m Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 39% □ABC -estes° Sab 16:03 © ~ • C |1 ~ H Le citta invisibili AA Q. h Kublai Kan s'era accorto che le citťa di Marco Polo s'assomi-gliavano, come se il passaggio dall'una alValtra non impli-casse un viaggio ma uno scambio ďelementi. Adesso, da ogni cittä che Marco gli descriveva, la mentě del Gran Kan partiva per suo conto, e smontata la cittä pezzo per pezzo, la rico-struiva in un altro modo, sostituendo ingredienti, spostandoli, invertendoli. Marco intanto continuava a riferire del suo viaggio, ma Vimperatore non lo stava piú a sentire, lo interrompeva: - D'ora in avanti sarb io a descrivere le citta e tu verifiche-rai se esistono e se sono come io le ho pensate. Comincerb a chiederti ďuna citta a scale, esposta a scirocco, su un golfo a mezzaluna. Ora dirb qualcuna delle meraviglie che contiene: una vasca di vetro alta come un duomo per seguire il nuoto e il volo dei pesci-rondine e trarne auspici; una palma che con le foglie al vento suona Varpa; una piazza con intorno una tavola di marmo a ferro di cavallo, con la tovaglia pure in marmo, imbandita con cibi e bevande tutti in marmo. ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 39% CO q ABC - esteso Sab 16:03 © ~ • o| = | Le cittä invisibili - Sire, eri distratto. Di questa cittä appunto ti stavo rac-contando quando m'hai interrotto. - La conosci? Dov'e? Qual e il suo nome? - Non ha nome ne luogo. Ti ripeto la ragione per cui la descrivevo: dal numero delle cittä immaginabili occorre esclu-dere quelle i cui dementi si sommano senza unfile- che Ii con-netta, senza una regola interna, una prospettiva, un discorso. E delle cittä come dei sogni: tutto Vimmaginabile pub essere sognato ma anche il sogno piü inatteso e un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le cittä come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso e segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un'altra. - Io non ho desideri ne paure, - dichiarb il Kan, - e i miei sogni sono composti o dalla mente o dal caso. - Anche le cittä credono d'essere opera della mente o del caso, ma ne I'una ne I'altro bastano a tener su le loro mura. D'una cittä non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dä a una tua domanda. - O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge. Le cittä e il desiderio. 5. Di lä, dopo sei giorni e sette notti, l'uomo arriva a Zobeide, cittä bianca, ben esposta alia luna, con vie che girano su se Stesse come in un gomitolo. Questo si rac-conta della sua fondazione: uomini di nazioni diverse ebbero un sogno uguale, videro una donna correre di notte per una cittä sconosciuta, da dietro, coi capelli lun-ghi, ed era nuda. Sognarono d'inseguirla. Gira gira ognuno la perdette. Dopo il sogno andarono cercando quella cittä; non la trovarono ma si trovarono tra loro; decisero di costruire una cittä come nel sogno. Nella disposizione delle strade ognuno rifece il percorso del suo inseguimento; nel punto in cui aveva perso le tracce della fuggitiva ordinö diversamente che nel sogno gli spazi e le mura in modo che non gli potesse piü scappa-re. Questa fu la cittä di Zobeide in cui si stabilirono aspettando che una notte si ripetesse quella scena. Nes-suno di loro, ne nel sonno ne da sveglio, vide mai piü la © Torna alia pagina 85 Pagina 117 Pagina 118 1 pagina rimanente nel capitolo É Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ ^ <5> 4))) 39% CO Q ABC - esteso Sab 16:03 Q, q \= • o| = | Le cittä invisibili donna. Le vie delia cittä erano quelle in cui essi anda-vano al lavoro tutti i giorni, senza piú nessun rapporto con ľinseguimento sognato. Che del resto era giä dimenticato da tempo. Nuovi uomini arrivarono da altri paesi, avendo avuto un sogno come il loro, e nella cittä di Zobeide riconosce-vano qualcosa delle vie del sogno, e cambiavano di posto a porticati e a scale perché somigliassero di piú al cammino delia donna inseguita e perché nel punto in cui era sparita non le restasse via di scampo. I primi arrivati non capivano che cosa attraesse que-sta gente a Zobeide, in questa brutta cittä, in questa trappola. Le cittä e i segni. 4. Di tutti i cambiamenti di lingua che deve affrontare il viaggiatore in terre lontane, nessuno uguaglia quello che lo attende nella cittä di Ipazia, perché non riguarda le parole ma le cose. Entrai a Ipazia un mattino, un giar-dino di magnólie si specchiava su lagúne azzurre, io andavo tra le siepi sicuro di scoprire belie e giovani dame fare il bagno: ma in fondo alľacqua i granchi mor-devano gli occhi delle suicide con la pietra legáta al collo e i capelli verdi ďalghe. Mi sentii defraudato e volli chiedere giustizia al sultáno. Salii le scale di porfido del palazzo dalle cupole piú alte, attraversai sei cortili di maiolica con zampilli. La sala nel mezzo era sbarrata da inferriate: i forzati con nere catene al piede issavano rocce di basalto da una cava che s'apre sottoterra. Non mi restava che interrogare i filosofi. Entrai nella grande biblioteca, mi persi tra scaffali che crollavano sotto le rilegature in pergamena, seguii l'ordine alfabe- © Torna alia pagina 85 Pagina 119 Pagina 120 2 pagine rimanenti nel capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 39% CO QABC-esteso Sab 16:04 C\ © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h tico ďalfabeti scomparsi, su e giú per corridoi, scalette e ponti. Nei piú remoto gabinetto dei papiri, in una nuvola di fumo, mi apparvero gli occhi inebetiti ďun adolescente sdraiato su una stuoia, che non staccava le labbra da una pipa ďoppio. - Dov'ě il sapiente? - II fumatore indicó fuori della finestra. Era un giardino con giochi infantili: i birilli, l'al-talena, la trottola. II filosofo sedeva sul prato. Disse: - I segni formano una lingua, ma non quella che credi di conoscere -. Capii che dovevo liberarmi dalle immagini che fin qui m'avevano annunciato le cose che cercavo: solo allora sarei riuscito a intendere il linguaggio di Ipa-zia. Ora bašta che senta nitrire i cavalli e schioccare le fru-ste e giá mi prende una trepidazione amorosa: a Ipazia devi entrare nelle scuderie e nei maneggi per vedere le belle donne che montano in sella con le cosce nude e i gambali sui polpacci, e appena s'avvicina un giovane straniero lo rovesciano su mucchi di fieno o di segatura e lo premono con i saldi capezzoli. E quando il mio animo non chiede altro alimento e stimolo che la musica, so che va cercata nei cimiteri: i suonatori si nascondono nelle tombe; da una fossa all'al-tra si rispondono trilli di flauti, accordi ďarpe. Certo anche a Ipazia verrá il giorno in cui il solo mio desiderio sará partire. So che non dovró scendere al porto ma salire sul pinnacolo piú alto della rocca ed aspettare che una nave passi lassú. Ma passerá mai? Non c'ě linguaggio senza inganno. © Torna alia pagina 85 Pagina 121 Pagina 122 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 39% CO QABC-esteso Sab 16:04 q ■= • o| = | Le cittä invisibili Le cittä sottili. 3. Se Armilla sia cosi perche incompiuta o perche demoli-ta, se ci sia dietro un incantesimo o solo un Capriccio, io lo ignore Fatto sta che non ha muri, ne soffitti, ne pavi-menti: non ha nulla che la faccia sembrare una cittä, eccetto le tubature dell'acqua, che salgono verticali dove dovrebbero esserci le case e si diramano dove dovreb-bero esserci i piani: una foresta di tubi che finiscono in rubinetti, docce, sifoni, troppopieni. Contro il cielo bian-cheggia qualche lavabo o vasca da bagno o altra maioli-ca, come frutti tardivi rimasti appesi ai rami. Si direbbe che gli idraulici abbiano compiuto il loro lavoro e se ne siano andati prima dell'arrivo dei muratori; oppure che i loro impianti, indistruttibili, abbiano resistito a una catastrofe, terremoto o corrosione di termiti. Abbandonata prima o dopo esser stata abitata, Armilla non puö dirsi deserta. A qualsiasi ora, alzando gli occhi tra le tubature, non e raro scorgere una o molte giovani donne, snelle, non alte di statura, che si crogio- lano nelle vasche da bagno, che si inarcano sotto le docce sospese sul vuoto, che fanno abluzioni, o che s'asciugano, o che si profumano, o che si pettinano i lun-ghi capelli alio specchio. Nel sole brillano i fill d'acqua sventagliati dalle docce, i getti dei rubinetti, gli zampilli, gli schizzi, la schiuma delle spugne. La spiegazione cui sono arrivato e questa: dei corsi d'acqua incanalati nelle tubature d'Armilla sono rimaste padrone ninfe e naiadi. Abituate a risalire le vene sotter-ranee, e stato loro facile inoltrarsi nel nuovo regno acquatico, sgorgare da fonti moltiplicate, trovare nuovi specchi, nuovi giochi, nuovi modi di godere dell'acqua. Puö darsi che la loro invasione abbia scacciato gli uomi-ni, o puö darsi che Armilla sia stata costruita dagli uomini come un dono votivo per ingraziarsi le ninfe offese per la manomissione delle acque. Comunque, adesso sembrano contente, queste donnine: al mattino si sentono cantare. © Torna alia pagina 85 Pagina 123 Pagina 124 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 39% CO QABC-esteso Sab 16:04 C\ © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h Le cittä e gli scambi. 2. A Cloe, grande cittá, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano. Passa una ragazza che fa girare un parasole appog-giato alia spalla, e anche un poco il tondo delle anche. Passa una donna nerovestita che dimostra tutti i suoi anni, con gli occhi inquieti sotto il velo e le labbra tre-manti. Passa un gigante tatuato; un uomo giovane coi capelli bianchi; una nana; due gemelle vestite di cor alio. Qualcosa corre tra loro, uno scambiarsi di sguardi come linee che collegano una figura all'altra e disegnano frecce, Stelle, triangoli, finché tutte le combinazioni in un attimo sono esaurite, e altri personaggi entrano in scena: un cieco con un ghepardo alia catena, una cortigiana col ventaglio di piume di struzzo, un efebo, una donna-can-none. Cosi tra chi per caso si trova insieme a ripararsi dalla pioggia sotto il portico, o si accalca sotto un ten-done del bazar, o sosta ad ascoltare la banda in piazza, si consumano incontri, seduzioni, amplessi, orge, senza che ci si scambi una parola, senza che ci si sfiori con un dito, quasi senza alzare gli occhi. Una vibrazione lussuriosa muove continuamente Cloe, la piu casta delle cittá. Se uomini e donne comin-ciassero a vivere i loro effimeri sogni, ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d'inseguimenti, di finzioni, di malintesi, d'urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe. Torna alia pagina 85 Pagina 125 Pagina 126 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 q ■= • o| = | Le cittä invisibili Le cittä e gli occhi. 1. Gli antichi costruirono Valdrada sulle rive d'un lago con case tutte verande una sopra l'altra e vie alte che affac-ciano sull'acqua i parapetti a balaustra. Cosi il viaggia-tore vede arrivando due cittä: una diritta sopra il lago e una riflessa capovolta. Non esiste o avviene cosa nel-l'una Valdrada che l'altra Valdrada non ripeta, perche la cittä fu costruita in modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio, e la Valdrada giü nell'acqua contiene non solo tutte le scanalature e gli sbalzi delle facciate che s'elevano sopra il lago ma anche l'interno delle stanze con i soffitti e i pavimenti, la prospettiva dei corridoi, gli specchi degli armadi. Gli abitanti di Valdrada sanno che tutti i loro atti sono insieme quell'atto e la sua immagine speculare, cui appartiene la speciale dignitä delle immagini, e questa loro coscienza vieta di abbandonarsi per un solo istante al caso e all'oblio. Anche quando gli amanti dänno volta ai corpi nudi pelle contro pelle cercando come mettersi per prendere l'uno dall'altro piu piacere, anche quando gli assassini spingono il coltello nelle vene nere del collo e piu sangue grumoso trabocca piu affondano la lama che scivola tra i tendini, non e tanto il loro accoppiarsi o trucidarsi che importa quanto 1'accoppiarsi o trucidarsi delle loro immagini limpide e fredde nello specchio. Lo specchio ora accresce il valore alle cose, ora lo nega. Non tutto quel che sembra valere sopra lo specchio resiste se specchiato. Le due citta gemelle non sono uguali, perche nulla di cib che esiste o avviene a Valdrada e simmetrico: a ogni viso e gesto rispondono dallo specchio un viso o gesto in verso punto per punto. Le due Valdrade vivono l'una per l'altra, guardandosi negli occhi di continuo, ma non si amano. © Torna alia pagina 85 Pagina 127 Pagina 128 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ % <5> 4>)) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 q ■= • o • ti ;= H Le cittä invisibili sogno risponde al vero. - Perdonami, signore: non c'e dubbio che presto o tardi m'imbarcherb a quel molo, - dice Marco, - ma non tornerb a riferirtelo. La cittä esiste e ha un semplice segreto: conosce solo partenze e non ritorni. 11 Gran Kan ha sognato una cittä: la descrive a Marco Polo: - II porto e esposto a settentrione, in ombra. Le banchine sono alte sull'acqua nera che sbatte contro le murate; vi scen-dono scale di pietra scivolose d'alghe. Barche spalmate di catrame aspettano all'ormeggio i partenti che s'attardano sulla calata a dire addio alle famiglie. I commiati si svolgono in silenzio ma con lacrime. Fa freddo; tutti portano scialli sulla testa. Un richiamo del barcaiolo tronca gli indugi; il viaggiatore si rannicchia a prua, s'allontana guardando verso il capannello dei rimasti; da riva giä non si distinguono i lineamenti; c'e foschia; la barca accosta un bastimento all'an-cora; sulla scaletta sale una figura rimpicciolita; sparisce; si sente alzare la catena arrugginita che raschia contro la cubia. 1 rimasti s'affacciano agli spalti sopra la scogliera del molo, per seguire con gli occhi la navefino a che doppia il capo; agi-tano un'ultima volta un cencio bianco. - Mettiti in viaggio, esplora tutte le coste e cerca questa cittä, - dice il Kan a Marco. - Poi torna a dirmi se il mio Torna alia pagina 85 Pagina 129 Pagina 130 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ *)) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h IV Le Zabbra streue sul cannello d'ambra delta pipa, la barba schiacciata contro la gorgera d'ametiste, gli aliud inarcati nervosamente nelle pantofole di seta, Kublai Kan ascoltava i resoconti di Marco Polo senza sollevare le ciglia. Erano le sere in cui un vapore ipocondriaco gravava sul suo cuore. - Le tue cittä non esistono. Forse non sono mai esistite. Per certo non esisteranno piü. Perche ti trastulli confavole conso-lanti? So bene che il mio impero marcisce come un cadavere nella palude, il cui contagio appesta tanto i corvi che lo bec-cano quanto i bambü che crescono concimati dal suo liquame. Perche non mi parli di questo? Perche menti all'imperatore dei tartari, straniero? Polo sapeva secondare I'umor nero del sovrano. - Si, Vimpero e malato e, quel che e peggio, cerca d'assuefarsi alle sue piaghe. II fine delle mie esplorazioni e questo: scrutando le tracce di felicitä che ancora s'intravvedono, ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi ac zare lo sguardo sullefioche luci lontane. © Torna alia pagina 85 Pagina 131 Pagina 132 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ ^ <5> 4))) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 O, 0 iE • o| = | Le cittä invisibili Alle volte il Kan era invece visitato da soprassalti d'eufo-ria. Si sollevava sui cuscini, misurava a lunghi passi i tappeti stesi sotto i suoi piedi sulle aiole, s'affacciava alle balaustre delle terrazze per dominare con occhio allucinato la distesa dei giardini della reggia rischiarati dalle lanterne appese ai cedri. - Eppure io so, - diceva, - che il mio impero é fatto della materia dei cristalli, e aggrega le sue molecole secondo un disegno perfetto. In mezzo al ribollire degli elementi prende forma un diamante splendido e durissimo, un'immensa mon-tagna sfaccettata e trasparente. Perché le tue impressioni di viaggio sifermano alle delusive apparenze e non colgono que-sto processo inarrestabile? Perché indugi in malinconie ines-senziali? Perché nascondi all'imperatore la grandezza del suo destino? E Marco: - Mentre al tuo cenno, sire, la cittä una e ultima innalza le sue mura senza macchia, io raccolgo le ceneri delle altre cittä possibili che scompaiono per farle posto e non potranno piú essere ricostruite né ricordate. Solo se conoscerai il residuo ďinfelicitä che nessuna pietra preziosa arriverä a risarcire, potrai computare ľesatto numero di carati cui il diamante finale deve tendere, e non sballerai i calcoli del tuo pro-getto dalľinizio. Le cittä e i segni. 5. Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai, che non si deve mai confondere la cittä col discorso che la descrive. Eppure tra ľuna e ľaltro c'é un rapporto. Se ti descrivo Olivia, cittä ricca di prodotti e guadagni, per significare la sua prosperita non ho altro mezzo che parlare di palazzi di filigrána con cuscini frangiati ai davanzali delle bifore; oltre la grata ďun patio una girandola di zampilli innaffia un prato dove un pavone bianco fa la ruota. Ma da questo discorso tu subito comprendi come Olivia é avvolta in una nuvola di fuliggine e ďunto che s'attacca alle pareti delle case; che nella ressa delle vie i rimorchi in manovra schiacciano i pedoni contro i muri. Se devo dirti delľoperositä degli abitanti, parlo delle botteghe dei sellai odorose di cuoio, delle donne che cicalano intrecciando tappeti di rafia, dei canali pensili le cui cascate muovono le pale dei mulini: ma ľimma-gine che queste parole evocano nella tua coscienza illu-minata é il gesto che accompagna il mandrino contro i © Torna alia pagina 85 Pagina 133 Pagina 134 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 40% CO qabc-esteso Sab 16:04 q ■= • o| = | Le citta invisibili aA q. n - denti della fresa ripetuto da migliaia di mani per migliaia di volte al tempo fissato per i turni di squadra. Se devo spiegarti come lo spirito di Olivia tenda a una vita libera e a una civilta sopraffina, ti parlero di dame che navigano cantando la notte su canoe illuminate tra le rive d'un verde estuario; ma e soltanto per ricordarti che nei sobborghi dove sbarcano ogni sera uomini e donne come file di sonnambuli, c'e sempre chi nel buio scoppia a ridere, da la stura agli scherzi ed ai sarcasmi. Questo forse non sai: che per dire d'Olivia non potrei tenere altro discorso. Se ci fosse un'Olivia davvero di bifore e pavoni, di sellai e tessitori di tappeti e canoe e estuari, sarebbe un misero buco nero di mosche, e per descrivertelo dovrei fare ricorso alle metafore della fuliggine, dello stridere di ruote, dei gesti ripetuti, dei sarcasmi. La menzogna non e nel discorso, e nelle cose. Le citta sottili. 