Luigi Pirandello Propilo letterario La vita, gli studi, il lavoro Narratore, drammaturgo, poeta, intemazionale come drammaturgo (pur tra i contrasti e le polemiche, che non mancano). Pirandello ě in questo pe-nostro autore piú noto alPestero, e lavora con NoTIZIli BIOGRAFIC saggista, Luigi Pirandello ha saputo dapprima assimilare e poi rinnovare la tradizione letteraria ottocentesca, affer-mando sempře piů decisamente la sua radicale novita di invenzione e scrittura soprattutto nei tomanzi e nelle opere teatrali. Nato in Contrada del Caos, nella campagna tra Girgenti (dal 1927 ribattezzata Agrigento) e Porto Empedocle, il 28 giugno 1867, studia a Palermo e Roma prima di trasferirsi a Bonn, dove si laurea nel 1891 con una tesi in lingua te-desca sulla fonetica del dialetto girgentino. Tomato a Roma 1'anno seguente, viene introdotto dal verista Luigi Ca-puana, lui pure sicíliano, negli ambienti letterari e giornali-stici della capitale, dove si stabilisce definitivamente con la moglie Maria Antonietta Portulano, sposata a Girgenti nel 1894. Dal 1897 insegna alllstituto Superiore di Magistero e dá numerose lezioni private; la nascita di tre fígli, le difflcoltä economiche causate da un allagamento nella miniera dove aveva investito tutti i suoi averi, e la malattia mentale della moglie lo costringono a un lavoro frenetico: in particulate collabora a lungo con il "Corriere della Sera" e pubblica novelle a pagamento in molte riviste e giornali. In una vita interamente dedícata alia scrittura, al teatro e all'organiz-zazione teatrale, pochi sono i fatti esterni notevoli che non riguardino l'intensissimo e fortunate ritmo lavorativo: nel 1924 (poco dopo il delitto Matteotti) 1'adesione al Partito nazionale fascista; nel 1925 la íondazione di una propria compagnia teatrale (il Teatro d'Arte di Roma, con Massimo Bontempelli, Alfredo Oriani, Giuseppe Prezzolini ecc), con la quale mette in seena le proprie opere teatrali in Italia e all'esteto. D'ora in poi saranno frequenti i viaggi all'estero, anche in America, sulla scia del grande successo riodo : grandi registi come Max Reinhardt in Germania e Brock Pemberton negli Stati Uniti. L'incontro con la giovane at-trice Marta Abba, teneramente amata, segna una tappa řmportante per Pirandello, che la promuove al ruolo di primadonna nella rappresentazione delle sue opere teatrali; il riconoscimento dei suoi grandi meriti giunge nel 1929 con la nomina ad Accademico dTtalia, e nel 1934 con 1'as-segnazione del Premio Nobel. Pirandello muore di polmonite il 10 dicembre 1936 a Roma. Le sue ultime volonta chiedono un funerale nudo e spoglio, la cremazione del corpo e la díspersione delle ce-neri, o tutťal piti la loro chiusura «in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti». iL SUPERAMENTO DEL NATURALISMO E LA RAPPRESENTAZIONE Pirandello inizia a dedicarsi al romanzo quando sono ancora attivi gli autoři veristi, e apparente-mente le sue prime opere sembrano inscriversi appunto in questo filone. Ma ben presto ě chiaro che la somiglian-za ě piú esterna che sostanziale, e che dalTinterno ě giä in atto una corrosione delle forme obiettive e realistiche tipi-che del verismo, attraverso la moltiplicazione dell'ottica narrativa e la rottura della linearita del racconto. Agli eventi si sovrappone continuamente, complicandone la percezione, la riflessione sulla loro genesi e sul loro svol-gimento. E i temi centrali sono proband delTantinaturali-smo: la continua riflessione sull'identita in crisi, sullo sdoppiamento, sulla follia, sul contrasto realtá/apparenza ecc. Anche Pordine spaziale e la concatenazione cronolo-gica vengono stravolti e resi talora enigmaticamente řnde- LUIGl PlKANDELLO cifrabili, ritmi e luoghi della coscienza piú che della realta. Uabolizione di molti passaggi logici e riferimenti espliciti, la tendenza a entrare subito nel vivo delľazione senza approcci intermedí, ľandamento colloquiale e fran-tumato della narrazione, ľampio uso di monologhi e dia-loghi dal forte timbro teatrale sono ulteriori elementi che contríbuiscono a rivelare ľardua novitä della prosa narrativa pirandelliana. Autore multiforme e fecondo, Pirandello sperimentö nella sua lunga e tormentata carriera quasi tutti i generi letterari, passando dalla primitiva consonanza con il verismo alla narrativa e al teatro "umoristici", di dissoluzione della personalita e disgregazione del mondo oggettivo. I temi principáli della sua vastissima opera sono appunto la crisi del-ľuomo e la sua irrimediabile solitudine; 1'msanabile contrasto fra apparenza e realta; ľindagine continua delľinte-rioritä sdoppiata e ingannevole; ľillusorietä dei valori politici e religiosi e delľassetto sociále. Ľesordio narrativo: le novelle Lesordio pirandelhano ě duphce: in versi, con varie rac-colte di stampo carducciano e goethiano (alla poesia tor-nerä ancora con Fuort di chiave nel 1912 e con altri testi pubbíicati postumi), e in prosa con le prime novelle, che rimandano alla letteratura rusticana di Verga e di Capuana (Bozzetto úciliano ě il sottotitolo della prima novella, pub-blicata sulla "Gazzetta del Popolo della Domenica" nel 1884, mentre inizia una eollaborazione con il "Corriere della Sera" destinata a durare fino al 1936). La ricchezza dei temi nelle novelle piiandclliane Le novelle (oltre duecentocinquanta nella sistemazione definitiva) costituiscono un genere letterario particolarmente frequentato da Pirandello, che vi rimane fedele per oltre cinquanťanni: fucina di situazioni, temi e personaggi desti-nati spesso a rivivere in commedie e romanzi successivi, esse si diversificano tra loro anche per le scelte stilistiche: si passa infatti dai moduli verístici delle prime raccolte alio psicologismo amaro, alTumorismo lucido e disincantato, alia presenza del "mito" e dell'inconscio nelle raccolte de-gli armí venti e trenta, fino al limite del surrealismo di alcu-ni testi dell'ultimo periodo. Nel 1922 Pirandello decide di raccoglierle in ventiquattro volumi, ognuno di quindíci novelle; scrive nella Premessa: «Raccolgo in un sol corpo tutte le novelle pubblicate finora in parecchi volumi e tanťaltre inedite, sorto il titolo Novelle per un anno che puö sembrar modesto e, al contrario, ě forse troppo ambizioso [...] l'au-tore delle Novelle per un anno spera che i lertori vorranno usargli venia, se dalla concezione che egli ebbe del mondo e deEa vita troppa amarezza e scarsa gioja avranno e ve-dranno in quesü tanti piccoli specchi che la riflettono inte-ra». II progetto rimane interrotto alla morte dell'autore, quando sono stati pubbíicati quattordici volumi: il quindi- L'approdo al romanzo L'escwsa L'approdo al romanzo e sollecitato da