UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO  FILARETE ON LINE  Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia  Quest’opera è soggetta alla licenza Creative Commons Attribuzione ‑  Non commerciale ‑ Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY‑NC‑ND  2.5). Questo significa che è possibile riprodurla o distribuirla a condizio‑ ne che  ‑ la paternità dell’opera sia attribuita nei modi indicati dall’autore o da  chi ha dato l’opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi  avallino chi la distribuisce o la usa;  ‑ l’opera non sia usata per fini commerciali;  ‑ l’opera non sia alterata o trasformata, né usata per crearne un’altra.   Per maggiori informazioni è possibile consultare il testo completo della  licenza  Creative  Commons  Italia  (CC  BY‑NC‑ND  2.5)  all’indirizzo  http://creativecommons.org/licenses/by‑nc‑nd/2.5/it/legalcode.  Nota. Ogni volta che quest’opera è usata o distribuita, ciò deve essere fat‑ to secondo i termini di questa licenza, che deve essere indicata esplicita‑ mente.  FIORI E VITA DI FILOSAFI E  D’ALTRI SAVI E D’IMPERADORI  Edizione critica a cura di Alfonso  D’Agostino  Firenze, La Nuova Italia, 1979  (Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università  degli Studi di Milano, 87)  PUBBLICAZIONI DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DELL'UNIVERSITÀ DI MILANO LXXXVII SEZIONE A CURA DELL'ISTITUTO DI FILOLOGIA MODERNA Fiori e vita di filosafi e d'altri savi e d'imperadori edizione critica a cura di ALFONSO D'AGOSTINO LA NUOVA ITALIA EDITRICE FIRENZE Proprietà letteraria riservata Printed in Italy © Copyright 1979 by «La Nuova Italia» Editrice, Firenze ia edizione: ottobre 1979 INDICE Premessa p. xv Opere citate sommariamente i STUDIO PRELIMINARE I - La tradizione diretta 1.1. Premessa 9 1.2. Manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze io 1.3. Manoscritti della Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze 15 1.4. Manoscritti della Biblioteca Riccardiana di Firenze 16 1.5. Manoscritto della Biblioteca Estense di Modena 19 1.6. Manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana 20 1.7. Manoscritto della Bodleian Library di Oxford 20 II - Le edizioni 2.1. L'edizione Nannucci 21 2.2. L'edizione Palermo 22 2.3. L'edizione Cappelli 22 2.4. L'edizione Varnhagen 23 2.5. Altre edizioni 25 III - Le fonti 3.1. La tesi di Hermann Varnhagen 26 3.2. I Flores historiarum di Adamo di Clermont 28 3.3. Le fonti del cap. xxvi 33 3.4. Conclusioni (la datazione dei FF) 39 X INDICE IV - La tradizione indiretta 4.1. Premessa 41 4.2. Il Libro di sentenze 43 4.3.1 Conti di antichi cavalieri 43 4.4. Le sentenze del codice Magi, xxxvm.iaj 44 4.5. Il Libro di varie storie di Antonio Pucci 45 4.6.1 rapporti col Novellino 46 4.7.1 rapporti di Dante coi FF 48 4.8. La tradizione delle Vite dei filosofi 51 V - Classificazione dei manoscritti 5.1. Premessa ^4 5.2. Eliminazione del codice Re 56 ^.3. La famiglia a 58 5.4. La famiglia $ 63 5.5.1 manoscritti contaminati Nb Rb 67 5.6. Codici frammentar! o di filiazione incerta 70 5.7. L'archetipo, la tradizione esterna e lo stemma 72 _5.8. Validità dello stemma 76 VI - Criteri dell'edizione ed esame linguistico del testo 6.1. Premessa 83 6.2. Esame linguistico di Na 84 6.3. Esame linguistico di Ne 89 6.4. Abbreviazioni di Ne e criteri di trascrizione 92 VII - Titolo e autore 7.1. Il titolo 94 7.2. L'autore dei FF 95 TESTO I - Pittagora 103 II - Democrito 106 III - Valerio no IV - Empedocles 112 V - Torquato 113 VI - Ipocrate 114 VII - Socrate 116 Vili - Fiatone 122 IX - Diogene 126 X-Aristotile 128 XI - Epicurio 131 XII - Teofarasco 134 XlII-Papirio 136 XIV - Scipio Africano 140 XV-Plauto , 142 INDICE XI XVI - Stazio 144 XVII -Cato 146 XVIII - Marzia 149 XIX - lulio Cesare 150 XX -Tullio 153 XXI-Salustio 1 68 XXII - Attaviano Agosto 171 XXIII - Marco Varrò 173 XXIV -Seneca 175 XXV - Quintiliano 196 XXVI - Troiano 200 XXVII - Adriano 206 XXVIII - Secondo filosofo 208 XXIX-Oriene GLOSSARIO 227 INDICI Indice dei nomi propri 237 Indice della bibliografia 239 In ricordo di Alberto del Monte PREMESSA Questo libro costituisce una profonda rielaborazione della mia tesi di laurea, discussa nel novembre 1973. Era relatore il professar Alberto del Monte, che aveva seguito il mio lavoro con le eccezionali doti di competenza scientifica e disponibilità didattica a lui consuete. La dedica di questa nuova edizione dei Fiori di filosafi alla memoria del mio Maestro rappresenta pertanto il più gradito dei doveri da compiere: quello dettato dalla ricono­ scenza. Ma non voglio dimenticare quanti altri mi hanno in vario modo aiutato nel mio lavoro, e citerò almeno la professoressa Anna Maria Pinoli, che fu correlatrice all'esame di laurea, la dottoressa Marina Fumagalli Mezzetti, con cui ho discusso innumerevoli volte dei problemi ecdotici di quest'edizione, i professori Maurizio Vitale e Carla Cremonesi, che hanno scrupolosamente riletto il manoscritto, la professoressa Mariateresa Cattaneo Vecchia, che mi ha continuamente incoraggiato nel lavoro e il processor Umilio Bigi, direttore della collana in cui il libro appare, che è stato cortesemente prodigo di consigli pratici in vista della pubblicazione. E XVI PREMESSA inoltre funzionari e impiegati delle seguenti biblioteche: Laurenziana, Nazionale e Riccardiana di Firenze, Estense di Modena, Marciana di Venezia, Vaticana di Roma, Ambrosiana di Milano, Nazionale di Parigi e Bodleiana di Oxford. Infine il ricordo che, senza l'infinita pazienza dei miei familiari, questo libro non avrebbe potuto vedere la luce. Milano, dicembre 1977. OPERE CITATE SOMMARIAMENTE i. Sigle «AAST» «AATSL» GDLI «GSLI» FEW FF FU «FR» HLF «ID» «IMU» «Lbl» «LeS» «LI» «LN» MM.G.HH SS. «Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino» «Atti dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria», n.s. «Archivio Glottologico Italiano» «Bullettino della Società Dantesca Italiana», n.s. C. Battisti - G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze 1950-7, 5 voli. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino 1961 ss. «Giornale Storico della Letteratura Italiana» W. von Wartburg, Franzosisches etymologisckes Wòrterbuch, Bonn 1922-8, Leipzig 1932-40, Basel 194488. Fiori di filosafi (presente edizione) Adami Claromontensis Flores historiarum; ms. Plut. xxi Sin. vili della Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze «Filologia Romanza» Histoire littéraire de la France, voi. xvm, Paris 1835, voi. xix, Paris 1838 «L'Italia Dialettale» «Italia Medioevale e Umanistica» «Literaturblatt fùr germanische und romanische Philolo- gie» «Lingua e Stile» «Lettere Italiane» «Lingua Nostra» ^Monumenta Germaniae Historica, series Scriptores 2 OPERE CITATE SOMMARIAMENTE NTF Nuovi testi fiorentini del Dugento, con introduzione, trattazione linguistica e glossario a e. di A. Castellani, Firenze 1952 «R» «Romania» «RBLI» «Rassegna Bibliografica della Letteratura Italiana» «RCCM» «Rivista di Cultura Classica e Medioevale» «RFR» «Rivista di Filologia Romanza» «SD» «Studi Danteschi» «SFI» «Studi di Filologia Italiana» «SFR» «Studj di Filologia Romanza» «SGI» «Studi di Grammatica Italiana» SH Vincentii Bellovacensis Speculum historiale, ed. Johannes Mentellin, Strassburg 1473-6 «SN» «Studia Neophilologica» SPCT Studi e problemi di critica testuale. Convegno di Studi di filologia italiana, Bologna 1961 «StLI» «Studi Linguistici Italiani» SW E. Levy, Provenzalisches Supplement-Worterbuch, Leipzig 1894-1924, voli. 8. T-B N. Tommaseo - B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino 1861-79, voli. 4 (7 tomi) TF Testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, con introduzione, annotazioni linguistiche e glossario a e. di A. Schiaffini, Firenze 1926 T-L A. Tobler - E. Lommatzsch, Altfranzosisches Wórterbuch, Berlin (poi Wiesbaden) 1915 ss. TS Testi sangimignanesi del secolo XIII e della -prima metà del secolo XIV, con introduzione, glossario e indici onomastici a e. di A. Castellani, Firenze 1956 VEI A. Prati, Vocabolario etimologico italiano, Milano 1951 2. Abbreviature Ageno = F. Brambilla Ageno, 17 verbo nell'italiano antico. Ricerche di sintassi, Milano-Napoli 1964. Ageno, Particolarità — F. Brambilla Ageno, Particolarità nell'uso antico del