guerra, dopoguehra, secondo novecento Le traduzioni e gli scritti in prosa Montale firmô anche numerose traduzioni di testi poetici stranieri (da Shakespeare, Blake, Joyce, Yeats, Eliot, Guillen e altri), che sono state raccolte nel Quaderno di traduzioni, uscito nel 1948 (Edizioni della Meridians, Miláno) e riedito, con qualche aggiunta, da Mondadorinel 1975. Per quanto riguarda la prosa, cHstinguiamo innanzi tutto la prosa di fantasia dalla prosa critica o di riflessione (di tipo latamente filosofico e sociologico), Alia prima categoria appartiene Farfalk di Dinard (Neri Pozza, Venezia 1956 e successive edizioni Mondadori, lie-Vemen le ampliate), che riunisce brevi racconti usciti sul "Corriere della Sera" e sul "Corriere d'Informazione" a partire dal 1946, e Fuori di casa (Ricciardi, Milano-Napoli 1969), raccolta di alcuni articoli scritti da Montale in quanta di "inviato speciále" usciti sul "Corriere della Sera". Nei racconti del primo volume, a cavallo tra autobiografia e poesia (Segre), sono riconoscibili alcuni těmi che awici-nano la raccolta alia coeva Bufera (in cui sono peraltro presenti due prose), cosi come la scelta frequente del pae-saggio ligure rinvia agli Ossi, mentre a Satura fa pensare il tono antilirico, lieve e necessariamente piú disteso. Nei reportage raccolti in Fuori di cam «la pendenza ě maggiore verso il coté dell'uomo Montale» (Mengaldo), che park di awenimenti reali di cui ě testimone. In Auto da fé (1966) sono invece riuniti poco meno di cento articoli e interventi sulla cultura {ideológia, poesia, arte, musica) e sul costume contemporanei, per lo piu attraver-sati da una condanna senza appello nei confronti della cultura di massa (il titolo richiama alia solenne cerimonia pubblica con cui, in Spagna, l'inquisitore emanava le sen-tenze, e allude quindi al "rogo" in cui ľautore brucia le proprie opinion!, dando cosi a esse una forma definitiva e contemporaneamente distaccandosene per sempre), Assai rilevante, da un punto di vista sia qualitative sia quantitative, ě ľattívitä di Montale critico letterario, attento recensore di poeti e pro-satori sia italiani sia stranieri: i testi rivelano ľintuito del grande critico che sa riconoscere, spesso con largo antici-po, ľoriginalitä di poeti e scrittori. Gli articoli, dopo una prima selezione pubblicata nel volume Sulla poesia (Mondadori, Milano 1976) sono stati recentemente raccolti in-tegralmente in due volumi (cfr. ancora la Bibliografia). Il volume di Vrime alia Scald (a cura di G. Lavezzi, Mondadori, Milano 1981), inflne, raccoglie gran parte delle re-eensioni musicali (a opere liriche rappresentate per lo piu al Teatro alia Scala di Milano, concerti, balletti) scritte ne-gli anni cinquanta e sessanta. Metro Versi liberi raggruppati in quattro strofe (rispettivamente di 10,11,15 e 13 versi). Lp misura dei versi ě varia: i piü frequenti sono gli endecasillafai e i settenari; raolti dei versi lunghi sono parzialmente riconducibili a una misura tradizionale in quanto arieggiano il verso martelliano (doppio settenario). Per il gioco delle rime e quello, piü ínsistíto e raŕfinato, delle assonanze e dei légami fonici, cfr. Analiú dehesto,?. 131 lt< OSSI DI SEPPIA Pubblicata a Torino da Piero Gobetti nel 1925, la raccolta comprende testi ela-borati tra il 1920 e il 1925 (con la sola eccezione di Meriggiare paflido e assor-fo, che risale al 1916), in parte gia apparsi in rivista. Nel 1928 e&ce una secon-da edizione, sempre a Torino ma questa volta presso i fratelli Ribet, con prefa-zione di Alfredo Gargiulo, che vede I'aggiunta di sei poesie composte tra il 1926 e il 1927: si tratta di Vento e bandiere, Fuscello teso dal muro, I morti, Delta, Incontro, Arsenio; risulta invece espunta Musica sognata (che sara poi recuperata in una riedizione del 1977). Nel 1931 la raccolta viene pubblicata in terza edizione a Lanciano, presso Carabba, con i medesimi testi in una struttura che e ormai quella definitive. Le successive edizioni, un'anastatica presso Carabba e poi numerose altre prima presso Einaudi, quindi, dal 1948, presso Mondadori, presentano solo lievi varianti: nella quinta edizione del 1942 vengono eliminate le dediche che accompagnavano le sezioni e akune liriche (ad Adriano Grande, a Emilio Cecchi, a Bobi Bazlen, a Sergio Solmi, ad Angelo Barile), in analogia, spiega Montale, con le Occasion! «che e un libro pieno di dediche taelutes, I limoni Da Ossi di seppia Scritta probabilmente nel 1921 e rielaborata nel 1922, la poesia, che apre la sezio-ne Movimenti, costituisce una dichiarazione di poetica che ben rappresenta una delle linee di lavoro piü innovative degli Ossi: una poetica antieloquente, che con-trappone al sublime, all'artificioso e al retorico (tutti elementi dietro cui si puö scorgere una polemica antidannunziana: cfr. Analisi del testo) la piü dimessa ade-sione aIIa realtä quotidiana, elementare, di cui si fa simbolo l'odore dei limoni. 129 GUEltRA, dopoguerra, secondo NOVECENTO Ascoltami, i poeti laureáti si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco ušatí: bossi ligustri o acanti. Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze ehe seguono i ciglioni, díscendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni, Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall'azzurro: piú chiaro si ascolta il susurro dei rami amici nelľaria eke quasi non si muove, e i sensi di quest'odore ehe non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo taee la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricehezza ed e I'odore dei limoni. Vedi, in questi silenzí in cui le cose s'abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, ľanello ehe non tiene, íl filo da disbrogliare ehe frnalmente ci metta nel mezzo dí una veritä. Lo sguardo fruga ďintorno, la mente indaga accorda disunisce nel profumo ehe dilaga quando il giorno piú languisce. Sono i silenzi in cui si vede in ogni ombra umana ehe si allontana qualche disturbata Divinitä. Ma ľillusione manca e ci riporta il tempo nelle cittä rumorose dove ľazzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase, La pioggia stanca la terra, di poi; s'afíolta il tedío delľinverno sulle case, la luce si fa avara - amara ľanima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra glí alberi di una corte ci si mostrano í gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci serosciano le loro canzoni le trombe ďoro delia solaritä. Eugenic- Montale 1 Ascoltami... ('imperative, rŕvol-to a un interlocutore ehe rimane indeterminate (come aceade spes-so nelle poesie di Montale), ha un tono familiäre che si opponevolu-tamente al tono enfatico delia fonte dannunziana facilmente ricono-scibile (la famosa Pioggia nel pine-to, delia quale in una poesia di Setura, Piove, Montale fara un'a-perta paródia; cfr. p. 152); laureáti "incoronatí di alloro", sim-bolo delia gloria poetica, del rico-noscimento pubblico del valore deila poesia. 4 riescono "portano". 7 sparuta "di piccoJe dimensioni". 5 ciglioni Mentale allude agli orli dei fossi o forse, piü probabilrnen-te, alle sponde delle "terrazze" ti-piche delia costa ligure. 10 mettono "sboccano, immetto-no". 12 dalľazzurro del cielo e del mare. 13 susurro gratia meno consueta e piü vicina alia fonte latina (susur-rus) del piů comune "sussurro". 15 i sensi di quest'odore le sen-sazioni suscitate dalľodore dei limoni (si intenda: "si sentono piů trhíari"; la concordanza con il v. 13 é a senso e per sinestesia). 17 piove qui ě usato transitiva-rnente e vale ,Jfa piovere" (il sog-getto é quest'odore del v. 15). 18 divertite "sviate, allontanate" (e un prezioso latinismo). 20 noi poveri noi poeti ehe can-Tiamo cose umili e comuni, in con-trapposizione ai poeti laureáti. 25-29 talora... veritä in questi momenti talvoita ci aspettiamo di trovare un anello rotto nella catena esistenziale ehe ci lega, e di po-tere quindi uscire dalla «disarmo-nia» e dalľimmutabile angoscia delia nostra vita, speriamo di individuate il filo ehe possa disbrogliare la matassa, il groviglio esisten-ziale, e mostrarcene il senso vera. 37 ľillusione manca ľillusione di cogliere il senso vero delle cose svanisce. 39 cimase "comidoni"; la rima cimase: case (v. 41) e pascoliana e gozzaniana (cfr. La signorina Felicita, w. 19-22, volume 7, p. 206). 40 s'affolta "siaddensa". 42 avara scarsa per durata (in i n-verno il buio scende presto) e intensita. 46 il gelo del cuore la tristezza ehe ľinverno ha portato nelľani-ma; sisfa "sidisfa.síscioglie". 47-49 e... solaritä il giallo dei limoni, contrapposlo al grigiore delľinverno, ricorda la luminositá del sole e delľestate; serosciano "fanno risuonare" (con uso transi-tivo; il soggetto é costituito dalle trombe ďoro oelľultimo verso). analisi del těsto l'opposizione DiAurmcA A D'Annunzio U unea ligure U 5CELTE formal! Nucleo tematico fondamentale delia poesia ě la contrapposizione alia poetica solenne e magnílo-quente dei poeti laureáti, D'Annunzio in testa, delia propria poetica aderente a una realtä piú umi-le, quotidiana e piú "vera". Giä a partire dai Limoni ľopposizione a D'Annunzio (ě lui, a quell'epoca, il "poeta laureato" per eccellenza) ě un'opposizione dialettica, o piuttosto un "attraversamento": Montale oppone i limoni a bossi, ligustri e acanti, ma ricorre a non pochi preziosísmí lessícali, quali riescono, susurro, piove (usato transitivamente), divertite, cimase, s'affolta (verbo di chiara derivazione dannunziana, come ha mostrato Mengaldo). Opposizione dialettica, quindi, e non contraddizione con i propri principi: gli aulicismi sono sempře adottati da Montale al fine di raggiungere un'assoluta precisione e nitidezza semantica, e iden-tica motivazione ha ľuso di dialettalismi e di tecnicismi. Altro nodo tematico ě la concezione dolorosa delľesistenza come catena, susseguirsi inevitabile di fatti dei quali non comprendiamo il senso, illuminata solo dalla speranza (razionalmente debolissi-ma) di poter afferrare D. hlo delia matassa, il vero signifícato delia vita. Siamo molto vicini al leo-pardiano «male di vivere», con la differenza ehe il pessimismo di Montale non ě piú eroico ma, come sottolinea Curi, rivela tutta la frustrazione deU'intellettuale novecentesco. Questa poesia ci offre due esempi conereti dell'importanza delia "linea ligure" nella poesia monta-liana, soprattutto degli Ossi. La prima strofa sottintende probabilmente la memoria di La musa mia, una lirica di Angiolo Silvio Novaro, direttore delia "Riviera Ligure" insieme con il fratello Mario e poeta (ramose le sue rac-colte poetiche dedicate alľinfanzia); «La musa mia schiva le strade / rettilinee e polverose / ehe la folia variopinta invade, / ma ricerca i viottoli foresi / bordati di ramerini e di rose / di tutti i mesi / ehe rampícano in collina». Nell'autografo dei Limoni conservato nel Centra Manoscritti deU'Universítä di Pávia, accanto al v. 20 si legge ľannotazione a matita (cancellata ma ben leggibile) «C. Sbarbaro», ehe ci autorizza a rinviare, per questo verso (qui tocca anche-a noi poveri la nostra parte di riechezza) e dintorni, a un passo dei Trucioli di Sbarbaro (raccolta di prose liriche, 1920): «Sono in faccia alia gioia come il mendicante minaccioso davanti alia casa onďescono suoni e luci. // Difendo questo mio atteggia-mento come ľunica nechezza. [...] Tanto grigia ě la mia vita, la mia poesia tanto povera, ehe il piú buio sfondo le conviene». Anche il v. 17 (e piove in petto una dolcezza inquieta) rimanda a un passo dei Trucioli: «Píoveva dalle cose indistinte intorno una dolcezza ehe mi strango!ava» (il calco ci pare preciso, a livello sia semantico sia lessicale, con la ripresa perfíno delľuso transitivo di piovere). Inŕine, qualche osservazione sulla sintassi e sul metro: la sintassi ě abbastanza lineare, tuttavia con una particolare insistenza sull'anastrofe, sempre funzionale alia messa in evidenza delia singola parola poetica: per esempío, agguantano i ragazzi (v. 6), piu chiaro si ascolta il susurro (v. 13)ř ci riporta il tempo (v. 37). Analizzando il metro, abbiamo giä messo ľaccento sulla sostanziale regolaritä o comunque ten-denza alia regolaritä dei versí (per esempio, i versi lunghi ehe assumono piú o meno approssi-mativamente la struttura del doppio settenario). Rientra nell'ambito delia sostanziale adesione alia tradizione anche ľuso delia rima: sono impli-cati in rima venti versi su quarantanove (w. 8, 10, 12, 13, 16, 18, 19, 21, 25, 28, 29, 31, 33, 36, 39, 41, 45, 46} 48, 49). Ma a queste rime perfette vanno aggiunte, oltre alle rime interne (per esempio dolcezza: riechezza, w. 17 e 20), anche le rime imperfette e i forti légami fonici ehe uni-scono due parole in punta di verso (e quindi hanno un valore simile a quello delia rima): piante: acanti; anguILLa: ucceUJ; muove: odore\ pORTonE: cOR'i'E ecc. H livello fonico-timbrico ě molto eurato in tutta la poesia (e lo sarä poi sempre nella poesia monta-liana); ci limitiamo quindi a un solo esempio, sintomatico in quanto macroseopico, rappresentato dal v. 42: la luce si fa avara - amara ľanima, dove avara e amara differiscono solo per una consonants, e hanno un legame fonico anche con AnzmA. guerra, dopoguerra, secondo novecento Non chiederci la parola... Da Ossi di SEPPiA La poesia apre la sezione Ossi di seppia, dalla quäle prende il titolo l'intera raccolta, ed e divenuta uno dei maggiori emblemi della poetica "negativa" di Montale: il poeta non ha certezze da rivelare o da ribadire, e la con-sapevolezza di cid costituisce l'unico messaggio - in negativo, appunto - di questi ver5i. A essi si puö dare anche un'interpretazione latamente politi-ca: siamo negli anni nei quali si sta affermando il tascismo, e il messaggio di Non chiederci la parola... e anche rivolto contro l'enfasi e le false certezze del regime. Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah Puomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, si qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciö che non siamo, ciö che non vogliamo. AnALISI DEL těsto Metro Tre quartine di versi di varia misura, con prevalenza di endecasülabi'fw. 3, 4,8,11,12); i versi lunghi sono doppi settenari' perfetti (w. 2,10) o con ipermetria del primo emistichio (w. 1,9). Lo schema rimico ě il seguente: ABBACDDCEFEF; si noti la rima ipermetra amico; canicola (w. 6-7). 1 che squadri da ogni lato che cono-scaedefinisca in termini nettiesicuri. 2 informe che non ha certezze positive; di fuoco " chiare e indeiebili". 3 croco genere di piante erbacee cui ap-partiene lo zafferano, dal colore giallo. 5-8 Ah... muro! il soggetto della quar-tina ha sicurezze, si sente in armonia con se stesso e con gli altri, e non ha paura delle ombre (con tutto quello che di in-quietante esse possono suggerire). E in-somma I'esatto opposto del poeta. 9 la formula... aprirti la formula che possa illuminare il sertso della realta, o dare comunque delle certezze. 10 storta sillaba e secca una poesia antieloquente, che non ha verita da rivelare, non pud che avere una forma scarna ed essenziale. La poetica degli oggetti La poesia, che costituisce una precisa dichiarazione di poetica, vede affiancata la sentenziositá tipi-ca degli Ossi, dove spesso appare la riflessione gnomica, alla rappresentazione del pensiero attra-verso una poetica degli oggetti. Ecco dunque il muro, un'immagine ricorrente nella poesia di Montale dove ě destinata a rappre-sentare la necessitá, la costrizione, il limite che domina la vita delTuomo. Accanto a questo muro, si badi, scalcinato, troviamo il polveroso prato, la canicola, il ramo secco e storto: elementi connotati da una negativita che viene ribadita dalla ripresa anaforica del non al primo e al nono verso, rad-doppiato nel verso finále. In contrapposizione a questi elementi si stagliano le lettere di fuoco, il luminoso croco, la formula che disvela: aspetti positivi che appartengono pero solo a un'illusione che il poeta non puó fare propria. Ě importante sottolineare che il dettato negativo non si accompagna mai a un atteggiamento di superiore distacco: non solo al poeta non viene piú riconosciuto alcun privilegio, ma Montale «rífiu-ta di trasformare la sua coscienza del negativo in un valore assoluto, in una veritá definitiva e riso-Iutiva» (Ferroni). Euoenio Montale Spesso il male di vivere ho incontrato Da Ossi di seppia Metro j)ue quarrine di etidecasilkbi, tranne 1'ultimo verso (settenario sdrucciolo 4-setterario piano), con il seauente schema rimico: aBbacdda. fl v. 5 e irrekto, ma pradigio e legato da una rima interna jmperfetta a meriggio (v. 8). 2 strozzato un ostacolo impedi-sce at ruscello di fluire liberamen- te 5 seppi "conobbi". 6 che... Indifferenza c/re potrebbe essere complemento oggetto, ma potrebbe anche essere soggetto; la stessa ambiguita {voluta) in-veste owiamente anche \'!nďíf-ŕerenza, detta divina perché propria degli déi {ma potrebbe anche voler dire "dono degli déi"). II male di vivere puô essere non annul-lato, ma almeno attenuate dall'in-differenza, che porta a un distacco dalla cealtä e quindi dal dolore. 7-8 statua... nuvola... falco sim-boleggiano ľimmobilitä e quindi I'indifferertza. Questa poesia, che appartiene alia sezione Ossi di seppia, e una delle plü felici e famose espressioni della dolorosa concezione esistenziale montaliana, che tanto deve a Leopardi: il «male di vivere» discende direttamente da un desolato emistichio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (v. 104: «... a me la vita e male»). Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era ľincartoccíarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. Analisi del Testo Struttura e tessuto fonetico ale di Tra componente assertiva e descrittoa La struttura della poesia ě nettamente bipartita: nella prima quartina, alľaffermazione del male vivere (v. 1) seguono tre oggem-simbolo a esso relativi (il rivo strozzato, la foglia riarsa che si accar-toccia, il cavallo stramazzato); nella seconda quartina, alľaffermazione positiva del valore dell'in-differenza (w. 5-6) seguono tre oggetti-simbolo che Ie si riferiscono: la statua nel sonnolenro meriggio (ora topica degli Ossi), la nuvola, il falco. II contrasto fra il male di vivere e il bene si rispecchia nel contrasto fra la prospettiva "verticale" che accomuna la statua, la nuvola e il falco {alto levato) e la prospettiva opposta Ln cui si collocano il rivo, la foglia, il cavallo stramazzato. Ha probabilmente lo stesso significato lo stacco netto fra i suoni chiari e distesi della seconda quartina (in particolare dell'ultimo verso: ... la nuvoLA, e il fALco ALto LevAto) e i suoni invece aspri della prima quartina: incaRTocciaRsi, riaRSa, STRozzsxo (che torna quasi per intero in STRamazzato). Ancora una volta, per I'uso di suoni aspri il maestro ě Dante; e anche // rivo strozzato che gorgoglia sottende probabilmente la memoria di «quest'inno si gorgoglian nella stroz2a» da Inf. VII, 125 (Bonfiglioli). In questa lirica ě particolarmente evidente la compresenza della componente «assertiva» e di quel-la «descrittiva» (per usare la terminológia di Contini), poiché all'oggetto simbolico si accompagna la "spiegazione" dello stesso: Spesso ilmale di vivere ho incontrato: I era il rivo strozzato... / era I'in-cartocciarsi della foglia I riarsa, era il cavallo stramazzato. Siamo cioě ancora lontani dalla poetica del «correlativo oggettivo» (con eliminazione della componente «descrirtiva») che sarä attiva nelle Occasioni (cfr. p. 138 ss.). 132 133 GlíERRA, DOPOGUEHKA, SECONDO NOVECENTO Eugenio Mont ale Forse un mattino DA Os$I Dl sěppia II poeta riesce a cogliere, per un attimo brevissimo, la veritá e cioé il nulla su cui solo illusoriamente, come sopra uno schermo cinematografíco, si proiet-tano le immagini che a noi paiono reali. Ě la scoperta, come ha suggerito lo scrittore Italo Calvino in una intensa lettura della liriea (ora in Saggi. 1945-1985, Mondadori, Milano 1995), «della irrealtá del mondo» che costringe l'uomo a "barcollare senza piú punti di rÍferimento». Ě un segreto che dona al poeta una consapevolezza che lo rende diverso da tutti gli altri uomini che continuano a guardare e a credere con ingenua fiducia alla realtá appa-rente (come 1'uomo che «l'ombra sua non cura» di A/on chiederci !a parola..., cfr. p. 132). La poesia appartiene alla sezione Ossi di seppia. Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrö compirsi il miracolo: ü nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco. Poi come s'uno schermo, s'aceamperanno di gitto alberi case colli per l'inganno consueto. Ma sarä troppo tardi; ed io me n'andrö zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto. Metro Due quartine a rime alterne (con un caso di ipermetria al v. 2 miracolo: ubriaco) formate da un verso inlziaJe di tredici sillabe, seguito da un settenario + un ottonario (v. 2), da endecasilkbi (w. 3-4), da alessandrini (w. 6-7), e da due versi di quindici sillabe (w. 5-8). Cinque versi sono sdruccioli. 1 Forse I'ipotesi con cui si apre il primo verso segna I'intero compo-nimento; aria di vetro cristalli-na. 2 compirsi "realizzarsi". Analisi e Approfondimenti. montale ed eliot L'rNCONTRO tra t DUE POETt U TEÓRIA del «CORRELATIV0 OGGETTTVO» Montale conobbe a Londra, nel 1948, il poeta Thomas Stearns Eliot (1888-1965), americano di nascita ma inglese per scelta (lasciati gli Stati Uniti, a Londra visse gran parte della sua vita; cfr. volume 7, p. 361 ss.): nel raccontare l'incontro con «il piú grande poeta», in una prosa del 1950, ce lo descrive come «un distinto signore magro e sbarbato, di etä incerta fra i cinquanta e i sessanta, un tipo piú di clergyman che di professore [...] dalľaspetto aristocraticamente neutro di uomo della strada», riconoscendo in lui la sua stessa immagine di poeta, molto "borghese", lontano dalla tradizione "illustre". I due poeti avevano, inconsapevolmente, iniziato a incrociare i loro passi nel 1925 quando usciro-no i Poems (Poemi) di Eliot - che nel 1922 aveva giä pubblicato il poemetto The Waste Land (La terra desolata), uno dei vertici della poesia novecentesca - e gli Ossi di Montale. Nel 1928 si ha il primo "incontro a distanza": sulla rivista di Eliot "The Criterion" apparve la poesia Arsenio di Montale, nella traduzione di Mario Praz. Nel 1929-30 Montale continue a frequen-tare le pagine di Eliot traducendo A song for Simeon (Canto di Simeone), La figlia che piange e Animula, iniziando cosi «una lunga convivenza» ideale in cui Eliot agi sulla sua poesia e sulla sua poetica fino a Saturn e oltre (Laura Barile). NeWIntervista immaginana del 1946 (cfr. p. 156 ss.) Montale sosterra, erroneamente, che all'altez-za cronologica del loro primo "incontro a distanza" sulle pagine di "The Criterion", Eliot non avesse ancora elaborato quella teória del «correlativo oggettivo» che costituisce uno dei piú ŕorti légami tra lui e il poeta di lingua inglese. In realtá Eliot aveva enunciato la sua celebre teoria in un saggio del 1919, dal titolo Hamlet and his problems (Amleto e i suoi problemi) in questi termini: «L'unico modo per esprimere un'emozione in forma ďarte consiste nel trovare un correlativo og-gettivo; in altre parole, una serie d'oggetti, una situazionef una catena di eventi che costituiranno la formula di quella particolare emozione, cosicché, quando siano dati i fatti esterni, che devono con-cludersi in un'esperienza sensibile, ľ emozione ne risulti immediatamente evocata». E di tale poetica, che vede tra ľemozione e ľoggetto un legame meno immediato rispetto a quello che si crea nelľuso del simbolo (ma senza la necessaria mediazione intellettuale richiesta dalľalle-goria), Eliot si serve anche per leggere alcuni autori del passato e in particolare Dante. Si tratta di una poetica che Montale riprende nelíe Occasioni e che čosi definiva nella giä citata Internista immaginaria del 1946: «Ammesso che in arte esista una bilancia tra il di fuori e il di dentro, tra ľoccasione e ľopera-og-getto bisognava esprimere ľoggetto e tacere ľoccasíone-spinta. Un modo nuovo, non parnassiano, di immergere il lettore in medias res [nel mezzo dell'argomento], un totale assorbimento delle in-tenzioni nei risultati oggetüvi». La novitä della teoria eliotiana, condivisa da Montale (piü o meno autonomamente), consisteva dunque «nell'escludere categoricamente la presenza del dato emozionale dal tessuto della poesia, e nel riconoscere quali veri elementi costitutivi di essa gli "oggetti" o la "situazione" o gli "eventi", nei quali quel dato si oggettivava e dai quali esso veniva poi evocato» (Laura Caretti). Montale nella poesia di Eliot non trova soltanto la teorizzazione della poetica del «correlativo og-gettivo», secondo la quäle la poesia non deve esprimere idee «ma il fondo emotivo delle idee» (cosi si legge nelle pagine che dediča al ricordo delľincontro con EHot sopra citate), ma anche l'esempio di un poeta che, sono ancora sue parole, «tenta di investire musicalmente ľatto dell'ispirazione, senza ridurlo a semplice, "aurorale" ineffabilitä, senza ridursi allo stato di un automa che diffidi del proprio pensiero e scriva solo in stato di sonnambulismo», che é quanto sceglie di fare lui stesso, te-nendosi cosi lontano dal riftuto, proprio della "urica pura", di ogni elemento razionale. Da Ossi di seppia Metro Cinquantanove versi ripartiti in cinque strofe disuguali (rispettivamentedi 11,12,10, il e 15 versi) ehberamente rimati (ma le rime coraplessivamente sono pcche). A parte due quinari (w. 7 e 11) e un settenario {v. 9), tutti gli altri versi sono endecasilkbi, con notevole frequenza della forma sdrucciola, la quale apre le prime quattio strofe (w. 1,12,24,34), compare in sene continuata nei w. 38-41 oltrecheaiw. 25,28, 32,52. I turbini i vortici dei vento che si £ levato neH'imminenza del temporale. 3 incappucciati icavalli delle car-rozze da passeggio, fermi presso gli alberghi in attesa di clienti, hanno in testa un cappuccio paraocchi. 5-6 alberghi... märe da queste due indicazioni il lettore compren-de che lo sfondo e costituito da una localita balneare. 