IM M M M M M M M M M M MI LUIGI PIRANDELLO NOVELLE PER UN ANNO volume second© •i-i.-j&iy 6 NOVELEE PER TJN ANNO piú di lei, pur dovendo attendere a quelle due creaturine aveva avuto la forza di ripigliare gli studu interrotti all'ultimo anno; aveva preso il diploma; poi, awalendosi del buon nome lasciato dal marito e delle molte aderenze ch'egli aveva, fa-cendo anche considerare le sue tristi condizioni, era riuscita a ottenere una classe aggiunta in una scuola complementare. Ma la retribuzione, insieme con la pensioncina del maritoj non bastava o bastava appena appena. Se avesse voluto... Non vestiva bene; non si curava piú per nulla di sé; si pettinava, lá, alla svelta, ogni mattina; s'ap-puntava un cappellino che non era piú neanche di moda; c via alla scuola, senza guardare mai nessuno; eppure, se avesse voluto, giá due partiti. Chi sa perché, anche quella sera lá, mentre andava frettolosa fra le sue bambine, tutti si vol-tavano a mirarla; e pioveva! Figurarsi, pero, se lei avrebbe voluto mai dare un altro babbo a Dinuccia e a Mimi. Pazzie! pazzie! Quell'ammirazione, intanto, quegli sguardi ora arditi e im-pertinenti, ora languidi e dolci, colti a volo per via, con apparente fastidio o anche, čerte volte, con sdegno, le cagio-navano in fondo una frizzante ebbrezza; le ilaravano lo spirito; davano quasi un sapore eroico a quella sua rinunzia al mondo, e le facevano stimar bello e lieve il sacrifizio per il bene delle due řigliuole. Era un po' il piacere delTavaro, il suo; dell'avaro che non soffre tanto delle privazioni a cui s'assoggetta, pensando che, se volesse, potrebbe godere senz'alcuna difficoltá. Ma che sarebbe dell'avaro, se da un momento alTaltro l'oro del suo forziere perdesse ogni valore? Ebbene, čerti giorni, senza saper perché, o meglio, senza volersene dire la ragione, ella cadeva in unacupairrequietezza; era agitata da una sorda irritazione, che cercava in ogni piú piccola contrarietá (e quante ne trovava, allora!) un pretesto per darsi uno sfogo. Le erano mancati per via quegli sguardi, quell'ammirazione. E segnatamente sulla maggiore delle řigliuole, su Dinuccia, si scaricava allora la maligna elettricitá di quelle torbide giornate. La piccina, senza saperlo, attirava quelle scariche col suo visino pallido, silenziosamente vigile, coi suoi sguardi attoniti e sérii, che seguivano la mammina furiosa, la mammina che si sentiva spiata e credeva di scor- l ombrello 497 gere un rimprovero in quelTattonimento penoso e in quello sguardo serio e indagatore. — Stupida! — le gridava. Stupida, perché? Perché non capiva la ragione per cui la mammina era cosi nervosa, quel giorno, e cattiva? Ma se non voleva capirla neanche lei, questa ragione! Era soltanto me-ravigliata, la piccina, di non vederla gaja come gli altri giorni, ecco. Meravigliata? Si meravigliava a torto; perché non tutti i giorni si puö essere gaj; e non era mica gioconda per la mammina quella vita di stenti e ďangustie. Lo sapeva bene lei sola, quanti pensieri e quanti bisogni e quante difficoltá. Soffocava cosi il rimorso ďaver maltrattato e fatto piangere ingiustamente la bambina. Erano pur veri sí, i pensieri, gli stenti, i bisogni, le angustie, le difficoltá; ma il non voler confessare a se stessa la vera ragione della sua tristezza e della sua nervosita la rendeva ancora piú triste e nervosa. Per fortuna, c'era 1'altra piccina, Mimi, che faceva ogni volta il miracolo di rasserenarla tutťa un tratto, con qual-cuno de' suoi vezzi