Umberto Saba Profilo letterario La biografia La posizione appartata della poesía di Saba Nella poesia italiana novecentesca Umberto Saba occupa una posizione apparentemente appartata, un po' estranea alle poetiche moderně di Ungaretti e Montale e poi del-ľermetismo e delia poesia "pura". In particolare ai suoi esordi - in Versi militari, 1908 e anche in Trieste e una donna, 1910-12 (quando pero ancora non erano apparse le raccolte di Ungaretti e Montale) - Saba si presenta come un poeta tradizionale, quasi attardato nel suo ancoraggio a forme metriche chiuse, a una lingua ottocentesca e libre -sea, a una tematica realistico-psicologica. In seguito (pen-siamo a Parole, 1933-34 e Ultime cose, 1935-43) evolverä verso una poesia piú essenziale e innovativa, piú vicina alle esperienze di Ungaretti e di Montale. Nella sua stessa biografia ě possibile rintracciare alcuni da-ti decisivi per la sua formazione culturale e poetica: la nasáta nella Trieste ancora austro-ungarica, perciô periferica rispetto all'Italia, e «varia di razze e di costumi», ma in compenso molto vicina alia cultura mitteleuropea; ľappar-tenenza a due diverse culture (ľebraica e la cristiana). Cič> spiega la buona conoscenza della filosofia di Nietzsche, della psicoanalisi di Freud e della poesia tedesca (in particolare dell'ottocentesco Heinrich Heine). Umberto Saba nasce a Trieste nel 1883 da Rachele Coen (ebrea) e Ugo Poli (cattolico). II matrimonio si spezza ancor prima della nascita del poeta, che cono-scera il padre soltanto vent'anni dopo, nel 1905. 66 Umberto (il piccolo Berto di taňte liriche del Canzoniere) viene messo a balia presso una contadina slovena, ľamatis-sima Peppa. A tre anni viene riportato in famiglia, ma la situazione non ě facile affettivamente: gli pesano la separa-zione dalla balia, ľassenza del padre, ľamarezza e il ranco-re della madre verso il marito e la scarsa espansivitá nei suoi confronri. Cresce con la madre, che gestisce un nego-zio di oggetti usati, e con due zie, una delle quali, la zia Regina dalla «dolce anima di formica», prodiga di atten-zioni e di aiuti. A lei Saba dedicherä le prose raccolte nel volume Ricordi-Racconti (1956). Supplisce alle carenze di una carriera scolastica breve e ir-regolare con la lettura personále dei classici - Leopardi prima di tutto, Petrarca, Parini lirico, Foscolo, Manzoni -e strrnge aleune amicizie intellettuali: con il violinista Ugo Chiesa (per qualche tempo anche Saba si dediča allo studio del violino) e con il filosofo Giorgio Fano, con il quale nel 1905-06 si trasferisce nella vivace Firenze, allora alľa-vanguardia in Italia. si "La Voce" Il rapporto con il gruppo della rivista "La Voce" - nella cui redazione lavora anche un triestino, Scipio Slataper -, no-nostante saltuarie collaborazioni, non ě di vera e reciproca comprensione, come il poeta ricorderä piů tardi in un ce-lebre sonetto («Ero fralor di un'altra spece»). E il periodo dell'infatuazione per D'Annunzio: il giovane Saba si firma con uno pseudonimo di sapore dannunzia- Uwberto Saba no, Umberto da Montereale, e scrive opere teatrali. Dopo ľesperienza del servizio mihtare a Salerno nel 1907-1908 (benché suddito dell'Impero asburgico, aveva la cit-tadinanza italiana), da cui nasce la prima importante rac-colta poedca (Vera militari), nel 1909 sposa Carolina Wölfler (la Lina del Canzoniere) e ľanno seguente gli nasce ľuníca figlia, Linuccia. Nel 1911 esce, a spese delľautore, il primo volume di versi, Poesie (Casa Editrice Italiana, Firenze), firmato Umberto Saba. wa del Nuovo cognome: Saba Sulľorigine dello pseudonimo (che sostituirä il cognome Poli anche nei registri dello stato civile) sono state formulate varie ipotesi: quella che evocherebbe il bisnonno ebreo Samuele David Luzzatto, letterato di qualche prestigio (saba in ebraico si-gnifica appunto "nonno"), e quella secondo cui il poeta si sarebbe lasciato affascinare dal nome ďarte (Saba) dell'a-mico Giorgio Fano, anche perché suggestionato dall'asso-nanza con il cognome della balia (Gioseffa Schebar). Poesie riceve un'accoglienza piuttosto fredda e proprio Slataper, autore di una recensione piena di riserve, rifiuta di pubbheare sulla "Voce" Quello che resta da fare ai poeti, il manifesto di poetica che Saba conserverä inedito per turta la vita. Nel 1929, per liberarsi dai pesanti problemi depressivi, si sottopone a una terapia psicoanalitica con il dottor Edoardo Weiss, allievo di Freud e fra i primi a introdurre la psicoanalisi in Italia. Ľesperienza assume un significato che trascende il pur sensibile miglioramento della malat-tia nervosa: oltre a confermargli l'importanza delle esperienze infantili nella formazione della personalita, la psicoanalisi gli appare come uno strumento straordinario di conoscenza, Freud, divenuto al pari di Nietzsche uno dei suoi buoni «maestri di vita», ě considerate ľartefice della piu importante e rivoluzionaria fra le tre tappe fondamentali del pen-siero moderno (dopo quelle segnate da Copernico e Darwin). E a Nietzsche e Freud Saba attribuirä la paternita della sua piú originále opera in prosa, Scorciatoie e racconti-82(1946). L'introduzione delle leggi razziah in Italia (1938) lo co-stringe a cedere formalmente la gestione della libreria an-tiquaria al socio Carlo Černe (giä eftrciente e affezionato commesso), poi, dopo ľ 8 settembre 1943, a fuggire con la famiglia da Trieste e a vivere in clandestinitä. Per circa un anno trova rifugio a Firenze, dove puô contare sull'ap-poggio di pochi e fidati amici, primo fra tutti Eugenic Montale. Le prime raccolte poetiche: Poesie (1911) e Cor miei oc-II 1911 é anche l'anno di una breve separa-zione coniugale, fatto cui Saba dedka il suo «libro di piu ardita sincerita» (Coi miei occhi, Libreria della Voce, Firenze), e in particolare la serie dei Nuovi versi alia Lina, che ne rappresentano la trasposizione lirica. Nel 1912 esce il secondo libro di versi (ľappena citato Coi miei occhi); intanto Saba lavora ad alcuni racconti di am-bientazione ebraica usciti in varie riviste, Nel 1913, nel teatro Fenice di Trieste, viene rappresentato con clamoro-so insuccesso il dramma in un atto II letterato Vincenzo, unico, e modesto, testo teatrale sabiano a noi pervenuto. Dopo la prima guerra mondiale, Saba rileva una vecchia libreria antiquaria a Trieste, dedicandovisi con impegno ed entusiasmo per gran parte della vita (fino alia vecchiaia, quando l'acuirsi delle crisi depressive lo allontanerä da quello che gli appare come un «nero antro funesto»). Nel 1921, con