8 piovorno aulicismo che vale "piovoso"; acceso "illuminato dal sole". II castagnette "nacchere" (ai w. 32-33 si accennerä a un'orche-strina tzigana); secondo altri, "pe-tardi". Composta nel 1927 e pubblicata nello stesso anno su "Solaria", Arsenio entra nella seconda edizione degli Ossi (1928), ma giä anticipa stile e motivi delle Occasioni. Nella poesia ě per la prima volta assente l'io del poeta: il protagonista Arsenio ě comunque una sua proiezione; lo sfondo ě dato da una cittadina balneare neH'imminenza di un temporale. Arsenio intuisce che alio sconvolgimento improwiso e temporaneo della natura puô essere legata una speranza di salvez-za, una possibilitä di fuga dal male di vivere; ě attratto dall'idea di compiere il passo decisivo, ma alia fine non riesce a svellere le proprie radiči, e torna alle abitudini consuete. La poesia appartiene alla sezione Meriggi e ombre. I turbini sollevano la polvere sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi deserti, ove i cavalli incappucciati annus ano la terra, fermi innanzi ai vetri luccicanti degli alberghi. Sul corso, in faccia al mare, tu discendi in questo giorno or piovorno ora acceso, in cui par scatti a sconvolgerne ľore uguali, streite in trama, un ritornello di castagnette. GlTERRA, D0POGUERRA, SEC0ND0 novecento E il segno d'un'altra orbita: tu seguilo. Discendi aU'orizzonte che sovrasta una tromba di piombo, alta sui gorghi, piü d'essi vagabonda: salso nembo vorticante, soffiato dal ribelle elemento alle nubi; fa che il passo su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi il viluppo dell'alghe: quell'istante e forse, molto atteso, che ti scampi dal finire il tuo viaggio, anello d'una catena, immoto andare, oh troppo noto delirio, Arsenio, d'immobilitä... Ascolta tra i palmizi il getto tremulo dei violini, spento quando rotola il tuono con un fremer di lamiera percossa; la tempesta e dolce quando sgorga bianca la Stella di Canicola nel cielo azzurro e hinge par la sera ch'e prossima: se il fulmine la incide dirama come un albero prezioso entro la luce che s'arrosa: e il timpano degli tzigani e il rombo silenzioso. Discendi in mezzo al buio che precipita e muta il mezzogiomo in una notte di globi accesi, dondolanti a riva, -e fuori, dove un'ombra sola tiene mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita l'acetilene - finche goccia trepido il cielo, fuma il suolo che s'abbevera, tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono le tende molli, un früscio immenso rade la terra, giü s'afflosciano stridendo le lanterne di carta sulle strade. Cosi sperso tra i vimini e le stuoie grondanti, giunco tu che le radici con se trascina, viscide, non mai svelte, tremi di vita e ti protendi a un vuoto risonante di lamenti soffocati, la tesa ti ringhiotte delTonda antica che ti volge; e ancora tutto che ti riprende, strada portico mura specchi ti figge in una sola ghiacciata moltitudine di morti, e se un gesto ti sfiora, una parola ti cade accanto, quello e forse, Arsenio, nell'ora che si sciogüe, il cenno d'una vita strozzata per te sorta, e il vento la porta con la cenere degli astri. 12 Ě... orbita il temporale potrebbe essere il segno tanto atteso di una possibility di salvezza, di fuga dalla catena esistenziale. 14 una tromba di piombo una tromba marfna di colore grigio piombo, che II vento (il ribeiie elemento) alza verso le nuvole, la tromba di piombo é soggetto di sovrasta, al verso precedente. 15 vagabonda che si muove con velocitä, 17-19 fa... atghe Montale esorta Arsenio ad äff rontare il temporale e a scendere sulla spiaggia, dove cal-pesterä ciottoli e alghe. 24-27 getto... percossa il suono dei violini che viene da un albergo ě coperto dal fragore del tuono (assi-miiato al rumore prodotto da una lamiera percossa). 27-28 quando... Canicola nelle sere d'estate, quando appare la Stella Sirio, della costellažione del Cane. 29-30 lunge... prossima inpiena estate il crepuscolo ě molto lumino-so e perció induce a pensare che sia ancora lontana la sera, che invecesta per arrivare. 31- 32 dirama... s'arrosa la luce del fulrnine sembra incidere sullo sfondo del cielo roseo una ramificazione raf-finata, quasi un prezioso ticamo. 32- 33 il timpano... silenzioso co-si come il suono dei violini (vv, 24-25), anche quello del timpano (uno strumento a percussione) dell'orche-strina tzigana e coperto dal fragore del tuono. 35 muta... notte il temporale scop-pia a mezzogiomo, ma il buio che porta con sé ě quello della notte ion-da, illuminata dalla luce artifidale (i g/ob/acres/del v. 36). 38-39 dai gozzi.,. l'acetilene dalle barche (gozzi) in mare giunge la luce tremolante delle lampade ad acetilene, usate per ilium inare la pe-5ca. 41 sciaborda "sbatte". 45 i vimini e le stuoie le sedie di vimini e le stuoie dei bagnartti, lascia-te sulla spiaggia e intrise d'acqua. 48 svelte "strappate" (da "svelle-re"); tremi di vita tremi di fronte alia vita diversa che potresti intra-prendere. 50-51 la tesa... dell'onda antica la falda dell'onda della vita consueta; ti volge ti avvolge e ti riporta alia tua solita vita quotidiana. 52 tutto che ti riprende "tutto quello che torna a impossessarsi di te", 53 ti figge "ti conficca, ti inchioda". 54 morti i villeggianti, che sorto vivi solo in apparenza, perché la ioro e un'esistenza senza senso. 55-59 e... astri il gesto che ha sfio-rato (ma non toccato) Arsenio, la parola che gli é caduta accanto (ma che non e stata raccolta) sono forse, nel momento in cui cessa il temporale (neH'ora che siscioglie), i segni di una vita nuova intravista per un attimo ma subito venuta meno {strozzata)', il vento ormai la disperde nello spa-zio, insieme con la polvere degli astri. Eugenio Montale Analisi e Approfondimenti. Un nuovo anti-eroe Insieme a Eusebio, nome assegnato a Montale dalľamico triestino Bobi Bazlen (che lo riprende da un personaggio del Carnevale del compositore tedesco Robert Schumann), Arsenio ě il nome ŕitti-zio che si dä il poeta in significativa assonanza con il nome del "fantasma" femminíle della raccolta, Arietta. Questo alter-ego di Montale, nel cui nome, ě stato osservato, risuona il lessico ligure (da arso, ad arsura, arsiccio), sembra qui destinato a rappresentare il disagio esistenziale di chi non riesce a sot-trarsi alia necessitä della vita, a quel viaggio che si snoda lungo un percorso preordinato, costretto a rimanere Xanello d'una catena: Arsenio non riesce a cogliere quel breve attimo "miracoloso" che potrebbe consentirgli di spezzare ľ "anello*, di trovare un "varco", qui legato all'esplosione del temporale. Arsenio diviene dunque un nuovo anti-eroe, e va a schierarsi, come ha ben mostrato G.P. Biasin (nel volume II vento di Debussy, II Mulino, Bologna 1985), a fianco di altri "inetti" della lettera-tura: primi £ra tutti i personaggi sveviani, cari a Montale, e in particolare lo Zeno della Coscienza di Zeno, ma anche Vitangelo Moscarda, il protagonista dell'ultimo romanzo pirandelliano Uno, nessuno e centomila (e, sullo sfondo, ľ"uomo senza qualitä" di Musil). Personaggi che, tra comi-citä e dramma, confessano la propria frattura con il mondo, la loro alienazione senza appello, la perdita della loro identita, ma che non sono degli sconfitti: in loro infatti riesce a emergere 1'af-fermazione di una nuova forma di vitalita; la loro inettitudine, a cui non si oppongono ma che accettano con ľironia di un sorriso, puô tradursi, inaspettatamente, in successo. Ľ inettitudine, soprattutto, nel momento in cui viene compresa, si trasforma in uno strumento di conoscenza: e cosi ě per Arsenio, come loro un inetto ma ben consapevole della sua condizio-ne e dunque, afferma Biasin, in grado di trasformare questo limite in un vantaggio, facendo di-ventare ľalienazione uno stato di straniamento, il solo capace di rivolgere uno sguardo conosci-tivo alia realtä. Certo, in questo testo montaliano la forza "positiva" dell'anti-eroe appare meno forte: la salvezza non arriva, Arsenio non sa liberarsi dai vincoli della sua solita vita (le radiči... viscidé) ed ě som-merso dalľonda di un'esistenza vuota e abitudinaria; rimane volutamente indeterminata la vita che percepisce per un attimo come speranza, e il suo dramma individuale assume proporzioni cosmiche, sfocia in un'agghiacciante visione di morte. Tutto crolla: perfino il cielo non contiene piu gli astri, ma solo la cenere degli astri, che ě spazzata via (insieme con la speranza) da quel vento che alľinizio della poesia, in un clima ancora solo naturalistico, sollevava la polvere / sui tetti, a mulinelli. 137 7320825716 Eugenio Montale Le occasioni Storia e struttura del iesto La seconda raccolta montaliana esce da Einaudi nel 1939: cinque liriche erano state anticipate nel libriccino La casa dei doganien e altri versi (Premio dell'Antico Fattore, Val-lecchi, Firenze 1932). Segue nel 1940 una seconda edizio-ne (Einaudi) ehe si accresce di quattro componimenti: Alia maniera ií I'Hippo de Pisis, Addii, fischi nelbuio..., Ti li-bero k fronte dai gbiaccioli, II ritorno. Le successive e nu-merose altre edizioni si scostano da questa solo per lievis-simi ritocchi. La raccolta Consta di una poesia proemiale (II balcone) se-guita da quattro sezioni di lunghezza disuguale (delle quali solo la seconda ha un titolo specifico: Mottetti), per un totale di cinquantasette testi che, nell'indice del volume, ri-sultano accompagnati da una data (con poche eccezioni in cui compare un punto mterrogativo): il numero maggiore di testi si colloca nel biennio 1937-38, ma l'arco cronologi-co si estende dai 1926 al 1939. Ľarticolazione della raccolta risponde all'esigenza di crea-re una precisa struttura compositiva, con un inizio e una fine rappresentati dalle due liriche di apertura e chiusura, e numerosi rinvii intertestuali (in partícolare, ma non solo, nel bellissimo e compatto eklo dei Mottetti). II modello di tale organizzazione ě quello offerto dagli Ossi: in entrambi i casi vi ě una poesia proemiale (qui II balcone, negli Ossi In limine); i ventun componimenti dei Mottetti (comprensivi del proemiale // balcone) ritiviano ai testi della sezione Ossi di seppia (cosi come ai successivi Flashes e dediche della Huf era e altro); i tre testi del Tempio 138 di Bellosguardo riehiamano, come segnalato dallo stesso Montale, le poesie di Mediterraneo. La tragedia della storia e il "fantasma" femminile di Clizia A partire dalla edizione Mondadori del 1949 la raccolta ě dedicata «a I.B.»: si tratta di Irma Brandeis, una giovane americana studiosa di letteratura italiana che Montale co-nobbe nel 1933 e alla quale si lego con una relazione affet-tiva durata fino al 1939. A lei spetta il ruolo di principále ispiratrice delle Occasioni e poi di parte della Bufera con il nome (che compare pero solo nella Bufera) di Clizia. Lo pseudonimo deriva - come indica lo stesso Montale -da un sonetto di corrispondenza di Dante a Giovanni Quirini (ma la paternita dantesca non ě čerta), nel quale 1'autore prima dichiara il suo amore per una «donna di-spietata e disdegnosa» e poi si paragona a «qvjella ch'a veder lo sól si gira / e '1 non mutato amor mutata serba»: cioě a Clizia, la figlia delTOceano amata e poi abbandona-ta dal Sole, che ella pero continuo ad amare cosi intensa-mente da trasformarsi in girasole (che «a veder lo sól si gi-ra», che si volge sempře verso il sole). II girasole ě dunque «simbolo [...] di una strenua dedizione ďamore, ma anche delPansietá" di luce» (Isella), e ben si addice al ruolo sal-vifíco della Clizia montaliana, le cui apparizioni riescono a illuminare per un attimo la torbida oscuritá esistenziale e storica (la dittatura, la guerra imminente). Se la realtá ě ormai infernale («E 1'inferno ě certo» ě il verso che chiude il primo mottetto), il poeta ě pur sempře Eugenio Montale persuaso che vi sia una possibilitä di salvezza che trova reahzzazione, seppur solo effimera, nel "fantasma" femrni-rjile la cui intermittente comparsa puö riscattare dalla vulgare mediocritä del quotidiano. 11 ruolo salvifico awicina Clizia per certi aspetti alla donna-angelo di tradizione stil-novistica, alla quale alludono per esempio le ali, che sono uno dei suoi principáli attributi. Ma forse ě ancor megUo ritenere Clizia, come suggerisce Mengaldo, soprattutto una donna <>, Isella), rappresenta 1'intero bagaglio della dorma e si trasforma nella biblica area che ne deve garantire la salvezza: e uno dei tanti segni che attraversano l'opera montaliana, un repertorio di cose o appari-zioni emblematiche e un po' misteriose, che va dagli «sciacalli al guinzaglio>> a un «topo d'avorio», da un «ricciolo» al «microfüm» di un sonetto, a un «ticchettio di zoecoli» ecc, tutti segnali di un'assenza, in questo caso di un distacco. Nella poesia risultano notevoli la sinteticitä e la densitä dei legami logici; dalla gabbia con il grillo si passa al gatto, a quest'ultimo e associato il focolare, al quale e legato il motivo del lare. Gabbia, focolare, lare rinviano, a loro volta, alia casa che si concretizza neU'immagine finale deh'arca. E utile, per capire il meccanismo dell'oscuritä di Montale, che tende a tacere l'«occasione-spinta» e a «esprimere l'oggetto» (secondo le famose dichiarazioni deWUntervista immaginaria piü volte citata), considerare lo scambio di lettere del poeta con Bobi Bazlen (elementi forniti da Isella nel suo commento). All'amico Bazlen, che sottolinea una scarsa responsabilitä della poesia e che avrebbe desiderato un testo un po' piü articolato e adeso, Montale risponde che il titolo sulla partenza della donna e gta significativo, come anche l'awerbio temporale or, v. 3, allusivo alia durezza dei tempi {le persecuzioni razziali in atto dal 1935 in Germania e dal 1938 in Italia): si sottrae dunque alTipotesi di un'«aggiunta», commentando che «La poesia a Liuba e in realtä il finale di una poesia non scritta [...] bisognerebbe far precedere qualcosa, e non me la sento». Cfr. su questo aspetto anche il mottetto ha speranza di pure rivederti e la relativa Analisi del testo. La speranza di pure rivederti Da Lb occasioni É uno dei ventí componimenti della seconda sezione delle Occasioni, ehe ha titolo collettivo Mottetti; seritto nel 1937, é stato ispirato da Cli-zia: il permanere di un segno della donna (un «barbaglio») si offre co-me miracolo, come via per sfuggire alla illusorietä dei reale. Metro Dei tre periodi ritmici ehe compongono il mottetto, il primo e formato da un endecasillabo t un quinario; il secondo da quattro endecasillabi + un quinario; ilterzo da un settenario + un endecasillabo + un settenario. Le rime che chiudono il primo e il secondo periodo si ritrovano, baciate, alia fine del mottetto. 