Qggna di interesse ci sembra in queste pagine un'indicazione di gusto: la predilezione r |a Roma tardo-rinascimentale e barocca (cantata giá da D'Annunzio nelle Elegie romo ^del 1887), che rappresenta un capovolgimento di quel culto delia romanitá che aveva oratterizzato tanta culture italiana del passato e ai tempi del Piacere aveva il suo vate in Carducci. La Roma prediletta da Andrea Sperelli é invece quella barocca, dalle cui ville e dalle cui piazze emana per lui il fascino di una civiltá nella cui raggiunta opulenza si sento n0 giá ľartificio e un senfore di disfacimento. Questo orientamento del gusto, questa attra-zione per le manifestazioni artistiche di civiltá sofisticate e "disfatte", sono tipici della culture del decadentismo (lo stesso Des Esseintes non preferiva i poeti latini della decadenza a quelli delľetá augustea?). per indicazioni su // piacere cfr. la Scheda di lettura 6. .tiporttamo akunipassi del D'Annunzio romanzierc, incentrati sulk rappresentazione di figure femminili, per mostrare k varieta di toni e di fisionotnia che nella sua produzwne assume la femminilitá. Si insiste molto (e labbiamofatto anche noi nel ProfiloJ sul mito umano "maschile" elaborato da D'Annunzio su suggestioni decadenti e superomistiche, ma anche i suoi miti umani "al femminile" meritano attenzione per la low varieta (o antiteticitá: si pensi ad Elena Muti per un verso e a Mik, figlia di Jorio, per Valtro) che testimonia la disponibilita multiforme (con un sospetto di dilettantismo sperimentalish-co) di questo serittore, pronto a recepire, "personalizzandoli", motivi che erano gtá pre-senti nelle letterature straniere. oia Elena Muti, "la divina" In questi due passi del Piacere - che riportiamo invertendo I'ordine col quale si susseguo-no nel romanzo - k rappresentazione di Elena Muti, oggetto della passione di Andrea Sperelli, ě, per cosi dire, giocata su due versanti: quello della raffinata mondanitá e quello delk sensualitá; ma nelVuno e neU'altro ambito ě presente sempre Fimpegno di trasfigu-rare il dato reale, di sublimarlo - nella direzione della Bellezza - o con k preziosita del linguaggio o con il riferimento colto. /II piacere/ Ella saliva d'innanzi a lui, lentamente, mollemente, con una specie di misura. Il mantello foderato d'una pelliccia nivea come la piuma de' cigni, non piú retto dal fermaglio, le si abbandonava intorno al busto lasciando scoperte le spalle. Le spal-le emergevano pallide come lavorio polito, divise da un solco morbido, con le scapule che nel perdersi dentro i merletti del busto avevano non so qual curva fuggevole, quale dolce declinazione di ali; e su dalle spalle svolgevasi agile e tondo il collo; e dalla nuca i capelli, come rawolti in una spira, piegavano al sommo della testa e vi formavano un nodo, sotto il morso delle forcine gemmate. Quell'armoniosa ascensione della dama sconosciuta dava agli occhi d'Andrea un diletto cosi vivo chegli si ferrno un istante, sul primo pianerottolo, ad ammi-rare. Lo strascico faceva su i gradini un fruscio forte. Il servo camminava indietro, non su i passi della sua signora lungo la guida di tappeto rosso, ma da un lato, lungo la parete, con una irreprensibile compostezza. II contrasto tra quella magni-nca creatura e quel rigido automa era assai bizzarre Andrea sorrise. [...] (i 15 Allora sorse nello spirito dell'aspettante un ricordo.1 Proprio innanzi a quel ca-minetto Elena un tempo amava indugiare, prima di rivestirsi, dopo un'ora d'inti-mita. Ella aveva molt'arte nell'accumular gran pezzi di legno su gli alari. Prendeva le molle pesanti con ambo le mani e rovesciava un po' indietro il capo ad evitar le faville. II suo corpo sul tappeto, nell'atto un po' faticoso, per i movimenti de' mu- 20 scoli e per l'ondeggiar delle ombre pareva sorridere da tutte le giunture, da tutte le pieghe, da tutti i cavi, soffuso d'un pallor d'ambra che richiamava al pensiero la Danae del Correggio. Ed ella aveva appunto le estremita un po' correggesche, le mani e i piedi piccoli e pieghevoli, quasi direi arborei come nelle statue di Paine in sul principio primissimo della metamorfosi favoleggiata. 25 Appena ella aveva compiuta l'opera, le legna conflagravano e rendevano un su-bito bagliore. Nella stanza quel caldo lume rossastro e il gelato crepuscolo entran-te pe' vetri lottavano qualche tempo. L'odore del ginepro arso dava al capo uno stordimento leggero. Elena pareva presa da una specie di follia infantile alia vista della vampa. Aveva l'abitudine, un po' crudele, di sfogliar sul tappeto tutti i fiori 30 ch'eran ne' vasi, alia fine d'ogni convegno d'amore. Quando tornava nella stanza, dopo essersi vestita, mettendosi i guanti o chiudendo un fermaglio sorrideva in mezzo a quella devastazione; e nulla eguagliava la grazia dell'atto che ogni volta ella faceva sollevando un poco la gonna ed avanzando prima un piede e poi I'altro perche 1'amante chino legasse i nastri della Scarpa ancora disciolti. 