CSti di Poesia . va2ionedairPOpol^ä, >n/'ambemenf ai w. 2-3, die nterna al v. 5 (sciabordore... li cadenza onomatopeica; lo «con tonfi spessi x e lunghe lento, iterativo, che per cosi delle lavandare; I'assonanza eta rifa i moduli dello poesia >nte essenz/a/e della migliore Š >erini: I datura predsa e delia deňé 3ro diretta mimesi attraveno ricerca di un loro segreto, ď comporta in questo casou" partkolare, uno scavoaU'^ istcrioso messaggio. llsimw ribuita alľoggettooinesv" ■tto, secondo un pr«ed!f° ontale. Anche neliehr**} O tipo di scavo: ^"%ŕ :onin primo P«"0.^j -Wonne che^'ß ia /iri'ca frae spunto dalľevento che segno traumaf ne del padre, ad opera di ignoti, il W agosto 1867. MaZZdl ľ? ' W (íl fenoména astronomtco delle stelle cadenti, particok^jT?" e datl ***** st0) si cancano dtsigmficat,; «„„ gioco sapxente di anilVrí k m,e del 10 aS°-diventa il ptanto del aelo; I immagine della rondine abba t P'T degli uomini che croce che richtama la morte del padre e sembra ricollevarJnl 2 a'' aperte come dolore personale a vicenda delVuniverso» (Melotti). sacrtJ'"o di Cristo) dilata il La sapienza analogica che caratterizza auesto rplehr» , m a cancellare Vimpressione, dovuta ^i^fiZZT^ T^'" ainnopportuna" ricerca del commovente in ess'^Ü^X^^^ $uo „tstemea auello che ahbiamo altrove cHiaJo ÄÄSSfr? Prorilo, 9.3). 1 1" Pubblicata il 9 agosto 1896 sul «Marzocco», la Urica fu inclusa nella quarta edizione di Myricae (1903). /Myricae / San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per ľaria tranquilla arde e cade, perché si gran pianto 4 nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: 8 la cena de' suoi rondinini. Ora é lä, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido é nell'ombra, che attende, che pigola sempre piü piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; , e restö negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono... I . N°«> metrica: quartine di decasillabi e novenar. alternati (ABAB, ecc). ^» Lorenzo: il giorno di S. Lorenzo é il 10 agonal pianto, x\ cadere delle stelle é visto sto Pocta 4 5 dal come un pianto del cielo. "el concavo cielo: nella volta del cielo. trambi i casi mira a sottolineare ľestraneitä, I'in-differema del cielo tcioe delta natura, di Dio) alia >fferenza delle creature (animali e umane). •H'ombra: Vespressione ha un suo primo e ficato (nell'ombra della sera) se ri-rondinini, ma p nido = famiglia) e piú ampi signďicati (ľombra -.,.,•/> economicbe, ecc). ■—■■Un ďun colpo, non so! 11 M pporto o **** to, v ^ lltl YVi«*--- .. tt» r""rnava- rondinini é evidente il m PrVe r°ndini e il padre del Pascoli che doveva c, ^edereaben( realistic sign' fcrito a" lcnza a e piii a delle angus"e ,rnprd " uAf va- realisfco slf""'i r0I1dinini, ma p«.' £ dltri 1 (TlICChO- Lo studio del Pdscoli I Castelvec-chio. 20 24 ic o Hode, li in.aire: tl voca il giovanc tlyj sassino del /).((//,■ ( Col tremito del /»,,/ Ora la, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male! 17 romita: abbandonata. 19 attonito: su quel volto, impietrito dalla morte, e'e lo stupore, lo sbigottimento per la malvagita degli uomini. 22 sereni: negli altri mondi che popolano l'uni- verso non esistono la malvagitá e la "iotas caratterizzano il mondo degli "omim'^ parte infinitesima, un atomo del creato. j (opaco) dal negativu, dal Male g£3l L'assiuolo Ľassiuolo c un rapa wette) spesso preset, nella tradizione pope, scandisce la Urica e v (v. 7) diventa «singul la lettura di questa In vazioni di E. GioanoL lugubre grido delľassi bilmente nella seminc tanú, tulte piit o mene namento sintattico da un materiále cosi poco siaseati, non logicamet, l'origine dello stilepase 1« Urica, pubblicata d'Myricae (1903). ÍMyricae/ Abbiamo accennato nel Profilo alľimportanza che nelľideologia e ne^0^L^^ scoli ha il mito (tradotto in una metafora) del "nido". Esplicitamente ^^°^*vt il nido come caposaldo ideologico, come groviglio di légami tra i famna" sti e i loro morti ritorna in taňte liriche di Pascoli {La voce, La cavallmo s/o^< do dei farlotti, ecc). Su questo argomento ha seritto Giorgio Bárberi i>q"° Nella dissoluzione delia societá che non sa dare misura e valori e pro| j te la volgaritä o la pena, il dolore o il male, ľestremo e unico riŕugu^j ŕ c0n1f,,,L punto, il «nido» familiäre, a cui partecipano, legáti dagli aftetti t ^'^j,,e-'1' nali del sangue, i vivi e i morti delia famiglia, costituendo il '"''^^.