relativo, in «LN» xvn (1956), p. 4 ss. Baldelli = I. Baldelli, Di un volgarizzamento pisano della Practica Geometrie, in Studi in onore di Alfredo Schiaffini («RCCM» vii 1965), P- 79 ss. Bandini iv, v = A. M. Bandini, Calalogus codicum manuscriptorum Bibliothecae Medice'ae-Laurentianae, t. iv, Florentiae 1777; t.v, Florentiae 1778. Barbi, Codice pisano — M. Barbi, D'un antico codice pisano-lucchese di trattati morali, in Raccolta di studi critici dedicata ad A. D'An- OPERE CITATE SOMMARIAMENTE 2 cona, Firenze 1901, p. 241 ss., poi in La nuova filologia e l'edizione dei nostri scrittori da Dante al Manzoni, Firenze 1938 (rist. 1973), p. 243 ss., da cui cito. Battoli, I primi due secoli = A. Battoli, I primi due secoli della letteratura italiana, Milano 1880. Bartoli, Prosa = A. Battoli, La prosa italiana nel periodo delle origini (Storia della letteratura italiana, voi. m), Firenze 1880. Bertolucci Pizzorusso = Marco Polo, Milione. Versione toscana del Trecento, ediz. crit. a e. di V. Bertolucci Pizzorusso, indice ragionato di G. R. Cardona, Milano 1975. Besthorn = R. Besthorn, Ursprung und Eigenart der àlteren italienischen Novelle, Halle 1935. Bezzola = R. R. Bezzola, Abbozzo di una storia dei gallicismi italiani nei primi secoli (750-1300), Heidelberg 1925. Biagi = G. Biagi, Le novelle antiche dei codici Panciatichiano - Palatino 138 e Laurenziano-Gaddiano 193, Firenze 1880. Brunetto, Rettorica = B. Latini, La Rettorica, a e. di F. Maggini, Firenze 1915 (n ed., Firenze 1968). Cappelli = Fiore di filosofi e di molti savi, attribuito a Brunetto Latini. Testo in parte inedito, citato dalla Crusca e ridotto a miglior lezione da A. Cappelli, Bologna 1865 («Scelta di curiosità letterarie inedite o rare», nr. 63). Castellani, Atto lucchese = A. Castellani, Sull'atto lucchese in volgare del 1288, in «StLI» vii (1967-70), p.2oss. Castellani, Dittongamento = A. Castellani, Dittongamento senese e dittongamelo aretino nei dialetti dell'Italia Mediana, nell'op.cit. al lemma 'Durante'. Castellani, Frammenti = A. Castellani, Frammenti d'un libro di conti di banchieri fiorentini del 1211, in «SFI» xvi (1958), p. 19 ss. Castellani, Lettera pisana = A. Castellani, Una lettera pisana del 1323, in Festschrift W. von Wartburg zum 80. Geburtstag, voi. n, Tiibingen 1968, p. 18 ss. Castellani, Miliadusso = A. Castellani, Noie su Miliadusso, in «StLI» il (1961) p. 112 ss. e iv (1963-4), p. 107 ss. Castellani, Pisano e lucchese = A. Castellani, Pisano e lucchese, in «StLI» v (1965), p. 97 ss. Castellani Pollidori = O. Castellani Pollidori, Ricerche sui costrutti col possessivo italiano, in «StLI» vi (1966) p. 3 ss., p. 81 ss., vii (1967-70), p. 37 ss. Crespo = Introduzione a Una versione pisana inedita del 'Bestiaire d'amours', a e. di R. Crespo, Leiden 1972. D'Agostino, Nuova proposta = A. D'Agostino, Nuova proposta per le fonti dei 'Fiori e vita di filosafi ed altri savi ed imperadori', in «Medioevo Romanzo» iv (1977), pp. 35-52. D'Agostino, Una versione inedita — A. D'Agostino, Una versione italiana inedita dei 'Detti di Secondo', in «Acme - Annali della Facol- A OPERE CITATE SOMMARIAMENTE tà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano» xxx (i977)» pp. 185-212. Dardano = M. Dardano, Lingua e tecnica narrativa nel Duecento, Roma 1969. Dardano, Bestiario = M. Dardano, Note sul Bestiario toscano, in «ID» xxx (1967), p. 29 ss. del Monte = Introduzione ai Conti di antichi cavalieri, a e. di A. del Monte, Milano 1972. De Robertis n, in = D. De Robertis, Censimento dei manoscritti di rime di Dante, in «SD» xxxvui (1961) p. 16755. e xxxix (1962), p. 119 ss. Durante = M. Durante, Fenomeni di epitesi nell'Italia Mediana, in I dialetti dell'Italia Mediana con particolare riguardo alla regione umbra, Gubbio 1970, p. 249 ss. Favati = Introduzione al Novellino, a e. di G. Favati, Genova 1970. Gaspary = A. Gaspary, Storia della letteratura italiana, trad. di N. Zingarelli, voi. i, Torino I9i42. Giamboni, Libro = Bono Giamboni, II libro de' vizi e delle virtudi e il Trattato di virtù e vizi, a e. di C. Segre, Torino 1968. Godefroy = F. Godefroy, Dictionnaire de l'ancienne langue frangaise et de tous ses dialectes du IXe au XVe siècles, Paris 1881-1902 (voli. io). Graf i, il = A. Graf, Roma nella memoria e nelle immaginazioni del Medio Evo, voi. i, Torino 1882, voi. n, Torino 1883. Hope = T. E. Hope, Lexical borrowing in thè romance languages. A criticai study of Italianism in French and Gallicism in Italian from 1100 to 1900, Oxford 1971. Limentani = Dal Roman de Palamedés ai Cantari di Febus-el-forte, a e. di A.Limentani, Bologna 1962. Lo Nigro = Novellino e conti del Duecento, a e. di S. Lo Nigro, Torino 1963 (l'ediz. dei FF è alle pp. 241-93). Mazzatinti i, x = Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d'Italia, a e. di G. Mazzatinti, voi. i, Roma 1898, voi. x, Roma 1900. Morpurgo — S. Morpurgo, I manoscritti della R. Biblioteca ficcardiana di Firenze. Manoscritti italiani, voi. i, Roma 1900. Morpurgo, Supplemento = S. Morpurgo, Supplemento a Le opere volgari a stampa dei secoli XIII e XIV indicate e descritte da F. Zambrini, Bologna 1929. Mostra = Mostra di codici romanzi delle biblioteche fiorentine, Firenze 1957. Nannucci = Manuale della letteratura del primo secolo della lingua italiana, compilato dal prof. V. Nannucci, Firenze 1837-9, ma cito dalla il ediz., voi. i, Firenze 1856, voi. n, Firenze 1858. Novellino = cfr. Favati. Palermo = F. Palermo, Raccolta di testi inediti del buon secolo della favella toscana, Napoli 1840. OPERE CITATE SOMMARIAMENTE e Paris = G. Paris, La legende de Trajan, Paris 1878. Parodi, Dialetti toscani = E. G. Parodi, Dialetti toscani, in «R» xvm (1889), p. 590 ss. Parodi, Rima = E. G. Parodi, La rima e i vocaboli in rima nella Divina Commedia, in Lingua e letteratura. Studi di teoria linguistica e di storia dell'italiano antico, a e. di G. Polena, Venezia 1957, p. 203 ss. Pestelli Gori = V. Pestelli Cori, Sull'uso dell'articolo nella Divina Commedia, in «LN» vi (1944-5), p. 28 ss. Pieri = S. Pieri, Fonetica del dialetto lucchese, con appendice lessicale; Fonetica del dialetto pisano, con appendice lessicale; Appunti morfologici, concernenti il dialetto lucchese e il pisano, in «AGI» xn (1890-2), p. 107 ss., 141 ss., 161 ss. Rohlfs = G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, trad. it., Torino 1966-69, voli. 3 (citata per paragrafi). Segre, Sintassi = C. Segre, La sintassi del periodo nei primi prosatori italiani (Guittone, Brunetto, Dante), in «Mem. Acc. Naz. Lincei», CI. Scienze mor., stor. e fil., ser. vili, voi. iv, 1952, fase. 2, pp. 39- 193, poi in Lingua, stile e società. Studi sulla storia della prosa italiana, nuova ediz. ampliata, Milano 1974, p. 79 ss. Segre, Volgarizzamenti — Volgarizzamenti del Due e Trecento, a e. di C. Segre, Torino 1953 (rist. 1969). Serianni = L. Serianni, Ricerche sul dialetto aretino nei secoli XIII e XIV, in «SFI» xxx (1972), p. 59 ss. Tekavcic = P. Tekav&c, Grammatica storica dell'italiano, Bologna 1972, voli. 3 (citata per paragrafi). Tristano Riccardiano = 17 Instano Riccardiano, a e. di E. G. Parodi, Bologna 1896. Trolli = D. Trolli, La lingua di Giovanni Morelli, in «SGI» n (1972), p. 51 ss. Varnhagen = H. Varnhagen, Ueber die «Fiori e vita di filosafi ed altri savii ed imperadori» nebst dem italienischen Texte, Erlangen 1893. STUDIO PRELIMINARE I LA TRADIZIONE DIRETTA 1.1. Premessa I Fiori e vita di ftlosaft e d'altri savi e d'imperadori l erano noti, secondo gli ultimi censimenti 2, in nove esemplari manoscritti. Un'ulteriore indagine, espressamente condotta per questa edizione, consente ora di vedere precisamente triplicato il patrimonio tradizionale, pur con l'avvertenza che alcuni dei codici di nuova acquisizione si limitano a trasmettere porzioni frammentarie dell'opera (cfr. 5.1.). Panoramica della tradizione 3: 1. D'ora in poi FF (= Fiori di Filosafi). In tutto il libro i riferimenti interni con due cifre arabe (es.: 4.1.) rimandano ai paragrafi dello Studio preliminare (nella fattispecie, al primo paragrafo del quarto capitolo), mentre quelli con cifre romane e arabe (es.: xx,3^) alle righe del testo dei FF (nella fattispecie, alla trentacinquesima riga del ventesimo capitolo). 