Luigi Capuana, che invoglia Pirandello a scrivere, nel ritiro di Monte Cavo, MartaAjala; iniziato gia nel 1893, viene pub-blicato perb soltanto nel 1901 con un nuovo titolo, L'esclu-sa, che non solo evidenzia i difficili rapporti della protago- cesimo esce postumo nel 1937. L'evoluzjone stilistica nelle novelle La struttura Stili-stica si modifica gradualmente, di volume in volume, da un verismo assai vicino a quello dei grandi maestri catane-si, verso una sempře piú spiccata luciditä raziocinante, fino al monologo interiore delle ultime prove. E sempře piú i personaggi tendono a "entrare in scena", facendosi personaggi teatrali, rappresentanti di un microcosmo para-dossale, privo di organicitä e coerenza, L'ordine delle novelle nei volumi non ě mai cronologico né tematico, proprio perché deve riprodurre la casualitä e caoticitä del reale, lo sperpero insensate dei giorni e degli anni, dei ruoli e dei rapporti umani. I protagonisti sono uomini e donne «senza qualitä», an-tieroi dediti a un'esistenza che si accampa grigia e irrigidi-ta in un susseguirsi di dettagli, di frammenti privi di sense Anche la loro rivolta ě quasi sempre inutile, la loro ri-cerca di significato impossibile: essi si aggirano in una sorta di labirinto, da cui solo la pazzia o la diversitä Ii puö - almeno in parte - liberare. La possibilitä di una narrazione condensata e articolata in forme quasi sofistiche, 1'ampio margine concesso alla speri-mentazione stilistica di questo genere rispetto ad altri piú collaudati, spiegano hinteresse dell'autore per la novella, che costituisce presso il pubblico il biglietto di presentazio-ne piú apprezzato, almeno fino ah'affermazione del grande teatro degli anni venti. Bisogna anche ricordare che moltissime novelle vennero utilizzate per la costruzione di testi teatrali, specialmente atti unici, fungendo quindi da serbatoio di temi e personaggi che, dopo un'opportuna "decantazione" narrativa, potevano affrontare le scene (cfr. Riferimenti e confronti, p. 141). nista, Marta Ajala, con il marito e con il padre, ma focaliz-za anche un tema-chiave, tipicamente novecentesco, come «l'esclusione», owero l'estraneita dei personaggi pirandel-hani rispetto alia societa in cui vivono, ferocemente de-sctitta nei suoi assurdi pregiudizi e nelle sue rigide chiusu- 85 4 iL PRIMO NOVECENTO: TRA MODERNITA, AVANGUARDIE E RINNOVAMENTO Luigi Plrandello re. E la vicenda paradossale di una donna, Marta Ajala, cacciata di casa perche accusata ingiustamente di tradi-mento, che dopo varie peripezie viene riaccolta, proprio quando ha effettivamente commesso l'adulterio. In questo romanzo, Pirandello anticipa la riflessione sul-la crisi d'identita, che costituira uno dei filoni tematici della sua produzione successiva, in ambito sia narrativo sia teatrale. L'ottica apparentemente verista con cui e raccontata la vicenda non deve ingannare circa il carat-tere dell'opera, nella quale (come scrive Pirandello nella lettera dedicatoria a Capuana) «scene drammatiche non difettano [..,] quantunque il dramma si svolga phi nel-rintimo dei personaggi. II fondo [...] essenzialmente umoristico del romanzo e scrupolosamente nascosto sot-to la rappresentazione affatto oggettiva dei casi e delle personew. Insomma, la vicenda che vede vittima Marta Ajala e si dovuta al nesso causa-effetto, ma scaturisce paradossalmente da un fatto inesistente, il tradimento, che tuttavia finisce per produrre conseguenze reali. II paradosso della narrazione giustifica il giudizio di Pirandello sul «fondo [...] umoristico del romanzo». Ma sul concetto centrale di «umorismo» di Pirandello torneremo piu avanti. Come annota ancora l'autore, e «lasciata ai personaggi la piena illusione ch'essi agiscano volontariamen- te, mentre una legge odiosa h guida o h trascina, occulta e inesorabile; e fa si che un'innocente, scacciata dalla societa - per esservi riammessa - debba prima passare sotto le forche dell'infamia, commettere cioě dawero quella colpa di cui ingiustamente era stata accusata». Il turno e il ribaltamento "umoristico" del VERI5MO 11 secondo romanzo, o racconto lungo, ě II turno, composto verso il 1895 e pubblicato a Catania nel 1902: «Gajo, se non lieto [,..] rappresenta uomini e casi della vita di cittä [...] in quel lembo di Sicília, dove anch'io son nato», affer-ma ľautore ristampandolo nel 1915. II titolo allude all'at-tesa cui ě costretto il protagonista prima di poter sposare la donna amata, che il padre spinge a un matrimonio di in-teresse con un ricco ultrasettantenne. II verismo pirandel-liano risulta qui disarticolato o addirittura rovesciato, in quanto i temi tragici delľamore e del tradimento, della "roba" e dell'onore vengono completamente sfatati, mentre il narratore contempla con sguardo giä da "umorista" i progetti falliti del protagonista e il sovrano governo del ca-so su tutte le vicende umane. H dominio del dialogo, di impianto giä teatrale, a scapito delle parti descrittive, dissolve I'impalcatura del romanzo verista, aprendo la strada al suo superamento. // fu Mattia Pascal e Uumorismo Il fv Mattia Pascal: la forma narrattva disarticolata La consacrazione letteraria giunge a inizio secolo con il terzo romanzo, II fu Mattia Pascal. Scritto in uno dei periodi piii torrnentati della vita di Pirandello (tra pesanti preoccupazioni economiche e ľaggravarsi dei problemi psichici della moglie), il romanzo fu pubblicato a puntate sulla "Nuova Antológia" tra il 16 aprile e il 16 giugno 1904 e immediatamente dopo in volume per la stessa rivista. Fu riedito nel 1910 e nel 1918 presso Treves con tagli e puntualizzazioni che giovano a una maggior aderenza alia poetica delľ«umorismo»; nel 1921 Bempo-rad lo ripubblicô con l'aggiunta di un'Avvertenza sugli scrupoli della fantasia, che avrebbe dovuto, secondo l'autore, rispondere alle critiche suscitate. H romanzo narra la vicenda di un uomo che, oppresso da una situazione familia-re insostenibile, approfitta di un'inattesa vincita a Monte-carlo e del ritrovamento di un suicida erroneamente identi-ficato come Mattia Pascal stesso, per cambiare nome e vita. A Roma egli diventa Adriano Meis, cambía perfino i con-notati: ma si accorgerä ben presto dell'impossibilitä di esi-stere al di fuori di ogni norma e legge. Deciso quindi a ri-tornare a Miragno, il paese natale, inscena un nuovo finto suicidio: ma presentandosi alia moglie e ai compaesani sco-pre di essere ormai totalmente emarginato e ahenato. Pet soprawivere deve adattarsi a essere unicamente il/a Mattia Pascal, ritagliandosi un'identitä a rovescio, come di un re-divivo soprawissuto a se stesso. Personaggio plurimo e paradossalmente morto resuscita- to, il protagonista