Dal Neoclassicismo al Verismo 27 A. Manzoni Capitolo I Don Abbondio è il parroco del paesino in cui vivono Renzo e Lucia e dovrebbe celebrare il loro matrimonio. Al rientro dalla sua quotidiana passeggiata lungo le stradine del borgo, però, due bravi – soldati al servizio di un signorotto del posto – attendono il sacerdote per riferirgli un messaggio del loro signore, don Rodrigo: le nozze tra Renzo e Lucia, fissate per il giorno successivo, non devono essere celebrate, altrimenti... L’autore inserisce poi un’ampia digressione per presentare don Abbondio, raffigurandolo, sia pure in modo ironico, come un personaggio pauroso, ossequioso con i potenti e sempre pronto a sottomettersi ai loro capricci. Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, don Abbondio, curato1 d’una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto2 , né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio3 , e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario4 , tenendovi dentro, per segno, l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi5 del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora6 . Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio7 , giunse a una voltata8 della stradetta, dov’era solito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d’un ipsilon9 : quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura10 : l’altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all’anche del passeggiero11 . I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo12 , sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell’intenzion dell’artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir13 fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo14 , con qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente, per dir così, delle due viottole15 : un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l’altro Don Abbondio e i bravi 1curato: parroco. 2nel manoscritto: il testo da cui Manzoni finge di aver ricavato la storia di Renzo e Lucia. 3ufizio: le preghiere. 4breviario: il libro che raccoglie le preghiere che gli ecclesiastici devono recitare nei diversi momenti della giornata. 5fessi: spaccature. 6pezze di porpora: chiazze di colore rossastro. 7squarcio: brano. 8voltata: svolta. 9a foggia d’un ipsilon: somigliante a una Y. 10cura: parrocchia. 11passeggiero: viandante. 12tabernacolo: piccola cappella contenente un’immagine sacra. 13dir: rappresentare. 14bigiognolo: grigiastro. 15al confluente... delle due viottole: nel punto in cui le due stradine si incontravano per confluire in un unico viottolo. unità01_2V.qxd 6-02-2009 15:07 Pagina 27 28 unità 1 Don Abbondio e i bravi A. Manzoni piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull’omero sinistro, terminata in una gran nappa16 , e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi17 arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere18 , cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d’un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia19 traforata a lamine d’ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de’ bravi20 . […] Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti21 , che l’aspettato era lui. Perché, al suo apparire, coloro s’eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada22 , a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza23 lo rassicurava alquanto: i bravi però s’avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l’indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all’indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell’occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un’occhiata, al di sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra più modesta sulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? Tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini24 , disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi. – Signor curato, – disse un di que’ due, piantandogli gli occhi in faccia. – Cosa comanda? – rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo. 16nappa: fiocco. 17mustacchi: baffi. 18polvere: da sparo. 19guardia: la parte dell’impugnatura dell’arma che serve a proteggere la mano. 20bravi: erano guardie private al servizio dei signori locali. 21per certi gesti: da alcuni atti. 22uscita di strada: scappatoia, via di fuga. 23il testimonio… della coscienza: la rassicurante (consolante) testimonianza della sua coscienza [l’affermazione del narratore è ironica]. 24galantuomini: onesti uomini [detto con ironia]. unità01_2V.qxd 6-02-2009 15:07 Pagina 28 Dal Neoclassicismo al Verismo 29 – Lei ha intenzione, – proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, – lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! – Cioè... – rispose, con voce tremolante, don Abbondio: – cioè. Lor signori son uomini di mondo25 , e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune26 . – Or bene, – gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne di comando, – questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai. – Ma, signori miei, – replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, – ma, signori miei, si degnino di mettersi ne’ miei panni. Se la cosa dipendesse da me... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca27 ... – Orsù, – interruppe il bravo, – se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco28 . Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c’intende. – Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli... – Ma, – interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, – ma il matrimonio non si farà, o... – e qui una buona bestemmia, – o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e… – un’altra bestemmia. – Zitto, zitto, – riprese il primo oratore: – il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente. Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e disse: – se mi sapessero suggerire… – Oh! suggerire a lei che sa di latino29 ! – interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato30 e il feroce. – A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti… ehm… sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo? – Il mio rispetto… – Si spieghi meglio! – … Disposto… disposto sempre all’ubbidienza –. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio31 . – Benissimo, e buona notte, messere, – disse l’un d’essi, in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli32 , allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. – Signori... – cominciò, chiudendo il libro con le due 25uomini di mondo: persone esperte della vita. 26i servitori del comune: al servizio di tutti. Don Abbondio non difende Renzo e Lucia, anzi lascia intendere che essi abbiano fretta di sposarsi per motivi poco chiari. 27a me non me ne vien nulla in tasca: io non ci guadagno niente. 28se la cosa… in sacco: se la questione si dovesse decidere a parole, lei vincerebbe. 29a lei che sa di latino: che è un uomo colto. 30sguaiato: indisponente e volgare. 31nel significato più serio: come una promessa. 32iscansarli: evitarli. unità01_2V.qxd 6-02-2009 15:07 Pagina 29 30 unità 1 Con questo paragone, che è rimasto famoso e quasi proverbiale, Manzoni vuole intendere che don Abbondio era un uomo fragile e pavido in un’epoca in cui, per potersi difendere, bisognava essere potenti oppure intrepidi e coraggiosi. mani; ma quelli, senza più dargli udienza33 , presero la strada dond’era lui venuto, e s’allontanarono, cantando una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che parevano aggranchiate34 . Come stesse di dentro, s’intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale35 , e de’ tempi in cui gli era toccato di vivere. Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto36 ) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da’ primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato. La forza legale non proteggeva in alcun conto l’uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. […] Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discre- zione37 , d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ubbidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verità, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vivere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale scelta. Ma una classe qualunque non protegge un individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno38 : nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema39 particolare. […] Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime, tra il clero e le podestà40 laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate. Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava col più forte, sempre però alla retroguardia, e procurando di far vedere all’altro41 ch’egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli dicesse: ma perché non avete saputo esser voi il più forte? ch’io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla larga da’ prepotenti, dissimulando le loro soverchierie42 passeggiere e capricciose, corrispondendo con sommissioni43 a quelle che venissero da un’intenzione più seria e più meditata, costringendo, a forza d’inchini e di rispetto gioviale, anche i più burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl’incontrava per la strada, il pover’uomo era riuscito a passare i sessant’anni, senza gran burrasche. […] (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, Le Monnier) 33dargli udienza: ascoltarlo. 34aggranchiate: bloccate, intorpidite. 35naturale: carattere. 36avveduto: accorto. 37della discrezione: della maturità. 38segno: punto. 39sistema: di vita e di comportamento. 40podestà: i poteri e i loro detentori. 41procurando… all’altro: facendo in modo che l’altro [la parte con cui non si era schierato] vedesse. 42dissimulando… soverchierie: ignorando i soprusi. 43corrispondendo con sommissioni: sottomettendosi. Don Abbondio e i bravi A. Manzoni unità01_2V.qxd 6-02-2009 15:07 Pagina 30