174 Coro ;...; ,,!..„. Violenza áeca del mondo EPOCA 9 LA NUOVA ITAUA coli; o piú debole, o piú incauto, o piú egoista degli altri, volle gruppo per vaghezza delTignoto, o per brama di meglio, o per ^t'*1' conoscere il mondo, il mondo, da pesce vorace com e, se lo mař'6' 1 piú prossimi con lni43. - E sotto questo aspetto, vedete che il drantm!^' manca ďinteresse. Per le ostriche 1'argomento piú interessante de» " quello che tratta delle insidie del gambero, o del coltello del paJoL^ che le stacca dallo scoglio. 43. Un dramma ... con lui: si esprime, qui, il tema narrativo del carattere distruttivo che assume, per le persone di quel pověro mondo («uno di quei piccoli»), il ri-chiamo del mondo piú grande e scono- sciuto, la brama di meglio, lupina*, migliorare la propria condiaur* d, m fonte di rovina non solo per i luigotj, cercano quelle nuove siradc, mi otj, per le loro famiglie Utuňpiújmm, Rosso MaLpelo Questa novella, apparsa sul «Fanfulla della Dorrienica» dal 2 al <, ipwo 1878 e ripresa in un opuscolo della «Biblioteca dell'artigiano» (i8ío!,< stituí la prima grande uscita pubblica del Verga «verista». Uno spuntodr terminante per la sua elaborazione fu fornito dall'appendice su í/W.-deifanciulli nelle zolfare siríliane delTinchiesta sulla Sicilia di Frandw e Sonnino: al mondo delle zolfare, dove bambini e adolescenti vennr» costretti a un lavoro malsano, massaerante e rimunerato in modo im» rio, Verga sostituisce quello di una cava di rena, mettendo in rn°CB\ figura particolare ed estrema di un ragazzo preso nel cerchio di U"V?T* violenta e senza speranza. Uinizio stesso mostra immediatamente che « tore attribuisce il racconto a una voce che rappresenta il pensiero« comunitä popolare: un pensiero che fa affidamento sul pregwdia». < dente nella giustifieazione della presunta cattiveria del persona»"0 F£ tagonista con il suo essere rosso di capelli; nel suo soprannome c (che, come si dice all'inizio, si ě del tutto sostituito al yero 'f"*'^ stato addirittura dimenticato) non fa che-fissarsi un diftuso ' no, russu malpilu, rioe rosso pelo cattivo. E nel corso della no\ ^ giudizio ha il potere di orientare la narrazione e lo stesso corso ti, e soprattutto offre allo scrittore l'opportunita di ^asC LjootM cerca formale» (Merola): Verga impone al lettore un'interpreta ^ ^ le vicende e una parteeipazione sentimentale che vanno al di ^. to esplicitamente detto, che contraddicono la crudelta dl qu J^^ß zio e del punto di vista popolare. D'altra parte la durezza cuq dt vista corrisponde alla durezza del mondo ^PPiescntiW\^oMif» cieca con cui si impone una realtä materiále, da cui sono esci solazione e ogni riscatto. Ma l'immagine di questa realta e Jtg]t0 zio che la rappresenta sono talmente estremi, da assuiDCTC ^ # ci. La vita del ragazzo che si fa carico fino in fondo del _ _r. p a VERISMO. GIOVANNI VERGA - VITA DEI CAMPI ^ cioVANNl VEROA t 175 0 che assume su di sé 1'ostilitá degli altri, esprimendo il proprio bi-oodi amore solo con la violenza, identificandosi con il mondo animale tond0 oscuro della terra dove ě costretto a lavorare, aequista un duto rilievo simbolico: e la sua fine, nel labirinto oscuro della cava, lo mjonat in una sorta di fantasma che i ragazzi della cava temono di ve-írrt íppanre nel buio, ricollegandolo alle leggende a cui si accenna nel «10 del racconto, di operai perdutisi e vaganti in eterno net corridoi kom uscita. Questo orizzonte mitico-simbolico ě dominato dal colore della rena (con cui vengono come a identificarsi i capelli e 1'intero cxfo del ragazzo) e dal nero che ě delToscuritá sotterranea, ma anche JdpKta&gio esterno, dominato dalla lava della sciara (a ció si aggiungo-soíltrieffetti di colore, come il colore grigio dell'asino bastonato da Rosné poi gettato nella sáara). Essere oscuro della