„m '""^'.k1 ' un rifugio (non idillico, tuttavia, mai) di fronte a una storia cIh' J ^ ť cM^,r rore, ďoppressione, di morte, e di fronte a una condizione u"ia,omjnj, rore onnipresente delia morte, che rende illusioni i gesti degli u jeggano^ ^ litä ogni tentativo ďemergere, anche il male e il dolore infli Dov'era la Iun "otava in una ed ergersi il mí Parevano a me ^nivano soffi, da "n nero di n ^vaunavo« ^Z^y- ^lio vej, 594 il Negro di Saint-Pierre, Al Re Umberto) 1 <;to >, avulso da ogni contatto, che ě il «nido» (üs,™h ?Clali si ,riduc°n° al nucleo f'ľin istentemente usato per indicare tale stato Ä'^ é ProPri° da' quello .v W« *WStl la™f dei'nortl\ l« tov^a; II nido di «farlotti»). In essi domina stode, la madre: ehe é la depos.tana delle ragioni del sangue e delia terra, quella ehe cor voca il giovane figlio al rito erudele e inesorabile delľinvestitura delia vendetta contro ľas-sassino del padre (La cavalla storna), quella ehe viene con la «voce stanca, voce smarrita Col tremito del batticuore» a nmproverare piú ehe a confortare il figlio tentato di morire. [dalla voce «Pascoli», in Diz. critico delia len. it, m, Utet, Torino 1986, p. 370] ' So a morte dalla malvagitä 'ÄES. stode, la madre: ehe é la depos.tana delle ragion, del sangue e delia terra, quella ehe con- cu- dl A/t L'assiuolo Vassiuolo ě un rapace notturno (in Toscana detto popolarmente "chiü" per il verso che emette) spesso presente nella poesia di Pascoli e generalmente sentito - come ďaltra parte nella tradizione popolare - quale simbolo di tristezza e di mořte. II sua verso inquietante scandisce la Urica e via via si caricadTvdlenze símbohche: dalTuuziak «voce dai campt» (v. 7) diventa«sÍwlto» (v. 15) e infine «pianto di morte» (v. 23). Comeprimo aww alia lettura diquesta Urica tramata di sottilirapporti a sembrano pertinetiti queste osser-vazioni di E. Gioanola e I. Li Vigni: «Siamo alle soglie deU'alba - un alba di luna - e il lugubre grido dell'assiuolo, annunciatore di morte nella credenza popolare, agisce proba-bümente nella semincoscienza dddormiveglia e suscita una sene dt mma^Zdi tmuuttepiü o meno riferibüi alia re fa, ma namento sintattico da un forte vento ďangoscia. E natura mentě i verstc m materiále cosi poco coordinato come quello onirico, ^^"SSS staccati, non logicamente dipendente, secondo una smtassi franta, a blocdu giustapposti. L'origine dello stile pascoliano e proprio qui». , quarta edizione La Urica, pubblicata prima sul «Marzocco» nel 1897, fu inclusa ne i d'Myricae (1903). [Myricae ] I Dov'era la luna? che il cielo notava in un'alba di perla, edergersi il mandorlo^rmelo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiü; veniva una voce dai campi: chiü... Nota sillab'8 metrica: tfe strofe di 7 novenari piü una ma ur°nomatoPeica (chiit) a conclusione, in ri-"'ABABCDCD). Wew la luna?... meglio vederla: la domanda A*\ fatto ehe il cielo é tutto iniziale é (**»«>. * im" una luce perlacea - qu«« _ Mn. SeStľ/inA.udineu.ane-siergo-no per vedere la luna. Le stelle lucevano rare tra mezzo alia nebbia di latter sentivo ill cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; ), ' ^lyy-yc. sentivo nel cuore un sussulto, "cofn'eco d'un grido che fu. Sonava lontano il sing^to: ^ 16 chiii... Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d'argento (tintinni a invisibili porte che forse non s'aprono piů?. e c'era quel pianto di morte. 24 chiú... 12 fru fru: un indistinto e inquietante fruscio. 13 fratte: cespugli. 14 com'eco... fu: e una di quelle definizioni pa-scoliane che derivano la loro suggestione proprio dalla loro indeterminatezza e quindi dalla loro polisemia; alcune ipotesi interpretative: «il ricor-do di un dolore che sembrava placato e che risor-ge al richiamo delle voci notturne» (Melotti); «un sussulto del cuore in corrispondenza del rinveni-mento nel fondo della coscienza di un grido spento nella morte» (Gioanola-Li Vigni). 17 le lucide vette. le cime degli alheri n dalla luna. ® "*" lllu™nate 19-22 squassavano... non s'aprono piv ^ do le ^mpesulleelitreJecavalletfeprlSo un suono sottile, acuto, "argentine", come 2 lo det^tru strumenti musicali egiziani usa.iT« culto mistenco di Iside^che prometteTa ai m adeptija resurrezione dopo la morte. Ma tale a-ducia nella resuřrězionéTořa FpTu^rŠblematia (le invisibili porte della morte forse sono chiuse per sempre). JJ infegrazione di quanto si ě delto nella presentazione, per aiutare a cogliere meglio _ cifra di questa lirica - il trasformarsi del dato naturale in dato simbolico - , aggiungiam alcune osservazioni, deriváte e opportunamente mediate da un famoso saggio di Gianfran-co Contini. II quäle rileva che alla base della poesia del Pascoli c e una dialettica fradefcfc minato e indeterminato, fra precisione e imprecisione, Jrci_oggetti «determinatissim, ptitřŤKm^ «stondo erfuso» sul quäle essi si situano. Dato, questo, che risulta cori parto: re evidenza in liriche come Nebbia ÍT94), Gelsomino notturno (t95), L'assiuolq&Pl. | ^ «E che il fondo generale sia effuso e diffusivo, qlta imprecisione qui condiz'°;jlbo(rsr" un'alta precisione, e questo un dato che ricollegaTascol! al maggioi luLoratorio ^^ co: diciamo,^Mallarmé e alla sua condanna del "sens trop précis" [s'9nifl,c° J^pa ciso] oppure al programma verlainiano ("De la musique avant toule chose< [ mnditnttn] "De la musique encore et toujours" [Ancora e semrpjgja^^ ^ Per creare questa Indeterminatezza e questa imprecjsione il poeta r mi, riconducibili píů o meno al paradigma «nero aTnubi» (v- °J-Contini serive: Non da «nubi nere», ma «da un nero di nubi••: c aoc ^^^"í servono soltanto a determinare, come se fS^S^^»^^e sia ^ r . . . i- i..:__11., .