1 Allora... nconia. Andrea Sperclli attendc l'arrivo dell'amante Elena Muti. 2 Correggio: il pittore Antonio Allegri detto il Correggio, che lavorö soprattutto a Parma fra Quattrocento e Cinquecento; Danae ě rappresen-tata in una sua pittura. 3 arborei... favoleggiata: poiche non.rlca.iornia-l'amore di Apollo, Dame venne da hn V*\^Lt in ta in alloro. La trasformazione del *°SI «^niiii albcro ha ispirato, fra gli altri drt'stl'' )toreo per il suo Apollo e Daftie, capolavoro st quale D'Annunzio qui sicuramentf all»11 634 I ( I ASSI*! Tl04 La sera fiesolana Questa famosa lirica - tratta da Alcyonc, terzo volume delle I audi fu junta (l) porre, come ti legge sul manoseritto autografu, a *k i appom wa, Settignano di l)esi? no, aidi 17digiugno 1899, verso sera, dopo lu pioggia*. La dolcezza della sera sopravveniente, nel silenzto della campagna fiesolana, il lorare - musicale, quasi - del cielo e degli aspetti delle cose, le suggestiom < he la nati assume, gli inviti ad inefjabili fantasie che essa suggerisee sono rest dal pocta in questa? rica con um tale levita di accenti, con una lapaeita < grete risponden tra paesaggio e stato ďanimo, che da un lato rendono itnpossibile quahiasi trast >izlon di questi versi in un linguaggio logica discorsivo, talmente rarefatto e impalpabile ě tllJr contenuto, dallaltro ne fanno uno dei risultatipiu alti dellapoesia dannunziana /Alcyone/ 10 15 Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscio che fan le foglie del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor sattarda a lopra lenta su Talta scala che s'annera contro il fusto che s'inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna é prossima a le soglie cerule e par che innanzi a sé distenda un velo ove il nostro sogno si giace e par che la campagna giá si senta da lei sommersa nel notturno gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla. I^audata sii pel tuo viso di perla, o Sera, e pe' tuoi grandi umidi ocehi ove si tace l'acqua del cielo! Dolci le mie parole ne la sera ti sien come la pioggia che bruiva 1 Nora melrica: tre strofc di quattordici versi di varia lunghezza (cndecasillabi, cnneasillabi, sette nari, quinari, ipermetri) legati variamente dalla rima. Ognuna dellc tre strofe c seguita da una lauda alia sera di tre versi, ognuno dci quali C col-legato con la rima a versi precedenti (15 per/a: 14 vederla; 16 tace: 13 pace, 17 cielo: 12 gelo, ccc). 2 ti sien: il poeta si rivolge, come in parecchie al tre liriche dcll'Alcyone, a una donna. Ma si tratta d'una presenza chc non ha nulla di corporeo: e un fantasma femminile che sin daH'inizio ci introduce in un clima di ineffabile e sfumata tencrezza. 2-6 fruscio... s'inargenta: un attonito, religioso si-liii/io, rcgna sulla campagna, al punto che e per-cepibilc persino il truscio delle foglie che, nel contempo, sottolinca per tontrasto questo silcn-/io, il fusto del gclso spicca con la sua chiara cor-teccia, scmbra ancora piu chiaro in confronto alia scala che vi c appoggiata. 8-9 soglie cerule. all'orizzonte, alle soglie del ciel*>-si annuncia il chiarore {un velo) della luna sor-gentc: c come un velo, un incanto che inviia > poeta e la donna - muta presenza - all'abbando no e al sogno. Ma anche la natura parteeipa quasl della musicale dolcezza dell'ora e si lascia sonv mergere dal refrigerio del gelo notturno e da pace alla quäle, quasi creatura umana, ha ane a (sperata). ^ 16-17 e pe' tuoi... cielo!: I'umidore che allai«Jj» diffuso nell'atmosfera (l'acqua del aelo) fc terä, durante la notte silenziosa, rugiada. Ma^J4). nomeno atmosferico diventa suggestiva e rJJJ. sa personificazione: la sera, illuminata dalla ^o na luce lunarc, e quasi una creatura che » di perla e umidi occhi che preludono al p'a" 19 bruiva: gorgogliava tra il fogliame. 646 D ASNVNZ10 T104 tepida e fuggitiva, commiato lacrimoso de la primavera, su i gelsi e su gli olmi e su le viti e su i pini dai novelli rosei diti ehe giocano con ľaura ehe si perde, e su '1 grano ehe non ě biondo aneóra e non é verde, e su '1 fieno ehe giä pati la falce e trascolora, e su gli olivi, su i fratelli olivi ehe fan di santitä pallidi i clivi e sorridenti. Laudata sii per le tue vešti aulenti, o Sera, e pel cinto ehe ti cinge come il salce il fien ehe odora! Io ti dirô verso quali reami ďamor ci chiami il fiume, le cui fonti eterne a ľombra de gli antichi rami parlano nel mistero sacro dei monti; e ti dirô per qual segreto le colline su i limpidi orizzonti s'incúrvino come labbra ehe un divieto chiuda, e perché la volontä di dire le faccia belie oltre ogni uman desire e nel silenzio lor sempře novelle consolatrici, si ehe pare ehe ogni sera ľanima le possa amare d'amor piú forte. Laudata sii per la tua pura morte, o Sera, e per ľattesa ehe in te fa palpitare le prime stelle! 