terra e della notte, nel-Biumere su di sé la violenza dell'ambiente e del mondo intorno, Rosso VUlpelo ě spinto da una sorta di frenesia fisica, da una volontá di subire roWirsubire: ed ě come se tutto ció sia stato suscitato dalla mořte del pídit, schiacciato da un pilastro di rena durante un lavoro a cottimo stu-pdunente assunto. La frenesia di Rosso, la sua oscura volontá di ven-iktu. si scarica contro i piú deboli, in un misto di odio e amore, come a wtolineare fino in fondo la negativita e 1'assurditá del fatto stesso di vi-wt. Cosi accade con 1'asino, cosi accade con Ranocchio, il ragazzo scian-:*o con cui egli si accompagna per un certo tempo e verso cui assume x iitcggiamento addirittura pedagogico: come quando va con lui a visi-urt li carcassa dell'asino grigio e gli insegna «a vedere in faccia ogni co-ubdk o brutta», a riconoscere fino in fondo la violenza del mondo, con-■ludendo a proposito dell'asino, con una massima che si rifá al piú anti-»eridicalepessimismo: «E se non fosse mai nato sarebbe stato meglio». m '°ndo é lo stesso Rosso a vivere negando la propria stessa nascita, *X«do ogni possibile affetto, identificando il mondo con la sua cava, >«nt un unica, chiusa prigione (e per questo prova una malsana curiosita levasoche si nasconde nella cava). Ma in questa negazione della vi- * Ko4so nmane attaccato, oltre che ai poveri esseri su cui puó scaricare ■*«u rabbia, a pochi semplici oggetti, come gli «arnesi di suo padre», 11 lo aivt,i)>uano nella suli ultima discesa, o le scarpe del n stesso, che la domenica egli eura amorosamente, restando poi a wmmltrule, 1 w«l!!nn0V^a S' P°ssono distinguere queste sequenze: PWicDtazione e prima desenzione di Rosso Malpelo; • *conto della mořte del padre; v ihina0ne d' C°me RoSSO lavora; t «,f^í>POno con ranocchio e i rapporti con la casa e la famiglia; , , J^4"*™ del cadavere del padre; • BalT-8"8*0 8e«ato nella sciara e le visitě di Rosso con Ranocchio; 1 ]"rIUaem°nedi Ranocchio; ♦ íE0nasc"-.deneUacava; úone della cava e sparizione di Rosso. Orizzonle mitico-simbolico II mondo di Rosso Malpelo i oKuro, •.<• 11 / .1 lucc Pcssimisroo leopardiano E^A9LANU0VAitaüAi8S] Malpelo si chiamava cosi perché aveva i capelli rc si perché era un ragazzo mahzioso e cattivo, che promuj CaP* «» nor dt brbone. Steche tutti alia cava della rena roľsľľT d*^ --------".ija iciia rossa lo pelo; e persino sua madre col sentirgli dir sempře a quel modo si dimenticato il suo nome di battesimo. "ľ"' Del resto, ella lo vedeva soltanto il sabato sera, quando tomava a casa quei pochi soldi delia settimana; e siccome era malpelo c'eraanche ih mere ehe ne sottraesse un paio di quei soldi; e nel dubbio, per non A gliare, la sorella maggiore gli faceva la ricevuta a scapaccioni. Pero il padrone della cava aveva confermato che i soldi erano tantien» piú; e in coscienza erano anche troppi per Malpelo, un monellaccio cht nessuno avrebbe voluto vedersi davanti, e che tutti schivavano come un can rognoso, e lo accarezzavano coi piedi, allorché se lo trovavano a tito Egli era dawero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico. Al mezzo-giorno, mentre tutti gli altri operai della cava si mangiavano in crocchiok loro minestra, e facevano un po' di ricreazione, egli andava a rincanmc ciarsi col suo corbello2 fra le gambe, per rosicchiarsi quel suo pane dim to giorni, come fanno le bestie sue pari; e ciascuno gli diceva la sua mot-teggiandolo, e gli tiravan dei sassi, finché il soprastante3 lo rimandavaalla-voro con una pedata. Ei c'ingrassava fra f calci e si lasciava caricaremeglio dell'asino grigio, senza osar di lagnarsi. Era sempre cenciosoelordoditt na rossa, ché la sua sorella s'era fatta sposa4, e aveva altro pel capo: non dimeno era conosciuto come la bettonica5 per tutto Monserrato e k