diehiara espUcitamente ľinconoscibilitä dei reale, la totale casualitä degli eventi, la definitiva cadu-ta dei mito della scienza. I diciotto capitoli con brevi titoli (raccontati in prima persona dal protagonista) possono scandirsi in tre blocchi narrativi: i capitoli 1-5, dove prevale la descrizione comi-co-satirica della "prima vita" di Mattia Pascal; i capitoli 6-16, quelli della "prima morte", delľevasione fantastica di Mattia, che si trasforma in Adriano Meis; i capitoli 17-18, dove awiene la "reincarnazione" dei fu Mattia Pascal. Con questo romanzo Pirandello chiude definitivamente i conti con naturahsmo e verismo. Infatti anche se in appa-renza non si nota una grande differenza di tecniche di scrit-tura rispetto ai maestri veristi, accade tuttavia in Pirandello che i loro schemi siano utilizzati con un'ironia tagliente, che viene a ribaltarne la valenza; e alla fine risulta chiaramente ľimpossibilitä di analizzare e riprodurre la realtä in maniera oggettiva, e quindi la totale disintegrazione dei protagonista. L'identitä perduta di Mattia Pascal Mattia Pascal, ľuomo senz'ombra, ľ«inetto a tutto», «at-tore di una tragédia che pih buffa non si sarebbe potuta immaginare» (come si legge nel quinto capitolo), narra la propria vita dal momento successivo alla sua perdita di identita. Non piú persona, ma "personaggio", egli scopre ľimpossibilitä della libertä assoluta e il faílimento inevita-bile della sua velleitaria rivolta contro la societa. Eroe sdoppiato (anzi, triplicato), Mattia scrive un'autobiografia doppiamente evanescence, molteplice e sfuggente: partito dalla coscienza della propria identita («Una delle poche cose, anzi forse la sola che sapevo di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal»), egli approda infine alla can-cellazione del nome, cioě di ogni sua conoscenza. La no-vitä principále del romanzo risiede soprattutto nella rivo-luzione strutturale operata attraverso lo smontaggio della dimensione cronologica (fino ad allora fondamentalmente rispettata nei romanzi), che porta a un cortocircuito fra il tempo "oggettivo" della storia e quello "soggettivo" del personaggio, per il quale il passato ě solo memoria fram-mentaria (o addirittura falsa, come nel caso di Adriano Meis, che ě semplicemente «un uomo inventato»), E il presente stesso sfugge, in quanto non puô essere vissuto pienamente da un uomo privo di identita personale; anche il futuro ě quindi privo di sbocchi. Prevale invece nel romanzo un tempo circolare, per cui la vicenda torna infine alľinizio, sottolineando ľidentitä vuota di Mattia Pascal e di Adriano Meis. Una problematica centrale per capire a fondo la produzione pirandelliana ě la poetíca delľ«umorismo», che ľautore elabora compiutamente un po' piú avanti, tra il 1906 e il 1908, ma che conviene qui anticipare. ľvmorismo: la dettnizione del «sentimento del contrario» Scritto fra il 1906 e il 1908 per il concorso a ordina-rio di stilistica, il saggio suü'Umorismo fu pubblicato in parte su varie riviste nel 1907 e nel 1908, e globalmente in quelľanno a Lanciano dalľeditore Carabba, con un'ironi-ca dedka «Alla buon'anima di Mattia Pascal - biblioteca-rio». Fu poi riedito nel 1920 a Firenze da Battisteiii, con ulteriori correzioni e aggiunte, soprattutto in risposta alla stroncatura crociana del 1907. Vi si possono distinguere due parti, una piú "scientifica" in sei capitoli, che analizza il concetto di umorismo nei se-coli; un'altra piú mossa e personale, in sei paragrafi, intito-lata Essenza, caratteri e materia dell'umorismo, che tende prevalentemente a giustificare e chiarire la poetica pirandelliana. Vi si afferma che la nuova arte "umoristica" deve scaturire dalla percezione dell'insanabile contrasto fra la realtä e le affettuose illusioni di cui gli uomini l'ammanta-no, nel «sentimento del contrario» che fa percepire tutta ľassurditä delle vicende umane. In polemics con Benedetto Croce, Pirandello ribadisce il ruolo insostituibile della riflessione nel concepimento e nelľesearzione delľopera d'arte; irnmaginazione, riflessione e sentimento sono per lui i canoni imprescindibili per la rappresenrazione di un mondo caotico e dilacerato, che solo nell'atto creativo trova una - sia pur parziale - moti-vazione. E come il mondo ě secondo Pirandello alienato e contraddittorio, cosi ľuomo pirandelliano risulta disgrega-to, fallimentare, incomprensibile: «La presunta unitä del nostra io - scrive Pirandello in un saggio pure del 1908, Arte e Scienza - non ě altro in fondo che un aggregamento temporaneo scindibile e modificabile di vari stati di coscienza piú o meno chiari». La rottura con la tradizione H saggio rompe in maniera netta con la tradizione e propone un radicale anticlassicismo; un'arte nella quale «le immagini [...], anziehe associate per similazione o per contiguitä, si presentano in contrasto»; un'arte quindi programmaticamente scomposta e disarmonica che fa stridere i contrasti anziehe sanarli. Lo scrittore "umori-sta" che Pirandello presenta (e nel quale identifica anzi-tutto se stesso) disgrega la realtä, ne sovrappone una op-posta che nega la prima: il mondo rappresentato si rivela allora in tutta la sua assurditä e incongruenza, come siste-ma di anomálie e contraddizioni. Ma neľľarte "umoristica", al semplice avvertimento del contrario, cioě alla percezione di un'anomalia che suscita il riso, si sostituisce il sentimento del contrario, che provoca simultaneamente riso e pianto, odio e pieta, sentimenti ambigui e ambivalen-ti (si veda ľepisodio della «vecchia signora»). Leggiamo a chiarimento quanto scrive Pirandello in una lettera a Ugo Ojetti del febbraio 1909: «Se tu puoi ridere d'un contrario, o sdegnartene, o fingere di lodarlo con grazia mordace: vuol dire che tu non solo lo senti, fino a pian-gerne, questo contrario che ti fa ridere: e, mancandoti il sentimento di esso, ne farai una rappresentazione comica, 0 lo assalterai con la satira o lo morderai ironicamente: non farai umorismo, appunto perché ti mancherä il sentimento del contrario [...]: ľumorismo nega il comieo, lo supera attraverso il comico stesso: penetra nel suo contrario [■■■] e ne acquista tanto il sentimento, che attraverso la rappresentazione di esso comico, te lo distrugge». 