Si" V- Orlando Furioso di Ludovico Aňosto raccontato da ITALO CALVING I 4.^ Presentazione 1. Rotholandus, Roland, Orlando In ogni atlante storico del Medioevo c e una cartina in cui, colorate di solito in viola, sono segnate le conquiste di Car-lomagno re dei Franchi e poi imperatore. Una grande nube violetta s'allarga sull'Europa, dilaga fin oltre l'Elba e il Da-nubio, ma a occidente s'arresta al confine della Spagna an-cora saracena. Solo ľorlo piú basso della nuvola scavalca i Pirenei e arriva a coprire la Catalogna: ě la Marca Ispanica, tutto quel che Carlomagno riusci a strappare, negli ultimi anni della sua vita, alľEmiro di Cordova. Tra tante guerre che Carlomagno combatté e vinše contro Bävari, Frisoni, Slaví, Ávari, Bretoni, Longobardi, quelle contro gli Arabi occupano, nella storia delľimperatore dei Franchi, relativa-mente poco posto; invece, nella letteratura, s'ingigantirono fino a coinvolgere tutto ľorbe terracqueo, e riempirono le pagine di biblioteche intere. Nelľimmaginazione dei poeti - e prima ancora nelľimmaginazione popolare - i fatti si di-spongono in una prospettiva diversa da quella della storia: la prospettiva del mito. Per nntracciare le origini di questa straordinaria prolife-razione mitologica, ci si suole rifare a un episodio storico oscuro e sfortunato: nel 778 Carlomagno tento una spedi-zione per espugnare Saragozza, ma fu rapidamente costret-to a ripassare i Pirenei. Durante la ritirata, la retroguardia delľesercito franco fu assalita dalle popolazioni basche della montagna e distrutta, presso Roncisvalle. Le cronache uf- •ujo Furiosi) Prcscutazhnc 11 ficiali carolinge riportano, tra i nomi dei digmtan franchi uccisi, quello d'un certo Hruodlandus. Fin qui la storia, ma la veritä dei fatti ha poco a ehe vede-re con ľepopea. La Chanson de Roland fu scritta circa tre secoli dopo Roncisvalle. Siamo attorno al 1100, alľepoca delia Prima Crociata: il riŕerimento storico piú pertinenteě questo. L'Europa ě pervasa dallo spirito delia guerra santa ehe contrappone mondo cristiano e mondo musulmano. In quel clima nasce in Francia un poema epico d'autore sco-nosciuto (Turoldo ě il nome che compare nelľultimo verso), dalla versificaziorie semplice, commossa e solenne: La Chanson de Roland. Carlomagno figura aver conquistato tutta la Spagna, tranne Saragozza, ancora in mano saracena; re Marsilio chiede la pace purché ľarmata franca lasci la Spagna, il prode Roland vorrebbe continuare la guerra ma prevale il consiglio di Guenes (Gano di Maganza o Ganel-lone), che tradisce e s'accorda con Marsilio perché l'eserci-to saraceno violi la pace e piombi in forze a Roncisvalle sul-la retroguardia franca guidata da Roland. II paladino fa prodigi con la spadá Durendal, dono d'un angelo, ma i suoi guerrieri gli cadono intorno a uno a uno. Solo quando ě fe-rito a morte, Roland si rassegna a dar fiato all'Olifante, il corno magico, per chiamare a soccorso re Carlo. Non si sa se Turoldo non abbia fatto altro che dare respi-ro di poesia a una tradizione giä affermata, cioě se la leg; genda di Roncisvalle giä facesse parte del repertorio dei «giullari», poeti-cantastorie che giravano di castello in ca-stello, repertorio orale che venne a un certo punto fissato in «cantari di gesta» scritti in rima, o in narrazioni in prosa che fornivano i motivi ai verseggiatori. A queste ultime ap-partiene la cronaca latina attribuita alľarcivescovo Turpino [História Karoli Magni et Rotholandi) che passava per la'tc stimonianza diretta d'un contemporaneo e che poeti e ro-manzien posteriori tiravano sempre in ballo come fonte au-torevole, mentre fu in realtä scritta anch'essa alľepoca de«e Vraciate. Quello che possiamo dire con certezza é che una lunga tradizione si formo dalla Chanson de Roland in poi, e che passate dalla severa epopea militare di Turoldo alia lettera-tura romanzesca e awenturosa, le gesta dei paladini di Carlomagno ebbero fortuna popolare, piú ancora che in Francia, in Spagna e in Italia. Roland diventa Don Roldan al di la dei Pirenei, e al di qua delle Alpi Orlando. I centri di dif-fusione dei «cantari di gesta» si trovavano lungo le vie per-corse dai pellegrini: la via per San Giacomo di Compostel-la, che attraversava Roncisvalle dove veniva visitata una presunta tomba di Roland-Roldän-Orlando; e la via per Roma, che era stata percorsa da Carlomagno nella sua lunga guerra contro i Longobardi e nelle sue visite al papa. Nei luoghi di tappa dei pellegrinaggi i giullari cantavano le gesta dei paladini a un pubblico che riconosceva quei perso-naggi come familiari. In Italia, questi giullari non erano solo quelli venuti di Francia; c'erano giullari veneti, che manipolavano i versi francesi dei cantari in un linguaggio piú vicino ai dialetti del-la pianura padaná; nacque tra il Duecento e il Trecento una letteratura «franco-veneta» che traduceva i cieli francesi e li arricchiva di nuove gesta. Poco piú tardi cominciarono le traduzioni in toscano: alle monotone lasse a una sola rima, i toscani sostituirono una strofa narrativa dal ritmo ampio e movimentato: l'ottava. Di Roland la tradizione francese non dice se non ľ ultima battaglia e la morte. Tutto il resto della sua vita, nascita, al-bero genealogico, infanzia giovinezza avventure prima di Roncisvalle, egli le troverä, sotto il nome di Orlando, in Italia. Viene