il marchio editoriale della libreria, Saba pubblica il Canzoniere, che comprende tutte le liriche composte fino a quel momento, variamente ríelaborate e organŕzzate come capitoli di una autobiografia poetica. La "scoperta" della psicoanalisi e ľesperienza della Per molti anni Saba conserva una posizione defilata dagli ambienti della cultura ufficiale italiana: risiede a Trieste e si occupa della conduzione della libreria, pur mantenendo rapporti epistolari con poeti (Montale e Penna) e critici (Giacomo Debenedetti, Sergio Solmi). la felicttá del periodo romano e il secondo can20n1ere Dopo la fine della guerra, nel clima di rinnovata fiducia che caratterizza la societa italiana, Saba si trasferisce a Roma, dove trascorre i mesi forse piu felici della sua vita, circondato dal calore e dalla stima di tanti intellettuali e scrittori. Alia fine dell'anno (ě apparsa intanto una nuo-va edizione del Canzoniere) abbandona Roma per l'impos-sibilitá di trovarvi un lavoro e si sposta a Milano, dove ě ospite di una famiglia arnica (il libraio Emanuele Almansi, sua moglie e il figlio Federico, dedicatario di molte liriche). A Milano cerca vanamente una collaborazione editoriale stabile che gli consenta di non tornare a Trieste, allora oggetto di controversie politiche internazionali e sotto-posta a occupazione militare. Ma il rientro si fa inevitabile dopo le elezioni del 18 aprile 1948, l'esito delle quali (la sconfitta del Fronte popolare) getta il poeta in un profondo sconforto: la maggioranza democristiana in Parlamento gli appare il primo passo verso una «dittatura di preti» non meno oppressiva di quella fascista. A Trieste trascorre gli ultimi anni, segnati da prolungati ri-coveri in clinica per i disagi psichici e dalla morte della moglie (1956), ma anche tischiarati dai tardivi riconosci-menti della sua grandezza poetica (il premio dell'Accade-mia dei Lincei nel 1951, la laurea honoris causa dell'Uni-versitá di Roma nel 1953) e da intensi sprazzi creativi (le ultime raccolte di versi e 1'unico romanzo, rimasto incom-piuto, Ernesto). Saba muore in una clinica di Gorizia nel-l'agosto 1957. 67 GtlERRA, DOPOGUĽRBA, SECONTiO NOVECENTO Umberto Saba La necessitä dí una «poesia onesta» La poetica di Saba appare giä nelľarticolo del 1911 re-spinto dalla "Voce" e uscito postumo nel 1959: Quello ehe resta da fare ai poeti. II giovane Saba esprime qui una con-cezíone delia poesia lontana da aleune delle tendenze dominami; in particolare ľestetismo e il superomismo dan-nunziani e ľeversione dei futuristi. Ľassunto si condensa in questo enunciato: «Ai poeti resta da fare la poesia one-sta». Per «poesia onesta» (rappresentata emblematícamen-te dagli Inni sacri e dai Cori deíľAdelchi di Manzoni, giu-dicati con eccessiva severitä «mediocri» ma anche «im-mortali»), Saba intende una poesia capace di «non sforza-re mai ľispirazione* e di funzionare come uno «scanda-glio» destinato a «toccare U fondo»: la «poesia onesta» ě quindi strumento di scavo per arrivare al nocciolo delle cose e dei sentimenti. Parlando di «veritä ehe giace al foľido» e ehe ě rivelata dalla poesia {cfr Amai, p, 86), Saba si riferisce alla veritä psicologica ehe ě dentro di noi, nascosta alla nostra stessa coscienza dagli artifici e dalle menzogne ehe la vita ci impone. Per questo motivo Saba ě stato definito «psicoanalitico prima delia psicoanalisi» (Gianfranco Contini), in quanto giä nel 1911, molto prima di sottoporsi alla terapia psicoanalitica, attribuisce alla poesia la stessa funzione di conoscenza ehe Freud attribuisce alla psicoanalisi. La «poesia onesta» si contrappone alla «poesia disonestaw, identificata con la letteratura, eioě con la ricerca esterna del bello anche a danno del vero (ricordiamo peraltro ehe ľopposizione poesia-letteratura era giä crociana). Bersa-glio polemico D'Annunzio, autore di «magnifieí versi per la piú parte caduchi» e poeta-vate assunto a simbolo del «letterato di professione», piú attento al successo ehe alla ricerca delia veritä. Per Saba, invece, la poesia richiede un impegno morale: «11 poeta deve awicinarsi ai ricercatori di veritä esteriori e interiori». íaba íti- spetto a D'Annunzio, ě anche significativa la differente let-tura di Nietzsche: se D'Annunzio ha enfatizzato nella filo-sofia nietzschiana il mito del superuomo, Saba apprezza «il Nietzsche psicologo ehe taňte veritä intui deľľanima umana, per cui la sua opera puo essere considerata anche come un immenso preludio alle seoperte del Freud» e ne fa suo il motto «Siamo profondi, ridiventiamo chiari» (la chiarezza, come vedremo, ě un altro punto fondamentale delia poetica sabiana). Secondo Saba, in profondítä la vita ě per tutti gli esseri viventi - animali compresi - essenzialmente amore e vulnerabihtä alla soŕfe-renza. Ciô spiega anche ľattenzione per gli animali, ehe compaiono cosi spesso nella sua poesia, perché «immuni di riguardi / e di pudori, dicono la vita / e le sue leggi. (Ne dicono il fondo)» (Ľuomo e gli animali). AlJTOBIOGRAFISMO E REALISMO DELLE PRIME RACCOLTE La poesia ě dunque espressione delia vita nella sua essenza e molteplicitä: da queste premesse derívano ľautobiografi-smo e il realismo, caratteristiche centrali delia sua opera. Ľautobiografismo, correlato alľidea di poesia come auto-conoscenza, si rivela giä nella prima raccolta Poesie, 1911, ehe allinea tre sezioni biografiche effettíve: ľadolescenza triestina, ľesperienza toscana (a Pisa e a Firenze) e il servi-zio militare a Salerno. Seguirä nel 1912 Coi miei ocehi (Li-breria delia Voce, Firenze), raccolta di cinquanta liriche ehe ruotano tematicamente attotno alla triade Trieste-Li-na-poeta. Ma giä ľanno successivo prende forma il proget-to di un Canzoniere: alla sua definizione e messa a punto Saba lavoro gran parte delia vita, precisandone progressi-vamente le ripartizioni interne con ľimmissione di nuovi testi e raccolte, ma anche con eliminazioni, spostamenti e correzioni, in modo da tracciare «il "romanzo psicologi-co" di una víta, povera (relativamente) di awenimenti esterní; ricca, a volte, fino allo spasimo, di moti e di riso-nanze interne, e delle persone ehe il poeta amô [...] e delle quali fece le sue "figure"» (cosi neľľautocommento Stana ecronistoria del Canzoniere). zomere Per un'analisi particola-re del ► Canzoniere, cfr. Ľopera, p. 71; qui ci si limita a enunciarne i caratteri fondamentali. Ľorganicitä: il Canzoniere funziona come macrotesto, cioě come struttura innervata da una rete di richiami tematici, metrici e stilistíci, di collegamenta