4. La citta di Sofronia si compone di due mezze citta. In una c'e il grande ottovolante dalle ripide gobbe, la gio-stra con la raggiera di catene, la ruota delle gabbie gire-voli, il pozzo della morte coi motociclisti a testa in giu, la cupola del circo col grappolo dei trapezi che pende in mezzo. L'altra mezza citta e di pietra e marmo e cemen-to, con la banca, gli opifici, i palazzi, il mattatoio, la scuola e tutto il resto. Una delle mezze citta e fissa, l'altra e provvisoria e quando il tempo della sua sosta e finito la schiodano, la smontano e la portano via, per tra-piantarla nei terreni vaghi d'un'altra mezza citta. Cosi ogni anno arriva il giorno in cui i manovali stac-cano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento, smontano il ministero, il monumento, i docks, la raffineria di petrolio, l'ospedale, li caricano sui rimorchi, per seguire di piazza in piazza l'itinerario d'ogni anno. Qui resta la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre, con il grido sospeso dalla navicella dell'ot- © Torna alia pagina 85 Pagina 135 Pagina 136 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & Ž£ $ ^ 40% CO BABC-estes° Sab 16:04 q, ® • o • n ;= m Le cittä invisibili aA q. h „ tovolante a capofitto, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovra aspettare prima che ritorni la carovaná e la vita intera ricominci. Le cittä e gli scambi. 3. Entrato nel territorio che ha Eutropia per capitale, il viaggiatore vede non una cittä ma molte, di eguale gran-dezza e non dissimili tra loro, sparse per im vasto e ondulato altopiano. Eutropia e non una ma tutte queste cittä insieme; una sola e abitata, le altre vuote; e questo si fa a turno. Vi dirö ora come. II giorno in cui gli abi-tanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, e nessuno sopporta piü il suo mestiere, i suoi parenti, la sua casa e la sua via, i debiti, la gente da salutare o che saluta, allora tutta la cittadinanza decide di spostarsi nella cittä vicina che e Ii ad aspettarli, vuota e come nuo-va, dove ognuno prenderä un altro mestiere, un'altra moglie, vedrä un altro paesaggio aprendo la finestra, passerä le sere in altri passatempi amicizie maldicenze. Cosi la loro vita si rinnova di trasloco in trasloco, tra cittä che per l'esposizione o la pendenza o i corsi d'ac-qua o i venti si presentano ognuna con qualche diffe-renza dalle altre. Essendo la loro societä ordinata senza Torna alia pagina 85 Pagina 137 Pagina 138 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ ^ <5> 4))) 40% CO qabc-esteso Sab 16:04 O, 0 iE • o| = | Le cittä invisibili aA q. n - grandi differenze di ricchezza o di autorita, i passaggi da una funzione all'altra avvengono quasi senza scosse; la varieta ě assicurata dalle molteplici incombenze, tali che nello spazio d'una vita raramente uno ritorna a un mestiere che giä era stato il suo. Cosi la cittä ripete la sua vita uguale spostandosi in su e in giu sulla sua scacchiera vuota. Gli abitanti tor-nano a recitare le Stesse scene con attori cambiati; ridi-cono le Stesse battute con accenti variamente combinati; spalancano bocche alternate in uguali sbadigli. Sola tra tutte le cittä dell'impero, Eutropia permane identica a se stessa. Mercurio, dio dei volubili, al quale la cittä ě sacra, fece questo ambiguo miracolo. Le cittä e gli occhi. 2. E Tumore di chi la guarda che dä alla cittä di Zemrude la sua forma. Se ci passi fischiettando, a naso librato die-tro al fischio, la conoscerai di sotto in su: davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci cammini col mento sul petto, con le unghie ficcate neue palme, i tuoi sguardi s'impiglieranno raso terra, nei rigagnoli, i tom-bini, le resche di pesce, la cartaccia. Non puoi dire che un aspetto della cittä sia piü vero dell'altro, pero della Zemrude d'in su senti parlare soprattutto da chi se la ricorda affondando nella Zemrude d'in giü, percorrendo tutti i giorni gli stessi tratti di strada e ritrovando al mat-tino il malumore del giorno prima incrostato a pie dei muri. Per tutti presto o tardi viene il giorno in cui abbas-siamo lo sguardo lungo i tubi delle grondaie e non riu-sciamo piü a staccarlo dal selciato. II caso inverso non e escluso, ma e piü raro: perciö continuiamo a girare per le vie di Zemrude con gli occhi che ormai scavano sotto alle cantine, alle fondamenta, ai pozzi. © Torna alla pagina 85 Pagina 139 Pagina 140 • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h Le cittä e il nome. 1. Poco saprei dirti d'Aglaura fuori delle cose che gli abi-tanti stessi della citta ripetono da sempre: una serie di virtu proverbiali, d'altrettanto proverbiali difetti, qual-che bizzarria, qualche puntiglioso ossequio alle regole. Antichi osservatori, che non c'e ragione di non supporre veritieri, attribuirono ad Aglaura il suo durevole assorti-mento di qualita, certo confrontandole con quelle d'altre citta dei loro tempi. Ne 1'Aglaura che si dice ne 1'Aglaura che si vede sono forse molto cambiate da allo-ra, ma cio che era eccentrico e diventato usuale, stra-nezza quello che passava per norma, e le virtu e i difetti hanno perso eccellenza o disdoro in un concerto di virtu e difetti diversamente distribuiti. In questo senso nulla e vero di quanto si dice d'Aglaura, eppure se ne trae un'immagine solida e compatta di citta, mentre minor consistenza raggiungono gli sparsi giudizi che se ne possono trarre a viverci. II risultato e questo: la citta che dicono ha molto di quel che ci vuole per esistere, mentre la cittä che esiste al suo posto, esiste meno. Se dunque volessi descriverti Aglaura tenendomi a quanto ho visto e provato di persona, dovrei dirti che ě una cittä sbiadita, senza carattere, messa li come vien viene. Ma non sarebbe vero neanche questo: a čerte ore, in čerti scorci di stradě, vedi aprirtisi davanti il sospetto di qualcosa ďinconfondibile, di raro, magari di magnifi-co; vorresti dire cos'e, ma tutto quello che s'ě detto d'Aglaura finora imprigiona le parole e ťobbliga a ridire anziehe a dire. Percio gli abitanti credono sempre d'abitare un'A-glaura che cresce solo sul nome Aglaura e non s'aecor-gono delf Aglaura che cresce in terra. E anche a me che vorrei tener distinte nella memoria le due cittä, non resta che parlarti dell'una, perché il ricordo dell'altra, mancando di parole per fissarlo, s'ě disperso. Torna alia pagina 85 Pagina 141 Pagina 142 Ultima pagina del capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ ^ <5> 4))) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 © ~ • o| = | Le cittä invisibili cezione, esistono. Ma non posso spingere la mia operazione oltre un certo limite: otterrei delle cittä troppo verosimili per essere vere. - D'ora in avanti sarb io a descrivere le cittä, - aveva detto il Kan. - Tu nei tuoi viaggi verificherai se esistono. Ma le cittä visitate da Marco Polo erano sempre diverse da quelle pensate dall'imperatore. - Eppure io ho costruito nella mia mente un modello di cittä da cui dedurre tutte le cittä possibili, - disse Kublai. -Esso racchiude tutto quello che risponde alia norma. Siccome le cittä che esistono s'allontanano in vario grado dalla norma, mi basta prevedere le eccezioni alia norma e calcolarne le com-binazioni piu probabili. - Anch'io ho pensato un modello di cittä da cui deduco tutte le altre, - rispose Marco. - Ě una cittä fatta solo ď eccezioni, preclusioni, contraddizioni, incongruenze, controsensi. Se una cittä cosi ě quanto c'é di piu improbabile, diminuendo U numero degli elementi abnormi si accrescono le probabilita che la cittä ci sia veramente. Dunque basta che io sottragga eccezioni al mio modello, e in qualsiasi ordine proceda arriverb a trovarmi davanti una delle cittä che, pur sempre in via d'ec- Torna alia pagina 85 Pagina 143 Pagina 144 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® w ^ ^ <5> 4))) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 q q \= • n ;= m Le cittä invisibili . a n ■ Arnalrin Rn ini Re: iscrizione professor Bruni jSSS* Cara Daniela, ci sono, ho visto i messaggi purtrop... V Dall'alta balaustra äella reggia il Gran Kan guarda crescere l'impero. Prima era stata la linea dei confini a dilatarsi inglo-bando i territori conquistati, ma l'avanzata dei reggimenti incontrava plaghe semideserte, stentati villaggi di capanne, acquitrini dove attecchiva male il riso, popolazioni magre, fiumi in secca, canne. «Ě tempo che il mio impero, gia troppo cresciuto verso ilfuori, - pensava il Kan, - cominci a crescere al di dentro», e sognava boschi di melegranate mature che spaccano la scorza, zebu rosolati allo spiedo e gocciolanti lar-do, vene metallifere che sgorgano in frone di pepite luccicanti. Ora molte stagioni d'äbbondanza hanno colmato i granai. I fiumi in piena hanno trascinato foreste di travi destinate a sostenere tetti di bronzo di templi e palazzi. Carované di schiavi hanno spostato montagne di marmo serpentino attra-verso il continente. II Gran Kan contempla un impero rico-perto di cittä che pesano sulla terra e sugli uomini, stipato di ricchezze e d'ingorghi, stracarico d'ornamenti e d'incombenze, complicato di meccanismi e di gerarchie, gonfio, teso, greve. Torna alia pagina 85 Pagina 145 Pagina 146 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 40% CO QABC-esteso Sab 16:04 O, O iE • o| = | Le cittä invisibili «E il suo stesso peso che sta schiacciando l'impero», pensa Kublai, e nei suoi sogni ora appaiono cittä leggere come aqui-loni, cittä traforate come pizzi, cittä trasparenti come zanza-riere, cittä nervatura di foglia, cittä linea della mano, cittä filigrana da vedere attraverso il loro opaco efittizio spessore. - Ti racconterb cosa ho sognato stanotte, - dice a Marco. -In mezzo a una terra piatta e gialla, cosparsa di meteoriti e massi erratici, vedevo di lontano elevarsi le guglie d'una cittä dai pinnacoli sottili, fatti in modo che la Luna nel suo viaggio possa posarsi ora sull'uno ora sull'altro, o dondolare appesa ai cavi delle gm. E Polo: - La cittä che hai sognato e Lalage. Questi inviti alla sosta nel cielo notturno i suoi abitanti disposero perche la Luna conceda a ogni cosa nella cittä di crescere e ricrescere senzafine. - C'e qualcosa che tu non sai, - aggiunse il Kan. - Ricono-scente la Luna ha dato alla cittä di Lalage un privilegio piü raro: crescere in leggerezza. Le cittä sottili. 5. Se volete credermi, bene. Ora diro come e fatta Ottavia, citta-ragnatela. C'e un precipizio in mezzo a due monta-gne scoscese: la citta e sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traver-sine di legno, attenti a non mettere il piede negli inter-valli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'e niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede piu in basso il fondo del bur-rone. Questa e la base della citta: una rete che serve da pas-saggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferi-che, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo. Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia e meno incerta che in altre citta. Sanno che piu di tanto la © Torna alla pagina 85 Pagina 147 Pagina 148 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & Ž£ $ ^ 40% CO BABC-estes° Sab 16:05 q, © • o • D ;= n Le cittä invisibili aA q. ä" rete non regge. Le cittä e gli scambi. 4. A Ersilia, per stabilire i rapporti ehe reggono la vita delia cittä, gli abitanti tendono dei hli tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e-neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorita, rappresentanza. Quando i fili sono tanti ehe non ci si puó piú passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i soste-gni dei fili. Dalla costa ďun monte, accampati con le masserizie, i profughi di Ersilia guardano ľintrico di fili tesi e pali ehe s'innalza nella pianura. É quello ancora la cittä di Ersilia, e loro sono niente. Riedificano Ersilia altrove. Tessono con i fili una figúra simile ehe vorrebbero piú complicata e insieme piú regolare delľaltra. Poi ľabbandonano e trasportano ancora piú lontano sé e le case. Čosi viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle cittä abbandonate, senza le mura ehe non Torna alia pagina 85 Pagina 149 Pagina 150 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W =1 > <5> 4))) 41% CO q ABC - esteso Sab 16:05 © ~ • o| = | Le cittä invisibili durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare: ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma. Le cittä e gli OCchi. 3. Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie, chi va a Bauci non riesce a vederla ed e arrivato. I sottili trampoli che s'alzano dal suolo a gran distanza l'uno dall'altro e si perdono sopra le nubi sostengono la cittä. Ci si sale con scalette. A terra gli abitanti si mostrano di rado: hanno giä tutto l'occorrente lassü e preferiscono non scendere. Nulla della cittä tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui si appoggia e, nelle giornate luminose, un'ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame. Tre ipotesi si dänno sugli abitanti di Bauci: che odino la Terra; che la rispettino al punto d'evitare ogni contat-to; che la amino com'era prima di loro e con cannoc-chiali e telescopi puntati in giü non si stanchino di passarla in rassegna, foglia a foglia, sasso a sasso, formica per formica, contemplando affascinati la propria assenza. © Torna alia pagina 85 Pagina 151 Pagina 152 Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ^ |£ $ 4))) 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h Le cittä e il nome. 2. Dei di due specie proteggono la cittä di Leandra. Gli uni e gli altri sono cosi piccoli ehe non si vedono e cosi numerosi ehe non si possono contare. Gli uni stanno sulle porte delle case, all'interno, vicino all'attaccapanni e al portaombrelli; nei traslochi seguono le famiglie e s'installano nei nuovi alloggi alia consegna delle chiavi. Gli altri stanno in cucina, si nascondono di preferenza sotto le pentole, o nella cappa del camino, o nel riposti-glio delle scope: fanno parte delia casa e quando la fami-glia che ci abitava se ne va, loro restano coi nuovi inquilini; forse erano giä li quando la casa non c'era ancora, tra ľerbaccia dell'area fabbricabile, nascosti in un barattolo arrugginito; se si butta giú la casa e al suo posto si costruisce un casermone per cinquanta famiglie, ce li si ritrova moltiplicati, nella cucina d'altrettanti appartamenti. Per distinguerli, chiameremo Penati gli uni e gli altri Lari. In una casa, non ě detto che i Lari stiano sempre coi Lari e i Penati coi Penati: si frequentano, passeggiano insieme sulle cornici di stucco, sui tubi dei termosifoni, commentano i fatti delia famiglia, ě facile che litighino, ma possono pure andar ďaccordo per degli anni; a vederli tutti in fila non si distingue quale ě ľuno e quale ě ľaltro. I Lari hanno visto passare tra le loro mura Penati delle piú diverse provenienze e abitudini; ai Penati tocca farsi un posto gomito a gomito coi Lari ďil-lustri palazzi decaduti, pieni di sussiego, o coi Lari di baracche di latta, permalosi e difhdenti. La vera essenza di Leandra ě argomento di discus-sioni senza fine. I Penati credono ďessere loro ľanima delia cittä, anche se ci sono arrivati ľanno scorso, e di portarsi Leandra con sé quando emigrano. I Lari consi- derano i Penati ospiti prowisori, importuni, invadenti; la vera Leandra ě la loro, che dä forma a tutto quello che contiene, la Leandra che era li prima che tutti questi intrusi arrivassero e resterä quando tutti se ne saranno andati. In comune hanno questo: che su quanto succede in famiglia e in cittä trovano sempre da ridire, i Penati tirando in ballo i vecchi, i bisnonni, le prozie, la famiglia ďuna volta, i Lari ľambiente com'era prima che lo rovi-nassero. Ma non ě detto che vivano solo di ricordi: alma-naccano progetti sulla carriera che faranno i bambini da Torna alia pagina 85 Pagina 153 Pagina 154 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W =1 > <5> 4))) 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 © ;= • o| = | Le cittá invisibili grandi (i Penáti), su cosa potrebbe diventare quella casa o quella zona (i Lari) se fosse in buone mani. A tendere Le cittá e i morti. 1. 1'orecchio, specie di notte, nelle case di Leandra, li senti parlottare fitto fitto, darsi sulla voce, rimandarsi motteg-gi, sbuffi, risatine ironiche. A Melania, ogni volta che si entra nella piazza, ci si trova in mezzo a un dialogo: il soldato millantatore e il parassita uscendo da una porta s'incontrano col giovane scialacquatore e la meretrice; oppure il padre avaro dalla soglia fa le ultime raccomandazioni alia figlia amorosa ed e interrotto dal servo sciocco che va a portare un biglietto alia mezzana. Si ritorna a Melania dopo anni e si ritrova lo stesso dialogo che continua; nel frattempo sono morti il parassita, la mezzana, il padre avaro; ma il soldato millantatore, la figlia amorosa, il servo sciocco hanno preso il loro posto, sostituiti alia loro volta dall'i-pocrita, dalla confidente, dall'astrologo. La popolazione di Melania si rinnova: i dialoganti muoiono a uno a uno e intanto nascono quelli che pren-deranno posto a loro volta nel dialogo, chi in una parte chi nell'altra. Quando qualcuno cambia di parte o abbandona la piazza per sempre o vi fa il suo prvnn ingresso, si producono cambiamenti a catena, fii © Torna alia pagina 85 Pagina 155 Pagina 156 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <® W I 4))) 41% CO q ABC - esteso Sab 16:05 Q, © • o • |i ;= m Le cittá invisibili aA Q. h „ grandi (i Penáti), su cosa potrebbe diventare quella casa o quella zona (i Lari) se fosse in buone mani. A tendere Torecchio, specie di notte, nelle case di Leandra, li senti parlottare fitto fitto, darsi sulla voce, rimandarsi motteg-gi, sbuffi, risatine ironiche. Le cittá e i morti. 1. A Melania, ogni volta che si entra nella piazza, ci si trova in mezzo a un dialogo: il soldato millantatore e il parassita uscendo da una porta s'incontrano col giovane scialacquatore e la meretrice; oppure il padre avaro dalla soglia fa le ultime raccomandazioni alia figlia amorosa ed e interrotto dal servo sciocco che va a portare un biglietto alia mezzana. Si ritorna a Melania dopo anni e si ritrova lo stesso dialogo che continua; nel frattempo sono morti il parassita, la mezzana, il padre avaro; ma il soldato millantatore, la figlia amorosa, il servo sciocco hanno preso il loro posto, sostituiti alia loro volta dall'i-pocrita, dalla confidente, dall'astrologo. La popolazione di Melania si rinnova: i dialoganti muoiono a uno a uno e intanto nascono quelli che pren-deranno posto a loro volta nel dialogo, chi in una parte chi nell'altra. Quando qualcuno cambia di parte o abbandona la piazza per sempre o vi fa il suo primo ingresso, si producono cambiamenti a catena, finche Torna alia pagina 85 Pagina 155 Pagina 156 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto m w a? =i > <5> 4))) 41% CO q ABC - esteso Sab 16:05 © ;= • o| = | Le cittä invisibili tutte le parti non sono distribuite di nuovo; ma intanto al vecchio irato continua a rispondere la servetta spirito-sa, ľusuraio non smette d'inseguire il giovane disereda-to, la nutrice di consolare la figliastra, anche se nessuno di loro conserva gli occhi e la voce che aveva nella scena precedente. Capita alle volte che un solo dialogante sostenga nello stesso tempo due o piú parti: tiranno, benefattore, messaggero; o che una parte sia sdoppiata, moltiplicata, attribuita a cento, a mille abitanti di Melánia: tremila per l'ipocrita, trentamila per lo scroccone, centomila figli di re caduti in bassa fortuna che attendono il riconosci-mento. Col passare del tempo anche le parti non sono piú esattamente le stesse di prima; certamente l'azione che esse mandano avanti attraverso intrighi e colpi di scena porta verso un qualche scioglimento finale, cui continua ad avvicinarsi anche quando la matassa pare ingarbu-gliarsi di piú e gli ostacoli aumentare. Chi s'affaccia alia piazza in momenti successivi sente che d'atto in atto il dialogo cambia, anche se le vite degli abitanti di Melánia sono troppo brevi per accorgersene. Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. - Ma qual e la pietra che sostiene il ponte? - chiede Kublai Kan. - II ponte non ě sostenuto da questa o quella pietra, -risponde Marco, - ma dalla linea dell'arco che esse formano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: -Perché mi parli delle pietre? Ě solo dell'arco che m'importa. Polo risponde: - Senza pietre non c'e arco. © Torna alia pagina 85 Pagina 157 Pagina 158 é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <® W I 4))) 41% CO q ABC - esteso Sab 16:05 Q, © • o • D ;= n Le cittá invisibili aA Q. ä" VI - Tí e mai accaduto di vedere una citťa che assomigli a que-sta? - chiedeva Kublai a Marco Polo sporgendo la mano ina-nellatafuori dal baldacchino di seta del bucintoro imperiale, a indicare i ponti ehe s'incurvano sui canali, i palazzi principe-schi le cui soglie di marmo s'immergono nelľacqua, ľandiri-vieni di battelli leggeri ehe volteggiano a zigzag spinti da lunghi remi, le chiatte ehe scaricano ceste di ortaggi sulle piazze dei mercati, i balconi, le altáne, le cupole, i campanili, i giardini delle isole ehe verdeggiano nel grigio delia laguna. Ľimperatore, accompagnato dal suo dignitario forestiero, visitava Quinsai, antica capitale di spodestate dinastie, ultima perla incastonata nella corona del Gran Kan. - No, sire, - rispose Marco, - mai avrei immaginato che potesse esistere una citťa simile a questa. Ľimperatore cercb di scrutarlo negli occhi. Lo straniero abbassb lo sguardo. Kublai restb silenzioso per tutto il giorno. Dopo il tramonto, sulle terrazze delta reggia, Marco Polo esponeva al sovrano le risultanze delle sue ambascerie. D'abi- Torna alia pagina 85 Pagina 159 Pagina 160 2 pagine rimanenti nel capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ^ $ ^ 4>)) 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h tudine il Gran Kan terminava le sue sere assaporando a occhi socchiusi questi racconti finché il suo primo sbadiglio non dava il segnale al corteo dei paggi d'accendere le fiaccole per guidare il sovrano al Padiglione dell'Augusto Sonno. Ma sta-volta Kublai non sembrava disposto a cedere alia stanchezza. -Ditnmi ancora un'altra cittä, - insisteva. - ... Dila I'uomo si parte e cavalca tre giornate tra greco e levante... - riprendeva a dire Marco, e a enumerare nomi e costumi e commerci d'un gran numero di terre. II suo reperto-rio poteva dirsi inesauribile, ma ora toccb a lui d'arrendersi. Era Volba quando disse: - Sire, ormai ti ho parlato di tutte le cittä che conosco. - Ne resta una di cui non parli mai. Marco Polo chinb il capo. - Venezia, - disse il Kan. Marco sorrise. - E di che altro credevi che ti parlassi? L'imperatore non batté ciglio. - Eppure non ti ho mai sen-titofare il suo nome. E Polo: - Ogni volta che descrivo una cittä dico qualcosa di Venezia. - Quando ti chiedo d'altre cittä, voglio sentirti dire di quelle. E di Venezia, quando ti chiedo di Venezia. - Per distinguere le qualitä delle altre, devo partire da una prima cittä che resta implicita. Per me e Venezia. - Dovresti allora cominciare ogni racconto dei tuoi viaggi dalla partenza, descrivendo Venezia cosi com'e, tutta quanta, senza omettere nulla di cib che ricordi di lei. L'acqua del lago era appena increspata; il riflesso di rame dell'antica reggia dei Sung si frantumava in riverberi scintil-lanti comefoglie che galleggiano. - Le immagini della memoria, una volta fissate con le parole, si cancellano, - disse Polo. - Forse Venezia ho paura di per-derla tutta in una volta, se ne parlo. O forse, parlando d'altre citta, I'ho gia per duta a poco a poco. Torna alia pagina 85 Pagina 161 Pagina 162 Ultima pagina del capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ^ |£ $ 4))) 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 C\ © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h Le cittä e gli scambi. 5. A Smeraldina, cittä acquatica, un reticolo di canali e un reticolo di strade si sovrappongono e s'intersecano. Per andare da un posto a un altro hai sempre la scelta tra il percorso terrestre e quello in barca: e poiché la linea piú breve tra due punti a Smeraldina non ě una retta ma uno zigzag che si ramifica in tortuose varianti, le vie che s'aprono a ogni passante non sono soltanto due ma mol-te, e ancora aumentano per chi alterna traghetti in barca e trasbordi all'asciutto. Cosi la noia a percorrere ogni giorno le stesse strade ě risparmiata agli abitanti di Smeraldina. E non ě tutto: la rete dei passaggi non ě disposta su un solo strato, ma segue un saliscendi di scalette, ballatoi, ponti a schiena d'asino, vie pensili. Combinando segmenti dei diversi tragitti sopraelevati o in superficie, ogni abitante si dä ogni giorno lo svago d'un nuovo itinerario per andare negli stessi luoghi. Le vite piú abitudinarie e tranquille a Smeraldina trascorrono senza ripetersi. A maggiori costrizioni sono esposte, qui come altro-ve, le vite segrete e avventurose. I gatti di Smeraldina, i ladri, gli amanti clandestini si spostano per vie piú alte e discontinue, saltando da un tetto all'altro, calandosi da un'altana a un verone, contornando grondaie con passo da funamboli. Piu in basso, i topi corrono nel buio delle cloache l'uno dietro la coda dell'altro insieme ai congiu-rati e ai contrabbandieri: fanno capolino da tombini e da chiaviche, svicolano per intercapedini e chiassuoli, tra-scinano da un nascondiglio all'altro croste di formaggio, mercanzie proibite, barili di polvere da sparo, attraver-sano la compattezza delia cittä traforata dalla raggera dei cunicoli sotterranei. Una mappa di Smeraldina dovrebbe comprendere, segnati in inchiostri di diverso colore, tutti questi trac-ciati, solidi e liquidi, palesi e nascosti. Piu difficile ě fis-sare sulla carta le vie delle rondini, che tagliano ľ aria sopra i tetti, calano lungo parabole invisibili ad ali ferine, scartano per inghiottire una zanzara, risalgono a spirále rasente un pinnacolo, sovrastano da ogni punto dei loro sentieri ď aria tutti i punti delia cittä. © Torna alia pagina 85 Pagina 163 Pagina 164 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ^ |£ $ ^ 4>» 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h Le citta e gli occhi. 4. Giunto a Fillide, ti compiaci d'osservare quanti ponti diversi uno dall'altro attraversano i canali: ponti a schiena d'asino, coperti, su pilastri, su barche, sospesi, con i parapetti traforati; quante varieta di finestre s'af-facciano sulle vie: a bifora, moresche, lanceolate, a sesto acuto, sormontate da lunette o da rosoni; quante specie di pavimenti coprano il suolo: a ciottoli, a lastroni, d'im-brecciata, a piastrelle bianche e blu. In ogni suo punto la citta offre sorprese alia vista: un cespo di capperi che sporge dalle mura della fortezza, le statue di tre regine su una mensola, una cupola a cipolla con tre cipolline infilzate sulla guglia. «Felice chi ha ogni giorno Fillide sotto gli occhi e non finisce mai di vedere le cose che contiene», esclami, col rimpianto di dover lasciare la citta dopo averla solo sfiorata con lo sguardo. Ti accade invece di fermarti a Fillide e passarvi il resto dei tuoi giorni. Presto la citta sbiadisce ai tuoi occhi, si cancellano i rosoni, le statue sulle mensole, le cupole. Come tutti gli abitanti di Fillide, segui linee a zigzag da una via all'altra, distingui zone di sole e zone d'ombra, qua una porta, la una scala, una panca dove puoi posare il cesto, una cunetta dove il piede inciampa se non ci badi. Tutto il resto della citta e invisibile. Fillide e uno spazio in cui si tracciano percorsi tra punti sospesi nel vuoto, la via piu breve per raggiungere la tenda di quel mercante evitando lo sportello di quel cre-ditore. I tuoi passi rincorrono cio che non si trova fuori degli occhi ma dentro, sepolto e cancellato: se tra due portici uno continua a sembrarti piu gaio e perche e quello in cui passava trent'anni fa una ragazza dalle lar-ghe maniche ricamate, oppure e solo perche riceve la luce a una cert'ora come quel portico, che non ricordi piu dov'era. Milioni d'occhi s'alzano su finestre ponti capperi ed e come scorressero su una pagina bianca. Molte sono le citta come Fillide che si sottraggono agli sguardi tranne che se le cogli di sorpresa. © Torna alia pagina 85 Pagina 165 Pagina 166 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ^ $ ^ 4>)) 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h Le cittä e il nome. 3. A lungo Pirra e stata per me una citta incastellata sulle pendici d'un golfo, con finestre alte e torri, chiusa come una coppa, con al centro una piazza profonda come un pozzo e con un pozzo al centro. Non l'avevo mai vista. Era una delle tante citta dove non sono mai arrivato, che m'immagino soltanto attraverso il nome: Eufrasia, Odi-le, Margara, Getullia. Pirra aveva il suo posto in mezzo a loro, diversa da ognuna di loro, come ognuna di loro inconfondibile agli occhi della mente. Venne il giorno in cui i miei viaggi mi portarono a Pirra. Appena vi misi piede tutto quello che immagi-navo era dimenticato; Pirra era diventata cio che e Pirra; e io credevo d'aver sempre saputo che il mare non e in vista della citta, nascosto da una duna della costa bass a e ondulata; che le vie corrono lunghe e diritte; che le case sono raggruppate a intervalli, non alte, e le sepa-rano spiazzi di depositi di legname e segherie; che il vento muove le girandole delle pompe idrauliche. Da quel momento in poi il nome Pirra richiama alia mia mente questa vista, questa luce, questo ronzio, quest'a-ria in cui vola una polvere giallina: ě evidente che signi-fica e non poteva significare altro che questo. La mia mente continua a contenere un gran numero di citta che non ho visto né vedro, nomi che portano con sé una figura o frammento o barbaglio di figura immagi-nata: Getullia, Odile, Eufrasia, Margara. Anche la citta alta sul golfo ě sempre la, con la piazza chiusa intorno al pozzo, ma non posso piu chiamarla con un nome, né ricordare come potevo darle un nome che significa tut-t'altro. Torna alia pagina 85 Pagina 167 Pagina 168 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ^ |£ $ ^ 4>» 41% CO q abc - esteso Sab 16:05 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h Le citta e i morti. 2. Mai nei miei viaggi m'ero spinto fino a Adelma. Era 1'imbrunire quando vi sbarcai. Sulla banchina il mari-naio che prese al volo la cima e la lego alia bitta somi-gliava a uno che era stato soldato con me, ed era morto. Era l'ora del mercato del pesce all'ingrosso. Un vecchio caricava una cesta di ricci su un carretto; credetti di rico-noscerlo; quando mi voltai era sparito in un vicolo, ma avevo capito che somigliava a un pescatore che, gia vecchio quando io ero bambino, non poteva piu essere tra i vivi. Mi turbo la vista d'un malato di febbri rannicchiato per terra con una coperta sulla testa: mio padre pochi giorni prima di morire aveva gli occhi gialli e la barba ispida come lui tal quale. Girai lo sguardo; non osavo fissare piu nessuno in viso. Pensai: «Se Adelma e una citta che vedo in sogno, dove non s'incontrano che morti, il sogno mi fa paura. Se Adelma e una citta vera, abitata da vivi, bastera con-tinuare a fissarli perche le somiglianze si dissolvano e appaiano facce estranee, apportatrici d'angoscia. In un caso o nell'altro e meglio che non insista a guardarli». Un'erbivendola pesava una verza sulla stadera e la metteva in un paniere appeso a una cordicella che una ragazza calava da un balcone. La ragazza era uguale a una del mio paese che era impazzita d'amore e s'era uccisa. L'erbivendola alzo il viso: era mia norma. Pensai: «Si arriva a un momento nella vita in cui tra la gente che si e conosciuta i morti sono piu dei vivi. E la mente si rifiuta d'accettare altre fisionomie, altre espres-sioni: su tutte le facce nuove che incontra, imprime i vecchi calchi, per ognuna trova la maschera che s'adatta di piu». Gli scaricatori salivano le scale in fila, curvi sotto damigiane e barili; le facce erano nascoste da cappucci di sacco; «Ora si tirano su e li riconosco», pensavo, con impazienza e con paura. Ma non staccavo gli occhi da loro; per poco che girassi lo sguardo sulla folia che gre-miva quelle straducole, mi vedevo assalito da facce ina-spettate, riapparse da lontano, che mi fissavano come per farsi riconoscere, come per riconoscermi, come se mi avessero riconosciuto. Forse anch'io assomigliavo per ognuno di loro a qualcuno che era morto. Ero appena arrivato ad Adelma e gia ero uno di loro, ero passato dalla loro parte, confuso in quel fluttuare d'occhi, di rughe, di smorfie. Torna alia pagina 85 Pagina 169 Pagina 170 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <® W I 4))) 41% CO q ABC - esteso Sab 16:06 Q, © • o • |i ;= m Le citta invisibili Pensai: «Forse Adelma e la citta cui si arriva morendo e in cui ognuno ritrova le persone che ha conosciuto. E segno che sono morto anch'io». Pensai anche: «E segno che l'aldila non e felice». Le citta e il cielo. 1. A Eudossia, che si estende in alto e in basso, con vicoli tortuosi, scale, angiporti, catapecchie, si conserva un tappeto in cui puoi contemplare la vera forma della citta. A prima vista nulla sembra assomigliare meno a Eudossia che il disegno del tappeto, ordinato in figure simmetriche che ripetono i loro motivi lungo linee rette e circolari, intessuto di gugliate dai colori splendenti, l'alternarsi delle cui frame puoi seguire lungo tutto l'or-dito. Ma se ti fermi a osservarlo con attenzione, ti per-suadi che a ogni luogo del tappeto corrisponde un luogo della citta e che tutte le cose contenute nella citta sono comprese nel disegno, disposte secondo i loro veri rapporti, quali sfuggono al tuo occhio distratto dall'an-dirivieni dal brulichio dal pigia-pigia. Tutta la confu-sione di Eudossia, i ragli dei muli, le macchie di nerofumo, l'odore di pesce, e quanto appare nella pro-spettiva parziale che tu cogli; ma il tappeto prova che c'e un punto dal quale la citta mostra le sue vere propor- Torna alia pagina 85 Pagina 171 Pagina 172 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto m w a? =i > <5> 4))) 41% CO q abc - esteso Sab 16:06 q, © ~ • o| = | Le cittä invisibili zioni, lo schema geometrico implicito in ogni suo minimo dettaglio. Perdersi a Eudossia é facile: ma quando ti concentri a fissare il tappeto riconosci la strada che cercavi in un filo cremisi o indaco o amaranto che attraverso un lungo giro ti fa entrare in un recinto color porpora che é il tuo vero punto d'arrivo. Ogni abitante di Eudossia con-fronta all'ordine immobile del tappeto una sua imma-gine della cittä, una sua angoscia, e ognuno pub trovare nascosta tra gli arabeschi una risposta, il racconto della sua vita, le svolte del destino. Sul rapporto misterioso di due oggetti cosi diversi come il tappeto e la cittä fu interrogato un oracolo. Uno dei due oggetti, - fu il responso, - ha la forma che gli dei diedero al cielo stellato e alle orbite su cui ruotano i mondi; ľaltro ne é un approssimativo riflesso, come ogni opera umana. Gli äuguri giä da tempo erano certi che ľarmonico disegno del tappeto fosse di fattura divina; in questo senso f u interpretato ľ oracolo, senza dar luogo a contro-versie. Ma alio stesso modo tu puoi trarne la conclu-sione opposta: che la vera mappa dell'universo sia la cittä d'Eudossia cosi com'é, una macchia che dilaga senza forma, con vie tutte a zigzag, case che franano una sull'altra nel polverone, incendi, urla nel buio. - ... Dunque é davvero un viaggio nella memoria, il tuo! - II Gran Kan, sempre a orecchie tese, sobbalzava sull'amaca ogni volta che coglieva nel discorso di Marco un'inflessione sospi-rosa. - E per smaltire un carico di nostalgia che sei andato tanto lontano! - esclamava, oppure: - Con la stiva piena di rimpianti fai ritorno dalle tue spedizioni! - e soggiungeva, con sarcasmo: - Magri acquisti, a dire il vero, per un mer-cante della Serenissima! Era questo il punto cui tendevano tutte le domande di Kublai sul passato e sul futuro, era da un'ora che ci giocava come il gatto col topo, efinalmente metteva Marco alle strette, piombandogli addosso, piantandogli un ginocchio sul petto, afferrandolo per la barba: - Questo volevo sapere da te: con-fessa cosa contrabbandi: stati ďanimo, stati di grazia, elegiel Er asi e attiforse soltanto pensati, mentre i due, silenziosi e immobili, guardavano salire lentamente il fumo delle loro pipe. La nuvola ora si dissolveva su un filo di vento, ora restava sospesa a mezz'aria; e la risposta era in quella nuvola. © Torna alia pagina 85 Pagina 173 Pagina 174 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ % <5> 4>)) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 q, © ~ • O • |E| Le cittä invisibili Al soffio che portava via il fumo Marco pensava ai vapori che annebbiano la distesa del mare e le catene delle montagne e al diradarsi lasciano Varia secca e diafana svelando cittä lontane. Era al di lä di audio schermo d'umori volatili che il suo sguardo voleva giungere: la forma delle cose si distingue meglio in lontananza. Oppure, la nuvola si fermava appena uscita dalle labbra, densa e lenta, e rimandava a un'altra visione: le esalazioni che ristagnano sui tetti delle metropoli, il fumo opaco che non si disperde, la cappa di miasmi che pesa sulle vie bituminöse. Non le labili nebbie della memoria né l'asciutta trasparenza, ma il bruciaticcio delle vite bruciate che forma una crosta sulle cittä, la spugna gonfia di materia vitale che non scorre piü, l'ingorgo di passato presente futuro che blocca le esi-stenze calcificate nell'illusione del movimento: questo trovavi al termine del viaggio. VII © Torna alia pagina 85 Pagina 175 Pagina 176 • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h KUBLAI: - Non so quando hai avuto il tempo di visitare tutti i paesi che mi descrivi. A me sembra che tu non ti sia mai mosso da questo giardino. POLO: - Ogni cosa che vedo e faccio prende senso in uno spazio delta mente dove regna la stessa calma di qui, la stessa penombra, lo stesso silenzio percorso da fruscii di foglie. Nel momento in cui mi concentro a riflettere, mi ritrovo sempre in questo giardino, a quest'ora delta sera, at tuo augusto cospet-to, pur seguitando senza un attimo di sosta a risalire unfiume verde di coccodrilli o a contare i barili di pesce salato che calano nella stiva. KUBLAI: - Neanch'io sono sicuro d'essere qui, a passeg-giare tra le fontane di porfido, ascoltando I'eco degli zampilli, e non a cavalcare incrostato di sudore e di sangue alia testa del mio esercito, conquistando i paesi che tu dovrai descrivere, o a mozzare le dita degli assalitori che scalano le mura d'una fortezza assediata. POLO: - Forse questo giardino esiste solo all'ombra delle nostre palpebre abbassate, e mai abbiamo interrotto, tu di sol-levare polvere sui campi di battaglia, io di contrattare sacchi di pepe in lontani mercati, ma ogni volta che socchiudiamo gli occhi in mezzo al frastuono e alia calca ci e concesso di riti-rarci qui vestiti di chimoni di seta, a considerare quello che stiamo vedendo e vivendo, a tirare le somme, a contemplare di lontano. KUBLAI: - Forse questo nostro dialogo si sta svolgendo tra due straccioni soprannominati Kublai Kan e Marco Polo, che stanno rovistando in uno scarico di spazzatura, ammuc-chiando rottami arrugginiti, brandelli di stoffa, cartaccia, e ubriachi per pochi sorsi di cattivo vino vedono intorno a loro splendere tutti i tesori dell'Oriente. POLO: - Forse del mondo e rimasto un terreno vago rico-perto da immondezzai, e il giardino pensile delta reggia del Gran Kan. Sono le nostre palpebre che li separano, ma non si sa quale e dentro e quale efuori. Torna alia pagina 85 Pagina 177 Pagina 178 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 q, © ~ • o| = | Le cittä invisibili aA q. n - Le cittä e gli occhi. 5. rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di la, che non possono staccarsi ne guardarsi. Guadato il fiume, valicato il passo, l'uomo si trova di fronte tutt'a un tratto la cittä di Moriana, con le porte d'alabastro trasparenti alia luce del sole, le colonne di corallo che sostengono i frontoni incrostati di serpentina, le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa. Se non e al suo primo viaggio l'uomo sa giä che le cittä come questa hanno un rovescio: basta percorrere un semicerchio e si avrä in vista la faccia nascosta di Moriana, una distesa di lamiera arrugginita, tela di sacco, assi irte di chiodi, tubi neri di fuliggine, mucchi di barattoli, muri ciechi con scritte stinte, telai di sedie spagliate, corde buone solo per impiccarsi a un trave marcio. Da una parte all'altra la cittä sembra continui in pro-spettiva moltiplicando il suo repertorio d'immagini: invece non ha spessore, consiste solo in un dritto e in un Torna alia pagina 85 Pagina 179 Pagina 180 Ultima pagina del capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h Le cittä e il nome. 4. Clarice, cittä gloriosa, ha una storia travagliata. Piú volte decadde e rifiori, sempre tenendo la prima Clarice come modello ineguagliabile ďogni splendore, al cui con-fronto lo stato presente delia cittä non manca di susci-tare nuovi sospiri a ogni volgere di stelle. Nei secoli di degradazione, la cittä, svuotata dalle pestilenze, abbassata di statura dai crolli di travature e cornicioni e dagli smottamenti di terriccio, arrugginita e intasata per incuria o vacanza degli addetti alla manu-tenzione, si ripopolava lentamente al riemergere da scantinati e tane d'orde di sopravvissuti che come topi brulicavano mossi dalla smania di rovistare e rodere, e pure di racimolare e raffazzonare, come uccelli che nidi-ficano. S'attaccavano a tutto quel che poteva essere tolto di dov'era e messo in un altro posto per servire a un altro uso: i tendaggi di broccato finivano a fare da len-zuola; nelle urne cinerarie di marmo piantavano il basi-lico; le griglie in ferro battuto sradicate dalle finestre dei ginecei servivano ad arrostire carne di gatto su fuochi di legna intarsiata. Messa su coi pezzi scompagnati delia Clarice inservibile, prendeva forma una Clarice delia sopravvivenza, tutta tuguri e catapecchie, rigagnoli infetti, gabbie di conigli. Eppure, delľantico splendore di Clarice non s'era perso quasi nulla, era tutto li, dispo-sto solamente in un ordine diverso ma appropriate alle esigenze degli abitanti non meno di prima. Ai tempi ďindigenza succedevano epoche piú giuli-ve: una Clarice farfalla suntuosa sgusciava dalla Clarice crisalide pezzente; la nuova abbondanza faceva traboc-care la cittä di materiali edifici oggetti nuovi; affluiva nuova gente di fuori; niente e nessuno aveva piú a che vedere con la Clarice o le Clarici di prima; e piú la nuova cittä s'insediava trionfalmente nel luogo e nel nome delia prima Clarice, piú s'accorgeva ďallontanarsi da quella, di distruggerla non meno rapidamente dei topi e delia muffa: nonostante ľorgoglio del nuovo fasto, in fondo al cuore si sentiva estranea, incongrua, usurpatrice. Ecco allora i frantumi del primo splendore che si erano salvati adattandosi a bisogne piú oscure venivano nuovamente spostati, eccoli custoditi sotto campane di vetro, chiusi in bacheche, posati su cuscini di velluto, e non piú perché potevano servire ancora a qualcosa ma Torna alla pagina 85 Pagina 181 Pagina 182 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 42% CO q ABC - esteso Sab 16:06 Q, © ~ • o| = | Le citta invisibili perche attraverso di loro si sarebbe voluto ricomporre una citta di cui nessuno sapeva piu nulla. Altri deterioramenti, altri rigogli si susseguirono a Clarice. Le popolazioni e le costumanze cambiarono piu volte; restano il nome, l'ubicazione, e gli oggetti piu dif-ficili da rompere. Ogni nuova Clarice, compatta come un corpo vivente coi suoi odori e il suo respiro, sfoggia come un monile quel che resta delle antiche Clarici frammentarie e morte. Non si sa quando i capitelli corinzi siano stati in cima alle loro colonne: solo si ricorda d'uno d'essi che per molti anni in un pollaio sostenne la cesta dove le galline facevano le uova, e di li passo al Museo dei Capitelli, in fila con gli altri esem-plari della collezione. L'ordine di successione delle ere s'e perso; che ci sia stata una prima Clarice e credenza diffusa, ma non ci sono prove che lo dimostrino; i capitelli potrebbero essere stati prima nei pollai che nei tem-pli, le urne di marmo essere state seminate prima a basilico che a ossa di defunti. Di sicuro si sa solo questo: un certo numero d'oggetti si sposta in un certo spazio, ora sommerso da una quantita d'oggetti nuovi, ora con-sumandosi senza ricambio; la regola e mescolarli ogni volta e riprovare a metterli insieme. Forse Clarice e sem-pre stata solo un tramestio di carabattole sbrecciate, male assortite, fuori uso. Le citta e i morti. 3. Non c'e citta piu di Eusapia propensa a godere la vita e a sfuggire gli affanni. E perche il salto dalla vita alia morte sia meno brusco, gli abitanti hanno costruito una copia identica della loro citta sottoterra. I cadaveri, sec-cati in modo che ne resti lo scheletro rivestito di pelle gialla, vengono portati la sotto a continuare le occupa-zioni di prima. Di queste, sono i momenti spensierati ad avere la preferenza: i piu di loro vengono seduti attorno a tavole imbandite, o atteggiati in posizioni di danza o nei gesto di suonare trombette. Ma pure tutti i commerci e i mestieri dell'Eusapia dei vivi sono all'opera sottoterra, o almeno quelli cui i vivi hanno adempiuto con piu soddisfazione che fastidio: l'orologiaio, in mezzo a tutti gli orologi fermi della sua bottega, accosta un'orecchia incartapecorita a una pendola scordata; un barbiere insapona con il pennello secco l'osso degli zigomi d'un attore mentre questi ripassa la parte scrutando il © Torna alia pagina 85 Pagina 183 Pagina 184 2 pagine rimanenti nei capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h copione con le occhiaie vuote; una ragazza dal teschio ridente munge una carcassa di giovenca. Certo molti sono i vivi che domandano per dopo morti un destino diverso da quelle- che giä toccö loro: la necropoli e affollata di cacciatori di leoni, mezzesopra-no, banchieri, violinisti, duchesse, mantenute, generali, piü di quanti mai ne conto cittä vivente. L'incombenza di aecompagnare giü i morti e siste-marli al posto voluto e affidata a una confraternita di incappucciati. Nessun altro ha accesso all'Eusapia dei morti e tutto quello che si sa di laggiü si sa da loro. Dicono che la stessa confraternita esiste tra i morti e che non manca di dar loro una mano; gli incappucciati dopo morti continueranno nello stesso ufficio anche nel-l'altra Eusapia; lasciano credere che alcuni di loro siano giä morti e continuino a andare su e giü. Certo, l'auto-ritä di questa congregazione sull'Eusapia dei vivi e molto estesa. Dicono che ogni volta che scendono trovano qualcosa di cambiato nell'Eusapia di sotto; i morti apportano innovazioni alla loro cittä; non molte, ma certo frutto di riflessione ponderata, non di capricci passeggeri. Da un anno all'altro, dicono, l'Eusapia dei morti non si ricono-sce. E i vivi, per non essere da meno, tutto quello che gli incappucciati raecontano delle novitä dei morti, vogliono farlo anche loro. Čosi l'Eusapia dei vivi ha preso a copiare la sua copia sotterranea. Dicono ehe questo non é solo adesso ehe aceade: in realtä sarebbero stati i morti a costruire l'Eusapia di sopra a somiglianza delia loro cittä. Dicono ehe nelle due cittä gemelle non ci sia piú modo di sapere quali sono i vivi e quali i morti. Torna alla pagina 85 Pagina 185 Pagina 186 Ultima pagina dei capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h Le cittä e il cielo. 2. Si tramanda a Bersabea questa credenza: che sospesa in cielo esista un'altra Bersabea, dove si librano le virtú e i sentimenti piú elevati della cittä, e che se la Bersabea terrena prenderä a modello quella celeste diventera una cosa sola con essa. Ľimmagine che la tradizione ne divulga ě quella ďuna cittä ďoro massiccio, con chia-varde ďargento e porte di diamante, una cittä-gioiello, tutta intarsi e incastonature, quale un massimo di studio laborioso pub produrre applicandosi a materie di massimo pregio. Fedeli a questa credenza, gli abitanti di Bersabea tengono in onore tutto cib che evoca loro la cittä celeste: accumulano metalli nobili e pietre r are, rinunciano agli abbandoni effimeri, elaborano forme di composita compostezza. Credono pure, questi abitanti, che un'altra Bersabea esista sottoterra, ricettacolo di tutto cib che loro occorre di spregevole e ďindegno, ed ě costante loro eura can-cellare dalla Bersabea emersa ogni legame o somiglianza con la gemella bassa. Al posto dei tetti ci si immagina che la cittä infera abbia pattumiere rovesciate, da cui fra-nano croste di formaggio, carte unte, resche, risciacqua-tura di piatti, resti di spaghetti, vecehie bendě. O che addirittura la sua sostanza sia quella oscura e duttile e densa come pece che cala giů per le cloache prolun-gando il percorso delle viscere umane, di nero buco in nero buco, fino a spiaccicarsi sulľultimo fondo sotterra-neo, e che proprio dai pigri boli acciambellati laggiú si elevino giro sopra giro gli edifici ďuna cittä fecale, dalle guglie tortili. Nelle eredenze di Bersabea e'e una parte di vero e una d'errore. Vero ě che due proiezioni di se stessa accompagnino la cittä, una celeste e una infernale; ma sulla loro consistenza ci si sbaglia. Ľinferno che cova nel piú profondo sottosuolo di Bersabea ě una cittä dise-gnata dai piú autorevoli architetti, costruita coi materiali piú cari sul mercato, funzionante in ogni suo congegno e orologeria e ingranaggio, pavesata di nappe e frange e falpalä appesi a tutti i tubi e le bielle. Intenta ad aceumulare i suoi carati di perfezione, Bersabea erede virtü cib che ě ormai un cupo invasamento a riempire il vaso vuoto di se stessa; non sa che i suoi soli momenti d'abbandono generoso sono quelli dello stac-care da sé, lasciar cadere, spandere. Pure, alio zenit di Bersabea gravita un corpo celeste che risplende di tutto © Torna alia pagina 85 Pagina 187 Pagina 188 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 42% CO q ABC - esteso Sab 16:06 Q, © ~ • o| = | Le cittä invisibili il bene della citta, racchiuso nel tesoro delle cose buttate via: un pianeta sventolante di scorze di patata, ombrelli sfondati, calze smesse, sfavillante di cocci di vetro, bottom perduti, carte di cioccolatini, lastricato di biglietti del tram, ritagli d'unghie e di calli, gusci d'uovo. La citta celeste e questa e nel suo cielo scorrono comete dalla lunga coda, emesse a roteare nello spazio dal solo atto libero e felice di cui sono capaci gli abitanti di Ber-sabea, citta che solo quando caca non e avara calcola-trice interessata. Le cittä continue. 1. La cittä di Leonia rifä se stessa tutti i giorni: ogni mat-tina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal piü perfe-zionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascol-tando le ultime filastrocche dall'ultimo modello d'apparecchio. Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d'imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pia-noforti, servizi di porcellana: piü che dalle cose che ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l'opu-lenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piut- © Torna alia pagina 85 Pagina 189 Pagina 190 2 pagine rimanenti nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h tosto ľespellere, ľallontanare da sé, il mondarsi ďuna ricorrente impuritä. Certo é ehe gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti delľesistenza di ieri é circondato ďun rispetto silenzio-so, come un rito che ispira devozione, o forse solo per-ché una volta buttata via la roba nessuno vuole piú averci da pensare. Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori delia cittä, certo; ma ogni anno la cittä s'espande, e gli immondezzai devono arre-trare piú lontano; ľimponenza del gettito aumenta e le cataste s'innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro piú vasto. Aggiungi ehe piú ľarte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, piú la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intempe-rie, a fermentazioni e combustioni. É una fortezza di rimasugli indistruttibili ehe circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne. II risultato é questo: ehe piú Leonia espelle roba piú ne aceumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si puö togliere; rinnovandosi ogni giorno la cittä conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature ďieri ehe s'ammuc-chiano sulle spazzature delľaltroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri. II pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di lä delľestremo Crinale, immondezzai ďaltre cittä, ehe anch'esse respingono lontano da sé montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, é ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le cittä estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti delľuna e delľaltra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano. Piú ne eresce ľaltezza, piú incombe il pericolo delle frane: bašta ehe un barattolo, un vecehio pneumatico, un fiasco spogliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari ďanni trascorsi, fiori secehi sommergerä la cittä nel proprio passato ehe invano tentava di respingere, mescolato con quello delle cittä limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spia-nerä la sordida catena montuosa, cancellerä ogni traccia delia metropoli sempre vestita a nuovo. Giä dalle cittä vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se Stesse, allontanare i nuovi immondezzai. © Torna alia pagina 85 Pagina 191 Pagina 192 Ultima pagina del capitolo Libri File Modifies Vista Vai Store Finestra Aiuto_ W t£ $ ^ *>)) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 q, q IE := H Le cittä invisibili aA q. P POLO:- ... Forse questo giardino affaccia le sue terrazze solo sul lago della nostra mente... KUBLAI:- ... e per lontano die ci portino le nostre trava-gliate imprese di condottieri e di mercanti, entrambi custo-diamo dentro di noi quest'ombra silenziosa, questa conversazione pausata, questa sera sempre eguale. POLO:- A meno che non si dia I'ipotesi opposta: che quelli che s'arrabattano negli accampamenti e nei porti esistano solo perché li pensiamo noi due, chiusi tra queste siepi di bambu, immobili da sempre. KUBLAI:- Che non esistano lafatica, gli urli, le piaghe, il puzzo, ma solo questa pianta ďazalea. POLO:- Che i portatori, gli spaccapietre, gli spazzini, le cuoche che puliscono le interiora dei polli, le lavandaie chine sulla pietra, le madri di famiglia che rimestano il riso allat-tando i neonati, esistano solo perché noi li pensiamo. KUBLAI:- A dire il vero, io non li penso mai. POLO:- Allora non esistono. KUBLAI:- Questa non mi pare una congettura che ci con-venga. Senza di low mai potremmo restore a dondolarci imbozzoliti nelle nostre amache. POLO:- L'ipotesi e da escludere, allora. Dunque sara vera Valtra: che ci siano loro e non noi. KUBLAI:- Abbiamo dimostrato che se noi cifossimo, non ci saremmo. POLO:- Eccoci qui, difatti. © Torna alia pagina 85 Pagina 193 Pagina 194 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h VIII Ai piedi del trono del Gran Kan s'estendeva un pavimento di maiolica. Marco Polo, informátore muto, vi sciorinava il cam-pionario delle mercanzie riportate dai suoi viaggi ai confini dell'impero: un elmo, una conchiglia, una noce di cocco, un ventaglio. Disponendo in un certo ordine gli oggetti sulle pia-strelle bianche e nere e via via spostandoli con mosse studiate, I'ambasciatore cercava di rappresentare agli occhi del monarca le vicissitudini del suo viaggio, lo stato dell'impero, le prerogative dei remoti capoluoghi. Kublai era un attento giocatore di scacchi; seguendo i gesti di Marco osservava che čerti pezzi implicavano o escludevano la vicinanza d'altri pezzi e si spostavano secondo certe linee. Trascurando la varieta di forme degli oggetti, ne definiva il modo di disporsi gli uni rispetto agli altri sul pavimento di maiolica. Pensb: «Se ogni citta e come una partita a scacchi, il giorno in cui arriverb a conoscerne le regole possiederb final-mente il mio impero, anche se mai riuscirb a conoscere tu+teJsi. citta che contiene». Torna alia pagina 85 Pagina 195 Pagina 196 2 pagine rimanenti nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h Infondo, era inutile che Marco per parlargli delle sue cittä ricorresse a taňte cianfrusaglie: bastava una scacchiera coi suoi pezzi dalle forme esattamente classificabili. A ogni pezzo si poteva volta a volta attribuire un significato appropriato: un cavallo poteva rappresentare tanto un vero cavallo quanto un corteo di carrozze, un esercito in marcia, un monumento equestre; e una regina poteva essere una doma affacciata al balcone, una fontána, una chiesa dalla cupola cuspidata, una pianta di mele cotogne. Tornando dalla sua ultima missione Marco Polo trovb il Kan che lo attendeva seduto davanti a una scacchiera. Con un gesto lo invitb a sedersi di fronte a lui e a descrivergli col solo aiuto degli scacchi le cittä che aveva visitato. II veneziano non si perse ďanimo. Gli scacchi dei Gran Kan erano grandi pezzi ďavorio levigato: disponendo sulla scacchiera torri incom-benti e cavalli ombrosi, addensando sciami di pedine, trac-ciando viali diritti o obliqui come ľincedere della regina, Marco ricreava le prospettive e gli spazi di cittä bianche e nere nelle notti di luna. Al contemplarne questi paesaggi essenziali, Kublai riflet-teva sull'ordine invisibile che regge le cittä, sulle regole cui risponde il loro sorgere e prender