140 1 di pure rivederti "di rivederti ancora". 3-7 se questo... barbaglio "se questo scher-mo d'immagini (la realta in cui uive il poeta) die mi predude ogni possibilita di vederti e di sentirti (ognisenso di te) ha in se solo presagi funesti op-pure se mantiene un segno luminoso della tua presenza, per quanto distorto e reso debole {fat-to labile) dal tempo trascorso e dalla lontanan-za"; si noti I'iperbato poetico nella forte separa-zione tra schermo e I'aggettivo dirnostrativo questo: questo che mi chiude I ogni sense di te, schermo. 8-10 {a Modena... guinzaglio) «il referente, o situazione, & allegata in chiusa tra parentesiw (Isella): per la spiegazione precisa della lirica alia luce di un commento di Montale, dr. Analisi del testo. 9 gallonato "con una divisa ornata di fregi". Analisi del Testo La speranza di pure rivederti m'abbandonava; e mi chiesi se questo che mi chiude ogni senso di te, schermo d'immagini, ha i segni della morte o dal passato ě in esso, ma distorto e fatto labile, un tuo barbaglio: (a Modena, tra i portici, un servo gallonato trascinava due sciacalli al guinzaglio). Ě stato lo stesso poeta a offrire una spiegazione dell'«occasione-spinta» tacmta nella poesia, in un articolo destinato a gettare luce su un'oscuritä lamentata dai critici, cui Montale ricorda che «tra il non capire nulla e il capir troppo e'e una via di mezzo, un juste milieu ["giusto mezzo", in francese] che i poeti, d'istinto, rispettano piu dei loro critici; ma al di qua o al di la di questo margine non c e salvezza né per la poesia né per la critica». Ľarticolo é stato pubblicato sul "Corriere della Sera" del 16 febbraio 1950 (awertiamo che sotto il nome di Mirčo si cela lo stesso Montale). «Un pomeriggio d'estate Mirco si trovava a Modena e passeggiava sotto i portici. Angosciato com'era e sempře assorto nel suo "pensiero dominante", stupiva che la vita gli presentasse come dipinte o riflesse su uno schermo taňte distrazioni. Kra un giorno troppo gaio per uh xio-mo non gaio, Ed ecco apparire a Mirco un vecchio in divisa gallonata che trascinava con una catenella due riluttanti cuccioli color sciampagna, due cagnuoli che a una prima occhiata non parevano né lupetti né bassotti né volpinL Mirco si awicinô al vecchio e gli chiese: "Che cani sono questi?". E il vecchio, secco e orgoghoso: "Non sono cani, sono siacalli". (Cosi pronun-ciô da buon settentríonale incolto; e scantonô poi con la sua pariglia.) Clrzia amava gli anima-li buffi. Come si sarebbe divertita a vederli! pensô Mirco. E da quel giorno non lesse il nome di Modena senza associare quella cittä all'idea di Clizia e dei due sciacalli. Strana, persistente idea. Che le due bestiole fossero inviate da lei, quasi per emanazione? Che fossero nn emble-ma, una citazione occulta, un senhal [nome fittizio con cui i poeti provenzali alludevano alia donna amata]? O forse erano solo un!allucinazione, i segni premonitori della sua decadenza, della sua fine? Fatti consimili si ripeterono spesso; non apparvero piu sciacalli ma altri strani prodotti della koíte ä surprise [scatola a sorpresa] della vita: cani barboni, scimmie, civette sul trespolo, menestrelli... E sempře sul vivo della piaga scendeva il lenimento di un balsamo. Una sera Mirco si trovô alcuni versi in testa, prese una matita e un biglietto del tranvai (l'unica carta che avesse nel taschino) e scrisse queste righe: "La speranza di pure rivederti — m'abbandonava; — e mi chiesi se questo che mi chiude - ogni senso di te, schermo d'immagini, - ha i segni della morte o dal passato - ě in esso, ma distorto e fatto labile, - un tuo barbaglio". S'arrestô, canceho il punto fermo e lo sostitui con due punti perché sentiva che occorreva un esempio che fosse anche una conclusions E terminó cost; íl{a Modena, tra i portici, - un servo gallonato trascinava - due sciacalli al guinzaglio)". Dove la parentesi voleva isolare ľ esempio e suggerire un tono di voce diverso, lo stupore di un ricordo intimo e lontano. [...] Ho toccato un punto (un punto solo) del problema delľoscu ritä o delľapparente oseuritä di čerta arte ďoggi: quella che nasce da un'estrema concentrazione e da una confidenza forse eccessiva nella materia trattata.» La testimonianza ďautore ci consente dunque di capire ľ"occasione" della poesia {confinata in parentesi, a cbiudere la lirica), che altrimenti sarebbe rimasta criptica. 141 guerra, dopoguerea, secondo novecento Eucenio Mont ale Ecco il segno Da Le occasion! Anche quests poesia (composta nel 1938) appartiene alia sezione dei Mottetti. Qui il «segno» miracoloso, quello che apre un'im-provvisa quanto effimera via di fuga, e dato come realizzato. I due tempi della lirica presentano, I'uno, la manifestazione del segno, I'altro, I'apparizione salvrfica della donna. Ecco il segno; s'innerva sul muro che s'indora: un frastaglio di palma bruciato dai barbagli dell'aurora. Il passo che proviene dalla serra si lieve, non e felpato dalla neve, e ancora tua vita, sangue tuo nelle mie vene. Metro Due quartine formate da tre settenari e un endecasillabo la prima, due settenari e due endecasillabi la seconds. In rima i w. 2-4-7, 5-8, cul si aggiungono rime interne. 1 s'innerva il segno si allunga e «si dirama come un fasdo di nervi» MNft3, fandANgo, t (w. 16,18,'19). La bufera Da La bufera e altro La poesia apre il ciclo di Finisterre e dunque apre l'intero volume, con -funzione proemiale. La «bufera» ě la guerra, «in ispecie quetfa guerra dopo quella dittatu-ra [...]; ma ě anche guerra cosmica, di sempře e di tutti» (Montale). L'irruzione di un evento tragico quäle la seconda guerra mondiale aumenta la negativita della giá amara concezione esistenziale di Montale; l'unico barlume di speranza ě ancora riposto in Clizia, che ě forse in grado di indicare il «varco» (pa-rola-chiave della poesia montaliana) della salvezza, della liberazione dall'angoscia (contingente perché dovuta alla guerra, e piü latamente esistenziale). 145 0816 GUERRA, DOPOGUERRA, SECONDO NoVECENTO Les princes riant point d'yeux pour voir ces grand's merveilles, Leurs mains ne servent plus qua nous persecutes.. (Agrippa d'Aubigne: Ä Dieu.Y; La bufera che sgronda sulle foglie dure della magnolia i lunghi tuoni marzolini e la grandine, (i suoni di cristallo nel tuo nido notturno ti sorprendono, dell'oro che s e spento sui mogani, sul taglio dei libri rilegati, brucia ancora una grana di zucchero nel guscio delle tue palpebre) il lampo che candisce alberi e muri e li sorprende in quella eternitä d'istante - marmo manna e distruzione - chentro te scolpita porti per tua condanna e che ti lega piü che 1'amore a me, strana sorella, - e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere dei tamburelli sulla fossa fuia, lo scalpicciare del fandango, e sopra qualche gesto che annaspa... Come quando ti rivolgesti e con la mano, sgombra la fronte dalla nube dei capelli, mi salutasti - per entrar nel buio. * "I prindpi non hanno occhi per vedere quests grandi me-raviglie, le loro mani servono solo a perseguitarri..." (dak la poesia A Dio di Agrippa d'Aubigne). 1 sgronda fasciogliereescolareinbasso. 4 i suoni di cristallo ala grandine» (Montale); tuo nido 1'interlocutrice é Clizia, die nell'immaginazfone del poeta continua ad assumere la forma di uccello-angeto {come chiaramente indica la metafora del nido). 5-9 dell'oro... palpebre "nel guscio delle tue palpebre chiuse brucia ancora (e quindi splende} una piccolissima quantitá (una grana di zucchero) dell'oro che si é spento sui mobili di mogano e sul taglio dei libri rilegati"; i versi sono abbastanza oscuri, forse perché dipendenti da qualche specifico ricordo che il lettore ignora. 10 candisce "illumina aH'improwiso, violentemente". 12 eternita d'istante il sintagma ě (forse volutamente) ambiguo, poiché puo voler dire che I'istante in cui si veri-fica il lampo sembra eterno, oppure che il lampo illumina con tanta intensita gli oggetti che pare fissarli per sempře in quella posa; marmo manna / e distruzione «so-no le componenti di un carattere: se tu le spieghi ammaz-2i la poesiaw (Montale); possiamo pero notáre che i due termini opposti manna e distruzione alludono probabil-mente all'ambivalenza della luce del lampo: coincide con un evento negativo (la bufera) ma e anche il segno di una riveiazione angelica portata da Clizia. 14 per tua condanna il riferimento alia sofferenza che deriva a Clizia dalla sua capacitá rivelatrice ne istituisce un implictto awicinamento alia figura di Cristo, che ha sacri-ficato la vita per il bene dell'umanita. Si ha qui una con-ferma della forte presenza nella Bufera e a/fro del tema religioso (ma si tratta sempre - si badi - di una religione aconfessionale). 16-19 lo schianto... annaspa «immaginidiguerra» (Montale); sistri antichi strumenti musicali propri del culto di Iside; fuia "ladra", perché inghiotte vite umane; fuia ě un dantisrno, da inf. XII, 90: «non i ladron, né io anima fuia» (ma fossa fuia - come ncorda Mengaldo -e sintagma presente piu volte nella Nave dannunziana); fandango danza popolareandalusa. 20-21 sgombra / la fronte «ricordo realistico» (Montale). 22 buio «11 buio é tante cose; distanza, separazione, nep-pure certezza che lei fosse ancora viva» (Montale). Ricordiamo che Clizia-lrma Brandeis viveva in America. Analisi del Testo La minacoa della guerra Un gusto raffinato e prezioso 146 La struttura delia poesia si fonda in gran parte sulla sintassi nominale (La bufera che sgronda... il lampo che candisce.., e poi lo schianto rude ecc), con ľeccezíone dei lungo inciso della seconda strofa {w. 4-9) e delia frase di chiusura aperta da Come quando... (w. 19-22). La sintassi nominale mette in rilievo gli elementi che alludono all'emergenza bellica: la bufera, il lampo (che ha pero valore ambiguo; cfr. la nota al v. 12), lo schianto, i sistri... (Montale stesso chiosa: «immagini di guerra»). L'inciso della seconda strofa presenta, mettendolo fra parentesi quasi a proteggerlo e comunque a sottolineare la sua alteritä rispetto alla guerra, uno scorcio di civiltä e cultura (cui alludono i mobili e i libri) minacciate dalla guerra. La resistenza che i valori delia civiltä oppongono al pericolo bellico ě simboleggiata dalla magnólia: la bufera sgronda sulle foglie dure della magnólia. La quale tomerä in una poesia successiva, Ľarca, con ľanaloga fun-zione di proteggere i ricordi dall'azione distruttrice della guerra e piü latamente del passare dei tempo. Protagonista della poesia ě Clizia, nella sua connotazione consueta: ě donna-angelo (quindi con ali, da cui la metafora del nido al v. 4); il lampo (che qui pero con voluta ambiguitä rimanda anche alla guerra) ě un elemento tipico del suo manifestarsi; la nube dei capelli allude alla reale frangia di ca-pelli di Irma Brandeis (cfr. Yinäpit di un'altra poesia della Bufera: «La frangia dei capelli che ti vela / la fronte puerile, tu distrarla / con la mano non devi»), e quello tratteggiato ai w. 19-22 ě un «ricordo realistico», per ammissíone dello stesso Montale. Curi ha parlato opportun amen te a proposito dei w. 5-9 della «aristocratica selezione di oggetti, am-bienti, paesaggi, e quindi sintagmi, di gusto raffinato e prezioso», ben distanti dalle scelte dimesse privilegiate negli Ossi (cfr. / limoni, p. 129). Si notino infatti in questi versi oggertt e arredi sofistica-ti, di uso alto-borghese: cristallo, oro, mogani, libri rilegati, e anche la magnólia del giardino. Metro Quatrro strofe irregolari per misura e struttura, doye si incontrano endecasillabi e doppi settenari ma anche frequenti versi lunghi (scomponibili in versi regolar: sommaütraloro). Si registrano qualche rima e assonanze. * Si tratta della citazione di un sonet-to attribuito con incertezza a Dante, in cui viene fatto riferimento a Clizia, la figlia di Oceano che amata e poi abbandonata dal dio Sole venne trasformata in girasole. 1 la nuvola bianca Montale ricor-da che quel giorno ci fu sull'Arno una singolare invasione di farfaíle bianche. 2spallerte "parapetti". 3 scricchta "scricchiola". Scapiva "conteneva". 7 Maiano loealitä. nei pressi di Firenze; renai secche del fiume. 8 messo infernale Hitler 9aialá il grido che accompagnava il saluto fascista; scherani sono t soldáti; golfo mistico lospa-zio per ľorchestra del teatro comu-nale dove awenne ľincontro. 