lo.j. La nuova poesia 10.7.1. La Urica del Novecento. In questo capitolo si seguirä il definitivo affermarsi di una nuova dimensio- Al di lä ne della poesia, che svincola la Urica da ogni residua continuitä con le forme deIla tradizione della tradizione, da legami funzionali con la comunicazione sociale, da rappor-ti e interferenze con altri generi. Si tratta di esperienze che in modi diversi prendono atto di quelle dell'inizio del secolo di cui si e parlato nei capitoli pre-cedenti (specialmente in 9.8 e in 10.3): esse si confrontano con la caduta del-rimmagine del poeta-vate propugnata ancora da D'Annunzio e dallo stesso Pascoli, con la crisi del linguaggio e del rapporto con le cose vissuta dai crepu-scolari, con la distruzione degli schemi tradizionali messa in atto dai ruturisti, con la spinta verso il frammento morale e autobiografico operata dai vociani. Da questo confronto sorge, giä intorno agli anni Dieci, una lirica nella quäle ci si e poi abituati a identificare i caratteri dominanti della lirica del Novecento. Questa lirica tende a porsi come voce di un soggetto solitario e assoluto, 11 soggetto che assume entro di se un'esperienza carica di significati e non sente la realtä ^°t. circostante come qualcosa da riprodurre direttamente, ma come l'onzzonte su cui si proietta la sua interioritä. II soggetto poetico abbandona 1 modi della tradizione classica e romantica, il repertorio consueto delle immagini e dei temi culturali e storici. Esso non ha piü di fronte a se una realtä organica e compatta; übera la sua voce da contenuti giä organizzati e codifkati, crea rapporti üben tra le immagini, si svincola da una troppo rigida organizzazione sintattica, cer- canuove possibüitä metriche e ritmiche, prerensce concentrarsi m m ure vi e intense, evitando organismi ampi e strutture di lungo *3 bra insomma allontanare da se tutte le scorie possibili, le forme con^nah gli sfondi storici e culturali, e tende a raggiungere il massimo i^™»J ^ggetto scava dentro se stesso e nel fondo dell'esistere, puntandc^suU m ensi ta della voce, sulla sua capacitä di scendere m P™io"dlt^ • svanat, rich.ami ed effetti. La parola abbracna ]lo p z^d^ a«oluta, trasforma le tracce deU'esistenza individua^ §. Personale e autobiografica, in una spec.e di forma astmttadeUxocn p nvela in mod, oscun e difficili: la lirica e la ^vW? ^ ^ ^tura e neüa realtä, e l'immagine dell'uomo nel suo solitan e intensita delJa voce Astrazione deirio j44 Epoca io Guerre e fascismo (1910-1945) tä moderna, in un difficile e spesso impossibile tentativo di riconoscere sestes- so, di riconoscere le cose, di riconoscersi in esse. SuWimire ' T-a lirica contemporanea crea cosi un nuovo modo di espressione dell'io, ťapcrioM che ha avuto una varia persistenza per tutto il corso del secolo, in un ambřto co-mune a molte letterature occidentali, con risultati spesso assai alti. II soggetto lirico si sospende in uno spazio astratto e quasi ideale, sembra distillare la propria espericnza e la realtä tutta, trasferire la propria parola sul piano di una contemplazione e conversazione che sfiora sempre il« sublime». In ciö si dä il rischio di riprodurre quel distacco pacato dalla realtä, quel senso di conversazione sociale superiore che era alia base della tradizione petrarchistica e classi-i n o. (istica: ma oral'onzzontc sociale ě sempre scisso e trantumato; la parola poeti franium«to ta non pu0 rivolgersi all'intero organismo sociale, né a gruppi omogenei e soli-dali, non puö fissare in modo stabile nuovi codici e categorie linguistiche, ma devc crearsi uno spario proprio nella solitudine, ai margini dei linguaggi e dei iliscorsi dominanti. Naturalmcnte, nei singoli poeti si troveranno prospettive diverse, vari confronti e compromessi con la realtä, vari tentativi di condurre all'estremo la «purezza» della voce poetica, o al contrario di uscire da essa, di trammcntarla ed esporla a conflitti. Alia linea pura e assoluta della lirica moderna si possono opporre, in Italia e altrove, altre tendenze, aperte a un incon-tro piú immediato con la realtä, a un rapporto meno problematico con la tradi-11.' /KtniMclr 11 4 ilRestacomunqueilfattochelaliricadelNovecentosiricono-sce proprio per il suo carattere di aftascinante odissea di una voce « pura » e so-litaria, che rimane viva ancora oggi, ormai alia fine del secolo. I primi paragrafi di questo capitolo saranno dedicati ad alcune esperienze che, partendo dall'orizzonte della «Voce», segnano le prime tracce di questo nuovo modello lirico; seguiranno paragrafi dedicati a Saba, che procede per una strada tutta sua, piú legata alia tradizione e a un rapporto diretto con la 11- ill .1; poi, a partire da Ungaretti, si analizzeranno le varie esperienze in cui, tra gli anni Venti e Trenta, le forme della lirica novecentesca si affermano piena-mente in Italia (salvo quella di Montale, a cui sarä dedicato il cap. 10. 8). Gli Ultimi paragrafi riguarderanno la vicenda tutta particolare della poesia dialettale. della voce pura E1111 diversi 10.7.2. L 'ultimo «maledetto»: Dtno Campana. Dwperata figura Del tutto atipica e solitaria fu ľesperienza di DlNO Campana, maV8 jgľja mkia Jclla nuova lirica dei Novecento e insieme ultima, disperata incarnazio ^ figura ottocentesca dei« poeta maledetto». Intorno alla sua biogratia e ^ poesia ě nato dei resto un vero e proprio mito, ehe ha avuto partico ^versje nanza in anni a noi piú vicini: un mito che ripropone, anche se in moa rt0» origináli, quello di Rimbaud, il poeta «maledetto» per eccellenza,« scop ^ in Itália proprio alľinizio dei secolo (cfr. 10.3.13) e ehe lo stesso Camp tiva vicino. 10.7. La nuova poesia 245 mentare Dino Campana fu předa giá dalladolescenza di violenti turbamenti psi-chici- mčntre studiava chimica a Bologna e a Firenze, compí van viaggi e vagabon-JaKKi in Italiaeallestero (raggiungendo 1'Ucrainaela Francia,espingendosi tmo in Argentina e in Uruguay). Subí vari internamenti di breve durata in mamcomio (a Imola a Firenze, in Belgio); senza terminare gli studi, entró in contatto con la << Vo-,,.» P mn di ambienti culturali fiorentini e si dedicó, oltre che alla poesia, anche al- """ f~--D---------------- chici; mentre studiava chimica a Bologna e a Firenze, compí vari viaggi e vagabon-aL.. in Argentina e in Uruguay). Subí vari internamenti di breve durata in manicomio (a a, a Firenze, i ce» e con gli ambienti t la pittura. Non trovando una vera sistemazione, continue a errare per diverse cittä italiane; nel ii)i3Consegnôai direttori di«Lacerba»,Soffici c Papini (cfr. 10.3.1), il manoscritto di un libro di poesie dal titolo //piú lungo giorno: ma esso fu perduto da Soffici e Campana dovette ricostruire a memoria il testo, facendolo stampare a Marradi ncl 1914 da Ravagli, col nuovo titolo di Cantiorfici, e vendendone poi le co-pie per le stradě e i caffě ďltalia. Cercô di arruolarsi volontario nella grande guerra, ma fu riformato; continuô la sua vita errabonda, e nel 1916 ebbe una drammatica relazione amorosa con Sibilla Aleramo (cfr. 10.3.5). Nel gennaio del 1918 il poeta fu internato nel manicomio di Castel Pulci, presso Firenze, dove rimase fino alla morte, awenuta i] 1" marzo 1932: nel vortice della follia aveva abbandonato per sempre la poesia. Uno psichiatra che lo interrogô piú volte, Carlo Pariani, raccolse le sue testimonianze in un libro pubblicato nel 1938; intanto, soprattutto gli ermetici, rivolgevano una attenzione nuova alia sua opera e varie edi-zioni facevano conoscere sue poesie inedite, lettere e altri seritti, fino alla scoperta e alla stampa, nel 1973, del manoscritto originále dei Cantiorfia, smarrito da Soffici. Collegandosi alle posizioni piú radicalmente « negative » della cultura del-l'Ottocento europeo (da Baudelaire a Rimbaud, a Poe, a Nietzsche), Campana cerca di scatenare nella poesia (accompagnando ai componimenti in versi anche vari« poemetti in prosa») una volontä anarchica e distruttiva: mira a scon-volgere gli equilibri della comunicazione borghese e a creare folgorazioni, lam-pi improwisi, immersioni nel fondo piú oscuro e rovinoso di una realtä « not-turna». Questa aspirazione si sente con forza particolare nei testi estranei ai Canii orfici, soprattutto quelli apparsi su riviste, raccolti sotto il titolo di Versi sparsi, quelli del Quaderno, che raccoglie materiále seritto tra il 1904 e il 1914, quelli contenuti in taceuini e carte varie (che presentano anche redazioni ante-nori di testi confluiti nei Cantiorfia). In un «ardore catastrofico», in cui balenano i lampi della follia, questa poesia vorrebbe far emergere «non canti, grida», risolversi in una sola parola contenente tutta la piú aggressiva distruttivitá («Io cerco una parola / una sola parola per: / sputarvi in viso, sfondarvi... una parola - dinamite fetida»). La Poesia di Campana raggiunge qui un singolare furore espressionistico, appog-giandosi a immagini violente e accese, a bagliori sinistri, a improwise alterazio-ni dei movimenti sintattici, a scatti aggressivi e risoluti, a un uso ossessivo della f'petizione, con effetti stravolti di circolaritä. Questo furore agisce col tramite 1 un linguaggio e di forme che sono ancora di origine ottocentesca, spesso car-"cciani e dannunziani; cosi piú forte ne risulta l'effetto di sconvolgimento, in Una visione esaltata e aggressiva delle cose e dell'io. Legandosi alla tradizione simbolista (cfr. parole, tav. 193) Campana inse-flp? cornsPondenze e le analogie nascoste tra le cose, ma nel loro disordinato Un'esúienza dolorosa // ptú lungo giorno Ľultimo intcrnamcnto Una poesia distrurtiva Furore espressionistico M fl ■ "Houuenze e ie analogie nast-osic 11« i>- v."