forma e prosperare e adat-tarsi alle stagioni e intristire e cadere in rovina. Alle volte gli sembrava ďessere sul punto di scoprire un sistema coerente e armonioso che sottostava alle infinite difformitä e disarmonie, ma nessun modello reggeva il confronto con quello dei gioco degli scacchi. Forse, anziehe scervellarsi a evocare col magro ausilio dei pezzi ďavorio visioni comunque destinate alľoblio, bastava giocare una partita secondo le regole, e contemplare ogni successivo stato della scacchiera come una delle innume-revoli forme che il sistema delle forme mette insieme e distrugge. Ormai Kublai Kan non aveva piú bisogno di mandare Marco Polo in spedizioni lontane: lo tratteneva a giocare interminabili partite a scacchi. La conoscenza delľimpero era nascosta nel disegno tracciato dai salti spigolosi del cavallo, dai varchi diagonali che s'aprono alle ineursioni dell'alfiere, dal passo strascicato e guardingo del re e delľumile pedone, dalle alternative inesorabili d'ogni partita. II Gran Kan cercava d'immedesimarsi nel gioco: ma adesso era il perché del gioco a sfuggirgli. II fine d'ogni partita é una vincita o una perdita: ma di cosa? Qual era la vera pošta? Alio scacco matto, sotto il piede del re sbalzato via dalla mano del vincitore, resta un quadrato nero o bianco. Aforza di scor-porare le sue conquiste per ridurle alľessenza, Kublai era arri-vato alľoperazione estrema: la conquista definitíva, di cui i multiformi tesori delľimpero non erano che involueri illusori, si riduceva a un tassello di legno piallato: il nulla... © Torna alia pagina 85 Pagina 197 Pagina 198 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m g£ % <5> 40) 42% CO q abc - esteso Sab 16:06 q, © ~ • o| = | Le cittá invisibili Le cittä e il nome. 5. Irene ě la cittá che si vede a sporgersi dal ciglio dell'alti-piano nell'ora che le luci s'accendono e per l'aria lim-pida si distingue laggiu in fondo la rosa dell'abitato: dove ě piú densa di finestre, dove si dirada in viottoli appena illuminati, dove ammassa ombre di giardini, dove innalza torri con i fuochi dei segnali; e se la sera ě brumosa uno sfumato chiarore si gonfia come una spu-gna lattiginosa al piede dei calanchi. I viaggiatori dell'altipiano, i pastoři che transumano gli armenti, gli uccellatori che sorvegliano le reti, gli eremiti che colgono radicchi, tutti guardano in basso e par-lano di Irene. II vento porta a volte una musica di grancasse e trombe, lo scoppiettio dei mortaretti nella luminaria ďuna festa; a volte lo sgranare della mitra-glia, l'esplosione d'una polveriera nel cielo giallo degli incendi appiccati dalla guerra civile. Quelli che guardano di lassú f anno congetture su quanto sta accadendo nella cittá, si domandano se sarebbe bello o brutto tro- varsi a Irene quella sera. Non che abbiano intenzione d'andarci - e comunque le strade che calano a valle sono cattive - ma Irene calamita sguardi e pensieri di chi sta lä in alto. A questo punto Kublai Kan s'aspetta che Marco parli d'Irene com'e vista da dentro. E Marco non puö farlo: quale sia la cittä che quelli dell'altipiano chiamano Irene non ě riuscito a saperlo; d'altronde poco importa: a vederla standoci in mezzo sarebbe un'altra cittä; Irene ě un nome di cittä da lontano, e se ci si avvicina cambia. La cittä per chi passa senza entrarci ě una, e un'altra per chi ne ě preso e non ne esce; una ě la cittä in cui s'ar-riva la prima volta, un'altra quella che si lascia per non tornare; ognuna merita un nome diverso; forse di Irene ho giä parlato sotto altri nomi; forse non ho parlato che di Irene. © Torna alia pagina 85 Pagina 199 Pagina 200 Ultima pagina del capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 42% CO q ABC - esteso Sab 16:07 © !=: • o| = | Le citta invisibili Le citta e i morti. 4. Le citta e il cielo. 3. Cio che fa Argia diversa dalle altre citta e che invece d'aria ha terra. Le vie sono completamente interrate, le stanze sono piene d'argilla fino al soffitto, sulle scale si posa un'altra scala in negativo, sopra i tetti delle case gravano strati di terreno roccioso come cieli con le nuvo-le. Se gli abitanti possano girare per la citta allargando i cunicoli dei vermi e le fessure in cui s'insinuano le radi-ci, non lo sappiamo: l'umidita sfascia i corpi e lascia loro poche forze; conviene che restino fermi e distesi, tanto e buio. Di Argia, da qua sopra, non si vede nulla; c'e chi dice: «E la sotto» e non resta che crederci; i luoghi sono deser-ti. Di notte, accostando 1'orecchio al suolo, alle volte si sente una porta che sbatte. Chi arriva a Tecla, poco vede della citta, dietro gli stec-cati di tavole, i ripari di tela di sacco, le impalcature, le armature metalliche, i ponti di legno sospesi a funi o sostenuti da cavalletti, le scale a pioli, i tralicci. Alia domanda: - Perche la costruzione di Tecla continua cosi a lungo? - gli abitanti senza smettere d'issare secchi, di calare fili a piombo, di muovere in su e in giu lunghi pennelli, - Perche non cominci la distruzione, - rispon-dono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la citta cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: - Non soltanto la citta. Se, insoddisfatto delle risposte, qualcuno applica l'oc-chio alia fessura d'una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastella-ture, travi che puntellano altre travi. - Che senso ha il vostro costruire? - domanda. - Qual e il fine d'una citta in costruzione se non una citta? Dov'e il piano che seguite, il progetto? © Torna alia pagina 85 Pagina 201 Pagina 202 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & Ž£ $ ^ 43% CO BABC-estes° Sab 16:07 Q, © • o • n ;= m Le cittä invisibili aA Q. h „ - Te lo mostreremo appena termina la giornata; ora non possiamo interrompere, - rispondono. II lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantie-re. Ě una notte stellata. - Ecco il progetto, - dicono. Le cittä continue. 2. Se toccando terra a Trude non avessi letto il nome della cittä scritto a grandi lettere, avrei creduto d'essere arri-vato alio stesso aeroporto da cui ero partito. I sobborghi che mi fecero attraversare non erano diversi da quegli altri, con le Stesse case gialline e verdoline. Seguendo le Stesse frecce si girava le Stesse aiole delle Stesse piazze. Le vie del centro mettevano in mostra mercanzie imbal-laggi insegne che non cambiavano in nulla. Era la prima volta che venivo a Trude, ma conoscevo giä l'albergo in cui mi capitö di scendere; avevo giä sentito e detto i miei dialoghi con compratori e venditori di ferraglia; altre giornate uguali a quella erano finite guardando attra-verso gli stessi bicchieri gli stessi ombelichi che ondeg-giavano. Perché venire a Trude? mi chiedevo. E giä volevo ripartire. - Puoi riprendere il volo quando vuoi, - mi dissero, -ma arriverai a un'altra Trude, uguale punto per punto, il Torna alia pagina 85 Pagina 203 Pagina 204 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ 43% CO BABC-estes° Sab 16:07 Q, © • o • Ii ;= m Le cittä invisibili aA Q. h ~ mondo e ricoperto da un'unica Trude che non comincia e non finisce, cambia solo il nome all'aeroporto. Le cittä nascoste. 1. A Olinda, chi ci va con una lente e cerca con attenzione puo trovare da qualche parte un punto non piü grande d'una capocchia di spillo che a guardarlo un po' ingran-dito ci si vede dentro i tetti le antenne i lucernari i giar-dini le vasche, gli striscioni attraverso le vie, i chioschi nelle piazze, il campo per le corse dei cavalli. Quel punto non resta Ii: dopo un anno lo si trova grande come un mezzo limone, poi come un fungo porcino, poi come un piatto da minestra. Ed ecco che diventa una cittä a grandezza naturale, racchiusa dentro la cittä di prima: una nuova cittä che si fa largo in mezzo alla cittä di prima e la spinge verso il fuori. Olinda non e certo la sola cittä a crescere in cerchi concentrici, come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano d'un giro. Ma alle altre cittä resta nel mezzo la vecchia cerchia delle mura stretta stretta, da cui spun-tano rinsecchiti i campanili le torri i tetti d'embrici le cupole, mentre i quartieri nuovi si spanciano intorno Torna alla pagina 85 Pagina 205 Pagina 206 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ ^ <5> 4))) 43% CO q ABC - esteso Sab 16:07 O, 0 is • n ;= m Le cittä invisibili -. a o m s. fr nella passerini come da una cintura che si slaccia. A Olinda no: le vec-chie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri anti-chi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un piú largo orizzonte ai confini delia cittä; essi circondano i quartieri un po' meno vecchi, pure cresciuti di perime-tro e assottigliati per far posto a quelli piu recenti che premono da dentro; e cosi via fino al cuore delia cittä: un'Olinda tutta nuova che nelle sue dimensioni ridotte conserva i tratti e il flusso di linfa della prima Olinda e di tutte le Olinde che sono spuntate una dalľaltra; e dentro a questo cerchio piu interno giä spuntano - ma ě difficile distinguerle - l'Olinda ventura e quelle che cre-sceranno in seguito. i andrá benissimo^(^^ ...II Gran Kan cercava ďimmedesimarsi nel gioco: ma adesso era il perché del gioco a sfuggirgli. II fine ďogni partita e una vincita o una perdita: ma di cosa? Qual era la vera posta? Allo scacco matto, sotto il piede del re sbalzato via dalla mano del vincitore, resta il nulla: un quadrato nero o bianco. Aforza di scorporare le sue conquiste per ridurle alťessenza, Kublai era arrivato alVoperazione estrema: la conquista definitiva, di cui i multiformi tesori delVimpero non erano che involucri illusori, si riduceva a un tassello di legno piallato. Allora Marco Polo parló: - La tua scacchiera, sire, é un intarsio di due legni: ebano e acero. II tassello sul quale sifissa il tuo sguardo illuminato fu tagliato in uno strato del tronco che crebbe in un anno di siccita: vedi come si dispongono le fibre? Qui si scorge un nodo appena accennato: una gemma tento di spuntare in un giorno di primavera precoce, ma la brina della notte Vobbligb a desistere -. II Gran Kan non s'era fin'allora reso conto che lo straniero sapesse esprimersi fluen-temente nella sua lingua, ma non era questo a stupirlo. - Ecco © Torna alia pagina 85 Pagina 207 Pagina 208 1 pagina rimanente nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <® W t ^ *)) 43% CO QABC-esteso Sab 16:07 Q, © ;= • o n — [5] Le cittá invisibili . a n ■ un poro piú grosso: forse é stato U nido d'una larva; non ďun tarlo, perché appena nato avrebbe continuato a scavare, ma d'un bruco ehe rosiechib lefoglie efula causa per cui ľalbero ju scelto per essere abbattuto... Questo marginefu inciso dal-ľébanista con la sgorbia perché aderisse al quadrato vidno, piú sporgente... La quantita di cose ehe si potevano leggere in un pezzetto di legno liscio e vuoto sommergeva Kublai; giä Polo era venuto a parlare dei boschi d'ebano, delle zattere di tronchi ehe discendono i fiumi, degli approdi, delle donne alle nella passerini ^#andrá benissimoC^C* V IX finestre... © Torna alia pagina 85 Pagina 209 Pagina 210 Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 43% CO q abc - esteso Sab 16:07 q, © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h 7Z Gran Kan possiede un atlante dove tutte le cittä dell'impero e dei reami circonvicini sono disegnate palazzo per palazzo e stráda per stráda, con le mura, ifiumi, i ponti, i porti, le sco-gliere. Sa che dai resoconti di Marco Polo é inutile aspettarsi notizie di quei luoghi che del resto ben conosce: come a Cam-baluc, capitale della China, tre cittä quadrate stiano I'una dentro I'altra, con quattro templi ognuna e quattro porte che s'aprono seguendo le stagioni; come all'isola di Giava infuri it rinoceronte alia carica col corno micidiale; come si peschino le perle infondo al mare sulle coste di Maabar. Kublai domanda a Marco: - Quando ritornerai al Ponente, ripeterai alia tua gente gli stessi racconti chefai a me? - lo parlo parlo, - dice Marco, - ma chi m'ascolta ritiene solo le parole che aspetta. Altra e la descrizione del mondo cui tu presti benigno orecchio, altra quella che fara il giro dei capannelli di scaricatori e gondolieri sulle fondamenta di casa mia il giorno del mio ritorno, altra ancora quella che potrei dettare in tarda etä, se venissifatto prigioniero da pirati geno- vesi e messo in ceppi nella stessa cella con uno scrivano di romanzi d'avventura. Chi comanda al racconto non é la voce: é ľ orecchio. - Alle volte mi pare che la tua voce mi giunga da lontano, mentre sono prigioniero ďun presente vistoso e invivibile, in cui tutte le forme di convivenza umana sono giunte a un estremo del low ciclo e non si pud immaginare quali nuove forme prenderanno. E ascolto dalla tua voce le ragioni invisibili di cui le cittä vivevano, e per cui forse, dopo morte, rivivranno. II Gran Kan possiede un atlante i cui disegni figurano ľorbe terracqueo tutt'insieme e continente per continente, i confini dei regni piu lontani, le rotte delle navi, i contorni delle coste, le mappe delle metropoli piú illustri e dei porti piu opulenti. Ne sfoglia le carte sotto gli occhi di Marco Polo per mettere alia prova il suo sapere. II viaggiatore riconosce Costantinopoli nella cittä che incorona da tre rive un lungo stretto, un golfo sottile e un mare chiuso; ricorda che Gerusa-lem sovra duo colli é pošta, d'impari altezza, e volti fronte a fronte; non esita nelľindicare Samarcanda e i suoi giardini. Per altre cittä fa ricorso a descrizioni tramandate di bocca in bocca, o Hra a indovinare basandosi su scarsi indizi: čosi Granada, iridata perla dei Califfi, Lubecca Undo porto boreale, Timbuctú che nereggia ďebano e biancheggia ďavorio, Parigi dove milioni ďuomini rincasano ogni giorno impugnando un © Torna alia pagina 85 Pagina 211 Pagina 212 3 pagine rimanenti nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 43% CO q abc - esteso Sab 16:07 q, © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h yi'Zone di pane, in miniature colorate I'atlante raffigura luoghi abitati di forma insolita: un'oasi nascosta in una piega del deserto da cui spuntano solo le cime delle palme é di sicuro Nefta; un castello tra le sabbie mobili e le mucche che brucano prati salati dalle maree non pub non ricordare il Monte San Michele; e non pub essere che Urbino un palazzo che anziché sorgere entro le mura d'una cittä contiene una cittä tra le sue mura. L'atlante raffigura anche cittä di cui né Marco né i geografi sanno se ci sono e dove sono, ma che non potevano mancare tra le forme di cittä possibili: una Cuzco a pianta raggiata e multipartita che riflette ľ or dine perfetto degli scambi, una Messico verdeggiante sul lago dominato dalla reggia di Moc-tezuma, una Novgorod con le cupole a bulbo, una Lhassa che solleva bianchi tetti sopra il tetto nuvoloso del mondo. Anche per queste Marco dice un nome, non importa quale, e accenna a un itinerario per andarci. Si sa che i nomi dei luoghi cam-biano tante volte quante sono le lingue forestiere; e che ogni luogo pub essere raggiunto da altri luoghi, per le strade e le rotte piu diverse, da chi cavalca carreggia rema vola. - Mi sembra che tu riconosci meglio le cittä sull'atlante che a visitarle di persona, - dice a Marco I'imperatore richiu-dendo il libro di scatto. E Polo: - Viaggiando ci s'accorge che le differenze si per do-no: ogni cittä va somigliando a tutte le cittä, i luoghi si scam-biano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti. II tuo atlante custodisce intatte le differenze: quel-ľassortimento di qualitä che sono come le lettere del nome. II Gran Kan possiede un atlante in cui sono raccolte le mappe di tutte le cittä: quelle che elevano le loro mura su salde fondamenta, quelle che caddero in rovina e furono inghiottite dalla sabbia, quelle che esisteranno un giorno e al cui posto ancora non s'aprono che le tane delle lepri. Marco Polo sfoglia le carte, riconosce Gerico, Ur, Cartagi-ne, indica gli approdi alia foce dello Scamandro dove le navi achee per died anni attesero il reimbarco degli assedianti, fino a che il cavallo inchiavardato da Ulisse nonfu trainato aforza d'argani per le Porte Scee. Ma parlando di Troia, gli veniva d'attribuirle la forma di Costantinopoli e prevedere I'assedio con cui per lunghi mesi la stringerebbe Maometto, che astuto come Ulisse avrebbe fatto trainare le navi nottetempo su per i torrenti, dal Bosforo al Corno d'Oro, aggirando Pera e Galata. E dalla mescolanza di quelle due cittä ne risultava una terza, che potrebbe chiamarsi San Francisco e protendere ponti lun-ghissimi e leggeri sul Cancello d'Oro e sulla baia, e arrampi-care tramvai a cremagliera per vie tutte in salita, e fiorire come capitate del Pacifico di li a un millennio, dopo il lungo assedio di trecento anni che porterebbe le razze dei gialli e dei neri e dei rossi a fondersi insieme alia superstite progenie dei bianchi in un impero piu vasto di quello del Gran Kan. Torna alia pagina 85 Pagina 213 Pagina 214 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® M ^ ^ <5> 4))) 43% CO q ABC - esteso Sab 16:07 q ■= • o| = | Le cittä invisibili L'atlante ha questa qualitä: rivela la forma delle cittä che ancora non hanno una forma ne un nome. C'e la cittä a forma di Amsterdam, semicerchio rivolto a settentrione, coi canali concentrici: dei Principi, dell'Imperatore, dei Signori; c'e la cittä a forma di York, incassata tra le alte brughiere, murata, irta di torri; c'e la cittä a forma di Nuova Amsterdam detta anche Nuova York, stipata di torri di vetro e acciaio su un'i-sola oblunga tra due fiumi, con le vie come profondi canali tutti diritti tranne Broadway. II catalogo delle forme e sterminato: finche ogni forma non avrä trovato la sua cittä, nuove cittä continueranno a nascere. Dove le forme esauriscono le loro variazioni e si disfano, comincia la fine delle cittä. Neue ultime carte dell'atlante si diluivano reticoli senza principio ne fine, cittä a forma di Los Angeles, a forma di Kyoto-Osaka, senza forma. Le cittä e i morti. 