a distanza e di simmetrie interne, per cui ogni lirica, pur perfettamente autonoma, ě leggibile anche come singolo momento di un percorso au-tobiografico e poetico. La "triestinitä", ehe significa estraneitä agli sperimentali-smi novecenteschi, ma anche legame privilegiato con la cultura di area tedesca: la poesia di Heine, la filosofia di Nietzsche, 1a psicoanalisi di Freud. Sul piano tematico, la poesia del Canzoniere ě fortemente connotata di quotídianitä (collegabile ad autobiografismo e reahsmo) e dalla presenza di aleuni motivi conduttori: il contrasto fra «il desiderio di uscire dal proprio io, di far parte [-...] delia comunitä umana» (Storia e cronistoria del Canzoniere) e un senso di estraneitä e diversitä; la riflessio-ne sulle contraddittorietä interiori ed esteriori, agevolata dalľesperienza psicoanalitica. Lo stile ě fondamentalmente narrativo e si avvale di un linguaggio limpido, intelligibile, tradizionale. A partire dagli anni trenta, il Canzoniere registra un awicinamen-to alla linea dominante delia poesia novecentesca (bre-vitä, Libettä delle forme metriche, fraseggio paratattico, asciutto e frammentato), unito a una forte continuitä te-matica. Saba prosatore Assai meno conosciuta ě la cospicua opera in prosa di Saba, che si concentra all'incirca in tre momenti: il periodo 1910-13, gli anni den'immediato secondo dopoguerra, il 1957. Alia fase giovanile appartiene un ciclo di cinque "raccontí" che hanno titolo collettivo Gli Ebrei e raffigurano 1'ambien-te ebraico triestino dal 1820 alia fine del secolo. Piú che di veri e propri racconti, si tratta, come precisa 1'autore, di «memorie esposte in forma narrativa», ispirate a ricordi ďinfanzia e racconti famíliari. Del resto, la prosa di Saba ha quasi sempře una matrice autobiografica, anche quando si intreccia con una componente inventiva e fantastica. Di poco successive a Gli Ebrei, ma artisticamente piú mature, soprattutto nel tratteggio psicologico dei personaggi, sono le Seite novelle, che Saba chiama «novelle del disa-more», perché ispirate a «famiglie che ctollano, amori che si sfanno» (la loro composizione risale al periodo della eri-si coniugale). Una delle piú riuscite ě la novella autobiografica La gallina, che illumina il retrotetra psicologico e affettivo di una delle immagini piú famose del Canzoniere: la gallina per raffigurare la donna amata (cfr. A mia moglie, p. 74). conn Nel 1956 Saba ha ríunito tutti questi testi gíovanili (ptofondamente rielaborati) nel volume Ricor-di-Raeconti (a riprova della loro natura memoriále e řnsie-me liberamente inventiva), aggiungendovi poche prose sparse composte in gran parte nel 1946-47 in un momento di particolare felicitä (tre di esse portano il sottotitolo Ricordi del mondo meraviglioso) e scrítte per lo piú in prima persona. Scorciatoie e raecontini: un těsto di aforismi Nel clima euforico della Liberazione nasce 1'opera piú ac-cattivante, Scoráatoie e raccontini, una série di circa due-cento riflessioni, aforismi, racconti brevissimi pubblicati da Mondadorinel 1946. D titolo ě cosi spiegato dali'autore: le «scorciatoie» sono «brevi componimenti in prosa, di taglio scorciato e incisi-vo, che hanno 1'accento della poesia e il rigore delTafori-sma. [...] Scorciatoie perché, in modi rapidi ed ellittici, ar-rivano a conclusioni lontane e spesso inaspettate»; mentre i «raecontini» sono delle «scorciatoie» piú lunghe. Lontano dal frammentismo e dalla prosa lirica del primo Novecento, Scorciatoie e raecontini i il těsto in cui si esprime meglio quella vena di sentenziosíta epigrammatica tipi-ca di Saba anche poeta. Misurandosi sul terreno aforisti-co, di ricca tradizione all'estero (per esempio in Francia: si pensi a Montaigne, La Rochefoucauld, La Bruyěre), ma assai meno in Italia, Saba fissa i propri modelli. Ďichiarata un'ideale discendenza dal Leopardi delle Operette morali (in Storia e cronistoria del Canzoniere), indica i "padri" di- retti di Scorciatoie e raecontini: «genealogia di scorciatoie. Nietzsche-Freud». Da Nietzsche viene un suggerimento formale (lo Stile afo-ristico) e un'indicazione di pensiero moderno, mentre la psicoanalisi di Freud é ritenuta uno straordinario stru-mento conoscitivo per deeifrare i comportamenti umani e l'esistenza. ;nziale Ii critico Mario Lavagetto ha notato che in Scorciatoie lo sguardo di Saba é quello dello psicoanalista-detective che osserva la storia, la letteratura, le azioní umane e intravede alia base di tutto la finzione che, cogliendo piecoli indizi e incoerenze, riesce a smascherare. II suo Stile fulmineo é come un flash che illumina la veritä nel momento in cui traspare dal varco aper-to nella fitta rete della finzione. In Scorciatoie emerge infatti LI Saba psicologo e moralista, capace di condensate in folgoranti battute un lungo scavo inttospettivo: anche in Scorciatoie, come nel Canzoniere, ľautote é teso a ceteate «la veritä che giace al fondo». Compiute in gran parte a Roma nel 1945, le Scorciatoie sono il frutto di un momento di sintonia con la vita: da ciô detiva il loro andamento arioso, che conferisce al morali-smo sabiano un tono mai accigliato né rancoroso. La forma é ironica e breve, costruita su antitesi e parallelismi. Si é messo in luce (Favretti) il legame stilistico con le liriche di Parole (in parte coeve): superamento della discorsivitä e narrativitä in favore di una tesa concentrazione, «illirnpidi-mento della forma» (Saba), analogismo. Lopera piü curiosa: Storia e cronistoria del Canzoniere Anche Storia e cronistoria del Canzoniere é uno dei testi piü singolari della letteratura italiana novecentesca. Con questa analisi della propria opera, scritta in terza persona fra il 1944 e il 1947 e pubblicata nel 1948 - da Mondadori, Miláno - dopo averne antieipato alcuni brani in rivista con lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei, Saba si propone di riparare alle disattenzioni e ai fraintendimenti della critica ufficiale nei confronti della sua poesia. Cosi lo scrittore si fa critico di se stesso, passando in rassegna la sua intera opera poetica (Storia e cronistoria del Canzoniere é infatti un'analisi organica del Canzoniere fino a Mediterranee escluse). L'e-stroso autoeomrnento consiste in un autoelogio cosi insisti-to, da riuscire alia fine disarmante nel suo tendenzioso can-dore. Esemplare la perentorietä dell'esordio («Saba ha com-messi mold errori. Ma negare la poesia di Saba sarebbe ne-gare l'evidenza di un fenomeno naturale»), preannuncio del tono generale dell'opera, cui ben si