É MlolEbookReader Modifica ® M > ; -!3> i 100% H> Qabc esteso Vlar 11:14 q. Q ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 1/ /zfrro 1 leggere per la prima volta un grande libro in etá matura ě I un piacere straordinario: diverso (ma non si puó dire mag- giore o minore) rispetto a quello ďaverlo letto in gioventu. La gioventu comunica alla lettura come a ogni altra esperienza un particolare sapore e una particolare importanza; mentre in maturita si apprezzano (si dovrebbero apprezzare) molti dettagli e livelli e signi-ficati in piú. Ci dovrebbe essere un tempo nella vita adulta dedicato a rivisitare le letture piú importanti della gioventu. Se i libri sono rimasti gli stes-si noi siamo certamente cambiati, e 1'incontro ě un avvenimento del tutto nuovo." Halo Calvino piú informazioni ■ MIolEbookReader Modifica ^ ^ §; g > ; t3> 4 100% ü> Qabc esteso Vlar 11:14 q. e := • O • MIolEbookReader - Perche leggere i classici o ■ p OS L'autore Italo Calvino (Cuba 1923 - Siena 1985) dopo gli studi e la Resistenza in Liguria si laureö in Lette-re a Torino. Dal 1947 al 1983 lavorö a vario titolo per l'editore Einaudi. Visse a Sanremo, a Torino, a Parigi, e dal 1980 a Roma. Collaboratore di quoti-diani e riviste, diresse insieme con Vittorini «il menabö di letteratura». Tra le sue opere: II sentiero dei nidi di ragno (1947), Ultimo viene il corvo (1949), II visconte dimezzato (1952), Fiabe italiane (1956), // barone rampante (1957), I racconti (1958), II cavaliere inesistente (1959), Marcovaldo (1963), Le Cosmicomiche (1965), Ti con zero (1967), Le cittä invisibili (1972), Se una notte d'inverno un viaggiatore (1979), Palomar (1983), Lezioni ameri-cane (1988). ■ MIolEbookReader Modifica ^ ^ §; g > ; t3> 4 100% H> Qabc esteso Vlar 11:14 q. e := • O • MIolEbookReader - Perche leggere i classici o ■ p OS Italo Calvino PERCHE LEGGERE I CLASSICI Presentazione dell'autore con uno scritto di Gian Carlo Roscioni HONDADORI É MlolEbookReader Modifica ® M SC C > ; -!3> i 100% ü> Q Abc esteso Vlar 11:14 q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 Presentazione La príma edizione di Perché leggere i classici usci nelľottobre del 1991, a cura di Esther Calvino, nella serie mondadoriana "l libri di Italo Calvino". Oltre al testo che da il titolo al libro, questa raccolta postuma contiene trentacinque seritti, per lo piú degli anni '70 e '80 (solo quattro sono degli anni '50 e due degli anni '60), su autori - da Omero a Queneau -che in varia misura e per diverse ragioni avevano avuto importanza per Calvino, o suscitato la sua ammirazione. Questa edizione di Perché leggere i classici riproduce esattamente la prima, inclusa ľavvertenza firmata da Esther Calvino. Come Presentazione delľautore, si riporta la ri-sposta conclusiva seritta da Calvino nella primavera del 1959 per le Nove domande sul romanzo ehe la rivista «Nuovi Argomenti» sottopose ai principáli serittori italiani delľe-poca (n. 38-39, maggio-agosto 1959, pp. 11-12). Cí sembra di qualche Interesse confrontare le predilezioni di Calvino nel '59, motivate solo da una breve frase ricorrente («Arno... perché...»), con quelle analitiche e ampiamente argomentate - spesso sugli stessi autori - che si trovano in scritti degli stessi anni e dei decenni successivi. Seguono due capoversi di un'intervista del 1980 all'«Europeo», in cui Calvino indica alcuni classici del Novecento da lui particolarmente ammirati. Arno soprattutto Stendhal perché solo in lui tensione morale individuale, tensione storica, slancio della vita sono una cosa sola, lineare tensione romanzesca. Arno Puškin perché é limpidezza, irónia e serietä. Arno Hemingway perché é matter of fact, understatement, volontä di felicitä, tristezza. Arno Stevenson perché pare che voli. Arno Čechov perché non va piú in lä di dove va. Arno Conrad perché naviga ľabisso e non ci affonda. Arno Tolstoj perché alle volte mi pare d'essere li li per ca-pire come fa e invece niente. Arno Manzoni perché fino a poco fa l'odiavo. Arno Chesterton perché voleva essere il Voltaire cattolico e io volevo essere il Chesterton comunista. Arno Flaubert perché dopo di