cosi stabilito che suo padre ě Milone di Clermont (o Chiaromonte) alfiere di re Carlo, e sua madre ě Berta, la sorella del sovrano. Avendo Milone sedotto la fanciulla. per sfuggire alle ire del regale cognato, la rapisce e fugge in Italia. Secondo alcune fonti Orlando nasce in Rotnagna, a Imola, secondo altre a Sutri, nel Lazio: che sia itahano non Orlando Furiosi) c'ě dubbio. E per di piu, gli vengono attribuiti i titoli di Gonfaloniere di Santa Chiesa e Senátore romano. Con tutto questo, non ě ehe diventi un «persona«gio» nel senso moderno delia parola. íľigura austeramente esemplare in Turoldo e nello pseudo-Turpino (ehe ne fa un fanatieo delia castitä: non ha mai awicinato una donna, neppure sua mo-glie), tale resta nei cantari italiani, con una accentuazioneme-lanconica e una sgradita caratterizzazione fisica: ha gli ocehi strabici. A rivaleggiare con Orlando investito di troppe alte re-sponsabilitä, prende rilievo suo eugino Rinaldo di Chiaro-monte (il Renaud ď una gesta francese), paladino awentu-roso e spirito ribelle, indocile perfino alľautoritä di Carlomagno. Nelľepica popolare italiana non tarderä a di-ventare ľeroe favorito. Nella erescita di Rinaldo al rango di protagonista e nel parallelo abbassamento di Carlomagno a un personaggio quasi comico di vecehio un po' rimbambi-to, gli storici vedono rispecehiato lo spirito ďautonomia dei feudatari vassalli o dei Comuni guelfi verso ľautoritä imperiále, certo ě ehe ambedue le caratterizzazioni servono per prima cosa a dar movimento alia narrazione. Nelľinimicizia dei valorosi e leali Chiaromontesi contro la perfida schiatta dei Maganzesi, i cantari rintracciano g« antecedenti del tradimento di Gano a Roncisvalle. Questo terna principále viene svolto sullo sfondo delia mitica con-quista delia Spagna da parte di Carlomagno, anacronisrno ehe viene controbilanciato da un altro anacronismo sup10 trico: le armate saracene penetrano in terra di Francia^ Pŕesentaztonc 13 alle mura di Parigi stretta in un lungo assedio dagl' in Accanto a questi motivi, ľ epopea cavalleresca j18^* favo- cor piú profondamente che ai tempi di Carlo MarteUo^, i;ir posto anche alle guerre tra Franchi e Longobardi, eflí lose awenture dei paladini in Oriente, e ai loro amor principesse maomettane. . , . II tempo in cui si svolgono le gesta dei cantari e in& ^ ^ un concentrato di tutti i tempi e le guerre, soprat quelli della sfida tra Islam ed Europa eristiana, da Carlo Martello a Luigi IX il Santo. Ed ě proprio quando le Cro-ciate con la loro pressione propagandistica e il loro peso militare non fanno piú parte delľattualitä, che duelli e bat-taglie tra paladini e infedeli diventano una pura matena narrativa, emblema ďogni contesa ďogni magnanimita ďogni awentura, e ľassedio dei mori a Parigi un mito come quello della guerra di Troia. Man mano che s'estendeva nei castelli e nelle cittá un pub-blico capace di leggere che non fosse formato solo di dotti e di preláti, si diffusero - accanto ai cantari in versi, composti perché venissero recitati o cantati - anche brevi romanzi in prosa prima in francese e poi in toscano. I romanzi in prosa non riferivano soltanto le vicende del ciclo carolingio: e'era anche il «ciclo di Bretagna» che trattava di re Artú, della Tavola Rotonda, della ricerca del Santo Gral, degli incantesimi del Mago Merlino, degli amori di Ginevra, di Isotta. Questo mondo di storie magiche e amorose ebbe in Francia grande popolaritä (e di lä passô in Inghilterra), tanto da soppiantare 1'austero ciclo carolingio. In Italia invece fu soprattutto lettu-ra delle corti nobiliari e delle dame; il popolo restava fedele a Orlando, a Gano, a Rinaldo. I duelli tra paladini e mori erano entrati da noi a far parte di quel deposito culturale estrema-mente conservatore che ě il folklore. Tanto che nelľltalia meridionale questa fortuna popolare continuô fino ai nostri giorni coi cantastorie a Napoli (al-meno fino al secolo scorso), col Teatro dei Pupi in Sicilia (che ancor oggi sopravvive) e con le pitture sulle fiancate dei carretti siciliani. II repertorio del Teatro dei Pupi, che attingeva ai cantari, ai poemi cinquecenteschi e a compila-zioni ottocentesche, comprendeva storie cicliche che veni-vano rappresentate a puntate, e continuavano per mesi e mesi, fino a un anno e piú. E quando con ľistruzione obbligatoria cominciô a circo-lare qualche libro nelle campagne italiane, tradizionalmente poco awezze alia lettura, il piú letto fu una cronaca, varia Orlando furiosi) mente ammodernata e raffazzonata, ehe era stata seritta t« il Trecento e il Quattrocento, I Reáli di francia, compilazi0 ne in prosa delle gesta del ciclo carolingio, opera ďun can-tastorie toscano, Andrea da Barberino. 