addice la valutazione di Gianfranco Contini: «esempio unico di tranquilla procla-mazione della propria grandezza». IOGRAFIA Un po' saggio critico e un po' autobiogtafia (GugHelminetti), Sto- • cronistoria del Canzoniere ě fondamentale per 1 69 GUERKA, DOPOCUERRA, SECONDO NOVECENTO noscenza della poesia di Saba, anche se le sue dichiarazio-ni vanno lette con molta cautela: la cautela é sempře ne-cessaria di fronte al poeta esegeta della propria opera, ma lo ě in particolar modo di fronte a Saba, molto abile ad ac-creditare una certa immagine di se stesso. Si possono fare al proposito parecchi esempi: la tendenziosa ricostruzione a posteriori dell'apprendistato giovanile, la dove Saba mette- in ombra i propri debiti con Carducci, Pascoli e D'Annunzio per ricollegarsi direttamente al «filo d'oro della tradizione italiana» (Petrarca e Leopardi), con il proposito di nobilitare il proprio isolamento culturale; le ripe-tute dichiarazioni di ripristino della «forma originale» di un verso, come di quella piů fedele all'autenticita dell'ispi-razione, che vengono spesso smentite da una verifica filo-logica; la datazione di testi in contrasto con element! cro-nologici forniti altrove dallo stesso Saba. L'opera ě tuttavia preziosa quando l'autore precisa 1 significati profondi di una lirica, riconducendola alia situazione e alio stato d'ani-mo che l'hanno generata; e infine ě un serbatoio ricchissi-mo di aneddod. Capzioso, fuorviante, talora perfino irritante ma sempre interessante, Storia e cronistoria del Canzoniere ě un te-sto-chiave per la lettura del Canzoniere e per la cono-scenza del complesso "personaggio Saba": narcisista, umorale, caustico ma anche generoso. Ha scritto Guido Piovene, uno dei critici da cui Saba si senti piú compre-so, che > (Storia e cronistoria del Canzoniere), ctesciuta troppo in fretta. In questa particolaritä consiste la scontrosa grazia di Trieste, «la piu strana citta» (Verso casa, v. 14), «inquieta» (Porto, v. 10), «aspra e maliosa» (Distacco, v. 3). La lirica che rneglio ne rappresenta la varieta «d'aspetti in sua bella unitä» (L'ora nostra, v. 13), anche in relazione alia biografia sabiana, é forse Tre vie, ancora in Trieste e una donna: via del Lazza-retto Vecchio, che con le sue «case come ospizi» e i «magazzini desolati» riflette i «lunghi giorni di chiusa tristezza» del poeta; la ripida via del Monte, emblematicamente compresa fra una sinagoga e una cappella, dove Saba trascorse l'infanzia con la balia; via Domenico Rossetti, «la via della gioia e dell'amore» perché vi abitava Lina prima del matrimonio. Saba ama attraversare tutta la cittä (Trieste, v. 1), anche con Lina: «da Trieste che amiamo attraver-sare // tutta al ritorno» (Piu soli, w. 4-5); «Trieste... tuna esplorammo, fino al piú remoto / suo cantuccio* (Verso casa, w. 13-14). 77 GUERRA, dopoguerra, SECONDO NoVECENTO i LUOGHI PREFERITtl LA PERIFÉRIA... 78 Ma le sue passeggiate solirarie prediligono i quartieri periferici, come il «Borgo fervente d'umano / lavoro» (II borgo, w. 24-25) o le strade dove il disordine edilizio non ha ancora cancellato la cam-pagna: per esempio, via Domenico Rossetti, «verde conrrada suburbana, / che perde di per di del suo colore, / che ě sempře piü cittä, meno campagna, / ma Serba il fascino ancora dei suoi belli / anni, delle sue prime viAe sperse, / dei suoi radi filari d'alberelli» (Tre vie, vy. 28-33). Indifferente ai quartieri eleganti, Saba ama le piazzette, i vicoli e gli angoh pittoreschi del centra storico (cfr. Cittä vecchia alia pagina successiva), e le vecchie osterie e i caffě popolari dove «placa-va, a volte, la sua pena di vivere» (Storia e cronistoria del Canzoniere): il "Caffě Tergeste" (nella urica omonima), «caffe di ladri, di baldracche covo», dove italiani e slavi fraternizzano davanti al ta-volo del biliardo; T'Osteria All'Isoletta" che «di fumi e di canti a notte ě piena», o la pověra mensa dove due muratori e un vecchio consumano una «gialla polenta» (Cudná economica). Meta privilegiata di Saba ě spesso (come in Trieste) un cantucdo in cima a vn'erta, da cui si pud contemplare la vastitä del paesaggio: «la nera foga / della vita scoprire puoi da un prato, / e il mare con le navi e il promontorio, / e la folia e le tende del mercato» (ancora Tre vie, w. 23-26); «Dall'erta solitaria che nel mare / precipita.../... si vede / il bianco panorama di Trieste» (Dall'er-ta, w. 1-4). Un panorama che ritorna struggente alia memoria nei giorni della clandestinitä a Fi-renze: «Avevo una cittä bella tra i monti / rocciosi e il mare luminoso» (Avevo, w. 46-47), e poi, nel dopoguerra a Roma, con la figlia Linuccia: «In fondo all'Adriatico selvaggio / si apriva un porto alia tua infanzia. Navi / verso lontano partivano. Bianco, / in cima al verde sovrastante colle, / dagli spalti d'antico forte, un fumo/ usciva...» (Tre poesie a Linuccia, 2, w. 1-6). Riguardo alia Urica che stiamo analizzando, scrive l'autore: «Trieste ě la prima poesia di Saba che testimoni della sua volontä precisa di cantare Trieste proprio in quanta Trieste, e non solo in quan-to cittä natale [...] per quello che ha di proprio e di inconfondibile [...]: una grazia "scontrosa"» (Storia e cronistoria del Canzoniere). H centra della poesia ě řnfatti costituito dal sintagma ossimori-co scontrosa I grazia (w. 8-9), messo in forte rilievo dalla posizione in enjambement e seguito da una splendida similitudine che ne rappresenta quasi una dilatazione: il ragazzaccio aspro e vorace (si noti il legame fonico fra ragazzAcao e voracě) ha mani troppo grandi, sgraziate, ma occhi azzurri, cioě grazia, gentilezza interiore. La lirica ě costruita su una serie di antitesi (popolosa... deserta, v. 3; scontrosa / grazia, w. 8-9; aria strana... / aria natia, w. 21-22) che riflettono l'ambivalenza del rapporto di Saba verso la sua cittä, fatto di amore tenace e di insofferenze e diffidenze reciproche. Nonostante la presenza di notazioni paesistiche, peraltro vaghe (un'erta, Yingombrata spt'aggia, la collina, la sassosa / dma), la descrizione della cittä non riflette dunque una disposizione naturalisti-ca, ma piuttosto un atteggiamento di contemplazione interiore, che sbocca nei versi finali, dove il poeta conferma e rinsalda il suo legame affettivo con Trieste, in ogni... parte viva, ma con un cantucdo adatto alia sua vita /pensosa e schiva. II fascino della poesia si fonda anche sulla disposizione sapiente di forti enjambements e su una raffinata rete di corrispondenze foniche: frequenza di rime baciate; fitto