23 novelli... dite. le nuove gemme dei piru sono quasi rosee ďita. Continua il processo di antropo-morfizzazione delia nátura ehe nell'Akyone il poeta realizza, ma con sensibilita e atteggiamenti diversi da quelli delia mitologia classica. 29-30 fratelh... cliví: ě forse ľunica stonatura delia lirica: versi di un francescanesimo estetizzante ehe contrastano con la piú autentica vocazione dannunziana ehe sente e canta la nátura in questa e altre liriche áe\Y Alcyone in una dimensione panica, non religiosa e serafica. 33 cinto: ľorizzonte cinge questa figura femmini-le (la sera) dalle vešti aulenti (i tanti profumi ehe esalano dalla terra umida, dal fieno falciato, dai pini). 35-38 ío... monti: «inutile chiederci il senso pre-ciso di questi reami: la fantasia si erea queste di- mensioni e queste prospettive fascinose di fiaba, badando piu al valore fonico e vanamente evoca-tivo delle parole ehe al loro significato preciso e individuante. Anche le immagini ehe seguono, appoggiate sugli aggettivi favolosi (fonti eterne, antichi rami, mistero sacro), conducono a queste remote regioni, sontuosi reami d'amore» (Bárbe-ri Squarotti-Iacomuzzi). 40-45 le colline... lor. un'ultima personificazione: le curve delle colline di Fiesole diventano nella fantasia trasfigurante del poeta, labbra femmili ehe vorrebbero aprirsi a rivelare qualcosa (un segreto, un affetto?) e non possono e questo loro silenzio le rende piu affascinanti. 49 tua... morte, la sera muore, ftnisce al subentra-re delia notte. E9SBI Ci limitiamo a richiamare ľaftenzione, per ulteriori analisi e approfondimenti Su dat.. Qlcu"i a) La descrizione della nátura, colta in un momento di grande suggestione, é r con una particolare soluzione: il paesaggio assume dimensione umana. sera dal • 0 perla, dalle věsti aulenti, dai grandi occhi umidi, píni dai novelli rosei diti, colline S° ^ labbri ecc. b) Ognuna delle tre strofe é caratterizzata dalla «totale coincidenza tra pprir^m . . e periodo logico-sintattico. Cosi, nella prima e nella seconda strofa il discorso poetičo~fi|f sce liberamente senza pause di sorta (solo al v. 7 di ciascuna strofa si colloca una |jev' battuta ďarresto) e senza alcuna punteggiatura rilevante (la prima strofa, per altro non 6 segnata neppure da una virgola). Nella terza strofa, invece, una pausa abbastanza forte 6 colloca dopo il v. 38, ma essa é minimizzata dalla ripresa, nel verso successivo, del mede-simo nesso di apertura della strofa ("lo ti díro / ... / e ti dirô") e il periodo rimane estrema mentě sciolto e leggero» (Roncoroni). c) La fluida musicalitá della lirica é ottenuta con una grande sapienza formale che intan-to utilizza abilmente la dissoluzione delle forme chiuse tradizionali, realizzando cosi modalita espressive vincolate solo relafivamente da un prefissato sistema metrico-strofico, ed inol-tre sfrutta le valenze foniche della parola con un complesso gioco (w. 1-3 sera.. sien fru-scio.Jan... foglie; v. 36 amor... chiami... fiume) che merita una puntuale analisi. T105 La pioggia nel pineto Tratta dali'Alcyone - e composta nel luglio-agosto 1902 - questa lirica ě stata e continua ad essere tra le piu famose (o forse la piü famosa) fra le cotnposizioni di D'Annunzio. Ciö ě dovuto certamente alia grande sapienza formale con la quale ě costruita, ai calcolati ef-fetti che il poeta riesce a offenere. Nella lettura non ci si limiti pero a considerare solo questo aspetto sia pur fundamentale, ma si tenga presente che la lirica ě animata da un motivo che percorre tutto V Alcyone, vale a dire il superamento della limitata dimensione umana in una prospettiva panica difusione con la natura, di immedesimazione e di tne-tamorfosi. /Alcyone / Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole piü nuove che parlánó gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piové dalle nuvole sparse. I Nota metriccr. quattro "stroťe lunghe" di trenta-due versi liberi ciascuna. 1 Tul v. linvito a tacere, a CQgJiere con particoiare attcruiune tuttc le voci della natura (v. X: Ascolta; v. 33: Odi?; v. 40: Ascolta; v. 65: Ascolta, ascolta; v. 88: Ascolta), ě rivolto alia tompagna Lrrruune (nominata al v. 32). 