2. Come Orlando s'innamora Tra gli intellettuali e le produzioni artistiche popolari c'ě sempře stato (e c'ě piú che mai nel nostro secolo, con le moderně forme di «cultura di massa» e soprattutto il cinema) un rapporto mutevole: dapprima di rifiuto, di suffi-cienza sdegnosa, poi ďinteresse ironico, poi di scoperta di valori che invano si cercano altrove. Finisce che ľuomo col-to, il poeta raffinato s'appropria di ciô che era divertimento ingenuo, e lo trasforma. Cosi fu della letteratura cavalleresca nel Rinascimento Quasi contemporaneamente, nella seconda meta del XV secolo, nelle due corti piú raffinate ďltalia, quella dei Medici di Firenze e quella degli Este di Ferrara, la fortuna delle stone di Orlando e di Rinaldo risalí dalle piazze agli ambienti colti A Firenze fu ancora un poeta un po' alia buona, Luigi Pulci (1432-84) che (pare su commissione della madre di Lorenzo il Magnifico) mise in rima awenture gia note ma con un pro posito caricaturale. Tanto che il suo poema prese nome non dai paladini protagonisti, ma da una delle grottesche igu^ di contorno, Morgante, un gigante vinto da Orlando e ivc tato suo scudiero. A Ferrara, un dignitario della corte estense, Matteo ^ ra Boiardo conte di Scandiano (1441-94) si "vol^,ggIJ epopea cavalleresca con uno spirito distaccato jej ma venato dalla malinconica nostalgia di chi, scon ^ suo tempo, cerca di far rivivere i fantasmi del ^,#0 corte di Ferrara erano molto letti i romanzi ne, tutti incantesimi, draghi, fate, prove ^Ľtarie^dU^ f H erranti; la contaminazione na queste vio ende ľepica carolingia era giä awenuta in qualche poema fran-cese e in molti cantari italiani, in Boiardo i due filoni han-no il loro primo incontro con la cultura umanistica che tende a ricongiungersi, al di la del Medioevo, ai classici delľantichitä pagana. I mezzi tecnici del poeta sono pero ancora primitívi, la vitalita generosa che i suoi versi comu-nicano viene in gran parte dal loro sapore acerbo. MOrlan-do \nnamorato, lasciato incompiuto alia morte delľautore, ě un poema dalla versificazione rozza, seritto in un italiano incerto e che sconfina di continuo nel dialetto. La sua fortuna fu anche la sua sfortuna; 1'amore che altri poeti gli tri-butarono fu tanto carico di sollecitudine a portargli aiuto, come a creatura inadatta a vivere con le sue forze, che fini per farlo eclissare e scomparire dalla circolazione. Nel Cinquecento, ristabilitosi il primato delľuso toscano nella lingua letteraria, il Berni riserisse tutto YOrlando Innamorato in «buona lingua», e per tre secoli il poema non fu ristam-pato se non in questo rifacimento, finché nell'Ottocento non fu riscoperto il těsto autentico, il cui valore per noi sta proprio in ciô che i puristi censuravano: 1'essere un monu-mento delľitaliano diverso che nasceva dai dialetti della pianura padaná. Ma soprattutto Ylnnamorato fu oscurato dal Furioso cioě dalla continuazione che Ludovico Ariosto intraprese a seri-vere una decina ďanni dopo la morte del Boiardo, una continuazione che fu subito tutťaltra cosa: dalla ruvida scorza quattrocentesca il Cinquecento esplode come una lussureg-giante vegetazione carica di fiori e di frutti. Questa fortuna-sfortuna continua: eccoci qui a parlare dell'Innamorato solo come d'un «antefatto» al Furioso, a sbrigarcene come in un «riassunto delle puntate preceden-ti». Sappiamo di fare cosa sbagliata e ingiusta: i due poemi sono due mondi indipendenti, eppure non possiamo fame o meno. ĽOrlando della tradizione, come se detto, aveva tra i suoi pochi tratti psicologici quello d'essere často e inaccessible 1 Orlando Furiose alle tentazioni amorose. La «novitä» del Boiardo fu di D sentare un Orlando Innamorato. Per catturare i paladini c' stiani, e soprattutto i due eugini campioni, Orlando e Rjj! do, Galafrone re del Cataio (ossia della Cina) ha mand-ito • Pangi i suoi due figli: Angelica, bellissima ed esperta neue ar ti magiche, e Argalia, guerriero dalle armi fatale e dall'elmoji prova d'ogni lama. Come se non bastasse hanno anche un anello che rende invisibili. Argalia lancia una sfida: chi riuscirä a disarcionarlo avrä sua sorella, e chi sarä disarcionato da lui diventerä suo schiavo. Appena vedono Angelica, tutti i cavalieri presenti, cristiani e infedeli (e la tregua di Pasqua e sono tutti conve-nuti a un torneo), s'innamorano, perfino re Carlo perde ia testa. Argalia dopo una serie di duelli fortunati, viene ucci-so dal saraceno Ferraü (qui chiamato Feraguto) ma a contendere la bella preda al vincitore sopraggiunge Orlando. Angelica ne approfitta per fuggire, rendendosi invisibile, invano inseguita da Rinaldo (qui chiamato Ranaldo o Rainaldo). Fuggendo, Angelica, assetata, beve a una fontana magica: e la fönte dell'amore; la bella s'innamora di Rinaldo. Rinaldo beve anche lui a una fontana incantata, ma e quella del disamore: da innamorato che era diventa nemico di Angelica e la sfugge. Angelica, che non pud vivere senza Rinaldo, lo fa rapire da una barca fatata, ma lui non ne vuo sapere e dopo varie awenture da un'isola all'altra nesce sfuggirle. Ritiratasi nel Cataio, nella fortezza di ^JfjJ^ Albracä, Angelica viene assediata da Agricane re dei 1« e da Sacripante re dei Circassi, anch'essi innamorati si nati. II primo ha la meglio, ma in difesa dt Angelica « Orlando, sempre innamorato e sfuggito ad altn j mi. Duella un giorno e una none ~" „-usWti.en-Questo duello (libro primo, canti XV111-aia; b ^u(0, te l'episodio piü ammirato del poema: a un „.