2. Bardano, p. 46, n. 76: «Si conoscono dieci manoscritti dell'opera. Varnhagen (pp. vn-xn) ne elenca sette. Di questi due non sono identificati, ma saranno il Laurenziano Gaddiano reliqui 193 (...) e uno dei tre Magliabechiani ricordati nella Mostra, pp. 99, 107, 112. Un altro ms. è ivi menzionato alla p. 101». L'informazione va lievemente modificata. In realtà Varnhagen elenca solo sei codici dei FF, dato che il settimo, come egli stesso riconosce (pp.x-xn) appartiene a un'opera differente (cfr. 2.4.), e precisamente al Libro di sentenze (cfr. 4.2.). I mss. noti risultano pertanto solo nove. S'aggiunga, di passaggio, che il Magliabechiano non identificato è proprio quello descritto alla p. 101 della Mostra, cioè il codice qui siglato Nd (cfr. 2.1.). 3. Questo inventario, a parte le notizie di base, mira a integrare e non a sostituire le precedenti descrizioni dei codici; solo eccezionalmente l'illustrazione si fa più organica e accurata. L'inevitabile sproporzione derivante da questo eri- IO STUDIO PRELIMINARE i.2. Manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze i)Na = Conv. Soppr. F. iv. 776 (prov. S. Spirito) 4. Membr., sec.xni ex.- xiv in.\ mm. 305x210; 00.76, numer. mod., di cui bianche le cc. 57V, 58, 74-5; lacuna tra e. 49 e 50; una guardia membr. anteriore scritta, preceduta da un foglio cart. del sec. xix e una posteriore, pure scritta; si distinguono due mani: cc. 1-57 e 60-76; scrittura gotica francese su due colonne: il codice, infatti, risulta scritto in Francia, probabilmente nel Languedoc. Il bel volume presenta iniziali miniate in oro e a colori, fregi anche a tutta pagina, capilettera e pararli alternatamente in rosso e turchino. Legatura moderna in assi e pelle. I FF si leggono alle cc. 2)Nb = il. n. 72 (già Magi. vili. 35, prov. Magliabechi e Magi. xxv. 571, prov. Strozzi ioj>2) 5. Cart., sec.xiv ex.; mm. 297x223; composto di due mss., il primo di cc. 180 (e. i membr.), il secondo di cc. 17 (e. i caduta e modernamente sostituita); tre guardie anteriori e tre posteriori; precede un indice di 90:. del sec. xix; rubriche e capilettera in rosso; scrittura a riga intera; legatura moderna in assi e pelle. I FF stanno alle cc. I7or-i8ov. 3) Ne = n. iv. in (già Magi, xxxv, 268; prov. Crusca 26) 6. Membr., sec. xm seconda metà; mm. 277x202; cc. i, terio è sembrata in ogni modo preferibile alla sistematicità di un'esposizione inutilmente ingombrante. 4. Descritto con abbondanza di particolari da Varnhagen, pp. vn-ix, che riproduce anche la e. 5or e poi in Mostra, pp. 158-9, con riproduzione della e. 8v. Altri dettagli in E. Stengel, Studi sopra i canzonieri provenzali di Firenze e di Roma, in «RFR» i (1872), pp. 20-45; P. Savj-Lopez, II canzoniere provenzale J, in «SFR» ix (1903), pp. 490-8; C. Brunel, Bibliograpbie des manuscrits littéraires en ancien provencal, Paris 1935, p. 88. 5. Descrizione in Mazzatinti i, pp. 225-6 e poi in Mostra, pp. 98-9. E si veda da ultimo Matteo dei Libri, Arringhe, ediz. a e. di E. Vincenti, Milano-Napoli 1974, pp. xvn-xvni. 6. Descrizione e tavola in Mazzatinti x, pp. 124-5 e in Mostra, pp. 111-2. LA TRADIZIONE DIRETTA 105, numerazione moderna (e. i, sec.xm prima metà e a e. IO5V mano del sec. xiv); scrittura gotica libraria a due colonne; precede un indice cart. di cc. io, del sec.xvni; iniziali dei capitoli miniate, pararli alternatamente in rosso e turchino; moderna legatura in assi e pelle. Nel verso della copertina si legge: «Questo libro è di Zanobi di Giorgio di Benedetto di Lionardo (...)!i in Firenze in borgo Ogni Santi chi lo trova lo renda». Alle cc. 8r-9r, indice così introdotto: «In nomine domini nostri Ihesu Giristi. Anno domini millesimo ducentesimo septuagesimo quarto, indictione secunda, xv ienuarii. In questa indizione si compieo questo libro. Scripselo lo maestro Fantino da San Friano» e a e. 9r, seconda colonna: «In nomine nostri Ihesu Christi amen. Qui comincia il libro ch'è chiamato fiore e vita di filosofi et d'altri savi imperadori e sono xl capituli». È il celebre codice di trattati morali di maestro Fantino da San Friano, indagato nella sua veste linguistica fiorentina, ma non pubblicato, da Arrigo Castellani 7, il quale vi individua una parte più antica, contenente anche i FF (che si leggono alle cc. 9iv-iO3r) e una parte più moderna 8. 4)Nd = n. iv. 127 (prov. SS. Annunziata, anno Membr., sec.xiv seconda metà; mm. 275x202; cc. 105, di cui bianche le cc. 84v, 85 e io6v; scrittura gotica libraria a due colonne; a cc. ir, 42r e 86r fregio versicolore a tutta pagina; rubriche in rosso, capilettera e paraffi alternatamente in rosso e turchino; moderna legatura in cartone e mezza pelle. I FF si trovano alle cc. 87r-96v e non, come si legge nelle precedenti descrizioni del codice, fino alla e. io6r; alle cc. 96v-io6r, infatti, sono scritti, senza soluzione di continuità, altri fiori (germinati evidentemente sul tronco dei nostri, ma estranei alla redazione originaria) attribuiti a Socrate Democrito Fiatone Pitagora Panimundo (sic) Aristotile Teofara- 7. NTF, pp. 1-2. 8.NTF, p. u, n. i. 9. Descritto in A. Gazzani, Frate Guidotto da Bologna, Bologna 1865, pp. 26-7, poi in E. Rostagno, in «BSDI», n.s. xxin (1916), p. 7235., in Brunetto, Rettorica, pp. x-xi e in Mostra, pp. 101-2. STUDIO PRELIMINARE sebo (i.e. Teoftasto) Seneca Diogene, quindi i proverbi di Salomone e finalmente un redazione mutila dei Capitoli d'insegnamento e di costumanza 10. 5) Ne = n. iv. 136 (già Magi, xin, 69; prov. Strozzi 3/8) 11. Cart., sec.xiv; mm. 306x224, composto di due parti: cc. 1-63 + 77-91 e cc. 1-9 (bianca la e. 9); due guardie cart. anteriori e due posteriori; precedono un indice cart. di 7 fogli del sec. xvm e due cc. del sec. xvii; mancano le cc. i, 64-77, 88; capilettera grandi in inchiostro nero, scrittura a piena pagina; moderna legatura in assi e pelle. I FF si leggono alle cc. 78r-87v (il testo è mutilo per la caduta della e. 88), e non, come risulta dalle precedenti descrizioni del codice, fino a e. 9iv; i brani contenuti alle cc. 89r- 9 iv, infatti, non appartengono alla nostra opera, bensì al Libro di Sidrach u. 6)N£ = Magi, ix, 6 1 (già Magi. ix. io. 61; prov. Caddi 742) 13. Membr., mm. 225x165; cc. 24, numer. mod., di cui bianche le cc. i8v-2iv; precedono una guardia cart. scritta e una membr. bianca, seguono una guardia membr. (sul cui verso si trova una quasi illegibile nota di appartenenza) ed una cart. Il codice risulta così composto: i)cc. ir-8v, sec. xiv seconda metà, in gotica a piena pagina, contengono i FF dal cap. i al cap. xxv, apodo; n)cc. 9r-i6r, sec.xiv in., in gotica libraria di due corpi diversi a due colonne: Capitoli d'insegnamento e di costu- 10. In verità già Vincenzio Nannucci, primo editore dei FF (cfr. 2.1.) si avvide della cosa e scrisse (p. 301, 11.4): «... nel Codice Magliabechiano [= Nd] al Fiore di filosofi e di molti savi tien dietro un trattato, che discorre de' Vizii e delle Virtù, mancante però del principio e del fine, e confuso per colpa certamente del copiatore del Codice col detto Fiore, come se fosse un'opera tutta insieme...». 1 1. Maggiori particolari in Marco Polo, II Milione, a e. di L. F. Benedetto, Firenze 1928, p. LXXXII, in Mostra, pp. 106-7 e in Bertolucci Pizzorusso, pp. 329-30. 12. Il libro di Sidracb, a e. di A. Bartoli, Bologna 1868; Bartoli però non menziona questo codice. 