consapevolezza delľawocato-Gozzano che, nel suo sogno romantico, sta solo fingendo di essere quello che non ě. Nel poemetto ě facilmente riconoscibile ľironia gozzaniana che qui viene esercitata prtmo di tutto nei confronti della protagonista femminile, Felicita, descritta come per nulla awanente, immersa nella modestia di un mondo borghese arrraversato dal rumore delle stoviglie, un mondo che ha so-stituito agh affreschi dai soggetti classici la pirografia (v. 39) e il mito della Bella Otero (v. 41), dove ľalloro puô essere scambiato per un ciliegio (v. 162J. E ľironia investe lo stesso protagonista ma-schile, ľawocato poeta con i suoi sogni e con quella malattia che gli permette di interrompere l'i-dillio con Felicita. Si tratta comunque di un'ironia benevola, tesa - come ha osservato E. Esposito - «non a irridere, ma a esercitare un effetto di sordina che ě in fondo il piu proprio ajTarte, per la sua capacitä di mediare e sfumare, di additare nella lontananza in cui affonda le cose termini piu ampi e piu profondi alia realta». Un'ironia che investe i contenuti e la forma: in questo poemetto mcontriamo cosi una delle rime piu citate di Gozzano, quella tra camicie e Nietzsche, che ben testimonia il noto abbassamento iro- 215 r L'aspetto formale Il poeta iL PHIMO NOVECENTO; TKrt MODERNITA, AVANGUAKDIE E PJNNOVAMENTO nico ottenuto con il cozzare tra aulico e prosastico (di cui possono essere altri esempi ľuso di tecni-cissimi come ipotecario o espressioni quali Xazzurro distomglta riferico agli occhi di Felicita). A livello formale il poemetto ě caratterizzato da un andamento uniformemente melodico, ottenuto mediante una struttura sintattica semplice, per lo piú coincidente con la strurtura metrica, e con il prevalere di figúre retoriche come ľelencazione e soprattutto la ripetizione (nelle sue diverse forme). Per gli elencht si veda, per esempio, quello dei miti ai w. 31-36 o quello dei ciarpame nel solaio ai vv. 154-156. Piü complesso il gioco delle ripetizioni: nella strofa iníziale, la ripettzione di rivedo e della e ai w. 4-6 (preceduti dei chiasmo scende... nelgiardino f... Nel mio cuore... / scende) o la ri-petizione delle forme pronominali ai w. 314-319. Frequente risulta l'uso dell'anadiplosi che, con la ripresa a inizio strofa di una parola della strofa precedente, stabilisce un forte legame addirittura tra sezione e sezione: pensa w. 12-13, tuopadre w. 48-49, la partita vv. 102-103, alloro vv. 198-199, donne w. 258-259, baaano-Bacio w. 374-375, giuro-Giurasti w. 404-405 Altrettanto frequenti le anafore: per esempio Penso l'arredo w. 37-38, semplicitä w. 46-47, mi w. 59-61, ecc. Ftno ad arri-vare alla ripetizione di un'intera strofa (w. 85-90 e 290-295, con una sola variante). Ai w. 195-196 l'awocato si chiede in che cosa possa giovare al mondo il ritmo della sua voce di poeta. Una domanda che racchiude la confessione dei senso di inutŕlitä dell'arte e della letteratura che non ě piú in grado di parlare agli uomirii: Felicita, ispiratrice di questi versi, non ž infatti capa-ce di comprenderli (... Penso che leggendo questi / miei versi tuoi, non mi comprenderesti w. 317-318). II poeta ě un freddo sognatore, e la sua fede letteraria gli rende la vita simile alla morte: se egli puö dichiarare di vergognarsi di essere quello che ě, non puö tuttavia rinnegare se stesso. Ancora una volta dunque il rapporto tra arte e vita vede in Gozzano il trionfo della prima, pur nel lu-cido disinganno e nella consapevolezza della propria inutilttä e inadeguatezza. i CREPESCOEARI Guido Gozzano loto merumeni Dai Colloqui II testo fu edito per la prima volta in "La Tribuna" dei 22 febbraio 1911 e ven^ ne raccolto nella sezione // reduce dei Colloqui. II titolo, nome e cognome dei protagonista, riproduce con ironica approssima-zione il