„Jtiira fr:ini rato non molti constatazione d imento non e evidentemente invenauuc u. preá&tnente%S* decenni prima di lui, nella culturalfrancese, erm K u„o J constatazione ďuno specialista tedesco, fF^^^Sc^^.^ tut, tipici di quello che gli studiosi d. f^^^^^á^^ tori della scuola ginevrina, Charles Bally, defm1sconoa^===:=^ ■ esempi" — ^blanches [colonm !<"""*nerché fondamen vťf Tra le formule che W%sono anche di qu qUÍ 3 SOStantl Cľerante. per gruppo al dete- «sentivo un M3ndvo nel cuore un s, "'"n co dunque, tuttav ťnos mbolismo natural Srno dello stesso ver ônan^a al verso success !ľľtä della strofe: rarecc JeU'azione. Di piú: . smi -4o.sostant.vato) o culk sviro di vento hanno la n U^'nebb'M di hute, o anc Queste osservazioni c sitá della migliore poesie smi(w. 11, 12, 13) ed« gio pre-grammaticale (ch I Temporale Ecco ora un esempio ass te nella produzione pasc de novitä. La lirica ě sta /Myricae ] Un bubbolio 1 Rosseggia Tor: come affocato nero di pece, a stracci di nubi tra il nero un < un'ala di gabb ^sss*baiiata piccc ^oho ide]\:len2a »"Oma e"°- " Pen, °n0 e de"va eru8" nelledizione P 9oí-^Presenlazione oc Q - isolata - é •); •- io ro >r-w-un rudo dolezampcsulleére.b*,,; unsuonosottile,acuto,'ai|flÉi,,« lo dei_sisln, strumenti mmicaiit^_ culto mistrrícodiJňd^dKpro«» adepti U rounezione dop^Um«ft duíu ncllaresurreÄoratpiir* i a? ISS»* verbiale esempio del Bally e une blancheur de colonnes n««««««■_ Sw$ tColonne bÍancM, dove s, vede ché r, SľS * C°kmne| ľrľe Perché fondamentale é ľepiteto e le sosYan^S ~~r SOStanza ed ePitet° « * ľlro '/ra le formule che nella loro esscn h " , S" " ^ 1 ca^rfzzaíe ľep,-■S^sono anche di quelle che sono costitmte d^ŠET Up° úr'^^ otsso qui a sostantivo), per di piu <° prima - isolata - e una notazione acustica, - Hon sfugga la perfetta struttura del corru orecisione di contorni veramente classica 7.nimen,°- La prima strofě seconda ribalta la prima e, intessůt Za di una ^toT 2 mdo hite, nere, vuoto, cavo, sonante), awia verso 1^° ^ trama di ParotZv 7°^°'' ma Ua ditrapassiil tone de„Q tlrza. ^^^^^^ una fredda legge d. mořte come unica e vera reařácZ^T Íl° c°nstataz n di mera illusione drcolor, e profumi primaverili mQne doP° ]° momentanea erfi Sull'aspetto metrico cadono particolarmente onrw* del Bigi ripartate nel Profile (cfr. 9.2) circa la ZZeTenž ?T ''^ le o«ervazioni «due diversi piani ritmici, uno vicino e scoperto e uno Zn T T P°eS'° del Pa$coli) di struttura ritmica, compatta e classica, della saffica ě dissolta d I ÍT"0*" queSt° caso la involuero esterno e subentra un ritmo scandito da cause dn If °'.re,s,ta co™ ě frantumato, ricco di spezzature, di en/a.be.e^ Stttt^ T2I; notevde la s.mmetna de. vers, miziali di ogni strofě (w. 1, 5, 9): sono en ecasilbJi a min0re, spezzati da una forte cesura, ,n cui il primo emistichio («Gernmea I aria>> X sec co ě il pruno»; «bilenzio, intorno») enuncia quasi il terna e il tono della strofě. ' Digitale purpurea Questa Urica e collegata ad un ricordo di collegio della sorella Maria, la quale aveva rac-contato al poeta che un giorno la Madre maestra aveva vietato alle allieve di awicinarsi ad un fiore in un angolo del giardino perche il suo pwfumo era velenoso. L'episodio bio-graüco fornisce al Pascoli lo spunto per intessere una complessa tramasimbohca: due amicherievocano la low vita di collegio e i low turbamenü adolescenztah, e que fiore (la drgitale purpurea appunto) assume il significatodi ™™™> ™^XZ £ pLJJpa. II raVporto srmboUco fiore scoli (ad esempio nel Gelsomino notturnoj e rtentra nel ^Tnesente da ambivalen-Pascoli si aecosta alla tematica amorosa con un atteSgiame } m fu indusa nei za e senso di colpa. Pubblicata sul «Marzocco» nel marzo 1898, J Primi poemetti (ed. 1904). /Primi poemetti] I Siedono. L'una guarda l'altra. L'una esile e bionda, semplice di ves« edisguardi; ma l'altra, esile e bruna, l'altra...! due occhisempUdemocMi non ci tornasti?» «Mai.» 1 Wota metrica: strofe di 25 versi di terzine• dante-ogni strofa ě chiusa da un verso isoiai - J f^oner. Maria e Rachele nominate• al v. 51. {j3 Funa.. Valtra: V una é la sorella ^r^0\he ■ ' riconosciutasi nel personaggio. na s a nve« «Rachele [ľaltra] ľha ereata lu.»