lui non si puö piú pensare di fare come lui. Arno Poe dello Scarabeo d'oro. Arno Twain di Huckleberry Finn. Arno Kipling dei Libri della Giungla. Arno Nievo perché ľho riletto tante volte divertendomi come la prima. Arno Jane Austen perché non la leggo mai ma sono contento che ci sia. Arno Gogoľ perché deforma con nettezza, cattiveria e misura. Amo Dostoevskij perché deforma con coerenza, furore e senza misura. Amo Balzac perché ě visionario. Amo Kafka perché ě realista. Amo Maupassant perché ě superficiale. Amo la Mansfield perché ě intelligente. Amo Fitzgerald perché ě insoddisfatto. Amo Radiguet perché la giovinezza non torna piú. Amo Svevo perché bisognerä pur invecehiare. Amo... Italo Calvino Tendenzialmente sono un lettore onnivoro e per di piú tra i miei lavori professiona-li c'ě anche quello di lettore editoriale. Ma cerco di salvare piú tempo che posso per letture disinteressate, per gli autori che mi piacciono, riechi di sostanza poetka, il vero alimento in cui credo. Nel Novecento un posto chiave lo ha Paul Valéry, il Valéry saggista, che contrap-pone ľordine della mentě alia complessitä del mondo. In questa linea, per ordine di corpositä crescente, metterö Borges, Queneau, Nabokov, Kawabata... piú informazioni ■ MIolEbookReader Modifica ^ ^ §; g > ; t3> 4> 100% ü> Qabc esteso Mar 11:15 q. e := • O • MIolEbookReader - Perche leggere i classici o ■ p QS Perche leggere i classici É MlolEbookReader Modifica ® M > ; -!3> i 100% H> Qabc esteso Vlar 11:16 q. Q ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 In una lettera del 27 di settembre del 1961 Italo Calvino scrisse a Niccoló Gallo: «Per raccogliere saggi sparsi e disorganici come i miei bisogna aspettare la propria mořte o almeno la vecchiaia avanzata». Eppure Calvino inizio questo lavoro nel 1980 con Una pietra sopra, e nel 1984 pubblicó Collezione di sabbia. Poi, autorizzb la raccolta all'estero, nelle versioni in-glese, americana, francese di Una pietra sopra - che non sono identiche all'originale -, dei saggi su Omero, Plinio, Ariosto, Balzac, Stendhal, Montale, e del saggio che dá il titolo a questo libro. In piú, modificó - e in un caso, Ovidio, aggiunse una pa-gina che lascio manoscritta - alcuni dei titoli destinati a una ulteriore pubblicazione italiana. In questo volume si trova gran parte dei saggi e degli articoli di Calvino sui «suoi» classici: gli scrittori i poeti gli scienziati che piú avevano contato per lui, in diversi periodi della sua vita. Per quanto riguarda gli autoři del nostro secolo, ho dato la preferenza ai saggi sugli scrittori e poeti per i quali Calvino nutriva una particolare ammirazione. Es ther Calvino - < > piú informazioni É MlolEbookReader Modifica ® M SC C > ; -!3> 4 100% ü> Q Abc esteso Vlar 11:16 q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 Perché leggere i classiď Cominciamo con qualche proposta di definizione. 1. I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: «Sto rileggendo...» e mai «Sto leggendo...» Questo avviene almeno tra quelle persone che si suppongono «di vaste letture»; non vale per la gioventu, eta in cui l'incontro col mondo, e coi classici come parte del mondo, vale proprio in quanta primo incontro. II prefisso iterativo davanti al verbo «leggere» puö essere una piccola ipocrisia da parte di quanti si vergognano d'ammettere di non aver letto un libro famoso. Per rassicurarli basterä osservare che per vaste che possano essere le letture «di for-mazione» d'un individuo, resta sempre un numero enorme d'opere fondamentali che uno non ha letto. Chi ha letto tutto Erodoto e tutto Tucidide alzi la mano. E Saint-Simon? E il car-dinale di Retz? Ma anche i grandi cicli romanzeschi deH'Ottocento sono piü nomi-nati che letti. Balzac in Francia si comincia a leggerlo a scuola, e dal numero delle edizioni in circolazione si direbbe che si continua a leggerlo anche dopo. Ma in Italia se si facesse un sondaggio Doxa temo che Balzac risulterebbe agli ultimi posti. Gli appassionati di Dickens in Italia sono una ristretta elite di persone che quando s'incontrano si mettono subito a ricordare personaggi e episodi come