13. Una prima informazione in G. Targioni Tozzetti, Catalogo dei manoscritti magliabechiani ordinato per classi, s. L, s. a., voi. iv, pp. 109-10; successivamente in Varnhagen, pp. ix-x, che lo cita come Magi. ix. 10.61. LA TRADIZIONE DIRETTA manza, volgarizzamento della versione francese del rifacimento del Moralium Dogma di Guglielmo di Conches 14; in) e. i6r, stessa epoca e scrittura della sezione precedente: xiiij modi di fare limosina; iv) e. i6v: alcune righe vergate da mano del sec. xv; v)w. i/r-iSr, stessa epoca e scrittura della sezione i, contengono il cap. xxvm, acefalo, e l'ultimo capitolo dei FF; vi)cc. 22r-24v, sec. xiv in., in gotica libraria con paraffi rossi: raccolta di sentenze di santi e di uomini pii. Il codice, assai modesto, mal tagliato (a e. 4r è stata rifilata la prima riga) e pieno di cuciture, ha una moderna legatura in cartone. /)Ng = Magi, xxi, 116 (prov. Strozzi 126). Membr., sec. xiv 15; mm. 280x210; cc. 43, numer. antica; precedono un foglio cart. mod. e due fogli membr. antichi di guardia, seguono un foglio membr. antico e uno cart. mod. Scrittura gotica di una mano sola, a due colonne: rubriche in rosso e paraffi in rosso e turchino; legatura in cartone e pelle. Nel secondo foglio membr. di guardia si legge un titolo: «Sentenze di filosofi in volgare». Un po' dappertutto nei fogli di guardia si trovano note di appartenenza a vari componenti della famiglia Strozzi. I FF si leggono alle cc. i8v-33r. 8)Nh = Magi, xxi, 146 (prov. Strozzi 1442 ) 16. Cart., sec. xv; mm. 300x230; cc. 81 con antica numer. in caratteri romani (i-xxxn e XCIV-CXLII, è ripetuta la e. cxxn, manca la cxxxi), precede una guardia membr. scritta (vi si leggono un indice del libro e varie note di appartenenza), segue una guardia membr.; bianche le cc. xxxii e xciv; scrittura di più 14. Non riconosciuti né da Battoli, Prosa, p. 218, né da Varnhagen, ibidem, che ne riporta qualche stralcio per dimostrare (ovviamente) la non corrispondenza di questo testo coi FF. E si veda Morpurgo, Supplemento, nr. 613. i^.E non sec. xv, come si legge in F. Fossi, Catalogo dei codici della libreria strozziana (manoscritto), Firenze 1789, voi. li, p. 2. Qui anche la tavola del co­ dice. 16. Cfr. la tavola del manoscritto nel testé citato volume di Fossi, p. 12. STUDIO PRELIMINARE14 mani a riga intera fino a e. cxxixr (più la e. CXLI), su due colonne le rimanenti. Legatura in cartone e pergamena. I FF si leggono alle cc. 23r-26r. 9) Ni = Pane. 32 (già Pane.- Pai. i38) 17. Membr., sec. xin ex.- xiv /'»., mm. 200x145; cc. 97 modernamente numerate; sei guardie cart. anteriori e sei posteriori, moderne; scrittura gotica a riga intera; si distinguono due mani: cc. 1-50 e 51-97; iniziali azzurre con fregi rossi, capilettera alternatamente rossi e turchini. Legatura in assi e pelle. Un frammento dei FF, contenente i capitoli vili, ix, xiv, xxvii, xxvin 18, si legge alle cc. io)Nl = n. n. 15 (prov. Magi, vi, 19 e xm,68) 19. Cart., sec. xiv, mm. 300x230; il volume è composto di due codici, il primo di cc. 86 e il secondo di cc. 44 (doppia numerazione, antica e moderna, a mano); precedono e seguono dieci e rispettivamente due guardie moderne; tra i due codici si trovano due cc. moderne e un foglio pergam. Legatura moderna in assi e pelle. Un frammento del cap.xxvm dei FF si legge alle cc. 129 r-v. n)Nm = Pai. 631 (già 217- E, 5, 6, ^o) 20. Membr., sec. xiv, mm. 263x200; cc. 60 con numerazione antica, una guardia all'inizio e una alla fine, bianca la e. 46; scrittura calligrafica della stessa mano a piena pagina fino a e. 45v, poi su due colonne; iniziali alternate rosse e turchine; legatura in cartone ricoperto da pergamena. Alle cc. 47r-54v si legge un florilegio di massime dotato del seguente incipit: «Questi sono decti di savi et prima 1 7. Descritto in Biagi, pp. xciv-xcvn (Biagi ne da anche un'edizione interpretativa non impeccabile) e poi in S. Morpurgo, I codici panciatichiani detta R. Biblioteca Nazionale di Firenze, i, Roma 1887, p. 64. Ampia informazione in Mostra, pp. 122-4. 18. Che compaiono però nella sequenza: ix, xiv, vili, xxvil, xxvm. 19. Cfr. Mazzatinti i, pp. 137-8. 20. Descrizione in I codici palatini detta 'Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, n, Roma 1890, pp. 200-1. LA TRADIZIONE DIRETTA sancto Agostino»; seguono sentenze di sant'Agostino, Seneca, san Gregorio ecc. Alle cc. 54r-v, in particolare, si trova il cap. xxvin dei FF. i.3. Manoscritti della Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze ia)La = Gadd. rei. 193 (prov. Magi. xxi)84) 21. Membr., sec.xiv in., mm. 225x170; cc.44 scritte a riga intera in gotica corsiva con iniziali in rosso; bianca la e. 43. Sul retto del foglio di guardia si legge: «Timete Deum est liber filosofarum» (sic). Legatura moderna in assi e pelle. Il codice, «miscellaneo, è evidentemente una 'antologia' di scritti morali, exempla e poesie politiche» (Mostra, p. 31). I FF si trovano alle cc. 22r-4iv. i3)Lb = Martelli i2 22. Membr., sec.xm ex.- xiv in., mm. 270x190, cc. 51 con duplice numerazione recentissima; bianche le cc. 10-11; cinque guardie, tre anteriori e due posteriori, moderne; scrittura gotica libraria a due colonne; capilettera e segni paragrafali alternatamente in rosso e turchino. Legatura moderna in assi e pelle. I FF si leggono alle cc. i3r-2or. 14) Le = Plut. XL. 49 23. Cart., sec.xv, mm. 278x205, cc. 148, numeraz. mod., iniziali e paraffi in rosso e turchino, legatura antica in assi e pelle con borchie, fermagli e catena. I FF, in ordine e redazione molto differenti dall'originale, si trovano alle cc. 21. Tavola in A. M. Bandini, Catalogus codicum manuscriptorum Bibliothecae lAediceae-Laurentianae, Supplementum i, Florentiae 1791, pp. 184-7. Descritto in Biagi, pp. xci-xciv, che pubblica il solo frammento del Novellino. Dettagliata illustrazione in Mostra, pp. 31-3. 22. Illustrazione esaustiva in Dante Alighieri, La Vita Nuova, per e. di M. Barbi, Firenze 1907, pp. xxvii-xxrx. Altra descrizione in Mostra, pp. 30-1 e in De Robertis ni, pp. 177-8. 23. Descritto in Bandini v, p. 67 e in De Robertis ni, pp. 138-9. 1 6 STUDIO PRELIMINARE i.4. Manoscritti della Biblioteca Riccardiana di Firenze i5)Ra = Ricc. 1094 24. Cart., sec.xv, mm. 285x215, cc. 154; tre guardie cart. anteriori e tre posteriori; si riconoscono tre mani: cc. i-89v, cc. 89V-I49V, cc. i49v-i_53v; dopo la e. 153 mancano alcuni fogli; a e. ir grande iniziale colorata e arabescata; nella seconda e terza parte capilettera e paraffi in rosso, qualche iniziale in turchino. Legatura antica in assi coperte di cuoio, con impressioni a secco e fermagli. I FF, con la stessa sequenza dei capitoli e la stessa redazione del manoscritto precedente, si leggono alle cc. io6vi6)Rb = Ricc. 1642 25. Membr., sec.xv in., mm. 3oox 200, cc. 85 modernamente numerate; cart. e bianche la e. 50, che segna una vistosa lacuna, e la e. /8r; una guardia anteriore cart., sul cui retto si trova un indice del sec. xix e una guardia cart. posteriore; rubriche rosse e capilettera in rosso e giallo; scrittura a riga intera; numerose postille e correzioni marginali. Legatura in pergamena. I FF si trovano alle cc. 5ir-64r. i7)Rc = Ricc. 2280 (già N. iv. 26) 26. Cart., sec.xv, mm. 280x205, cc. 109 con numerazione moderna; precedono una guardia cart. e due membr., seguono sei guardie cart. Sul retto della prima guardia membr. si legge un indice antico: «Albertano Seneca delle quattro forze di virtudi Articoli di dottrina cristiana Trattato morale Fiori e Vite di Filosofi e Imperadori». Alle cc. ir-2r indici in rosso così introdotti: «In nomine domini nostri Gieso Cristo Anno domini millesimo dugientesimo settuagesimo quarto yndizione xv yennuari. In questa indizione si chompieo questo libro». Seguono poi, cancellate con un tratto di penna, le parole: «Scriselo lo maestro 24. Dettagliata descrizione e tavola in Morpurgo, pp. 96-9 e in De Robertis il, pp. 193-5. 25. Accurata descrizione in Morpurgo, pp. 601-2. 26. Breve cenno in Inventano e stima della libreria Riccardt, Firenze 1810, p. 47. La descrizione di questo ms. è più ampia e comprende anche la tavola del codice per agevolare la dimostrazione (cfr. 5.2.) che Re è descriptus di Ne. LA TRADIZIONE DIRETTA 17 Fantino da San Friano». Rubriche e segni paragrafali in rosso; scrittura a due colonne della stessa mano per tutto il codice. Legatura moderna in assi e pelle. Tavola del manoscritto: i)cc. ir-ir: Indici; n)cc. 2v-/2v: volgarizzamento del Trattato della dilezione di Albertano da Brescia; in)cc. 72v-/6r: Libro delle quattro virtù morali; iv)cc. /6r-77v: Articoli di dottrina cristiana; v)cc. 77v-96v: Capitoli d'insegnamento e di costumanza; vi)cc. 96v-io9v: Fiori e vita di fylosafi e d'altri savi im- peradori; vii)e. io9v: explicit in terza rima: I priego Idio che dia etterna pacie allanima di quella chello scrisse questo libretto che tanto mi piace. E li suoi santi cholla mente fisse prieghin anchor la vergine Maria chon san Giovanni che tanto ben disse chella difenda degni chosa ria lanima el corpo e da nimici suoi ancho Ila guarda per tuo chortesia. Aiutala Signore chara la puoi. Seguono notazioni astronomiche sul corso della luna (aggiunta moderna). 