■ MIolEbookReader Modifica t t ^ 4 76% CO Qabc esteso Mer 14:16 q. Q ;s • O • MIolEbookReader - Perche leggere i classici o ■ Q p 05 Eugenio Montale, Forse uw mattino andandoi Da giovane mi piaceva imparare poesie a memoria. Giä molte se ne studiavano a scuola - e oggi vorrei che fossero State molte di piü - che poi hanno continuato ad accompagnarmi per la vita, in una recitazione mentale quasi inconsapevole, che riaffiora a distanza d'anni. Finito il liceo, continuai per qualche anno a impararne per conto mio, dei poeti che allora non erano compresi nei programmi scolastici. Erano gli anni in cui Ossi di seppia e Le occasioni cominciavano a circolare per l'Italia con la copertina grigia delle edizioni Einaudi. Cosi, verso i diciotf anni, mandai a mente parecchie poesie di Montale; alcune le ho dimenticate; altre ho continuato a portarmele dietro sin qui. Una rilettura di Montale oggi mi porta naturalmente verso questo repertorio di poesie sedimentate nella memoria («che si sfolla»): verificare cos'e rimasto e cosa s'e cancellato (anzi «scancellato», per usare la forma familiäre che Montale conser-va), studiare le oscillazioni e deformazioni che i versi mandati a memoria subisco-no, mi porterebbe a un'esplorazione in profonditä di quei versi, e anche del rappor-to che ho stabilito con essi attraverso gli anni. Ma vorrei scegliere una poesia che pur avendo abitato lungamente la memoria e portando le tracce di questo soggiorno, si presti meglio a una lettura tutta attuale e oggettiva, e non a una ricerca degli echi autobiografici, coscienti o inconsci, che i versi di Montale, soprattutto del primo Montale, evocano in me. Sceglierö dunque Forse un mattino andando in un'aria di vetro, una delle poesie che ha continuato a ruo- tare piü sovente sul mio giradischi mentale, e che mi si ripresenta senza alcuna vi-brazione nostalgica, ogni volta come una poesia che leggo per la prima volta. Forse un mattino e un «osso di seppia» che si distacca dagli altri non tanto perche e una poesia «narrativa» (la tipica poesia «narrativa» di Montale e Lafolata che alzb l'amaro aroma dove il soggetto dell'azione e un colpo di vento e l'azione e la verifica dell'assenza d'una persona, quindi il movimento narrativo sta nel contrapporre un soggetto non umano presente a un oggetto umano assente), ma perche e priva di oggetti, di emblemi naturali, priva d'un paesaggio determinato, e una poesia d'im-maginazione e di pensiero astratti, come raramente in Montale. Ma m'accorgo che (a distanziarla ancor piü dalle altre) la mia memoria aveva apportato una correzione alla poesia: il sesto verso per me comincia: «alberi case strade» oppure «uomini case strade» e non «alberi case colli» come solo ora rileg-gendo il testo dopo trentacinque anni vedo che dice. Cioe io sostituendo «strade» a «colli» ambiento l'azione su uno scenario decisamente cittadino, forse perche la pa-rola «colli» mi suona troppo vaga, forse perche la presenza degli «uomini che non si voltano» mi suggerisce un viavai di passanti; insomma la scomparsa del mondo la vedo come scomparsa della cittä piuttosto che come scomparsa della natura. (M'accorgo ora che la mia memoria non faceva che stingere su questa poesia l'im-magine del verso «Ciö non vede la gente nell'affollato corso» che appare quattro pagine prima, in un componimento gemello a questo.) A ben vedere, la molla che scatena il «miracolo» e l'elemento naturale, cioe at-mosferico, l'asciutta cristallina trasparenza deU'aria invernale, che rende le cose tanto nitide da creare un effetto d'irrealtä, quasi che l'alone di foschia che abitual-mente sfuma il paesaggio (qui torno ad ambientare la poesia di Montale, del primo Montale, nel consueto paesaggio costiero, assimilandolo a quello della mia memoria) s'identifichi con lo spessore e peso dell'esistere. No, non ci siamo ancora: e la piü informazioni < > É MlolEbookReader Modifica P t ^ 4 76% CO Qabc esteso Vier 14:17 ^ Os • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ P concretezza di quesťaria invisibile, che appunto pare vetro, con una sua soliditá autosufficiente, che finisce per imporsi sul mondo e farlo sparire. L'aria-vetro ě il vero elemento di questa poesia, e la cittá mentale in cui la situo ě una cittá di vetro, che si fa diafana fino a che scompare. Ě la determinatezza del medio