di gente di loro conoscenza. Anni fa Michel Butor, insegnando in America, stanco di sentirsi chiedere di Emile Zola che non aveva mai letto, si decise a leggere tutto il ciclo dei Rougon-Macquart. Scoperse che era tutto diverso da come credeva: una favolosa genealógia mitologica e cosmogonica, che descrisse in un bellissimo saggio. Questo per dire che il leggere per la prima volta un grande libro in etä matura ě un piacere straordinario: diverso (ma non si pub dire maggiore o minore) rispetto a quello d'averlo letto in gioventu. La gioventú comunica alia lettura come a ogni al-tra esperienza un particolare sapore e una particolare importanza; mentre in maturita si apprezzano (si dovrebbero apprezzare) molti dettagli e livelli e significati in piú. Possiamo tentare allora quest'altra formula di definizione: 2. Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli. Infatti le letture di gioventú possono essere poco proficue per impazienza, di-strazione, inesperienza delle istruzioni per ľuso, inesperienza della vita. Possono essere (magari nello stesso tempo) formative nel senso che danno una forma alle esperienze future, fornendo modelli, contenitori, termini di paragone, schemi di classificazione, scale di valori, paradigmi di bellezza: tutte cose che continuano a operare anche se del libro letto in gioventu ci si ricorda poco o nulla. Rileggendo il libro in etä matura, accade di ritrovare queste costanti che ormai fanno parte dei nostri meccanismi interiori e di cui avevamo dimenticato l'origine. C'e una particolare forza delľopera che riesce a farsi dimenticare in quanto tale, ma che lascia il suo seme. La definizione che possiamo dame allora sarä: 3. I classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando s'impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale. Per questo ci dovrebbe essere un tempo nella vita adulta dedicato a rivisitare le letture piu importanti della gioventu. Se i libri sono rimasti gli stessi •— piu informazioni H ľ LI É MlolEbookReader Modifica ® M c > ; -!3> 4 100% ü> Qabc esteso Vlar 11:16 q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 cambiano, nella luce d'una prospettiva storica mutata) noi siamo certamente cam-biati, e 1'incontro e un avvenimento del tutto nuovo. Dunque, che si usi il verbo «leggere» o il verbo «rileggere» non ha molta impor-tanza. Potremmo infatti dire: 4. D'un classico ogni rilettura e una lettura di scoperta come la prima. 5. D'un classico ogni prima lettura e. in realta una rilettura. La definizione 4 pub essere considerata corollario di questa: 6. Un classico e un libro che non ha maifinito di dire quel che ha da dire. Mentre la definizione 5 rimanda a una formulazione piu esplicativa, come: 7. I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di se la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di se la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o piu semplicemente nel linguaggio o nel costume). Questo vale per i classici antichi quanto per i classici moderni. Se leggo VOdissea leggo il testo d'Omero ma non posso dimenticare tutto quello che le avventure d'Ulisse sono venute a significare durante i secoli, e non posso non domandarmi se questi significati erano impliciti nel testo o se sono incrostazioni o deformazioni o dilatazioni. Leggendo Kafka non posso fare a meno di comprovare o di respingere la legittimita dell'aggettivo «kafkiano» che ci capita di sentire ogni quarto d'ora, applicato per dritto e per traverse Se leggo Padri e figli di Turgenev o I demoni di Dostoevski) non posso fare a meno di pensare come questi personaggi hanno conti-nuato a reincarnarsi fino ai nostri giorni. La lettura d'un classico deve darci qualche sorpresa, in rapporto all'immagine che ne avevamo. Per questo non si raccomandera mai abbastanza la lettura diretta dei testi originali scansando il piu possibile bibliografia critica, commenti, interpre-tazioni. La scuola e l'universita dovrebbero servire a far capire che nessun libro che parla d'un libro dice di piu del libro in questione; invece fanno di tutto per far cre- dere il contrario. C'ě un capovolgimento