^, ------ Nato a Marradi (F.renze), presso Faenzí, il 20 agosto 1885 da un insegnante ele "Ulre sente come un senso di oppressione, costretto e « confitto nel masso » dl Simboh di una reaJli aggressiva Cinti orfm Negativita nordica e solamä mcditerranea 246 Epocaio Guerre c fascismo U910-1945) una realtä che gli vienc incontro in vertiginosi movimenti ascendenti e discen denti, come qualcosa ehe si eléva in prospettive visive ehe fanno smarrire oon controUo. ehe esplodono e precipitano (palazzi e strade, archi, ponti, torri, ve/ te e abissi). La poesia sorge «su dalla febbre elettrica del selciato notturno» dagli aspetti piú inquietanti dei paesaggi naturali e dalle forme notturne e per' verse delia vita cittadina, in cui ľamore si intreccia con il crimine, conducendo alia dimora «del nulla e dell'ebbrezza » (tra i molti componimenti notevoli si ricordino Notturno teppista e Furibondo). Rispetto alia piú sconvolgente aggressivitä di questi componimenti sparsi i Canti orfici (testi in versi e in prosa) tendono a organizzarsi su di una misu-ra tragica e sublime, che, come suggerisce il titolo (che allude agli antichi misteři orfici, cfr. parole, tav. 241), ambisce a offrire una conoscenza dei caratteri piú profondi e segreti delia realtä. Dedicata paradossalmente « a Guglielmo II imperatore dei Germani»la raccolta ha un sottotitolo in tedesco, Die Tragödie des letzten Germanen in Italien (La tragédia dell'ultimo Germano in Italia), che suggerisce (sulle ormc di Nietzsche) un incontro «tragico» tra lo spirito nordico e «negativo» delia cultura tedesca e lo spirito solare e mediterraneo di quella italiana. La «tragédia» tende a comporsi in modi letterariamente controllati, ad affermare faticosamente una dignita stilistica e un proprio valo-re culturale superiore. E ciö riduce la carica aggressiva delľimmaginazione di Campana, la fa tendere verso un piú tradizionale equilibrio lirico, che si al-larga verso una varia tematica storica, religiosa, moraleggiante: vi dominano i inotivi del viaggio (con figurazioni affascinanti di paesaggi e di cittä), della ri-cerca, delľiniziazione. Squarci e lampi improwisi sconvolgono perö la misura della parola poetica, sembrano far crollare improwisamente la base stessa della poesia e della visione. Emergono figure mitiche, sinistre guardiane del precario equilibrio dell'universo, come la Chimera (figura, questa, particolar- parole tav. 241 Orfismo/Orfico Con riferimento al mitico cantore e poeta Orfeo (cfr. 3.4.12) e a una religio-ne misterica dell'antica Grecia (di cui era ritenuto fondatore Orfeo), si usano questi termini per designare una poesia e una musica ehe intendono presentar-si come nvelazione assoluta, fondazione di civiltä, sintesi del valore profondo e onginario della vita, in contatto con il mistero e con la mágia; in Itália un tno-dello essenziale in tal senso é dato dai Canti orfici di Campana (cfr. 10.72)' Lol nome di orfismo o di cubismo orftco si definisce anche un movimento pittonco sviluppatosi in Francia nel secondo decennio del Novecento, ehe, staccandos! dal cubismo (cfr. dati, tav. 216), svolge nuove ricerche sulla luce e sui colore e cerca una analógia con la musica (il suo rappresentante piú noto e Kobert Delaunay, 1885-1941). 10.7. La nuova poesia 247 amata da Campana): si afferma la fascinazione della notte nelle sue pie-"|enteü minacciose (La notte e Notturni sono i titoli delle due prime sezioni del fb )' u paesaggio, gli aspetti visivi, la voce che cerca di catturarli, franano in nosi grovigli, in indefinibili bagliori, in improwise inspiegabili rivelazioni. Laceranti rivelazioni jwertono echi laceranti di^sogni e schegge del passato; dietro i luoghi (cittä 1 o ľantico lavorio della distruzione, come in un'inarrestabile storia della . Firenze Montevideo, Faenza, Bologna, Genova, freschí e stregati pae saggi annenninici, come quello del «diario» in prosa La Verna) agisce minac-AVr , . 1.11 j-____;___.____:_.._>:______.„L:l_____ morte. Le cose Stesse, i sentimenti, i gesti, sembrano negarsi nell'atto stesso in cui vengono nominati. La stessa persona del poeta si stacca dalla sua parola, si scinde e si fissa in allucinanti figure di estranei, in ombre, cadaveri, immaginidi «altri» (un solo esempio: «Non seppi mai come, costeggiando torpidi canali, midi la mia ombra che mi derideva nel fondo»). Per Campana il mondo e un Una poaia xriru metallico e limaccioso teatro dell'alienazione, della perdita di se, che puö esse-re detto solo da una scrittura allucinata e senza coscienza, scritta con «il sangue 1 alle dita». con «ü sangue io.7.3 La tensione morale di demente Rěbora. Tensione morale e ricerca di veritä caratterizzano tutta la vita e ľopera di Una morale Clemente Rěbora, legato alľinquieto moralismo e alľesigenza di rapportarsi *»"*■■■» alia realtä propri della tradizione lombarda. Nella sua poesia ľio si impegna in un confronto acceso con la totalita, in una ricerca ostinata e sofferta ehe appro-da alia veritä «totale » della religione. Vicino inizialmente alia « Voce », Rěbora era pero assai lontano dalle ambizioni di protagonismo intellettuale, dalľesal-tazione della forza della soggettivitä, dalle ideologie del «negativo >> presenti nella rivista: il suo moralismo aspirava all'umiltä, a una riduzione del valore dell' io, a una dedizione a umili compiti quotidiani. Con la sua vicenda umana egli mostra quanto forte ed essenziale possa essere ancora un'autentica espe-rienza religiosa, di fronte alia rumorosa distruttivitä del mondo moderno e alle erfimere mitologie da esso prodotte. . La sua poesia ha una fortissima capacitä di creare azioni e reazioru tra le co-: 1 11 • s •/________ ti r,r^ri<-rt Hi Rchora sot- K J le immagini, le parole, le entita piú astratte. II lavoro poetico di Kebora sot-topone ogni senso e ogni segno a una martellante e ostinata spoliazione, scava •ntorno alle cose e alle parole con evidenti modi espressionistici. Si tratta di un esPressionismo che agisce in profonditä, non sugli aspetti grammaticali del 1m-f*W°, ma sui rapporti sintattici e sulla successione delle immagini, sempre der>se, vorticose, cariche di peso intellettuale (tanto da far pensare, come sug-fer' Boine, aUe canzoni di Dante, cfr. 2.1.5); notevoli pero sono anche alcuru lnt«ver«i sui verbi, piegat. a sensi nuovi, costretti ad assumere forme e combi-"az'oni assolutamente inedite («Mi scardasso la vita*, «11 sol sch.occando s. campana*, ecc). Nato a Miláno nel 1885 da famiglia borghese di tradizion. risorg.memaĽ Clc-mente Rěbora ebbe un'educazione laica e compí stud, let.eran e tuosofici, Uurcan- Una poetica espressiomstica La vita U convmwne l&istcnzr so»p«c 248 Epocaio Guerre e fascismo (1910-194?) dosi nel 1910 con una tesi su Romagnosi (cfr 7.1.9); si presto con dedizione alľinse cnamento, in istituti tccnici e in scuole serah popolan. Collaborô alia « Voce* per le edizioni delia quale apparve nel 1913 il libro dei Frammenti lirici. Ebbe tra il ,9I. e il'19 una relazione con la pianista russa Lidia Natus; partecipô alla grande gucrra come uŕficiale di fanteria, e riportô un grave trauma nervoso in seguito a un'esplo-sione. Ncgli anni Venti s'impegnô in attivitä educative e culturali, compí alcune tra-duzioni dal russo c si occupô di vari aspetti delia storia religiosa. II suo inquieto bi-sogno di fcde e di veritä lo portô a una conversione al cattolicesimo, maturata nel 1919, con un conscguentc abbandono delia poesia e un ingrcsso nel Collegio Ro-smini di Stresa: nclla casa rosminiana di Domodossola fu ordinato sacerdote nel 1936. Svolse intcnsamente il suo ministero rcligioso, vivendo nelle case delľordine rosminiano. Negli anni Cinquanta, su invito dei suoi superioři, tornô parzialmente alla poesia; colpito da grave malattia, fu costretto a una lunga degenza, fino alla morte, awenuta a Stresa il 1" novembre 1957. I Yrammenti Itrici sono costituiti da settantadue pezzi, legáti tra loro da 1 fnmmrnit Una rapporti intemi, alla ricerca di una parola esterna all'io, dove la voce poetica, spinta da un «impeto rosso », dalla forza del grido, possa uscire da sé e ritrova-re una coscienza collettiva. Questa ricerca ě pero complicata da ostacoli e 00-strizioni imposte da una realtä insidiosa e difficile, da un mondo cittadino «senza amore», in cui tutte le esistenze restano inviluppate e prigioniere: a questo mondo malsano e oppressivo si oppone la campagna, ehe suscita spesso visioni positive di nátura salutare e serena. Ma piú in generále tutta la vita sem-bra spezzarsi e aggrovigliarsi in una condizione sospesa, come se non riuscisse a essere se stessa e fosse sempře diversa da come dovrebbe essere: l'esistenza ě costretta a negare le proprie autentiche potenzialitä, pur lasciando balenare squarci di qualcosa di diverso, pur vivendo nell'attesa di qualcosa di piú vero. 10 sl esPr'me in primo luogo attraverso ciô ehe non sa, si muove in una conti-nua interroRazione del non detto, di cose essenziali che restano taciute; rischia di moltiplicarsi in mille facce di se stesso e di annullarsi nelle forme esteriori delle cose. La poesia (sul cui valore si pongono insistenti domande) si giustifica soprattuttoper cio che non dice: «poesia di stereo e di fiori», essa rinvia al do-lore protondo di «ciô che non s esprime», anima il mondo ma non riesce a sa-S s]1Pnincat': aspira al