titolo della commedia dello scrittore latino Terenzio Héautontimorau-menos(= II punitore di se stesso), giä utilizzato da Baudelaire per una sua poesia: il personaggio ritratto da Gozzano infatti ě un anti-eroe, lettore di Nietzsche, che non sa divenire un super uomo bensi un inetto alla vita, un punitore di se stesso. J Col suo giardino incolto, le sale vaste, i bei balconi secentisti guarniti di verzura> la villa sembra tolta da čerti versi miei, sembra la villa-tipo, dei Libro di Lettura... Pensa migliori giorni la villa triste, pensa gaie brigate sotto gli alberi centenari, banchetti illustri nella sala da pranzo immensa e danze nel salone spoglio da gli antiquari. Metro Quartine di doppi settenati, per lo piü con rima ABAB, taJvoita ABBA. 2 secentisti "secenteschi"; nella forma scelta da Gozzano qui e in altri luoghi, risuona anche una ca-ratterizzazione culturale di quell'e-poca; yerzura piante e fiori, 4 villa-tipo sintagrna proprio dei linguaggio pubblicitario, qui atte-stato per la priina volta. 5 Pensa "ripensa a, ricorda". 8 spoglio da gli antiquari s,po-gliato dagli antiquari che hanno comperatooggettiemobili. 9-10 Casa Ansaldo... Oddone elenco di illustri casate piemontesi, delia nobiltá e dell'alta borghesia. 11 un automobile la forma ma-schile ě testimoniata nelle prime occorrenze dei vocabolo. 12 villosi vestiti di pellicce, simbo-lo moderno della nuova ricchezza; gorgône battente della porta raffigurante il volto di Medusa, 16 canuta con i capelli bianchi, 17 tempra "temperamentu, ca-rattere". 18 opere ďinchiostro opere let-terarie, citazione dal proemio dell'Or/ando Furioso di Ariosto («Quel ch'io vi debbo, posso di parole / pagare in parte e d'opera d'inchiostro»), 21 «vender parolette» la citazione svelata nel verso successivo ěda Petrarca, Canzoniere, 360, 81 (... fu dato al'arte/da vender parolette») dove indica appunto la profe5sione di awocato. 22 baratto "barattiere, truffato-re", gazzettiere "giornalista", il termine ha una vaienza dispre-giativa. 24 sara bello tacere calcodan- tesco(/nŕ IV, 104 «parlandocose che 'I tacere ě bello»), 26 primizie primi frutti della sta-gione. 28 commendatizie raccomanda- zioni di lavoro. 31-32 «... in veritá... forti» Gonano cita un passaggio di Cosi parb Zarsthustra di Nietzsche, l'o-pera in cui il filosofo tedesco ela-borö la teoria dei superuomo; ugne "unghie". 33 grave "impegnativo". 35 ghiandaia rôca uccello dei Corvidi, con piume bianche e nere sul capo. 37 si ritolse si nprese, tradi. 39 martirio quello legato alle sof-ferenze d'amore. 40 la cuoca diciottenne con il topos dell'amore anciliare Gozzano realizza un'ironica anti-frasi dell'amore idealizzsto. 43-44 giunge... resupino Toto vive l'amore in modo passivo, come suggerisce la posizione supina. 45 sentire provare emozione e 5entimento, indomo che non puö essere controllato, inguaribile. 47 ľanalisi e il sofisma l'osser-vazione eccessivamente analitica dei reale e il ragionamento fine a stesso, arido. 49 ruine "le rovine, i ruderi"; seppero "conobbero". 50 esprimono "dannovitaa" 52 fiorita fioritura, versi conso-latori la poesia non rivela veritä, non porta oonoscenza, ma canso-la e rappresenta per gli inetti alla vita un rassicurante rifugio. Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo, Casa Rattazzi, Casa d'Azeglio, Casa Oddone, s'arresta un automobile fremendo e sobbalzando, villosi forestieri picchiano la gorgöne. S'ode un. latrato e un passo, si schiude cautamente la porta... In quel silenzio di chiostro e di caserma vive Toto Merumeni con una madre inferma, una prozia canuta ed uno zio demente. II Toto ha venticinque anni, tempra sdegnosa, molta cultura e gusto in opere ďinchiostro, scarso cervello, scarsa morale, spaventosa chiaroveggenza: ě il vero figlio dei tempo nostro. Non ricco, giunta ľora di «vender parolette» (il suo Petrarca!...) e farsi baratto o gazzettiere, Toto scelse ľesilio. E in liberta riflette ai suoi trascorsi che sarä bello tacere. Non ě cattivo. Manda il soccorso di denaro al povero, alľamico un cesto di primizie; non ě cattivo. A lui ricorre lo scolaro pel tema, ľemigrante per le commendatizie. Gelido, consapevole di se e dei suoi torti, non ě cattivo. E il buono che derideva il Nietzsche «... in veritä derido ľinetto che si dice buono, perché non ha ľugne abbastanra forti...» Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca coi suoi dolci compagni sulľerba che ľinvita; i suoi compagni sono: una ghiandaia rôca, un micio, una bertuccia che ha nome Makakita... III La Vita si ritolse tutte le sue promesse. Egli sognö per anni ľ Amore che non venne, sognô pel suo martirio attrici e principesse, ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne. Quando la casa dorme, la giovinetta scalza, fresca come una prugna al gelo mattutino, giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balza su lui che la possiede, beato e resupino... IV Toto non puö sentire. Un Lento male indomo inaridi le fonti prime dei sentimento; ľanalisi e il sofisma fecero di quest'uomo ciö che le fiamme fanno d'un ediftcio al vento Ma come le ruine che giä seppero il fuoco esprimono i giaggioli dai bei vividi fiori, quelľanima riarsa esprime a poco a poco una fiorita desili versi consolatori.., Il primü Novecento: tm modermtä, AVANGUARDIE e RINNO VA Ml* N TO V Cosi Toto Meriimeni, dopo tristi vicende, quasi ě felice. Alterna ľindagine e la rima. Chiuso in sé stesso, medita, s'accresce, esplora, intende la vita dello Spirito cke non intese prima. Perché la voce ě poca, e Parte prediletta immensa, perché il Tempo - mentre ch'io parlo! - va, Toto opra in disparte, sorríde, e meglio aspetta. E vive. Un giorno ě nato. Un gíorno morirä. 54 Alterna ľindagine a la rima altema la riflessione filosof icaalľattivitá poetica. 56 la vita dello Spirito secondo alcuni interpreti Gozzano si riferisce qui alia nuova filosofia di Benedetto Croce; secondo ahri invece si allude a una prospettiva reli-gíosa. 57 la voce é poca parafrasi delia ma5sima latina «ars longa, vita brevis». 58 il Tempo... va citazione da Petrarca, Canzoniere, 56, 3 («mentre ch'io parlo, il tempo f ugge»). 59 opra in disparte Toto é una sconfitto, non ríescea prendere parte alia vita. 60 Un giorno ě nato. Un giorno morirá citazione precisa di un verso di Francis Jammes, uno dei modelli dei poeti crepuscolari: «II est né un jour. Un autre jour il mourra». Alcuni interpreti leggono invece "un giorno" non come complements di tempo, ma come soggetto. La scuola poetica crepuscolare Sergio Corazzini INUTILE La raccolta poetica. edita presso una tipografia privata nel 1906, contiene 8 testi di Corazzini, affiancati da altri componimenti delľamico Alberto Tarchiani. Desolazione del pověro poeta sentimentale Da Piccolo libro inutile Ě questa la piú celebre poesia di Corazzini, il suo manifesto poetko: egli nega ripetutamente di essere un poeta («lo non sono ehe un piccolo fanciullo ehe piange»), ma in sostanza afferma di essere un poeta nuovo, diverso daí modeli i carducciano e dannunziano: non poeta vate, civilmente impegnato, con un solido ruolo pubblico, ma poeta "sentimentale", intimista, ripiegato su se stesso: questo il nuovo modello corazziniano, ehe emerge da una dichiarazione appa-rentemente tutta "al negativo". AhALISI DEL těsto La "maschera" dei poeta I temi: ĽiNrrrmjDiNE e ľamore írrealizzato ľa5petto formale iL gioco DELLE citazioni La poesia si articola in 5 parti dalľandamento meno spiccatamente narrativo rispetto al Cesto precedente. II personaggio deseritto dal poeta (il quale fa capolino direttamente nel testo con il richiamo a čerti versi