5. Ogni cittä, come Laudomia, ha al suo fianco un'altra cittä i cui abitanti si chiamano con gli stessi nomi: é la Laudomia dei morti, il cimitero. Ma la speciale dote di Laudomia é ďessere, oltre ehe doppia, tripla, cioé di comprendere una terza Laudomia ehe é quella dei non nati. Le proprietä delia cittä doppia sono note. Piú la Laudomia dei vivi s'affolla e si dilata, piú eresce la distesa delle tombe fuori dalle mura. Le vie delia Laudomia dei morti sono larghe appena quanto bašta perché giri il carro dei becehino, e vi s'affacciano edifici senza fine-stre; ma il tracciato delle vie e ľordine delle dimore ripete quello delia Laudomia viva, e come in essa le famiglie stanno sempre piú pigiate, in fitti loculi sovrap-posti. Nei pomeriggi di bel tempo la popolazione vivente rende visita ai morti e decifra i propri nomi sulle loro lastre di pietra: a somiglianza delia cittä dei vivi questa comunica una storia di fatiche, arrabbiature, illu- © Torna alla pagina 85 Pagina 215 Pagina 216 3 pagine rimanenti nel capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 43% CO q abc - esteso Sab 16:07 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h sioni, sentimenti; solo che qui tutto ě diventato necessa-rio, sottratto al caso, incasellato, messo in ordine. E per sentirsi sicura la Laudomia viva ha bisogno di cercare nella Laudomia dei morti la spiegazione di se stessa, anche a rischio di trovarvi di piú o di meno: spiegazioni per piú d'una Laudomia, per cittá diverse che potevano essere e non sono state, o ragioni parziali, contradditto-rie, delusive. Giustamente Laudomia assegna una residenza altret-tanto vasta a coloro che ancora devono nascere; certo lo spazio non ě in proporzione al loro numero che si sup-pone sterminato, ma essendo un luogo vuoto, circon-dato da un'architettura tutta nicchie e rientranze e scanalature, e potendosi attribuire ai non nati la dimen-sione che si vuole, pensarli grandi come topi o come bachi da seta o come formiche o uova di formica, nulla vieta ďimmaginarli ritti o accoccolati su ogni aggetto o mensola che sporge dalle pareti, su ogni capitello o plin-to, in fila oppure sparpagliati, intenti alle incombenze delle loro vite future, e contemplare in una sbavatura del marmo l'intera Laudomia di qui a cento o mille anni, gremita di moltitudini vestite in fogge mai viste, tutti per esempio in barracano color melanzana, o tutti con piume di tacchino sul turbante, e riconoscervi i discen-denti propri e quelli delle famiglie alleate e nemiche, dei debitori e creditori, che vanno e vengono perpetuando i traffici, le vendette, i fidanzamenti ďamore o ďinteres-se. I viventi di Laudomia frequentano la casa dei non nati interrogandoli; i passi risuonano sotto le volte vuo-te; le domande si formulano in silenzio: ed ě sempře di sé che chiedono i vivi, e non di quelli che verranno; chi si preoccupa di lasciare illustre memoria di sé, chi di far dimenticare le sue vergogne; tutti vorrebbero seguire il filo delle conseguenze dei propri atti; ma piú aguzzano lo sguardo, meno riconoscono una traccia continua; i nascituri di Laudomia appaiono puntiformi come gra-nelli di polvere, staccati dal prima e dal poi. La Laudomia dei non nati non trasmette, come quella dei morti, una qualche sicurezza agli abitanti della Laudomia viva, ma solo sgomento. Ai pensieri dei visitatori finiscono per aprirsi due stradě, e non si sa quale riserbi piú angoscia: o si pensa che il numero dei nascituri superi di gran lunga quello di tutti i vivi e tutti i morti, e allora in ogni poro della pietra s'accalcano folie invisibili, stipate sulle pendici dell'imbuto come sulle gradinate ďuno stadio, e poiché a ogni generazione la discen-denza di Laudomia si moltiplica, in ogni imbuto s'aprono centinaia ďimbuti ognuno con milioni di per-sone che devono nascere e protendono i colli e aprono la bocca per non soffocare; oppure si pensa che anche Laudomia scomparirá, non si sa quando, e tutti i suoi citta-dini con lei, cioě le generazioni si succederanno fino a Torna alia pagina 85 Pagina 217 Pagina 218 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ % <5> 4>)) 43% CO q ABC - esteso Sab 16:07 O, 0 iE • o| = | Le cittä invisibili raggiungere una cifra e non andranno piú in la, e allora la Laudomia dei morti e quella dei non nati sono come le due ampolle ďuna clessidra che non si rovescia, ogni passaggio tra la nascita e la mořte ě un granello di sab-bia che attraversa la strozzatura, e ci sarä un ultimo abi-tante di Laudomia a nascere, un ultimo granello a cadere che ora ě qui che aspetta in cima al mucchio. Le cittä e il cielo. 4. Chiamati a dettare le normě per la fondazione di Perin-zia gli astronomi stabilirono il luogo e il giorno secondo la posizione delle Stelle, tracciarono le linee incrociate del decumano e del cardo orientate 1'una come il corso del sole e 1'altra come 1'asse attorno a cui ruotano i cieli, divisero la mappa secondo le dodici case dello zodiaco in modo che ogni tempio e ogni quartiere ricevesse il giusto influsso dalle costellazioni opportune, fissarono il punto delle mura in cui aprire le porte prevedendo che ognuna inquadrasse un'eclisse di luna nei prossimi mille anni. Perinzia - assicurarono - avrebbe rispec-chiato 1'armonia del firmamento; la ragione della nátura e la grazia degli dei avrebbero dato forma ai destini degli abitanti. Seguendo con esattezza i calcoli degli astronomi, Perinzia fu edificata; genti diverse vennero a popolarla; la prima generazione dei nati a Perinzia prese a crescere © Torna alia pagina 85 Pagina 219 Pagina 220 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ % <5> 4>)) 43% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ;= • o| = | Le cittá invisibili tra le sue mura; e questi alia loro volta raggiunsero l'eta di sposarsi e avere figli. Nelle vie e piazze di Perinzia oggi incontri storpi, nani, gobbi, obesi, donne con la barba. Ma il peggio non si vede; urli gutturali si levano dalle cantine e dai gra-nai, dove le famiglie nascondono i figli con tre teste o con sei gambe. Gli astronomi di Perinzia si trovano di fronte a una difficile scelta: o ammettere che tutti i loro calcoli sono sbagliati e le loro cifre non riescono a descrivere il cielo, o rivelare che l'ordine degli dei ě proprio quello che si rispecchia nella cittá dei mostri. Le cittá continue. 3. Ogni anno nei miei viaggi faccio sosta a Procopia e prendo alloggio nella stessa stanza della stessa locanda. Fin dalla prima volta mi sono soffermato a contemplare il paesaggio che si vede spostando la tendina della finestra: un fosso, un ponte, un muretto, un albero di sorbo, un campo di pannocchie, un roveto con le more, un pol-laio, un dosso di collina giallo, una nuvola bianca, un pezzo di cielo azzurro a forma di trapezio. Sono sicuro che la prima volta non si vedeva nessuno; ě stato solo l'anno dopo che, a un movimento tra le foglie, ho potuto distinguere una faccia tonda e piatta che rosicchiava una pannocchia. Dopo un anno erano in tre sul muretto, e al mio ritorno ce ne vidi sei, seduti in fila, con le mani sui ginocchi e qualche sorba in un piatto. Ogni anno, appena entrato nella stanza, alzavo la tendina e contavo alcune facce in piu: sedici, compresi quelli giu nel fosso; ventinove, di cui otto appollaiati sul sorbo; quaranta-sette senza contare quelli nel pollaio. Si somigliano, © Torna alia pagina 85 Pagina 221 Pagina 222 2 pagine rimanenti nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ % <5> 4>)) 43% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © !E£ • o| = | Le cittä invisibili sembrano gentili, hanno lentiggini sulle guance, sorri-dono, qualcuno con la bocca sporca di more. Presto vidi tutto il ponte pieno di tipi dalla f accia tonda, accoccolati perché non avevano piú posto per muoversi; sgranoc-chiavano le pannocchie, poi rodevano i torsoli. Cosi, un anno dopo l'altro ho visto sparire il fosso, l'albero, il roveto, nascosti da siepi di sorrisi tranquilli, tra le guance tonde che si muovono masticando foglie. Non si ha idea, in uno spazio ristretto come quel campi-cello di granturco, quanta gente ci puö stare, specie se messi seduti con le braccia intorno ai ginocchi, fermi. Devono essercene molti di piú di quanto sembra: il dosso della collina l'ho visto coprirsi ďuna folia sempre piu fitta; ma da quando quelli sul ponte hanno preso l'abitudine di stare a cavalcioni l'uno sulle spalle dell'al-tro non riesco piu a spingere lo sguardo tanto in la. Quest'anno, infine, a alzare la tendina, la finestra inquadra solo una distesa di facce: da un angolo all'al-tro, a tutti i livelli e a tutte le distanze, si vedono questi visi tondi, fermi, piatti piatti, con un accenno di sorriso, e in mezzo molte mani, che si tengono alle spalle di quelli che stanno davanti. Anche il cielo ě sparito. Tanto vale che mi allontani dalla finestra. Non che i movimenti mi siano facili. Nella mia stanza siamo alloggiati in ventisei: per spostare i piedi devo disturbare quelli che stanno accoccolati sul pavimento, mi faccio largo tra i ginocchi di quelli seduti sul casset-tone e i gomiti di quelli che si dánno il turno per appog-giarsi al letto: tutte persone gentili, per fortuna. © Torna alia pagina 85 Pagina 223 Pagina 224 Ultima pagina del capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 43% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h Le citta nascoste. 2. Non e felice, la vita a Raissa. Per le strade la gente cam-mina torcendosi le mani, impreca ai bambini che pian-gono, s'appoggia ai parapetti del fiume con le tempie tra i pugni, alia mattina si sveglia da un brutto sogno e ne comincia un altro. Tra i banconi dove ci si schiaccia tutti i momenti le dita col martello o ci si punge con l'ago, o sulle colonne di numeri tutti storti nei registri dei nego-zianti e dei banchieri, o davanti alle file di bicchieri vuoti sullo zinco delle bettole, meno male che le teste chine ti risparmiano dagli sguardi torvi. Dentro le case e peggio, e non occorre entrarci per saperlo: d'estate le finestre rintronano di litigi e piatti rotti. Eppure, a Raissa, a ogni momento c'e un bambino che da una finestra ride a un cane che e saltato su una tettoia per mordere un pezzo di polenta caduto a un muratore che dall'alto deH'impalcatura ha esclamato: -Gioia mia, lasciami intingere! - a una giovane ostessa che solleva un piatto di ragu sotto la pergola, contenta di servirlo all'ombrellaio che festeggia un buon affare, un parasole di pizzo bianco comprato da una gran dama per pavoneggiarsi alle corse, innamorata d'un ufficiale che le ha sorriso nel saltare 1'ultima siepe, felice lui ma piu felice ancora il suo cavallo che volava sugli ostacoli vedendo volare in cielo un francolino, felice uccello liberate dalla gabbia da un pittore felice d'averlo dipinto piuma per piuma picchiettato di rosso e di giallo nella miniatura di quella pagina del libro in cui il filosofe dice: «Anche a Raissa, cittá triste, corre un filo invisibile che allaccia un essere vivente a un altro per un attimo e si disfa, poi torna a tendersi tra punti in movimento disegnando nuove rapide figure cosicché a ogni secondo la cittá infelice contiene una cittá felice che nemmeno sa d'esistere». Torna alia pagina 85 Pagina 225 Pagina 226 Ultima pagina del capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ % <5> 4>)) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • o D ;= H Le cittä invisibili Le cittä e il cielo. 5. Con tale arte fu costruita Andria, che ogni sua via corre seguendo ľorbita ďun pianeta e gli edifici e i luoghi delia vita in comune ripetono ľordine delle costellazioni e la posizione degli astri piú luminosi: Antares, Alpheratz, Capella, le Cefeidi. II calendario delia cittä é regulato in modo ehe lavori e uffici e cerimonie si dispongono in una mappa ehe corrisponde al firma-mento in quella data: čosi i giorni in terra e le notti in cielo si rispecehiano. Pur attraverso una regolamentazione minuziosa, la vita delia cittä scorre calma come il moto dei corpi cele-sti e acquista la necessitä dei fenoméni non sottoposti alľarbitrio umano. Ai cittadini d'Andria, lodandone le produzioni industriose e ľagio dello spirito, m'indussi a dichiarare: - Bene comprendo come voi, sentendovi parte ďun cielo immutabile, ingranaggi d'una metico-losa orologeria, vi guardiate dalľapportare alla vostra cittä e ai vostri costumi il piú lieve cambiamento. Andria é la sola cittä ehe io conosca cui convenga restare immobile nel tempo. Si guardarono interdetti. - Ma perché mai? E chi ľha detto? - E mi condussero a visitare una via pensile aperta di recente sopra un bosco di bambú, un teatro delle ombre in costruzione al posto dei canile municipa-le, ora traslocato nei padiglioni delľantico lazzaretto, abolito per la guarigione degli ultimi appestati, e -appena inaugurati - un porto fluviale, una statua di Talete, un toboga. - E queste innovazioni non turbano il ritmo astrale delia vostra cittä? - domandai. - Čosi perfetta é la corrispondenza tra la nostra cittä e il cielo, - risposero, - ehe ogni cambiamento d'Andria comporta qualche novitä tra le stelle -. Gli astronomi serutano coi teleseopi dopo ogni mutamento ehe ha luogo in Andria, e segnalano ľesplosione d'una nova, o il passare dalľarancione al giallo d'un remoto punto dei firmamento, l'espandersi di una nebula, il eurvarsi d'una spira delia via lattea. Ogni cambiamento implica una catena d'altri cambiamenti, in Andria come tra le stelle: la cittä e il cielo non restano mai uguali. Del carattere degli abitanti d'Andria meritano di essere ricordate due virtu: la sieurezza in se stessi e la prudenza. Convinti ehe ogni innovazione nella cittä influisca sul disegno dei cielo, prima d'ogni decisione © Torna alla pagina 85 Pagina 227 Pagina 228 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <® W $ ^ *)) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © • o • Ii ;= m Le cittä invisibili aA Q. h ~ calcolano i rischi e i vantaggi per loro e per l'insieme della cittä e dei mondi. Le cittä continue. 4. Tu mi rimproveri perche ogni mio racconto ti trasporta nel bei mezzo d'una cittä senza dirti dello spazio che s'estende tra una cittä e l'altra: se lo coprano mari, campi di segale, foreste di larici, paludi. Ti risponderö con un racconto. Per le vie di Cecilia, cittä illustre, incontrai una volta un capraio che spingeva rasente i muri un armento scampanante. - Uomo benedetto dal cielo, - si fermo a chiedermi, -sai dirmi il nome della cittä in cui ci troviamo? - Che gli dei t'accompagnino! - esclamai. - Come puoi non riconoscere la molto illustre cittä di Cecilia? - Compatiscimi, - rispose quello, - sono un pastore in transumanza. Tocca alle volte a me e alle capre di traver-sare cittä; ma non sappiamo distinguerle. Chiedimi il nome dei pascoli: Ii conosco tutti, il Prato tra le Rocce, il Pendio Verde, l'Erba in Ombra. Le cittä per me non hanno nome: sono luoghi senza foglie che separano un Torna alia pagina 85 Pagina 229 Pagina 230 2 pagine rimanenti nel capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h pascolo dall'altro, e dove le capre si spaventano ai croce-via e si sbandano. Io e il cane corriamo per tenere com-patto l'armento. - Al contrario di te, - affermai, - io riconosco solo le cittä e non distinguo ciö che e fuori. Nei luoghi disabi-tati ogni pietra e ogni erba si confonde ai miei occhi con ogni pietra ed erba. Molti anni sono passati da allora; io ho conosciuto molte cittä ancora e ho percorso continenti. Un giorno camminavo tra angoli di case tutte uguali: mi ero per so. Chiesi a un passante: - Che gli immortali ti proteggano, sai dirmi dove ci troviamo? - A Cecilia, cosi non fosse! - mi rispose. - Da tanto camminiamo per le sue vie, io e le capre, e non s'arriva a uscirne... Lo riconobbi, nonostante la lunga barba bianca: era il pastore di quella volta. Lo seguivano poche capre spela-te, che neppure piü puzzavano, tanto erano ridotte pelle e ossa. Brucavano cartaccia nei bidoni dei rifiuti. - Non puö essere! - gridai. - Anch'io, non so da quando, sono entrato in una cittä e da allora ho conti-nuato ad addentrarmi per le sue vie. Ma come ho fatto ad arrivare dove tu did, se mi trovavo in un'altra cittä, lontanissima da Cecilia, e non ne sono ancora uscito? - I luoghi si sono mescolati, - disse il capraio, - Cecilia e dappertutto; qui una volta doveva esserci il Prato della Salvia Bassa. Le mie capre riconoscono le erbe dello spartitraffico. © Torna alia pagina 85 Pagina 231 Pagina 232 Ultima pagina del capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h Le cittä nascoste. 3. Una Sibilla, interrogata sul destino di Marozia, disse: -Vedo due cittä: una del topo, una della rondine. L'oracolo fu interpretato cosi: oggi Marozia é una cittä dove tutti corrono in cunicoli di piombo come branchi di topi che si strappano di sotto i denti gli avanzi caduti dai denti dei topi piú minacciosi; ma sta per cominciare un nuovo secolo in cui tutti a Marozia voleranno come le rondini nel cielo ď estate, chiaman-dosi come in un gioco, esibendosi in volteggi ad ali ferine, sgombrando ľ aria da zanzare e moscerini. - É tempo che il secolo del topo abbia termine e cominci quello della rondine, - dissero i piú risoluti. E di fatto giä sotto il torvo e gretto predominio topesco si sentiva, tra la gente meno in vista, covare uno slancio da rondini, che puntano verso ľ aria trasparente con un agile colpo di coda e disegnano con la lama delle ali la curva d'un orizzonte che s'allarga. Sono tornato a Marozia dopo anni; la profezia della Sibilla si considera avverata da tempo; il vecchio secolo é sepolto; il nuovo é al culmine. La cittä certo é cambia-ta, e forse in meglio. Ma le ali che ho visto in giro sono quelle d'ombrelli diffidenti sotto i quali palpebre pesanti s'abbassano sugli sguardi; gente che crede di volare ce n'é, ma é tanto se si sollevano dal suolo sventolando palandrane da pipistrello. Succede pure che, rasentando i compatti muri di Marozia, quando meno ťaspetti vedi aprirsi uno spira-glio e apparire una cittä diversa, che dopo un istante é giä sparita. Forse tutto sta a sapere quali parole pronun-ciare, quali gesti compiere, e in quale ordine e ritmo, oppure bašta lo sguardo la risposta il cenno di qualcu-no, bašta che qualcuno faccia qualcosa per il solo piacere di farla, e perché il suo piacere diventi piacere altrui: in quel momento tutti gli spazi cambiano, le altezze, le distanze, la cittä si trasfigura, diventa cristallina, trasparente come una libellula. Ma bisogna che tutto capiti come per caso, senza dargli troppa importanza, senza la pretesa di star compiendo una operazione decisiva, tenendo ben presente che da un momento alľ altro la Marozia di prima tornerä a saldare il suo soffitto di pie-tra ragnatele e muffa sulle teste. L'oracolo sbagliava? Non é detto. Io lo interpreto in questo modo: Marozia consiste di due cittä: quella dei © Torna alia pagina 85 Pagina 233 Pagina 234 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <® W |£ $ ^ *)) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © • o • |i ;= m Le citta invisibili aA Q. h ~ topo e quella della rondine; entrambe cambiano nel tempo; ma non cambia il loro rapporto: la seconda e quella che sta per sprigionarsi dalla prima. Le citta continue. 