di valori molto diffuso per cui 1'introdu-zione, 1'apparato eritico, la bibliografia vengono usati come una cortina fumogena per nascondere quel che il testo ha da dire e che puö dire solo se lo si lascia parlare senza intermediari che pretendano di saperne piú di lui. Possiamo concludere che: 8. Un classico é un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi eritici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso. Non necessariamente il classico ci insegna qualcosa che non sapevamo; alle volte vi scopriamo qualcosa che avevamo sempře saputo (o creduto di sapere) ma non sapevamo che l'aveva detto lui per primo (o che comunque si collega a lui in modo particolare). E anche questa ě una sorpresa che dá molta soddisfazione, come sempře la scoperta d'una origine, d'una relazione, d'una appartenenza. Da tutto questo potremmo derivare una definizione del tipo: 9. I classici sono libri che quanto piú si crede di conoscerli per sentito dire, tanto piú quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, ínedíti. Naturalmente questo avviene quando un classico «funziona» come tale, cioě sta-bilisce un rapporto personale con chi lo legge. Se la scintilla non scocca, niente da fare: non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore. Tranne che a scuola: la scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici tra i quali (o in riferimento ai quali) tu potrai in seguito riconoscere i «tuoi» classici. La scuola ě tenuta a darti degli strumenti per esercitare una scelta; ma le scelte che contano sono quelle che avvengono fuori e dopo ogni scuola. Ě solo nelle letture disinteressate che puö accadere ďimbatterti nel libro che di-venta il «tuo» libro. Conosco un ottimo storico dell'arte, uomo di vastissime letture, che tra tutti i libri ha concentrato la sua predilezione piú profonda sul Circolo Pickwick, e a ogni proposito cita battute del libro di Dickens, e ogni fatto della vita lo associa con episodi pickwickiani. A poco a poco lui stesso, 1'universo, la vera filo- piú informazioni É MlolEbookReader Modifica ® M SC C > ; -!3> i 100% ü> Q Abc esteso Vlar 11:16 q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 sofia hanno preso la forma del Circolo Pickwick in un'identificazione assoluta. Giun-giamo per questa via a un'idea di classico molto alta ed esigente: 10. Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente delľuniverso, al pari degli antická talismani. Con questa definizione ci si avvicina alľidea di libro totale, come lo sognava Mallarmé. Ma un classico pub stabilire un rapporto altrettanto forte d'opposizione, ďantitesi. Tutto quello che Jean-Jacques Rousseau pensa e fa mi sta a cuore, ma tut-to m'ispira un incoercibile desiderio di contraddirlo, di criticarlo, di litigare con lui. Centra la sua personale antipatia su un piano temperamentale, ma per quello non avrei che da non leggerlo, invece non posso fare a meno di considerarlo tra i miei autori. Dirö dunque: 11. II «tuo» classico é quello ehe non pub esserti indifferente e ehe ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui. Credo di non aver bisogno di giustificarmi se uso il termine «classico» senza fare distinzioni ďantichitä, di stile, d'autoritä. (Per la storia di tutte queste accezioni del termine, si veda ľesauriente voce Classico di Franco Fortini nell'Enciclopedia Ei-naudi, vol. III.) Quello che distingue il classico nel discorso ehe sto facendo ě forse solo un effetto di risonanza ehe vale tanto per un'opera antica ehe per una moderna ma giä con un suo posto in una continuitä culturale. Potremmo dire: 12. Un classico é un libro ehe viene prima di altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e poi legge quello, riconosce subito il suo posto nella genealógia. A questo punto non posso piú rimandare il problema decisivo di come mettere in rapporto la lettura dei classici con tutte le altre letture ehe classici non sono. Problema ehe si connette con domande come: «Percha leggere i classici anziehe con-centrarci su letture ehe ci facciano capire piú a fondo il nostro tempo?» e «Dove tro- vare il tempo e ľagio delia mente per