silenzio ma ě prigioniera del rumore. La ricerca di su di m! rľ,eSa Venta ! d'amore'si nsolvono in tragica verifica (appoggiau comumcare 35531*"* 6 dÍ ™gini) delia difficoltä di affermare e d. ' neltholoToín breVe, r*CCOh dei ^anommi (1922) vuole uscire, anche labí!ma;icuregtr ľr,Víegl° deUa VOCe ^ividuale, e Lguire il «bisbiglio»,k altissimolivelfoaWT T"4chesia™uncianelrapportoconglialtri.D. distinguono3cunf' h™ Pľ°Se liriche scritte tra U ^ 3 e U « í 'mmagini poetich' dill™ «0menti aut°biografici e alcune delle piú essenziali figured, Sľ(da S?0ffe,renZa;del1'"sensatezza, dell'orrore della guerra: percorrono un paesw-i j bÍSOgno '"eludibile di salvezza e speranza i9i6,incuilef0RliedW 6 svuotato (come nella beUissima Vanno del nabissarsi insensato dec i ľ"° *°n0 ™mii&™ di un « croUo del tempo », deU I-"egu uomini nella mone) 10.7. La nuova poesia 249 POCTU Jc] m>n dctto Canti t L orrore iWkguciT; m^lro limitato hanno poesie e testi di devozione, scritti dopo la I compomment. n Sone P-sia negli ultimi anni della sua vita — Tkto luoRO ad alcune delle piu autentiche espressiom di rcbg.os.ta deUa let- Iura italiana d. questo secolo: il Curriculum vitae, del I9«, un autob.ogra-m cui la voce brica ripercorre la strada deba pro-o iaCarnificazione, deba propria rinuncia a se stessa e deba propria bberaz.o-&c contraddizioni terrene, e i Cantidellinfermita scr.tt. tra .11955 e d 56, in cui l'adcsione al volere di Dio si esprime in una parola sempl.ee, con una tor-la che scava entro se stessa, pr.vandosi di peso, neba d.messa accettaz.one del dolore, del povero disfarsi debe tracce del corpo e deb'io («Inerte e informe giaccio con me stesso», «L'umüiante decompormi vivo»). 10.7.4. // mondo deserto e frantumato di Camillo Sbarbaro. Neb'opera di Camillo Sbarbaro, nato a Santa Margherita Ligure nel Cnsi 1888 e mono a Savona nel 1967, trova compimento la crisi del linguaggio poeti- sV. we non si puö far altro che contemplare la propria arida esistenza (« Nel de-'° ßu^do con asciutti occhi me stesso»), sotto cui si nasconde un diffici-•ntreccio familiäre (molti i richiami ai rapporti con il padre e con la soreba). 250 Epoc« to Guerre c ťascismo (1910-1945) AltTc raccolte Negaaone Con un verso dal ritmo stanco (che a ogni momento si costringe a rinunciare a >«,zjnvoh« Una spinta interna alla musicalitä e alla dolcezza), questa poesia attraversa rrammentari momenti della vita urbana (vista pulsare soprattutto negli angoli piú oscuri della cittä, tra fumosi interní di caffe e di osterie, vicoli equivoci fi-gure di solitari e di emarginati), e sembra voler portare ľio indifferente a iderj titicarsi e a perdersi in mezzo alle esperienze piú degradate, confuse e distorte delle vie cittadine. In una specie di odissea di dimensioni ridottissime, l'io mira a privarsi di se stesso («io non sono piú io, io sono un altro»), seguendo i mo-delli della grande poesia « maledetta », in primo luogo Rimbaud, ma rinuncian-do del tutto allo spirito eroico e ribefle che caratterizzava quella poesia. A Pianissimo seguirono pochi altri versi, dalla misura piú distesa, rivolti in primo luogo a fissare le immagini del paesaggio ligurc e raecolti solo nel 1955 in Rt'ma-nenze, dove spiccano per intensita di ispirazione e novitä i Versi a Dťna, poesie ďa-more di delicata essenzialitá. Ma la scrittura di Sbarbaro si rivolse poi con paziente continuitá a!la prosa, con 1'claborazione di brevi testi che, pur accompagnandosi negli anni al gusto per irrnrrnmento dominante prima nelľorizzonte della « Voce ». poi in quello della « Ronda », rivelavano la misura tutta originale del suo linguaggio, la sua personale cifra stilistica: la prima raccolta, col titolo Truáolt (1914-1918) ap-parve nel 1920 c ad essa ne seguirono altre {Uquidazione, 1928; Fuochi fatui, 1956; Scampuh, 1960, Guiye, 1963; Quisqutlie, 1967; ecc), i cui titoli sempře sottolineava-110 il caratterc marginale, residuale, prowisorio. frammentario di questa scrittura \'ci Truaoh il mondo si presenta come un « susseguirsi di figuře e di immagini di-sconrinuc, prive di causalitá o tcmporulitä o prospettiva o punto di vista» (G. Barben Squarorti>: periodi brevi ed elementari definiscono la realtá al grado zero, nei suoi contorni piú secchi, liberandola da ogni effetto o significato superiore o segre-to, in una levigata coneretezza da cui sprigiona a tratti unimmobile e fulminante crudelta. Andando avanti negli anni, questi frammenti sembrano appianare le loro puntc piu aspre e penetranti: si aceumulano con la tranquilla metodicita del colle-zionista, aequistano una misura ancora piú pacata, si addolciscono a tratti in un te-nue classicismo (originato da soprassalti di aere e lucido disinganno), nel ricono-scere la realta come fissata da sempře in un ordine sicuro e stabile, ma comunque inspicgabile. 10.7.5. Tra ricerca e tradizione. Arturo Onofn rl-1 Ií* espenenze che appaiono ai margini del percorso storico della nuova lirica ľrJ ^°ľ^Cn° ema"ten8ono P'ú stretti légami con la tradizione, é in primo piano, "Ä" „ Veníŕ 9.ueUa íel roma"o Arturo Onofri (1885-1928), che la- 1 lmcci e Venu, quella del romano Arturo Onofri (1885-1928), che la cCraľ^U P?a,° aUaCroce Ros*a. Nel 1912 Onofri fondô la rivista «Lirica>> IV Rn^nľ a 8'°Vanl SCntt0rÍ °Peranti a Roma; coUaborô poi alla « Voce» d mento P™'* "presse'n, mo& Personali una poetica deUa liricitä c del fram-pTn da uľa foľ,ľZ10S0 C daUf Vena f<*°ndissima (espressa in moltissimi volum. , ľo le Ztr™?TC pascollana e dannunziana, ma sfiorô anche il crepuscolar,-nľe denára ' "f^ U p"m'vociani Nello stesso tempo mirô a recuperare le for-varnľs ľmficaf ľeí tr*dm™, "sandole in una prospettiva simbolista, per rica-t.ca la suä eľo' ä8ľS'' Pr°f°ndi 6 P°sitivi- Per a^™are la torza della voce poe-sua capacta d. entrare m contano con i valori piú autentici della nátura e Una ideológia tardo-simbolista della storia. Nonostante la sua adesione al frammentismo, mirô sempře « alla gigan-tesca costruzione, alla architettura complessa e completa», con un vero terrore « della pagina bianca, del libro non seritto, deUa parola non pronunziata» (A. Dol-fi); e la suggestione delľestetismo di fine Ottocento (e in primo luogo di Wagner) e de'lle teorie di Rudolf Steiner (1861-1925) lo porto a formuláre il «discgno di una poesia cosciente», mirante alla «costruzioned'un Uomo Universale*. Esposeun'i-deologia tardo-simbolista, legáta a un'esaltazione della funzione conoscitiva e quasi magica della poesia, nel volume Nuovo rinascimento come arte delľio (1925): e a questa ideológia collegô un ambizioso e torrenziale ciclo poetico in cinque parti, inaugurato dal volume Terrestritä del sole (1927), che trovô poi notevole risonanza presso i poeti ermetici (cfr. 10.7.17). II suo prop>osito di porsi come un «innamorato di parentele, uno seopritore di relazioni», si perde nel vortice di un verseggiare di-sordinato, che pretende di abbracciare in sé in ogni momento il senso globále e di-vino dell'essere: ma ne vengono ŕuori sorprendenti immagini di «oItranza», asso-ciazioni eccessive di simboli che squarciano gli stessi equilibri piú tradizionali alla base del suo linguaggio. A Onofri e alla rivista «Lirica* fu legato ľaltro romano Giorgio Vígolo Giorgio Vígolo (1894-1983), finissimo eritico musicale, studioso di Belli, traduttore dal tedesco, nelle cui raccolte poctiche (a partire da Conclave deisogni, 1935) si sente un forte le-game con la grande tradizione romantica, da cui si svolgono intense evocazioni di simboli e di fantasmi: momenti e visioni del passato storico e dell'immaginario cul-turale vengono riel.ibor.iti e combinati con un sontuoso vigore barocco. Ancora piú appartato, rispetto alle tenderize della lirica novecentesca, ě il vene- Diego Valcn to DrEGO Valeri, nato a Piove di Sacco nel 1887 e mono a Roma nel 1976, traduttore e studioso di letterature straniere, che nelle sue numerose raccolte si pone come « un poeta dell'oggettivazione »(L. Baldacci), che disegna con classica nitidezza le immagini di una nátura del tutto estranea alle tracce del presente, con soluzioni di assoluta perfezione, ma con un rischio sempre presente, che si accentua sempře piú negli ultimi anni, di ripetitivitä e di leziositä. In modo piú netto e meno originále Francesco Chiesa si colloca sulla linea di un classicismo di tradizione ottocentesca un poeta come lo svizzero Francesco Chiesa (1871-1973), che comunque nella sua lunga attivitä contribuí in modo determinante alia promozione di una specifica cultura della Svizzera italiana. 