1 fitti riferimenti presenti nel saggio rimandano a diverse esperienze culturali: ľestetica tedesca e Schopenhauer da un lato, De Sanctis e Capuana dall'altro: ma l'influenza maggiore ě data dal filosofo antipositivista Gabriel Séail-les (1852-1922) e dallo psicologo sperimentale Alfred Bi-net (1857-1911), che sottolineano la soggettivitä assoluta della conoscenza e la fluidita e scomposizione (quasi cu-bista) del mondo. II saggio si chiude sulla citazione dei due archetipi dell'ar-te umoristica (che saranno presenti peraltro anche in Uno, nessuno e centomila): lo Sterne del Tristram Shandy, «che ě tutto quanto un viluppo di variazioni e digressioni», e il Chamisso della Meravigliosa storia di Peter Schlemihl, ľuomo che vende al diavolo la propria ombra e finisce emarginato e reietto dalla societa. Alla luce di questo snodo fundamentale si capisce meglio il senso profondo del Fu Mattia Pascal, che anche dal punto di vista stilistico risponde alia poetica delľ«umori-smo», in quanto rifiuta la mediazione del narratore ester-no e onnisciente, sostituendolo con un narratore dubbio so e autoironico, che frantuma costantemente la realtä au-tobiografica fino a renderla irriconoscibile. Ne scaturisce una narrazione straniata, una struttura a piu piani intrec-ciati, dove si combinano il "viaggio in avanti" della pere-grinazione, fuga ed evasione, con il "viaggio a ritroso" della ricerca di sé, delľawentura esperienziale del protagonista. C+.+A Il primo novecento: tra modernita, avanguardte e Rl n no V am ľnto II romanzo storico: / vecchi e /' giovani La stagione di Pirandello romanziere continua con I vecchi e i giovani, scritto fra il 1906 e il 1908, apparso prima a puntate tra gennaio e novembre 1909 sulk "Rassegna con-temporanea" (ove rimase pero interrotto), pubblicato poi integralmente, con modifiche, nel 1913 da Treves e in edi-zione definitíva e rielaborata solo nel 1931 da Mondadori. Come afferma Pirandello stesso, é «il romanzo delia Sicília dopo il 1870, amarissimo e popoloso romanzo, ov'é racchiuso il dramma della mia generazione». Riprenden-do la violenta polemica dei Viceré derobertiani (1894), Pirandello denuncia il fallimento delle speranze risorgimen-tali, delle illusioni di riscatto nutrite, specialmente in Sicília, dopo l'Unita. Ponendo sullo sfondo della vicenda la ribellione contadina e operaia dei Fasci sicilianí e lo scan-dalo della Banca Romana, egli evidenzia il declino dell'i-dea risorgimentale di Stato e la delusione delle masse nei confronti del movimento socialista. La repressione dei Fasci segna la vittoria della nuova borghesia imprendito-riale, priva di ideali patriottici, cinicamente estranea a ogni ricerca di giustizia: il proletariato é dunque irrepara-bilmente sconfitto e il ceto vittorioso non si regge sugli antichi valori di civiltä, ma sulla ricerca del profitto e sullo sfruttamento. Romanzo storico, I vecchi e i giovani sviluppa pure un'at-tenta analisi sociologica della crisi, e rileva come il corso della storia, opponendosi alle vicende individual! (a essa inconciliabili), manifesti tutta la sua assurditä e caoticitä. Il dramma interiore dei personaggi Spesso considerato un'opera minore, quando non addirit-tura un passo falso nella produzione narrativa pirandellia- Suo marito e Si gira... Una satira della fama let i i karu H quinto romanzo pi-randelliano é pubblicato nel 1911 con il titolo Suo marito, e postumo nel 1941 come Gimtino Roncella nato Boggiôlo. Presenta il personaggio di Silvia Roncella, artista che tenta di affermarsi nella Roma salottiera e mondana d'inizio seco-lo, aiutata da un marito che ne cura l'immagine pubblica; la figura della protagonista si vuole ricalcata su quella della ro-manziera sarda Grazia Deledda, che viveva a Roma e fre-quentava ľautore. II romanzo é in un certo senso bifronte: da un lato vi e ridicolizzato l'ingenuo impegno "manageria-le" di Boggiôlo, dall'altro viene seguito accuratamente il ca-so umano e artistico della donna, divisa nei ruoli inconciliabili di scrittrice e moglie/madre. Ambientato nella Roma dei pettegolezzi e degli scandali, del perbenismo e della corruzione (aspetto che la capitale aveva giä assunto nel Fu Mattia Pascal e nella seconda parte de 7. vecchi e i giovani), il romanzo é una condanna della nuova figura dell'agente letterario e del ruolo della nascen-te industria culturale. na, il romanzo si inquadra invece moko bene nella ricerca esistenziale e artistica delľautore. Dal dramma storico rap-presentato nei Vecchi e i giovani deriva anche il dramma interiore e privato dei personaggi che, cogliendo attraver-so gli eventi della vita pubblica la degradazione dei valori del mondo moderno, arrivano a percepire il non senso della vita stessa e lo svanirc sia delľidentitä individuale sia di una visione unitaria del mondo. Ambientato tra la Sicília e Roma, nel periodo che va dal settembre 1892 al gennaio 1894, il romanzo presenta due gruppi antitetici di personaggi; da una parte i "vecchi", cioě i garibaldini Stefano Auriti e Mauro Mortara, i fratel-li borbonici Ippolito e Cosimo Laurentano, e la loro so-rella Caterina, vedova di Stefano Auriti; dalľaltra parte i "giovani" Lando Laurentano (figlio di Ippolito), Aurelio Costa, Danielia Salvo (figlia di un ricchissimo proprieta-rio di solfare) e uno sparuto gruppetto di audaci sognato-ri socialisti (tra cui Roberto Auriti, figlio di Stefano), che sperano di riscattare con la loro ideológia la «oltracotante oppressione dei vecchi». Nella prima parte del romanzo, che si svolge a Girgenti, si assiste alla lotta tra questi due gruppi; nella seconda parte, sullo sfondo prevalente di una Roma degradata e corrotta (antitetica alla Roma "bi-zantina" cantata da D'Annunzio), si consuma la tragédia: muore Aurelio Costa, nel vano tentativo di sedare la rivol-ta nelle solfare del Salvo; viene arrestato Roberto Auriti; il vecchío garibaldino Mauro Mortara viene ucciso dai soldáti accorsi nelľoccasione, che non si accorgono della sua volontä di collaborare. E con lui muore la speranza di un riscatto della Sicília e di una possibilitä autentica e reále di progresso. Polemico verso la nuova cultura del divismo cinematogra-fieo e verso la civiltä delle macchíne ě anche Si gira..., il romanzo scritto nel 1914, pubblicato nel 1915 su "Nuova Antológia" e nel 1916 in volume (poi in parte riscritto con il nuovo titolo di Quaderni di Serafino Guhbio operátore nel 1925) in occasione della nuova edizione presso Bem-porad. II těsto propone le vicende di Serafino Gubbio, operátore di macchina nella Casa cinematografica Kosmograph, dove vengono prodotti film banali, ma di sicuro "ritorno" eco-nomico. Attento osservatore delle novitá che il nuovo mezzo espressivo impone, Serafino con apparente indiffe-renza osserva le vicende di attori e attrici sul set di un film in cui deve essere uccisa realmente una tigre. Ma quando ľattore spára invece alla prima attrice, restando sbranato dalla tigre, Serafino perde la parola per il trauma subito; e resterä per sempře soltanto «una mano che gira la mano-vella», interrompendo definitivamente la scrittura. Lligi Pirandello