gioco allitterativo delle consonanti che dominano il sintagma-chiave scontrosa grazia (r, s, z): atttavetsnta, sslita, popolosa, principio, etta, deserta ecc. Sottolineiamo infine un ultimo, interessante aspetto: il rapporto con Leopardi. Erta, muricdolo, cantucdo sono parole tematiche ricorrenti nel Canzoniere e definiscono una situazione di ascen-denza leopardiana: Vertu... chiusa da un muricdolo rinvia alia «siepe» sulla cima dell'«ermo colle» (L'mfinito, w. 1-2), come conferma 1'anadiplosi termina / termini dei w. 6-7, che richiama gli «in-terminati / spazi» (w. 4-5) (Caccia). Leopardiano é anche l'ossimoro strana... natia (11 passero soli-tario, to. 24-25: «quasi romito, e strano / al mio loco natio») e ancora la coppia di aggettivi che suggella la lirica: pensosa e schiva (A Silvia, w. 5 e 46: «lieta e pensosa», «sguardi innamorati e schivi») (Beccaria). Umberto Saba Cittä vecchia Da Trieste e una donna (1910-12) Metro Tře strofě di 4,13 e 3 versi, in grande maggioranza endeeasillabi (inframmezzati da tře quinaii, due settenari e un rxisillabo, al v. 16); tutti i versi sono legati da rima, tranne i w. 1 e 4 [aisa, stradu: non c e rima ma solo assonanza), 11 {vecchio, che ě comunque ín quasi-rima con veccbm e speccbia dei w. 2,3) c21 {fam). 6lupanare letterario, "postribolo". 7 dove... detrito iperbato: "dove merci e uomini sono il detrito". 12 bega "litiga"; begěrěďialetti- smo veneto. 13dragone soldatodicavalleria. 14 friggitore venditore di cibi frit-ti. 15 tumultuante "agitata, scom-posta". 19 s'agita... il Signore Saba non allude a Dio come entita traseen-dente, ma alľessenza della vita che areola in tutte le creature. Sulla poesia, che fa parte della sezione Trieste e una donna, Saba scrive in Storia e cronistoria del Canzoniere: ((Cittä vecchia [ě] una delle poesie piú intense e ri-velatrici di Saba [...] rende tutto un lato della sua anima e della sua poesia: quel bisogno, innato in lui, di fondere la sua vita a quella delle creature piú umíli ed oseure: Hal popolo - dirä piú tardi - in cui muoio onde son nato". Perduto nei vicoli e vicoletti di cittä vecchia, il poeta trova "ľinfinito - nelľumiltá". La folla in essi rigurgitante gli ispira pensieri di (non sapremmo come altrimenti chia-marla) religiosa adesione». In Cittä vecchia (il nueleo piú antico di Trieste, che comprendeva il ghetto ebrai-co) Saba nacque e abitó fino al matrimonio. Spesso, per ritornare alia mia casa prendo un'oscura via di cittä vecchia. Giidlo in qualche pozzanghera si specehia qualche fanale, e affollata ě la strada. Qui tra la gente che viene che va dall'osteria alla casa o al lupanare, dove son merci ed uomini il detrito di un gran porto di maře, 10 ritrovo, passando, Tinfinito nell>uniiltá. Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmla, la femmina che bega, 11 dragone che siede alla bottega del friggitore, la tumultuante giovane impazzita ď amore, sono tutte creature della vita e del dolore; s'agita in esse, come in me, il Signore. Qui degli umili sento in compagnia il mio pensiero farsi piú puro dove piú turpe ě la via. Anausí del Těsto VlTAUSMO E SPONTANEITA DEGLI UMILI Cittä vecchia e ispirata da una viva simpatia umana per un mondo umile, "minore", nel quale la vita si manifesta nella sua essenza piü vera e profunda. Tematicamente si collega ad altre liriche «triestine» del Canzoniere (per esempio II borgo, in cui il poeta esprime il suo desiderio di aderire alla vita «di tutti gli uornini, di tutti i giorni»). H motivo centrale della poesia e enunciato ai w. 9-10, che riprendono il concetto nietzschiano della coincidenza fra «quotidianitä» e «infinito» (Girardi), e viene ribadito nei versi conclusive, in particolare dall'antitesi piü puro... piü turpe (in parallelo con I'infinito / nelfumilta). A una tematica "bassa" (in contrasto con la linea sublime e aristocratica di D'Annunzio) corri-sponde uno stile di apparente semplicitä, ma sapientemente calcolato nelle scelte lessicali, sintatti-che emetriche. 79 guerr/v, dopogüerba, secondo NoVECENTO Umberto Saba Aut La poesia ha un taglio narratívo {Spesso... /prendo un'oscura via...) e realistico (nella descrizione delie persone che animano il vecchio quartiere triestino: la prostituta, il marinaio ecc.) e predilige unlessico quotidiano {pozzanghera,/anale, osteria, prostituta, friggitore ecc). L'effetto di colloquialitä ě perö bilanciato sul piano sintattico dalle numerose inversioni {Gallo... si specchia / qualche/anale; affollata ě la strada ecc.) e dagli iperbati {son merci ed uomini il detrito\ Qui degli umili sento in compagniä); a livello metrico dai frequenti enjambements {si specchia / qualche /anale; il detrito / di un gran porto ecc). Inoltre, nella seconda e terza strofa le unita sintat-tiche sono scandite dall'anafora; Qui: Qui: Qui, w. 541 -20. La combinazione di "aulico" e "quotidiano" spicca in particolare nelle rime: ai v. 14/riggitore ě in rima «insolitissima» (Mengaldo) con i nobili amore (v. 16), dolore (v. 18) e Signore (v. 19); cosi al v. 7 detrito rima con in/inito (v. 9). Senza contare iníine il preciso spunto letterario (daül'Incendiario di Aido Palazzeschi) nascosto dietro i w. 3-6 (Castellani). Mio padre é stato per me «ľassassino» Da Autobiografia (1924) II terzo deí quindici sonetti di Autobiografia ha come protagonista il padre (incontra-to per la prima volta a vent'anni), ma iJ suo significato complessivo é sintetizzato nel verso finale («Eran due razze in antica tenzone»), dove Saba ricorda il radicale contra-sto, di cultura e temperamento, ehe divise i genitori ancor prima del la sua nascita. Commentando il rjcorso a una forma metrica chiusa, Saba rivela come la scelta del sonetto gli sia servita proprio «a chĺudere e isolare i diversi periodi della sua vita, cavando di ciascuno ľessenziale» {Storia e cronistoria def Canzonie-re): la madre ebrea e il ghetto, il padre «assassino» e la zia «beneficaj>, il pri-mo amico, la vita militare e la guerra, Firenze e Bologna, ma soprattutto Trieste e Una. Prima di confluire nel secondo volume del Canzon'tere, Autobiografia (scritta in realta nel 1922) é uscita nel 1923 con la serie di sonetti Iprigioni. Metro I quindici sonetti hanno tutti la stessa disposizione di rime' ABAB AEABCDECDE. Mio padre ě stato per me «ľassassino», fino ai vent'anni che ľho conosciuto. AlJora ho visto ch'egli era un bambino, e che il dono ch'io ho da lui ľho avuto. Aveva in volto il mio sguardo azzurrino, un sorriso, in miseria, dolce e astuto. Andô sempře pel mondo pellegrino; piu d'una donna ľha amato e pasciuto. Egli era gaio e leggero; mia madre tutti sentiva della vita i pesi. Di mano ei gli sfuggi come un pallone. «Non somigliare - ammoniva - a tuo padre.» Ed io piú tardi in me stesso lo intesi: Eran due razze in antica tenzotie. 