-<* soľ6,5,10 P«po,ito il Tropea: «M« P-^" ^1 "lone esotico e biblico del norneche^ i m ehe si era sposa-• ť Hivieti, ľaltra sorella. da. ™ ^ ta „ei 18», r un'espenenza p ella re, Pr°vandn°i U á del fratello e dj*" m0rb°nS consideravanocomeesp moSS^nsideravano rinľľtaedimorte»- _„: A, Mar«. v,etaa 'tu modes 10 piú?» «Non piú, cara.» «Io si: ci ritornai; e le rividi le mie bianche suore, e li rivissi i dolci anni che sai; quei piccoli anni cosi dolci al cuore...» L'altra sorrise. «E di': non lo ricordi quell'orto chiuso? i rovi con le more? i ginepri tra cui zirlano i tordi? i bussi amari? quel segreto canto 15 misterioso, con quel fiore, fior di...? » «morte. si, cara». «Ed era vero? Tanto io ci credeva che non mai, Rachele, sarei passata al triste fiore accanto. Che si diceva: il fiore ha come un miele 20 che inebria l'aria; un suo vapor che bagna l'anima d'un oblio dolce e crudele. Oh! quel convento in mezzo alia montagna cerulea!» Maria parla: una mano posa su quella della sua compagna; 25 e l'una e l'altra guardano lontano. II Vedono. Sorge nell'azzurro intenso del ciel di maggio il loro monastero, pieno di litanie, pieno d'incenso. Vedono; e si profuma il lor pensiero 30 d'odor di rose e di viole a ciocche, di sentor d'innocenza e di mistero. E negli orecchi ronzano, alle bocche salgono melodie, dimenticate, lä, da tastiere appena appena tocche... 13 zirlano: verbo onomatopeico indicante il ver-so del tordo. 14 bussi (piú normalmente: bossi) arbusti sempře verdi a foglie lucide. 14 canto: angolo. 15 fwrdi: si noti la rima franta con tordi. 16 mořte. «Rachele riprende direttamente la rao-tivazione data dalla suora circa il consiglio di te-nersi lontane da quel fiore» (Gioanola-Li Vigni). 21 iá^u^ssS^^ tn.stantiaggettivisottol.neai f.ore proibito. . ^gofif* 26 Vědom, rievocano neW ^ to, lo rivivono. f do„o & 28 pieno... d'incenso. s. stiche eolfattive. ioCChe-30 viole a ciocche: vicA***0 35 40 45 'oro, 50 Oh! quale vi sorrise oggi, alle grate ospite caro? onde piů rosse e liete tornaste alle sonanti camerate oggi: ed oggi, piü alto, Ave, ripete, Ave Maria, la vostra voce in coro; e poi ďun tratto (perché mai?) piangete.. Piangono, un poco, nel tramonto d'c senza perché. Quante fanciulle sono nell'orto, bianco qua e la di loro! Bianco e ciarliero. Ad or ad or, col suono di vele al vento, vengono. Rimane qualcuna, e legge in un suo libro buono. In disparte da loro agili e sane, una spiga di fiori, anzi di dita spruzzolate di sangue, dita umane, l'alito ignoto spande di sua vita. in «Maria!» «Rachele!» Un poco piú le mani si premono. In quell'ora hanno veduto la fanciullezza, i cari anni lontani. Memorie (l'una sa dell'altra al muto premere) dolci, come ě tristo e pio il lontanar d'un ultimo saluto! «Maria!» «Rachele!» Questa piange, «Addio!» dice tra sé, poi volta la parola grave a Maria, ma i neri occhi no: «Io,» etfl e e cru i aggettivi libito. ono: rievocano ňvono. to... d'incenso: si fori' olfattive. •aciocche. violacciocche. sen si* oi"' tUi oggi- l'indicazione temporale, ripe-fa a' attualizza" la rievocazione del passato, ne na esperienza contemporanea (o comunque rolpamente "vissuta al presente). «L'ospite cade d n0'ricevut0 nella Comunione, che sorri-alle ] balaustra alle collegiali, le quali tornano sac °ro «merate in letizia, infervorate (rosse) dal 40 ement0 ri«vuto» (Gioanola-Li Vigni). amorP0'"' plan&te- misticismo e oscure pulsioni 43.440 ßturbano 'a sensibilitä adolescenziale. press) C° e ciarliero: una felice notazione im-Peti,i°nistlca' resa ancora piü suggestiva dalla n quell eeda'l'— ■ '-■ J-~ "iciun C0' H^^tico. e dairaccostamento del dato visivo con fruscio delle '°ro w°' 5uono * vele al venter. >0 vita: i fiori della digitale (a grappolo- tubolari e a macchie rosse) fanno pensare a did umane spruzzate (spruzzolate) di sangue, e con la loro macchia di colore costituiscono un'ambigua e inquietante presenza, che per cosi dire turba quel bianco sul quale prima (w. 43-44) il poeta ha insistito. In questi versi piu che una vera e propria simbologia fallica (di cui parlano Barberi Squarotti, Tropea e altri) ci sembra sia da vedere la capacita del Pascoli di oggettivare, in una im-magine attraente (un fiorc) e repulsiva (le macchie di sangue) nel contempo, I'ambiguita adolescenziale nella quale morbosamente coesistono c si fondono attrazione e sgomento. 54-55 l'una... premere: la sirella delle mani (v. 52-53) é una sorta di linguaggio muto ha di low. 59 i neri occhi no: perché si vergogna a confessare di aver (atto I'espcrienza del proibito. 