infantili, pieni di grazia, irresistibili. Mimi prima la guardava, la guardava per un pezzo, ma non con quegli occhi vigili e sérii della maggiore; con oc-chi ingenui e amorosi la guardava; poi faceva parlare quello sguardo, soffiando coi labbruzzi di ciliegia: ■—■ Mammina bella! Si alzava, s'inchinava con le manině a tergo e domanda-va, scotendo tutti i riccioli neri della testina: — Vuoi bene? Cosi. Non diceva: — «Mi vuoi bene » — ma per tutti, semplicemente: — «Vuoi bene? ». — E allora ella le tende-va le braccia e appena quel batuffoletto le saltava al collo, se lo stringeva forte forte al seno, rompendo in pianto; chia-mava subito a sé anche Dinuccia; le abbracciava tutťe due, con fremente tenerezza, carezzando anche di piú la piccina poc'anzi maltrattata; e godeva di sentirsi inebbriare da que-sťaltra gioja pura, che nasceva dal suo dolore e dalla sua bontá, che nasceva veramente dal suo sacrifizio, imposto dalla crudeltá della sortě, e ch'ella era felice, felice di com-piere per quelle due creaturine, unicamente per loro. 498 novelle per un anno J^Q^a, ^Quella sera, intanto, la mammina era molto gaja. «qQ^o """^ — Sú> Mimi! Ecco, ě qua: siamo arrivate! »'.. La bambina era restata a bocca aperta davanti a čerte grandi vetrine abbarbaglianti in capo a via Nazionale. Tirata dalla mamma, entrö nella bottega, ripetendo ancora una volta: — «Le bacchette! Pirna le bacchettel » — Ecco, si, zitta! — le gridó la madre, a cui s'era fatto innanzi un commesso di negozio. — Barch... cioě, vedi? lo fai dire anche a me. Mi dia due paja di... — « Bacchette 1 » — E dalli 1 «Calosce», per queste bambine. Le chiama barchette la mia piccina. Veramente, si potrebbero anche chiamare cosi, per non usare quella parolaccia forestiera. — Soprascarpe, — suggeri asciutto, con aria di sufficien-za il commesso, inarcando le ciglia. — Barchette pero sarebbe piú carino. — «Pirna a me! Pirna a me! » — gridava intanto Mimi, arrampicatasi sul divano, agitando i piedini. — Mimi! — la sgridö la mamma, guardandola severa-mente e cangiandosi in volto. Subito Dinuccia notö questo repentino cambiamento, e assunse, con gli occhi attoniti e serii, quell'aria di attoni-mento penoso, che tanto urtava la madre. E nessuna delle due badö alla gioja di Mimi, a cui quell'antipatico commesso aveva giä provato la prima « barchetta ». Voleva subito subito scendere dal divano per camminarci, senz'aspettare l'altra. — Qua, ferma, Mimi! O via a casa! Troppo larga, non vedi? Qua! II commesso, prima ďandare a prendere un altro pajo d'ultima misura, avrebbe voluto provare quelle alla mag-giore; ma Dinuccia si schermi, indicando la sorellina: — Prima a lei. — Stupida, ě lo stesso! — le gridö la madre, prendendola sotto le ascelle e sedendola con mal garbo sul divano. Intanto, per quietare Mimi, disse al commesso che güel'avreb-be calzate lei, quelle, alla maggiore; e che egü per piacere andasse nel frattempo a prendere il pajo per la piccola. _ Dinuccia, calzata, rimase a sedere sul divano; Mimi in-vece ne scivolö via lesta, battendo le mani, e si mise a sal- l ombrello 499 tare, a girare su se stessa come una trottolina, cacciando gridi di gioja; e ora levava un piede, ora 1'altro, per guardarselo. Dal divano, Dinuccia la guardava, e sorrideva pallidamente. Si rifece seria, udendo la madre esclamare: — Quaranta lire? Venti il pajo? -— Fabbrica americana, signora, — rispose il commesso, opponendo alla maraviglia della compratrice la freddezza dignitosa di chi conosce il