1 Mio padre U90 Edoardo Poli (Trieste 1853-Venezia 1925?}, ven-ditore di mobili a rate, sposô Rachele Felidta Coen (Trieste 1845-1921)nel 1882. Poco prima della nascita del figlio, fir airestato per motivi politici e fu espulso dalla cittá. Si rifece vivo con la famiglia quando Saba aveva vent'anni. «l'assassino» fra virgotette per-ché ripete I'epiteto sentito risuona-re sulle labbra materne. Ě una metafora del linguaggto popolare. 3 un bambino per la fuga dalle responsabilitä farniliari. 4 il dono... avuto il dono della poesia, giudicato trasgressivo nel severo ambiente materno, come trasgressivo fu il padre di Saba. 5 Aveva... azzurrino Saba aveva gli occhi azzurrr come suo padre. 7 Ando... pellegrino "condusse sempře una vita randagia". 8 pasciuto "nutrito". 11 gli "le", usodel parlato. 14 Eran... tenzone il contrasto di caratteri e mentalita fra i genitori ě rafforzato dal secolare conflitto fra la civilta ebraica e quella cnstiana. tenzone arcaismo, "conflitto". Analisi del Testo fcORAMMA infantile t'lMMAGINE DEL PADRE , £ della madre |l conelitto interiors del poeta Arcaismi lessicali e sintatt1ci sul metro H sonetto riassume il dramma che segnô ľinfanzia dí Saba: ľassenza del padre, conosciuto solo at-traverso le recriminazioni mateme («ľassassino»; «Non somigliare... a tuo padre»), poi incontrato e valutato per la prima volta in modo diverso solo a venťanni (irresponsabile come un bambino); ľ atmosféra pesante dell'ambiente familiare, In primo piano campeggia la figura paterna, descritta nei tratti fisici e soprattutto psicologici: ľím-maturitä e la leggerezza {gaio e leggero...; come un pallone, w. 9-11), il fascíno ma anche ľincapa-citä di stabilire rapporti duraturi {piú ďuna donna ľha amato e pasciuto, v. 8). Al contrario, la madre, cui sono parzialmente dedicate le terzíne, tutti sentiva della vita i pesi (v. 10). L'inversione sintattica ha una netta funzionalitä semantica ed enfatizza la fatica del vivere che in Saba connota sempře la figura materna: la madre rappresenta quindi ľautoritä, il dôvere, la pu-nizione, mentre il padre la trasgressione, la fuga, il principio del piacere. II poeta sente nelle proprie contraddittorietä interiori il persistere di due mentalita inconciliabili, che riconduce alľopposizione fra la cultura ebraica (della madre) e quella cattolica (del padre). Giunto alla maturita, anche con il supportů della terapia psicoanalitica, Saba ricomporrä il dissí-dio: «... i parenti m'han dato due vite, / e di fonderle in una io fui capace» {Preludio, w. 14-15). Con insolita severitä, in Storia e cronistoria del Canzoniere il poeta ammette la «sgradevolezza» di molti versi di Autobiografia, riscattata pero - aggiunge - dal «calore dell'ispirazione». Tale sgrade-volezza sarebbe dovuta alla presenza di «licenze poetiche» e di «termini arcaici» dentro il consue-to «linguaggio piano e famigliare». Esemplifichiamo: la preposizione articolata pel (v. 7); ľaulico e arcaico tenzone (v. 14). Si aggiungano le ardue inversioni sintattiche necessarie a piegare la rigida struttura del sonetto alla fondamentale narrativitä autobiografica: il dono ch'io ho da lui ľho avuto (v. 4); Di mano ei gli sfuggi {y. 11) ecc. e il giä citato iperbato con anastrofe del v. 10. Un'interessante particolaritä deriva dalla compagine metrica: ě stato osservato (Pinchera) che que-sto sonetto ě scandito per distici («coppie di versi modulati per chiave dartilica>>), il che destruttu-ra la compattezza del sonetto tradizionale. Tre poesie alla mia balia Da II piccoio Berto (1929-31) Metro Tre strofe di varia lunghezza comnoste da endecasiUati, con ľeccezione dd primo verso (nellä seconda anche ľultimo) che ě trisillabo. In ciascuna strofa ľultimo verso rima con il primo della siiccessiva. Rime baciate legano i w. 5-6 e 7-8; una rima identica (ia parola chiave seno) ai w. 11-13. 1 Mia figlia Linuccia, nata nel 1910, era alľincirca ventenne. 4-6 Divento... galleggia il poeta si sente awolgere dal sonno come un legno trasportato dalle onde del mare. É la prima di tre poesie dedicate alla balia e apre la raccolta II piccolo Berto (1929-31), coraggioso tentative, di rilettura dell'infanzia in chiave psicoanalitica (la silloge é dedicata alio psicoanalista che euro Saba, Edoardo Weiss). La situazione descritta in questa lirica é la seguente: protetto dalle braccia della figlia Linuccia. il poeta si addormenta e sprofonda in un sogno che, per analógia di situazioni, lo riconduce alľinfanzia e all'abbraccio rassicurante della balia. Mia figlia mi tiene il braccio intorno al collo, ignudo; ed io alla sua carezza m'addormento. Divento legno in mare caduto che sull'onda galleggia. E dove alia vicina sponda anelo, il flutto mi porta lontano. Oh, come sento che lottare e vano! 81 guľrra, dopocuerra, secondo novecento Umberto Saba Oh, come in petto per dolcezza il cuore vien meno! Al seno approdo di colei che Berto ancora mi chiama, al primo, all'amoroso seno, ai verdi paradisi delľinfanzia. 9 Oh, come... cuore riecheggiamento di un famoso verso dantesco: «che dä per li occhi una dolcezza al core» (dal sonet-to Tanto gentile e tanto onesta pare, v. 10) [Brugnolo]. 11-13 Al seno... seno il movimento del mare conduce il poeta alľapprodo desiderata: íl seno della balia, II primo conosciu-to e amato da bambino, e piú amoroso di quello materno. 