Car-vana6, tanto ehe la cava dove lavorava la chiamavano «la cava di Malpelo». e cotesto al padrone gli seccava assai. Insonima lo tenevano addirittutapa caritä e perché mastro Misciu7, suo padre, era morto nella cava. Era morto cosi, che un sabato aveva voluto terminare certolavóra presoi cottimo8, di un pilastro lasciato altra volta per sostegno nella cava.ecbi ora non serviva piú, e s'era calcolato cosi ad occhio col padrone per jjo 40 carra9 di rena. Invece mastro Misciu sterrava da tre giorni e ne avana va ancora per la mezza giornata del lunedi. Era stato un magro affare e solo un minchione10 come mastro Misciu aveva potuto lasciarsi gabblrt_1 questo modo dal padrone; perciö appunto lo chiamavano mastro wß Bestia, ed era l'asino da basto" di tutta la cava. Ei, povero diavolaccio. j sciava dire e si contentava di buscarsi12 il pane colle sue braccia, tnvete 1. riescire: riuscire, diventare. 2. corbello: cestino di vimini. 3. soprastante: sorvegliante, addetto al controllo del lavoro degli operai. 4. s'era fatta sposa: si era fidanzata. 5. bettonica: pianta medicinale, molto diffusa e allora molto nota. 6. Monserrato ... Carvana: localitä nei pressi di Catania. 7. mastro Misciu: l'appellativo mastro si usa in Sicilia per gli artigiani e operai non agricoli (cosi sarä per mastro-don Ge- suaido, la cui prima atrivitá era qudíai muratore); Misciu ě diminutivodiDo menico. 8. a cottimo: con pagamento compte" dato una volta per tutte, inipeiiiw* mentě dalle ore effertive di kvoro 9- carra: forma di antico plurako^ per «carri» Ik misura della sabbiavfl»B caJcolata per carri). 10. minchione: sciocco, íngenuo. 11. asino da basto: bestia da sóma 12. buscarsi: procurarsi. VEKGA E VERBMO. GIOVANNI VERGA - VITA DEI CAMPI m GlOVANM je ad(josso ai compagni, e attaccar brighe. Malpelo faceva un visac-"^me se quelle soperchierie cascassero sulle sue spalle, e cosi piccolo Wen aveva di quelle ocehiate che facevano dire agli altri: «Va' lá, che nwa ámorrai nel tuo letto, come tuo padre». hvecenemmen suo padre ci moří nel suo letto, tuttoché fosse una buona bestia Zio Momrnu13 lo sciancato, aveva detto che quel pilastro lí ei non 1'ivrebbe tolto per venti onze'4, tanto era pericoloso; ma ďaltra parte tut-loěpericoloso nelle cave, e se si sta a badare al pericolo, ě meglio andare jtarel'awocato. Adunque il sabato sera mastro Misciu raschiava ancora il suo pilastro che lavemaria era suonata da un pezzo, e tutti i suoi compagni avevano acce-alapipa esenerano andati dicendogli di divertirsi a grattarsila pancia peramor del padrone, e raccomandandogli di non fare la mořte ielsor-<$>.Ei,che cera awezzo alle beffe, non dava retta, e rispondeva soltan-tocogli ah! ah! dei suoi bei colpi di zappa in pieno; e intanto borbottava: •Questo ě per il pane! Questo pel vino! Questo per la gonnella di Nun-ziata'4!* e cosi andava facendo il conto del come avrebbe speso i denari dd suo appalto - il cottimante'7! Fuon della cava il cielo formicolava di Stelle, e laggiú la lanterna fumava e pravá al pari di un arcolaio18; ed il grosso pilastro rosso, sventrato a colpi di zappa, contorcevasi e si piegava in areo come se avesse il mal di pancia, edicesseLoéř.' ohil anchesso. Malpelo andava sgomberando il terreno, e metteva al sicuro il piccone, il sacco vuoto ed il fiasco del vino. D padre die gli voleva bene, poveretto, andava dicendogli; «Tirati indietro!» op-pure«Sta'attento! Sta' attento se cascano dall'alto dei sassolini o della rena grossa». Tutt'a un tratto non disse piú nulla, e Malpelo, che si era voluto a riporre i ferri nel corbello, udí un rumore sordo e soffocato, come Jak rena allorché si rovescia tutta in una volta15; ed il lume si spense. vudla sera in cui vennero a cercare in tutta fretta 1'ingegnere che dirige-lavori della cava ei si trovava a teatro, e non avrebbe cambiato la sua Mtrona con un trono, perch 'era gran dilettante. Rossi rappresentava mleto e e'era un bellissimo teatro*0. Sulla porta si vide accerchiato da Wtele femminucce di Monserrato, che strillavano e si picchiavano il pet- i) Zio Mommu: appellativo usato in ge- "ere per k persone anziane. Mommu e diminutivo di Girolamo. 