valore della měrce che si vende in bottega. — «Articolo » indistruttibile. Lei lo puó strin-gere in un pugno, guardi! — Capisco, ma... scusi, per un piedino cosi, venti lire? E il commesso: — Due soli prezzi, signora: per i piccoli, venti lire; per i grandi, trentacinque. Un po' piú lunghe, un po' piú corte, capirá, ció che conta ě la fattura. — Non me lo sarei mai aspettato! — confessó allora, afflitta, la mammina. —■ Avevo calcolato, al piú al piú, venti lire per tutťe due. — Uh, non lo dica nemmeno! — protestó il commesso, quasi inorridito. — Guardi, — si provó ad allettarlo la mammina, — do-vrei comperare altra roba: due «loden », pure per le piccine; due ombrelli. — Abbiamo tutto. — Lo so; sono venuta qua apposta. Mi faccia qualche ri-duzioncina. II commesso alzo le mani, Liftessibile: — Prezzi fissi, signora. Prendere o lasciare. La mammina gli lanció uno sguardo torbido, di sdegno. Facile a dire, lasciare! Come togliere dai piedini a Mimi le barchette? La solita furia. Avrebbe dovuto prima contrat-tare, ecco. Ma poteva mai supporre che gliene domandassero tanto? E poi, se erano prezzi fissi... Aveva calcolato di spen-dere in tutto centoventi Ure: piú non poteva. — I «loden », — disse, — mi faccia vedere. Che prezzo hanno? — Ecco, favorisca di qua. .— Dinuccia! Mimi! — chiamó la mammina irritata. — Buona, sai, Mimi, o ti levo le calosce! Vieni qua. Lasciami vedere! Non ti vanno troppo larghe anche queste? 50o novelle per un anno Voleva tentare di levargliele per provare se le riuscisse di trovarne a minor prezzo in qualche altra bottega. Le veniva ormai di schiaffeggiarlo quel commesso. — «Lagghe? No, belle 1 » — gridö Mimi, ribellandosi. — E lasciami vedere 1 — Belle no, belle 1 tanto belle! — seguitö Mimi, scap-pando via. E si mise a soffiare, gonfiando le gote, e ad agitare i brac-cini e a sgambettare, come se fosse in mezzo all'acqua e vi passasse sicura, con quelle barchette ai piedi. La degnö di un sorriso, alla fine, quel commesso di nego-zio. Ma non l'avesse mai fatto! Vedendolo ridere come per compassione, la mammina send rimescolarsi tutto il sangue. Pensö che aveva soltanto centotrentacinque lire nella bor-setta. I «loden », quaranta lire l'uno; quaranta lr due paja di soprascarpe; non ne restavano che quindici, ^oche per due ombrelli: sí e no, avrebbe potuto comperarne uno, e d'infima qualitä. Ora, il piacere delle bambine era appunto d'avere un om-brello per ciascuna, l'ombrello e le barchette. A quei cap-potti impermeabili, grevi, grigi, pelosi, non fecero alcuna festa: e quando seppero che di ombrelh non se ne poteva comperar che uno, cominciarono le liti. Dinuccia sosteneva con ragione che toccava a lei, ch'era la piú grande; ma Mimi non voleva sentirla questa ragione, poiché un ombrello era stato promesso anche a lei; e invano la mamma, per metter pace, badava a ripetere che non sa-rebbe stato né dell'una né dell'altra, ma di tutťe due in co-mune, dovendo andare a scuola insieme. —■ « Peló, lo lleggio iol » •— protestó Mimi. — No, io! — si ribelló Dinuccia. — Un po' 1'una, un po' l'altra, — troncö la madre, e ri-volgendosi a Mimi: — Tu non potrai; non saprai reggerlo. — « Sí che lo lleggio! » — Ma se ě piú alto di te, non vedi? E, per fargliene la prova, la mammina glielo pose accanto. Subito Mimi se lo strinse al petto con tutte e due le braccia. Questa parve a Dinuccia una prepotenza, e stese le mani per strapparglielo. — Vergogna! — gridó la mamma. — Che spettacolol l'ombrello 501 che bambine