10 pavesato "ornato". 14 beccaio "macellaio". 16 miti carnefki coloro che, in-consapevoli della sua lerocia, in-neggiavano al nazismo. 17 trescone ballo di campagna; ali schiantate delle farfalle bianche citáte alľinizio. lägolene "argini". 21 San Giovanni giorno di festa in onore del santo pratettore della cittä. 24 orda quella tedesca; gem-ma...arig la traccia di una Stella cadente. 25 dei tuoi lidi la terra ďorigine di Clizia. 26-27 gli angeli... delľavvenire si tratta di un'immagine biblica di speranza: Tobia, nel libro a lui de-dicato delí'Antice Testamento, é guidatoda Raffaele, uno dei sette angeli «che vanno e vengono da-vanti alla glória del Signore». 27 eliotropi "girasoli'*. 30 sinibbio vento del nord. 31-32 raggela / in morte "bloc-ca nel gelo della morte". 34 che... serbi citazione ancora tratta dal sonetto pseudodantesco cjtato in epigrafe. 36 abbácini "abbagli". 39tregenda convegnodi streghe e diavoli. Eugenio Montale Da La bufera e altro Occasione della lírica, che appartiene alla sezione Silvae, ě ľincontro, awenuto nel maggio del 1938 a Firenze, tra Hitler e Mussolini: la stesura definitiva risale pero ad anni piú tardi (la poesia porta infatti la doppia data «1939-1946»}. Né quella ch'a veder lo sól si gira... dante (?) a Giovanni Quirini* Folta la nuvola bianca delle falene impazzite turbina intorno agli seialbi fanah e sulle spallette, stende a terra una coltre su cui scriccfňa come su zucchero il piede; ľestate imminente sprigiona ora il gelo notturno che capiva nelle cave segrete della stagione morta, negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai. Da poco sul corso ě passato a volo un messo infernale tra un alalä di scherani, un golfo mistico acceso e pavesato di croci a uncino ľha preso e inghiottito, si sono chiuse le vetrine, povere e inoffensive benché armate anch esse di cannoni e giocattoli di guerra, ha sprangato il beccaio che infiorava di bacche il muso dei capretti uccisi, la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue s e tramutata in un sozzo trescone ďali schiantate, di larve sulle golene, e ľacqua séguita a rodere le sponde e piü nessuno ě incolpevole. Tutto per nulla, dunque? - e le candele romane, a San Giovanni, che sbiancavano leňte ľorizzonte, ed i pegni e i lunghi addii fořti come un battesimo nella lugubre attesa delľorda (ma una gemma rigô ľaria stillando sui ghiacci e le riviere dei tuoi hdi gli angeli di Tobia, i sette, la semina delľavvenire) e gli eliotropi nati dalle tue maní - tutto arso e succhiato da un polline che stride come il fuoco e ha punte di sinibbio... Oh la píagata primavera ě pur festa se raggela in morte questa morte! Guarda ancora in alto, Clizia, ě la tua sorte, tu che il non mutato amor mutata serbi, fino a che il cieco sole che in te porti si abbácini nelľAltro e si distrugga in Lui, per tutti. Forse le siréne, i rintocchi che salutano i mostri nella sera della loro tregenda, si confondono gia col suono che slegato dal cielo, scende, vince-col respiro di un'alba che domani per tutti si riaffacci, bianca ma senz'ali di raccapriccio, aí greti arsi del sud... 147 GUERRA, DOPOGUERRA, SECONDO NoVECENTO Eugenio Mont ale Analisi del Testo Un preciso riferimento storico In questa poesia il ruolo salvifico di Clizia si trasforma, assumendo una nuova connotazione uni-versale e collettiva. Montale affronta qui esplicitamente e abbastanza straordinariamente un argomento politico: la visita di Hitler e Mussolini a Firenze nel 1938 diviene infatti occasione per una dura condanna del nazismo e del fascismo ma anche delia debolezza degli italiani, complici inconsapevoli, nella loro mancata ri-bellione, dei crimini dei due dittatori. Ľincontro tra i due era giä alluso in un'altra importante e bel-lissima poesia delle Occasioni, Nuove stanze, dove pero prevalgono, come osserva Franco Croce, «formule cifrate», mentre nella Primavera hitleriana l'«orrore» ě «tutto esplicito». E in quesťtiltirno testo la circostanza storica viene riportata a un piano piú alto e universale, come awiene nel Soi, delprigioniero che chiude la raccolta: anche 13 il tema dei campi di sterminio finisce per assumere i valenza iiniversale ed esistenziale, quella della condizione di prigionia dell'uomo. La nevicata di farfalle bianche che sembra far ritornare ľinverno nel mezzo della primavera an-nuncia, in apertura del testo, uno sconvolgimento del mondo che, perdute le sue leggi, ě ormai dorninato dal caos. A questo universo dai valori capovolti apparřiene il messo infernale, cui si con-trappone ľimmagine della donna, che riceve qui per la prima volta il nome di Clizia. II suo potere salvifico, altrove giä affermato, appare in un primo momento (terza strofa) soccom-bente, vamficato dal trionfo del male: i momenti positivi, e sacri, vissuti con Clizia sembrano infatti al poeta ormai annullati, inceneriti da un polline che, opposto ma analogo al gelo iniziale, stride come ilfuoco e ba punte di sinibbio (e ancora una volta abbiamo ľossimorico intreccio tra fuoco e gelo associati a Clizia). Attraversato questo momento di negativita, il personaggio di Clizia, ormai anche biograficamente sempře piúlontana dal poeta (ricordiamo che la poesia ě datata «1939-1946»: la donna aveva la-sciato ľltalia nel 1939), porta con sé una nuova nota di speranza su cui si chiude la linea, segnata dalla presenza del lessico proprio della tradizione mistica (si veda ľopposizione luce/buio, il tema dello sguardo e quello della cecitä). II gelo della nuvola bianca iniziale i destinato infatti a fermare per sempře il male. Ľopera di sal-vezza, di cui si ě avuta anticípazione nella lunga parentesi della terza strofa nell'immagine della Stella cadente, ě garantita dallo sguardo di Clizia che in questa poesia si trasforma nella figura stes-sa di Cristo: questa volta pero, e qui sta la novitä, il miracolo di Clizia, il cui sguardo si fonde in quello dél'Altm, non riguardapiú soltanto il poeta, ma ě destinato a tutti gli uomini (w. 37 e 41). Ľanguillč Da La Bufera e altro L'anguilla, come simbolo dell'amore inteso nella sua aeeezione di istinto vitale, ě protagonista di questa poesia, apparsa per ia prima volta Sulla ri-vista "Botteghe Oscure" nel 194«, quindi posta in chiusura della sezione S/'/vae. Languilla, la siréna dei mari freddi che lascia il Baltico per giungere ai nostri mari, ai nostri estuari, ai fiumi che risale in profondo, sorto la piena awersa, di ramo in ramo e poí di capello in capello, assottigliatí, sempře piú addentro, sempře piú nel cuore del macigno, flltrando tra gorielli di melma finché un giorno una luce scoccata dai castagni ne accende il guizzo in pozze ďacquamorta, 148 Metro Versi di varia misiira, dal settenario al doppio settenario (v. 5), con netta prevalenza di endecasillabi (quattordici su un totale dí trenia versi). Numerose le rime (perfette o imperiette) e le assonanze, anche alľinterno dei versi. 5 sotto la piena awersa perché ľanguilla risale i fiumi contra corrente (e per trovare meno resistenza, si muove in profondo, cioě riefle acque piů profondel. 7 capello "rigagnolo" 8- 9 nel cuore / del macigno "alfinterno delle zone montuose". 9- 10 filtrando... melma "attraversandofa-ticosamentecanaletti fangosi" ("goriello" ě diminutivodi "gora"). 11 una... castagni un raggio di sole che arri-va attraverso le fronde dei castagni, cosi che sembra scoccata dagli stessi. 12 il guizzo "la vitalita"; aequamorta "acqua stagnante". 14 balzi d'Appennino "coste appenniniche". 17 botri ripidi fossati caratteristici □ell'Appennino ligure. 17-18 disseccati / ruscelli pire- naici "ruscelli in secca dei Pirenei". 20-21 verde viva, vitale; cerca / vita "si riproduce in nuove vite". 22 morde "fa sentire la sua mor- sa". 25 incarbonirsi "trasformarsi in carbone"; bronco seppellito "ramo spoglio ricoperto di terra". 27 di... cigli "dell'iride della donna, che e racchiusa tra le sue dglia come la pietra preziosa e racchiusa in un anello" (mcastonanp). 29 nel tuo fango "nella materia"; tu e la donna ispiratrice. 30 sorelta "simileate" nei fossi che declinano dai balzi d'Appennino alia Romagna; ranguilla, torcia, frusta, freccia d'Amore in terra che solo i nostri botti o i disseccati ruscelli pirenaici riconducono a paradisi di fecondazione; l'anima verde che cerca vita la dove solo morde l'arsura e la desolazione, la scintilla che dice tutto comincia quando tutto pare incarbonirsi, bronco seppellito; riride breve, gemella di quella che incastonano i tuoi cigli e fai brillare intatta in mezzo ai figli dell'uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu non crederla sorella? Analisi del Testo La struttura del tesii La poesia chiude, significativamente, la sezione Silvae, preannuncio di un passaggio, della trasfor-mazione della donna-angelo rappresentata da Clizia nell'immagine "terrena" della Volpe: ě il momento «dell'abbandono del grande mito salvifico incarnato nella figura della Cristofora [...] e della ricerca di una salvezza puramente individuale» (F. Zambon), come poi awerrä appunto nei testi segnati dalla presenza della Volpe. L'anguilla, animale metamorfico, dalla doppia natura di serpente e di pesce, sirnboleggia la forza "biologica" della vita, dell'eros. II suo risalire dal Baltico agli Appennini (viaggio scientificamente infondato: Montale evidentemente contamina rimmagine dell'anguilla con quella del salmone) rap-presenta un percorso di risalita verso la vita. Ma - e qui sta la novitä - la vita ora viene cercata non nelle altezze del cielo, bensi nel fango, nei fossi. L'animale attraversa luogbi sotterranei che sembrano destinati a ricordare il mondo dei morti da cui, ciclicamente, la vita puö risorgere. L'angelica Clizia, riconoscibile dai segni che l'accompagnano in altri testi (l'iride, il lampo di luce, il nord cui geograficamente la donna appartiene, la stessa consonanza anguilla/angelo) ě chiamata a ricono-scersi sorella dell'anguilla, e dunque a incarnarsi, a scegliere la terra, a sporcarsi nel fango in cui la realrä quotidiana si ě degradata ma dove ě comunque riconoscibile una scintilla di vita. La presenza di un'altra anguilla nelle pagine iniziali degli Ossi, nella poesia che ne costituisce quasi il "manifesto'', 1 limom (cfr. p. 130, v. 7: «qualche sparuta anguilla>>), ha spinro gli interpreti a leggere anche nell'anguilla della Bufera, non a caso assimilata alle sirene (v. 1), un simbolo della parola poetica: dunque, come Clizia, la poesia deve immergersi nel reale, senza temere il fango della quoudianitä, che ě quanto l'ultimo Montale sceglierä di fare. La poesia vale come valore estremo e assoluto di vitalita e resistenza (torcia, frusta, /freccia d'Amore in terra, w. 15-16) che si oppone alia negazione esistenziale. La poesia consta di un unico lunghissimo (trenta versi) periodo interrogativo che si apre con il complemento oggetto (ranguilla) e si chiude con il soggetto e il verbo principále (+ il predicativo del complemento oggetto): puoi tu / non crederla sorella?. La circolaritä del componimento ě fissa-ta anche a livello fonico, poi che sorella si lega sia ad anguiLLA sia a síreha, al v. 1. H periodo si snoda lungo una serie di apposizioni: la siréna / dei man freddi (w. 1-2); torcia, frusta, /freccia d'Amore in terra (w. 15-16, con ripresa anche del complemento oggetto l'anguilla); l'anima verde (v. 20); la scintilla (v. 23); Tiride breve (v. 26). Man mano che ci si awicina alia fine, il ritmo ě reso sempre piu accelerate dalla progressiva sempliftcazione del costrutto relativo che segue ogni apposizione (tranne l'iride breve dá v. 26): la siréna/ dei maňfreddi che lascia ... che risale... finché... na fossi áie declinano ...; torcia, frusta, I freccia d'Amore in terra / che...; l'anima verde che cerca / vita; la scintilla che dice. La struttura formale corrisponde perfettamente al "crescendo" tematico che mette in rilievo prima la determinazione con cui l'anguilla risale i fiumi per raggiungere paradisi di fecondazione; poi la forza dell'istinto vitale che porta a un continuo awicendarsi dalla vita alia morte {la scintilla che dice / tutto comincia quando tutto pare / incarbonirsi); e infine la somiglianza fra 1'anguilla e la donna (tu), accomunate dalla stessa natura vitale e attiva. v 149 GUERRA, dopogUERRA, SECONDO NoVECENTO SATURA La raccolta apparve, dopo quindici anni di silenzio poetko, nel 1971 presso Mondadori, con struttura giá definitiva (se si esclude il mutamento di posto di un unico těsto voluto dal poeta nel volume deirOpera in verst). giá Dl Annetta Avevamo studiato per 1'aldilá Ho sceso, dandoti il braccio... Da Satura 1 due testi appartengono alla sezione, dedicata alla moglie de-funta, degli Xénia {rispettivamente / e II), che rappresentano il momento piú alto della raccolta. Questi "doni ospítali", offerti alla memoria della moglie, sono segnati da un tono «privatissi-mo» (Barile), in cui il registro espressivo si fa prosastico e ironi-co e le «oceasioni-spinta» vengono esplicitate. Avevamo studiato per ľaldilä un fischio, un segno di riconoscimento. Mi provo a modularlo nella speranza che tutti siamo giá mortí senza saperlo. Metro Versi Iiberi dalle misure lunghe e irregolai Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei ě il vuoto ad ogni gradino. Anche cosi ě stato breve il nostra lungo viaggio. Ii mio dura tuttora, né piú mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gU scorni di chi crede che la realtä sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non giä perché con quattr'occhi forse si vede di piú. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. Metro Versi liberi, con prevalenza di versi Iunghi fIre dei quali sono doppi ottonari: w. 9,10,11); rimano perfettamente i w. 6,7 {crede: vede) e 10,12 {due : tue); assuonano i w. 3,8 {viaggio : braccio). 1 dandoti il braccio Mosca, affettuoso nomignolo della moglie di Montale, soffriva, come si legge anche nel finale, di una grave miopia. 2 il vuoto cfr, Forse un mattino, w. 3-4, «il vuoto cfietro /di me», in Ossi, p. 134, 5 le coincidenze, le prenotazioni allusione ai viaggi fatti con la moglie. 6 scomi "beffe, inganni". 7 che la realtä... vede anche qut e riconoscibile il mo-trvo della falsitä del reale, comune con la giovanile Forse 11 pupille... offuscate la moglie di Montale era molto miope, ma riusciva a "vedere", croe a vivere nel reale, assai meglio del poeta. Awalisi e Approfondimenti. F.gure e "fANTASM," femminili dr salvezza neua p0esia m Tre important! figure 150 dell'esistenza»: questa óBaftu7&Sffl ff P°S$Me t^™ °^ infemo dd fflond° <= femmMi nella poesia dTMo" " C°me UOle mvito a «fifemumi sulle figure ZSS^ÖS^ÄHÄ^^ *"ü ^e si stagIiano tri volti e altri nomi di donna- Gerti rSraLi^£fft-NO A qTte 81 Poi ^ La Volpe Eugenio Montale Drasilla Tanzi, la Mosca, incontrata a Firenze nel 1927, divenuta sua compagna a partite dagli anni trenta e sposata nel 1962, che diviene centrale nella sezione degli Xenia di Satura a lei dedicati. In questa «matassa del tu femminile» (Grignani), il primo filo che si viene sdipanando ě quello di Annetta-Arietta che appare, mai norninata, negli Ossi, recupera il proprio nome in Diario del '72 (nella poesia a lei intitolata, Annetta), si sviluppa nel Quaderno di quattro anni e sigilla l'opera montaliana, comparendo neu'ultimo testo di Altri versi (Ah). Identificata con Anna degli Uberti, la giovane donna che Montale conosce nel 1920 a Monterosso, questo primo «fantasma salvifico», associato al tema della memoria, ě stato awicinato da Lonardi alle leopardiane Silvia e Nerina: una donna fragile che rivela nel destino di morte il fatto ďessere prediletta dagU dei. Smentendo la realtä della vicenda biografica della ragazza, infatti, Montale la dice morta giovane: cioě trasforma la condizione di lontananza propria di un amore che non si ě realizzato in quella definitiva della morte, paradossalmente uno stato di privilegio, dal momento che solo la morte appare al poeta una condizione dotata di veritä. Le due raccolte successive, Le occasion! e La bufeta e ahm, sono invece dominate dalla figura di Clizia che poi attraverserä, seppur con mutata connotazione, Satura per tornare centrale in Quaderno di quattro anni ma soprattutto in Altri versi: il nome di Clizia, la mitica figlia di Oceano, amante infelice del Sole, compare esplicitamente citato in La primavera hitleriana (da La bufera, cfr. p. 147). A lungo rimasta sconosciuta, norninata solo con le imziali «I.B.» che Montale pose nella dedica della riedizione delle Occasion! del 1949, ě stata identificata nell'italianista americana Irma Brandeis, che il poeta conosce e frequenta a Firenze tra il 1932 (o 1933) e il 1939, quando la donna, di origine ebraica, decide di tornare negli Stati Uniti dopo la proclamazione delle leggi razziali. Anche lei ě dunque una figura destinata a scomparire dalla vita del poeta, una figura che, proprio in virtu dell'allontanamento, si trasforma in un nuovo e tanto piú complesso «fantasma salvifico». Clizia ě assomigliata alia Beatrice dantesca della Vita Nuova prima e della Commedia poi: dalla "donna-salute" della tradizione stilnovista alla "beata" dispensatrice di salvezza. Se ad Annetta si addice il tono elegiaco, ě stato sottolineato dalla critica, a Clizia, segnata dal suo primo apparire dai tratti della divinitä, si confä 1'inno di lode: nella poesia hide (La bufera) si giunge alla piú espli-cita analogia cristologica, nell'immagine del «Volto insanguinato sul sudario» e nella chiusa in cui si legge che «l'opera Sua (che nella tua / si trasforma) dev'esser continuata». II manifestarst di Clizia porta una salvezza che inizialmente pare destinata al solo poeta, il quale alia sua presenza/as-senza lega la propria salvezza/perdizione, ma che poi si estende a tutti gli uornini, come si legge nella giä citata Primavera hitleriana. Clizia ě l'«Angelo della visitazione» che giunge sulk terra con un messaggio che pochi riusciranno a cogliere. Si rilegga lo straordinario mottetto Li lihero la fronte dai ghiaccioli, dove si incontra il suo «primo periglioso volo» (Isella): «Ti Ubero la fronte dai ghiaccioli / che raccogliesti traversan-do l'alte / nehulose; hai le penne lacerate / dai cicloni, ti dešti a soprassalti» (cfr. p. 142). II suo po-tere salutifero si concentra negli «occhi di acciaio», come leggiamo in Nuove stanze (Le occasioni), che si oppongono «allo specchio ustorio / che accieca le pedine», cioe alia follia del nazismo e della guerra. I tratti "numinosi" di Clizia, «in origine donna reale; ma qui e altrove, anzi dovunque, visiting angel, poco o punto materiale» (Mengaldo), si stemperano in Satura, anche per la vicinanza con la figura ironicamente prosastica di Mosca che, «insetto miope», contrappone allo sguardo chiaroveg-gente di Clizia il proprio «radar di pipistrello» (cfr. anche Ho sceso, dandoti il braccio..., nella pagina qui a fianco). Qui la donna assume caratteristíche piú terrene e sembra addirittura perdere il suo potere salvifico: gli stessi segni di salvezza apparsi nel passato vengono ora visti come un'illusione. Nel successivo Quaderno di quattro anni la figura di Clizia toma ad assumere il ruolo iniziale, seppur in una poesia che ha ormai abbandonato lo stile "alto" a favore di una dimensione quotidiana. L'incontro con la giovane poetessa e francesista Maria Luisa Spaziani, awenuto nel gennaio del 1949 al Teatro Carignano di Torino, segna l'ingresso di una nuova figura femminile: «un personag-gio molto terrestre», cosi lo defini lo stesso Montale, che in una missiva alla Spaziani del febbraio del 1952 (citata da Maria Corti nell'introduzione del Catalogo delle lettere giä ricordato, cfr. la Bi-bliografia) dice di considerarla «un angelo sovrapposto per fotomontage a un altro angelo forse pill reale», un angelo dai tratti antitetici a quelii di Clizia. La sua apparizione determina nel poeta una nuova tensione verso la vita, che lo proietta dal cielo verso la terra, in una trasformazione di cui sono primi testimoni i versi del'Anguilla (cfr. p. 148), dove si invita l'ancora angelica Clizia a sentirsi 151 guerka, dopoguerra, secondo novecento II "fantasma" finale: ľangelo nero Piove Da Satura sorella del terrestre animale in cui trova rappresenrazione l'energia vitale: questa volta, dunque, la salvezza di cui la nuova donna ě portatrice riguarda il solo poeta, ě individuale e privata. Alia Volpe, cui ě legáta per la prima volta la concretezza dell'eros, sono dedicate nella Bufera, in modo sistematico, le poesie dei Madrigaliprivati, dove tra ľaltro (in Da un lago svizzero) si legge il suo acrostico. Altri testi che la vedono protagonista sono nelle sezioni Flashes e dediche, Silvae e Conclusion i provvisorie: ne emerge ľimmagine di una donna dalle «gracili ali» [T'hanno assomi-gliato), ali «d'ebano» dal «fremito lungo, insostenibile» (Nubi color magenta...), dalla «virtú furio-samente angelica* (Le processioni del 1949), grazie alia quale il poeta, che sente «vinto il male, espiate le colpe» (Anniversatio), si riawicina alia vita: «Volo con te, resto con te; morire, / vivere ě un punto solo, un groppo tinto / del tuo colore, caldo del respiro / della caverna, fondo, appena udibile» {Nubicolor magenta...). I tratti delle tre donne, Annetta-Arietta, Clizia e la Volpe, sembrano confluire nelľ«angelo nero» della poesia omonima di Satura: una donna salvifica, «piccolo angelo buio, / non celestiale né umano» che, nel volo, ha accoko in sé le scorie della terra e della quotidianítä, un «grande angelo / di cenere e di fumo, miniangelo / spazzacamino» (cfr. p. 154). E una dichiarata parodia della celeberrima Pioggia nel pineto di D'Annunzio (dr. volume 6, p. 405 ss.), che oppone alia magniloquenza dell'originale un re-gistro volutamente "basso". Di Piove Martelli ha fatto una puntuale analisi, cui facciamo costante ricorso nelle note. Per le parodie cui e stata sottoposta la famosa lirtca dannunziana, rinviamo a un articolo di G. Lavezzi, Piove anco-ra nel pineto dannunziano, in Studi offerti ad A.M. Quartiroli e D. Magnino, Pavia 1987. La poesia appartiene alia sezione Satira II. eugenio mo nt ale Piove. Ě uno stulicidio senza tonfi di motorette o strilli di bambini. Piove da un cielo che non ha nuvole. Piove sul nulla che si fa in queste ore di sciopero generále. Piove sulk tua tomb a a San Felice a Ema e la terra non trema perché non c'e terremoto né guerra. Piove non sulk favola Bella Metro Versi üben raggruppati in brevi strofe di varia misura, legáti dal consueto libera gioco di rime, assonanze, consonanze (perfette e imperfette). 13-15 sulla... Ema in questa bca-litä vicina a Firenze era stata sepol-ta la moglie di Mortale, e II ora si trova anche la tomba del poeta. 20-21 non... stagioni Montale allude alla«... favofa bella/che ieri / m'illuse, che oggi t'illude, / o Ermione» degli Ultimi versi della Pioggia nel pineto (ma giä i w. 29-31 recano: «... la favola bella 1 che ieri /t'illuse, che oggi m'illude»). 24 ossí di seppia ľautocitazione iro-nica rimanda owiamente alia prima faccoíta montaliana, uscita nel 1925. 25 qreppia naiion3\s mangiatoia statale. alia quale "mangiano", cioě si arricch'iscono i politici corrotti e i loro amid. . 30 via Solfermo in questa via milane-5e si trova la sede del "Corriere della Sera", nella quale il giorralista Montale si recava ognigiomo. 34 Ermione é il nome della protagonista íemminile della Pioggia nel pineto. 39 Arcetri collína a sud di Firenze, dove visse gli ultimi anni Galileo, e attual-mente sede delľOsservatorio astrono-mico nazionale. Qui simboleggia la scienza, e il suo potere nella realtä con-temporanea, fino al paradosso del fe-nomeno naturale (il terremoto) provo-cato dagli scienziati. 41 nuoví epistémi nel pensiero nove-centesco un ruolo important^ é stato svolto dalľepistemologia, doé la scien-za che studia i modi e i metodi de\\d co-noscenza (dal greco epistéme, "cono-scenza"). 42 primate a due piedi ľuomo (il primate é un ordine di mammiferi che comprende ľuomo e le scimmie); se-condo Martelli, qui Montale allude iro-nicamente alla diffusione degli studi di antropológia culturaie, molto in voga negli anni sessanta e settanta. 43-44 uomo... ominizzato ľuomo si sente un dio, e il cielo ě abbassato a misura umana. 45-46 teologi in tuta / o paludati gli uomini delle due "chiese" dominan-ti allora in Italia, quella comunista [in tuta) e quetla attolica (paludati, in abi-to taláre). 48 contestazione il 1966 e il 1969 furono gli anni piú "caldi" delia contestazione studentesca e della protesta operaia. 49 works in regress "opere in re-gresso", def inizione che sbeffeggia, ro-vesciandola, ľespressione work in progress (lavoro in movi mento, che mani-festa il suofarsi), inquegli anni molto diffusa nelta critica letteraria e artŕstica. 51 dpressi malati nella pnmavera del 1969 (doé nel periodo immediatamen-te precedente la composízione della poesia) si diffuse in Italia una misterio-sa malattia che inaridiva i dpressi, fino a faríi morire. 54 appari il "tu" é riferfto a\\& moglie. Analisi dei Testo di lontane stagioni, ma sulla cartella esattoriale, piove sugli ossi di seppia e sufla greppia nazionale. Piove sulla Gazzetta Ufficiale qui dal balcone aperto, piove sul Parlamento, piove su via Solferino, piove senza che il vento smuovale ca rte. Piove in assenza di Ermione se Dio vuole, piove perché 1'assenza ě universale e se la terra non trema ě perché Arcetri a lei non l'ha ordinato. Piove sui nuovi epistěmi del primáte a due piedi, sulTuomo indiato, sul cielo ominizzato, sul ceffo dei teologi in tuta o paludati, piove sul progresso della contestazione, piove sui works in regress, piove sui cipressi malati del cimitero, sgócciola sulla pubblica opinione. Piove ma dove appari non ě acqua né atmosféra, piove perché se non sei ě solo la mancanza e puó affogare. Uma polemica contro il presente II bersaglio polemico della poesia ě la contemporaneitä, il presente da Montale cosi disamato: la parodia della famosa poesia dannunziana si traduce in amarissima parodia della realtä politica, sociale e culturaie in cui il poeta si trova a vivere, ma alia quale sente di essere del tutto estraneo. La dissacrante pioggia montaliana colpisce con la stessa durezza lo sciopero generale e ľepistemo-logia, ľantropologia culturaie e la contestazione, riducendoli a fanghiglia di trita banalita, e ríserva forse un'ombra di pietoso riguardo solo ai cipressi malati. A livello formale, rileviamo ľossessiva ripetizione di piove (dicíotto occorrenze in cinquantotto versi), funzionale alia messa in evidenza della banalita e superficialitä dominanti nella societa con-temporanea, abituata a mettere sullo stesso piano la cartella esattoriale e la filosofia. 