miei), il venticinquenne Toto, un letterato vero figlio dei nostro tempo, si propone co-me parziale proiezione dello stesso Gozzano che in lui si identifica per poi pero prenderne le di-stanze. Cosi nel testo riconosciamo tasselli autobiografia nella villa ehe ricorda quella dei nonno materno di Gozzano, ehe ŕu senátore, e nella professione ehe Toto avrebbe dovuto abbracciare, quella di awocato. Dalla sua maschera pero Gozzano si allontana attraverso ľusuale irónia ehe si manifesta nella rappresentazione dei parentado giä segnato dalla decadenza fisica e mentale (la madre mala-ta, la prozia canuta e lo zio pazzo); in quella scarsa morale ehe potrebbe fare di Toto un libertino senza serupoli, sotto la quale si scopre subito una sostanziale bontä; nella scimmietta, divertita paródia delľesotismo caro agh estéti raffinati. Ciö ehe in questo gioco di identificazione e preša di distanza costituisce il terna dominante e, an-cora una volta, ľinettitudine, ľincapacitä di vivere propria di chi, dopo ehe la vita non ha saputo mantenere le promesse fatte, sceglie ľisolamento, ľesilio, la riflessione e soprattutto ľattivitä poetica ehe altra funzione non ha se non quella di consolare. Anche in questo testo ě presente il terna delľamore ehe non riesce a realizzarsí ma sfocia in un fal-limento ehe díventa simbolo delia vita ehe non puô essere vissuta: di tanú sogni rimane solo una Passiva attivitä erotica con ľenergica cuoca diciottenne. Sul piano formale il gioco ironico di Gozzano si manifesta nelľusuale scontro lessicale tra livello auiico {verzura, commendatizie, indomo, opra) e livello basso (villa-tipo, micio, bertuccia, Makakita), o tra una metafora letteraria quale la fiorita ďesili versi e la prosaica simiĽtudine delia giovane cuoca fresca come una prugna. Nei testi di Gozzano ě assai frequente la ripresa, spesso anche molto fedele, di versi di altri poeti (si ě giä detto delľinflusso esercitato dai francesi); qui pero il gioco delte citazioni (da Dante, Petrarca, Ariosto) si fa scoperto, grazie alla notorietä dei versi riutilizzati o allo svelamento at-tuato dallo stesso poeta, con un effetto chiaramente ironico. Tuttavia, il ricorso cosi frequente, e secondo alcuni critici talvolta eccessivo, alle parole altrui sembra rappresentare un'altra via per distanziarsi dalla realtä, quasi che il poetare si possa solo costruire a partire dalla Poesia, non dalla Vita. Metro Versi liberi, riuniti in otto strofe di diversa misura. 4 Silenzio ľuso delia maiuscola gli conferisceil ruolo di dWinitä. 11 angioli grafia arcaica per ange-li. 15 come uno speechio lospec-chio non ha una vita propria, ma si limita a riflettere la realtä. 19 maravigliarti forma letteraria permeravigliarti. 26 serte volte dolente probabil-mente íl poeta allude alia Madonna dei sette dolori. I Perché tu mi dici: poeta? Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange, Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio. Perché tu mi dici: poeta? II Le mie tristezze sono pověře tristezze comuni. Le mie gioie furono semplici, semplici cosi, che se io dovessi confessarle a te arrossirei. Oggi io penso a morire. III Io voglio morire, solamente, perché sono stanco; solamente perché i grandi angioli su le větráte delle cattedrali mi farmo tremare ďamore e di angoscia; solamente perché, io sono, oramai, rassegnato come uno speechio, come un pověro speechio melanconico. Vedi che io non sono un poeta: sono un fanciullo triste che ha voglia di morire. IV Oh, non maravigliarti della mia tristezza! E non domandarmi; io non saprei dirti che le parole cosi vane, Dio mio, cosi vane, che mi verrebbe di píangere come se fossi per morire. Le mie lagrime avrebbero 1'aria di sgranare un rosario di tristezza davanti alla mia anima sette volte dolente 219 B///.7+.