^ a stanchi di duellare i due campioni si i*dra*f° ica„e <*e guardare le stelle: Orlando parla di Dio f^änte, rip^ rimpiange d'esser sempre stato un grande g Presentazionc 17 so il duello all'alba, Agricane ferito a morte chiederä il bat-tesimo al suo avversario. Raccontare le battaglie e i duelli attorno ad Albracä ě difficile perché si sovrappongono sempre nuovi eserciti e nuovi campioni, tra i quali Galafrone padre d'Angelica che vuol vendicare il figlio ucciso, Marfisa regina delle Indie che non si toglie mai le armi di dosso, e combattono alio stesso tempo ognuno una sua guerra particolare, con frequenti scambi di nemici e d'alleati. Arriva anche Rinaldo, odiando Angelica, per impedire al eugino Orlando di perdersi dietro quella vana passione. Angelica si fa difendere da Orlando (il quale, da quel perfetto cavaliere che ě, si guarda bene dal toccarla) ma pensa solo a salvare la vita di Rinaldo dalla gelosia (immoti-vata) di Orlando. Innumerevoli storie secondarie di fate e giganti e incantesimi si diramano dalle vicende principáli: per esempio Angelica riesce a distogliere Orlando dalia contesa contro Rinaldo incaricandolo della difficile impresa di sfata-re un giardino incantato. Mentre i paladini scorazzano per l'Oriente, la Francia ě insidiata da sempre nuove invasioni. Prima era stato Gra-dasso re di Sericana ehe era riuscito a far prigioniero lo stesso re Carlo, ed era stato poi sconfitto da Astolfo, entra-to in possesso, senza darsene conto, della lancia fatata del defunto Argalia. Poi ě Agramante re d'Africa ehe fa sbarca-re re Rodomonte (qui chiamato Rodamonte) in Provenza e fa scavalcare i Pirenei a re Marsilio (su istigazione del solíto Gano di Maganza). Rinaldo torna a dar man forte a Carlo in pericolo, e Angelica gli corre dietro facendosi seguire da Orlando. Passano davanti alle due fontáne incantate, e sta-volta ě Angelica che beve alia fonte delľodio e Rinaldo a quella dell'amore. Orlando e Rinaldo sono di nuovo rivali; in un momento tanto grave per le armi cristiane i due eugini non pensano ehe alla loro contesa. Re Carlo allora si propone come arbitro: Angelica sarä tenutá in custodia dal vecehio duca Namo di Baviera e verrä assegnata a quello dei due campioni che avrä piü valorosa- 5 Orlando Furíoso Tneme combattuto contro gli infedeli. Ě a Montalbano pres so i Pirenei che awiene la battaglia decisiva: decisiva soprat tutto perché - sebbene il poema di Boiardo continui ancora per qualche canto narrando 1'assedio di Parigi - é da questa battaglia che Ariosto prendera le mosse del suo poema rial* lacciando le fila dei vari personaggi. E decisiva anche perché ě in questa battaglia che Ruggiero, cavaliere saraceno discen-dente da Ettore di Troia, incontra la guerriera cristiana Bra-damante (qui chiamata Bradiamonte o Bradiamante o Bran-dimante o Brandiamante) sorella di Rinaldo, e da nemici che erano si ritrovano innamorati. L'episodio ě importante perché era intento del Boiardo (pare su esplicita commissione di Ercole I ďEste) convali-dare la leggenda che la Casa d'Este traesse origine dalle nozze di Ruggiero di Risa e Bradamante di Chiaramonte. A quel tempo una genealogia, anche se immaginaria, aveva grande peso: i nemici degli Estensi avevano diffuso la dice-ria che i signoři di Ferrara discendevano dall'infame tradi-tore Gano di Maganza; bisognava correre ai ripari. Boiardo introdusse questo motivo genealogico quando il suo poema era giá molto avanti, e non ebbe tempo di svilupparlo; toc-cherá ad Ariosto portarlo a compimento. Ma nel frattempo a Ercole I, che pareva ci tenesse molto, erano success! i Bgfc Alfonso I e il cardinale Ippolito, che di queste fantasie poc si curavano. E Ariosto, del resto, non aveva certo lo spi del cortigiano adulatore; pure tenne fede al ^P11^ sera prefisso con scrupoloso impegno. Aveva le su & ragioni per farlo. Primo, che era un motive' ™" • & prim'ordine: i due innamorati che sono leali con £Ín due eserciti nemici e perció non nescono mai a ^ ^ realta il destino nuziale che ě stato oro dcUa cr do, che questo lo portava a legare ů tempo m«t & feř. valleria con le vicende contemporanee, COJ P rara e dellltalia. Prcscntazione 19 3. // saggio Ludovico e Orlando matto Per piú ďun secolo Ferrara fu la capitale della poesia epica. 1 tre maggiori poemi del Rinascimento - YOrlando lnnamo-rato, YOrlando Furíoso, e pure la Gerusalemme Liberata del sorrentino Torquato Tasso - nacquero alia Corte degli Estensi. Perché questa terra paaana fu tanto feconda ďottave nso-nanti colpi di lancia e scalpitio di destrieri? In cosi imponde-rabile materia nessun tentativo di spiegazione sará mai esau-riente, ma aleuni dati di fatto possono esser tenuti presenti: quella ferrarese era una societa ricca, portata al lusso, gau-dente; era una societa colta, che aveva fatto della propria universita un importante centro di studi umanistici ed era soprattutto una societa militare, che s'era costruito e difeso un suo Stato, tra Venezia e Stato della Chiesa e Ducato di Milano: una fetta di territorio ragguardevole, situata nel cuo-re di quel campo di perpetua guerra europea che era allora la pianura del Po, e perciô parte in causa in tutte le contese tra Francia e Spagna per la supremazia sul continente. Ma nelľ epoca di Francesco I e Carlo V ě il nuovo tipo di grande Stato accentratore che prende forma, mentre 1'ideale italia-no della citta-principato ě in declino. MOrlando Furíoso na-sce in una Ferrara in cui la gloria guerriera ě ancora il fonda-mento d'ogni valore, ma che ormai sa ďessere solo una pedina ďun gioco diplomatico e militare molto piú grosso. II poema si sdoppia continuamente su due piani temporali: quello della favola cavalleresca e quello del presente políti-co-niilitare, una corrente ďimpulsi vítali si trasmette dal