'ontaÍeTÍn" l°"ta,te: P*™le che gocce e foglie kggera M tr™a quindi di una / e. parole pronunciate, dt 648 Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di riori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvan i, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti 25 leggieri, su i freschi pensieri che 1'anima schiude novella, su la favola bella 30 che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria 35 verdura con un crepitio che dura e varia nelľaria secondo le fronde piú rade, men rade. IP Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, 5 né il ciel cineŕino. • 0-11 tamerici... arse. le tamerici arbusti batti dalle foglic piccolissime) sono salmastre, áoi im pregnate di salsedine la pincta ě non lontan.i dal mare) e arse dal sole. 12-13 tu i pini... irti: scaglwsi per la corteccia ru- vida, a grosse scaglie: irír per gli aghi. 15 divini: perche sacri a Venere. ■6-17 fulgenti... accolti: che mandano una vŕvida 'uce {jidgenti) per il colore giallo oro dei loro fiori d'sposti a grappoli, raccolti (accolti). 19 coccole aulenti: bacche odorose. -1 silvam: ľenumerazione delle pianle c dei tion delia pineta ha creato la premessa per questa tu s'one ^ra creature umane e nátura, per questo a>mpenetrarsi del poeta e delia sua donna con la •sostanza stessa delia seba >tl\iuiO. 26-3l >// , freschi... tn'illude. la pioggia rinťresca e nnnova non soltanto tamerici e pini, mirti e gi- nestie, iiu anche i pension Ji que»ti due esseri umani immersi nella dimensione sílvana, ne ren de nuova e froca raiuma, e specialmente la rtoria Jajnorc che essi vivono v onu- una bella ťavola, ctoe con la consapevolez/a di abbandonarsi alhl lusionc. \2 í unione nella mitologia greca era una riglw di Klena. II nome ritORM piu volte nell UtyWM e designa «.on molta probabilita la Duse. ,om 1,, quale il pocta visse un'mtensa stoná ďamorc. 33 verdura: togliamc. 41 pianto: la pioggia, quasi pianto del GMlo, pro vocala o reeata dal vento di Auslro (di nuv/o giomo) e quindi pianto australc(\. 43). 43-45 i/u'... iVicnno: ne la pioggia [pianto ůtlttH le) ně il grigiore del cielo COkM cetMM hm.-hm.h riescono i spaventarc (mm impaura) e ■ lar ucerc le cicale. 50 55 60 E il pino ha un suono, C il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, darborea vita viventi; e il tuo volto ebro e molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. 65 Ascolta, ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco piü sordo si fa sotto il pianto 70 che cresce; ma un canto vi si mesce piü roco che di laggiü sale, daH'umida ombra remota. 75 Piü sordo e piü fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. 80 Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, 85 il croscio che varia secondo la fronda piü folta, men folta. 51 innuniercvoli ditcr. ie gocce di pioggia. 52-54 £ immersi ... silvestre: fusi quasi con la piu intima sostanza della selva (cfr. v. 21: silvani). 60 auliscono: profumano. 62 creatura terrestre. non ha qui il generico signi-ficato di "essere umano", ma mira a sottolineare la hjsione cul conlesto naturale descrittn, quasi «germogliato dal suolo come una pianta» (Pal mieri) 65-70 L'accordo... cresce. aumenta la pioggia e si smorza (piu sordo) il canto delle cicale («# che stanno fra i rami degli alberi, nell tnf^ ^ 71-76 ma un canto... spegne. e il BraUtJ|nJ ,u> rane (vv. 90-91), la cui rjrovenienza j,^(JIlil„/.i l'indeterminate//a, in una suggestiva ? (laggiu... remota, e al v. 94; chi >>'■■ ''"'j sUi, .rcf 83 l'argentea pioggia: <«argentina per ^ffino "■ tare metallico o per il suo cob**'?* inn""0*'" perche pare fatta di innumerevoli a 1 come sottolinea Federico Roncoron' Ascolta. La tiglia dell'aria t muta; ma la tiglia 40 del limo lontana, la rana, canta nell'ombra piü fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. 95 100 Piove su le tue ciglia nere si che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita e in noi fresca aulente, il cuor nel petto e come pesca 105 intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. no E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude a allaccia i malleoli c'intrica i ginocchi) 115 chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, 0 Ermione. 89-9l la figlm... limo: la cicala e la rana. 108 alveoli: le cavita delle gengive. 