14. ome: \onia era antdea moneta sicilia- ia, che allora equivaleva a 12 lite circa; P" i parametri del tempo, venti onze era ™»somma considerevole. 'i- di non fare ... sorciv. cioé di non mori- t imrappolato sotto terra. '6. Nunúata: la sorella di Rosso Malpelo. '7. cottimante: chi, come mastro Misciu, P'cnde un lavoro a cottimo (che equiva- *»d un appalto). '8- ucolaio: strurnento per dipanare la la-na' "kl movimento vorticoso. 19. come fa ... in una volta: nelľedizione del 1897 Verga corregge cosí questa frase: «come fa la rena traditora allorché fa pancia e si sventra tutta in una volta». 20. perch'era ... bellissimo teatro: ľedi-zione 1897 sostítuisce queste parole con le seguenri: «quando vennero a cercarlo per il babbo di Malpelo, che aveva fatto la morte del sorcio», inserendo cosí una ri-presa della metafora della morte del sor-cio (giä alla nota 15) ed eliminando il ri-chiamo aR'Amleto e al celebre attore Er-nesto Rossi (1827-1896), grande interprete shakespeariano. 278 E^9uNü0VAITAliA[^ to per annunziare la gran disgrazia ch'era toccata a comare S a la, poveretta, che non dicesse nulla, e sbatteva i denti quasi fait naio. L'ingegnere, quando gli ebbero detto che il caso era accad* ^ ca quattro ore, domandö cosa venissero a fare da lui dopo qu' a' Nondimeno ci andö con Scale e torcie a vento, ma passarono altre/0 * e fecero sei, e lo sciancato disse che a sgomberare il sotterraneo daT"? riale caduto ci voleva una settimana. Altro che quaranta carra di rena"! Deila rena ne era caduta una morm gna, tutta fina e ben bruciata dalla lava, che si sarebbe impastatacoUciu ni e doveva prendere il doppio di calce23. Ce n'era da riempiredellecim per delle settimane. II belTaffare di mastro Bestia! L'ingegnere se ne tornö a veder seppellire Ofelia; e gli altri rainatori s-strinsero nelle spalle, e se ne tornarono a casa ad uno ad uno. Nella rasi e nel gran chiacchierio non badarono a una voce di fanciullo, laqualenor. aveva piü nulla di umano, e strillava: «Scavate! scavate qui! presto!»1 «To'!» disse lo sciancato, «e Malpelo!» Da dove e venuto fuoii Malpelc «Se tu non fossi stato Malpelo, non te la saresti scappata, no!» Gli altri s misero a ridere, e chi diceva che Malpelo avea il diavolo dalla sua, im altro che avea il cuoio duro a rao' dei gattiM. Malpelo non rispondevanulk non piangeva nemmeno, scavava colle unghie colä nella rena, dentrolabo ca, sieche nessuno s'era aecorto di lui; e quando si aecostarono collum gli videro tal viso stravolto, e tali occhiacci invetrati16, e tale schiuma alla bocca da far paura; le unghie gli si erano strappate e gli pendevano dalk mani tutte in sangue. Poi quando vollere toglierlo di lä fu un affarserio; non potendo piü graffiare, mordeva come un cane arrabbiato e dovettw afferrarlo pei capelli, per tirarlo via a viva forza. Perö infine tornö alla cava dopo qualche giorno, quando sua madrepii gnuecolando ve lo condusse per mano; giacche, alle volte il paneches mangia non si puö andare a cercarlo di qua e di la. Anzi non volle piü ^ lontanarsi da quella galleria, e sterrava con accanimento, quasi ogm cot bello di rena lo levasse di sul petto a suo padre. Alle volte, mentre zappa va, si fermava bruscamente, colla zappa in aria, il viso torvo e gli occhist« zi. comare Santa: la madre di Malpelo. xi. L'ingegnere ... quaranta carra di rena: questa la lezione dell'edizione 1897: «L'ingegnere, quando gli ebbero detto il come e il quando, che la disgrazia era accaduta da circa tre ore, e Misciu Bestia doveva giä essere bell'e arrivato in paradiso. andö proprio per scarico di coscienza. con scale e corde, a fare il bueo nella rena. Altro che quaranta carra! Lo sciancato disse che a sgomberare il sotterraneo ci voleva almeno una settimana». 