10.7.6. Umberto Saba: una vita fra tenerezza e angoscia. La vicenda personale di Umberto Saba, la sua figúra intellettuale, la sua Lomano dalla °pera hanno caratteri del tutto particolari, che lo pongono assai lontano dalle p0**'* * pur»» tendenze dominami nella cultura italiana di questo secolo: la sua poesia non Puo essere in nessun modo ricondotta alla linea « moderna » che seguiamo in questo capitolo e sembra piuttosto inaugurare una linea alternativa della lirica novecentesca, rivolta a un piú diretto interesse alla vita e alla realtä, estranea a ur>a ricerca di linguaggio «puro» e assoluto. La posizione appartata di Saba trova una delle prime motivazioni nelle sue Un ebreo radici triestine ed ebraiche (ai margini degli orizzonti culturali italiani e nello in«"no stesso tempo con un'apertura europea), che lo awicinano a Svevo, di venťanni P'u vecehio (cfr. 10.5.1). Umberto Poli (che solo nel 1910 assunse lo pseudo- Epocaio Guerre e fascismo (1910-1945) nimo di Saba divenuto poi anche suo cognome anagrafico) nacque a Trieste il - marz0,883 da madre ebrea e da padre convertitosi all ebraismo solo per p0. ter sposarsi e che abbandonö la famiglia e la religione ebraica in coincidenza con la nascita del figlio: questi fino ai tre anni fu affidato a una balia slovena, moglie di un macellaio, di religione cattolica, la Peppa, nella cui casa riconob-be piú tardi una specie di «paradiso», perduto al ritorno nella casa materna. Qui, con la madre, donna dal carattere aspro, ossessionata dalle difficoltä ceo-nomiche, e con due zie, visse gran parte dell'infanzia c dell'adolescenza (il padre l'avrebbe conosciuto solo nel 1905). In questo difficile nucleo familiäre, dove i contrasti psicologici e i modelli di vita si intrecciavano a contrasti di «razza» e di religione, il piccolo Umberto subí moltcplici traumi e angosce, che produssero piú tardi nell'uomo maturo una grave forma di nevrosi, con fa-si di insopportabile sofferenza, sempře piú dure negli ultimi anni. (ili stud, Dopo aver compiuto a Trieste gli studi ginnasiali, accompagnati da letture t li vocuione appassionatc, ebbe un breve impiego e strinse le prime essenziali amicizie in-icttcrtm tei]ettua]j (tra cuj queUa con [\ filosofo Giorgio Fano, 1885-1964): deciso a occuparsi di letteratura, cominciö a seguire gli studi universitari a Pisa nel 1905, anno in cui ebbe un primo grave attacco di sofferenza psichica, senten-dosi minacciato da un «pensiero coatto», assurdo, distruttivo e angoscioso, che sorgeva dall'interno del suo io. Tra il 1905 e il 1906 fu a Firenze, cercando di mettersi in contatto con le forme piú vive della letteratura italiana, ma sen-tendo una fundamentale estraneitä per gli ambienti letterari della cittä. Come cittadino italiano (nonostante l'appartenenza di Trieste all'Impero austriaco) compi il servizio militare in Italia, tra Firenze e Salerno, nel 1907-908. In tutta la sua esperienza si sentiva spinto verso un bisogno di comunicazione tenera e affettuosa con il mondo, di partecipazione alia vita collettiva, ma ostacolato da un senso angoscioso della propria diversity, dalla minaccia della sua nevrosi, dall effetto di un vuoto che sentiva aprirsi dentro di sé. Riemrato a Trieste, si costrui un nido familiäre e un'esistenza «normale», sposando all imzio del 1909 Carolina Wölfler (chiamata « Lina»), che conosce-w gia da alcuni anni e da cui ebbe una figlia, Linuccia, e vivendo come nego-ziante d. apparat. elettrici. Alia fine del 1910 faceva intanto uscire a Firenze a v2T T*' USrf d° per la p"ma volta U n°me di Umberto Saba, il suo primo ce »Tri VCrS 1 °"'e'che ottenne scarsa risonanza. Negli anni in cui« La Vo-rione ?1™ I.6"3 Culturale-la P°«'a di Saba appariva un frutto fuon sta-pZrinTT "i*"**™ nuov, contatti con alcuni scrittori vociani1 e S g"Í i^d7"'della nvista pubblicava nel 1912 il suo secondo libit, i St1711Ä d,,VenUt0 P°' T™te e «»* donla (cfr. dat,, tav. ^ ^ i Srn "ide CrÍSÍ nd loro raPP°"'. Saba e la moglie, con la bamb^ euZlAT nd «9'3 a Bologna e nel '14 a Milano. Con lo scoppio della 'tare lontano dal fronte, con varie 10.7. La nuova poesia 25Í 1. nordio (Werra mondiale ec i ľ 3 V***" e nel' ma"sioniammmiMrat,vP ľ 'T*2'0 müit; ste, finalmente itaLana 1™ ^mbardia e a Roma; finita la guerra, tornô a Tne-13 sua gestione, guardandn 1° Una Ľbreria äntiquaria e oceupandosi del-questa a^ľlf lando come da lontano al mondo intellettuale .taliano: ui nUTM, i . o™1 UdlJQQ ^p^neapp^ ^glianrudel fascismo, continuando pero a pi#- hlicare i suoi verši in varie riviste e raccolte (tra cui la príma edizione AdCanzo- rr nel io2i lo stesso anno in cui morí la madre). Una critica piú intelligente Riconoscimemo "sensibile (e in primo luogo G. Debenedetti e E. Montale) andava intanto rico- ™t.ca noscendo il valore delľopera di Saba, che suscitava notevole attenzione neJ-ľambientedi «Solaria». La malattia nervosa spingeva nel frattempo lo senttore aíla terapia psicoa- Ľespcnenza nalitica, da lui iniziata a Trieste nel 1929 con Edoardo Weiss. Nacque cosí il bi- psicoanaJitica sogno di approfondire la conoscenza delľopera di Freud che, insieme a quella di Nietzsche, gli apparirä sempre uno strumento essenziale per capire la realtä della condizione dell'uomo. Negli anni successivi, mentre la sua poesia trovava una nuova vitalita sotto la spinta delí'esperienza psicoanalitica, la sua esistenza diveniva sempre piú inquieta per il precipitare della situazione mondiale: col-pito dalle leggi razziali, dovette affidare la libreria al fedele commesso Carlo Le leggi razziaJi Černe, pur continuando a occuparsi della sua gestione. Da Trieste compiva vari viaggi a Milano, dove strinse un'inquieta e complicata amicizia (che avrä il suo momento piú intenso tra il 1946 e il 47) con il giovane poeta Federico Al-mansi, poi colpito da malattia mentale. Dopo 1'8 settembre dovette fuggire con la famiglia da Trieste, nasconden- Firenze e Roma dosi a Firenze, cambiando continuamente casa, confortato solo dalle visite di pochi amici, tra cui Montale. Nel gennaio del '45 si trasferí a Roma, vivendo una breve fase di entusiasmo per le prospettive di rinnovamento che sembrava-no aprirsi con ľuscita dalla guerra e dal fascismo: si accostô al partito comuni-sta, con cui ebbe un rapporto di attrazione e di diffidenza, avanzando molte ri-serve sul dogmatismo dei militanti e ricordando la necessitä di tener conto, per una vera liberazione dell'uomo, delle condizioni esistenziali e affettive e dei rapporti conereti tra le persone. Alla fine del '45 (anno in cui apparve la nuova Miláno edizione del Canzoniere) si trasferí a Milano, cercando di vivere col lavoro edi-toriale; e in questa fase si impegnô particolarmente nella serittura e nella siste-mazi°ne di aleune opere (tra cui Scorciatoie e raccontini, 1946, e Storia e croni-storia del Canzoniere, 1948). La situazione di Trieste, sottoposta a oceupazione di • tarei C°' r'scn'° di trasformarsi in un luogo di scontro tra paesi e interessi s> ľjSn PreoccuPava tremendamente; e fortissima fu la sua delusione per ľe-suo delle elezioni del 18 aprile 1948 (cfr. 11.1.3) eperla sconfitta del Frontepo-fonoT nat? a nieste nel maggio del '48, ebbe varie amarezze che aggrava- Gli ultimi «nni ma (H3 ma ne' 'P'0 iniz'ô una lunga serie di ricoveri in clinica, a Ro-alliet 0V^,era curato da Giovanni Bollea), Trieste e Gorizia. Non bastavano ad Linc^ľ POCta ' r'conoscirnenti pubblici, come il premio dell'Accademia dei renza' TL • 'aurea honoris causa alľuniversitä di Roma (1953). La soťfe-rnanzo6^ m'nata da sempre piú rari barlumi di poesia e, nel 1953, dal ro-apnar° "maSt° mcomPÍut°. Ernesto, che egli considerava «scandaloso» e che moglierrPOStUm° "el I975' Uscí ľultirna voIta daIla clinica Per i funerali della travano t * m°n 3 Go,rizia " 25 a8ost° '957- Le ultime raccolte di poesia en-mentre 3 I Pafte deU'edizione postuma del Canzoniere, apparsa nel 1961. re>>, ch 11963 usciva. a eura di Carlo Muscetta, Y Antológia deUCanzonie-egli aveva a lungo progettato, ma non era riuscito a pubblicare. 154 Epoca 10 Guerre e fascismo (1910-1945) 10.7.7. Poesia e cultura dt Saba. LrmoiKKK Nella poesiac nella cultura italiana di questo secolo Saba incarna il rifiuto Mh r- 1 di ogni lcgamc tra poesia c « modernita*: egli sente la parola poetica come vo- ..... ,vita» e del sentunento, segno di veritä e di autenticita, espressione delia gioia e del dolore, rapporto con le cose e con gli altri, abbandono totale alle forme e alle facce del mondo e dclľesistenza. Saba ě lontanissimo sia dalľa-spirazione dellc avanguardie a immergersi nel tlusso delia storia, ehe dalla ri-cerca di una poesia « pura» e assoluta, sottratta alio scorrere del tempo: per lui in ogni momento la poesia ě emozione ehe parte dalle occasioni delľesistenza degu uomini comuni, dagli incontri delia vita cittadina, dai rapporti familiari, dafi'aspirazione ad amare e a capire lc ragioni delia gioia e del dolore. La sua li-immo» rica si riferisce sempre ad espcrienze concrete, si appoggia su fatti e vicende penonak rcali, sconfina ncl racconto: le sue raccolte poetiche suggeriscono episodi, incontri, sorprese, accumulano le trame di un «romanzo» personale. Egli trova i propri modelli nella grande letteratura e mira a tradurre in parole la musica che sente palpitare in ogni momento delľesistenza, ad esaltare i colori delle cose, a seguire le drammatiche tortuositä del sentimento, a offrire a^li altri le lacerazioni di un «cuore» sempre aperto e disponibile. Saba difen-de un'immagine della poesia come voce sincera del cuore: un'immagine « sem-plice», lontana da complicazioni intellettuali, che ha le sue radici nel mondo dell'adolescenza e si oppone con forza agli artifici, agli equivoci, al formalismo esasperato di tanta letteratura contemporanea. Piú la poesia moderna si distan-zia dalla semplice «vita», cercando realtä artificiali e preziose o immergendosi nel vorticoso movimento della modernita, taoto piú Saba rivendica, řino all e-stremo, una poesia diretta e naturale,« onesta » perché vicina alle cose, lontana da ogni aggressiva pretesa di guidare il cammino della storia, come da ogni ricerca di perfezione astratta e assoluta: questa sua posizione controcorrente e da lui espressa nel modo piu ehiaro giä in un articolo inviato nel 1911 alia « Vo-•> e nhutato dalla rivista, Quelle che resta da fare at poeti. In questa passione ' per a «vita» c e qualcosa di tenero, di dolce, di indifeso, di «femminile». Sia-»K. ben distant, sia dalle ideologie vitalistiche e irrazionalistiche dell'inizio del secolo sia, sul versante apposto, dalľironia dei crepuscolari. t^ontrariam»r>t» - —----. • ■■ I colon Jcllc am. il ilolore c il •rnnmenm Tcncrczz ilclu 1 C-ommnoni e (omiiniia/Ktrw Aniauni del ijuotiuitrx ,-----.