153 guema, dopocuerha, seconoo novecento L'angelo nero Dä Satura 154 fondersi i tratti di Annetta-Arletta. di CiL de a vi °", *"* r„ m cui „ intravede appena un Jzt^Sl de. come in una preghiera, protezione. P * La poesia appartiene alia sezione Satura II. eucenio Mo nt ale Analisi del Testo La metamorfosi DELl'" angelo VISITATORE" 0 grande angelo nero fuligginoso riparami sotto le rue ali, che io possa sorradere 1 pettini dei pruni, le luminarie dei forni e inginocchiarmi sui lizzi spenti se mai vi resti qualche frangia delle tue penne o piccolo angelo buio, non celestiale né umano, angelo che rraspari trascolorante difforme e multiforme, eguale e ineguale nel rapido lampeggio della tua incomprensibile fabulazione o angelo nero disvélati ma non uccidermi col tuo fulgore, non dissipare la nebbia che ti aureola, stampati nel mio pensiero perché non c e ocehio che resista ai fari, angelo di carbone che ti ripari dentro lo scialle della caldarrostaia grande angelo ďebano angelo fosco o bianco, stanco di errare se ti prendessi un'ala e la sentissi scricchiolare non potrei riconoscerti come faccio nel sonno, nella veglia, nel mattino perché tra il vero e il falso non una cruna pud trattenere il bipede o il cammello, e il bruciaticcio, il grumo che resta sui polpastrelli ě meno dello spolvero dell'ultima tua piuma, grande angelo di cenere e di fumo, miniangelo spa2zacamino. Metro Quattro strofc irregokri di versi liberi, con rare rime finali e alcune rime interne. Metro Versi liberi. 4-5 sorradere... pruni "rädere rovi". 5 luminarie "vampate" 16 fabulazione l'eloquio dell'an-gelo e inceppato. cruna... cammello fa rife-rmento al noto passo erangelico in cm si dice che sarä piü facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri mparadiso. 1 La Gina la fedele domestica In questa poesia Montale sottopone a un profondo mutamento l'immagine della donna salvifica: il visiting angel, fangelo visitatore", ha infatti ormai «assorbito e quasi incorporate) tutte le scorie terrestri e demoniache del quotidiano» (F. Zambon) e la donna che salva appare calata nella realtá (non a caso la critica ha individuato un legame tra 1'anguilla della poesia omonima, cfr. p. 148, e questo angelo nero). AU'interno di uno scetticistno che si fa piú forte, reso qui esplicito dalla «relativitá e intercambia-bilitá del reale» (L. Barile), dalla metamorfosi della donna, permane 1'attesa di un miracolo: ma dell'evento non ě piú responsabile un'immagine angelica bensi un essere demoniaco, un angelo nero (dominantě risulta nel testo l'area semantica del fumo, del bruciato - cfr. fuligginoso, forni, tizzispenti, carbone, caldarrostaia, bruciaticcio, cenere, fumo, spazzacamino); un angelo che ha ormai perduto e stemperato molte delle sue qualita sacre, che si é immerso nel quotidiano, ma nel quale, pur sempre, soprawive un frammento di divino. Qualche indizio autobiografico ě ricavabile dal racconto Honey in Farfalla di Dinard, in cui Montale descrive la cuoca di sir Donald, che lo aveva ospitato insieme ad Alberto Moravia durante il suo soggiorno a Londra nel 1948: «L'angelo giunto da una cittá nera come il carbone era nerissi-mo anch esso [...]. Non era facile seguirla nei suoi discorsi per il suo accento cockney...». QUADERNO Dl QUATTRO ANNI II volume use! presso Mondadori nel 1977 e raccoglie poesie composte a partire dal 1973. II giorno dei morti Da Quaderno di quattro anni L'incontro con i morti, richiamati tra i vivi in un semplice e scaramantico rito po-polare, si tramuta nella denuncia, velata d'ironia, del fatto che anche i vivi, senza saperlo, sono giá morti. La Gina ha acceso un candelotto per i suoi morti. L'ha acceso in cucina, i morti sono tanti e non vicini. Bisogna risalire a quando era bambina e il caffelatte era un pugno di castagne secche. Bisogna ricreare un padre piccolo e vecchio e le sue scarpinate per trovarle un poco di vino dolce. Di vini lui non poteva berné né dolci né secchi perché mancavano i soldi e e'era da nutrire i poreellini che lei portava al pascolo. Tra i morti si puó mettere la maestra che dava bacchettate alle dita gelate della bambina. Motto anche qualche vivente, semivivente prossimo al traghetto. E una folia che non ě niente perché non ha portato al pascolo i poreellini. 155 GUERHA, DOPOGUERHA, SECONDO NOVECENTO Eugenio Montale Analisi e Approfondimenti ľincontro con i morti I «sed1centi vivi» la mortí e i "fantasmi" femminili Il colloquio con i morti II terna delia morte e quello delľossessiva presenza dei morti fa Íl suo ingresso nella seconda rac-colta, Le occasioni, fittamente intrecciato con quello della memoria; i momenti che, rapidi e im-prowisi, emergono dalle nebbie del passato, portano con sé infatti il ricordo di persone scompar-se che sembrano voler tornare insieme al tempo ormai trascorso. Montale, ponendosi su una strada che era giä stata percorsa da Pascoli, considera la morte come una climensione ambiguamente confinante con quella dei vivi, I «sedicenti / vivi» infatti spesso si distinguono a fatica da coloro che non sono piú: lo stesso poeta non ě sicuro ďessere vivo e arriva a sperare di essere «giä mort[o] senza saperlo» (cfr. Avevamo studiato per ľaldilä, p. 150). Al "fantasma" femminile cui Montale affida, nelle sue varie incarnazioni, un molo salvifico, ě an-che talora riconosciuta la funzíone di guida verso la morte. Negli Ossi questo motivo appare nella coppia speculare Arletta-Arsenio: nella poesia Arsenio (cfr. p. 135) alla donna ě infatti affidato il compito di guidare ľuomo verso gli inferi, in una discesa verso la morte che sola, paradossalmente, potrebbe portare Arsenio, alter-ego del poeta, alla víta. In La casa dei doganieri {Le occasioni; cfr. p. 144) Montale, rivolgendosi ad Arletta, la donna che egli dice morta, confessa di non saper distinguere tra «chi va e chi resta»: se lui, della coppia quello destinato a vivere, o la donna che, nella finzione poetica, ě ormai scomparsa. Nella Bufera le persone amate dal poeta, colpito da alcuni lutti familiari (nel 1938 muore la sorella Marianna, nel 1942 la madre), si affacciano nel mondo dei vivi con la medesima funzione del "fantasma" femminile, o meglio in sostituzione di quesťultimo, di quella Clizia «iddia che non s'incar-na» {Gli orecchini) che dal poeta si sta allontanando. II ritorno dei familiari scomparsi e il colloquio con loro, anch'esso di evidente ascendenza pascolia-na, si offre come un'ulteriore possibilitä di salvezza. In Ľarca si legge di un ritorno alla casa in rovina di Monterosso, in un paesaggio sconvolto dalla tempesta che riunirä i cari morti «sotto quel tetto / di prima, ma lontano, piú lontano / di questa terra folgorata dove / bollono calce e sangue»; in A mia múdre, Montale si rivolge alla donna «nelľeliso / folto ďanime e voci» in cui vive; in Voce giun-ta con le folaghe, il poeta assiste invece in silenzio al dialogo tra la propria ombra e il padre mentre «11 vento del gíorno / confonde ľombra viva e ľaltra ancora / riluttante»; in Proda di Versilia, protagonisti divengono «1 miei morti», per i quali il poeta dice di chiedere «non resurrezione ma / il compiersi di quella víta ch'ebbero / inesplicata e inesplicabile», morti che «piú di raro discendono dagli orizzontt aperti / quando una mischia ďacque e cielo schiude / finestre ai raggi della sera»: un'immagine per la quale ě stata citata la suggestiva e simbolica nevicata di The Dead (I morti), rac-conto finále dei Dubliners (Racconti di Dublino) dí James Joyce («La neve cadeva su ogni punto delľoscura pianura centrále. [,..] Cadeva anche su ogni punto del solitario cimitero sulla collina. [...] Si ammucchíava fitta sulle croci contorte e sulle lapidi, sulle punte del cancelletto, sui roveti spogli. La sua anŕma svani lentamente nel sonno, mentre ascoltava 1a neve cadere lieve su tutto ľu-niverso, come la discesa della loro ultima hne, su tutti i vivi e su tutti i morti»). Intervista immaginaria Da Intenzioni 156 Pubblicata sul primo numero della rivista "La Rassegna ďltalia" nel gennaio 1946 (ora in // secondo mestiere. Arte, muška, societä, 1996), questa Intervista immaginaria é straordinariamente importante per conoscere e capire la poetica e le scelte cufturali di Montale, allora cinquantenne e autore di Ossi d i seppia, Le occasioni, Finisterre (che sarebbe poi diventata la prima sezione di La bufera e aitro). Ľintervista é in realtá una finta intervista, tutta eJaborata dal-ľautore, nella quale le domande sono sostituite da puntini di sospensione, ma possono facilmente essere dedotte dalle risposte. 1 Marforio alľimmaginano intervi-statore Montale dá il nome che gli antichi románi atlribuivano a una cr> lossale statua di divinitä fluviale (for-se ilTevere). II nome deriva probabil-mente da quello della piazza in cui sorgeva: Martis forum (Foro di Marte). Vi si affiggevano scritti satirici anonimi (come alla piú famosa statua diPasquino). 2 di fronte... pittore " in quaie mo-rnento ho scoperto la mia vena arti-stica". 3 pittura nel secondo dopoguerra Montale comindo a dipingere, inizia-to ai piaceri della pittura dagli amici Raffaele De Grada ed Ernesto Trec-cani. Prediligeva l'uso di rnateriali po-veri e "riciclati" come carta da pac-chi, cartoni ecc. 4 In quegli anni alľinizio del seco-lo. 5 spiriti fortí cosi sono definiti iro-nicamente i critici vociani. 6 «Primo Tempo» su questa rivista torinese fondata nel 1922 da Gia-como Debenedetti e Sergio Solmi Montale anticipô alcuni "ossi". 7 Gobetti Piero Gobetti {1901-1926), ideologo del liberalsocialismo e fondatore delle riviste "La Rivo-luzione liberale" e "II Baretti", fu il primo editore degli Ossi di seppia (1925). 8 Scrutator e Babeuf lipid pí oj donimi giornalistici. 9 turns eburnea "torre ďavorio"; ě espressione biblica usata per indicate isolamento. Wfantaisiste termine francese che 5ignŕfica "fantasioso", "fuori dagli 5chemi della consuetudine"; Montale si riferisce probabilmente a Palazzeschi, che ispirô alcune delle sue prime poesie. 11 Studiavo... Lucia nel 1915 Montale iniziô a prendere lezioni di canto dal maestro Ernesto Sivori, che lo fece studiare da baritono; sono ir> terpretati da baritoni infatti i perso-naggi citati del Faust di Charles Gounod (1859). della Favorita e delia Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti (1840 e 1835). 12 mori,.. Sivori il maestro Sivori mori nel 1923. MBoccanegra Simon Boccanegra, protagonista delľomonima opera di Verdi (1857). 14fuocovittorughiano spesso in Verdi le fonti dassiche sono mediate dal romanticismo di Vietor Hugo (1802-85), poeta e romanziere francese. 15 Sbarbaro ai Trudoiiói Camillo Sbarbaro, usciti nel 1920, Montale aveva dedicate una acutissima recen-sione pubblicata su "ĽAzione" di Genova (oggi raccolta in Sulla poesia). 16 Ceccardo Ceccardo Rocca-tagliata Ceccardi(1871-I9l9). 17 Boine Giovanni Boine, antologiz-zato nel volume 7. 18 Lungi... sé Montale si rifä alla terminológia pascoliana del Fantiui-lino. 19 Chiara... ďargenti e? ľinizio della poesia Corrispondenze, che rirnan-da chiaramente a Baudelaire. - Se ho ben compreso la sua domanda, Marforio,1 lei vorrebbe sapere da qual momen-to, e in seguito a quale causa accidentale, di fronte a quale quadro di cavalletto ho po-tuto esclamare il fatidico: «Anch3io son pittore!».2 Com'é che mi sono deciso e ricono-sciuto nelľarte mia, che non é stata la pittura.5 E molto difficile dirglielo. Non ci fu mai In me una infatuazione poetica, né alcun desiderio di «specializzarmi» in quel sen-so, In quegli anni4 quasi nessuno si oceupava di poesia. L'ultimo successo di cui abbia ricordo in quei tempi fu Gozzano, ma gli spiriti forti5 dicevano male di lui, e anch'io (a torto) ero di quel parere. I letterati migliori, che presto si riunirono intorno alla «Ron-da», pensavano che la poesia dovesse seriversí, da allora in poi, in prosa. Ricordo che pubblicati i primí versi, nel «Primo Tempo»6 di Debenedetti, fui accolto con irónia dai miei pochi amici (ch'erano giä immersi nella politica, antifascisti dal piú al meno, verso il '22-23). Lo stesso Gobetti7 che stampô il mio primo libro nel '25, non fu troppo sod-disfatto quando gli mandai un articolo politico per la sua «Rivoluzíone liberale». Cre-deva anche lui, come oggi eredono i vari Scrutator e Babeuf8 del giornalismo monar-chico romano, che un poeta non puô e non deve intendersi di politica. Aveva torto; senza contare che non ero ben sicuro di essere un poeta. - Se ne sono sicuro oggi? Non saprei. La poesia, del resto, é una delle taňte possibili po-sitivitä della vita. Non eredo che un poeta stia piú in alto di un altr'uomo che veramente esista, che sia qualeuno. Mi proeurai anch'io, a suo tempo, un'infarinatura di psicanalisi, ma pur senza ricorrere a quei lumi pensai presto, e ancora penso, che ľarte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato. Ciô peraltro non giustifi-ca aleuna deliberata turris eburnea-? un poeta non deve rinunciare alla vita. É la vita che s'incarica di sfuggirgli. - Scrissi i primi versi da ragazzo. Erano versi umoristici, con rime tronche bizzarre. Piú tardi, conosciuto il futurismo, composi anche qualche poesia di úpofantaisiste,10 o se si vuole grottesco-erepuscolare. Ma non pubblicavo e non ero convinto di me. Am-bizioni piú conerete e piú strane mi oceupavano. Studiavo allora per debuttare nella parte di Valentino, nel Faust di Gounod; passai poi tutta la parte di Alfonso XII nella Favorita e quella di Lord Aston nella Luáa.n Uesperienza, piú che ľintuizione, delia fondamentale unitä delle varie arti dev'essere entrata in me anche da quella porta. I pronostici erano ottimi, ma quando mori il mio maestro, Ernesto Sivori,12 uno dei primi e piú acclamati Boccanegra,u mutai rotta, anche perché ľinsonnia non mi dava tre-gua. Ľesperienza mi fu utlie: esiste un problema ďimpostazione anche fuori del canto, in ogni opera umana. E eredo di essere rimasto uno dei rari uomini ďoggi che com-prenda il nostro melodramma. A quello verdiano dobbiamo la sorprendente ricompar-sa, in pieno Ottocento, di alcune vampe del fuoco di Dante e di Shakespeare. Non im- 1 fuoco vittorughi—" porta se confuso piú spesso co. ighiano.