100 virente. verdeggiante, arborea: e l'awenuta 112 verde vigor rude. I intnco dcgh arbusti del metamorfosi in elemento della natura. sottobosco. '07 polle. vene d'acqua sorgiva. Siamo d. fronte ad un componimento di estrema sapienza formale, giocato su calibratis-^ rapporti fonici, simmetrie, corrispondenze. Ci limitiamo a forn.re alcune md.caz.on,, solla cui scorta il lettore poträ procedere ad ulteriori nlievi. __ Pagina del-ľautoerafo to e foto di Eleonora Duse. jH-kIm- HO. á,\ i A'Tx 'í v. ^ 1) Bisogna guardarsi dal cercare in questi versi la traduzione fonica di un fenomeno naturale: lo scrosciare della pioggia in una pineta. D'Annunzio non mira a un'imitazione fonica naturalisticamenfe intesa, alia creazione di appropriate onomatopee; si impegna invece nella realizzazione di una particolare, nuovo musicaiita, che ha una sua validita e una sua autonomia indipendentemente dal terna trattato La trama delle parole ha owiamente un suo valore semanfico, racconta certe cose (la pioggia, i rumori, la metamorfosi "silvana"), ma soprartutto mira ad istituire un flusso, un discorso musicale, una trama di corrisponden-ze foniche. Sul piano del racconto e del significato non ě necessario - solo per fare un esempio - usare dieci volte il termine Piove, in quanto esso non fornisce, dopo la prima oc-correnza, alcun supplemento di informazione, alcun dato nuovo; ě necessario invece ai fin' musicali, come calibrate ripresa e scansione fonica: in questo senso le parole che usa il poeta sono - ed egli ne é pienamente cosciente - «parole piü nuove», parole cioě che creano una musicaiita nuova. 2) Va un particolare segnalato il ruolo svolto dalla ripetizione: - di parole tematiche: piove (10 volte); pioggia (3); udire, nelle forme odo e odi (5); ascol-to (5); - del vocativo Ermione, a conclusione di ogni strofa; - del blocco dei w. 20-32, che ritorna nella conclusione (w. 116-1 28). 3) In aggiunta agli effetti musicali creati dalle vere e proprie rime esistono una trama di effetti fonici - che consigliamo di inventariare - creata da rime interne (w. 4-7: umane: Ion-tane) e parallelismi fonici di vario genere (w. 38-43: secondo; fr onde; pianto, canto) 4) Sul piano metrico i versi oscillano tra il minimo del ternario (w. 7, 15 ecc.) e il massj-mo del novenario (w. 6, 104) con prevalenza del senario, ma - come ha notato il Menga do - puö capitare che la lettura continuata di due versicoli di seguito dia luogo ad altreum metrico-ritmiche diverse da quelle apparenti: «ma odo/ parole piů nuove» ai w. ^/°r p, un novenario, «E piove sui nostri volti/ silvani» ai w. 116-117 forma un endecasillabo-conseguenza sussiste nel componimento «la possibilitá continua di doppie letture ritrnico-triche, suggerite rispettivamente dalla partizione esteriore in versi e dalla possibilitá di *c posizione e ricomposizione degli stessi secondo misure meno esteriormente sugge"*8*' 652 L'onda £ una delle piu famose lirkhe di D'Annunzio (il che non significa delle ptu valide I; e, come si legge sul manoscrttto autografe fu cotnposta il 21 agosto 1902 e pubblicata per la prima volta ne//'Alcyone. II lungo componimento ha una ftnalitä fonica ptu che descrit-tiva: il poeta si impegna virtuosisticamente per gareggtare sul piano del fiiMilMliil con If spettacolo naturale *in guisa che le parole paiono rendere m immediate:^ di mm* i fluttuantt giuocht del mareaccolto in una cala tranquilla» (Palmieri). /Alcyone/ Nella cala tranquilla scintilla, intesto di scaglia come Tantica 5 lorica del catafratto, il Mare. Sembra trascolorare. S'argenta? s'oscura? 10 A un tratto come colpo dismaglia l'arme, la forza del vento Tintacca. Non dura. 15 Nasce Tonda fiacca, subito s'ammorza. II vento rinforza. Altra onda nasce, si perde, 20 come agnello che pasce pel verde: un fiocco di spuma che balza! Ma il vento riviene, 25 rincalza, ridonda. Altra onda s'alza, nel suo nascimento piu lene che ventre virginale! 30 Palpita, sale, si gonfia, s'incurva, s'alluma, propende. ■ Nota metrica: «strofe lunga», secondo la defini-zione dell'autore, di 100 versi liberi c due settena-0 finali nei quali varie volte, come ha notato il Mengaldo, la lettura continuata di due versi da luogo allendecasillabo: ad esempio w. 30-31, w. 45-46. Rime, rime interne (43; 54) e assonanze (45-46 ulva: s'allunga) liberamente collocate. 3-7 intesto... il Marc, il mare che scintilla e rico-Perto e quasi intessuto (intesto) di scaglie come quelle che ricoprivano le corazze degli antichi guerrieri lira questi il catafratto era un soldato che assieme al cavallo era ricoperto da unarma tura detta appunto catatratta). 10-14 A m tratto... N'on dura: come un ťendente rompe le maglie (dismaglia) dell'arnutura cosi il vento - che pero non ě costante, non dura - rompe la superficie marina. 25 ridonda: ě abbondante, acquista intensita. 28 piii lene. piu delicata. 32 ťdfhimr diventa luccicante, «si illumina di spuma» (Roncoroni). II dorso ampio splende come cristallo; la cima leggiera s'arruffa come criniera nivea di cavallo. II vento la scavezza. L'onda si spezza, precipita nel cavo del solco sonora; spumeggia, biancheggia, s'infiora, odora, travolge la cuora, trae Taiga e Tulva; s'allunga, rotola, galoppa; intoppa in altra cui '1 vento die tempra diversa; l'awersa, Tassalta, la sormonta, vi si mesce, s'accresce. Di spruzzi, di sprazzi, di fiocchi, d'iridi ferve nella risacca; par che di crisopazzi scintilli e di berilli viridi a sacca. O sua favella! Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta, accorda, discorda, tutte accoglie e fonde le dissonanze acute nelle sue volute profonde, 39 la scavezza: la rompe. 41-42 cavo del solco: la cavitä che si forma davan-ti ad ogni onda. 44 s'infiora, odora: la spuma dell'onda diventa, neU'immagine poetica, fiori e da qui il rapporto di causa ed effetto - sottolineato dalla rima interna - fiori: odore (il salmastro del mare). I due termini sono cioe strettamente collegati sia sul piano logico sia su quello fonico. 45 la cuora: residui vegetali che galleggiano. 46 Vulva: un tipo di alga. 49-51 intoppa... diversa: si scontra con un'altra onda alia quale il vento ha dato una forma {tempra) diversa. 52 l'awersa: le si oppone. 54 s'accresce. perche si assomma l'acqua delle due onde. 55-57 Di spruzzi... risacca: l'acqua che rifluisce (la risacca) verso la spiaggia e, per cosi dire, animata (ferve), e piena di movimento (spruzzi, fiocchi) e di luce (sprazzi, iridi, cioe i colori dellarcobaleno che sull'acqua si riflettono). 58 crisopazi: pietre dure di colore verde con n-flessi dorati. 60-61 c di berilli... a sacca: e di una quanta I* sacca) di verdi (viridi) smeraldi (il berillo ne e una varieta). 62 O sua favella!: con questa esclamazione jU*j^ ta passa ora a descrivere la voce (favella) dc» da, a portare la sua attenzione sui suoni. 67-70 rurte... profonde. suoni notevolmente . trastanti (dissonanze) sono amalgamati e M I) a\m s/in r IM libera e bella, numerosa e folle, possente e molle, creatura viva 75 che gode del suo mistero fugace. E per la riva Tode la sua sorella scalza g0 dal passo leggero e dalle gambe lisce, Aretusa rapace che rapisce la frutta ond'ha colmo suo grembo. 85 Subito le balza il cor, le raggia il viso d'oro. Lascia ella il lembo, s'indina 90 al richiamo canoro; e la selvaggia rapina, l'acerbo suo tesoro oblia nella melode. 95 E anch'ella si gode come l'onda, l'asciutta fura, quasi che tutta la freschezza marina a nembo 100 entro le giunga! Musa, cantai la lode della mia Strofe Lunga. awolti (volute profomie) da quello che e proprio dell'onda. 72 numerosa: nel significato di "armoniosa" (da numerus, norma prosodica che regolava la prosa latina classica e medievale). 76-77 mistero fugace. il suo formarsi, seguito subito dopo dal suo frangersi. 79-84 la sua sorella... grembo: la ninfa Aretusa, "na delle Nereidi fu trasformata in sorgente da Artemide che cosi le diede la possibilitä di sfuggi-ff ad Alfeo, che vedendo la ninfa bagnarsi nel fiu-me di cui egli era il dio eponimo se ne era inva-ghito (Ovidio, Metamorfosi, v, 572). Come fönte, Aretusa puö quindi essere definita sorella dell'on-da- In un'altra lirica (L'ippocampo) deW'Alcyone essa e anche rappresentata come ninfa che ruba la frutta (w. 40-41 «furace fauna dei pomari»). 86-87 le raggia... d'oro: le si illumina il volto. 91-92 la selvaggia rapina. non si cura, affascinata dalla melodia (oblia nella melode), della frutta ru-bata (selvaggia rapina) ancora acerba che aveva riposto nel lembo della veste e che costituiva il suo tesoro acerbo. 95 st gode. anche lei, la ladra (fura) gode, e felice; standosene sulla spiaggia, all'asciutto (l'asciutta), Aretusa accoglie in se tutta la freschezza marina, ne e permeata come da una pioggia fecondatrice. A nembo suggcrisce appunto il riferimento alla pioggia. (rfifc ill IUN Una prima lettura di questa testa potrebbe essere fafta mette done ,n ev.denza COn puntuale analisi la g^onejonm (o megho: fonos.mbol.ca) che discutibilrn^ esso prevalente. La iterazione di suoni favorita dala rima baaata e accentuate dalla vitá dei versi (w. 1-2 tranquilla: scintilla; 4-5: I antica: lonca, 16-17's ammorza- rinf0rZQ ecc); I'incalzante susseguirsi di voci verbal! legate da affinita fonica (w. 63-66); i| riechen, giamento interna di certi gruppi fonici (25-26 ridonda: onda; 24-25 •Mail vento riviery/ rjncalza, ridonda*) sono gli artifici tecnici ai quali il poeta ricorre per realizzare questa di-mensione fonica del componimento. Ma un esame di questo genere - nel quale per la veritá qualcuno é arrivato a sottiglie2. ze piuttosto eccessive - puô solo costituire il punto di parfenza per arrivare a conclusion piü generali. Per arrivare, per esempio, a sottolineare che quello ehe piü interessa a D'An-nunzio in questi cento versi ě il virtuosismo linauistico, una strenua lotta impegnata con |a lingua per sfruttarne tutte le valenze. Piü che poeta delia natura (come ne La sera fiesolana) qui D'Annunzio ě "poeta del vocabolario". Una conferma di questa sostanziale "freddez-za" del componimento - che resta