^..anu costituiscono per lui la base necessaria ai o»'" lir.. l°v*' USaíí- e r'Peterle significa inserirsi entro una forma collettiva. par- íiIZi" i1 n rÍmCrno di una convenzione sociále. Saba ě convinto che sob Í aJ. lCOnVenZ,0ne' di uno strumento lingu.stico piú diffusarnente ^nt.toeome «letterano» possa dars, lespressione piú autentica degh aftettu P17mpÍa 6 Cordiale-11 P°«a ě per lui come un artigian° dd SúSS10 dl vate e sacerdote t>toxra/u e Ftnaulle C.kor mortturo: I'mfanzu to il supremo valore della «leggerezza», che Saba sentiva ora con forza anche in seguito alia lettura di Nietzsche, e nel segno della leggerezza sono anche le Ltmorou ipi>u poesie de L'amorosa spina, che cantano l'amore per una inafferrabile e mutevo-le adolescente di nome Chiaretta. Un diretto confronto con il linguaggio e gli schemi della tradizione melodrammatica (in primo luogo la forma della canzo-netta, cfr. generi e tecniche, tav. 12?) si ha in Preludio e canzonette, in cui si esalta la «Beatitudine» del poeta, che sa affermare, pure in mezzo al dolore, la bellezza di tutta la realtä («tanto in cuore / aver d'amore / da dire: Tutto ě hello; / anche l'uomo e il suo male, anche in me quello / che m'addolora»), Nei quindici sonetti di Autobiografia Saba ritorna piú direttamente alle proprie vicende personali, ripercorrendo tutta la sua vita, ma come allontanan-dola da sé, dandole «suono come di una voce d'altro mondo» (G. Debenedet-ti). Sul motivo della leggerezza, in forme forse troppo stilizzate, si appoggiano ancora i testi di Fanciulle, galleria di figure di adolescenti, la cui fascinazione acerba viene opposta ai segni negativi che il poeta scorge ora nella donna adul-ta, legata al movimento di creazione e distruzione della natura, al ciclo della ri-produzione, che la porta a tessere «la fila eterna abbominanda / di nascite e di morti». Una svolta essenziale ě rappresentata, a questo punto, da Cuor morituro, in cui, per la prima volta, la poesia di Saba evoca il« paradiso» dei primissimi an-ni passati presso la nutrice Peppa (si ricordi La casa della mia nutrice, in cui tutta la poesia di Saba si riconosce come tentativo impossibile di entrare in contat-to con quel «tempo felice», di additare quel luogo semplice e assoluto): e, in modo significativo, la raccolta si chiude con una Preghiera alia madre, in cui, in un groviglio di rimpianti e di sensi di colpa, si riaffaccia l'immagine della madre morta e poco amata, il desiderio di raggiungerla («Ma giungere / vorrei dove sei giunta, entrare dove / tu sei entrata»), annullandosi nella terra e nella mořte. Preludio efughe tenta di costruire una poesia aperta in un gioco di intrecci, echi, sospensioni tra voci diverse,«care voci discordi», che vorrebbe tradurre in parole l'effetto delle «fughe» musicali: il gioco si svolge sul fondo di un ín-quieta e insolubile riflessione, addensa e fa sparire musiche e profumi sulk la-cerazioni dell'io («Quante rose a nascondere un abisso»). L'esperienza della psicoanalisi agisce in modo decisivo su //piccolo Berto, in cui il richiamo all tn-tanzia perduta si da attraverso una serie di drammatiche scissioni, sdoppia-menti, confronti, tra l'io attuale del poeta, l'immagine di se stesso bambino, tre immagini di bambini del presente e del passato, altre immagini «doppie». come quella delle due madri da lui avute (la nutrice e la madre vera). Nell arte tuosa nitidezza del linguaggio di Saba, l'appassionato richiamo alia caldagioia dell'infanzia si stravolge e si carica di sensi minacciosi, diventa alluciriata regt strazione di una sofferenza psichica, invasione di fantasmi che sconvolgon l'integrita dell'io (tremendo tra tutti il componimento Berto, conversazion sottile, semplice ed elementare solo in apparenza, tra il poeta e l'apparizione sc stesso bambino). Nelle due raccolte seguenti, Parole e Ultime cose, Saba sembra cercare una piú concisa essenzialitä, che gli fa sfiorare quei caratteri della «lirica moderna » 10.7. La nuova poesia 263 Preludio efuthe L'esperienzi analltica // piccolo Berto Parole Ultime cote che si imponevano negli anni Trenta: si sente qui la suggestione di Ungaretti e soprattutto di Montale. In Parole domina una ricerca di paesaggi precisi, di movimenti piú rapidi e sintetici, come se ora il poeta avesse una minore fiducia nello svolgersi libero e musicale della sua parola. Nell'awicinarsi della vecchiaia Saba scopre un effetto di ariditä e di solitu-dine, che in Ultime cose sembra togliere ogni trasparenza alle cose, awolge il discorso nell'ombra: le parole si rivolgono a un destinatario sfuggente, un fan-ciullo amico, un tu che ě oggetto d'amore e insieme immagine della propria giovinezza perduta, che ě la «reincarnazione degli adolescenti di Saba e del lo-ro archetipo, il piccolo Berto» (M. Lavagetto), verso cui il poeta aspira a porsi nel ruolo di madre e di figlio alio stesso tempo. Questa figura domina ancora in Meiitemnee Mediterrranee, dove si proietta in nomi di personaggi mitici, che percorrono paesaggi marini incontaminati: lo sguardo verso un mondo originario (in cui il poeta ritrova le immagini della propria adolescenza) sembra annunciare la possibility di una nuova gioia, di una tarda felicitä, ma in un nuovo groviglio di am-biguitä, censure, sensi di colpa. Le amarezze che si accumulano negli anni del dopoguerra introdueono Eptgnfe una definitiva lacerazione, che agisce con forza distruttiva nella raccolta Epi-grafe, che risale al 1947-48, ma che il poeta destinö alla pubblicazione postuma, come chiusura del Canzoniere: sentendosi preeipitare in un «tempo triste», sia per la situazione personale che per quella storica, Saba affida al suo «triste ita-liano» la confessione di un difficile e per lui inconfessabile rapporto umano; offre se stesso «morto» a un «popolo di morti». Ma la sua ultima stagione, nell'aggravarsi della malattia, ha un ultimo delicato momento nelle poesie di Uccelli e Quasi un raeconto, che alle delusioni del mondo e dei rapporti umani oppongono un colloquio con il piccolo e limitato mondo degli uccelli: la vita degli uccelli (e in primo luogo quella degli uccelli in gabbia, compagni dei bambini) annuncia l'utopia di un mondo infantile, di una calda immobile feli-cita, di una «Grazia» che afferma un essenziale «bisogno d'amicizia». Ma il linguaggio nitidissimo ed elementare ě agitato da qualcosa che Io corrode dal-interno: mentre rappresenta la dolce ripetitivitä della vita degli uccelli, il poe-ta e assediato da un senso di motte e di colpa; sembra negare la propria stessa parola, sentire «vergogna» per il fatto stesso di parlare ancora. 10 7-10. Gli scritti in prosa. . Negli scritti in prosa di Saba la parola si svolge con una n.tidezza assoluta, G.ungere che nomina direttamente le cose, sostenendo un pensiero sempre s.curo dei Propri obiettivi, del proprio legame con l'esperienza della vita: qui egli tocca . P'u complicati nodi psicologici, i piú ardui problem! letteran e culturali con u"a chiarezza quasi elementare, con una leggerezza e una grazia talmente ec-cessive da apparire allucinate. Per lui la « profonditá » e lo spessore della rilles-S1°ne non possono appoggiarsi su forme sintattiche tortuose e complicate, su schemi astratti e intellettualistici: il suo stile mira senza esitazione a «giungere Rtcnrdi Racconti c ta ealltna Swrcutoit r racmntim 264 Epoca 10 Guerre e fascismo (19101945) al cuore delle cose, al centro arroventato della vita»; gli basta «mostrare» se stesso per toccare come per incanto nodi essenziali, che altri riuscirebbero a L'epiHoUno raggiungere solo dopo lunghi sforzi di awicinamento. E per questo ě lacerante la confessione personále nelľepistolario, ancora disperso; cosí l'interesse della Storta e cronistoria del Canzoniere va molto al di la di quello di una semplice cronaca e riflessione di poetica (cfr. 10.7.8). Ncgli anni Dieci il rivelarsi della nuova poesia di Saba fu accompagnato da alcu-ni testi narrativi, apparsi poi nel 1956, insieme ad altre prose successive, nel volume RicordiRacconli: si tratta di cinque « ricordi» del mondo ebraico triestino (sotto il titolo complcssivo Git ebrei), risalenti al 1910-12 e dedicati nel 1952 alia memoria della zia Regina, e di Sette novelle risalenti al 1912-1 3 e allora pubblicate su riviste c giornali. Particolarmente suggestive sono le novelle, la cui scrittura ě collegata in pane alia crisi familiare rappresentata in Trieste e una donna. In esse, entro un mondo dai caratteri leggerissimi e quasi aerei, si svolgono vicende « maligně », con sto-rie di rapporti familiari che si disgrcgano nclľequivoco e nel risentimento, tra le piú aspre e malsanc tensioni psichiche (particolarmentc suggestiva la novella autobio-grafica La gallina). Nel volume del 1946 Scorciatoie e raccontini, testi scritti quasi tutti a Roma nel 1945 (salvo poche « scorciatoie», risalenti al 1934-35), Saba mira a risolvere l'espres-sione in prosa in momenti di riflessione e in piccoli racconti in miniatura. Una parola semplicissima c quasi fiabesca si apre qui a una comunicazione «leggera », che ad-densa il massimo di verita nel massimo di brevitä. Le « scorciatoie » sono circa due-cento aforismi, sottesi anche da una