leggere dei classici, soverchiati come siamo dalla valanga di carta stampata delľattualitä?» Certo si puó ipotizzare una persona beata ehe dedichi il «tempo-lettura» delle sue giornate esclusivamente a leggere Lucrezio, Luciano, Montaigne, Erasmo, Que-vedo, Marlowe, il Discours de la Méthode, il Wilhelm Meister, Coleridge, Ruskin, Proust e Valéry, con qualche divagazione verso Murasaki o le saghe islandesi. Tutto questo senza aver da fare recensioni delľultima ristampa, né pubblicazioni per il concorso delia cattedra, né lavori editoriali con contratto a seadenza ravvicinata. Questa persona beata per mantenere la sua diéta senza nessuna contaminazione dovrebbe astenersi dal leggere i giornali, non lasciarsi mai tentare dalľultimo ro-manzo o dalľultima inchiesta sociologica. Resta da vedere quanto un simile rigori-smo sarebbe giusto e proficuo. Ľatrualitä pub essere banale e mortificante, ma é pur sempre un punto in cui situarci per guardare in avanti o indietro. Per poter leggere i classici si deve pur stabilire «da dove» li stai leggendo, altrimenti sia il libro ehe il lettore si perdono in una nuvola senza tempo. Ecco dunque ehe il massimo rendimento delia lettura dei classici si ha da parte di chi ad essa sa alternare con sa-piente dosaggio la lettura ďattualitä. E questo non presume necessariamente una equilibrata calma interiore: pub essere anche il frutto ďun nervosismo impaziente, ďuna insoddisfazione sbuffante. Forse ľideale sarebbe sentire ľattualitä come il brusio fuori delia finestra, ehe ci avverte degli ingorghi del traffico e degli sbalzi meteorologici, mentre seguiamo il discorso dei classici ehe suona chiaro e articolato nella stanza. Ma é ancora tanto se per i piú la presenza dei classici s'avverte come un rimbombo lontano, fuori dalla stanza invasa dalľattualitä come dalla televisione a tutto volume. Aggiungiamo dunque: piú informazioni É MlolEbookReader Modifica ® M SC C > ; -!3> i 100% ü> Q Abc esteso Vlar 11:16 q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p 05 13. £ classico ciô ehe tende a relegare ľattualita al rango di rumore difondo, ma nello stesso tempo di questo rumore difondo non pub fare a meno. 14. £ classico cib ehe persiste come rumore difondo anche la dove ľattualita piú incom-patibilefa da padrona. Resta il fatto ehe il leggere i classici sembra in contraddizione col nostro ritmo di vita, ehe non conosce i tempi lunghi, il respiro delľotium umanistico; e anche in contraddizione con ľeclettismo delia nostra cultura ehe non saprebbe mai redigere un catalogo delia classicitä ehe fa al caso nostro. Erano le condizioni ehe si realizzavano in pieno per Leopardi, data la sua vita nel paterno ostello, il culto delľantichitä greca e latina e la formidabile biblioteca trasmessigli dal padre Monaldo, con annessa la letteratura italiana al completo, piú la francese, ad esclusione dei romanzi e in genere delle novitä editoriali, relegate tutťal piú al margine, per conforto delia sorella («il tuo Stendhal» seriveva a Paoli-na). Anche le sue vivissime euriositä scientiŕiche e storiche, Giacomo le soddisface-va su testi ehe non erano mai troppo up to date: i costumi degli uccelli in Buffon, le mummie di Federico Ruysch in Fontenelle, il viaggio di Colombo in Robertson. Oggi un'educazione classica come quella del giovane Leopardi ě impensabile, e soprattutto la biblioteca del conte Monaldo ě esplosa. I vecehi titoli sono stati deci-mati ma i nuovi sono moltiplicati proliferando in tutte le letterature e le culture moderne. Non resta ehe inventarci ognuno una biblioteca ideále dei nostri classici; e direi ehe essa dovrebbe comprendere per metá libri ehe abbiamo letto e ehe han-no contato per noi, e per metá libri ehe ci proponiamo di leggere e presupponiamo possano contare. Lasciando una sezione di posti vuoti per le sorprese, le seoperte occasionali. M'accorgo ehe Leopardi ě il solo nome delia letteratura italiana ehe ho citato. Ef-fetto delľesplosione delia biblioteca. Ora dovrei riserivere tutto ľarticolo facendo risultare ben chiaro che i classici servono a capire chi siamo e dove siamo arrivati e perciö gli