+//677...5B il primo novecento: tra modernita, avanguardie e rinnovamento ma io non sarei un poeta; sarei, semplieemente, un dolce e pensoso fanciullo cut awenisse di pregare, cosi, come canta e come dorme. Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesú. E i sacerdoti del silenzio sono i romori, poi che senza di essí io non avrei cercato e trovato il Dio. VI Questa notte ho dormito con le máni in croce, Mi sembró di essere un piccolo e dolce fanciullo climenticato da tutti gli umani, pověra tenera předa del primo venuto; e desiderai di essere venduto, di essere battuto di essere costretto a digiunare per potermi mettere a piangere tutto solo, disperatamente triste, in un angolo oscuro. 30 mi comunico... come di Gesú come il íedele per mezzo dell'Eucarestia assume in sé il cor-po di Crista diventando con lui una sola cosa, ugualmente il poeta co-munica con il silenzio, sua divinitá (cfr. nota al v, 4); cotidianamente dal latino cof/ďe. 38 battuto "picchiato". 44 sfogliarsi "perdersi. svanire". 55 Amen il "Cosi sia" che chiude ogni preghiera. U DIMENSIONE RELIGIÖS. VII Io amo la vita semplice delle cose. Quante passioni vidi sfogharsi, a poco a poco, per ogni cosa che se ne andava! Ma m non mi comprendi e sorrídi. E pensi che io sia malato. VHT Oh, io sono, veramente malato! E muoio, un poco, ogni giorno. Vedi: come Ie cose. Non sono, dunque, un poeta: io so che per esser detto: poeta, conviene viver ben altra vita! Io non so, Dio mio, che morire. Amen. Analisi del Testo Una poesia dimessa e dfscorsiva La poesia e doniinata da un tono dimesso, tanto che ci sembra di avere di fronte una prosa dispo-sta in membretti separati. La stntassi e lineare, i periodi brevi, senza inversioni e le due consecutive ai w. 8,22-23 accentuano l'andamento discorsivo. E tessuto poetico e mantenuto compatto mediante il ricorso a frequenti riperizioni di suoni e parole. Notiamo innanzitutto l'insistenza sul pianto (w. 3, 23, 40) ribadita dalle lagrime dei w. 4 e 24; a questi si aggiunge: la tristezza (w. 6, 18, 19,25, 41), l'angoscia (v. 13), la malinconia (v. 16), la stan-chezza (v. 10), il dolore (v. 26), la malattia (w. 47,48), la morte (w. 9,10, 18,23, 49). Tutti dementi tipici di Corazzini e della poesia crepuscolare in genere. Nefi'imrnagine centrale della poesia, quella del piccolo fanciullo che ptange, si traduce la volontä dell'autore di distaccarsi dal poeta vate, che riserva per se un ruolo attivo nella vita del suo tempo (cfr. Carducci, D'Annunzio e anche un certo Pascoli), riconoscendo in se stesso un inetto, che ri-fiuta la condivisione della realtä quotidiana. 220 La scuola poetica crepuscolare ě tipico di Corazzini il ricorso "serio" a immagini religiose (che invece, per esempio, Palazzeschi distorce in chiave dissacratoria e parodistica); non solo i grandi angioli I su le vetrate delle cattedra-li, ma anche il rosario di tristezza, I'anima sette volte dolente, il poeta che si comunica del silenzio [...1 come di Gesü, i romori che sono /' sacerdoti del silenzio, le ?nani in croce, Y Amen conclusivo che conferisce alľintero testo il valore di preghiera. In Corazzini infatti la consapevolezza della propria inutilitä anziehe essere rícoperta dal velo d'ironia (come in Gozzano), trova nella dimensione reli-giosa il proprio tono espressivo. II poeta, se da una parte si sente un fallito, dalľaltra riesce a sco-prire, come scrive S. Solmi, «una musica sfatta ed esangue di parole e immagini che ě lo stesso re-spiro, la vibrazione piu spontanea e adeguata». Anche Corazzini, come giä detto a proposito di Gozzano, ricorre con estrema frequenza alia cita-zione dei poeti da lui scelti come modelh, in particolare dei simbolisti francesi e fiamminghi, co-nosciuti direttamente o attraverso la mediazione della fortunatissima antológia Poetes