18)Rd = Ricc. 2795^. Nel volume sono rilegati molti manoscritti diversi per età, formato ecc., ma con numerazione continua. Quello che ci interessa occupa le cc. ii2ri23v. Membr., sec.xin ex., mm. 220x160, cc. 12 con numerazione a penna; manca un foglio tra e.112 e 113; scrittura gotica su due colonne, titoli e capilettera rubricati. Legatura in cartone. 19)Re = Ricc. 1272 (già Q. I. 7) 28. Cart., sec.xiv ex., mm. 300x200, cc.44 modernamente numerate, di cui bianche le cc. 32-3; si distinguono tre mani: e. i, cc. 2-39, cc. 27. Il codice non mi risulta descritto. 28. Descrizione e tavola in Morpurgo, pp. 332-3. STUDIO PRELIMINARE 40-44, tutte del Trecento; due guardie cart. anteriori e una posteriore. Legatura in assi e pelle. Alla e. i (r-v) si legge un estratto dei FF, il cui incipit è il seguente: «Questi sono filosafi e fiori. Diometricho Ypochite Fiatone Socrate Diogiene Aristole Teiofaristo Papirio Stazio Tulio Senacha Quintiliano Marchovano e Secondo filosofo». In realtà seguono poi solo alcune sentenze di Secondo e poche altre di vari filosofi, raccolte alla rinfusa. In cima alla e. i, una mano del sec. xix ha scritto «Detti di filosofi». Più in basso (mano del Trecento) Vincipit del vangelo di Giovanni 29, dell'Ave Maria e del Pater Noster. 20) Rf = Ricc. 1317 (giàP. in. 8) 30. Cart., sec.xv (1451), mm. 285x200, cc. 100 (e. i e e. 100 membr.); precedono e seguono due fogli di guardia cart., su cui si leggono note di appartenenza di vari componenti della famiglia Guidetti; bianche le cc.52v-53r, 9iv, 95-98; capilettera in rosso fino a e. iyv. Legatura in assi e pelle. Due estratti dei FF si leggono rispettivamente alle cc. /4v- 76r (i capitoli xxvi-xxvm) e alle cc. /9r-8or (i capitoli m, vii, vili, x). In questa parte del codice mancano le lettere iniziali dei capitoli, destinate evidentemente alla rubricatura, poi non avvenuta (vi sono soltanto le lettere di richiamo). Scrittura a piena pagina. 21)Rg = Ricc. 1126 (già O. ni. n) 31. Cart., sec.xv, mm. 220x145, cc. 206 modernamente numerate; due cc. bianche moderne suppliscono le cc. 65 e 66, cadute; lacuna tra le cc. 45-6, 53-4, 83-4, 86-90; precedono due indici di due cc. ciascuno, del sec. xviii; due guardie cart. anteriori e due posteriori, moderne; a e. ir (anticamente carta di guardia) si leggono indicazioni di proprietà di vari componenti della famiglia Strozzi; scrittura a piena pagina di almeno cinque mani 29. E non il primo versetto del Genesi, come erroneamente si legge in Morpurgo, ibidem. 30. Ampia descrizione e tavola in Morpurgo, pp. 382-4. 31. Copiose informazioni e tavola in Morpurgo, pp. 154-8; accuratissima descrizione in De Robertis u, pp. 201-3. LA TRADIZIONE DIRETTA T C) diverse, tutte del sec. xv; fino a e. 60 iniziali in rosso. Legatura in pergamena. Alle cc. 138-140 si leggono i detti di Secondo (che costituiscono il capitolo xxvin dei FF). 22)Rh = Ricc. 1475 (già S. in. i/) 32. Membr., sec.xiv, mm. 160x115; cc- J 66 modernamente numerate, di cui bianca la e. i io; mutilo di 8 carte all'inizio; una guardia cart. moderna anteriore e una posteriore; scrittura gotica libraria a piena pagina, rubriche in rosso, capilettera in rosso, più raramente in turchino. Legatura in pergamena. Alle cc. io7v-io9r si leggono i detti di Secondo. 23)Ri = Ricc. i66i 33. Membr., sec.xiv, mm. 295x210, cc. 63 modernamente numerate; due guardie membr., una anteriore e una posteriore; titoli e iniziali in rosso; scrittura minuscola corsiva a due colonne fino a e. i2v, poi a riga intera. Legatura moderna in cartone e pelle. Alle cc. 22v-23r si leggono i detti di Secondo. 1.5. Manoscritto della Biblioteca Estense di Modena 24)E = a. P. 8. 20 = It. 95 (già vii. B.8) 34. Membr., sec. xiv, mm. 260xi85; cc. 73, modernamente numerate, di cui bianche le cc.46, 60, 61, 73v; due guardie anteriori e due posteriori; fascicoli: sette quinterni, di cui il terzo mutilo di una e., e tre ternioni; scrittura gotica a due colonne di due mani diverse; fregio e iniziali miniati a e. ir; iniziali e segni paragrafali alternatamente in rosso e turchino; miniature varie, molte delle quali asportate con grave danno del 32. Ampia descrizione e tavola in Morpurgo, pp. 490-1. Notizia ed estratto nella citata edizione del Libro di Sidrach (cfr. n. 12), pp. xxv-xxx, ma senza che i Detti di Secondo siano riconosciuti (a p. xxv il codice è indicato erroneamente come Ricc. 1930 e, per contro, a p. xxx il Ricc. 1930 è indicato come 1475). Cfr. però Bartoli, I primi due secoli, p. 293, n. i e Gaspary, p. 483. 33. Ampia descrizione in A. Graf, Di un codice Riccardiano di leggende volgari, in «GSLI» in (1884), pp. 401-2 e 4.06; inoltre Morpurgo, pp. 612-4 (con tavola) e Mostra, pp. 202-3. 34. Con la vecchia segnatura citato da Varnhagen, p. vii. E si veda anche C. Frati, Ricerche sul 'Fiore di virtù', in «SFR» vi (1893), p.2^3. 2 O STUDIO PRELIMINARE testo, che risulta compromesso anche da alcune macchie di umido. Stato di conservazione modesto, ma notevolmente migliorato dai restauri operati nel 1959. Legatura in marocchino di epoca recente. I FF si leggono alle cc. 47^5 8r. i.6. Manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana 2_5)Va = Chigi L.VII. 267 35. Cart., sec. xiv (1389), mm. 270x214, cc. 200 con doppia numerazione, antica e moderna; precedono e seguono tre e rispettivamente cinque guardie; bianche le cc. 32 e 66; scrittura su due colonne. Legatura in pergamena con sovraccoperta moderna di cartoncino. Alle cc. I22r-i24r, secondo la numerazione moderna, si legge il cap. xxvm dei FF. 26) Vb — Urbinate lat. 697 3Ó. Cart., sec. xiv, mm. 285 x 218, cc. 1 08; bianche le cc.49r, 54v; titoli in rosso, iniziali turchine. Alle cc. ^or-^iv si leggono i capitoli xxvm e xxix dei FF. 1.7. Manoscritto della Eodleian Library di Oxford 27)0 = Canoniciano italico 279^. Cart., in folio, sec. XV, prima metà, cc. 149, iniziali in rosso. Alle cc. i27v-i28r si legge il cap.xxvm dei FF. 35. Sommariamente descritto in G. Baronci, Inventario dei Manoscritti Chigi (manoscritto), s. 1., s. d., voi. ni, p. 288; altri ragguagli in D'Agostino, Una versione inedita, pp. 196-7. 36. Descrizione e tavola in Eibliotbecae Apostolicae Vaticanae Codices Urbinate! Latini, n, Romae 1912, pp. 198-202. 37. Tavola in A. Mortara, Catalogo dei manoscritti italiani (codici Canoniciani Italici) della biblioteca Bodleiana di Oxford, Oxford 1864, pp. 249-50. È l'unico codice che ho collazionato esclusivamente attraverso riproduzione fotografica. La descrizione, lacunosa, deriva dal catalogo di Mortara. II LE EDIZIONI 2.1. L'edizione Nannucci I FF furono editi per la prima volta nel 1839 da Vincenzio Nannucci 1, il quale pubblicò, attribuendoli a Brunetto Latini 2 e col titolo di Fiore di filosofi e ài molti savi, i capitoli dedicati a Pitagora Democrito Ippocrate Socrate Epicuro Teofrasto Papirio Plauto Catone Marzia Seneca Traiano e Secondo. Nannucci dichiara di avere rinvenuto il testo «in un Codice Magliabechiano ed in uno Gaddiano esistente nella Biblioteca Laurenziana» 3. Il secondo manoscritto è stato già da tempo riconosciuto nel Gaddiano rei. 193 (= La); il primo va ora identificato nel codice il. iv. 127 della Nazionale di Firenze ( = Nd), da cui l'editore ricava il titolo dell'opera 4, i titoli dei singoli capitoli e diverse altre lezioni, come risulta da un confronto con questa edizione. Pur non sottraendosi ai limiti della filologia del tempo, l'edizione 1.Vd. il lemma 'Nannucci' nelle Opere citate sommariamente. 2. Sulla questione dell'autore dei FF vd. 7.2. 3. Nannucci, p. 300. Evidentemente per errore Varnhagen allude al primo di questi manoscritti come a un «nicht naher bezeichneter Codice Magliabechiano der Biblioteca Laurenziana» (p. vii), non esistendo un fondo magliabechiano in quella biblioteca. Probabilmente l'abbaglio è stato generato da una difettosa interpretazione delle stesse parole di Nannucci. 4. A un dipresso, che nel codice il titolo è: «Qui comincia il libro del fiore de filosofi e di molti savi». 22 STUDIO PRELIMINARE Nannucci si mostra piuttosto cauta nell'esercizio del iudicium. Un utile apparato di note correda il testo. 