leggerissima ironia, sulla letteratura, la cultura, la politica, il costume: in modo candido e sicuro, sotto il segno di Nietzsche e Freud, Saba rivendica qui una conoscenza radicata nelle cose e nelle situazioni concrete, lontana da semplificazioni ideologiche, attenta alle forze oscure che agiscono sugli uomini e al loro inestinguibile e sempře insoddisfatto bisogno di felicitä. II romanzo incompiuto, in cinque «episodi», a cui egli lavorô nel 1953 in una pausa del suo male, Ernesto (pubblicato postumo nel 1975), appare come un ultimo confronto del vecchio poeta con la propria adolescenza, in una sinceritä esasperan-tc e « scandalosa », che guarda agli eventi del passato col proposito di non nascon-dcrc nulla, di andare al di la di quel taciuto e non detto che aveva costituito il segre-to e la forza della poesia del Canzoniere. Con una narrazione in terza persona che shora dchcatamente la realtä, con ampi momenti dialogici in cui si inserisce il vivace e nmdo dialetto triestino, viene rappresentata una iniziazione, quella dell'adole-sccntc Ernesto (evidente figura autobiografica), al sesso e alia vita. La vicenda pren-tlc awio da un mcontro omossessuale, poi superato dal giovane protagonista ma ri-masto nel fondo della sua coscienza: le cose piú scabrose vengono qui dette con una innotenza assoluta, come se il vecchio poeta riuscisse, in questa scrittura estrema, a ncondurrc ogni esperienza e ogni aspetto delľesistere a un valore « positivo », natu-rale, autentico. Ma dietro la rappresemazione cosí diretta e positiva, in cui ogni atto e ogni rap-pono sembrano legarsi a una disarmante volontä di «bene » e di dolcezza, si agita-no ancora tortuo.se contraddizioni. sottili identificazioni, deformazioni minaccic.se: nell apparentc leggerezza di Ernesto non c e unesaltazione della naturalitä dell e-ľ^nľ' T anC°ra VO,,a la reg««razionc di una sotferenza. di un'angoscia del" ad 1 it,ravcrso lo s«uard0 del vecchio si riverbera sulle immagini lontane lmziazionc di un adolcKcmc di una sotferenza Un simbolismo moderno 10.7. La nuova poesia 10.7.11. Giuseppe Ungaretti: la vita. Alia fiducia di Saba nella capacitä della parola di esprimere l'io e le cose, nel suo saper « cantare » direttamente la vita e i sentimenti, si oppone con Giuseppe Ungaretti la ricerca di una forma poetica assoluta ed essenziale, a par-tire dal vuoto e dalla consunzione del linguaggio. La sua poesia prende origine da una constatazione dell'esaurimento di tutte le tradizionali possibilitä della parola, si apre una strada a partire dal silenzio e dal« segreto »: e per questa via giunge a una esaltazione quasi mistica della parola, che scopre un nuovo rap-porto con gli aspetti piú preziosi e oscuri deUa tradizione. Ungaretti inserisce, per la prima volta in modo coerente e integrale, la poesia italiana entro le pro-spettive del simbolismo europeo (cfr. parole, tav. 193); trovando un punto ďincontro tra avanguardia e tradizione, la porta a un pieno possesso della modernita, fino ad apparire il poeta « moderno » e novecentesco per eccellenza. Anche le origini di Ungaretti sono decentrate rispetto all'orizzonte della La formazione cultura nazionale: egli non ha dietro di sé nemmeno un omogeneo retroterra imcrnazionale cittadino (come era la Trieste di Saba), ma si forma in un crogiuolo di razze e di culture diverse, di esperienze internazionali dominate dalla letteratura e dal-l'arte francese dell'inizio del secolo. Nato, come Marinetti (cfr. 10.3.11), ad Alessandria d'Egitto, il 10 febbraio 1888, egli apparteneva a una famiglia emi-grata dalla zona di Lucca: il padre, che gestiva un forno e lavorava come ope-raio al canale di Suez, moří in seguito a un infortunio quando egli aveva due anni. La sua passione per la poesia nacque negli anni della scuola e si sviluppö grazie a intense amicizie, nella vivacissima cittä egiziana: essenziale l'incontro, awenuto nel 1906, con il conterraneo Enrico Pea, da poco emigrato in Egitto (cfr. 10.6.2), che lo awicinö a tendenze di tipo anarchico. In difficoltä econo-miche , visse facendo vari mestieri. Nel 1912 si trasferi a Parigi, dove frequento Apollinaire e vari artisti d'avanguardia: li conobbe anche Papini, Soffici, Palaz-zeschi, chelo invitarono a collaborare a «Lacerba» (cfr. 10.3.1), dove nel 1915 apparvero le sue prime poesie. Trasferitosi a Milano nel 1914, fu acceso inter-ventista e all'entrata in guerra parti come soldato semplice nel 19" reggimento di fanteria: combatté sul Carso e durante questa dura esperienza compose le poesie apparse nel suo primo libretto, // Porto Sepolto, fatto stampare a Udine nel dicembre 1916, a cura dell'amico Ettore Serra. Nella primavera 1918 il suo feggimento passö a combattere in Francia, nella Champagne: e alia fine della guerra egli rimase a Parigi, come corrispondente del giornale fascista «II Popo-lo d'Italia» e poi come addetto all'ufficio stampa dell'ambasciata italiana. Nel '919 usciva Allegria di nau/ragt; nel 1920 sposava Jeanne Dupoix, da cui ebbe i "gli Ninon e Antonietto. Nel 1921 si trasferiva a Roma, per lavorare presso il Ministero degli Esteri. u°po la vita giovanile irregolare e awenturosa, gli anni Venti rappresentarono Per lui un ritorno all'ordine, sia dal punto di vista privato che da quello cultura-e: sua piena adesione al fascismo si accompagno intorno al 1928 una vera e Pf°pria conversione religiosa. Svolge\'a una varia attivitä in giornali e riviste In Italu Ritomo all'ordine 266 Epoca 10 Guerre e (ascismo (1910-1945) l.ituvua italiani e francesi, compiva giri di conferenze in Italia e alľestero e o tgev un viaggio nelSud America, chiamato a insegnare letteratura itaľiana pubbhc* conoscimcnti ufficiali di vario tipo. La sua fáma di poeta raggiungeva'iľc 1 ne con la pubblicazione, nel 1933, di Sentimento del tempo. Nel 19 36, durante versitä di San Paolo del Brasile, decise di trasferirsi lä con la famiglia, rimane dovi poi fino al 1942: questi anni furono amareggiati dalla perdita del fratelľo (1937) e da quella del figlio Antonietto (1939), eventi ehe trovarono cco nei versi de U dobre, pubblicati in volume nel 1947. Rientrato in Itália nel 42, fu no-minato aceademico ďltalia e professore di letteratura italiana moderná e con temporanea all'universita di Roma. Con il crollo del fascismo, seppe adattarsi al nuovo clima del dopoguerra, ponendosi come grande vecehio delia letteratura italiana, rispettato e stimato da tutti, poeta ufficiale ma pronto a prestare attenzione e simpatia alla nuova letteratura e a ripercorrere con sapienza le forme piú diverse delia tradizione poetica. Oltre a pubblicare nuove raccolte e vo-lumi, compí numerosi viaggi ed ebbe una intensa presenza nel mondo lettera-rio: premi, conferenze, letture di poesia (ehe svolgeva con una sua dizione as-Gli uhimi anm sorta e inconfondibile). La sua inesauribile vitalita fu turbata dalla morte delia moglie, awenuta nel '58. Festeggiato in tutto il mondo, dopo ľuscita nel 1969 delia raccolta completa dei suoi versi, Vita ďun uomo (con un fitto apparatodi note e varianti), compí un ultimo faticoso viaggio a New York all'inizio del 1970, e morí a Miláno la notte tra il i° e il 2 giugno di quell'anno. 10.7.12. Poetica e cultura di Ungaretti. Simbolumo La poesia di Ungaretti nasce nello stesso tempo da un senso di «av-e autobiografia ventura*, e da un senso opposto di spaesamento, da un'adesione all'esperien-za distruttiva delle avanguardie di inizio secolo e da una nostalgia per valori re-sistenti e costanti. Alla base delia sua formazione c'č ľesperienza del grande simbousmo europeo (sopranutto francese): ma i rapporti con la cultura espres-sionistica degli anni ehe precedono la prima guerra mondiale arricchiscono il suo simbolismo di una forte esigenza autobiografica. Egli cerca una poesia sot-tile e ricca di sfumature ehe rechi le tracce di un'esistenza conereta, ehe sia an-che immagine delia «vita ďun uomo» (un uomo dotato, per giunta, di una vitalita aggressiva e invadente, in čerti tratti addirittura «violento»). Questa immagine di umanitä deve pero emergere dal silenzio e dal vuoto, in un «grido», ehe afferri il senso profondo, segreto, non definibile in termini razionaíi, delia condizione naturale. Manca a questa ricerca autobiografica quella spinta polemica contro i valori sociali ehe caratterizza il vero e proprio espressionismo: la persona del poeta si presenta come «un grido unanime», una forza ehe raceoglie in sé il senso del tempo, i valori collettivi, lo spirito di un popoWPeHJ^garetti la poesia ě testimonianza assoluta delľuomo, ha in se qualcosá^disacrpeheresisteatutteledistruzionieviolenzedeliastoria: inquesta s.icralit3, Tindividuo si^fa voce di tutto un «popolo » (anche nella tragica u.ndizione delia ŕuerral, cercando pero di ridurre la parola'alľessenziale, tro- * U n grido onanunc* 10.7. La nuova poesia vando, per sé e per quel popolo, iinjiuyvo linguaggio scarnificato ed essenzia-lc, un linguaggio « moderno » ehe non ha nulla a ehe fare con quello delia reto-rica dannunzíana. Tutta ľesperienza di Ungaretti ě dominata da una poetica delľanalógia, ehe Una poetica non subisce reáli modificazioni, ma si definisce in due momenti e modlmolto . che lo mette pin direttamente in rapporto con la suggestione della poesia religiosa medievale e barocca, per compiere un percorso di inizia-zione, come in una pratica cerimoniale e rituále). Gli effetti analogici sono portati qui all'estremo, con tessuti di immagini trasco-loranti l'una nell'altra, sovrapposizioni