13. doveva ... di calce: «era capace di as-sorbire molta calce, tanto era fine» (e quindiben adatta alla muratura). 24. L'ingegnere ... scavate qui.' presro!- neu eHizione 1897 queste frasi sonososc-tuite solo dalla seguente: «Nessuno lu dava al ragazzo che si graffiavalafaccuf urJava, come una bestia dawero»: vet cosi artenuata 1'indifferenza deü'ingegne-re che torna ad assistere al res» quantunque fossero troppo pe-Derl'eri sua; e quando gli aveano chiesto se voleva venderli, che gHe-u^ebbero pagati come nuovi, egli aveva risposto di no; suo padre li ha i i cosi lisci e lucenti nel manico colle sue mani, ed ei non avrebbe potu-J^arsene »Ha cava dissero che Ranocchio era morto, ed ei pensö che la SMI'0 Ai° stric^eva anche per lui nella notte, e tornö a visitare le ossa cW ff fF'&'°: nel Durrone dove solevano andare insieme con Ranoc- 1 Ran ta t &n^i0 n°n rirnanevano Pm cne le ossa sgangherate, ed anche Nch U stat0 cosi' e sua madre si sarebbe asciugati gli occhi, Miscina" madre ^ MalPel° s'era asciugati i suoi dopo che mastro «äfeaCtfl™0"0, 6 adesso si era maritata un'altra volta, ed era andata a au , anche la sorella si era maritata e avevano chiusa la casa. D'o- 49. Oed,;, j' ,nvido-. economico, totalmente condiviso dallo come s« ° tSSUti presenti ne,la cava, stesso Malpelo, come mostrano i periodi tadcü fra i settlmina: e uno dei piü successive ^ v°ce «no^J COnlmenti crudeli fatti 51. slattano: svezzano. «ispirat narra la novel 52" Cifeli: Cibali'localitä a nord est ^ Cä" 0 a un impietoso realismo tania (oggi quartiere della cittä). z86 V***9 UNUOVAITAm ■86,-, ra in poi, se lo battevano, a loro non importava piú nulla e 1 ' no, e quando sarebbe divenuto come il grigio 0 come Ŕano^"'3111'* avrebbe sentito piú nulla. cchl0' B0c Verso quell'epoca venne a lavorare nella cava uno ehe non s'era mai e si teneva nascosto il piú ehe poteva; gli altri operai dicevano fa d^U ehe era scappato dalla prigione, e se Io pigliavano ce lo tomavanoadľ dere per degli anni e degli anni. Malpelo seppe in quelľoccasione d*k prigione era un luogo dove si mettevano i ladri, e i malarnesi come lui tenevano sempře chiusi lä dentro e guardatí a vista. Da quel momento provô una malsana curiositäperquelluomocheaveví provata la prigione e n'era scappato. Dopo poche settimane pero il (um tivo dichiarô chiaro e tondo che era stanco di quella vitacciadatalpat piuttosto si contentava di staré in galéra tutta la vita, ché la prigione in confronto, era un paradiso e preferiva tornarci coi suoi piedi. «AUora per-ché tutti quelli che lavorano nella cava non si fanno mettere in prigione^ domandô Malpelo. «Perché non sono malpelo come te!» rispose lo sciancato. «Ma non tane re, che tu ci andrai e ci lascerai le ossa». Invece le ossa le lasciô nella cava, Malpelo, come suo padre, ma in módo diverso. Una volta si doveva esplorare un passaggio che si riteneva comu nicasse col pozzo grande a sinistra, verso la valle, e se la cosa era vera, si sarebbe risparmiata una buona metá di mano ďopera nel cavarfuorilí re na. Ma se non era vero, c'era il pericolo di smarrirsi e di non tomate nm piú. Sicché nessun padre di famiglia voleva awenturarvisi, né avrebbeper messo che ci si arrischiasse il sangue suo per tutto 1'oro del mondo. Ma Malpelo non aveva nemmeno chi si prendesse tutto 1'oro del mondo per la sua pelle, se pure la sua pelle valeva tutto ľoro del mondo; sua ma dre si era rimaritata e se n'era andata a staré a Cifali, e sua sorellas'asra-ritata anch'essa. La porta della casa era