tempo dc-i paladini (dove ormai il rondo epico-Storico c;iro-lingio sparisce assorbito dalľarabesco fantastico) alle guerre italiane cinquecentesche (dove alľapologia delle imprese estensi sempře piú vanno sovrapponendosi gli accenti d'amarezza per gli strazi delľltalia invasa). Chi ě questo Ludovico Ariosto che alle gesta cavallere-sche non crede eppure investe tutte le sue forze, le sue pas- uno spettacolo mul.icolore e IS Ha * con ironica saggezza? contemP|ai Figlio diun ufficiale del Duca di Ferrara e d'una een, donna reggiana, Ludovico Ariosto nacque a Re2 5 nel 1474, studio a Ferrara, e sui trent'anm s'!l segretano del Cardinale Ippolito d'Este, fratello del Z Alfonso I. Compl per incarico del Cardinale frequenti™ gl e ambascerie nelle capitali vicine, Mantova, Modena, M lano, Firenze, e fu varie volte a Roma a trattare le questia dei difficili rapporti di Ferrara con il Papa (prima Giuliol e poi Leone X). Una vita non di uomo di corte, insomma, ma di fun» nario a cui venivano affidati incarichi diplomatici di re sponsabilitä e fiducia, talvolta andando incontro a perico: e awenture (nel tempo in cui Papa Giulio II era nemicodf gli Estensi). Anni movimentati e faticosi in mezzo ai qua, pure Ariosto seppe ncavare il tempo o la concentraflü« necessari per comporre VOrlando Furioso, o»« a" 4 commedie e sette satire che ci danno d nugbor carattere del poeta e ci raccontano le delusion, c P soddisfazioni della sua vita. TDn0lito nomf Nel 1518, anziehe seguire d Cardmale Ippo ^ du, vescovo di Budapest, Ariosto passo al ser z Alfonso. Servizio ancor p.u á»™J£^Á<*&, disoggiornonelkmontag^^. f Prcsentazione 21 porto tre anni di soggiornc^- re> cioe ^ t toritä piü formale che effctnva pc un mondo spietato d. ^^nninO. Solo djj^j ra le selvatiche vallate= dell ApP ^ Ä 1533, anno della sua morte rintc0dentetf tranquilla, di nuovo a Ferrara, li di Corte Per trent'anni la- sua vera vita fu il Furioso. Comincio a scriverlo verso il 1504, e si puô dire ehe continuô sempře a lavorarci, perché un poema come questo non puô mai dirsi finito. Dopo averlo pubblicato in una prima edizione in quaranta canti nel 1516, Ariosto cercô di dargli un seguito, ehe réštô troncö (f cosídčletti Cinque ca«//pubblicati postu-mi): ľinventiva, la felicitä deTprimo síancio ereativo sem-bravano perdute. Continuô ad attendere alla politura e messa a punto della lingua e della versifieazione dei quaranta canti, lavoro visibile giä nella seconda edizione del 1521, senz'aggiunte. II vero modo di allargare un poema dalla struttura policentrica e sineronica come il Furioso, con vi-cende che si diramano in ogni direzione e s'intcrsecano e biforcano di continuô, era il dilatarlo dalľinterno, facendo proliferare episodi da episodi^čre^h^o~nu^vé~^slrnmetrie e nuovi contrasti. In questo modo certamente il poema s'era costruito fin dal principio, e in questo modo ľautore continuô ad ampliarlo fino alla vigília della_sya morte: ľedizione definitiva, in quarantasei canti, ě d(0l532) Tema principále cleT poema ě come Orlando divenne, da innamorato sfortunato d'Angelica, matto furioso, e come le armate cristiane, per l'assenza del loro primo campione ri-schiarono di perdere la Francia, e come la ragione smarrita dal folie (il recipiente che conteneva il suo senno) fu ritro-vata da Astolfo sulla Luna e ricacciata in corpo al legittimo proprietario permettendogli di riprendere il suo posto nei ranghi. Tema parallelo ě quello degli ostacoli ehe si sovrap-pongono al compiersi del destino nuziale di Ruggiero e Bradamante, finché il primo non riesce a passare dal campo saraceno a quello franco, a ricevere il battesimo e sposare la seconda. I due motivi principáli s'intrecciano alia guerra tra Carlo e Agramante in Francia e in Africa, alle stragi di Ro-domonte in Parigi assediata dai Mori, alle discordie in campo d Agramante, fino alia resa dei conti tra il fior fiore dei campioni delľuno e delľaltro campo (I, 1-4). Orlando Furioso Le donne, i cavallier, ľarme, gli amori le cortesie, ľaudaci imprese io canto', che furo al tempo che passaro i Mori' d Afnca il mare, e in Francia nocquer tanto2 seguendo ľire e i giovenil furori d'Agramante3 lor re, che si die vanto di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperátor romano4. Dirô d'Orlando5 in un medesmo tratto cosa6 non detta in prosa mai né in rima: che per amor venne in furore e matto7, ďuom che si saggio era stimato prima; se da colei8 che tal9 quasi m'ha fatto, che '1 poco ingegno ad or ad or mi lima'0 me ne sarä pero tanto concesso, che mi basti a finir quanto ho promesso. Piacciavi, generosa11 Erculea prole12, ornamento e splendor dei secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol puô ľumil servo vostro. Quel ch'io vi debbo, posso di parole pagare in parte, e ďopera ďinchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono; che quanto io posso dar, tutto vi dono. Voi sentirete fra i piú degni eroi, che nominar con laude m'apparecchjo, ricordar quel Ruggier", che fu di voi e de' vostri avi illustri il ceppo vecch.o. Ľalto valoree' chiari gesti14 suoi ifarôudir.sevoimi date orecch.o, Presentúzintie 23 ľv:;;;rď;ipcnSie,"ceaino;!unpoco, e VOSm aiu , siehe tra lor miei vers, abbiano loco. Orlando continua a ^tfiStättg po centrale e ^f^^condo^ nella virtu, immune dalle passion alio stes^ ten1' ri, innamorato che reprime ogni tentazione secondo il Boiardo, qui esce dalla misura umana (dopo averla attraver-sata nei dubbi e nelle angosce della gelosia) per entrare nella bestialita piü cieca. In questa nuova inattesa incarnazione ďossesso ignudo che sradica le querce, Orlando diventa, se non un vero c proprio personaggio, certo un'immagine poetica vivente, quale non era mai stato nella lunga série di poemi che lo rappresentavano con elmo ed armatura. Occorre dire che gli eroi del Furioso, benché siano sempře ben riconoscibili^ non sono mai dei personaggi a tutto tondo; j)erfino in Boiardo, poeta e narratore tanto meno elaborato, c'era piü impegno nella caratterizzazione; ad Ariosto, che pur ha la finezza ďun pittore di miniatuře, ě il vario movimento delle energie vitali che sta a cuore, non la corpositä dei ritratti indivíduali. Per esempio, Astolfo 1'in-glese, che fu inventato - si puo dire - dal Boiardo come personaggio eroicomico a cui fortuně e sfortune capitano quasi per caso, in Ariosto diventa uno dei centri motori del poema ma perde quel tanto di connotati psicologici che aveva nell'Innamorato. Mai che ci riveli nulla di sé, di cosa pensa e cosa sente, eppure - anzi, forse proprio per questo - 1'anima ariostesca (questa presenza che non si lascia mai acehiappare e definire) ě riconoscibile soprattutto in lui, esploratore lunare che non si meraviglia mai di nulla, che vive circondato dal meraviglioso e si vale di oggetti fatati, li-bri magici, metamorfosi e cavalli alati con la leggerezza ďuna farfalla ma sempře per raggiungere fini di pratica utilita e del tutto razionali. 4. Cristiani e infedcli II difetto ďogni preambolo aWOrlando Furioso h che se si comincia col dire: ě un poema che fa da continuazione a un altro poema, il quale continua un ciclo ďinnumerevoli poemi, i quali alia loro volta traggono origine da un poema capo- Orlando Furioso Prite... U letto re si «re , bS'ST " Precedent,, e dei precedemi dei precedenú preambolo si rvpa <:,,k;,„ <-_____n... •■ „ realta> o&, corrente di preambolo a nvela subito superfluo: il Furioso i untco nel suo genere e puö - quasi direi deve - es er ° senza far riferimento a nessun altro libro precedents 0 guente; ě un universo a sé in qui si puč, viaggiare in lungoet largo, entrare, uscire, perdercisi. Che ľautore faccia passare la costruzione di questouni verso per una continuazione, un'appendice, un'aggiuntai un'opera altrui, ě un segno della straordinaria discrezione di Ariosto, un esempio di quello che gli inglesi chiamano understatement doe lo speciale spirito di autoironia che porta a minimizzare le cose grandi e importanti. Delľantefatto, lettori e autore possono sbrigarsi in pock strofe (5-9): Orlando, che gran tempo inamorato1 fu de la bella Angelica*, e per lei in India, in Media, in Tartaria' lasciato avea infiniti et immortal trofei, in Ponente con essa era tomato, dove sotto i gran monti P"enel con la gente di Francia e de Lamagna d'aver condotto, 1 un , adestruzionddba^ap^olo; E cosl Orlando arr^oqu ecco Ü gjudjoomnafiie^ Prrst'titazione 25 Quella che dagli esperii ai liti eoi12 avea difesa con si lunga guerra, or tolta gli ě fra tanti amici suoi, senza spada adoprar, ne la sua terra. II savio imperator, ch'estinguer vólse un grave incendio, fu che gli la tolse. Nata pochi di inanzi era una gara tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo15; che ambi avean per la bellezza rara d'amoroso disio l'animo caldo. Carlo, che non avea tal lite cara, che gli rendea l'aiuto lor men saldo, questa donzella, che la causa n'era, tolse, e die in mano al duca di Bavera14; in premio promettendola a quel d'essi ch'in quel conflitto, in quella gran giornata15, degli infideli piú copia uccidessi, e di sua man prestassi opra piu grata. rContrari ai voti poi furo i successi16; ch'in fuga andó la gente battezzata, e con molti altri fu '1 duca prigione17, e restó abbandonato il padiglione18. Detto questo, non resta che seguire Angelica che fugge al galoppo per il bosco, figurína di profilo disegnata sullo "sfondo flriito d'un aražzo. Intorno a lei vorticano tre cava-lieri che si chiamano Rinaldo, Ferrau, Sacripante, ma che potrebbero avere anche nomi diversi, dato che qui la loro funzione ě solo quella d'eseguire giravolte e schermaglie come in un balletto. Del resto, nessuno dei tre cavalieri che compaiono nel primo canto sara nel seguito del poema un personaggio di rilievo, neppure Rinaldo, le cui imprese e il cui valore daranno materia a molti episodi del Furioso, ma restando sempre una figura accessoria. Essi sono innanzi tutto personaggi dell'OWo Innamorato che, sulla soglia del nuovo poema, vengono quasi a chiedere il permesso di ,cwO£Ó . ) fk at foe fWv^fri^ Orlando Furioso Portanza (10-23). P un dlVcrso Ording Dove', poi che rimase la donzella cn esser dovea del vincitor mercede, inanzi al caso era salita in sella, e quando bisognö le spalle diede2, presaga che quel giorno esser rubella5 dovea Fortuna alia cristiana lede: entrö in un bosco e ne la stretta via rincontrö un cavallier ch'a pie venia. Indosso la corazza, l'elmo in testa, la spada al fianco, e in braccio avea lo seudo; e piü leggier4 correa per la foresta, clVal pallio5 rosso il villan mezzo ignudo. Timida pastorella mai si presta6 non volse piede inanzi a serpe crudo, come Angelica tosto il freno torse7 che del guerrier, ch'a pie venia, s'a Era costui quel paladin gaghardo, Presetitaziotte 27 *7, 'aecorse. ,cui pur dianzi^il suo destner Bmardo e per la selva a tutu bn g mapallKla. .crdKh; lascUcura al de t st.