italiani sono indispensabili proprio per confrontarli agli stranieri, e gli stranieri sono indispensabili proprio per confrontarli agli italiani. Poi dovrei riscriverlo ancora una volta perche non si creda che i classici vanno letti perche «servono» a qualcosa. La sola ragione che si puö addurre e che leggere i classici e meglio che non leggere i classici. E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerö Cioran (non un classico, almeno per ora, ma un pensatore contemporaneo che solo ora si comin-cia a tradurre in Italia): «Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparan-do un'aria sul flauto. "A cosa ti servirä?" gli fu chiesto. "A sapere quest'aria prima di morire"». : Italiani, vi esorto ai classici, «L'Espresso», 28 giugno 1981, pp. 58-68. piú informazioni H ľ LI É MlolEbookReader Modifica ® M C > ; -!3> 4 100% H> Q ABC esteso Vlar 11:16 Q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ P Lo scoglio di Montale" Parlare ďun poeta sulla prima pagina ďun quotidiano comporta un rischio: occor-re fare un discorso «pubblico», sottolineare la visione del mondo e delia storia, ľin-segnamento morale implicito nella sua poesia; tutto quel ehe si dice ě vero, ma poi ci s'accorge ehe potrebbe essere vero anche per un poeta diverso, ehe ľaccento in-confondibile di quei versi resta fuori dal discorso. Cerchiamo dunque di tenerci il piú possibile vicino alľessenza delia poesia di Montale nello spiegare come oggi le esequie di questo poeta cosi poco incline a ogni ufficialitä, cosi distante dalľimma-gine del «vate nazionale», siano un avvenimento in cui il paese intero si riconosce. (Fatto tanto piú singolare in quanto le grandi fedi dichiarate dell'Italia del suo tempo non lo ebbero mai tra i loro adepti, anzi egli non risparmiô il suo sarcasmo verso ogni «chierico rosso o nero».) Vorrei per prima cosa dir questo: i versi di Montale sono inconfondibili per la precisione e ľinsostituibilitä delľespressione verbale, del ritmo, delľimmagine evocata: «il lampo ehe candisce / alberi e muri e li sorprende in quella / eternitä d'istante». Non parlo delia riechezza e versatilitä dei mezzi verbali, dote ehe anche altri nostri poeti ebbero in grado sommo, e ehe s'apparenta spesso a una vena co-piosa e ridondante, cioě a quanto ě piú lontano da Montale. Montale non spreca mai i suoi colpi, gioca ľespressione insostituibile al momento giusto e la isola nella sua unicitä. «... Turbati / discendevamo tra i vepři. / Nei miei paesi a quelľora / cominciano a fischiare le lepri.» Vengo subito al dunque: in un'epoca di parole generiche e astratte, parole buone per tutti gli usi, parole ehe servono a non pensare e a non dire, una peste del lin-guaggio ehe dilaga dal pubblico al privato, Montale ě stato il poeta delľesattezza, delia scelta lessicale motivata, delia sieurezza terminologica intesa a catturare ľuni-citä dell'esperienza. «S'accese sui pomi cotogni, / un punto, una cocciniglia, / si udi inalberarsi alla striglia / il poney - e poi vinše il sogno.» Ma questa precisione per dirci cosa? Montale ci paria ďun mondo vorticante, spinto da un vento di distruzione, senza un terreno solido dove poggiare i piedi, col solo soccorso d'una morale individuale sospesa sulľorlo delľabisso. Ě il mondo delia Prima e delia Seconda guerra mondiale; forse anche delia Terza. O forse la Prima resta ancora fuori dal quadro (nella cineteca delia nostra memoria storica sui fotogrammi giä un po' sbiaditi delia Prima guerra mondiale scorrono come sottoti-toli gli scarni versi d'Ungaretti) ed ě la precarietä del mondo ehe si presenta agli sguardi dei giovani nel primo dopoguerra a far da sfondo agli Ossi di seppia, come sarä ľattesa d'una nuova catastrofe il clima delle Occasioni, e il suo compiersi e le sue ceneri il terna delia Bufera. La bufera é il piú bel libro ehe sia uscito dalla Seconda guerra mondiale, e anche quando paria d'altro, ě di quello ehe paria. Tutto giä vi ě implicito anche delle nostre ansie del dopo, fino a quelle d'oggi: la catastrofe atomica («e un ombroso Lucifero scenderä su una prora / del Tamigi, del Hudson, delia Senna / scuotendo ľali