che sbocca nel senso del nulla (mentre in Leopardi ě Tindeterminatezza che raggiunge lo stesso effetto). O per esser piú precisi, c'ě un senso di sospensione, dal «Forse un mattino» iniziale, che non ě indeterminatezza ma attento equilibrio, «andando in un'aria di vetro», quasi camminando nell'aria, in aria, nel fragile vetro delTaria, nella luce fredda del mattino, fino a che non ci s'accorge ďessere sospesi nel vuoto. II senso di sospensione e insieme di concretezza continua nel secondo verso per via delťoscillante andatura ritmica, con quel «compirsi» che il lettore ě continua-mente tentato di correggere in «cómpiersi», ogni volta poi accorgendosi che tutto il verso gravita proprio su quel prosastico «compirsi» che smorza ogni enfasi nella constatazione del «miracolo». Ě un verso a cui il mio orecchio ě sempře stato affe-zionato proprio perché nella dizione (mentale) va aiutato un po', sembra che abbia un piede di troppo, che invece non ě affatto di troppo, ma la mia memoria spesso tende a scaricare qualche sillaba. La zona del verso piú labile mnemonicamente ě il «rivolgendomi» che alle volte mi viene da abbreviare in «voltandomi» o «girando-mi», sbilanciando cosi tutta la successione degli accenti. Tra le ragioni per cui una poesia s'impone alla memoria (prima chiedendo ďessere mandata a mentě, poi facendosi ricordare) le peculiaritá metriche hanno una parte decisiva. In Montale m'ha sempře attratto l'uso della rima: le parole pianě che rimano con le sdrucciole, le rime imperfette, le rime in posizioni insolite come «11 saliscendi bianco e nero dei (balestrucci dal palo)» che rima con «dove piú non sei». La sorpresa della rima non ě solo fonetica: Montale ě uno dei rari poeti che co-noscono il segreto ďusare la rima per abbassare il tono, non per alzarlo, con effetti inconfondibili sul significato. Qui, «il miracolo» che chiude il secondo verso viene ridimensionato dalla rima con «ubriaco» due versi dopo, e tutta la quartina resta come in bilico, con una vibrazione sgomenta. II «miracolo» ě il terna montaliano primo e mai smentito della «maglia rotta nella rete», «l'anello che non tiene», ma qui ě una delle poche volte in cui la verita altra che il poeta presenta al di la della compatta muraglia del mondo empirico si rivela in una esperienza definibile. Potremmo dire che si tratta né piú né meno che della irrealta del mondo, se questa definizione non rischiasse di sfumare nel generico qualcosa che ci viene riferito in termini precisi. Ľirrealtä del mondo ě il fondamen-to di religioni filosofie letterature soprattutto orientali, ma questa poesia si muove in un altro orizzonte gnoseologico, di nitidezza e trasparenza, come «in un'aria di vetro» mentale. Merleau-Ponty nella Fenomenologia della percezione ha pagine molto belle sui casi in cui ľesperienza soggettiva dello spazio si separa dali'esperienza del mondo oggettivo (nel buio della notte, nel sogno, sotto 1'influsso della droga, nella schizofrénia, ecc). Questa poesia potrebbe figurare nelľesemplificazione di Merleau-Ponty: lo spazio si disgiunge dal mondo e s'impone in quanto tale, vuoto e senza limiti. La scoperta ě salutata dal poeta con favore, come «miracolo», come acquisizione di veritä contrapposta all'«inganno consueto», ma anche sofferta come vertigine spaventosa: «con un terrore di ubriaco». Neanche l'«aria di vetro» sostie-ne piú i passi delľuomo; ľavvio librato dell'«andando», dopo il rapido volteggio, si risolve in un barcollare senza piú punti di riferimento. II «di gitto» che chiude il primo verso della seconda quartina circoscrive ľesperienza del nulla nei termini temporali d'un istante. Riprende il movimento delľan-dare alľinterno d'un paesaggio solido ma ora come sfuggente; ci accorgiamo che il poeta non fa che seguire una delle tante linee vettoriali lungo le quali si muovono < > piú informazioni É MlolEbookReader Modifica P t ^ 4 76% CO Qabc esteso Vier 14:17 Q. O is • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ Q p gli altri uomini presenti in questo spazio, «gli uomini ehe non si voItano»; é dun-que su un molteplice movimento rettilineo e uniforme ehe si chiude la poesia. Resta il dubbio se questi altri uomini fossero spariti anche loro durante ľistante in cui il mondo era sparito. Tra gli oggetti ehe tornano ad «accamparsi» ci sono gli alberi