d'aujord'hui di Van Bever e Léautaud (1900). Di questo terna si ě occupato in particolare F. Livi, che ha tra ľaltro individuato in Desolazione del pověro poeta sentimentale alcune interessanti fon-ti simboliste. Cosi i w. 1-5 rinviano a Francis Jammes, un poeta particolarmente caro a Corazzini, che, a sua volta - secondo la testimonianza di un amico - avrebbe molto stimato il poeta romano, Si tratta dei versí da Les Dimanches (Le domeniche): «Penser cela, est-ce étre poete? / Je ne sais pas. Qu'est-ce que je sais? Est-ce que je vis? Est-ce que je reve?» ("Pensare questo vuol dire essere poeta? Non lo so. Che cosa so? Sono forse vivo? Sto forse sognando?"). I w. 10-16 invece sono citazioni da G. Rodenbach, Cloches du Dimancbe (Campane domenicali): «Et douceurs pour les yeux de retrouver encor / dans les vitraux profonds qui sont des jardins d'or / ou des anges, vétus de lin, tiennent des palmes / et de rigides lis comme des jets d'eau cal-me». ("E una dolcezza per gli occhi ritrovare ancora nelle alte vetrate i giardini d'oro dove gli an-geli, vestiti di lino, tengono le palme e i rigidi gigli come getti d'acqua calma"). E confronta anche A. Samain, Soirs (Sere): «Quelque part une enfant douce doit mourir... / O mon ange mets un signet au livre des heures, / l'Ange va recuellier le rěve que tu pleures...» ("Da qualche parte un dolce fanciullo deve morire... II mio angelo mette un segno nel libro delle ore, l'Angelo va raccogliendo il sogno che tu piangi"). Marino Moretti II volume mondadoriano di Tutte le poesie nel 1966 riorganizza con fitta elabo-razione variantistica le raccolte giovanili di Moretti, piú la sezione inedita Diano senza le date. La lirica che segue deriva dalla raccolta // giardino dei frutti (Ric-ciardi, Napoli 1916). Da Tutte le poesie A Cesena ě uno dei piü noti componimenti di Moretti crepuscolare, II poeta ě in vista dalla giovane sorella, sposatasi di recente, completamente assorbita nel nuovo ruolo, tra qualche bega domestica e qualche malumore: uggiosi senti-menti rispecchiati dalla pioggia continua, malinconico sfondo alia scena. Una traccia pascoliana si pud reperire nella gelosia, peraltro appena accennata, con cui il poeta guarda alia nuova vita familiäre della sorella, gelosia manifestata nell'ultimo verso {si osservi, isolato); «E I'anno scorso eri cosi bambina!», che esprime insieme nostalgia e un pudico sentimento di esclusione. 221 499999414 Il primo Novecento; tra modernita, avancuardie ľ rinnovamento Piove. E mercolerjí. Sono a Cesena, ospite della mia sorella sposa, sposa da sei, da sette mesi appena. Batte la pioggia il grigio borgo, lava la faccia della casa senza posa, schiuma a pié delle gtonde come bava. Tu mi sorridi. Io sono triste. E forse triste ě per te la pioggia cittaciina, il nuovo amore che non ti soccorse, il sogno che non ti awizzi, sorella che guardi me con occhio che s'ostina a dirmi bella la tua vita, bella, . bella! Oh bambina, o sorellina, o nuora o sposa, io vedo tuo marito, sento, oggi, a chi dici mamma, a una signora; so che quelľuomo ě il suocero dabbene che dopo il lauto pasto ě sonnolento, il babbo che ti vuole un po' di bene. «Mamma!» tu chiami, e le sorridi e vuoi ch'io sia gentile, vuoi ch'io le sorrida, che le parli dei miei viaggi, poi... poi quando siamo soli (oh come piove!) mi dici rauca di non so che sfida corsa tra voi; e dici, dici dove, quando, come, perché; ripeti ancora quando, come, perché; chiedi consiglio con un sorriso non piu tuo, di nuora. Parli d'una cognata quasi avara che viene spesso per casa col figlio e non sai se temerla o averla cara; parli del nonno ch'ě quasi al tramonto il nonno ricco del tuo Dino, e dici: «Vedrai, vedrai se lo ferro di conto»; parli della cittä, delle signore che giä conosci, di giorni felici, di liberta, d'amor proprio, d'amore. Piove. E mercoledi. Sono a Cesena, sono a Cesena e mia sorella ě qui, tutta d'un uomo chio conosco appena, tra nuova gente, nuove cure, nuove tristezze, e a me paria... cosi, senza dolcezza, mentre piove o spiove: Metro Terzine di endecasillabi, cheil sistema delle rime raggmppa a due a due, poiché la rima centrale ě comune a ogni coppia: ABA, CBC, DED FEF , ecc, Conclude un verso isolato che si lega al verso centrale della terzina precedente. 