Una dura critica alia societa industriale Si gira... e un'opera di straordinaria attualita che, smitizzan-do il falso progresso della societa industriale, ne dimostra in pieno l'alienazione, la frenesia, la falsita, stigmatizzando «la vita ingoiata dalle macchine [...] questa vita, che non e phi vita». E per descrivere con allucinata lucidita questa non-vita, questa esistenza fagocitata dalla civilta, Pirandello attua una registrazione della realta impassibile e monocorde: quella del diario scritto da Serafino Gubbio quasi per ven-dicarsi del mondo delle macchine che lo ha annullato, ridot-to a «silenzio di cosa». Romanzo-diario e romanzo-saggio a un tempo, Si gira... contiene in se anche il motivo del pas-saggio definitivo di Pirandello al teatro: proprio per appro-dare da una riproduzione morta di immagini, qua! e per lui il cinema, alla riproduzione d'immagini vive, di personaggi reali, quale puo offrire il teatro. La guerra sopraggiunge a segnare profondamente la crisi ideologica in cui Pirandello gia si dibatteva: il tramonto del vecchio mondo risorgimen- tale, che aveva fallito il rinnovamento propostosi, e accom-pagnato dal sorgere di un nuovo mondo altrettanto alienan-te, quello delle macchine, delle megalopoli, del totalitari-smo. Liberatosi definitivamente dell'impianto naturahstico, Pirandello approda con questo romanzo alla struttura diari-stica e monologante che sara anche di Uno, nessuno e cen-tomila. In particolare qui e presente un soliloquio teso e polemico, che con ostinazione ribadisce la visione pessimi-stica e fatalista di Pirandello, il quale Iancia un ulteriore at-to di accusa e di protesta contro la civilta contemporanea. II protagonista-narratore instaura un serrato e aggressivo dialogo con il lettore, che a ogni costo vuol convincere della propria tesi, quella dell'inevitabile alienazione del-l'uomo moderno nella civilta delle macchine. E chiara in cio la netta opposizione alle contemporanee teorie futuri-ste, tese a celebrare la macchina, il mondo industriale, la guerra tecnologica. Uno, nessuno e centomila La destruttukazione del personaggio e della narkazione Sviluppo di Stefano Giogli, uno e due, una novella del 1909, l'ultimo romanzo di Pirandello ě in gestazione giä dal 1910 (come rivela una lettera a Bontempelli), ma la sua stesura si prolunga per quasi undid anni, fino alia stampa nel 1925-26 con il titolo definitivo di Uno, nessuno e centomila. In questa lunghissima permanenza sullo scrittoio pirandelhano, il bro-gliaccio diviene fonte ricchissima di materiali che vengono man mano riutilizzati per novelle, articoh e drammi. La vicenda ě imperniata sulle disawenture di Vitangelo Moscarda, detto dalla moglie Gengé, che scopre, grazie a una casuale battuta, di avere un naso diverso da come se l'era immaginato. Nasce da tale banalissima constatazione una lunga indagine che il protagonista attua per scoprire la propria immagine negh amici e conoscenti: e deve ren-dersi conto che ognuno lo valuta e lo considera in maniera differente da ogni altro, che lo si vede in "centomila" forme diverse, "nessuna" delle quali, a suo parere, vera. Per sfatare quelli che egli ritiene puri pregiudizi, Vitangelo co mincia allora a compiere stravaganze, a ribaltare le deci-sioni appena prese, fino a essere ritenuto pazzo. E dopo essere stato assolto in un processo intentatogli, decide di allontanarsi dalla societa, ritirandosi in un ospizio di men-dicitä che lui stesso aveva fatto costruire, soddisfatto di questo epilogo che "non conclude", pronto a rinascere «nuovo e senza ricordi: vivo e intero [...] in ogni cosa fuo-ri», come afferma nella conclusione del romanzo. La rivolta di Vitangelo Moscarda L'alienazione di Moscarda consiste dunque nelľímpossibi-litä di calarsi in ruoli che egli stesso non conosce, in "ma-schere" che rifiuta. Cosicché egli giungerä a ricusare ogni confronto con la propria immagine, prolungando nella follia il suo esilio dalla societa. Solo distruggendo il pro- prio passato e l'immagine di sé presente negh altri, infatti, Moscarda puô recuperare la «via della salute», fuori dagli schemi e dagli obblighi che la societa normalmente impone a tutti. Quel che Mattia Pascal aveva tentato timida-mente, non senza titubanza, ě realizzato in pieno da Vitangelo Moscarda nella sua consapevole rivolta. II romanzo «piü amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita» (cosi ľautore in una lettera au-tobiografica) mette in scena il personaggio piü carico di au-toconsapevolezza dell'intero mondo pirandelliano: Vitangelo Moscarda, che rifiuta ogni certezza precostituita, ogni «forma» che la societa voglia imporgli, fino ad assumere i conno-tati dell'inetto, desideroso solo di tomare «alla freschezza di impressioni, alla duttilitä dell'infanzia». Pirandello sembra godere nel decostruire pezzo per pezzo il personaggio, con amara e feroce irónia, fino a renderlo ombra di se stesso; lo si puô accostare a Tristram Shandy - il protagonista dell'o-monimo romanzo (1760) di Laurence Sterne -, un personaggio raziocinante e anarchico che si svincola definitivamente dalle pastoie della societa per ritrovare se stesso. La scansione richiama quella in nove libri attuata da Sterne nel Sentimental Journey (Viaggio sentimentale), anch'esso diviso in capitoletti frantumati con sottotitoli umoristici: si ricordi che tale autore ě particolarmente cam a Pirandello, che in varie opere ne riprende la forte carica straniante. In un'intervista del 1922 Pirandello dichiarava a proposito di questo testo: «E il romanzo della scomposizione della personalita. Esso giunge alle conclusioni piii estreme, alle conseguenze piii lontane. Spero che apparirä in esso piü chiaro di quel che non sia apparso finora, il lato positivo del mio pensiero [...]. La realtii, io dico, siamo noi che ce la creiamo: ed ě indispensabile che sia cosi. Ma guai a fermarsi in una sola realtä: in essa si fini-sce per soffocare, per atrofizzarsi, per morire. Bisogna invece variarla, mutarla, continuamente, connriuamente mutare». 