ma non gli uomini (le oscillazioni delia mia memoria portano a esiti filosofici differenti), quindi gli uomini potrebbero essere rimasti li; la sparizione del mondo, čosi come resta esterna alľio del poeta, čosi potrebbe risparmiare ogni altro sogget-to delľesperienza e del giudizio. II vuoto fondamentale é costellato di monadi, po-polato di tanti io puntiformi ehe se si voltassero scoprirebbero ľinganno, ma ehe continuano ad apparirci come schiene in movimento, sieure delia soliditä delia loro traiettoria. Potremmo vedere qui la situazione in verša da quella, per esempio, di Vento e bandiere dove la labilita é tutta dalla parte delia presenza umana mentre «11 mondo esiste...» nel tempo irripetibile. Qui invece solo la presenza umana persiste nel ve-nir meno del mondo e delle sue ragioni, presenza come soggettivitä disperata perché o vittima ďun inganno o depositaria del segreto del nulla. La mia lettura di Forse un mattino si puó čosi considerare conclusa. Ma essa ha messo in moto dentro di me una serie di riflessioni sulla percezione visiva e ľap-propriazione dello spazio. Una poesia vive anche per il potere d'irradiare ipotesi divagazioni associazioni ďidee in territori lontani, o meglio di richiamare e aggan-ciare a sé idee di varia provenienza, organizzandole in una mobile rete di riferi-menti e rifrazioni, come attraverso un cristallo. II «vuoto» e il «nulla» sono «alle mie spalle», «dietro di me». II punto fondamentale del poemetto é questo. Non é una indeterminata sensazione di dissoluzione: é la costruzione ďun modello conoscitivo ehe non é facile da smentire e ehe puó coe-sistere in noi con altri modelli piú o meno empirici. Ľipotesi puô essere enunciata in termini molto semplici e rigorosi: data la bipartizione dello spazio che ci circon-da in un campo visuale davanti ai nostri occhi e un campo invisibile alle nostre spalle, si definisce il primo come schermo d'inganni e il secondo come un vuoto che ě la vera sostanza del mondo. Sarebbe legittimo aspettarsi che il poeta, una volta constatato che dietro di lui e'e il vuoto, estendesse questa scoperta anche nelle altre direzioni; ma nel testo non e'e nulla che giustifichi questa generalizzazione, mentre il modello dello spazio bipartite non viene mai smentito dal testo, anzi ě affermato dalla ridondanza del terzo verso: «il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro / di me». Durante la mia frequenta-zione puramente mnemonica del poemetto, questa ridondanza alle volte mi causa-va delle perplessitä, e allora tentavo una variante: «il nulla a me dinanzi, il vuoto dietro / di me»; cioě il poeta si volta, vede il vuoto, torna a girare su se stesso e il vuoto s'e esteso da tutte le parti. Ma riflettendo capivo che qualcosa della pregnan-za poetica andava perduta se la scoperta del vuoto non era localizzata in quel «dietro». La divisione dello spazio in un campo anteriore e in un campo posteriore non ě soltanto una delle piú elementari operazioni umane sulle categorie. Ě un dato di partenza comune a tutti gli animali, che comincia assai presto nella scala biologica, da quando esistono esseri viventi che si sviluppano non piú secondo una simme-tria raggiata ma secondo uno schema bipolare, localizzando in un'estremitä del corpo gli organi di relazione col mondo esterno: una bocca e alcune terminazioni nervose di cui alcune diventeranno apparati visivi. Da quel momento il mondo s'identifica col campo anteriore, a cui ě complementare una zona d'inconoscibilitä, di non-mondo, di nulla, retrostante all'osservatore. Spostandosi e sommando i cam-pi visuali successive 1'essere vivente riesce a costruirsi un mondo circolare comple- É MlolEbookReader Modifica t t ^ 4 76% CO Qabc esteso Vier 14:17 ci Os • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ Q p 05 to e coerente, ma si tratta pur sempře ďun modello induttivo le cui verifiche non saranno mai soddisfacenti. L'uomo ha sempře sofferto della mancanza d'un occhio sulla nuca, e il suo atteg-giamento conoscitívo non puö che essere problematico perché egli non puö essere mai sicuro di cosa c'ě alle sue spalle, cioě non puö verificare se il mondo continua tra i punti estremi che desce a vedere storcendo le pupille in fuori a sinistra e a de-stra. Se non ě immobilizzato puö girare il collo e tutta la persona e avere una con-ferma