2.2.L'edizione Palermo La seconda edizione, in ordine di tempo, fu quella pubblicata nel 1840 da Francesco Palermo, col titolo di Fiori e vite di filosofi e imperatori 5. «L'operetta... - dichiara Palermo 6 — l'ho cavata da un codice della Biblioteca Riccardiana di Firenze, segnato col numero 2280 e l'ho poi collazionata sopra altri codici e di questa Biblioteca, e della Laurenziana». Identificare questi manoscritti non è, in verità, impresa agevole, perché errori e omissioni di Re resistono ad ogni tentativo di collazione, così che il testo si rivela poco più che un'edizione diplomatico-interpretativa di quel codice 7. L'intervento più cospicuo dell'editore, i cui interessi peraltro erano principalmente linguistico-puristici, consiste nell'aver manipolato arbitrariamente la successione dei capitoli, in modo tale che tutti i personaggi del mondo greco precedano quelli del mondo romano. Egli inoltre fonde i capitoli di Scipione e di Plauto, sposta un particolare dal capitolo di Scipione a quello di Giulio Cesare e sopprime quasi per intero il primo aneddoto della vita di Secondo. Un indice-glossario chiude la raccolta. 2.3. L'edizione Cappelli II testo procurato da Antonio Cappelli nel 1865 8 si fonda invece sul manoscritto estense, integrato, per la parte inizia- 5. Palermo, pp. 1-46. Vd. il lemma 'Palermo' nelle Opere citate sommariamente. Francesco Palermo non aveva avuto notizia dell'edizione Nannucci, uscita Fanno precedente, «che allora le relazioni nostre col regno delle Due Sicilie erano gelosamente inceppate» (Cappelli, p. ix). 6. Palermo, p. m. 7. Cfr. Varnhagen, p. vii: «Inwieweit er (cioè F.Palermo) Lesarten aus diesen andern Hss. in seinen Text aufgenommen hat, sagt er nicht; man mòchte jedoch vermuten, dass er nur selten von der zu Grunde gelegten Hs. abgewichen ist». 8. Vd. il lemma 'Cappelli' nelle Opere citate sommariamente. Il sottotitolo («Testo in parte inedito, citato dalla Crusca...») è inesatto; non i FF, in realtà, ma il Libro di sentenze da essi derivato (cfr. 4.2., n. 8) è l'opera citata dalla Crusca. LE EDIZIONI 23 le, in cui esso è lacunoso, con l'edizione Nannucci. La veste linguistica del codice, emiliana toscanizzata 9, subisce un'ulteriore toscanizzazione da parte dell'editore. Ai FF, poi, Cappelli fa seguire due capitoli ad essi estranei, contenenti una descrizione del mondo, il modo di calcolare la Pasqua e altre indicazioni di cronologia 10. Sulla scia di Palermo, anche Cappelli attribuisce erroneamente a Cesare il particolare di Scipione, ma per il resto non opera altri interventi sul testo, che è corredato da una serie di note e da un'appendice di varianti tratte dall'edizione Palermo. 2.4. L'edizione Varnhagen La migliore edizione dei FF è, tuttora, quella stabilita nel 1893 da Hermann Varnhagen 11, profondo conoscitore della prosa dugentesca italiana. Ampiezza di dottrina e rigore di argomentazione, se pur non mancano inevitabili smagliature, conferiscono sicuro pregio al lavoro dello studioso tedesco 12, il cui maggior merito consiste nell'aver avviato a soluzione il problema della fonte dei FF (cfr. il capitolo successivo). Rimandando all'ampio resoconto di A. Ive (vd. n. 12) per le caratteristiche dell'edizione e ad altri luoghi di questo studio preliminare per i singoli problemi affrontati da Varnhagen (fonte titolo autore ecc.), converrà ora esaminare la questione del testo. Varnhagen si dichiara a conoscenza dei sette codici seguenti: i)il Ricc. 2280 ( = Re), 2)un Magliabechiano, adoprato da Nannucci, ma non identificato (—Nd, cfr. 2.1.), 3) un Gaddiano, pure adoprato da Nannucci e ugualmente non identificato (= La, cfr. 2.1.), 4)l'Estense vii. B. 8 (poi a. P. 8. 20 = E), 5) il cod. Conv. Soppr. F. iv. 776 ( = 9. Cfr. M. Corti, Emiliano e veneto nella tradizione manoscritta del «Fiore di virtù», in «SFI» xvm (1960), pp. 31-2. Quanto rileva Maria Corti per il Fiore di virtù vale anche per i FF. 10. Ma lo stesso Cappelli (p. xm) riconosce il carattere allotrio di queste ag­ giunte. 11. Vd. il lemma 'Varnhagen' nelle Opere citate sommariamente. 12. Cfr. le recensioni altamente positive di R(enier?), in «GSLI» xxm (1894), p. 278 ss., di A. Mussarla, in «Lbl» xv (1894), p. 20 ss., di A. Ive, in «RBLI» il (1894), p. 2 ss. STUDIO PRELIMINARE24 Na), 6)11 Magi. ix. io. 61 (poi ix. 61 = Nf), 7)il Palatino E. 5. 6. 13 (poi Pai. 605). Di quest'ultimo, non appartenente alla tradizione dei FF, bensì, come rilevato già da Morpurgo n, a quella del Libro di sentenze, Varnhagen non tiene conto. Dal fatto poi che dei restanti sei manoscritti, cinque si trovano nelle biblioteche fiorentine e uno nella biblioteca Estense di Modena, deduce Varnhagen che il numero dei codici a lui noto costituisce solo una piccola parte di quelli effettivamente esistenti 14. Ciò non ostante, non rinuncia lo studioso tedesco a considerare l'opera mit kritischen Augen (p. xxix) e si adopera per stabilire un buon testo col materiale accessibile (i codici Na Nf e le edizioni Nannucci Palermo e Cappelli, oltre al manoscritto panciatichiano del Novellino}. In pratica Varnhagen, non potendo collazionare direttamente, per motivi contingenti, i codici E e Re e non avendo individuato i manoscritti adoprati da Nannucci, si attiene al criterio del codex optimus: basa cioè il suo testo su Na, limitandosi a correggerne gli errori con l'ausilio di Nf e delle edizioni. Malgrado il tipo di criterio ecdotico seguito (ma la situazione non offriva obiettivamente molte alternative), il lavoro di Varnhagen è da ritenersi eccellente per il felice concorso di tre fattori: la notevole acribia del filologo, la conoscenza di alcuni codici fondamentali, l'aiuto del testo latino individuato come fonte del volgarizzamento. Più temperati consensi suscita invece il corredo di note che Varnhagen ha posto a conclusione del suo lavoro: non di un vero apparato, infatti, è fornita l'edizione, ma piuttosto di una fitta serie di Anmerkungen, in cui «sind die Lesarten der iibrigen Hss. nur angefùhrt, wenn dieselben zur Besserung von A (= Na) herangezogen sind» (p.xxix). È quindi evidente che le note delineano un quadro mutilo della tradizione, aggravato dalla mancata discriminazione fra lezioni tradite e lezioni congetturate dai precedenti editori, 13. Morpurgo, Supplemento, nr. 613. 14. Ma, come si rileva dalla mia introduzione, anche i manoscritti sconosciuti a Varnhagen e collazionati per questa edizione, appartengono quasi tutti alle biblioteche fiorentine. Ciò non toglie che, data la grande fortuna e diffusione dell'opera, l'illazione dello studioso tedesco conservi ugualmente la sua validità. LE EDIZIONI 25 mentre utilissime si rivelano le numerose informazioni paleografiche su Na. Il dovuto elogio dell'edizione Varnhagen non significa però che essa abbia congelato ogni possibilità di riesame critico della tradizione. E il primo a rendersene conto fu lo stesso editore, là dove parla 15 del provisorischen Charakter del suo testo. Invero, la conoscenza di numerosi manoscritti ignoti allo studioso tedesco (fra cui Ne, che, come si vedrà, è di primaria importanza), la classificazione del materiale di tradizione (Varnhagen non aveva nemmeno indagato i rapporti tra i testes a lui noti), la mutata prospettiva linguistica (cfr. il capitolo vi di questo studio preliminare) e una serie di micro e macrocorrezioni al testo sembrano legittimare una rivisitazione critica dei FF. 2.5. Altre edizioni II testo di H. Varnhagen è riprodotto fedelmente (al pii con alcuni ammodernamenti grafici e di punteggiatura) nelle successive parziali edizioni dell'opera, fra le quali vanno ricordate almeno quella di Ernesto Monaci 16 e le due diverse scelte di Cesare Segre 17, entrambe con ottime introduzioni e note di commento. A parte va considerata l'edizione integrale e ben annotata di Sebastiano Lo Nigro 18, che, pur non proponendosi una rigorosa finalità critica, intende migliorare il testo di Varnhagen introducendo un certo numero di correzioni, ora congetturali, ora in base al codice La, da cui desume pure la continuazione del capitolo dedicato a Traiano. Di queste correzioni, invero non sempre indispensabili, si dirà nelle note ai singoli loci del testo. 15. Varnhagen, p. xxix. 16. E. Monaci, Crestomazia italiana dei primi secoli, nuova edizione a e. di F. Arese, Roma 1955, pp. ^37-41. 