036773082001 ÍL PRIMO NOVECENTO: TRA MODERNITA, AVANGUARDIE E RLNNOVAMENTO I drammi e la produzione teatrale LA RITARDA1Ä ATTJWTÄ TEATRALE E IE CONTRA5TO FRA TE- CENICA Iniziata giä a fine Ottocento, ľattivítä teatrale occupa in maniera sempre piú esaustiva Pirandello a partire dal 1916, dandogli fama in Italia e ancor piú sulla scéna europea e mondiale. Se la scelta decisiva per tale forma ritarda fino al secondo de-cerrnio del Novecento, ciô ě dovuto principalmente alia diffidenza verso il mondo degli attori e addirittura al dub-bio ehe il teatro possa avere pieno titolo di forma ďarte. In due articoli pubblicati nel decennio ehe precede la grande fioritura delia sua opera drammaturgica (Ľazione parlata, 1899 e Illustratori, attori e tradutton, 1907), Pirandello aveva infatti teorizzato una diminuzione, addirittura un "tradimento" deLľarte, nel passaggio dal testo teatrale seritto (e prima ancora pensato e "vissuto" dal-ľautore) alia sua realizzazione conereta sul paleoscenico, dove esso deve fare i conti con la realtä materiále degli attori, dei costumi, delia scénografia, delia regia teatrale. E dopo esser tomato al teatro anche per fini economici, Pirandello ribadirä nuovamente la sua condanna con i Sei penonaggi in cerca ď autore (1921), attuazione in scéna delle sue considerazioni negatíve sul mondo del teatro. Negli stessi anni afferma: «Ľattore deve fare e fa per for-za il contrario di ciô ehe ha fatto il poeta. Rende, cioě, piú reale e tuttavia men vero il personaggio ereato dal poeta; gli toglie tanto, cioě, di quella veritä ideále, superiore, quanto piú gli dä di quella realtä materiále, comune; e lo fa men vero anche perché lo traduce nelk materialitä fitti-zia e convenzionale ďun palcoscenico» (L. Pirandello, Teatro e letteraturd]. I primi drammi legáti al mondo siciliano Al primo dramma, Ľepilogo (poi La morsa), seguono via via numerosi testi; ma la scelta definitíva si ha solo nel 1916, quando Pirandello awia la collaborazione con il commediografo Nino Martoglio e ľattore Angelo Musco, entrambí siciliani. Su loro sollecítazione compone vari drammi umoristici, per lo piú tratti da novelle, nella dop-pia veste italiana e siciliana: Pensaä, Giacomino! (1916), Liola (1917), U berretto a sonagli (1917), La giara (1917), La patente (1917); e traduce o riduce opere giä composte in lingua come Lumie di Siatia (1916), La morsa (1917), Tutto per bene (Ccu i nguanti gialli, 1921), U Ciclopu (da Euripide, 1919), Glancu (da E.L. Morselli). Pur nella con-sapevolezza dei limiti ehe ľuso del dialetto comporta (se ne veda un quadro lucidissimo nelľarticolo sul Teatro sici-liano del 1909), la scelta pirandelliana si giustifica anzitut-to come ricerca di una «vivezza» o «nativitä opportuna ehe ě condizione prima e imprescindibile delľarte*, e ehe il dialetto puô appunto esprimere meglio delia lingua; e in secondo luogo come manifestazione e realizzazione di un mondo ehe urge nello serittore e preme per venire alia luce, «un pověro mondo di bisogni primi, di primi affetti, intími, originarii, nudi e nude cose, di semplicitä elemen- 90 tare, in pteda a una necessitä fatale* (come si esprime a proposito di Verga nella celebrazione del 1920). II dramma "umoristico" e il "giuoco delle partí" Ma questo mondo primigenio e assolutamente semplice comincia quasi subito a complicarsí e a essere contestato in virtú di una visione "umoristica" del reale, quale Pirandello aveva giä teorizzato nel saggio del 1908 e in parte trasferito in novelle e romanzi; il mondo verghiano delia "roba", delia tradizione, dei ruoli fissi e immutabili, viene capovolto: protagonisti divengono i personaggi "stonati", "fuori di chiave", con la forza del loro ragiona-mento paradossale, delia loro riflessione deformante, con la loro carica provocatoria verso íl mondo borghese ben-pensante. Dal dramma naturalistico si passa perciô al dramma "umoristico", soprattutto con Se non cosi (1915), il "mistera profano" Alľuscita (edito nel 1916, rappresentato pet la prima volta nel 1922), IIpiacere delľonestä (1917), Ma non e una cosa séria (1917) e con la "parabola" polemica Cosi e (se vi pare) (1917). In quesťultima opera un'intera cittä si coalizza contro due personaggi coípevoli unica-mente di essere "diversi", attuando nei loro confronti un'inchiesta spietata e ossessiva, ehe infine scopre solo ľinconoscibihtä del reale e ľimpossibilitä per cíascuno di uscire dalla parte ehe recíta di fronte al mondo. Data la sua importanza, efr. L'Opera, p. 134. Punto ďarrivo di questa fase delia produzione teatrale di Pirandello ě appunto il "giuoco delle parti": poiché ognu-no neha societa ě inquadrato in una forma immutabile, da cui inutilmente tenta di liberarsi, ľunica possibilitä ě quella di delegittimare tali ruoli sociali attraverso l'«umori-smo», di capovolgerli, di mimetizzarsi in essi. Solamente in questo modo risulta possibile affermare la propria fluida e mutevole realtä interiore; e quando la societa crede di poterla frenare e imprigionare, al personaggio pirandellia-no resta ancora una via di ruga: quella della pazzia, segno di liberta e di assoluto individualismo. Questi meccanismi sono particolarmente evidenti all'inter-no della famiglia, dove i ruoli parentali e filiali si interseca-no, si capovolgono, si sfaldano, in una continua trasgres-sione che diviene la regola di un mondo in crisi. Spesso anzi ľambiente prescelto da Pirandello ě quello chiuso e carico di tabú della Sicilia, di cui viene evidenziato il lega-hsmo ossessívo e puramente esteriore. Oltre a II giuoco delle parti (1918), sviluppano questi temi Ľinnesto (1919), Ľuomo, la bestia e la virtú (1919), Come prima, meglio di prima (1920) e La signora Morli, una e due (1920). Dal teatro "umoristico" al "teatro nel teatro" II passo successivo ě quello in cui viene messa in scena non piú la vita, ma il teatro stesso: ě il passaggio al meta-teatro, al "teatro nel teatro". Tale formula ě esplicitamente adottata nella trilógia comprendente Sei personaggi in cer- LuiGi Pirandello ca d'autore (1921), Ciascuno a suo modo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1930): piú che dell'inclusione di una scena in un'altra, si tratta qui di un'invasione quasi in-controllabile, di una violenta inttusione da parte di ciô che era estraneo alia scena. II personaggio allora, per presen-tarsi al pubblico, rifiuta sia la mediazione dell'autore, sia quella degli attori, incrinando con ciô stesso la "compat-tezza" del paleoscenico, della finzione teatrale; dichiara perciô la morte (o quantomeno ľeclissi) del testo, a van-taggio di un semplice canovaccio che decide di gestire in maniera del tutto autonoma rispetto al "creatore" dell'o-pera d'arte, alio scrittore. Si tratta pero di una finzione, in quanto tah commedie sono ancor piú "programmate" delle altre. A questi due conflitti (quello tta il mondo reale dei personaggi e il mondo fittizio del paleoscenico, e quello fra personaggi e autore) si sovrappone il conflitto (non esplicitato) fra il testo cosi come ľha immaginato l'autote e la sua realizzazione concreta nella messa in scena, conflitto giä rilevato da Pitandello nei saggi sul teatro fin dai tardi anni novanta. Sei peksonaggi in ĽERC4 d'autore Alcuni frammenti di un «romanzo da fare* intitolato Sei personaggi in cerca d'autore costituiscono il