60 65 70 75 mormora, «si: sentii quel fiore. Sola ero con le cetonie verdi. II vento portava odor di rose e di viole a ciocche. Nel cuore, il languido fermento d'un sogno che notturno arse e che s'era all'alba, nell'ignara anima, spento. Maria, ricordo quella grave sera. L'aria soffiava luce di baleni silenzi'osi. M'inoltrai leggiera, cauta, su per i molli terrapieni erbosi. I piedi mi tenea la folta erba. Sorridi? E dirmi sentia: Vieni! Vieni! E fu molta la dolcezza! molta! tanta, che, vedi... (l'altra lo stupore alza degli occhi, e vede ora, ed ascolta con un suo lungo brivido...) si muore!» 60 sentii: odorai. 61 cetonie: coleotteri di colore verde dorato. 63-65 Nel cuore.. spento: il ricordo del sogno notturno (di realizzazione del proibito, del peccato) lascia una voluttuosa dolcezza neiranimo. 66 grave. «pesante, afosa» (Cucchi). 67-70 baleni... erbosi: i baleni silenziosi sono pro- babilmente da intendere in senso psicologico piu che atmosferico, cosi come i terrapieni -molli. non indicano realisticamente un soffice prato sul quale si cammina facilmente, quanto piuttosto l'andare, attratti senza possibiiitá di resistenza. verso il compimento del sogno. 74 e vede ora: e ora capisce. Guidi all'analN II tema di fondo che percorre questo componimento ě da ricondurre alia sensibilita, a personalita del Pascoli e a specifiche esperienze biografiche; lo si potrebbe definire I ann guo e morboso atteggiamento - fatto di attrazione e repulsione insieme - di fronte a # (presente anche nel Gelsomino notturno). A questo dato specifico della personalita e p£ ta va aggiunta anche la (per lui) traumatica esperienza del matrimonio della sore a ^ adombrata qui nel personaggio di Rachele, mentre la fedele sorella Maria conse ^ ^ rappresentazione poetica - «esile e bionda, semplice di vesti / e di sguardi.» I suo nome reale. Scrive a questo proposito Mario Tropea: . tu "soreU3 Naturalmente [dell'esperienza erotica] non puô essere protagonista Mana jareť buona" della realtä, qui trasfigurata nel poemetto; cfr. v. 1), ma ""'i01!113^ de|ia po&'f complementare di lei, doe Rachele nella quale, date le morbose ambivalen c sor« della vita affettiva di Pascoli, non sembra ímprobabile scorgere 1'immagineawa'"w f la Ida, che sposandosi aveva affrontato quellesperienza per cosi dire trauma"^J^jí Manu e Giovanni, esperienza assimilata quindi nell'inconscio alla voluttá, altó' ^ ca: e alls mc L a sottohneare metto, nel quale ho I |0 descrizione dell a c/,e di mistero... - if jel proibito. 5ul pinno metrico mici» (cfr. T°0, Nover La terzina dantesca ganismo metrico anti voce rotta, inquieta e non sono sostanzialm sfasatura fra ritmo m daJla frequente introd suoni, armonie imitafj e il loro contrasto con soprattutto, come pro giuoco dei due piani questo caso allusivo z drammaticamente sfa acu'emusicalmente zione verso l'ignoto», [E. Bigi, La metrica dei G.P., 181 1 *«e fonciulli ^cornponirnento pTn mrrativ«" che tantal $UQ sPecifi< /ťnmipoemettiy Era il tramo erano intenti, i delľombroso Nel gioco, ser corsero a un tra lor parole ^* c,ascuna. 1) x i! ta! c olta ibŕitmosttnco.* Hi lodkaM^ Ma nello stesso momenta in cui forniamo queste indi™ ■ dare ehe bisogna guardarsi dai troppo meceanici Z0«T' t necessario "™ poetica: e alle modalita poetiche ehe bisogna prSľľ L V'Cenda privata e r _ ^Hr,linpnrp nn7itiiHo U A:____• a prestare attenzione. In __L-... • ■. «51 ncor- ,ramro a sottolineare anzitutto la ^U^SSaS^T^- o tde ^ricae. In questo componimentotale^^~^ ' °e?etf'' risPetto alle conto, dialogo, rievocazione. Non puo sfuggire f a | al ^ ° i^ piani: rac' metto, nel quale fra la prima e la terza parte 'er osi dt> Ca'COlf Mra del Poe" ^crizione dell'ambiente , del clima conve Je ! q 1^=° ° SeC°nda' che ™ - in certo goal modo '.tarda", con i^l^™ ^ 2 «fl»^ di *•—* La terzina dantesca rimane, almeno nei moment! piu felici, solo un prime piano un or-ganismo metneo antico e grave, con cui entra in suggestivo contrappunto o colloquio la voce rotta, mquieta e sommessa del poeta. Gli artifici di cui il poeta si vale a questo scopo non sono sostanzialmente dissimili da quelli gia analizzati nel primo gruppo di Myricac. sfasatura fra ritmo metrico e ritmo sintattico, sintassi analitica e franta (qui accentuata dalla frequente introduzione del discorso diretto), interne corrispondenze di accenti e di suoni, armonie imitative ed onomatopee: tutti artifici tanto piu sensibili quanto piu forte e il loro contrasto con un metro__tradizionalmente robusto come la terzina. Bastera citare, soprattutto, come prova della maggiore complessita e raffinatezza, rispetto a Myricae, del giuoco dei due piani ritmici, il finale di Digitate purpurea, dove il ritmo della terzina, in questo caso allusivo al tema serenamente e religiosamente arcaico del convento, e ormai drammaticamente sfaldato dai fortissimi enjatnbements e dalle profonde pause sintattiche, a cui e musicalmente affidato l'altro e piu segreto tema del poemetto, la «misteriosa