per benel Qua, a me l'ombrello! Non 1'avrá nessuna delle due! Per via, benché coi «loden » addosso e le barchette ai piedi, le due bambine andarono taciturne, imbronciate, con gli occhietti sfavillanti, fisso il pensiero a quell'ombrello, per cui la lite si sarebbe certo riaccesa, appena varcata la soglia di casa. La proprieta, in comune: va bene; ma a chi lo avrebbe affidato, la mattina appresso, la mamma? Tutto era qui: portarlo aperto per via, quell'ombrello, sotto la pioggia! E Dinuccia pensava che toccava a lei, a lei di diritto: non solo perché la maggiore, ma anche perché... ecco qua: si poteva dare una prova migliore di quella che dava lei, in quello stesso momento, di saper reggere ombrelli per via? E per quella prova, cosi ben disimpegnata anche nell'andare, non si meritava adesso di reggere l'ombrello nuovo? Perché lo aveva comperato la mamma? per tenerlo chiuso sotto il braccio? Se la mamma riparava col suo Mimi, perché lasciar lei intanto con quello vecchio, della serva? II castigo, se mai, doveva essere per quella Mimi soltanto, per quella Mimi (prepotentona^che mai e poi mai avrebbe saputo reggere un ombrello come lei. Eh, avrebbe voluto vederla! Cosi pensando, Dinuccia si provava a lanciare un'occhia-tina alla mamma, di sotto l'ombrello, senza perdere 1'equili-brio, per vedere se ella si accorgesse di quella sua bravura. Ma scorse, invece, piú che mai torbido e aggrondato il volto della mamma; e l'ombrello tentennó tra le due manině che lo sorreggevano. Uscita dalla bottega in předa a una rabbiosa mortifica-zione, la mammina lottava in quel momento per espungere dall'animo il piú cattivo dei pensií-ri contro la sua Dinuccia: un pensiero orribile, ch'ella non voleva assolutamente le si riflettesse neppure per un attimo sulla coscienza, dove sarebbe rimasto, al minimo contatto, come una macchia, come una piaga. Eppure, a ogni urto anche lieve contro la dura realtä, in čerti momtnti, quel pensiero odioso le si riaffacciava all'im-provviso. E il pensiero odioso era questo: che se lei, Dinuccia, non ci fosse stata (non che dovesse morire, Dio, no!; ma se non ci fosse stata, ecco, se non 1'avesse avuta), ella, con Mimi soltanto, ch'era ďindole cosi gaja e aperta, sempře lilii' novelle per un anno contcnta, con Mimi soltanto, ella si sarebbc rimaritata. Mim( senza dubbio, si sarebbe fatta amare da colui ch'ella avrebbe scclto per compagno, gli sarebbe subito saltata al collo, do-mandando anche a lui, con la solita grazia, scotendo la te-stina ricciuta: «Vuoi bene? ». E come non volerle bene? Dinuccia invece, con quegli occhi, sempre attoniti e serii... Ecco, se li immaginava, quegli occhi, rivolti penosamente al patrigno e... no, no, mail sentiva che con lei e per lei ella non lo avrebbe mai fatto, quel passo, non avrebbe potuto farlo. La guard6, e subito, come le soleva avvenir sempre, sent! un acuto rimorso e un'angosciosa tenerezza per quella sua povera piccina. La vide ancora tutta intenta a dare quella sua prova di bravura e non pote fare a meno di sorridere. Lei, no; ma avrebbe voluto che qualcuno per via esclamasse: « Ma brava! Guardate come sa regger bene l'ombrello quel la pupettal ». L'ombrello vecchio, poverina... Chi sa che gioja, se le avesse dato il nuovo! Gia: ma l'altra allora? Eh, l'altra... Tutte vinte? Se aveva fatto male a promettere anche a lei un ombrello tutto per se, se non aveva potuto comperarae due, doveva andarci di mezzo la povera piccina? Mimi non doveva far capricci, e