5. Per parlarti di Pentesilea dovrei cominciare a descriverti l'ingresso nella citta. Tu certo immagini di vedere levarsi dalla pianura polverosa una cinta di mura, d'awicinarti passo passo alia porta, sorvegliata dai gabellieri che gia guatano storto ai tuoi fagotti. Fino a che non Thai rag-giunta ne sei fuori; passi sotto un archivolto e ti ritrovi dentro la citta; il suo spessore compatto ti circonda; inta-gliato nella sua pietra c'e un disegno che ti si rivelera se ne segui il tracciato tutto spigoli. Se credi questo, sbagli: a Pentesilea e diverso. Sono ore che avanzi e non ti e chiaro se sei gia in mezzo alia citta o ancora fuori. Come un lago dalle rive basse che si perde in acquitrini, cosi Pentesilea si spande per miglia intorno in una zuppa di citta diluita nella pianura: casa-menti pallidi che si danno le spalle in prati ispidi, tra steccati di tavole e tettoie di lamiera. Ogni tanto ai mar-gini della strada un infittirsi di costruzioni dalle magre facciate, alte alte o basse basse come in un pettine sden- Torna alia pagina 85 Pagina 235 Pagina 236 2 pagine rimanenti nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © !E€ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h tato, sembra indicare che di lä in poi le maglie della cittä si restringono. Invece tu prosegui e ritrovi altri terreni vaghi, poi un sobborgo arrugginito ďofficine e depositi, un cimitero, una fiera con le giostre, un mattatoio, ti inoltri per una via di botteghe macilente che si perde tra chiazze di campagna spelacchiata. La gente che s'incontra, se gli chiedi: - Per Pentesilea? - f anno un gesto intorno che non sai se voglia dire: «Qui», oppure: «Piü in lä», o: «Tutt'in giro», o ancora: «Dalla parte opposta». - La cittä, - insisti a chiedere. - Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine, - ti rispondono alcuni, e altri: - Noi torniamo qui a dormire. - Ma la cittä dove si vive? - chiedi. - Dev'essere, - dicono, - per Ii, - e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concrezione di poliedri opachi, all'orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d'altre cuspidi. - Allora l'ho oltrepassata senza accorgermene? - No, prova a andare ancora avanti. Cosi prosegui, passando da una periféria all'altra, e viene l'ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla cittä; ripercorri la sfilza dei sobborghi spar-pagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s'il-luminano le finestre ora piü rade ora piü dense. Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slab-brato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c'é stato, oppure se Pentesilea é solo periféria di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda ehe adesso comincia a rodere nella tua testa é piú angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla cittä non fai ehe passare da un limbo alľaltro e non arrivi a uscirne? Torna alia pagina 85 Pagina 237 Pagina 238 Ultima pagina del capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h tato, sembra indicare che di lä in poi le maglie della cittä si restringono. Invece tu prosegui e ritrovi altri terreni vaghi, poi un sobborgo arrugginito d'officine e depositi, un cimitero, una fiera con le giostre, un mattatoio, ti inoltri per una via di botteghe macilente che si perde tra chiazze di campagna spelacchiata. La gente che s'incontra, se gli chiedi: - Per Pentesilea? - f anno un gesto intorno che non sai se voglia dire: «Qui», oppure: «Piü in lä», o: «Tutt'in giro», o ancora: «Dalla parte opposta». - La cittä, - insisti a chiedere. - Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine, - ti rispondono alcuni, e altri: - Noi torniamo qui a dormire. - Ma la cittä dove si vive? - chiedi. - Dev'essere, - dicono, - per Ii, - e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concrezione di poliedri opachi, all'orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d'altre cuspidi. - Allora l'ho oltrepassata senza accorgermene? - No, prova a andare ancora avanti. Cosi prosegui, passando da una periféria all'altra, e viene l'ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla cittä; ripercorri la sfilza dei sobborghi spar-pagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s'il-luminano le finestre ora piü rade ora piü dense. Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slab-brato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c'é stato, oppure se Pentesilea é solo periféria di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda ehe adesso comincia a rodere nella tua testa é piú angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla cittä non fai ehe passare da un limbo alľaltro e non arrivi a uscirne? Torna alia pagina 85 Pagina 237 Pagina 238 Ultima pagina del capitolo 14054590 ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® & % <5> 4>)) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • o ti ;= H Le citta invisibili Le citta nascoste. 4. Invasioni ricorrenti travagliarono la citta di Teodora nei secoli della sua storia; a ogni nemico sgominato un altro prendeva forza e minacciava la sopravvivenza degli abi-tanti. Sgombrato il cielo dai condor si dovette fronteg-giare la crescita dei serpenti; lo sterminio dei ragni lascio le mosche moltiplicarsi e nereggiare; la vittoria sulle ter-miti consegno la citta in balia dei tarli. A una a una le specie inconciliabili con la citta dovettero soccombere e si estinsero. A furia di sbranare scaglie e carapaci, di svellere elitre e penne, gli uomini diedero a Teodora l'esclusiva immagine di citta umana che ancora la distingue. Ma prima, per lunghi anni, resto incerto se la vittoria finale non sarebbe stata deH'ultima specie rimasta a contendere agli uomini il possesso della citta: i topi. D'ogni generazione di roditori che gli uomini riuscivano a ster-minare, i pochi sopravvissuti davano luce a una proge-nie piu agguerrita, invulnerabile dalle trappole e refrattaria a ogni veleno. Nel giro di poche settimane, i sotterranei di Teodora si ripopolavano d'orde di ratti dilaganti. Finalmente, con un'estrema ecatombe, l'inge-gno micidiale e versatile degli uomini l'ebbe vinta sulle soverchianti attitudini vitali dei nemici. La citta, grande cimitero del regno animale, si richiuse asettica sulle ultime carogne seppellite con le ultime loro pulci e gli ultimi microbi. L'uomo aveva finalmente ristabilito l'ordine del mondo da lui stesso sconvolto: nessun'altra specie vivente esisteva per rimetterlo in forse. Per ricordo di quella che era stata la fauna, la biblioteca di Teodora avrebbe custodito nei suoi scaffali i tomi di Buffon e di Linneo. Cosi almeno gli abitanti di Teodora credevano, lon-tani dal supporre che una fauna dimenticata si stava risvegliando dal letargo. Relegata per lunghe ere in nascondigli appartati, da quando era stata spodestata dal sistema delle specie ora estinte, l'altra fauna tornava alia luce dagli scantinati della biblioteca dove si conser-vano gli incunaboli, spiccava salti dai capitelli e dai plu-viali, s'appollaiava al capezzale dei dormienti. Le sfingi, i grifi, le chimere, i draghi, gli ircocervi, le arpie, le idre, i liocorni, i basilischi riprendevano possesso della loro citta. © Torna alia pagina 85 Pagina 239 Pagina 240 Ultima pagina del capitolo 14054590 • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® W $ ^ *)) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © ~ • C |1 ~ M Le cittá invisibili AA Q. h Le cittá nascoste. 5. Anziché dirti di Berenice, cittá ingiusta, che incorona con triglifi abachi metope gli ingranaggi dei suoi mac-chinari tritacarne (gli addetti al servizio di lucidatura quando alzano il mento sopra le balaustre e contem-plano gli atri, le scalee, i pronai si sentono ancora piú prigionieri e bassi di statura), dovrei parlarti della Berenice nascosta, la cittá dei giusti, armeggianti con mate-riali di fortuna nell'ombra di retrobotteghe e sottoscale, allacciando una rete di fili e tubi e carrucole e stantuffi e contrappesi che s'infiltra come una pianta rampicante tra le grandi ruote dentate (quando queste s'incepperan-no, un ticchettio sommesso avvertirá che un nuovo esatto meccanismo governa la cittá); anziché rappresen-tarti le vasche profumate delle terme sdraiati sul cui bordo gli ingiusti di Berenice intessono con rotonda elo-quenza i loro intrighi e osservano con occhio proprieta-rio le rotonde carni delle odalische che si bagnano, dovrei dirti di come i giusti, sempre guardinghi per sot- trarsi alle spiate dei sicofanti e alle retate dei giannizze-ri, si riconoscano dal modo di parlare, specialmente dalla pronuncia delle virgole e delle parentesi; dai costumi che serbano austeri e innocenti eludendo gli stati d'animo complicati e ombrosi; dalla cucina sobria ma saporita, che rievoca un'antica etá dell'oro: minestrone di riso e sedano, fave bollite, fiori di zucchino fritti. Da questi dati ě possibile dedurre un'immagine della Berenice futura, che ti avvicinerá alia conoscenza del vero piú ďogni notizia sulla cittá quale oggi si mostra. Sempre che tu tenga conto di cio che sto per dirti: nel seme della cittá dei giusti sta nascosta a sua volta una semenza maligna; la certezza e l'orgoglio d'essere nel giusto - e ďesserlo piú di tanti altri che si dicono giusti piú del giusto - fermentano in rancori rivalita ripicchi, e il naturale desiderio di rivalsa sugli ingiusti si tinge della smania d'essere al loro posto a far lo stesso di loro. Un'altra cittá ingiusta, pur sempre diversa dalla prima, sta dunque scavando il suo spazio dentro il doppio involucro delle Berenici ingiusta e giusta. Detto questo, se non voglio che il tuo sguardo colga un'immagine deformata, devo attrarre la tua attenzione su una qualitá intrinseca di questa cittá ingiusta che ger moglia in segreto nella segreta cittá giusta: ed ě il possi bile risveglio - come un concitato aprirsi di fines! © Torna alia pagina 85 Pagina 241 Pagina 242 1 pagina rimanente nel capitolo ■ Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ % <5> 4>)) 44% CO QABC-esteso Sab 16:08 Q, © !E€ • o| = | Le cittä invisibili d'un latente amore per il giusto, non ancora sottoposto a regole, capace di ricomporre una cittä piü giusta ancora di quanto non fosse prima di diventare recipiente del-l'ingiustizia. Ma se si scruta ancora nell'interno di que-sto nuovo germe del giusto vi si scopre una macchiolina che si dilata come la crescente inclinazione a imporre ciö che ě giusto attraverso ciö che ě ingiusto, e forse ě il germe d'un'immensa metropoli... Dal mio discorso avrai tratto la conclusione che la vera Berenice ě una successione nel tempo di cittä diverse, alternativamente giuste e ingiuste. Ma la cosa di cui volevo avvertirti ě un'altra: che tutte le Berenici future sono giä presenti in questo istante, avvolte l'una dentro l'altra, strette pigiate indistricabili. L'atlante del Gran Kan contiene anche le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora scoperte ofondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la Cittä del Sole, Oceana, Tamoe, Armonia, New-Lanark, Icaria. Chiese a Marco Kublai: - Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi. - Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta nefissare la data dell'approdo. Alle volte mi basta uno scorcio che s'apre nel bei mezzo d'un paesaggio incongruo, un affio-rare di lud nella nebbia, il dialogo di due passanti che s'incon-trano nel viavai, per pensare che partendo di Ii metterö assieme pezzo a pezzo la cittä perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d'istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi Ii raccoglie. Se ti dico che la cittä cui tende il mio viaggio e discontinua nello spazio e nel tempo, ora piü rada ora piü densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affio- © Torna alia pagina 85 Pagina 243 Pagina 244 1 pagina rimanente nel capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ ^ <5> 4))) 44% CO QABC-esteso Sab 16:09 Q, © ~ • o| = | Le cittä invisibili rando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t'ho detto. Giä il Gran Kan stava sfogliando nei suo atlante le carte delle cittä che minacciano negli incubi e neue maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World. Dice: - Tutto e inutile, se l'ultimo approdo non pub essere che la cittä infernale, ed e lä infondo che, in una spirale sem-pre piü stretta, ci risucchia la corrente. E Polo: - L'inferno dei viventi non e qualcosa che sarä; se ce n'e uno, e quello che e. giä qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. II primo riescefacile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo piü. II secondo e. rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cer-care e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non e. Inferno, efarlo durare, e dargli spazio. Postfazione* di Pier Paolo Pasolini Sono cresciuto insieme con Italo Calvino, ľho visto gio-vanissimo, quasi un ragazzo (credo ehe abbia uno o due anni meno di me, ma quando sono entrato nel mondo uscendo dal monastero friulano nel 1950, lui era un po' piú adulto, e piú dentro le cose delia societä e delia lette-ratura, ehe ancora per un pezzo mi sarebbero state pre-cluse, quasi ehe io non le meritassi, per qualche indegnitä - o per troppa ingenuitä). Abbiamo lavorato insieme, lui a Torino, io a Roma, fin verso ai quaranta anni, cioé fino a ehe abbiamo raggiunto il centro delia vita (quarant'anni é ľetä in cui ľuomo é piú «illuso», erede di piú nei cosiddetti valori del mondo, prende piú sul serio il fatto di dovervi partecipare, di dover impos-sessarsene. H ventenne, nei confronti del quarantenne, é un mostro di realismo). II nostro lavoro, in qualche modo si integrava, benché fosse čosi diverso: e ci legava soprattutto ľottimismo - come un buon sentimento -consistente nella convinzione ehe il nostro lavoro fosse © Torna alia pagina 85 Pagina 245 Pagina 246 8 pagine rimanenti nel capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 45% CO q abc - esteso Sab 16:09 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h al «centro» di qualcosa, e che qualcosa ne dovesse risul-tare. In modo molto ombroso, ci ammiravamo e ci ama-vamo, senza molti complimenti, troppo presi dall'importanza di cio che facevamo per consentirci pause disinteressate. Poi Calvino ha cessato di sentirsi vicino a me. L'ho capito subito. All'inizio degli anni Sessanta, qualcosa si spaccava, e io e lui eravamo sulle parti opposte della spaccatura. II suo viso militare, fiero e furbetto, sotto le grosse sopracciglia nere, che benche cosi settentrionale, lo rendono molto mediterraneo, la bocca carnosa che si agita sempre come sul punto di dire qualcosa che pass a ilarmente da lontano nel suo cervello attento - questa sua immagine ha cominciato un po' a ingiallire e a sco-lorirsi: a sorridere de lonh, come quella di una cara persona la cui perdita viene conosciuta dopo qualche anno, quando e ormai tardi per soffrirne. Naturalmente ho da ridire sul modo con cui Calvino ha scelto l'«attualita»: la sua apertura verso la neo-avanguardia e la sua adesione aprioristica al Movimento Studentesco (per tenermi molto sulle generali). Non so cosa e passato realmente dentro la sua testa in questi ultimi anni, perche Calvino, forse diplomaticamente, ha taciuto o ha un po' mentito. Cosa che del resto, nel mondo, bisogna saper anche fare. Non e detto che si debba sempre dire la verita. Qualche volta e forse meglio tacere che dire la verita. E piu sano, forse, qualche volta, tenersela dentro, la verita. Fatto sta che Calvino ha mantenuto intatto il suo credito, mentre io screditato due volte, da due mode da cui Calvino invece non si e dissociato - stabilendo con esse una specie di sia pur distratta alleanza - col ristabilirsi della verita, che io, inopportunamente, ho gridato a tutti i venti come una gallina spennacchiata - continuo a godermi non solo il discredito (che si rivela dunque piuttosto immeritato), ma anche la antipatia di chi non mi sa perdonare di aver detto a suo tempo cio che era giusto dire. Di Calvino, dicevo, per qualche anno non ho saputo realmente niente, quasi che anche fisicamente egli avesse avuto una specie di sospensione. Le Cosmico-miche - lo confesso - mi erano giunte come una cosa irreale e interlocutoria. Adesso egli mi riappare, non solo vero, ma piu vero che mai, col suo ultimo libro, che non solo e il suo piu bello, ma bello in assoluto. La prima osservazione che mi viene da fare e che questo suo libro, Le citta invisibili, e il libro di un ragaz-zo. Solo un ragazzo pub avere da una parte un umore cosi radioso, cosi cristallino, cosi disposto a far cose belle, resistenti, rallegranti; e solo un ragazzo, d'altra parte, pub avere tanta pazienza - da artigiano che vuol a tutti i costi finire e rifinire il suo lavoro. Non i vecchi, i ragazzi, sono pazienti. Torna alia pagina 85 Pagina 247 Pagina 248 6 pagine rimanenti nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 45% CO q abc - esteso Sab 16:09 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h D'altra parte nella cittä di Isidora, «c'é il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventu; lui é seduto in fila con loro». E indubbiamente, cioé secondo logica, Le cittä invisibili sono ľ opera di un vecchio, o almeno di un uomo anziano, che ha visto passare la vita. Questa espe-rienza - che é la piú importante che un uomo possa fare - fa si che egli non riesca a vedere piú il futuro come il futuro della propria vita, e nemmeno, ormai, come il futuro dei figli o dei nipoti (che é ľorizzonte umano entro cui, per esempio, opera la Ragione, e ľetica, soprattutto normativa, trova i suoi fondamenti): no, ľesperienza dell'aver visto passare la vita equivale all'e-sperienza dell'aver visto passare tutta la possibile vita, la vita del cosmo. II futuro si allarga quindi smisurata-mente, e tutte le proporzioni del reale, con la sua razio-nalitä e la sua morale, saltano. Resta soltanto il dato di tale esperienza - che dunque senza razionalitä e senza morale, deve giustificarsi da sola, non potendo confron-tarsi con niente altro che con le illusioni, e, d'altra parte, non avendo altro possibile sbocco che quello di esprimersi. II libro di Calvino é cosi il libro di un vecchio, per cui «i desideri sono ricordi». Non solo, perö, i desideri sono ricordi: lo sono anche le nozioni, le informazioni, le noti-zie, le esperienze, le ideológie, le logiche: tutto é ricordo. Ogni strumento intellettuale per vivere, é un ricordo. Di conseguenza anche la assoluta novitä dei cono-scere la vita «come passata», non ha altri strumenti per esprimersi che questi vecchi ricordi. E vero dunque che ogni illusione culturale in Calvino é decaduta, ma la sua cultura é pero rimasta: almeno come fornitrice di quei ricordi culturali, attraverso cui Calvino puo esprimere il nuovo mondo, come esso si presenta ai suoi occhi abba-cinati di vecchio-ragazzo, seduto sul muretto. In questa cultura, che possiamo chiamare «sopravvis-suta», di Calvino c'é tutto: anche naturalmente il marxi-smo con le sue esigenze praticistiche di intervento, la sua retorica ecc, perché é questo soprattutto che il libro, pur inglobando, nega (ma non abiura). Ľidea di una Cittä Migliore, raggiunta attraverso la vittoria, mettia-mo, della lotta di classe, viene semplicemente immersa in una diversa idea dei tempo: non dico della storia, ma proprio dei tempo. Infatti molte delle cittä sognate da Calvino in un certo momento raggiungono la perfezio-ne. Che poi la riperdano é un discorso che riguarda generazioni incredibilmente future. Questo lo dico per cercare di tranquillizzare le coscienze dei miei colleghi critici marxisti osservanti. Dunque, malgrado la caduta di ogni illusione culturale, la cultura di Calvino, ripeto, é rimasta intatta, sia pure come Illusione: e, in quanto tale, ha raggiunto la perfezione formale di un oggetto, di un meraviglioso Torna alia pagina 85 Pagina 249 Pagina 250 4 pagine rimanenti nel capitolo • Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 45% CO q abc - esteso Sab 16:09 © ~ • C |1 ~ M Le citta invisibili AA Q. h fossile. La cultura specifica di Calvino, poi, che e quella letteraria, liberatasi dalla sua