- - Si, conobbi presto (non di persona, se si eccettua Sbarbaro)15 alcuni poeti liguri: Ceccardo16 e Boine,17 fra gli altri. Dov'essi meglio aderivano alle fibre del nostro suolo rappresentarono senza dubbio un insegnamento per me. Ammirai la fedeltä e ľarte di Sbarbaro, ma Boine era poeta a metá e Ceccardo, che lo era per intero, non si rese mai conto dei suoi mezzi. Viveva rivolto verso il passato, sempre bisognoso di puntelli aceademici. Lungi dal professarsí poeta puer diffidô troppo del fanciullo che aveva in sé.18 Pure nessuno dei suoi contemporanei ebbe a tratti una voce paragona-bile alia sua: Chiara felicitä della riviera quando il melo šija magro ďargenti,P 157 mu [58 Guerra, dopoguerra, secondo Noveccnto - Quando cominciai a scrivere le prime poesie degli Ossi di seppia avevo certo un'idea delia musica nuova e delia nuova pittura. Avevo sentito i Minstrels di Debussy,20 e nella príma edizione dei libro c'era una cosetta ehe si sforzava di rifarli: Musica sognata.21 E avevo scorso gli Impressionisti dei troppo diffamato Vittorio Pica.22 Debbo anche dire ehe dopo le poesie grottesche serissi qualche sonetto tra fílosofico e pamassiano, dei tipo di quelli dei Cena (Homo).23 Ma nel '16 avevo giä composto il prímo frammento tout en-tier ä sa proie attaché-?4 Meriggiare pallido e assorto (ehe modificai piú tardi nella strofa finále). La predá era, s'intende, il mio paesaggio. - No, sapevo anche allora distinguere tra deserizione e poesia, ma ero consapevole ehe la poesia non puô macinare a vuoto e ehe non puô aversi concentrazione se non dopo dif-fusione.25 Non ho detto dopo spreco. Un poeta non deve sciuparsi la voce solfeggiando troppo, non deve perdere quelle qualitä di timbro ehe dopo non ritroverebbe piú. Non bisogna scrivere una serie di poesie lä dove una sola esaurisce una situazione psicologíca determinata, un'occasione. In questo senso é prodigioso ľinsegnamento dei Foscolo, un poeta ehe non s'e ripetuto mai. [...] - [,..] serívendo il mio prímo libro, Ubbidii a un bísogno di espressione musicale. Volevo ehe la mia paroh fosse piú aderente di quella degli altri poeti ehe avevo conosciuto. Piú aderente a ehe? Mi pareva di vivere sotto a una campana di vetro, eppure senrivo di esse-re vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile, un filo appena mi separava dal quid de-finitivo.26 Ľespressione assoluta sarebbe stata la rottura di quel velo, di quel filo: una esplosione, la fine delľinganno dei mondo come rappresentazione.27 Ma questo era un limite irraggiungibíle. E la mia volontä di aderenza restava musicale, istintiva, non pro-grammatica. All'eloquenza delia nostra vecehia lingua aulica volevo torcere il coĽo,2s ma-garí a rischio di una controeloquenza. - Dei simbolisti francesi sapevo quanto si puô capirne dall'antologia dei Van Bever e dei Léautaud;29 piú tardi lessi molto di piú. Quelle esperienze erano giä in aria, tuttavia; note anche a chĺ non conoscesse gli origináli. I nostri futuristi, e gli serittori delia «Voce», le avevano apprese e spesso fraintese. [...] - Mutato ambiente e vita,30 fatti aleuni viaggi alľestero, non osai mai rileggermi seria-mente e sentii il bisogno di andare piú in fondo. Fino a trenťanni non avevo conosciuto quasi nessuno, ora vedevo anche troppa gente, ma la mia solitudine non era minore di quella dei tempo degli Ossi di seppia. Cercai di vivere a Firenze col distacco di uno stra-níero, di un Browning;31 ma non avevo fatto i conti coi lanzi delia podesteria feudale da cui dipendevo.32 Del resto, la campana di vetro persisteva intorno a me, ed ora sapevo ch'essa non si sarebbe mai infranta; e temevo ehe nelle mie vecehie prove quel dualismo fra lirica e commento, fra poesia e preparazione o spinta alla poesia (contrasto ehe, con sicumera giovaníle, un tempo avevo awertito anche in un Leopardí) persístesse grave-mente in me. Non pensai a una lirica pura nel senso ch'essa poi ebbe anche da noi, a un giuoco di suggestioni sonore; ma piuttosto a un frurto ehe dovesse contenere í suoi moti-vi senza rivelarli, o meglio senza spiattellarli. Ammesso ehe in arte esista una bilancia tra il di fuori e il di dentro, tra ľoccasione e ľopera-oggetto bisognava esprimere ľoggetto e tacere ľoccasione-spinta.33 Un modo nuovo, non parnassiano, di immergere il lettore in medias res}4 un totale assorbimento delle intenzioni nei risultati oggettivi. Anche qui, fui mosso dalľistinto non da una teória (quella eliotiana dei «correlativo obiettivo» non ere-do esistesse ancora, nel '28, quando il mio Arsenio fu pubblicato nel «Criteríon»).35 In sostanza non mi pare ehe il nuovo libro contraddicesse ai risultati dei primo: ne elimina-va aleune impuritä e tentava di abbattere quella barríera fra interno ed esterno ehe mi pa- 20 i Minstrels di Debussy uno dei Dodici Preludi del musosta Claude Debussy (1862-1918). 21 Muška sognata lä poesia é presente con questo titolo nella prima edizione degli Ossi, poi ne viene espunta fino a un'edizione Mondadort del 1977: da questo momento rientra definitivamente negli Ossi con titolo Minstrels. 22 Vittorio Pica entico napoleta-no ďarte e di letteratura (1864-1930), fra i primi in Italia a oceu-parsi delľimpressionismo e del simbolismo. 23 Cena (Homo) Homo é una raccolta poetica di Giovanni Cena (1870-1917), poeta e romanziere piemontese di ispirazione sociale. 24 tout... attache la citazioneé dalla Phédre (1677), tragédia di Jean Racine, e significa: "tutto ri-voltoalla predá". 25 non puô... diffusione Montale qui riprende in modo abbastanza scoperto quanto ľamico critico Gianfranco Contini aveva detto degli Ossi, a proposito delia compresenza in essi di una components «assertiva» (rappresenta-zione di oggetti poetici) e di una components «descrittiva». 26 quid definitivo "qualcosa dt definitivo". 27 la fine... rappresentazione la caduta del prineipio idealtsttco per il quale il mondo é un'immagi-ne delľidea. Montale allude al titolo della piü famosa opera di Schopenhauer, // mondo come volontä e rappresentazione (1819). 28 All'eloquenza... collo riprende il famoso invito di Paul Verlaine a «torcere il collo all'eloquenzao. 29 antológia... Léautaud Poorer ďaujourďhui, a eura di Adolphe Van Bever e Paul Léautaud, raccolta di poeti simbolisti uscita nel T900. 30 Mutato ambiente e vita ri cordiamo ehe nel 1927 Montale si era trasferito a Firenze, dove lavo-rava presso la casa editrice Bem-porad. 31 Browning Robert Browning (1812-89), uno dei maggiori poeti inglesi delľetä vittoriana. 32 lanzi... dipendevo i "lanzi-chenecehi", cbé i "mercenari" al servizio dei podestä di Firenze, nel 1938 fecero perdere a Montale il posto di direttore delia Biblíoteca del Gabinetto Vieusseux (ehe aveva assunto nel 1929). 33 esprimere... spinta é la poetica delle Occasioni (per la quale ri-mandiamo ancora a\\'Opera), affine al principio eiiotiano del «corre-lativo oggettivo». 34 in medias res "nel mezzo del-ľargomento". 35 nel... «Criterion» la lirica Arsenio fu pubblicata nella tradu-zione inglese fatta da Mario Praz sulla rivista "The Criterion", diretta da Eliot. 36 dal punto di vista gnoseolo-gico "secondo i pnncipi della co-noscenza". 37 aleuni... soddisfatti Montale si nferisce forse in particolare ad Alfredo Gargiulo, autorevole critico del tempo, ehe aveva seritto ľlntroduzione alla seconda edizione degli Ossi di seppia (Ribet, Torino 1928} dandone un giudizio molto positivo, mentre aveva espresso riserve sulle Occasioni. 38 pedale é termíne tecnico; il pe-dale delľorgano consente di man-tenere a lungo una nota o un ac-cordo, mentre i tasti danno vita a una nuova armonia. 39 la Selvaggia... vuole Sel-vaggia é cantata da Cino da Pistoia (1270 ca-1337)j Mandetta di To-losa da Guido Cavalcanti 0255 ca-1300), Delia dal poeta francese cinquecentesco Maurtce Sceve. 40 Mottetti la sezione delle Occasioni ehe si configura, come abbiamo detto, come quella piú compattamente dedicata a Clizia. 41 guerra cosmica e terrestre la seconda guerra mondiale, ehe assume anche un piú vasto valore metaforico. 42 lei... procellaria sono le forme in cui si manifesta Clizia; la procellaria é un uccello marino, con piumaggio neroecoda bian-ca, detto anche "uccello delle tem-peste". 43 Nuove Stanze poesia delle Occasion/ nella quale Clizia profe-tizza la guerra, ehe difatti sarebbe scoppiata poco dopo. Eugenio Montale réva insussistente anche dal punto di vista gnoseologico.36 Tutto é interno e tutto é esterno per ľuomo ďoggi; senza ehe il cosiddetto mondo sia necessaríamente la nostra rappresentazione. Si vive con un senso mutato del tempo e dello spazio. Negli Ossi di seppia tutto era attratto e assorbito dal mare fermentante, piú tardi vidi che il mare era dovunque, per me, e che persino le classiche architetture dei colli toscani erano anch'esse movimento e ťuga. E anche nel nuovo libro ho continuato la mia lotta per scavare un'altra dimensione nel nostro pesante linguaggio polisillabico, ehe mi pareva rifiutarsi a un'esperienza come la mia. Ripeto ehe la lotta non fu programmatica. Forse mi ha assistito la mia forzata e sgra-dita attivitä di traduttore. Ho maledetto spesso la nostra lingua, ma in essa e per essa sono giunto a riconoscermi inguaribilmente italiano: e senza rimpianto. Il nuovo libro non era meno romanzesco del primo, tuttavia il senso di una poesia ehe si delinea, il vederla fisicamente formarsi, dava agli Ossi di seppia un sapore che qualcuno ha rimpianto. Se mi fossi fermato lä e mi fossi ripetuto avrei avuto torto, ma alcuni sarebbero stati piü soddisfatti.37 - Le Occasioni erano un'arancia, o meglio un limone a eui mancava uno spicchio: non proprio quello delia poesia pura nel senso ehe ho indicato prima, ma in quello del pedaled della musica profonda e della contemplazione. Ho completato il mio lavoro con le poesie di Finisterre, che rappresentano la mia esperienza, diciamo cosi, petrarchesca. Ho proiet-tato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia (la chiami come vuole)39 dei Mottetti4® sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre,41 senza scopo e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna o nube, angelo o procellaria.42 II motivo era giä contenuto e anticipato nelle Nuove Stanze4^ scritte prima della guerra. Non ci voleva molto a essere profeti. Si tratta di poche poesie, nate nelľincubo degli anni '40-42, forse le piü libere che io abbia mai scritte, e pensavo che il loro rapporto col motivo centrale delle Occasionifosse evidente. Se avessi orchestrato e annacquato il mio tema sarei stato capito meglio. Ma io non vado alia ricerca della poesia, attendo di esserne visitato. Scrivo poco, con pochi ritocchi, quando mi pare di non poterne fare a meno. Se neppur cosi si evita la retorica vuol dire ch'essa é (almeno da me) inevitabile. [,..] Analisi del Testo La confessione di un poeta Scrivo poco, con pochi ritocchi, quando mi pare di non poterne fare a meno. NeJľintervista Montale ha voluto mettere a fuoco aleune caratteristiche fondamentali delia sua poesia, in parte anche ri-spondendo a quanto i critíci gli avevano rimproverato. Tra i passaggi piú significativi segnaliamo la definizione dell'arte come surrogato, come la forma di vita di chi veramente non vive, non perché, postilla Montale, ľartista si compiaccia dei suo isola-mento ehe lo pone al di sopra degli altri uomini, ma perché é la vita stessa ehe gli si sottrae. Percorsa brevemente la propria carriera, a partire da quella non realizzata di cantante lirico, Montale passa in rassegna le sue prime frequentazioni letterarie, quelle con le pagine dei poeti liguri e dei simbolisti francesi, e dichiara la sua scelta immediata di un'antieloquenza ehe "torcesse il collo" alla vecehia lingua aulica. Momento-chiave delia dichiarazione ďautore é quello relativo alla seconda raccolta, con la preci-sazione ehe nella sua ricerca poetica egli non andava verso la lirica pura, nel senso utilizzato dagli ermetici, ma verso una poesia ehe fosse un frutto ehe dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli {cfr. ancora ľOpera, p. 138 ss.). Interessante anche ľaccenno al suo lavoro di traduttore ehe lo porta a cercare per il nostro pesante 7sillabico altre soluzioni espressive. 159