222 1 Piove... Cesena i verso iniziale, discorsřvo e interrotto da fořti pause interne, ě ricavato, come registra Mengaldo, da un verso bel poeta post-simbolista belga Georges Rodenbach (1855-98): «rrátesse;/e suis seul; ťest diman-che; ilpleuvine» ("Tristezza; sono solo, e doinenica, pioviggina"). Ma dal punto dí vista della soluzio-ne ritmlca, la scansíone delľende-cesillabo in tre segmenti rirwia a moduli trimembri frequenti in Pascoli (secondo quanto ha osser-vato Giuseppe Nava, autorevole studiosa di Pascoli e anche dei rapport tra Pascoli e Moretti). «La mamma nostra t'avrä detto che... E poí si vede, ora si vede, e come! si, sono incinta... Troppo presto, ahimé! Sai che non voglio balia? che ho speranza ďaUattarlo da me? Cerchiamo un nome... Ho fortuna, e una buona gravidanza...» Ancora parli, ancora parli, e guardi le cose intorno. Piove. S'awicina 1'ombra grigiastra. Suona Tora. E tardi. E ľanno scorso eri cosi bambinal Analisi del Testo Il quadro ambientale e sentimentale La forma: monotonia e ripeti2i0ni Ľimpianto delia poesia é prosastico e minutamente narrativo. Vi si deserivono con lineare sempli-citä, volontaria monotonia e con forte presenza di lingua padata (anche grazie a segmenti di dialo-go) i particolari di una sítuazione domestica e borghese. II primo verso espone con precisione le coordinate essenziali: condizioni climatiche (Piove), cro-nologiche (E mercoledi); geografiche (Sono a Cesena). I due verši successive della prima terzina completano il quadro, specificando meglio ľambiente e introducendo la protagonista: la sorella, sposatasi da pochi mesi. La piecola e pressoché insignificante «narrazione» é un acuto ritratto di una vita borghese tra sentimenti buoni e meno buoni: piecoli dissensi, questioni di denaro, appa-rente felicita coniugale e insoddisfazioni latenti. Prevale una disereta ma insistente malinconia. JJ testo é costruito su continue ripetizioni, anche alio seopo di riprodurre - sullo sfondo monoto-no delia pioggia - il non meno monotono cícaleccio della conversazione tra la sorella e il poeta. Si noti che il v. 1 torna uguale al v. 37, primo di una terzina che, nella parzíale identita, introduce pero il terna della "diversitä" della sorella sposata, lasciando aleggiare tra le righe la trattenuta ge losia del poeta (tutta d'un uotno cb'io conosco appena, v. 39) (e la parola Cesena attrae in rima appena, come giä ai w. 1 e 3), U tetro cadere della pioggia é ľelemento piú soggetto a ripresa (cfr. w. 1, 4-6, 8, 22, 37, 42, 50): questa insistenza da un lato rafforza la monotonia tematica del testo e la «malinconia» crepuscola-re, e dall'altro lato puô far pensare a un dimesso e ironico controcanto della celebre lirica dannun-ziana di Alcyone, La pioggia nel pineto, dove ľelemento della pioggia era rípetuto con estrema sa-pienza. Un altro elemento replicatissimo é il verbo parlare (w. 28, 31, 34, 41, 49) che sottolinea la conversazione-monologo delia sorella (il poeta race quasi del tutto, e osserva). Le frequenti ripetizioni hanno spesso anche funzione abilmente mimetica del parlato quotidiano: bella la tua vita, bella,/bella!,w. 12-13; e le sorridi q vuoi í ch'io sia gentile, vuoi ch'io le sorrida, w. 19-20; e did, did dove, / quando, come, perché; ripeti ancora / quando, come, perché, w. 24-26; E poi si vede, ora si vede, v, 44. 223