comunque una straordinaria prova di virtuosismo (il Ron-coroni parla di «funambolismo verbale») - ci viene da quanta ha ampiamenfe dimostrato il Praz e cioě ehe la lirica ě tutta tramata di termini e di immagini ehe si trovano nel Vocabolario marino e militare del Padre Maestro Alberto Guglielmotti, alle voci "onda" e "vento". Giá per altre sue pagine D'Annunzio aveva fatto ricorso al lessico tecnico di questo testo, ma, scrive il Praz, dopo avere addotto moltissimi esempi, «il lessico non serve soltanto di sussidio all'ispirazione dannunziana: talvolta un'intera poesia sgorga da una concordanza di parole belle e bene sonanti. E il caso della celeberrima Onda [...] D'Annunzio ha dun-que rrattato il Guglielmotti a guisa di marmo michelangiolesco, rinnovandone il soverchio, e cavandone una cosa d'arte». I due versi conclusivi, poi, confermano il significato di esercizio letteraho, ehe si deve at-tribuire - ci sembra - a questo componimento, che ě inseribile fra 1'altro nel gusto decaden-te per il ricorso al termine desueto o di preziosistica derivazione latina [intento, lorica, di-smaglia, s'alluma, s'infiora) al materiále prezioso [crisopazi e berillí). In tali versi 1'inatteso "ingresso" del poeta mira esplicitamente a lodare la "strofe lunga", ě un dichiarato compia-cimento del componimento realizzaro. «L'Onda quindi - conclude il Roncoroni - sarebbe anche una sorta di celebrazione, enfatica e ancora una volta súperomistica, delľestrema duttilitá dello strumento espressivo impiegato dal poeta e, in ultima analisi, anche una sorta di monumentale esaltazione della capacitá creativa della poesia». [La citazione do M. Praz, La came, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, Firenze I960, p. 449] Stabat nuda Aestas Anche per questa lirica, come per La sera fiesolana, si puô parlare, secondo il suggeri-mento del Gargiulo, di "antropomorfismo", cioé di quel procedimento frequente nel-ľM&oneche consiste nel rqppresentare il Daesageio (o alcuni suoi elementi) in una di-rtuftSione umatuL Questa umatimanotie aj stagloni, fenoméni utmosferici, daTS^ sna - ehe si puô anche leggere come unaepifamq del divina - č qui patticolarmente feli- ni lijajra dotata di una ivazionc dei suoi cien passa «su per git aght arst det pini»Ti^^thnm1iatura solare e una delle creaziom pin suggestive dt D Annunzio poeta. La Urica fupubblicata per L prima volta neWAlcyone (1903) /Alcyone/ imssi n/ih T107 Primamente irrtravidi il suo piě stretto scorrere su per gli aghi arsi dei pini ove estuava l'aere con grande tremito, quasi bianca vampa efříisa. Le cicale si tacquero. Piü rochi si fecero i ruscelli. Copiosa la rěsina gemette giü pe' fusti. Riconobbi il colübro dal sentore. Nel bosco degli ulivi la raggiunsi. Scorsi Tombre cerulee dei rami su la schiena falcata, e i capei fulvi neü'argento pallädio trasvolare senza suono. Piü lungi, nella stoppia, Tallodola balzö dal sol'co raso, la chiamö, la chiamö per nome in cielo. Allora anch'io per nome la chiamai. Tra i leandri la vidi che si volse. Come in bronzea messe nel falasco entrö, che richiudeasi strepitoso. 20 Piü lungi, verso il lido, tra la paglia marina il piede le si torse in fallo. Distesa cadde tra le sabbie e l'acque. II ponente schiumö ne' suoi capegli. Immensa apparve, immensa nuditä. 10 15 I Sotil metrica: strofe di endecasillabi ciascuna a>n assonanze irregolarmente distribute (v. 2 aghi: arsi; v. 4 bianca: vampa; 9-11 raggiunsi: fulvi, ecc). 11 titolo é tratto da Ovidio, Metamorfosi, n, 28: «Stabat nuda Aestas et spicea serta gerebat*: "Nuda l'Estate stáva e portava ghirlande di spi-ghe". 1 Primamente: come prima COM, anzitutio. 1-2 il suo piě... pint: ľagilc, piccolo piede sfiora il suolo coperto di aghi secehi (arsi) di pino. 3-4 estuava... effusir. ľaria ardeva (dal lat. aestua- re m arderc, ribollire) e sembrava tremare come una fiamma ehe si spanda (effusa). 6-7 Copiosa... fusti: la resina stilla abbondante (copiosa) dai tronchi dei pini. 8 Riconobbi... sentore: riconobbi la presenza delia biscia (colúbro. latinismo) dalľodore (sentore) ehe essa emanava. 10-12 Scorsi... trasvolare: vidi ehe le ombre dei rami degli ulivi di colore verde-a/zurro (cerulee) si stampavano sulla sua schiena forte e stnuosa e che i suoi biondi (fulvi) capelli ondeggiavano al vento in mezzo alle piante di ulivo, sacro a Pallade (palladio) e di colore argenteo. 14 dal solco raso: dal campo le cui messi erano State mietute (ci sono solo le stoppie). 17 leandn: oleandri. 18-19 Come m bronzea messe ... strepitoso: il falasco, un'erba palustre di colore simüe al bronzo, si richiude con seeco strepito dopo il passaggio (della dea). 20-21 tra la paglia... in fallo: il piede le si e storta-to impigliato nelle alghe (paglia marina). 