di bitume semi-mozze dalla fatica, a dirti: ě l'ora») e ľorrore dei campi di concentramento passati e futuri (7/ sogno del prigioniero). Ma non sono le rappresentazioni dirette e le allegorie dichiarate ehe voglio met-tere in primo piano: questa nostra condizione storica ě vista come condizione co-smica; anche le presenze piú minute delia nátura nelľosservazione quotidiana del poeta si configurano come vortice. Sono il ritmo del verso, la prosodia, la sintassi ehe portano in sé questo movimento, dal principio alia fine dei suoi tre grandi libri. piú informazioni É MlolEbookReader Modifica ® M > ; -!3> 4 100% ü> Qabc esteso Vlar 11:16 q. O ;s • O • MlolEbookReader - Perché leggere i classici O ■ p OS «I turbini sollevano la polvere / sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi / deserti, ove i cavalli incappucciati / annusano la terra, fermi innanzi / ai vetři luccicanti degli alberghi.» Ho parlato di morale individuale per resistere al finimondo storico o cosmico che puó cancellare da un momenta all'altro la labile traccia del genere umano: ma bisogna dire che in Montale, pur lontano da ogni comunione corale e da ogni slan-cio solidaristico, ě sempře presente l'interdipendenza ďogni persona con la vita degli altri. «Occorrono troppe vite per farně una», ě la memorabile conclusione ďuna poesia delle Occasioni, dove l'ombra del gheppio in volo da il senso del distruggersi e rifarsi che informa di sé ogni continuitä biologica e storica. Ma l'aiuto che puö venire dalla natura o dagli uomini non ě un'illusione unicamente quando ě un rivolo sottilissimo che affiora «dove solo / morde l'arsura e la desolazione»; ě solo risa-lendo i fiumi fino a che diventano sottili come capelli che 1'anguilla trova il luogo sicuro per procreare; ě solo «a un filo di pietä» che possono abbeverarsi i porcospi-ni dell'Amiata. Questo difficile eroismo scavato nell'interioritä e nell'ariditä e nella precarieta dell'esistere, questo eroismo ďantieroi ě la risposta che Montale diede al problema della poesia della sua generazione: come scrivere versi dopo (e contro) D'Annunzio (e dopo Carducci, e dopo Pascoli o almeno una čerta immagine di Pascoli), il problema che Ungaretti risolse con la folgorazione della parola pura e Saba col recupe-ro ďuna sinceritä inferiore che comprendeva anche il pathos, 1'affetto, la sensualita: quei contrassegni dell'umano che l'uomo montaliano rifiutava, o considerava indicibili. Non c'ě messaggio di consolazione o d'incoraggiamento in Montale se non si ac-cetta la consapevolezza dell'universo inospite e avaro: ě su questa via ardua che il suo discorso continua quello di Leopardi, anche se le loro voci suonano quanto mai diverse. Cosi come, confrontato con quello di Leopardi, 1'ateismo di Montale ě piú problematico, percorso da tentazioni continue d'un soprannaturale subito corroso dallo scetticismo di fondo. Se Leopardi dissolve le consolazioni della filosofia dei Lumi, le proposte di consolazione che vengono offerte a Montale sono quelle degli irrazionalismi contemporanei che egli via via valuta e lascia cadere con una scrolla-ta di spalle, riducendo sempře la superficie della roccia su cui poggiano i suoi pie-di, lo scoglio cui s'attacca la sua ostinazione di naufrago. Uno dei suoi temi, che con gli anni diventa sempře piú frequente, ě il modo con cui i morti sono presenti in noi, 1'unicitá ďogni persona che non ci rassegniamo a perdere: «il gesto ďuna / vita che non ě un'altra ma se stessa». Sono versi ďuna poesia in memoria della madre, dove tornano gli uccelli, un paesaggio in declivio, i morti: il repertorio delle immagini positive della sua poesia. Non potremmo ora dare al suo ricordo miglior cornice di questa: «Ora che il coro delle coturnici / ti blandisce nel sonno eterno, rotta / felice schiera in fuga verso i clivi / vendemmiati del Mesco...» E continuare a leggere «dentro» i suoi libri. Questo certo garantirá la sua soprav-vivenza: ché per quanto lette e rilette, le sue poesie catturano ad apertura di pagina e non si esauriscono mai. ' Le parole nate nella Bufera, «la Repubblica», 15 settembre 1981. piú informazioni