17. Segre, Volgarizzamenti, pp. 173-89 e C. Segre - M. Marti, La prosa del Duecento, Milano-Napoli 1959, pp. 521-32. iS.Vd. il lemma 'Lo Nigro' nelle Opere citate sommariamente. Ili LE FONTI* 3. i. La lesi di Hermann Varnhagen Nella sua edizione del 1893 Hermann Varnhagen dimostrava che i FF sono il volgarizzamento di alcuni passi dello Speculum bisferiale (SH), terza parte dello Speculum maius, monumentale enciclopedia del sapere medievale compilata dal domenicano Vincenzo di Beauvais (Vincentius Bellovacensis) 1. A continuo riscontro della sua conclusione, * II capitolo riproduce, con tagli e ritocchi, un saggio pubblicato su «Medioevo Romanzo» (D'Agostino, Nuova proposta), al quale rimando per un'esposizione più dettagliata del problema. i. Varnhagen, pp. xm-xvm. Una sobria ma esauriente esposizione riassuntiva degli studi precedenti (Paris, p. 265, Bartoli, I primi due secoli, p. 293, Bartoli, Prosa, pp. 216-22, Graf n, p. 14 ss., Gaspary, p. 189) si trova in Varnhagen, pp. xii-xiu. E si veda anche E. Franceschini, il 'Liber philosophorum moralium antiquorum', in «Atti della R. Accademia Nazionale dei Lincei», serie vi, Memorie della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche in (1930), poi in Scritti di filologia latina medievale, i, Padova 1976, pp. 149-51. Per Vincenzo di Beauvais basti il rimando alla bibliografia contenuta in C. Vasoli, II pensiero medievale. Orientamenti bibliografici, Bari 1971, p. 189, ma s'aggiunga A. Marigo, Cultura letteraria e preumanistica nelle maggiori enciclopedie del Dugento. Lo 'Speculum' ed il 'Tresor', in «GSLI» LXVIII (1916), pp. 1-42 e 289-326. E si vedano da ultimo i contributi di G. Billanovich, M. Prandi, C. Scarpati, Lo 'Speculum' di Vincenzo di Beauvais e la letteratura italiana dell'età gotica, in «IMU» xix (1976), pp. 89-170 (soprattutto uno dei due saggi di C. Scarpati, quello intitolato Vincenzo di Beauvais e la letteratura italiana del Trecento, che occupa le pp. 103-32) e il libro di J. M. McCarthy, Humanistic emphases in thè educational thougbt of Vincent of Beauvais, Leiden-Koln 1976. LE FONTI 27 Varnhagen pubblica il testo latino a fronte di quello italiano, ma, non esistendo un'edizione moderna - e tanto meno critica — dello SH, egli appronta un testo desunto dall'editto princeps strasburghese di Johannes Mentellin (1473-6) e dall'incunabolo veneziano del I494 2. Malgrado quest'operazione combinatoria, rimane tutta una serie di luoghi in cui il testo dei FF non trova affatto riscontro in quello dello SH. Varnhagen, che non crede all'utilizzazione di fonti diverse 3, propone allora un duplice tipo di spiegazione: nei casi di minor rilievo crede che si possa dar credito all'iniziativa del volgarizzatore (p.es. a xix,3-6 la lode della clemenza di Giulio Cesare deriverebbe da un clementer dello SH, mentre l'elogio delle altre doti sarebbe reduplicazione di quanto si riferisce ad Ottaviano nel cap.xxii); nei casi di maggior momento pensa invece che il traduttore abbia avuto sott'occhio un manoscritto dello SH diverso da qualli adoprati nelle edizioni. Così il luogo dedicato a Manlio Torquato (cap.v), che manca nelle stampe dello SH, doveva però trovarsi nel manoscritto utilizzato clal volgarizzatore, e precisamente al 45° cap. del in libro: il testo italiano infatti corrisponde al racconto che si legge nella cronaca di Eusebio-Gerolamo (anno 1684), «aus welcher Quelle Vincentius nach seiner einigen Angabe auch die in dem genannten Kapitel stehende Erzàhlung von Appius Claudius geschòpft hat» (p. xiv); lo stesso manoscritto conteneva pure la leggenda, diffusissima in tutto il Medio Evo in molteplici versioni 4, della liberazione dell'anima di Traiano dall'inferno per l'intercessione di S.Gregorio. Per la prima parte della leggenda 5 2. Altre edizioni dello SH sono state stampate ad Augsburg 1474, Paris 1474, Nurnberg 1483-6, Venezia 1484, 1493, 1591, Duai 1624 (quest'ultima ristampata a Graz nel 1965). 3. «Weitere eigentliche Quellen hat der Italiener nicht benutzt» (p. xvn). 4. Cfr. i citati lavori di Gaston Paris e di Arturo Graf; e inoltre A. D'Ancona, Del Novellino e delle sue fonti, in Studj di critica e storia letteraria, Bologna i9i22, pp. 128-9 e si veda pure J. Szovérffy, Die Trajan-Legende una àie irische Ueberlieferung, in Irisches Erzàhlgut im Abendland, Berlin 1957, pp. 48-86. 5. La sola che Varnhagen pubblichi, comprendente il disseppellimento del cadavere di Traiano, il rinvenimento della lingua intatta e le lacrime di commozione sparse da S. Gregorio. 28 STUDIO PRELIMINARE Varnhagen trova una singolare corrispondenza, oltre che nella Colner Chronik menzionata da Gaston Paris 6, nell'iscrizione di un gobelin della Biblioteca di Berna, riconosciuto come la riproduzione di un affresco perduto di Roger van der Weyden, un tempo conservato nella sala delle udienze del municipio di Bruxelles. Deduce pertanto Varnhagen che i FF e quest'iscrizione «werden aus derselben lateinischen Quelle stammen, und es ist auch hier zu vermuten, dass der Italiener auch diese Geschichte in seiner Hs. des Spec. hist. gefunden hat» (p.xiv). 3.2.1 Flores historiarum di Adamo di Clermont La dimostrazione di Varnhagen è stata accolta all'unanimità dalla critica posteriore 7 ed è oramai una nozione acquisita. Certamente nessuno negherà che i FF costituiscono un capitolo dell'enorme diffusione europea dello SH; tuttavia la teoria dello studioso tedesco, là dove fa appello a un perduto manoscritto di una folta tradizione mai inventariata 8, non può, per ciò stesso, suscitare adesioni o rifiuti categorici. D'altra parte la consultazione, oltre che di tutte le stampe dello SH 9, dei manoscritti di più comodo accesso, come quello della Biblioteca Antoniana di Padova (tre volumi membranacei del sec.xm, segnati Scaff. n, 42-43-44) 10 o quelli della Bibliothèque Nationale di Parigi (i codici del 6. Paris, p. 282. 7. Solo Bardano (p. 48, n. 79), mi sembra, accenna alla possibilità che il volgarizzatore abbia utilizzato altre fonti. 8. Esistsono diverse decine di manoscritti, sparsi in varie biblioteche d'Europa. Cfr. HLF xvni, p-409; A. Potthast, Bibliotheca historica medii aevi, i, Berlin 1896, p. 564; L. Hervieux, Les fabulistes latins, Paris 1893, voi. i, pp. 436-45; B. L. Ullman, A project for a new edition of V. of. B., in «Speculum» vili (1933), pp. 312-26; M.Lemoine, L'oeuvre encyclopédique de V. de B., in Aa.Vv., La pensée encyclopédique au Moyen Age, Neuchàtel 1966, p. 85. Nel rinnovato interesse per l'opera del Bellovacense si vedano ora G. G. Guzman, A growing tabulation of V. of B. Speculum bistonde manuscripts, in «Scriptorium» 29 (1975), pp. 122-5 e il piano dì lavoro del «Centre de recherches et d'applications linguistiques de l'Université de Nancy n» (cfr. L'atelier V. de B., in «Revue d'histoire des textes», iv (1974 ma uscito nel 1975), pp. 438-43). 9. Cfr. la nota 2. 10. Cfr. G. Abate - G. Luisetto, Codici e manoscritti della Biblioteca Antoniana, Vicenza 1975, pp. 41-3. LE FONTI 29 fondo latino numerati dal 4897 al 4902, il manoscritto 11728, datato 1267, e i numeri 14354-14355) e financo della traduzione francese trecentesca di Jean de Vignay (Miroir historial, leggibile nell'edizione pubblicata a Parigi da A. Vérard nel 1495-1496, oltre che nei mss. fr. 312, 313 e 316 della Bibliothèque Nationale di Parigi) non modifica sostanzialmente l'immagine testuale dello SH così com'è nota finora (almeno per la parte che interessa i FF}. L'ipotesi del codice-grimaldello è quindi per lo meno dubbia e in ogni caso induce a esperire soluzioni diverse. Ora, alcune delle discordanze tra fonte e volgarizzamento segnalate da Varnhagen ed altre, pure assai notevoli, anche se da quello non rilevate, scompaiono se si assume come modello del testo italiano non già il libro del Bellovacense, ma i Flores historiarum (FH) di Adamo di Clermont (Adamus Claromontensis) 11. Quest'opera, inedita tranne che per poche righe pubblicate da Holder-Egger 12, è in effetti un compendio dello SH, integrato con excerpta di altri autori, e narra la storia universale dalle origini al 1268. Il libro venne terminato nel 1270, e nel 1271 inviato con epistola dedicatoria a Gregorio x, eletto pontefice alla fine di quell'anno n. Pur- 11. Su Adamo di Clermont si vedano: J. Quétif - T. Echard, Sriptores ordinis praedicatorum, Paris 1719-21, tomo i, p. 240; J. A. Fabricius, Bibliotheca latina mediae et infimae latinitatis, tomo i, Firenze 1858 (1734), p. 9; HLF xvm, p. 472; HLF xix, p. 434; P. Fournier, voce Adam de Clermont nel Dictionnaire de biographie fran$aise, t.lcr, Paris 1933, col. 481; Rcpertorium fontium bistoriae Medii Aevi, voi. n, Roma 1967, p. 117. 