14 ai verdi... infanzia in Stoná e cronistoria é segnalata la fonts del verso in Baudelaire, Moesta et errebundd, v. 21: «Ma il ver-de paradiso degli arnori infantilis («Mais le vert paradis des amours enfantines»). Analisi e Approfondimenti. Le figure della balia e della madre nel "Canzoniere" La vicenda infantile Due immagini antjtetiche La s volta della psicoanalisi e k piccolo Berto II conflitto con la madre e la pac1ficazione UNA 5truttura ispirata alle "ubere ASSOCIAľlONl" 82 Come abbiamo detto, Saba fu affidato fino ai tre anni a una contadina slovena, dalla quale fu allevato con grande tenerezza; poi ne fu separato dalla madre, che lo rivolle con se. Segnato da questa vicenda, Saba cerco poi di superarla con la terapta psicoanalitica, «il cui procedimento consiste nel rimuovere, o cercar di rimuovere, il velo d'amnesia che copre gli awenimenti della primissima infanzia, e trovare in essi le ragioni dei confetti che lacerano la vita deU'aduIto» (Storia e cronistoria del Canzoniere). In un "romanzo psicologico" qual e il Canzoniere, e in particolare nelle raccolte Poesie dell'adolescenza e giovanili, Cuor morituro, llpiccolo Berto, la balia e la madre — le due figure central! dell'infanzia di Saba - occupano un posto privilegiato. Entrambe tendono a definirsi con caratteri fissi, quelli che si sono cristallizzati nella memoria del poeta: «madre di gioia» la balia (da Nutrice, nella raccolta Parole); mentre la madre naturale e figura «dal mesto viso» che «tutti sentiva della vita i pesi» (cfr. Mio padre e stato per me «l'assassino»,v. 10). Per quanto riguarda la balia, fino a Cuor morituro non ne compaiono in primo piano il viso o i ge-sti e le parole, ma la casa che «posa / tacita in faccia alia Cappella antica, /... / da una collina alle caprette amica» {La casa della mia nutrice, seconda lirica del Canzoniere, w. 1-4). Gh stessi toni idillici e un po' stereotipati ritornano anni dopo in Sonetto di paradiso, dove il «paradiso» coincide con la «bianca casetta / sull'erto colle», nido protettivo e simbolo di una felicita lontana. Sonetto di paradiso apre Cuor morituro, raccolta di importanza strategica nell'itinerario dell'autore: qui e inclusa, sotto lo stesso titolo della poesia giovanile {La casa della mia nutrice), una serie di tre liriche che dipanano le immagini infantili confrontandole con il presente («0 immaginata a lungo come un mito, / o quasi inesistente, / dove sei tu, ridente / casina, che dal primo verso addito?», w. 1-4) e portano per la prima volta in primo piano la balia: «il volto che si bello // certo mi par-ve», ma ancora «troppo smarrita / ... nel ricordo» (3, w. 7-9). Seguira, nel Piccolo Berto, la svolta determinate dalla psicoanalisi, che portando alia coscienza ri-cordi e stati d'animo bloccati nelTinconscio, permette consapevolezza e accettazione. 11 piccolo Berto ricostruisce gli anni appaganti con l'amata Peppa, il dolore della separazione, il tenace affet-to che ancora lega il poeta adulto alia vecchia balia {Trepoesie alia mia balia, llfiglio della Peppa, Partenza e ritomo, Eroica). Parallelamente, e in simmetrico contrasto con l'affetto per la nutrice, si sviluppa il rapporto difficile con la madre, il desiderio di amarla e il senso di colpa per non riuscire a farlo, il dolore e Tamarezza di lei. Saba ha anche la sottile percezione che la struggente inquietudine del suo temperamento gli sia stata in parte trasmessa dalla madre: «... el'ansia che impera/ nel tuo cuore ce, forse, anche nel mio; / ce, pur latente, il male che ti strugge» (A mamma, nella raccolta Poesie dell'adolescenza e giovanili, w. 98-100). Piu tardi apprendera dolorosamente che la madre non sarebbe stata felice della sua na-scita: «Quando nacqui mia madre ne piangeva, / sola, la notte, nel deserto letto» {Autobiografia 2, w. 1-2), e da ragazzo subisce l'amaro peso dei suoi sfoghi e del suo risentimento contro il padre. Solo la terapia psicoanalitica sapra sciogliere i nodi di un legame conflittuale ma anche intenso da parte di entrambi: Cuor morituro, che tanto spazio dedica alia balia, si chiude con una struggente Preghiera alia madre morta da anni ma «rinata presenza» nella mente del figlio e finalmente affet-tuosamente «pacificata» con lui. Analizzando ora brevemente il nostro testo, se ne noti la stmtturazione secondo il procedimento delle libere associazioni tipico dell'inconscio: l'abbraccio della figlia fa scattare nel poeta un movi-mento di regressione verso l'lnfanzia, che infondendo una dolce sicurezza, propizia il sonno. Cos! SlNTASSl e RiTMO il poeta si sente tornato bambino, quando era protetto dali'amoroso seno delia balia. L'abbandono al sonno é assimilato alla piacevole immersione nel mare, che trascina il poeta lontano dalla ríva, consegnandolo poi alle braccia della balia. L'impianto "narrativo" si snoda in tre momenti (ľabbraccio della figlia, il sonno-mare, ľapprodo dH'amoroso seno), corrispondenti alle tre strofe; le numerose inversioni sintattiche {legno in mare caduto, v. 5; in petto per dolcezza il cuore, v. 9 ecc.) talora sottolineate da enjambements {Al seno / approdo di colei, w. 11-12; Berto ancora / mi chiama, w. 12-13) producono efficaci effetti musicali, accentuati (strofa centrale) dälla serie di consonanti liquide, che evocano il rumore delľacqua: Legno... sulĽonda/gaLLeggia; alLa... / aneio, íl/luíIo... Lontano, w. 5-7. II lessíco colloquiale dissimula e assorbe le notevoli cítazioni colte (Dante, Baudelaire). Metro Un trisillabo seguito da setre endecasillabi, in una strofa perfettamente chiusa dalTuiiica rima che lega iJ primo e rultimo verso: Parole: sole. 7 delle memorie... il cumulo espressione manzaniana (cfr // cinque msggio, w. 67-68: «tal su quelľalma il cumulo/delle memorie scese!»). Parole Da Parole (1933-34) La poesia apre la raccolta omonima, comprendente una trentina di liriche scritte fra il 1933 e il 1934 e pubblicata dall'editore Carabba di Lanciano nel 1934. La raccolta, insieme con la successiva Ultime cose (1944), segna una tappa innovati-va nel cammino poetico sabiano, come I'autore rileva in Storia e cronistoria del Canzoniere: «Saba di Parole e di Ultime cose si presenta al nostro giudizio come "un lirico puro'J». Parole, dove il cuore dell'uomo si speccbiava - nudo e sorpreso - alle origini; un angolo cerco nel mondo, l'oasi propizia a detergere voi con il mio pianto dalla menzogna che vi acceca. Insieme delle memorie spaventose il cumulo si scioglierebbe, come neve al sole. Analisi del Testo Il valore della parola Uno stile allusivo e indeterminato £ il componimento programmatico di Parole, e trae il titolo dal suo primo verso, come spesso in questa siiloge e nella successiva, Ultime cose. II significato della lirica, che ispira l'intera raccolta, e legato al reeupero del valore della parola compiuto da Saba proprio in quegli anni. Arrivato alia «verita che giace al fondo» (cfr. Amai, v. 5, a p. 86), il poeta vuole restituire alle parole la forza e la purezza di quando esse riflettevano esattamente «il cuore dell'uomo* antico, non ancora awezzo alia menzogna. «Insieme alla riconquistata verginita delle parole, anche lo spaventoso cumulo dei ricordi si sciogliera "come neve al sole"» (Storia e cronistoria del Canzoniere). Stilisticamente la poesia si allontana dalla consueta discorsivita, facendosi densa e allusiva e risul-tando cosi meno facile a una prima lettura. Manca infatti cio a cui Saba ha sempre abituato il let-tore (con l'eccezione di Preludio e fughe): lo spunto realistico, lo squarcio di vita quotidiana. Vice-versa, si allargano indefinitarnente le indicazioni di tempo [alle origini) e di spazio (un angolo / ... nel mondo; l'oasi propizia). Analogamente, il dato autobiografico - altro elemento connotante, sin qui, della poesia di Saba - e ridotto a un cenno vaghissimo, generico e anch'esso privo di ogni spessore realistico: il mio pianto. Grazie a tutti questi elemenu, il discorso tende a sublimarsi e a collocarsi in una dimensione di astratta assolutezza. 