primo abbozzo di quella che diventerä l'opera teatrale forse piú nota di Pirandello; a questo ipo-tizzato romanzo si riferiscono gli accenni al figlio Stefano in una lettera del 1917. Derivato in parte dalle novelle Personaggi, La tragédia di un personaggio e Colloqui con i personaggi, il testo si ttasforma definitivamente in una «com-media da fates nel 1921. Rappresentato per la prima volta al teatro Valle di Roma nel maggio 1921, sotto la direzione di M. Niccodemi, ě un clamoroso fiasco; ma nella replica di settembre al teatro Manzoni di Milano viene subito ri-conosciuto come un capolavoro e ben presto messo in scena in tutta Europa. II testo ebbe varie risrampe (1921 e 1925) e conflui nel 1933 nel primo volume della terza raccolta di Maschere nude, insieme con Ciascuno a suo modo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1928). E estremamente significativo che questa trilógia apra l'opera teatrale, e che essa sola ab-bia una breve Premessa che spiega il motivo del raggrup-pamento, dove tra ľaltro si legge: «Tutti e tre uniti, quan-tunque divetsissimi formano una trilógia del teatro nel teatro, non solo perché harrno espressamente azione sul paleoscenico e nella sala, in un palco o nei corridoi o nel ri-dotto d'un teatro, ma anche perché di tutto il complesso degli dementi di un teatro, personaggi e attori, autore e direttore - capocomico o regista, critiei, drammadci e spettatori alieni e disinteressati, rappresentano ogni possibile conflitto». Eccezionale ě anche la Prefazione, lunga e articolata (giä pubblicata in rivista nel 1925), dove Pirandello rivela le re-lazioni tra personaggi, attoti e autore: «Ciascun d'essi [i personaggi], per difendersi dalle accuse dell'altro, esprime come sua viva passione e suo tormento quelli che per tanti anni sono stati i travagli del mio spirito: ľinganno della comprensione reciproca fondato irtimediabilmente sulla vuota astrazione delle parole; la molteplice personalita d'ognuno secondo tutte le possibilitä d'essere che si trova-no in ciascuno di noi; e infine il tragico conflitto immanente tra la vita che di continuo si muove e cambia e la forma che la fissa, immutabile». I "personaggi" La vicenda dei Sei personaggi in cerca d'autore ruota sul-l'apparizione dei "personaggi" (il Padre, la Madre, il Figlio, la Figliastta, il Ragazzo e la Bambina) che mettono in scena il proprio dramma a scapito degli attori e contro la volontä dello stesso autore. Al centro sta l'apparizione di madama Pace tra il Padre, la Figliastra e la Madre: «momento eterno» (come lo defrni-sce Pirandello) nel quale l'opera d'arte cerca di sfuggire alia sua consunzione e «vive sempre, in quanto ě forma». L'arte quindi ě in grado di creare il personaggio anche solo evocandone il nome. In Ciascuno a suo modo tale eternitä della forma artistica ě continuamente messa in crisi dall'irrompere della realtä estema al teatro, che di fatto impedisce la rappresentazio-ne. In Questa sera si recita a soggetto lo scontro si svolge principalmente tra l'autore (assente e contestato) e il regista, che vuol far prevalere la creazione scenica sul testo, fino a proclamare l'inconoscibilitä di quest'ultimo: «Per giudicare il testo, bisognerebbe conoscerlo; e a teatro non si puo, attraverso un'interpretazione che, fatta da certi attori, sarä una e, fatta da cert'altri, sarä per forza un'altra». Si capovolge allora il rapporto: non cí sono piú, come nei Set personaggi, dei personaggi che vogliono vivere sulla scena prescindendo dagli attori, ma degli attori che si im-medesimano a tal punto nell'opera di creazione artistica da divenire personaggi. A conclusione della trilogia Pirandello non assegna il pri-mato a nessuna delle parti in causa, ma riscopre che autore, attori e regista sono tutti necessari a «dar vita all'o-pera d'arte che tutti li comprende e senza la quale ciascuno per se stesso, sera per sera, non avrebbe ragion d'essere». Apparentabile a questi tre drammi ě pure YEnrico TV (1922), quasi un'apologia dell'atto-re, in quanto il protagonista, impazzito per una caduta da cavallo, riesce in ogni modo a impersonare l'imperatore: sia inconsapevolmente, quando ě pazzo, sia con piena consapevolezza, una volta rinsavito. Anzi, egli assume via via tutte le funzioni teatrali, risultando oltre che attore, creatore del canovaccio, scenografo e regista (nel muove-re a suo piacimento la recitazione di chi lo incontra). Anche qui dunque siamo in presenza del "teatro nel teatro", di una finzione che si propone come realtä anche se tutti sono coscienti del contrario; la pazzia ě infatti omologa del teatro in quanto crea una realtä diversa, permettendo la crescita di un mondo alternativo, altrettanto reale di quello "vero". 91 iL PRIMO NOVECENTO: TRA MODEHMTÄ, AVANGUARDIE E R1NNOVAMENTO Luigi Pirandello D teatro dei miti Ľultima fase delia produzione teatrale pkandelliana, dal 1927 in poi, vede da un lato la rípresa di temi giä speri-mentati (ciô ě tipko di un'opera ehe non vede un vero svi-luppo diacronico di temi e motivi, ma la loro costante tivi-sitazione), soprattutto nei testi destinati alia recitazione di Marta Abba (Diana e la Tuda, Ľamica delle mogli, Come tu mi vuoi, Trovarsi, Ouando si e qualcuno); dall'altro lato la novitä di una "trilógia del mito" clie tende sempre piú decisamente alio sperimentalismo. Le tre opere teatrali ehe la compongono, owero La nuova colonia (1928), Lazzaro (1929) e I giganti delia montagna (iniziata nel 1930 e rimasta incompiuta), propongono in effetti un teatro "a tesi", centrato sulla ricerca di nuovi miti positivi, da eontrapporre alľarida meceanicitä del mon-do tecnologico ehe avanza. ha nuova colonia, definita da Pirandello «mito sociale», presenta un gruppo di reietti delia societä ehe si rifugiano su un'isola deserta per dar vita a una societa ehe vorrebbe-ro diversa, fondata su valori nuovi; il tentativo fallisee, per il rigurgito di passioni, violenze e intrighi, e ľisola sprofonda con il suo carico ďumanitä; pero dal naufragio si salva la prostituta La Spera con il figlio, a simboleggiare il prevalere dei rapporti umani sui rapporti economici e sociali. Lazzaro narra le diverse reazioni di fronte alia "resurrezio-ne" di Diego Špina, ehe un medico riesce a far tornare in vita con una nuova sperimentazione clinica: mentre il protagonista perde la fede, avendo sperimentato il nulla dopo la sua (prowisoria) morte, il figlio di lui conferma la propria fede vacillante. II contrasto tra spiritualismo e po-sitivismo viene qui messo in scéna nello scontro tra padre e figlio: e Pirandello sembra proporre un mito religioso alternativo sia al fideismo cieco ehe alľateismo razionali-stico. I giganti delia