continue tra effetti sensoriali, audaci com-binazioni tra gli aspctti piú lontani dell'espericnza. Uno dei componimenti piú ca-ratteristici, Le stagioni (1920), suggerisce esplicitamente che questa poesia intende svolgersi come un «arcano dialogo» tra voci diverse ricavate dal fondo della nátura il gioco di voci confonde i rapporti tra il concreto e l'astratto, sommerge la parola sotto una invasione di metafoře. L'« anima » ricava i piú intricati« riflessi» da immagini di segreta e sfuggente sensualitá, proietta se stessa in forme c figure del mito antico, riprende esemplari temi barocchi (e barocco ě lo stesso motivo del «Jem" po», del suo scorrere minaccioso, che domina tutta la raccolta). II lettorc ha lun-prcssionc di un ricamu perleno intorno a segreti e a forme che tendono a nobilitare inmodo astrauo I'esperienza del presente, che ne nascondono i segni reali, 1? cop-creteT.u erazioni le anche per questo la poesia ermetica si sviluppo in primo luogo 10.7. La nuova poesia 271 proprio dai modclli diSe^i^ntpJ^lXemisLl componimenti migliori sono in real-tá quclli in cui, pur nelle nuove forme piú ampie c distese, la parola di Ungaretti si libera del peso di eccessivi riflessi e analogic evita di muovere intorno a inafferrabi-li segreti, si interroga sulla nuda solitudine dell'uomo di fronte al male e alia morte, sulla vanitá della propria voce e del proprio stesso esistere: si hanno cosi risultati as-sai alti, radicati nella nuda sofferenza di un « uomo ferito », come La madre (1930) e La pieta. La successiva poesia di Ungaretti approfondisce alcuni caratteri di Sentimento del tempo, senza aspetti di grande novitá, in forme di perfezione assoluta, che hanno qualcosa di eccessivo e di sovraccarico, in una maniera splendida ma assoluta-mente chiusa in se stessa. La passione per 1'analogia e per la metafora si allarga fino al tentativo di proiettare tutta la propria esperienza umana in un orizzonte mitico e simbolico, che riattraversa varie forme mitologiche, tra allusioni e segreti, seguen-do lo schema del viaggio verso la «terra promessa », che per Ungaretti ě viaggio in-sieme verso la fine (la morte e 1'aldilá) e l'origine (il mondo dell'infanzia). A questo tentativo il poeta lavora a lungo, fin dagli anni Trenta, elaborando un poema^Lj Terra Promessa [\c cui pani sono pubblicate in volume nei 1950), che procede per frammenti, restando incompiuto per la sua stessa ambizione di trasfigurare la nátura «in motivi di riflessione metafisica sulle condizioni dell'uomo nell'universo» (notevole in questo senso il Reatatwo di Palinuro, in cui il poeta si pone come « piloto vinto d'un disperso emblema»). La poesia di Ungaretti ritrova una vera forza quando affonda piú direttamente nell'esperienza personále: dalla sventura e dalla desolazione nasce la raccolta // Do/ore\pubblicata nei 1947, con poesie composte a partire dal '37 per la morte del fratello e soprattutto per quella del figlio; e con altre composte a Roma nei '44 durante i giorni dell'occupazione nazista. Qui, specialmente nelle poesie per la morte del figlio (e in modo assoluto nei frammentario diario in versi intitolato Giorno per giorno), il verso (soprattutto lendecasillabo) si modula in un discorso disteso, accorato ed essenziale, costruendo un « amaro accordo» musicale, in cui le immagini analogiche appaiono come relitti minac-ciosi e inquietanti, residui di un'esperienza distrutta. In altre raccolte successive (Un Grido epaesaggi, 1952; Taccuino del Vecchio, 1960) e in brevi pubblicazioni poetiche (come i versi scambtati con la giovane poe-tessa Bruna Bianco, Dialogo, 1968, e la poesia scritta nei capodanno del 1970, L'im-pietrito e il velluto) il vecchio Ungaretti mostra altri momenti di accesa vitalita: ma raggiunge risultati ancora molto alti quando si afferra al proprio dolore, risolvcndo tutta la propria esperienza in una perdita c in un vuoto. In Un Grido e paesaggi, ol-tre a un testo che riprende in parte la tematica de // Dolore, si distingue l'ampio Mo-nologhetto composto alia fine del '51 per una trasmissione radiofonica. In quest ultimo testo la parola ripercorre alcuni frammenti di realtá, evocando un viaggio in Corsica e ricordi del carnevale brasiliano, e vedendo tutta la vita trascorsa sotto il segno del mese natale del poeta, febbraio: nello snodarsi dei ricordi si nconosce un tristc segno di vecchiaia, l'eco di un vuoto che nei cammino dell'esistenza si e cerca-to invano di colmare sotto le «mascherc» della poesia. Ma in una terra in cui non c e altro «che un barlume di vero / e il nulla della polvere*.tra iUusiom e «mirag-»», si afferma ancora, come al tempo dcWAllegrta. la resistenza di una vitalita, che si scopre assurda ma incoercibile. La solitud dell'uomo La Terra Promessa II Dolore Le raccolte successive Le « maschei della poesia 272 Epoca ío Guerre c tascismo (1910-1945) 10.7.15. Altre stradě per una Urica moderna. s«v«rc Attravcrso i risultati raggiunti da Ungaretti (e, in modo diverso, da Montane! l.nuutwtK) lCj cfr J] cap IO g) sj diffonde, tra gli anni Venti c Trenta, il modello di una urica che si impegna a scavare in profonditä nel linguaggio, che si concentra sul proprio spazio interno, in una ricerca che rifiuta rapporti troppo immediati con la realtä, che si allontana dalla tensione autobiografíca e moralistica che ca-ratterizzava i poeti legati all'esperienza della «Voce». Questa condizione « moderna » comporta un nuovo rapporto con la contemporanea lirica euro-pea, in cui la tradizione simbolista si era sviluppata verso una nozione di lirica pura e verso nuovi modi di accostarsi agli «oggetti». L'ermetisino Giä nel corso degli anni Venti e poi in modo piú ampio negli anni Trenta si rivcla una nuova generazione di poeti impegnata in questa ricerca « moderna », che ritiuta ogni forma di comunicazione diretta, ogni immediatezza sentimentale, cercando invece la difficoltá e la concentrazione linguistica: si afferma una costellazione di esperienze, tra loro anche molto diverse, che si sogliono acco-munare sotto l'etichetta generica di ermetismo. Questo termine sottolinea il ca-rattere di chiusura e di difficoltá, quasi da iniziati (simile a quello dell'antico ermetismo, cfr. parole, tav. 63), di questa poesia: si diffuse in seguito all'uso fat-tone in un libro del 1935, in un'accezione fortemente negativa, dal critico cro-ciano Francesco Flora (cfr. 10.6.22). Nell'uso corrente esso passö a designare quasi tutta la nuova lirica italiana, con la sola eccezione di Saba: ed ě stato va-riamente usato per Ungaretti, per Montale, e per molti altri poeti delle genera-zioni successive. Esso ě giustificato dall'esigenza, rivelata da gran parte di questa poesia. di parlare un linguaggio completamente «altro» rispetto a quello corrente, di porsi fuori dalla stessa realtä sociale contemporanea, di sottrarsi all'orizzonte comunicativo dell'Italia fascista. Alire c»|icncnzc Ma un uso troppo ampio del termine ermetismo rischia di creare molti ma-lintesi ed equivoci: sarä quindi preferibile limitarlo solo ai poeti che esplicita-mente scelsero una comunicazione « chiusa », una ricerca di significati sottili e segreti, di mistero e di corrispondenze analogiche. Esso non andrä quindi usato in modo indiscriminato per tutta la nuova poesia che si afferma negli anni Trenta: sarä preferibile riferirlo soprattutto afl'Ungaretti successivo a L'Alle-gna, a Quasimodo e a tutto il gruppo che accettö esplicitamente di definirsi come « ermetico » e che a Firenze costrui una vera e propria poetica comune sullo scorcio finale degli anni Trenta (cfr. anche 10.7.17). Altri poeti che operarono in quegli anni (e saranno ancora molto attivi nel dopoguerra) non possono es-scre assunti in modo troppo disinvolto sotto la generica etichetta di ermetismo. 11.1 essi Sergio Solmi, nato a Rieti nel 1899 e mono a Milano nel 1981, let-terato non «professionista », che lavorö a lungo come bancario, rappresenta la piu vigue coscienza cntica della condizione «moderna»: amico di Montale fin dal 1917, egli ha accompagnato una essenziale produzione poetica con un lavo-ro d. entico militante di eccezionale finezza e curiositá, attento sempre a senti-re la letteratura come nsposta a una condizione storica, a seguirne gli svolgi- 10.7. La nuova poesia : neija prospettiva di una razionalitá aperta, che ha come maggiore punto Ai rifcrimento ü grande Leopardi (oltre ai saggi sui contemporary raccolti nd volume Scrittori negli anni, 1963, vanno ricordati i numerosi studí su Leopardi e su alcuni autori francesi). La sua poesia, in una misura metrica rigorosamente scandita, ricava dagli incontri e dalle occasioni delľesistenza una sofferta me-ditazione intellettuale, una inquieta interrogazione sui destini individuall e col-lettivi, sull'«insufficienza» e le contraddizioni dell'esistere (i suoi scarni libri poetici vanno da Fine distagione, 1933. a Poesie, 1950, a Dalbalcone, 1968, fino alia raccolta Poesie complete, 1974). Leonardo Sinisgalli, nato a Montemurro, in Basilicata, nel 1908 e morto a Leonardo Roma nel 1981, ingegnere elettrotecnico, impegnato in varie attivitä industriali, si Sinisgalli rivelô come poeta suBa scia di Ungaretti nel 1936, ma ebbe un contatto assai stretto sia con Cardarelli che con il gruppo surrealista romano riunito intorno al pittore Scipione (cfr. 10.6.12), in cui si distinse, come poeta, anche il suo amico Libero De Libero, nato a Fondi nel 1908, e morto a Roma nel 1981. La poesia di Sinisgalli tende a una lucida astrazione, a un disegno fermo e preciso, a un equilibrio chiuso e sieuro: lontana da sfumature segrete e inafferrabili, essa riduce il peso delle cose at-traverso la figura dell'«ellissi», e predilige lo schema delľepigramma, delia defini-zione rapida e distillata di gesti e di forme. Sullo sfondo c e ü richiamo delľinfanzia e dell'originario mondo contadino, fissato come un «paese invariabile» (G. Conti-ni); ma vi affiorano poi gli aspetti piú diversi della vita e della cultura moderna. I libri essenziali di Sinisgalli appartengono alia prima fase del suo lavoro: Vidile Muse (1943) raceoglie tutta la sua produzione precedente, dal 1931 al '42; seguono Inuovt Campi Elisi (1947), La vigna vecehia (1956), e una varia produzione sperimentale in cui si awerte il tcnt.it ivo di collegare poesia e scienza e si prováno le vie della prosa poetica, della riflessione pungente, dell'aforisma. Va infine ricordata la milanese Antonia Pozzi (1912-1938), una poetessa isola- Antonia Pozzi ta, morta in giovanissima etä, la cui raccolta postuma Parole (1939), vicina in parte all'ermetismo, ě animata da un'essenziale aspirazione a «ridurre al minimo il peso delle parole» (E. Montale). 