chiusa, ed ei non aveva altro chek scarpe di suo padre appese al chiodo; perciô gli commettevanoHsemprti lavori piú pericolosi, e le imprese piú arrischiate, e s'ei non si aveva ri guardo aleuno, gh altri non ne avevano certamente per lui. Quando o mandarono per quella esplorazione si risowenne del minatore, J q e era smarrito, da anni ed anni, e cammina e cammina ancora dM»F dando aiuto, senza che nessuno possa udirlo; ma non disse nulla. sto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il piccone, í P pa, la lanterna, il sacco col pane, e il fiasco del vino, e se ne ando: ne p seppe nulla di lui. Cosi si persero persin le ossa di Malpelo, e i ragazzi della cava abb*a»» la voce quando parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di selo comparire dinanzi, coi capelli rossi e gli ocehiacá grígi. 53- commettevano: affidav GlOVANNI VERGA E IL VERISMO. GIOVANNI VERGA VITA DEI CAMPI 18- La Lupa nove]]a fu pubblicata nella «Rivista nuova di scienze, lettere e arti», rSpQJj (,5 febbraio 1880), prima di essere inclusa, pochi mesi dopo, nella lm ediaone di Vita dei campi: moko piú tardi Verga ne diede una versio-'^reatrale. messa in scéna al teatro Gerbino di Torino il 26 gennaio 1896. La figura della protagonista del racconto ě modellata su di un personag-reále: una donna che abitava una capanna nei pressi della casa di Luigi [jpuana, a Santa Margherita presso Mineo. Lo testimonia lo stesso Capua-m,in una recensione a Vita dei campi uscita sul «Corriere della sera» del 20-iisettembre 1880: «Quella Lupa io ľho conosciuta. Tre mesi fa, tra le colli-m di Santa Margherita, su quel di Mineo, passavo pel luogo dov'era una volta il pagliaio di lei, fra gli ulivi, presso una fila di pioppi che si rizzano graci-aestentati sul terreno umidiccio. [...] Ora il pagliaio ě distrutto, e quel-langolo di collina deserto. Io provavo un gran senso di tristezza nel guardar quella rovina*. E la cosa ě ncordata ancora da Verga in un ricordo dell'a-micoscomparso, uscito sul «Giornale dell'Isola» del 30 novembre 1915: «Egli ÍCapuana] mi fece vedere la capanna di gnä Pina, la sciagurata madre adul-rera: e assistendo al ballo dei contadini, la sera, dinanzi a quella candela fu-mosa appesa al torchio delle olive mi parve di vedere anch'io viventi, le fo-sche figuře di quel dramma fosco». La figura fosca di questa protagonista, :on la sua sensualitä incontenibile, cieca e distruttiva, domina tutto lo spa-U3 della novella, che precipita veloce verso ľesito tragico: il personaggio ě comeunemanazione perversa della violenza e della densitá del paesaggio, Ji quella campagna bruciata dal sole, tra i sassi infuocati e le stoppie riarse. I gesti e i movimenti degli esseri umani, nelle diverse fasi della vicenda, si svol-gono in una concentrata essenzialita, come svuotati di ogni possibile riso-runza sentimentale: tutto ě spietato, implacabile, come in una maledizione taerininata da sempře, in un mondo di <> rozzezza. Nella brevitä ™ costruzione narrativa dominano dei «fatti» ridotti all'osso, la cui es-50123 <> (cfr. nota 11, p. 289). Si tratta di procedimenti >>mtm mo'to vicúii a quelli piú ampiamente dispiegati ne IMalavoglia. MM e'3' ™.agra; aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna e pure rjj e j* pm 810vane; era pallida come se avesse sempře addosso la mala-che J " qud pal]ore due ocehi grandi cosi, e delle labbra fresche e rosse, ^ Le d?'° ^ íľ^iamavano ^ Lupa perché non era sazia giammai - di nul-"na cae^a"6 * vano la croce quando la vedevano passare, sola come ta;eliasi CC1?' con. 1ueu'andare randagio e sospettoso della lupa affama-•''suelabb 3Va 1 l0r° fi8Iiuoli e í loro mariti m un ťatter ďoechio, con ra tosse>e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli Sensualitá distruttiva in un mondo di primitiva rozzezza