83 GUERRA, DOPOGUERRA, SECONDO NoVECENTO Umberto Saba «Frutta erbaggi»* Da Parole (1933-34) Tematicamente affine ad altre liriche del Canzoniere, «Frutta erbaggi» (1934) se ne discosta per l'impianto stilistico, asciutto e frammentato, caratteristico della raccolta di cui fa parte (Parole). Erbe, frutta, colori della bella stagione. Poche ceste ove aUa sete si rivelano dolci polpe crude. Entra un fanciullo colle gambe nude, imperioso, fugge via. S'oscura ľumile botteguccia, Ĺnvecchia come una madre. Di fuori egli nel sole si ailontana, con ľombra sua, leggero. Metro Due strofe di tre e cinque endecasillabi (il quinto e il settimo spezzati, anche sintatticamente) legate daU'unica lima (w. 3-4, crude : nude); assonanza aiw. 6-7, come : sole. *«Frutta erbaggi» fra vir-golette perche e l'insegna del negozio. 1-2 Erbe... stagione la se- quenza nominale riech eggia il richiarno dell'ortolano. 5-7 S'oscura... madre «F/uf-ta erbaggi riprende il tema della madre (in questo caso-in senso traslato - la botteguccia) edel fanciullo [...]. Al suq allontanarsi, la botteguccia sioscura, "invecchia come una madre"» {Storia e croni- storia dei Canzoniere). 8 con... ieggero con la spensierata noncuranza del-l'adolescenza. L'immagine rinvia a Montale, Ossidisep-pia, Í iimoni, w. 34-36: aSono i silervzi in cui si vede 1 in ogni ombra umana che si allontana/qualchedisturba-ta D\m\tä)); Non chiederci la parok che squadri da ogni la-to, w. 5-7: «Ah l'uomo che se nevasicuro,/..Je 1'ombra sua non cura...». Analisi del Těsto I legami intertestuau Le novitá STILISTfCHE Come abbiamo detto, «Frutta erbaggi» si connette tematicamente ad akre liriche del Canzoniere: per esempio «... Un negozietto pieno / ... / ... di quante piü belie e piü ridenti / frutta ha la stagione» ě lo sfondo di una poesia intitolata Giovanezza (w. 40-43), e ancora in Tappeto (w. 8-9) «le ceste... allietano di frutta / cui sorride il ragazzo che le porta»; in particolare ricorre in molte raccolte ľimmagine del fanciullo colle gambe nude che cammina, gioca o corre spensie-rato. I s ig ni hc ati simboiic! ľinfluenza di Montale Le modalita stÜistiche di questa Urica caratterizzano invece la "nuova maniera" di Saba. La partitúra metrico-sintattica isola quattro brevi sequenze, allineandole paratatticamente e asindetica-mente come altrettanti flashes puntati in alternanza su un ambiente e un personaggio: un negozietto d'ortolano ricco di frutta matura e multicolore; un fanciullo che entra di corsa e scappa via; ľimprowiso oscurarsi della botteguccia; il passo spensierato del fanciullo in pieno sole. SimboÜcamente la prima, la seconda e la quarta sequenza rappresentano la pienezza della vita, la terza il suo sfiorire. Quesťultima é basata su una similitudine insolita fra la botteguccia abbando-nata e una madre lasciata sola dal figlio a invecchiare tristemente. Se la vecchiaia é dunque solitu-dine, buio, consapevolezza, la giovinezza é luce, spensieratezza, vitalita. Nelle note abbiamo sottolineato i sottili legami con Montale, il poeta che ancor piü di Ungaretti ha influenzato questa raccolta e la successiva Ultime cose. Ed é proprio il dettaglio montaliano del-ľ'ombra (cfr. v. 8 e nota) a introdurre una nota di malinconia nell'immagine vitalistica del fanciullo, ignaro ancora delle amarezze della vita. 84 Metro __ _- ———;--—-— Cioque endecasillabi, sciolti da nma, dei quals il pruno e il quarto sono spezzati; assonanza ai w. 2-3, cala: dlactia. 4 sbanda dr. Montale, Occasion!, Undau, w. 5-6: ciSotto le torce fumicose sbanda / sempre qaalche ombra*. -. , 4-5 Ed h... vivere cfr. Baudelaire, La morte dei poven {La mort des pauvres), v. 1: «E la morte che consola, e thefawere»(«Cest la Mort qui console, helas! et qui fait vivre») [Caccia], Sera di febbraio Da Ultime cose (1935-43) É una delle piü brevi poesie del Canzoniere, nella quale é partico-larmente evidente I'influenza della lirica "pura"; fa parte di Ultime cose, raccolta di ben 43 liriche scritte fra il 1935 e il 1943 (pubblicata a Lugano nel 1944): uno dei periodi piü difficili della vita del poeta, angustiato, oltre che dalle personali inquietudini, dall'incubo della situazione storica, dalla guerra e da IIa persecu-zione razziale. Si spiega cosi l'insolita intonazione amara che ca-ratterizza questa e altre liriche della silloge. Spunta la luna. Nel viale ě ancora giorno, una sera che rapida cala. Indifferente gioventir s'allaccia; sbanda a povere mete. Ed ě il pensiero della morte che, in fine, aiuta a vivere. Analisi del Testo I 5ignieicati simbouci I riferimenti a Baudelaire, Ungaretti, Montale II testo si articola in frasi incisivamente brevi e staccate: il primo apparire della luna, il rapido spe-gnersi del giorno nel viale. Ignari dell'incalzare del tempo (la sera ě simbolo della morte) passano dei giovani, che si abbracciano senza trasporto, indifferenti e sbandati. L'automatismo dei loro ge-sti significa assenza di consapevolezza e apatia e riflette il vuoto e ľinsignificanza esistenziale, tanto che ad aiutare a soprawivere é solo il pensiero / della morte, cioe il sollievo provocato dal pensiero che la vita avrä fine (come afferma la "moralita" finale). La lirica esprime simbolicamente una situazione (il veloce e inutile trascorrere della vita) e uno stato d'a-nimo (un senso di estraneita assoluto e senza speranza); in essa prevale una secca e asciutta riflessione. La "moralita" é ripresa alla Iettera da un tesLo di Baudelaire {La morte dei poverí: cfr. w. 4-5 e nota relativa), ma nel suo pessimismo ricorda anche una famosa chiusa ungarettiana: «La morte / si sconta / vivendo» {Sono una creatura, w. 12-14). Qualche rilievo stilistico: - ě significativa ľeco montaliana {Sera di febbraio ě del 1942, quindi posteriore alle Occasioni); - ľatmosfera di indeterminatezza ě accentuata dalľuso dell'astratto per il concreto indifferente gioventú), dali'assenza di articoli determinativi, dalla generická del plurále povere méte. 85 llllli