che il mondo c'ě anche li, ma questa sara anche la conferma che ciö che egli ha di fronte ě sempře il suo campo visuale, il quale si estende per l'ampiezza di tot gradi e non di piú, mentre alle sue spalle c'ě sempře un areo complementare in cui in quel momento il mondo potrebbe non esserci. Insomma, ruotiamo su noi stessi spingendo davanti ai nostri ocehi il nostro campo visuale e non riusciamo mai a vedere com'e lo spazio in cui il nostro campo visuale non arriva. II protagonista della poesia di Montale riesce, per una combinazione di fattori oggettivi (aria di vetro, arida) e soggettivi (ricettivita a un miracolo gnoseologico), a voltarsi tanto in fretta da arrivare, diciamo, a gettare lo sguardo la dove il suo campo visuale non ha ancora oceupato lo spazio: e vede il nulla, il vuoto. La stessa problematica, in positivo (o in negativo, insomma con segno cambiato), la ritrovo in una leggenda dei boscaioli del Wisconsin e del Minnesota riportata da Borges nella sua Zoologiafantastica. C'ě un animale che si chiama hide-behind e che sta sempře alle tue spalle, ti segue dappertutto, nella foresta, quando vai per legna; ti volti ma per quanto tu sia svelto lo hide-behind ě piú svelto ancora e si ě gia spostato dietro di te; non saprai mai com'e fatto ma ě sempře li. Borges non cita le sue fonti e puö darsi che questa leggenda se la sia inventata lui; ma ciö non toglierebbe nulla alia sua forza d'ipotesi che direi genetica, categoriale. Potremmo dire che l'uomo di Montale ě quello che ě riuscito a voltarsi e a vedere com'e fatto lo hide-behind: ed ě piü spaventoso di qualsiasi animale, ě il nulla. Continuo con le divagazioni a ruota libera. Si puö obiettare che tutto questo di-scorso si situa prima d'una fundamentale rivoluzione antropologica del nostro se-colo: l'adozione dello specchietto retrovisore delle auto. L'uomo motorizzato do-vrebbe essere garantito dall'esistenza del mondo dietro di lui, in quanto ě munito d'un occhio che guarda indietro. Parlo dello specchietto delle auto e non dello specchio in genere, perché nello specchio il mondo alle nostre spalle ě visto come contorno e complemento alia nostra persona. Ciö che lo specchio conferma ě la pre-senza del soggetto osservante, di cui il mondo ě uno sfondo accessorio. Ě un'opera-zione d'oggettivazione dell'io quella che lo specchio provoca, col pericolo incom-bente, che il mito di Narciso sempře ci ricorda, dell'annegamento nell'io e conse-guente perdita dell'io e del mondo. Invece, il grande avvenimento del nostro secolo ě l'uso continuato d'uno specchio situato in modo da escludere l'io dalla visione. L'uomo automobilista puö essere considerato una specie biologicamente nuova per via dello specchietto piú ancora che per via dell'automobile stessa, perché i suoi occhi fissano una strada che s'aecorcia davanti a lui e s'allunga dietro di lui, cioě puö comprendere in un solo sguardo due campi visivi contrapposti senza l'ingombro dell'immagine di se stes-so, come se egli fosse solo un occhio sospeso sulla totalita del mondo. Ma, a ben vedere, l'ipotesi di Forse un mattino non viene scalfita da questa rivoluzione della teenica percettiva. Se l'«inganno consueto» ě tutto ciö che abbiamo davanti, questo inganno s'estende a quella porzione del campo anteriore che, per essere incorniciata nello specchietto, pretende di rappresentare il campo posteriore. Anche se l'io di Forse un mattino Stesse guidando in un'aria di vetro e si voltasse nel-le Stesse condizioni di ricettivitä, vedrebbe al di lä del vetro posteriore della mac- < > piů informazioni É MlolEbookReader Modifica <ŠS 9 1 <5> 4 77% CO Qabc esteso Vier 14:17 Q. O is • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ P china non il paesaggio che andava allontanandosi nello specchietto, con le strisce bianche sull'asfalto, il tratto di strada appena percorso, le macchine che ha creduto di sorpassare, ma una voragine vuota senza limiti. Del resto, negli specchi di Montale - come Silvio D'Arco Avalle ha dimostrato per Gli orecchini (e per Vasca e altri specchi d'acqua) - le immagini non si riflettono ma affiorano «di giu», vengono incontro all'osservatore. In realtá, l'immagine che vediamo non ě qualcosa che l'occhio registra né qual-cosa che ha sede nell'occhio: ě qualcosa che avviene interamente nel cervello, su stimoli