10.7.16. Salvátore Quasimodo. La poesia del siciliano Salvátore Quasimodo, che sembra organizzare in Un repertory un vero e proprio repertorio i «modi tipici del minore simbolismo francese» dclU iradiaione (P.V. Mengaldo), offre quella ehe a lungo ě stata 1'immagine piú corrente della slmbol"u '""ica italiana novecentesca. Nato a Modica nel 1901, Quasimodo visse in varie cittä J'Italia, svolgendo La vna lavori diversi. A Firenze fu in contatto con ľambiente di «Solaria» (per le cui ^dizioni pubblicô nel 1930 la sua prima raccolta, Acque e terre). Dal 1934 fu a Muano, dove insegnö neíla scuola media e svolse una varia attivitä pubblicisti-Ca' Particolarmente intensa nel dopoguerra, quando egli fu su posizioni demo-cratiche e di sinistra e la sua fama di poeta si affermö in modo notevole, fino al-^^ßnazione, nel 1959, del premio Nobel per la letteratura. Mori a Napoli nel 968. Fin dalla prima raccolta e da quelle ehe ne ripresero i caratteri in modo P'u nitido (Oboe sommerso, 1932; Erato e Apollion, 1936, riunite tutte nel 1942 274 Epoca io Guerre c fascismo (1910-1945) 10.7. La nuova poesia 275 ncl volume Ed ě subito sera), la poesia di Quasimodo si riconosce per una assor-Una Undti ta interrogazione del pacsaggio, per una continua immersionc nelle sfumature del p»e»»«[io inafferrabili, segrete e misteriose della natura, nelle sue forme eterne e insieme e del mim sfuggent j radicatc in un indecifrabilc passato arcaico. Su queste forme naturali si sovrappongono riferimenti al mito e alia sua sacralitä (ritrovata nel fondo greco della Sicilia). Dalle piú varic analogie sprigiona una musicalitä awol-gente e insistente, che fa ancora pensare a D'Annunzio (il cui modello resiste fortemente in Quasimodo, anche se scarnificato e ridotto all'essenziale). Su L'k) tutto si impone con insistente rilicvo un io lirico, che ama navigare tra le forme, e U«wperc» pensoso e atteggiato, scntendo respirare e «dolorare» in sé il mondo, parteci-ddle coic pan(j0 a] «sapere» deUe cose, consolandosi e umiliandosi in esse, identifican-dosi con il loro nascere e il loro morire («in me si fa sera: / l'acqua tramonta sulle mie mani erbose»; «cosi lieve son fatto, / cosi dentro alle cose / che cam-mino coi cieli »>. L'ultima Quasimodo scmbra voler trasmettere una sorta di quintessenza assoluta e senza j-i.-l •••"•»• tempo, mitica e sacralc della liricitä: e ciö ě evidente anche nelle sue versioni dei Li-crmetismo rla gTecj (1940), che furono seguite da un vario lavoro di traduttore. Nel dopoguer-e neorralismo n^ Jj fronte a[]a mutata situazione polit u.a. il poeta si senti chiamato ad arricchire la propria poesia con una attenzione alia realtä sociale, nell'ambizioso proposito di collaborare, con i valori cterni della parola, a «rifare l'uomo» (ricordiamo le rac-colte Giorno dopo giorno, 1946; La vita non ě sogno, 1949; La terra impareggiabtle, 1956): ma i risultati furono modesti e contribuirono piuttosto a creare un rapporto diretto tra queUa scrittura di tipo ermetico, assorta e sacrale (legata a una rivendica-zione umanistica del valore supremo della poesia), e gli orizzonti del neorealismo (ma cfr. 11.2.19). 10.7.17. L'ermetismo a Firenze. Em. c rcugkwu Un vero e proprio gruppo « ermetico »(cfr. 10.7.15) si formö a Firenze nel-la seconda metá degli anni T renta, con l'elaborazione di una poetica che si rifa-ceva direttamente alia grande tradizione simbolista europea. Per la maggior parte degli esponenti di questo gruppo furono fondamentali una inquietudine religiosa e una tensione morale, maturate nell'ambito del cattolicesimo mili-U lezionc tante, e in particolare intorno alia rivista «II Frontespizio» (cfr. 10.6.10): oltre dl"FT-^Un°* a.1ueua cattolicesimo tradizionalista, in un intreccio di rapporti ed espe-** rienze, essi sentirono la suggestione della « modernita» di« Solaria», dellerivi-ste che la seguirono e delle Stesse tensioni contraddittorie del fascismo di sinistra. Tra i poeti piú vicini, i punti di riferimento essenziali furono dati da Unga-retti, da Quasimodo, dal mistico e religioso Onofri; l'attenzione alle contem-poranee culture straniere (specie per il contributo di due eritici come CaRL° Bo, nato nel 1911, e Oreste Macrí, nato nel 1913) permise inoltre di guardare ad aleune delle piú vitali esperienze europee di quegli anni, come il surrealisme e il nascente eststenzialtsmo (cfr. parole, tav. 251). La scelta di uno stUe difficile, chiuso nella ricerca dell'analogia, nelTappro-fondimento di un'inquieta ma segreta esperienza interiore, costitui per gli er- metici fiorentini una risposta alle difficoltá e alle contraddizioni della situazio- Distacco ne nresente: si lego aU'aspirazione a una religiositá non compromessa con I a- f^ku" niverso politico, «pura» nelle sue motivazioni esistenziali. 11 rifiuto dell impe-Kno diretto nella vita sociále, di cui gli ermetici furono variamente accusati in seeuito, in quel momento segno un profondo distacco dalla cultura fascista: e vari del resto furono gli scambi tra gli ermetici e altri giovani intellettuali di estrazione non cattolica, che allora operavano in Firenze, e che maturarono posizioni antifasciste, come Bilenchi, Vittorini, Gatto, Pratolini. Maturato sulle pagine del« Frontespizio», il gruppo di base deU'ermetismo fio- Letteratura rentino si staccó dalla rivista cattolica nel 1938, dopo la pubblicazione del saggio di come vita Carlo Bo, Letteratura come vita, un vero e proprio manifesto ideologico, in cui si propugnava una letteratura «come eterno confronto della nostra anima con il sen-so totale della veritá*, identificando il tempo della poesia «nel mistero», la sua esperienza « nell'ansia, nell'aspcttazione di una veritá ». I fuoriusciti dal « Frontespizio* trovarono ospitalitá su altre riviste fiorcntine, tra cui «Campo di Marte» che, nella sua breve vita, assunse quasi la fisionomia di rivista ufficiale deU'ermetismo (cfr. ancora 10.6.10). Pur con posizioni diverse, si affermó cosi una poesia in L'oscunti cui il gusto della sfumatura sottile si svolgeva, in modi assorti e inquieti, in un lin- come scclta guaggio pieno di allusioni, trasalimenti, segreti, sospensioni, interrogazioni: l'oscu- esistcnziale ritá, tra foreste di simboli e lampi di analogic si poneva essenzialmente come una scelta d'esistenza e di coscienza. Solo in parte puó essere considerato vicino a questo gruppo il piú anziano Be- Alcum poeti tocchi, uno degli animatori del« Frontespizio », che dará i suoi risultati poetici piú alti nel dopoguerra; mentre soluzioni di tipo nuovo e diverso, partendo da questa esperienza ermetica, troverá piú tardi il piú giovane Luzi (ma di Betocchi e di Luzi si parlerá in 11.4). Rappresentano piú direttamente i caratteri originari deU'ermetismo fiorentino, oltre a Gatto (su cui cfr. il par. seguente), poeti come Luigi Falla-cara (1890-1963), Alessandro Parronchi (nato nel 1914K Piero Bigongiari (nato nel 1914), attivo quest'ultimo anche come critico (insieme ai giá ricordati Bo e Macrí egli pona anche neUa critica il gusto ermetico deU'aUusione, deUa sfumatura sottile, del turbamento esistenziale, deU'oscurita al limite deU'indecifrabile). 10.7.18. Alfonso Gatto. Nato a Salerno nel 1909, Alfonso Gatto visse cambiando continuamentc me- La vita stiere e spostandosi tra cittá diverse, senza raggiungere mai una vera stabilita, fino aUa morte awenuta presso Grosseto in un incidente stradale nel 1976. Militante an-tifascista, subi sei mesi di carcere nel 1936 e partecipo attivamente aUa Resistcnza, nmanendo vicino fino al '51 al partito comunista; svolse anche una varia attivitá di pittore. Nella sua esperienza poetica (inaugurata nel 1932 col volumetto hola, se- DallVrmetumo guito nel 1937 da Morto at paesi) l'adesione aU'ermetismo rappresenta un fatto al n«.rc.u.roo spontaneo e naturale, motivato da una disponibilita a seguire libere analogie tra le immagini piú varie, con una musicalita tencra e sospesa, libera da ogni troppo stret-to vincolo strutturale. Convimo nel valore « sacro » deUa voce poetica, egli si muove con libera curiosita tra le svariate forme deUa vita, una vena di malinconia. sospesa a un «labile suono», in alcuni momenti sfiora leggeri toni melodrammatici. in altri da luogo a giochi di associazioni verbali simili a quelli del surrealtsmo. In lui domi-