Dinuccia, che sapeva regger cosi bene l'ombrello, doveva reggere il nuovo e non il vecchio. Glielo diede. Ma la piccina non lo accolse con quella fesia ch'ella s'era immaginata. Non perche avesse indovinato i! tristo pensiero della mamma (come avrebbe potuto mai in-dovinarlo?); ma, subito dopo che le aveva scorto quel volto torbido e aggrondato, aveva sentito un brivido alia schiena, Dinuccia, e gli occhietti le si erano infoscati, e s'era messa a pensare che non la sola Mimi era cattiva, ma anche la mamma cattiva, la mamma che riparava Mimi e non badava a lei, e la lasciava sola, con quell'ombrellaccio vecchio della serva, che sgocciolava e che pesava tanto, ormai, tanto che lei se ne sentiva tutt'e due i braccini indolenziti; e non poteva e non sapeva reggerlo phi. Ora, il nuovo pesava meno, e Dinuccia ringrazio la mamma soltanto con un sorriso. Parve poco. alia mamma, e si ri-volse subito a Mimi: _ Tu stai qua sotto con me, buona buona, e vero? Dinuccia si ripara da se. Che direbbe la gente vedendola con l'ombrello 503 quest'ombrellaccio vecchio? « Uh, che poverella! » direbbe. « £ forse la servetta? » E tu non vorresti, e vero? che si di-cesse cosi della tua sorellina. Mimi non fiat6: aveva una sua idea. Appena arrivate al portone di casa, s'affrettd a pregare la mamma: — « Oa, mamma, io pelle ccale! Lo lleggio io pelle ccalel » E cosi entr6 in casa, dove si sentiva piii sicura, con l'ombrello in suo potere; e non voile cederlo, salite le scale, perche' la mamma lo riponesse, con la scusa che Didi lo aveva tenuto tanto tempo per istrada. La lite - inevitabile - scop-pid, mentre la mamma si svestiva di la. Dinuccia strappo l'ombrello a Mimi e la fece cadere per terra con un urtone. Strilli di Mimi; restituzione a lei dell'ombrello; e Dinuccia castigata senza cena. Sul tardi pero, quando la mamma ando a cercare Dinuccia che s'era rincantucciata in un angolo dietro rarmadio, e la trovo che dormiva, comprese perche la piccina non aveva accolto con festa, per via, l'ombrello nuovo, e perche poi, contro il solito, lei che come una vecchina compativa sempre i capricci di Mimi, l'aveva fatta piangere quella sera: Dinuccia scottava dalla febbre! La mamma rest& un pezzo, sgomenta, a contemplarla; poi se la tolse in braccio, gridando: — Oh Dio, no, Dinuccia mia! No, no, no! La svesd, la mise a letto e le si sedette accanto, con 1'anima vuota e sospesa, come intronata dalla pioggia, che scrosciava furiosa di fuori. Piovve tutta quella notte, e piowe per sei giorni di fila quasi senza interruzione. II pensiero di Mimi, la mattina dopo, alld svegliarsi, fu per l'ombrello, per le barchette e il cappotto nuovo. L'ombrello se l'era messo accanto al lettino, e se lo trovo subito in mano; scappo per le barchette e per il cappotto. Pioveva; e dunque festa! sarebbe andata a scuola munita di tutto punto, le barchette ai piedi, il cappotto addosso, e l'om-brello in mano, aperto, sotto l'acqual No? Non si andava a scuola? Perche? Dinuccia era malata? Che peccatol Pioveva cosi bene... Avrebbe voluto chiedere alia mamma, perchd non mandava 99999 504 novelle per un anno a scuola lei sola, con la serva. Ma la mamma non le badava-piangeva. Lo chiese alla serva; ma questa, giá Ii Ii per uscirr in fretta in furia in cerca d'un medico, nemmeno si voltö per nsponderle. Mimi rimase un pezzo dietro la vetrata della finestra a guar dare la bell'acqua scrosciante, impetuosa; poi andó a pararsi davanti allo specchio dell'armadio col «loden» e con le barchette; si tiró sulla testina il cappuccetto fin su le cielia-apri con molto stento l'ombrello, e si contempló beata nellö specchio, tutta ristretta nelle spaUucce, coi piedini giunti ndendo e tremando dei brividi che le comunicava quella pioe-gia immaginaria. 