funzione, dai suoi doveri, e divenuta come una miniera abbandonata, in cui Calvino va a prelevare i tesori che vuole. Che cosa vi preleva? Prima di tutto una scrittura metallica, quasi cristallina, ma leggera, incredibilmente leggera: la scrittura del gioco. A questa leggerezza Calvino non trasgredisce mai: non c'e mai un solo istante in cui egli scrivendo non cavalchi a briglie sciolte, come se andasse senza avere meta: eppure, in questo andare per andare, l'eleganza, la cura disinteressata dell'eleganza, non e tradita mai un momento. La seconda cosa che Calvino preleva nella sua cava in disuso, sono le tecniche dell'ambiguita. In ogni pagina delle Citta invisibili ogni canone e sospeso: anzi, e mot-teggiato. II senso e come un'eco in una valle piena di grotte che suona ora qua ora la, pur essendo sempre lo stesso. Ma l'ambiguita, nel suo aspetto piu tipico e classico di sfumatura infinita, si trova specialmente nelle pagine connettive del libro, quelle in corsivo, che affabulano dei referti di uno pseudo-Marco o di uno pseudo-Polo all'imperatore. Ambedue gli interlocutori sono eterna-mente cangianti, e si presentano, ogni volta, come i sim-boli di tutti i libri possibili che questo libro potrebbe essere; o come i simboli dei punti di vista attraverso cui questo libro, sia ideologicamente che linguisticamente, potrebbe essere angolato. Non si pub quindi affatto par-lare di «relativismo» a proposito di Calvino, perche il suo relativismo e completamente visionario, confrontato con infinite possibility diverse. La terza cosa che Calvino ricava dalla sua miniera let-teraria e il surrealismo: un surrealismo che e la delizia delle delizie, perche la galleria dei quadri surrealistici che ne risultano, non si spiegano affatto attraverso se stessi, cioe attraverso il surrealismo, ma sono funzionali a quella folle ideologia multipla, che contesta ogni possible logica della ragione, e soprattutto quella dialettica. II fondo di tale ideologia, infinitamente possibilistica o multipla, e pero sempre lo stesso, ossessivamente lo stesso: ed e costituito dallo scontro inconciliabile di due opposti: la realta e il mondo delle idee. Si, nella lettera-tura archeologica di Calvino, e saltato fuori il platoni-smo, sotto il cui segno quella letteratura e nata. Tutte le citta che Calvino sogna, in infinite forme, nascono inva-riabilmente dallo scontro tra una citta ideale e una citta reale: questo scontro ha il solo effetto di rendere surrea-listica la citta reale, ma non si risolve storicamente in nulla. I due opposti non si superano in un rapporto dia-lettico! La lotta tra essi e ostinata e disperata quanto inutile: il tempo fa da paciere trascinando tutto con se in una dimensione completamente illogica, che risolve i Torna alia pagina 85 Pagina 251 Pagina 252 2 pagine rimanenti nel capitolo Ú Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto <§) ^ $ ^ 4))) 45% CO q abc - esteso Sab 16:09 © ~ • C |1 ~ M Le cittä invisibili AA Q. h problemi diluendoli alľinfinito, distruggendoli fino a farne dei rottami a loro volta surreali. Per me, ehe sto lavorando a Le mille e una notte, leg-gere questo libro é stato quasi inebriante: e non é un caso o un fatto personale. Proprio Le mille e una notte sono il modello figurativo ehe il surrealismo di Calvino parsimoniosamente saccheggia: e come ogni racconto de Le mille e una notte é il racconto di una anomália del destino, čosi ogni descrizione di Calvino é la descrizione di una anomália del rapporto tra mondo delle Idee e Realtä (ehe é poi il Destino nella civiltä occidentale). Ľinvenzione poetica consiste nelľindividuazione di tale momento anomalo. Nelle descrizioni delle cittä di Maurilia, di Zobeide, di Ipazia, di Eutropia, di Ottavia, di Ersilia, di Bauci, di Pirra, di Moriana, di Bersabea, di Raissa, di Marozia, tale individuazione delľanomália é talmente perfetta ehe pare essere avvenuta da sé: abbiamo davanti a noi dei fenoméni di una realtä «surreale» di cui Calvino pare essere veramente il semplice deserittore. Come puo essere aceaduto questo, quando é ben chiaro ehe, secondo la logica, e anche la pratica (per chi ce n'abbia un poco) tale operazione appare, a tavolino, estrema-mente difficile, se non impossibile? Come si fa a ripetere il miracolo del narratore de Le mille e una notte, la sua esaltante attendibilitä nel raccontare le anomálie del codice del destino? In fondo - invece - la cosa si spiega abbastanza semplicemente: anzi, ě la prima cosa che avrei dovuto dire parlando di questo libro: Calvino non inventa nulla, tanto per inventáře: semplicemente si concentra su un'impressione reale - uno dei tanti choc intollerabili, che meriggi o crepuscoli, mezze stagioni o canicole, ci causano negli angoli piů impensati o piú famigliari delle cittä note o ignote in cui viviamo - e, pur sentendolo in tutta la sua qualitä struggente di sogno, lo analizza: i pezzi separati, smontati, di tale ana-lisi, vengono riproiettati nel vuoto e nel silenzio cosmico in cui la fantasia ricostruisce, appunto, i sogni. E sempre dunque una «base» di sensibilita reale che fornisce materia per i «vertici» poetici e ideologici di Calvino. * Tratto da P.P. Pasolini, Halo Calvino, «Le cittä invisibili», in Saggi sulla letteratura e sull'arte, a cura di W. Siti e S. De Laude, I Meridiani Mondadori, Milano 1999, t. II, pp. 1724-30. © Torna alia pagina 85 Pagina 253 Pagina 254 Ultima pagina del capitolo é Libri File Modifica Vista Vai Store Finestra Aiuto ® m ^ ^ <5> 4))) 45% CO q abc - esteso Sab 16:09 q, © ~ • O • |Ei Le cittä invisibili codice del destine-? In fondo - invece - la cosa si spiega abbastanza semplicemente: anzi, ě la prima cosa che avrei dovuto dire parlando di questo libro: Calvino non inventa nulla, tanto per inventáre: semplicemente si concentra su un'impressione reale - uno dei tanti choc intollerabili, che meriggi o crepuscoli, mezze stagioni o canicole, ci causano negli angoli piú impensati o piú famigliari delle cittä note o ignote in cui viviamo - e, pur sentendolo in tutta la sua qualitä struggente di sogno, lo analizza: i pezzi separati, smontati, di tale ana-lisi, vengono riproiettati nel vuoto e nel silenzio cosmico in cui la fantasia ricostruisce, appunto, i sogni. E sempre dunque una «base» di sensibilita reale che fornisce materia per i «vertici» poetici e ideologici di Calvino. Tratto da P.P. Pasolini, Italo Calvino, «Le cittä invisibili», in Saggi sulla letteratura e sull'arte, a cura di W. Siti e S. De Laude, I Meridiani Mondadori, Milano 1999, t. II, pp. 1724-30. Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non pub essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto ě stato specificamente autorizzato dall'editore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicable. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come l'alterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell'editore e dell'autore e sará sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non potrá in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell'editore. In caso di consenso, tale ebook non potrá avere alcuna forma diversa da quella in cui 1'opera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alia presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Per lo scritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Milano A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "II libro" ě tratto da una conferenza tenuta a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «UAUTORE- I I ©JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, Torna alia pagina 85 Pagina 254 Pagina 255 Le cittá invisibili aA Q. P- Indice Copertina - invece - la cosa si spiega nzi, ě la prima cosa che questo libro: Calvino non entare: semplicemente si reále - uno dei tanti choc ipuscoli, mezze stagioni o L'immagine II libro L'autore 1 2 3 Frontespizio Presentazione Cronologia 4 goli piú impensati o piú gnote in cui viviamo - e, -ua qualitá struggente di irati, smontati, di tale ana-loto e nel silenzio cosmico Bibliografia essenziale Le cittä invisibili 1 60 73 74 ippunto, i sogni. E sempře ibilitá reále che fornisce 2 ideologici di Calvino. Le cittá e la memoria. 1. Le cittá e la memoria. 2. 75 77 78 úvino, «Le citta invisibili», in a eura di W. Siti e S. De Lau-lano 1999, t. II, pp. 1724-30. Le cittä e il desiderio. 1. 79 Le cittä e la memoria. 3. 81 Le cittä e il desiderio. 2. 83 Le cittä e i segni. 1. 85 Le cittá e la memoria. 4. 87 Le cittä e il desiderio. 3. 89 Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non puö essere copiato, riprodotto, trasťerito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto ě stato specificamente autorizzato dalľeditore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato aequistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come ľalterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti delľeditore e delľautore e sarä sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non poträ in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso seritto delľeditore. In caso di consenso, tale ebook non poträ avere aleuna forma diversa da quella in cui ľopera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno Per lo seritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Miláno A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "H libro" ě tratto da una conferenza tenutá a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «L'AUTORE» I I © JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, Torna alia pagina 85 Pagina 254 Pagina 255 Le cittá invisibili Indice Le cittá e il desiderio. 3. Le cittá e i segni. 2. Le cittá sottili. 1. Le cittá e la memoria. 5. Le cittá e il desiderio. 4. Le cittá e i segni. 3. Le cittá sottili. 2. Le cittá e gli scambi. 1. Le cittá e il desiderio. 5. Le cittá e i segni. 4. Le cittá sottili. 3. Le cittá e gli scambi. 2. Le cittá e gli occhi. 1. 89 91 95 - invece - la cosa si spiega nzi, ě la prima cosa che questo libro: Calvino non rentare: semplicemente si reále - uno dei tanti choc :puscoli, mezze stagioni o 98 Lgoli piú impensati o piú gnote in cui viviamo - e, jua qualitá struggente di 102 arati, smontati, di tale ana-noto e nel silenzio cosmico appunto, i sogni. E sempře ůbilitá reále che fornisce e ideologici di Calvino. 99 104 106 108 110 115 116 118 120 123 125 127 112 živino, «Le citta invisibili», in a eura di W. Siti e S. De Lau-ilano 1999, t. II, pp. 1724-30. Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non puö essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto ě stato specificamente autorizzato dall'editore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come l'alterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti delľeditore e dell'autore e sarä sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non poträ in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso seritto delľeditore. In caso di consenso, tale ebook non poträ avere aleuna forma diversa da quella in cui ľopera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno Per lo seritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Miláno A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "H libro" ě tratto da una conferenza tenutá a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «Ľ AUTORE- I I © JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, IIa pagina 85 Pagina 254 Pagina 255 Le cittá invisibili Indice IV Le cittä e i segni. 5. Le cittá sottili. 4. Le cittä e gli scambi. 3. Le cittä e gli occhi. 2. Le cittä e il nome. 1. - invece - la cosa si spiega nzi, ě la prima cosa che 132 questo libro: Calvino non rentare: semplicemente si 134 , r, . . , reále - uno dei tanti choc 136 spuscoli, mezze stagioni o Lgoli piú impensati o piú gnote in cui viviamo - e, •i 40 >ua qualitá struggente di arati, smontati, di tale ana-141 noto e nel silenzio cosmico appunto, i sogni. E sempře 131 138 143 V 145 146 Le cittá sottili. 5. 148 Le cittä e gli scambi. 4. 150 Le cittä e gli occhi. 3. 152 Le cittä e il nome. 2. 153 Le cittá e i morti. 1. 156 158 VI 159 160 Le cittä e gli scambi. 5. 163 a eura di W. Siti e S. De Lau- Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non puö essere copiato, riprodotto, trasťerito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto ě stato specificamente autorizzato dalľeditore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato aequistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come ľalterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti delľeditore e delľautore e sarä sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non poträ in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso seritto delľeditore. In caso di consenso, tale ebook non poträ avere aleuna forma diversa da quella in cui ľopera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno Per lo seritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Miláno A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "H libro" ě tratto da una conferenza tenutá a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «Ľ AUTORE- I I © JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, Torna alla pagina 85 Pagina 254 Pagina 255 Le cittá invisibili Indice Le cittä e gli scambi. 5. Le cittä e gli occhi. 4. Le cittä e il nome. 3. Le cittä e i morti. 2. Le cittá e il cielo. 1. VII Le cittä e gli occhi. 5. Le cittä e il nome. 4. Le cittä e i morti. 3. Le cittá e il cielo. 2. Le cittä continue. 1. VIII Le cittá e il nome. 5. - invece - la cosa si spiega nzi, ě la prima cosa che questo libro: Calvino non rentare: semplicemente si 165 reale - uno dei tanti choc ^puscoli, mezze stagioni o Lgoli piú impensati o piú 169 gnote in cui viviamo - e, sua qualitä struggente di arati, smontati, di tale ana-uoto e nel silenzio cosmico appunto, i sogni. E sempře 176 »ibilitä reale che fornisce e ideologici di Calvino. 160 163 167 172 174 177 179 181 184 187 190 193 195 196 199 dvino, «Le cittä invisibili», in a eura di W. Siti e S. De Lau-ilano 1999, t. II, pp. 1724-30. Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non puö essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eeeezione di quanto ě stato speeificamente autorizzato dalľeditore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come ľalterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti delľeditore e delľautore e sarä sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non poträ in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso seritto delľeditore. In caso di consenso, tale ebook non poträ avere aleuna forma diversa da quella in cui ľopera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno Per lo seritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Miláno A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "H libro" ě tratto da una conferenza tenutá a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «Ľ AUTORE- I I © JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, Torna alla pagina 85 Pagina 254 Pagina 255 Le cittá invisibili Indice VIII Le cittá e il nome. 5. Le cittá e i morti. 4. Le cittá e il cielo. 3. Le cittá continue. 2. Le cittá nascoste. 1. IX Le cittá e i morti. 5. Le cittá e il cielo. 4. Le cittá continue. 3. Le cittá nascoste. 2. Le cittá e il cielo. 5. Le cittá continue. 4. Le cittá nascoste. 3. Le cittá continue. 5. Le cittá nascoste. 4. 195 . invece - la cosa si spiega nzi, ě la prima cosa che questo libro: Calvino non 199 rentare: semplicemente si reále - uno dei tanti choc ^puscoli, mezze stagioni o 202 Lgoli piú impensati o piú gnote in cui viviamo - e, jua qualitá struggente di arati, smontati, di tale ana-noto e nel silenzio cosmico 208 appunto, i sogni. E sempře ůbilitá reále che fornisce e ideologici di Calvino. 196 204 206 210 211 216 222 225 227 230 233 236 239 220 živino, «Le citta invisibili», in a eura di W. Siti e S. De Lau-ilano 1999, t. II, pp. 1724-30. Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non puö essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto ě stato specificamente autorizzato dall'editore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come l'alterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti delľeditore e dell'autore e sarä sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non poträ in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso seritto delľeditore. In caso di consenso, tale ebook non poträ avere aleuna forma diversa da quella in cui ľopera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Miláno Per lo seritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Miláno A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "H libro" ě tratto da una conferenza tenutá a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «Ľ AUTORE- I I © JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, Torna alla pagina 85 Pagina 254 Pagina 255 Le cittä invisibili Indice Le cittä e il cielo. 3. Le cittä continue. 2. Le cittä nascoste. 1. IX 202 204 206 208 210 211 Le cittä e i morti. 5. 216 Le cittä e il cielo. 4. 220 Le cittä continue. 3. 222 Le cittä nascoste. 2. 225 Le cittä e il cielo. 5. 227 Le cittä continue. 4. 230 Le cittä nascoste. 3. 233 Le cittä continue. 5. 236 Le cittä nascoste. 4. 239 Le cittä nascoste. 5. 241 244 Postfazione di Pier Paolo Pasolini 246 Copyright 255 - invece - la cosa si spiega nzi, ě la prima cosa che questo libro: Calvino non rentare: semplicemente si reale - uno dei tanti choc ^puscoli, mezze stagioni o Lgoli piú impensati o piú gnote in cui viviamo - e, jua qualitä struggente di arati, smontati, di tale ana-uoto e nel silenzio cosmico appunto, i sogni. E sempře »ibilitä reale che fornisce e ideologici di Calvino. dvino, «Le cittä invisibili», in a eura di W. Siti e S. De Lau-ilano 1999, t. II, pp. 1724-30. Questo ebook contiene materiále protetto da copyright e non pub essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto ě stato specificamente autorizzato dall'editore, ai termini e alle condizioni alle quali ě stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo těsto cosi come l'alterazione delle informa-zioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell'editore e dell'autore e sará sanzionata civilmente e penal-mente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non potrá in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell'editore. In caso di consenso, tale ebook non potrá avere alcuna forma diversa da quella in cui 1'opera ě stata pubblicata e le condizioni incluse alia presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www. libr imon dadori.it Le cittä invisibili di Italo Calvino © 1993 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano © 2002 by The Estate of Italo Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Per lo scritto di Pier Paolo Pasolini © Garzanti Editore s.p.a., 1996; © 2006, Garzanti Libri s.p.a., Milano A questa edizione ha collaborato Luca Baranelli. II testo di Calvino nella pagina "II libro" ě tratto da una conferenza tenuta a New York nel 1983. Ebook ISBN 9788852027345 COPERTINA I I COVER DESIGN': LEFTLOFT 1988-89 © EREDI DI LUIGIGHIRRI «UAUTORE- I I ©JERRY BAUER FOTO DI LUIGI Gl IIRRI, BAGNO SAN VITO, IIa pagina 85 Pagina 254 Pagina 255