attra-zione versoTignoto»7il «consenso alia tentazione della morte» (Getto). [E. Bigi, La metrica della poesia italiana del Pascoli, in aa.w., Studiper il centenano della nascitadi G.P., pubblicati nel cinquantenario della morte, Bologna 1962, vol. n, pp. 42-43| I due fanciulli taňte del Pascoli poeta: la sua voca-Questo componimento testimonia un aspetto impona ffI>> e, ,„ maniera ňone "narrativa", che si esprime in testt che egh ^°JJ ^ componimento non Piu articolata e ambiziosa, nei Poemi convmah. Rg»»^ ., mamera „emplare so/o per la sua specifica fisionomia poetica, ma y tanta parte delí'ideológia pascoliana. [Primi poemetti] Era il tramonto: ai garruli trastulli erano intenti, nella pace d'oro dell'ombroso viale, i due fanciulli. Nel gioco, serio al pari d'un lavoro, c«rsero a un tratto, con stupor de' tigli, tra lor parole grandi piu di loro. I Part"? metr''ca: terzine dantesche ripartite i 116 versi ciascuna. in tre 5.6 con stupor- giovaW pascou emone (l'una sa delľaltra al muto emere) dolci, come é tristo e pio ' lontanar d'un ultimo saluto! « Addioi » Maria 1». «Rachelcl». Questa piange, ice tra sé, poi volta la parola ^jj^or Maria, ma i neri occhi no: «Io », rave a lormora, « si: sentii quel fiore. Sola ro con le cetonie verdi. II vento 6 >ortava odor di rose e di viole a ' :iocche. Nel cuore, il languido fermento Ibtov^og^ toaxe d'un sogno che notturno arse e che s'era alľalba, nelľ ignara anima, spento. , Sh- 1 Maria, ricordo quella grave sera. L'aria soffiava luce di baleni \K9&$Wr* W silenzIosi.;;M'inoltrai leggiera, «63^6»** cauta, su per i molli terrapieni erbosi. I piedi mi tenea la folta erba. Sorridi? E dirmi sentia: Vieni! Vienil e fu molta la dolcezzal m oka! tanta, che, vedi... (ľaltra lo stupore alza degli occhi, e vede ora, ed ascolta con un suo lungo brivido...) si muô'rel ». ITALY t H täm ^ '« Ghita, state benel ». i/c, bona , r >avetc preša la ticchetta? ». L ru0doPo ľaltro dava a /m la stretla Idi^<\ , ;feservirô». «Come partite in frettal ». Scendean le donne in zoccoli le scale k! veder Ghita. Sopra il suo cappello c'cra una fifS. con aperte 1 ale. iSc vedete il mi' babbo ... il mi' fratello ... il mi' cognato... ». « Oh yes ». « Un bel passaggio * vi tocca, o Ghita. II tempo é fermo al bello ». *Ob)tsy>. Facea pur bello 1 Ogni villaggio ridea nel sole sopra le colline. Sfiorian le rose da' rosai di maggio. fw/aw/i... cra ^ sussurro sen2a ^ ľ ddo "^«0. Rosea, bionda, e mesta, °"y «a b mezzo ai bimbi e alle bambinc. °0nn°> solo, m lá volgea la testa ' bimbi con vodo di festa: ^orneraj. M°W». Rispondeva: - Sll - 3 Si . * Ar- !0Älesŕ ^ ____;_. d.«jj ÄVflic dolce Svúvŕ°»>>- Ca,, •e.chc> precisa in Ultitt* ri^ ™aI niial». ttoaca- come giá in Colloquic 269 Va aggiunto inollre che ciô che qui é "me< c0|o mondo il nido che protegge e isola (e come Xo^ T ■ ^ * y^'^o" é il pic ,'orto a. w. 19 e 29 e h mura al v. 1 1). Ancom ,1 !ľ,ľ! IT0mo *P». qui abbiamo o 'Mi» •re dall'ignoto, Kifli w. 19 e 29 e h^S^™» dal dolore provocato dalla morte (v. 8)' dal pTantodJf * 1 mine che non casualmente echeggia da una strofe aSml M ' -i 1* ° noscondere ("n * te familiäre e angusto diventa in quesla Urica 1 ntu910 in ori"on- **» vi.o, vocazionB di mo-te. i^^a ^3^^ f Ä" 10, aii pcesso / sonnecchia il mi0 cane.l di»»„in .1 j i 1 q'"'10,01"esl «• Tropea, «onnolen,o idolo H. di qJs,0 btÄ,^ W"*"» *• ...;..iuI0'!,v .1*" ŕ q Z0 C -cl* ŕ/á .i .i * gg| Gelsomino notturno Per acquisito giudizio critico questa lirica é da considerare uno dei risultati piu alti e origináli della produzione pascoliana. Per essa piii che per uualsiasi altra del Pascoli é difficile indicate la tratna, produrre una tracluzione prosasliav. ciô perché vi e portato al-ľestretno quel proceŠŠÔ di rarefazione delľelcmento logico-narrativo che é una caratteri-stica fondamentale della poesia moderna e ehe EBE335 tímta parte, delia sua produzione) ha introdotto nelľambito della poesia italiaua^d.a lirica quindi - che deriva íl suo esilc pretesto realistka dalla caratteristica del gelsomino notturno, che solo di notte apre h sua corolla per richiuderla ai primi raggi del sole - e tutta una trama di impressioni äpparentementédisordinate e casuali nel low succedersL ma in realtä legate reciproca-mente da sottili e rarcfafti rapporti, da una logica del sentimento piu difficile da coglicn; ma forse piii vera della lagica della ragione. Per una prima lettura hasten) ricordare che questi verši ftirono seritti dal Pascoh per le nozze delľamico Raffactc Brieanti e in essi é adombrato z_con mirabile levitä simbohen = j/ fť-Hiíi delľunione di duejsseri, e del conseguente germogharc. daiLra LuxiU-malle. e _segreta, di una nuova vita. .... La lirica venne pubbhcata m un opuscolo "per nozze" nel lugho 1901, e po, melusa net Canti di Castelvecchio (1903). /Canti di Castelvecchio/ E s'aprono i fiori notturni, nelľora che penso a miei can. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle erepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: lä sola una casa bisbiglia. Sotto ľali dormono i null, come gli ocehi sotto le cigüa. I Nota mttricx quartine di novenari con nma AIUB ecc. 1 [2 Es'aprono... can: al erepuscolo ini/ia la vi,J Jol fiorc che schiude la sua corolla. neľl o.. ^•■»IpoelarichiamanK-moriedimorle. . 6^^.:.Tn57i7g(7SruTia present umana, cn ^3ÍÄS»..........— • una nuova »cnsibilüä. 12 16 20 24 Dai calici aperti si esala l'odore di fragole rosse. Splende un lume la nella sala. Nasce l'erba sopra le fosse. Un'ape tardiva sussurra trovando giá prese le celle. La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s'esala l'odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s'e spento. Ě l'alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l'urna molle e segreta, non so che felicitä nuova. 9-10 Dai calici... rosse, l'odore che emana dalla corolla del gelsomino notturno richiama quello delle fxagokiLxui colore (rosse) e qui enunciato per suggerire l'intensita del profumo (sineste-sia). 12 Nasce... fosse, l'erba che nasce e quasi la te-■>timnnian7a del rnntinnarp della vita.~clel suo irionfo sulla morte (e proprio sul mistero di una nuova vita che inizia poggia tutta la Urica). 15-16 La Chioccetta... stelle. «i contadini chia-mano Chioccetta la costellazione delle Pleiadi» (Pascoli). In conseguenza di questo dato di par-tenza, la chioccetta (= Pleiadi) si trascina dietro per l'aia (= cielo) tutta una covata di pulcini (= stelle). 19-20 Passa... s'e spento: tutto ě proiettato in una remota lontananza, carica di silenzio e di mistero. 21-24 £ l'alba... nuova: «rapida la conclusions come se rapida fosse passata la notte; e il poeta volesse annunciare subito il compiuto mistero» (Vicinelli). un ritmo incalza j'accento sulta se ni»); gli ultimi du nej mezzo con a vjburni»)- L'altem< fitmico-sintattiche spezzo solo nell' forte pousa dopo prima del verso s( A proposito di tico acquisito) cfi grafico, I'immedi stringono I'assedi sta centrale prod I'ultima quartina smemorato languo attenzione ai dati figure metriche son La mia sera Un momento delle mento simbolico, gettivo (le stelle, le ziale. ÍCanti di Casteb těsto esiste una produzione criťica che ne ha messo in luce a volte con s ^ cata sottigliezza - loriginalitá e la complessitá. Noi ci limitiamo a sottolmeare fondamentali. La tematica affrontata si collega in un certo senso a quella di^ Digitale PurPur*^\\c\ie -anche qui dominantě - sia_pure artraverso una complessa trama di mediazioni si ^ il tema delťeros, al quale il Pascoli si accostó sempře con una sensibilita turba a jment0 scenziale, con un complesso rapporto di attrazione e frustrazione. Questo comp cioě mostra con risultati poetici di alta suggestione «quali sono le condizioni, se P t-)Ca: male, ma sempře straordinariamente acute, dentro cui Pascoli sente ''esPer'enZarrroPea]-come sofferenza, morte, violazione, rinunzia, esperienza misteriosa e preclusa» l ^ ^ ťatteggiamento del poeta dinnanzi alťarto nuziale, alťunirsi degli sposi nella loro quello di un adolescente, ě un morboso coesistere di vaghe e conturbanti idee di vl .| ^ (w. 21-22: «i petali / un poco gualciti») e di attrazione voyeristica (w. 19-20: <ě un bre Le trému] trascorre Nel giorn ^ Nota metrica: strofě ottonaň, VuUitno ser fitta sera. * veiranno le stelle-. «co **t,Äsera- una dimen '«eile, e ui\ ptimo esen ^tacite perché arrivano *Xe** detta sera, netta *"UHl IV6 n ritrn0 incalzante, concitato, rJy.,in,j,.h,f. t ľaccento suITa seconda sillaba e poi vjlla ' " * g|i ultim. due mvece sono caratterizzati da un rí ni nel"mezzo con accento solíaWzT^r °'J """^ - „' yibúrni»). ťalternanza ritmica e sottolineata d íT°V° iilloU ~(> '■■■> '' spezza solo nell ultima strofa, nella ni.nl. \ í' • ' 76> *cc I Oi^iTIc^ řorte pausa dopo la terza sillaba ed é ^ * ^ " pÍlE f prima del verso seguente e permette la Mma din CU' '0 ""aba //di P^KkfcaJTÍ! A proposito di questa alternanza ritmiccMl ^teSL , tico acquisito) che «nella movenza imoennotr, a!7 °*»«rvoto mo « ofmoí un dote crí. grafice, 1'immediata significazione ZsKale de||^mtí * *" ^ÍSall stringono 1'assedio dei loro inviti ďamore Neali ,,ff5S'V'ta 000 ?' 10 no,UffJ <: sta centrále produce ha trasfuso un crollare ™l2Z«?