23-24 // ponente... ntidtta: la bre//a che spira da ponente suscita e solleva le onde e la loro schiu nu che si mescola ai capelli (schiumö m' ntoi ai pegfi). Ma «in un'estrema ambiguita tra figura e paesajäjjio, i capelli sono la schiuma e la schiunia i caps]li: Vimmensa nudita nun e piu rifenbile sol tanto allapparenza umana della dea estate» (Gioanola Li Vigni). II testo é w^li.tnmontP gmhiguQ- Descrive un JMeguimento di cui si rxilesa progressiva-mente la natura erotica. Ii soggetto, colui che dice io, intravede il «pie strerto», ma di chi? E chi ě il soggetto? Un fayno che insegue una ninfa, il poeta-awenturiero che insegue una delle sue proverbiali amanti? la natura sembra pofJtecipare ansiosa alľevento: ľaria arde «con grande tremito» |e cicale tacciono improwisamente, gerne la resina... Ii soggetto raggiunge la sua "preda" in CLA-SSItl un bosco di ulivi; di lei che fugge si colgono due dettagl., la «schiene alce. fulvi* ehe ondeggíano silenziosi. La comparsa in scéna di questa hgura femminile é accom pagnata dal grido-richiamo delľallodola e del soggetto medesimo: qui appare chiaro che la natura delia "předa" ě piú che umana. II grido e anche una prim.tiva mvocazione a| divi no che $i man i festa. La ninfa-dea riprende la corsa, si rmchiude nel falasco, a prc^jeTIľ doll'insidiosa presenza delľuomo, ma inciampa, cade in more mescolando i capelli a||a schiuma del ponente e appare, conclusivamente, nella sua immensa, panica nudita. La dea (lo sappiamo dal titolo, le cui implieazioni sono pero chiare solo leggendo il testo) é ľF^0 te, pAr^nnifírntgr 3cioé ymanizzota e divinizzata d tempo stesso. II soggetto, ebbro"di luce, dí calura"ě* dT quél vitalismo panico che giá conosciamo in D'Annunzio, al cospetto di una natura pure felicemente personificata, compie un insegui-mento che ě quasi un tentativo di mistico abbraccio col divino e di annullamento in esso Ľincontro con Dario: passato e presente // testo che segue appartiene al D'Annunzio cosidäetto "notturno" a quella fase della sua produzione che che la critica piü recente (cfr. Profilo, 10.3) ě sempře piü orientata a va-lorizzare. Si tratta peraltro di una fase che non inizia propriamente col Notturno (la cui composizione ě stata awiata nel 1916), ma che risale ai primi anni del Novecento: II compagno dagli occhi senza cigli - da cui sono tratte le pagine che proponiamo - e da-tato 1900 dali 'autore (ma la pubblicazione del secondo volume delle Faville del maglio, nel quale é incluso, é del 1928). Ľincontro con Dario - un vecehio compagno di collegio col quale ha condiviso adolescenziali sogni di gloria e che ora, triste e malato, é quasi una larva umana - offre al narratore lo spunto per una lucida e desolata meditazione. [Le faville del maglio / Stamani la mia armatura ha un fallo^e terno la ferita.1 Quale ferita, e da chi? La causa di tanto sgomento non ě se non una visita an-nunziata! Debbo oggi rivedere, dopo venťanni, un mio compagno di collegio e dietro di lui lo spettro della primissima giovinezza, la larva ambigua della pu-5 bertá. Ě tornato a Firenze dalľlnghilterra dove ha vissuto molti anni oseuri e duri, in-terrotti da rare notizie. So ehe ě malato, anzi condannato. D'indugio in indugio, ho differito ľincontro penoso. La sua lettera di ieri non mi consente piú alcun pretesto. Ho giä il cuore stretto e la gola chiusa. Guardo con indifferenza le pagine 10 di stanotte; non ho voglia di rileggerle. Puô talvolta la vita essere una cosi eruda nemica delľarte?2 Nulla piü mi lega alla mia opera. II ritmo concorde s'arresta. La legge della bellezza cessa di regolare il mio giorno e la mia solitudine. Una forza ignota sta per sopraggiungere e per entrare; come quando in certe notti buie, dor-mite senza compagna, si sobbalza di tratto in tratto e s'attende il rumore ďuna 15 chiave nella serratura ehe una lanterna cieca illumini. [...] Ě una di quelle giornate chiare in cui il paese toscano nudo e riseceo sembra as-sumere ľaspetto di quelle primitive incisioni in legno a contorno, ove soli gran-deggiano Dante grifagno e il suo duca. La spiritualita dantesca v'e come indurita in uno stile che mi rammenta il principio del Canto di Pier della Vigna. Sio 20 schiantassi uno steceo di quegJi oppi o rompessi un nodo di quelle viti, forse n u- 1 Stamani... la ferita: il protagonista narrante si ge la giornata e ľanimo del poeta, tutto voltová sente indifeso, vulnerabile (cfr. nota 2). una dimensione estetica del vivere e alla «JJJJJJ Puô... nemica delľarte. ľattesa delľincontro con artistica. In questo senso la vita con la sua vio ľantico compagno ora ammalato e triste sconvol- realtá ě nemica delľarte (di quelľarte, almen°- •