6 Per cinque giorni, ogni mattina, Mimi fece quella prova davanti allo specchio. E dopo essersi contemplata per piú d'un'ora, a piú riprese, toltisi il cappotto e le barchette, an-dava a nascondere l'ombrello in un certo posto che sapeva lei sola. Ah, quell'ombrello era suo, ormai, tutto suo, su0 unicamente, e mai lo avrebbe ceduto, neppure alla mamma! Che pena, intanto, che tutta quella pioggia andasse sprecata... La sera del sesto giorno, Mimi fu condotta dalla serva nel quartierino accanto, abitato da due vecchie signore, amiche della mamma, che in quei giorni parecchie volte aveva veduto per casa, affaccendate tra la camera da letto e la cucina. Era tanto presa di quei suoi tesori,. che non ci badö; non badava a nulla da sei giorni; ed era anzi contenta che la mamma fosse tutta intenta alla sorellina malata e non si curasse affatto di lei, perché cosi poteva « fare l'inverno » («l'invenno », diceva lei) a suo agio e con la massima liberta. Era del resto di cosi facile natura, che s'accomodava subito e si sentiva a posto, ovunque la mettessero: traeva da sé la vita e la span-deva intorno festosamente, popolando di meraviglie ogni cantuccio, fosse anche il piú nudo e il piú oscuro. Ceno in casa delle vicine, giocö, chiacchieró a lungo con la serva, saltando di palo in frasca, e finalmente le si addormentö in grembo. Si svegliö a notte alta, di soprassalto, sbalordita da un for-midabile fragore, che aveva scosso tutta la casa e che ora s'allontanava con cupi rimbombi tra lo scroscio violento della pioggia. La bambina si guardö attorno, smarrita. Dov'era? Quella non era la sua casa; quello non era il suo lettino... l ombrello 5°5 Chiamö la serva due o tre volte, si liberö della coperta in cui era avvolta e balzö a sedere sul letto. Era ancora vestita. Guardö il lettino accanto, intatto, e si raccapezzö: quella era la camera in cui dormivano le due vecchie signore: v'era en-trata taňte volte! Scivoló dal letto; attraversö una stanza al bujo; trovö la porta aperta, e uscí sul pianerottolo della scala, atterrita dal fragorio della pioggia che cadeva sul lu-cernario, e dal palpitante bagliore dei lampi. Aperta era anche la porta della sua casa; e Mimi si cacció dentro e corse alla camera da letto, gridando: — MammaI mamma! Una delle due vecchie signore, che se ne stava accanto al lettuccio della bambina agonizzante, le corse subito incontro, per fermarla sulla soglia. — Va', va', piccina mia, — le disse, — la mamma ě di lä. — Didi? — domandó allora la bimba sbigottita, intra-vedendo al debole chiarore della lampada il viso cereo della sorellina sul letto. — Si, cara — le rispose quella, — il Signore la vuole per sé. Se ne va in cielo Didi... — In cielo? E Mimi uscí, senz'aspettare risposta; si fermö nella saletta al bujo, un po' perplessa; udí novamente, attraversö la porta aperta, il tremendo fragorio della pioggia sul lucernario della scala: intravide dalla finestra a un nuovo palpito di luce il cielo sconvolto, e scappó via, lungo il corridojo. Poco dopo, le due vecchie signore che vegliavano l'agonia di Dinuccia, se la videro venire innanzi con queU'ombrellone piú grosso di lei tra le braccia, balbettando: — «L'ombello... a Didi... in cielo... piove. »