montagna, vero testamento spirituále di Pirandello, affronta invece il ruolo dell'arte nella cultura contemporanea, sempre piú restia ai valori spirituali. La vicenda delia contessa lise, attrice ehe mette in scéna co-stantemente e unícamente ľopera di uno serittore ehe si ě ucciso per amor suo, e ehe muore nel finale dilaniata dai rozzi spettatori delia sua ultima recita, esprŕme appunto le difficoltä delia poesia in un mondo sempre piú attento alia tecnologia e alia praticitä. Intorno alla protagonista ruotano persone molto particolari: la sua scalcinata com-pagnia teatrale, il mago Cotrone con le sue strane creature, capaci di far "vivere" i sogni e le aspirazioni umane piú profonde, i Giganti (ehe non appaiono mai sulla scéna), prototipo forse di un'umanitä sempre piú bestiale e materialista, i loro servi grossolaní e stupidi, ma anche spiriti, angeli, marionette viventi, apparízioní, presenze inquietantí; il tutto ambientato in una misteríosa villa sulla montagna. Solo ľultima opera, rimasta peraltro priva di una conclu-sione, non lascia vedere con chiarezza la vittoria del mito, anche se le ultime parole di Pirandello morente, riferite 92 dal figlio Stefano, possono far balenare una risposta: «C e, mi disse sorridendo, un olivo saraceno, grande, in mezzo ala scéna: con cui ho risolto tutto». E il ritorno alia terra natale, lä dove Pirandello era caduto «una notte di giugno [.,,] come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna di olivi saraceni affacciata agli orli dun altipia-no d'argille azzurre sul mare africano» (come narra in to-no fiabesco nella sua autobiografia fantastica). E la poesia che riafferma il suo potere oltre ogni rifiuto degli uomini, oltre le incomprensioni e i tradimenti delia vita umana, sempre pronta a trasferirsi nella «realta meravigliosa in cui viviamo, alienati da tutto, fino agli eccessi della demenza» (L. Pirandello, Igiganti della montagna), tutto 1l teatro di pirandello: MaSCHERE mto Dal 1918 Pirandello aveva cominciato a raccogliere tutti i testi teatrali presso ľeditore Treves sotto il titolo di Maschere nude; la seconda edizione in trentun volumi (1920-35) usci prima presso Bemporad e fu completata da Mondadori, che pubblicô anche la terza e definitiva in died volumi (1933-38). II significato del titolo ě chiarito dallo stesso Pirandello neU'Avvertenza aggiunta al Fa Mattia Pascal nel 1921: «Credo che non mi resti che di congratularmi con la mia fantasia se, con tutti i suoi scrupoli, ha fatto apparir come difetti reali, quelli eh'eran voluti da lei: difetti di quella fittizia costituzione che i personaggi stessi han messo su di sé e della loro vita, o che altri ha messo sú per loro: i difetti insomnia della maschera finché non si scopre nuda». Si tratta ancora una volta di togliere al personaggio la maschera sotto la quale egli solitamente tenta di nascon-dersi, per presentare al lettore la «nuda veritä», l'essenza vitale dell'uomo, spesso fuori della norma e inserito in vi-cende portate al limite del paradosso. L'influenza e il superamento del teatro ottoeentesco Tecnicamente Pirandello si rifä dapprima al teatro ottoeentesco (sia dialettale sia borghese), per poi scardinarlo dal-l'interno e ribaltarne la valenza. Cosi anche i personaggi si trasformano: dagli esuberanti popolani delle prime com-medie dialettali si passa ai ridicoli borghesi dei drarnmi "fa-miliari", attend piú alia forma che alla realtä dei fatti; poi da queste marionette stereotipate (che si rivelano talora personaggi "umoristici" di spicco, nella loro grottesca di-sarticolazione) agli immortali personaggi di tragica gran-dezza che osano sollevare la maschera per affermare la propria identita piú intima e sofferente; infine Pirandello ap-proda ai personaggi "mitici", simbolo delle grandi passioni e convinzioni dell'uomo contemporaneo, capaci di attualiz-zare, pur nella propria realta inconsistente, i valori della vita e dell'arte. II primo sintomo di questa trasformazione ě ľuso di amplissíme didascalie che descrivono con minuzia quasi maniacale la scena con i suoi arredi, i personaggi con tutti i loro tic, le modalita della dizione e della mimica, i movimenti in scena, perfino i rumori di fondo e il colore delle luci. Ciô gli serve anche per "indirizzare" la messa in scena, staňte la nota sfiducia verso la "traduzione" scenica del testo, che il capocomico e gli attori potevano effettuare. Nel teatro pirandelliano ě realizzata in pieno la rappresen-tazione della vita che giä le novelle e i romanzi avevano proposto: vi si ritrova infatti la spietata analisi delle incon-gruenze e contraddizioni del mondo, la decisa conferma delľimpossibilitä per ľuomo di strapparsi di dosso la maschera che gli altri gli impongono, la conseguente scelta della follia, o quanto meno della "stranezza", come ribel- lione al condizionamento sociale. Si puö parlare quindi, per la drammaturgia pirandelliana come per la sua opera narrativa, dei trionfo dell"'umorismo" che scardina i falši valori del mondo borghese, proponendo al centro di ogni opera un personaggio isolato e predominante che si incari-ca dí smascherare tabú, regole e codici ormai privi di validita, di riaffermare insomma la superiorita dell'individuo sulla societa stessa. La lingua pirandelliana: una mediazione tra dialetto e lingua seritta H dibattito sulla lingua e costantemente presente nelTopera pirandelliana, fin dalla tesi di laurea sulla fonologia del dialetto girgentino, e si specifica in alcuni saggi significati-vi come Prosa moderna (1890), Per la solita questione della lingua (1890), Teatro siciliano (1909), Teatro e letteratura (1918) e nel famoso discorso per l'ottantesimo complean-no di Verga, tenuto a Catania nel 1920. La scelta fra dialetto e lingua letteraria, nonche fra lingua scritta e lingua parlata, si presenta a Pirandello come un problema di ardua definizione («dove trovarla, dove si parla questa benedetta lingua italiana? Si park o si vuol parlare nelle scuole e si trova nei libri»); la sua stessa alter- nanza fra dialetto e lingua testimonia indubbiamente la volontä di non rinunciare a ció che ě vivo nei vari dialetti, ma nello stesso tempo 1'esigenza di ottenere un pubblico piú vasto di quello unicamente dialettofono. Ben presto la soluzione i trovata nell'appropriazione di una lingua nuova di mediazione fra dialetto e italiano scritto: una koině dal lessico composite, ora raffinato e let-terario, ora ricco di elementi dialettali e gergalí, ora specialistko e tecnico; dalla sintassi agile e spumeggiante, assai vicina al parlato; dalla netta prevalenza del dialogo di stampo teatrale, che tende perfino a riprodurre la gestua-lita dei parlanti. 93 32