|Vilhe.a tanto gi^-chL Su la riviera Ferraü" trovosse di sudor pieno e tutto polveroso, Da la battaglia dianzi lo rimosse un gran disio di bere e di riposo; e poi, mal grado suo, quivi fermosse, ~£^ perche, de l'acqua ingordo e frettoloso j^ö^ . l'elmo nel fiume si lasciö cadere, /xr^rt^e^tY^ ne l'avea potuto anco riavere. Quanto potea piü forte16, ne veniva ^ *>**a? \ gridando la donzella ispaventata. A quella voce salta in su la riva il Saracino, e nel viso la guata; e la conosce subito ch'arriva, ben che di timor pallida e turbata e sien piü di che non n'udi novella, che senza dubbio ell'e Angelica bella. E perche era cortese, e n'avea forse non men dei dui eugini17 il petto caldo, l'aiuto che potea, tutto le porse, pur come avesse l'elmo, ardito e baldo: trasse la spada, e minacciando corse dove poco di lui temea Rinaldo. Piü volte18 s'eran giä non pur veduti, m'al paragon19 de l'arme conosciuti. Cominciär quivi una crudel battaglia, come a pie si trovär, coi brandi ignudi: non che le piastre e la minuta maglia20. ma ai colpi lor non reggerian gl'incudi21. Or, mentre l'un con l'altro si travaglia, bisogna al palafren che '1 passo studi22; che quanto puo menar de le calcagna, colei lo caccia al bosco e alia campagna. Poi che s'affaticar gran pezzo invano ■ duo guerrier per por l'un l'altro sotto, quando2' non meno era con Tanne in mano questo di quel, ne quel di questo dotto; jj/f Orlando Furíoso fu primiero il signor di Montalbano, cn al cavallier di Spagna řece motto, si come quel c'ha nel cor tanto fuoco, che tutto n'arde e non ritrova loco 24. Disse al pagan: - Me sol creduto avrai2', e pur avrai te meco ancora oífeso: se questo26 avvien perché i fulgenti rai del nuovo sol ťabbino il pctto acceso, di farmi qui tardar che guadagno hai? che quando ancor tu nťabbi morto o preso, non pero tua la bella donna fia; che, mentre noi tardiam27, se ne va via. Quanto fia meglio, amandola tu ancora, che tu le venga a traversar la strada, a ritenerla e farle far dimora, prima che piú lontana se ne vada! Come 1'avremo in potestate, allora di ch'esser de' si provi con la spadá: non so altrimenti, dopo un lungo affanno, che possa riuscirci altro che danno. - Al pagan la proposta non dispiacque: cosi fu differita la tenzone; e tal tregua tra lor subito nacque, sí l'odio e l'ira va in oblivíone, che '1 pagano al partir da le fresche acque conPreghiinvita2«,etalf.ntoghe.ngropP '.'ořme ďAngelica galoppa- ^ e per Oh gran ~ ErS»^erandiféd,v«.. esisenn.nJegliaspr.colp-;^ peIu,.a lapena ancod«^ui "rescntaztimc E come quei che non sapean se 1'una o 1'altra via facesse la donzella (pero che senza ditferenzia aleuna apparia in amendue 1'orma novella30), si messero ad arbitrio di fortuna, Rinaldo a questa, il Saracino a quella" Pel bosco Ferraú molto sawolse32, e ritrovošši al fine onde si tolse33. 29 Uessere «di fé diversi» non significa molto di piú, nel Furíoso, che il diverso colore dei pezzi in una scacchiera. I tempi delle Crociate in cui il ciclo dei Paladini aveva assun-to un valore simbolico di lotta per la vita e per la mořte tra la Cristianitá e 1'lslam, sono lontani. In veritá nessun passo avanti sembra si sia fatto per comprendere gli «altri», gli «infedeli», i «Mori»: si continua a parlare dei Maomettani come di «pagani» e adoratori di idoli, si attribuisce loro il culto ďuna strampalata trinitá mitologica (Apollo, Macone e Trivigante). Pero essi sono rappresentati su un piano di parita con i Cristiani per quel che riguarda il valore e la ci-viltá; e senza quasi nessuna caratterizzazione esotica, o no-tazione di costumi diversi da quelli ďOccidente. (Notazio-ni esotiche che pur erano presenti in Boiardo, il quale rappresentava i Saracini sdraiati «come mastini - Sopra a tapeti; come é lor usanza - Sprezando seco il costume di Franza»). Sono dei signoři feudali tal quale i cavalieri cristiani, e neanche li distingue la convenzionale differenzia zione delle uniformi negli eserciti moderní, perché qui gli awersari si contendono e scambiano sempře le stesse co-razze e elmi e armi e cavalcature. In realta «i Mori» sono unentitá fantastica per la quale non vale alcun riferimento storico o geografico. Ma non un entita astratta: anzi, si direbbe che nel «campo nemico* tutto sia piú conereto e caratterizzato e corposo, a comin-ciare dal diretto antagonista ďOrlando: Rodomonte. stonci della letteratura hanno molto discusso su qua- 30 ürtando Furtoso Prt'Sťtitaztone iro smi le era l'atteggiamento di Anosto verso il passato medi che e la materia del suo poema, e in particolare verso I valleria. Pur vedendo le gesta dei suoi eroi attraverso [\* nia e la trasfigurazione favolosa, egli non tende mai a ' nuire le virtu cavalleresche, non abbassa mai la statu umana che quegli ideali presuppongono, anche se a luj ' mai pare non resti altro che fame pretesto per un gjo« grandioso e appassionante. Ariosto sembra un poeta limpido, ilare e senza problemi eppure resta misterioso: nella sua ostinata maestria a co struire ottave su ottave sembra occupato soprattutto a na scondere se stesso. Egli e certo lontano dalla tragica profonditä che avrä Cervantes, quando un secolo dopo, nd Don Chisciotte, compira la dissoluzione della letteratura ca-valleresca. Ma tra i pochi libri che si salvano, quando il cu rato e il barbiere dänno alle fiamme la biblioteca che ha -ondotto alia follia Thidalgo della Mancia c e il Furioso... i. L'ottava Dall'inizio XOrlando Furioso si annuncia come il Poema^ movimento, o meglio, annuncia il particolare tipo dnriov| mento che lo percorrera da cima a fondo, movimento ^ nee spezzate, a zig zag. Potremmo tracciare il J2£2^fifr divergere di queste linee su una mappa d burop caTrhTiiTbasterebbeVdefinirli il pnmo canto ^ guimenti, disguidi, fortuiti incontn, smarr.me^, menti di programma. „• i aalojsf1 E con questo zig zag tracciato da.caval1 o.