trasmessi dai nervi ottici, ma che solo in una zona del cervello acquista una forma e un senso. Ě quella zona lo «schermo» in cui s'accampano le immagini, e se riesco, rivolgendomi, voltando me stesso dentro di me, a vedere al di la di quella zona del mio cervello, cioě a comprendere il mondo com'e quando la mia percezio-ne non gli attribuisce colore e forma di alberi case colli, brancolero in una oscuritá senza dimensione né oggetti, attraversata da un pulviscolo di vibrazioni fredde e informi, ombre su un radar mal sintonizzato. La ricostruzione del mondo avviene «come s'uno schermo» e qui la metafora non puó che richiamare il cinema. La nostra tradizione poetica ha abitualmente usato la parola «schermo» nel significato di «riparo-occultamento» o di «diafram-ma», e se volessimo azzardarci ad affermare che questa ě la prima volta che un poeta italiano usa «schermo» nel senso di «superficie su cui si proiettano immagi-ni», credo che il rischio d'errore non sarebbe molto alto. Questa poesia (databile tra il 1921 e il 1925) appartiene chiaramente all'era del cinema, in cui il mondo corre davanti a noi come ombre d'una pellicola, alberi case colli si stendono su una tela di fondo bidimensionale, la rapiditá del loro apparire («di gitto») e l'enumerazione evocano una successione d'immagini in movimento. Che siano immagini proiettate non ě detto, il loro «accamparsi» (mettersi in campo, occupare un campo, ecco il campo visivo chiamato direttamente in causa) potrebbe anche non rimandare a una fonte o matrice dell'immagine, scaturire direttamente dallo schermo (come abbia-mo visto avvenire dallo specchio), ma anche ľillusione dello spettatore al cinema é che le immagini vengano dallo schermo. Ľillusione del mondo veniva tradizionalmente resa da poeti e drammaturghi con metafore teatrali; il nostra secolo sostituisce al mondo come teatro il mondo come cinematografo, vorticare d'immagini su una tela bianca. Due rapiditä distinte attraversano il poemetto: quella della mente che intuisce e quella del mondo che scorre. Capire é tutta questione d'essere veloci, rivolgersi tut-t'a un tratto per sorprendere lo hide-behind, é una giravolta su se stessi vertiginosa ed é in quella vertigine la conoscenza. II mondo empirico invece é il consueto suc-cedersi d'immagini sullo schermo, inganno ottico come il cinema, dove la velocitä dei fotogrammi ti convince della continuitä e della permanenza. C'é un terzo ritmo che trionfa sui due ed é quello della meditazione, l'andatura assorta e sospesa nell'aria del mattino, il silenzio in cui si custodisce il segreto car-pito nel fulmineo moto intuitivo. Un'analógia sostanziale unisce questo «andare zitto» al nulla, al vuoto che sappiamo essere origine e fine del tutto, e all'«aria di vetro, / arida» che ne é la parvenza esteriore meno ingannevole. Apparentemente questa andatura non si differenzia da quella degli «uomini che non si voltano», i quali hanno forse anche loro, ognuno a suo modo, capita, e tra i quali il poeta fini-sce per confondersi. Ed é questo terzo ritmo, che riprende con passo piú grave le note lievi dell'inizio, a dare il suo suggello alia poesia. Letture Montaliane in occasione dell'80" compleanno del Poeta, Bozzi, Genova 1977, pp. 35-45; anticipato in «Corriere della Sera», 12 ottobre 1976 (Una sua poesia com- < > piu informazioni É MlolEbookReader Modifica <ŠS 9 1 <5> 4 77% CO Qabc esteso Vier 14:17 Q. © ;= • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ Q, p 05 mentata da IC). piů informazioni É MlolEbookReader Modifica <ŠS 9 | <5> 4 77% CO Qabc esteso Vler 14:17 ci Os • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ Q. p 05 1/ libro 1 leggere per la prima volta un grande libro in etá matura ě I un piacere straordinario: diverso (ma non si puó dire mag- giore o minore) rispetto a quello ďaverlo letto in gioventu. La gioventu comunica alla lettura come a ogni altra esperienza un particolare sapore e una particolare importanza; mentre in maturita si apprezzano (si dovrebbero apprezzare) molti dettagli e livelli e signi-ficati in piú. Ci dovrebbe essere un tempo nella vita adulta dedicato a rivisitare le letture piú importanti della gioventu. Se i libri sono rimasti gli stes-si noi siamo certamente cambiati, e 1'incontro ě un avvenimento del tutto nuovo." Halo Calvino piú informazioni