^A^\?y''<' ':' to cř* 1(3 *> l'uhima quartina (del v. 21 saprattutto) se "i ebb^TL , ^ 1 onomolío rífmíco áď - »ata languore, dopo la nptte nJziale. ^chU^^iS^ attenzione ai dati metrici, ricorderemo col Dehpn^JTk ^"''k'1* 0 *>*M'vo qv**, La mia sera [/« momento delia giornata - il erepuscolo, e poi la sera - diventa in questa Itrica mo-mento simbolico, la sera diventa la mia sera con una sapiente trasposízione del dalo og gettivo (le stelle, le voči delia nátura, il placarsi delľ«aspra bufera») a signifteato esisten ziale. /Canti di Castelvecchio/ II giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c'e un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! I Nota metrica: strofe di otto versi (i primi sette °''onari, ľultimo senario) con rima alternata ^"ABCüCd. Tutti i senari terminano con la r.ma •'ssa sera. dal |0r' "1°Ie slelle. «come chi dicesse: di lonuno, restov |8° viag8io" (De K"bertis); e l'uso di stelle dl ° conferisce al fenomeno naturale - le 3 tac-. . ra ~ una dimensione favolosa. Pientc o C U" primo esempio della raffinata e sa-Ca; '«c»fK8ettlVazionc che caratterizza tutta la Uri-cedenti t PCrche arr>vano dopo il fragore dei pre-te Messa T\\^' ° pcrché sono testimonianza, par-clla sera, nella quäle i rumori del giorno tacciono. 4 gre gre. onomalopea. 5-6 Le tremule... leggiera: una poia senza scendere nel ^JjJggJ%fr morale, politic-. ťas °1>- mentre respinge ľidea di una pocauin consonanZa con la linea »• e dichiara chela grande poesia 6 rara e d. "—V''^ „0 řeiicemente mdicato centesca e „ovecentesca della «p^eMaj^ -„ i CLASSIC! I'Anceschi), si serve dell'immagine del «fanciullino» sia per segnalare il m0d0 mente nuovo della sua ottica poetka, che ě rovesciata rispetto a queila consueta aSS°luta-obiettiva (cioě «adulta», nel senso della conoscenza razionale e scientifica) e' n°rnia'e> ľapparire sull'essere, onde puö capovolgere i rapporti fra le dimensioni, i lUo fľnv^eSia getti. In piü, il «fanciullino» significa il privilegio accordato a ciô che épre-ra '' ^' fronte alia scienza e alia ragione: Vinvenzione rispetto alia riproduzione reaJisf321^11^6 1 rispetto al «vero», la «distrazione» rispetto alia logica, Varbitrarietä del segno e d U S°8n° contro la normalita comunicativa. In questa prospettiva, la stessa «poetabiliV iaparola getti ě sottoposta a scelta: che ě, appunto, queila arbitraria di uno sguardn rh/* > Y?1' - —* Hi decoro di «classe», a cui la trad^o!' ^ getti ě sottoposta a scelta: che ě, appunto, qucua ai^mu.--- ormai completamente dalle buone regole di decoro di «classe», a cui la tradizione it aveva sottoposto il «poetabile». Ě un'idea anti-realistica della poesia e delle sue fun ma ě anche uno dei punti piü avanzati (alia fine dell'Ottocento) della meditazione di ^ tica in Italia in consonanza con la poesia moderna in Europa. poe~ [dalla voce Pascoli, in Diz. critico della leu. it., m, Utet, Torino 1986] La grande proletaria si é ntossa II resfo che segue é tratto dal discorso che il Pascoli tenne al Teatro comunale di Barga il 21 novcinbre 1911 e ncl quale espresse la $ua entusiastica adesione alľimpresa libica, di fronte alla quale profonde erano state le discrepanze di valutazione e di atteggiamenti nel paese. Queste pagine ci sembrano di grande interesse in quanto concretamente testimoniano ľimpxevedibile posizione - esultanza perché il popolo italiano «mette per primo in azione le immense navi, i mostruosi cannoni, le mine e i siluri» - alla quale il poeta di Myricae arrivapartetidaaddiritturadalla jamilisúca.e umbratileconcezionedel "nido". La grande proletaria si é mossa. Prima ella mandava altrove i suoi lavoratori che in Patria erano troppi e dove-vano lavorare per troppo poco. Li mandava oltre alpi e oltre mare a tagliare istmi, a forare monti, ad alzar terrapieni, a gettar moli, a scavar carbone, a scentar' serve, 5 a dissodare campi, a iniziare culture, a erigere edifizi, ad animare officine, a racco-gher sale, a scalpellar pietre; a fare tutto ciô che é piú difficile e faticoso, e tutto ciô che e piu umile e perciô piú difficile ancora: ad aprir vie nelľinaccessibile, a co-struire citta dove era la selva vergine, a piantar pometi, agrumeti, vigneti dove era .o Ivrľítn05 aÍ?v ^ al Canto della strada- 11 m™<*° K aveva preši a opra i DoľoelUr i eiP1Uve ^ bÍS°gn°' meno Ostrava di averne, e li pagava poco e B trattava male e h stranomava.^ Diceva: Carcamanos! Gringos! Cincalil De- chľlľsc0tTTcomUenPO' C°me 1 negri> in America' questi connazionali di colui 15 nitä ľs Z dav ZI nnr8n> 0gí".*nt0 Crano messi ^ d^a ^gge e della ufl»-tut^ le á ľe che avevľdatn ° T" ^ l0r° PatHa' alla Patria loro nobilissima s i Piu profondr^Sn°::,P.IU.P°tenti ^nquistatori, i piú sapienti civilizuj ci indagatori, scľp 2 ' mCnST, PÍÚ meravigliosi artisti, i piu bentf opre erano costrette a cämh dd mondo'lontani ° vicini che fossero, q*** 20 tália. 3 Camblar Patna, a rinnegare la nazione, a non essere piu d 1 ' a sce"tar sehe, a sventraro f, scaglie. entrare>fare scempio di bo- 2 ,, , . nom 0 d stranomava: assegnava loro nom senso spregiativo. i aventi un