^-dalle mtermittif^rel cuore umano che ve ; ^ ti nello spirito del poema; il piaeere ^1 ^dispon . ne si mescola subito a un senso di largne no lita dello spazio e del tempo. II Proce j'Ariost* 5 solo degl'inseguitori d'Angelica ma pur rebbe che il poeta, cominciando la sua narrazione, non co nosca ancora il piano dell'intreccio che in seguito lo gm derii con puntuale premeditazione, ma una cosa abbia giä peifettamente chiara: questo slancio e insieme quest'agio nd raccontare, cioě quello che potremmo definire - con un termine pregno di significati - il mo^cnip errante^della poesia dell'Ariosto. Tali caratteristiche dello spazio ariostesco possiamo indi-viduarle sulla scala del poema intero o dei singoli canti cosi come su una scala piú minuta, quella della strofa o del verso. Hottava ě la misura nella quale meglio riconosciamo ciô che l'Ariosto ha d'inconfondibile: nell'ottava Ariosto ci si rigira come vuole, ci sta di casa, il suo miracolo ě fatto so prattutto di disinvoltura. Per due ragioni soprattutto: una intrinseca dell'ottava cioě d'una_strofa che si presta a discorsi anche lunghi_g_ad alternare toni sublimi e lirici con toni prosastici e giocosi, e una intrinseca del modo di poetare d Ariosto che non ě te-nuto a limiti di nessun genere, non si ě posto come Dante una jggola di simmetria che lo obblighi a un numero di canti prestabilito, e a un numero di strofe in ogni canto (il canto piú breve ha 72 ottave; quello piú lungo 199) e soprattutto non si ě proposto una rigida ripartizione della materia. Il poeta puô prendersela comoda, se vuole, impiegare piú strofe per dire qualcosa che altri direbbe in un verso, oppu-re concentrare in un verso quel che potrebbe esser materia d'un lungo discorso. II segreto dell'ottava ariostesca sta nel seguire il vario rit-mo del linguaggio parlato, nell'abbondanza di quelli che fu-rono definiti gli «accessori inessenziali del linguaggio», cosi come nella sveltezza della battuta ironica; ma il registro col-loquiale ě solo uno dei tanti suoi, che vanno dal lirico al tra-gico alio gnomico e che possono coesistere nella stessa strata. Anosto puô essere d'una concisione memorabile: molti suoi versi sono diventati proverbiali: ecco il giudicio uman come spesso erraf oppure: oh gran bonta dei cavalieri and- 32 Onando ťunow qui!, ma non ě solo con queste parcntesi che cgli ilttu . suoi cambiarnenti di velocitä. Va detto che la struttura st« sa dell'ottava si londa su una discontinuity di ritrno: aii* versi legati da una coppia di rime alterne succeďono i ď"U{ verü a Firne baciate, cdn im effetto che oggi definírcmííSoí anticlimax, di brusco mutamento non solo ritmico mg A "cfima psicologico e intellettüäle, dal cöTtö al rjopolar« dalľevocativo al comlco. Naturatniente con questi risvolti delia strofa Ariostojdo. ca da par suo, nia il gioco potrebbe divcntare monotone, senza ľagilitä del poeta nel movimentare l'ottava, introdu-cendo le pause, i pun ti fermi in posizioni diverse, adattandu diverse andature sintattiehe alio schema metrico, alteman-do periodi lunghi a periodi brevi, spezzando la strofa e in qualche caso allacciandone una alľaltra, cambiando di con-tinuo i tempi delia narrazione, saltando dal passato remoto all'imperfetto al presente al future, creando insomma una s^c^iojied^^ ddra.ccpj^a, La parola «gioco» ě tomata piú voľte nel nostro discorso. Ma non si deve dimenticare ehe i giochi, da quelli infantilis quelli degli adulti, hanno sempře un fondamento serio, so-no soprattutto tecniche ďaddestramento di facoltä c attitu-dini ehe saranno necessarie nella vita. Quello d'Ariosto ě il gioco ď una societa che si sente elaboratrice e depositaria di una visione del mondo, ma sente anche farsi il vuoto sotto i suoi piedi, tra scricchiolii di terremoto. II quarantesimosesto ed ultimo canto s'aprirä con ľenu-merazione ď una.folia di persone ehe ě la vera dediča del r»-rioso (piú delia dediča ďobbligo a Ippolito «generosa Erciij lea prole» posta ad apertura del primo canto). La nave J poema sta arrivando in porto e ad accoglierla trova schiera sul molo le dame piú belle e gentili delle cittä italiane e ici valieri e i poeti e i dotti. Ě una rassegna di nomi e rapi* p fili di suoi contemporanei e amici quella ehe Ariosto trace ^ e il suo pubblico perfetto e insieme un'immagine di so^, ideale. II poeflia_e^ce_da_se stesso, si definisce attrav^ Prcscntaxione 3i gioccchcsiriconoscerannoinesso. u-ÄtS>V0«diS lT°(ampiamente rielab°™> <* NazionTne T%8 ľ'í'.'l* °nda daUa Rai' Pr°" Na"ni de Stefani 'ana Letter*«a Documento diretta da