12. In MM. G. HH., SS., voi. xxvi, 1882, pp. 391-2. 13. Sull'opera del Claromontense le conoscenze sono men che scarse. In una voce imprecisa dell'Enciclopedia Cattolica (voi. i, Città del Vaticano 1948, col. 280) E. Santovito scrive: «Gli vengono attribuite due opere: un Chronicon ancora inedito che narra gli avvenimenti degli anni 1218-1270 e i Flores historiarum, una specie di compendio dello Speculum bistonde di V. di B. che giunge fino al 1276, cioè all'anno della morte di papa Gregorio x, al quale l'opera è dedicata. Non si è potuto stabilire se queste due opere siano effettivamente diverse o se piuttosto una sia il compendio dell'altra». In verità queste notizie paiono riposare unicamente sull'autorità del Fabricius (luogo cit. alla n. 11); ma già A. M. Bandini affermava: «Fallitur Johannes Albertus Fabricius... scribens Adamum clericum incepisse Chronicum suum ab anno MCCXVIII quum exortus sit ab ortu mundi ac praeterea dividens Adami Chronicon ab Historianum floribus, quum unum idemque sit opus, Chronicon nempe florigerum ex variarum historiarum floribus contextum» (Bandini iv, col. 160). E si vedano anche i luoghi citati dei MM. G. HH. (n. 12) e del Repertorium (n. 11). 3 O STUDIO PRELIMINARE troppo tutti i codici conosciuti dell'opera di Adamo di Clermont sono posteriori alla data in cui avvenne la composizione dei FF e dunque manca la possibilità di individuare il manoscritto utilizzato dal volgarizzatore italiano. È comunque indispensabile richiamare l'attenzione su un codice dei FH, importante anche per la sua collocazione geografica, perché conservato nella Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze sotto la segnatura Plut.xxi Sin., Cod. vili 14, È un ms. cartaceo, in folio minori, del sec. xiv; delle 226 carte complessive, le prime 157 contengono, mutila in fine, l'opera del Claromontense, indicata come Speculum gestorum mundi. Rispetto al testo di Vincenzo di Beauvais il manoscritto laurenziano (che comunque contiene tutta la parte tradotta nei FF) introduce un certo numero di errori, per lo più omissioni o svarioni del copista, tutti però corregibili con l'ausilio degli altri manoscritti dei FH, p. es. con i codici 4907, 4907 A, 4908, 4908 A del fondo latino della Bibliothèque Nationale di Parigi. Ed ecco una scelta di casi macroscopici lj in cui i FF trovano perfetta corrispondenza nei FH 16, mentre nello SH il testo manca oppure differisce sensibilmente nella forma 17. i) SH FH FF (C. 2^V) ^ (V,2-4) manca Eo tempore Torqua- Torquato, consolo di tus consul Romano- Roma, fece per iustirum proprium filium zia tagliare la testa al qui sine mandato suo figliuolo per ciò che Afros devicerat decol- sanza suo comandalavit. mento avea combattuto e vinti quelli d'A­ frica. Il brano manca pure nel Miroir historial. E si noti inoltre che il passo di Gerolamo invocato da Varnhagen è il seguen- 14. Cfr. Bandirli iv, col. 160. 15. Per l'elenco completo rimando alla mia Nuova proposta e passim alle note al testo di quest'edizione. 16.1 passi dei FH derivano dal manoscritto laurenziano sopra descritto. 17. Per lo SH adotto il testo dell'editto princeps. LE FONTI 31 te: «Romanorum consul Manlius Torquatus filium suum, quod contra imperium in hostem pugnaverat, virgis caesum securi percussit» 18. Sono evidenti le perfette coincidenze tra i FF e i FH contro Gerolamo; cfr. nell'ordine: sanza = sine 5^ contra; fece... tagliare la testa = decollavit ^ virgis caesum securi percussit e soprattutto quelli d'Africa = Afros 5* hostem. 2) SH (v,io7) Tenuit Cesar rium primus. il resto manca FH impe- (Cesar) monarchiam solus in toto mundo et primus obtinuit ... Is siquidem adeo benignus extitit ut quos armis vicerit et clementia superarci. Adeo ingenio efficax fuit ut nullus celebrius legeret uberius dictaret. FF (X!X,2-6) lulio Cesare fue il primaio imperadore ch'ebe solo la segnoria del mondo. E fue sì benigno che quelli cui egli sugiugava con arme sì vinceva con clemenzia e con benignità. E fue di tanto ingegno che neuno scrivea più tosto di lui, né legeva più avaccio né ditava più copiosamente. Anche questo passo non si trova nel Miroir historial. Le somiglianze stabilite da Varnhagen con la descrizione delle doti di Ottaviano (per cui vedi infra) sono in realtà illusorie. 3) SH (VI,42) Cesar, dum rei publice statum juxta mo- FH (e. 34v) Sed cum statum rei publice centra maio- FF (xix,7-9) E regendo elli lo 'mperio e lo stato di Ro- 18. In verità Adamo di Qermont offre due redazioni dell'aneddoto, la seconda delle quali è quasi identica al testo di Gerolamo; alla e. 28v del codice laurenziano si legge infatti: «Eo tempore Manlius (ms. Malius) Torquatus consul Romanorum filium suum virgis cesum securi percussit quod contra imperiura consulum cum hostibus pugnaverat». 19. Per errore del copista il testo, fino alla parola armis, si legge nella e. 33r, dalla parola vicerit in poi, nella e. 34v. 32 STUDIO PRELIMINARE rem maiorum clemen- rum consuetudinem ter instauraret... clemencius instaura­ rci... ma centra l'usanza de' magiorenti, più benignamente e più clementemente che non era usato... Fedele allo SH è invece la traduzione francese (ms. Paris, BN, f. fr. 312, f. 25ir): «Apres ce, si comme Cesar establisist le gouvernement de Romme amiablernent selene l'estat et la maniere des graigneurs...». 4) SH (vi,43,46) Adulescentiam tamen suam civilibus bellis implicuit. Fuit autem Augustus forma eximia et per omnes etatis gradus venustissima. Oculos habuit claros ac nitidos. Cibi minimi erat, vini quoque natura parcissimus. Eloquentiam studiaque liberalia ab etate prima et cupide et laboriosissime exercuit. Mutinensi bello in tanta mole rerum et declamasse quotidie traditur. Amicitias ncque facile admisit et constantissime retinuit. Non minus severus quam facilis et clemens. FH (e. 36v) Adulescentiam suam optimis studiis educavit. Erat enim mitis moribus, toto corpore pulcer sed oculis magis. Cibi et vini multum abstinens sed libidinis serviens eiusque tamen vitii (ms. vita) in aliis severissimus vindicator. Liberalibus studiis presertim eloquencie in tantum incubens ut nullus ne in procinctu quidem laberetur (ms. liberaretur) dies quin scriberet ac dictaret. Rarus ad recipiendas amicitias, ad retinendas constantissimus. Erga cives quoque extitit clementis- simus. FF (XXII,4-I2) In sua giovanezza stette in istudio. Ed era piano in costumi, grazioso in donare. Bello di tutte le bellezze del corpo e maggiormente nelli occhi iera bellissimo. Molto temperato di mangiare e di vino, molto lussurioso e crudelissimo gastigatore delli altri che peccavano in quel vizio. Continuamente studiava inn iscienza e spezialmente in bel parlare, sì che neuno giorno era ch'elli non leggesse e scrivesse e ditasse. Rado e malagevole a ricevere amistà e fermissimo a ritenerla, clementissimo verso i suoi cittadini. Fonte di Adamo di Clermont sarà Paolo Diacono, Historia romana, libro vii, cap. io 20: 20. Edizione di A. Crivellucci, Roma 1914, pp- 103-4. È questo un passo in cui Paolo Diacono integra, sfruttando testi a noi ignoti, le notizie della sua fonte LE FONTI 33 [...] erga cives clementissimus versatus est, in amicos fidus extitit [...] rarus ad recipiendas amicitias, ad retinendas constantissimus. Liberalibus studiis praesertim eloquentiae in tantum incubens, ut nullus, ne in procinctu quidem, laberetur dies, quin legeret, scriberet, declamaret [...]. Fuit mitis, gratus, civilis animi et lepidi, corpore toto pulcher, sed oculis magis [...]. Nec tamen vir tantus vitiis caruit [...]; cumque esset cibi ac vini multum, aliquatenus vero somni abstinens, serviebat tamen libidini usque ad probrum vulgaris famae; nam, inter duodecim catamitos totidemque puellas accubare solitus erat [...]. Cumque esset luxuriae serviens, erat tamen eiusdem vitii severissimus ultor, more hominum qui in ulciscendis vitiis quibus ipsi vehementer indulgent, acres sunt. 3.3. Le fonti del cap. XXVI Un supplemento d'indagine richiede il racconto della salvazione di Traiano ad opera di S. Gregorio, passo oltremodo spinoso sia nell'ottica di una ricerca delle fonti, sia dal punto di vista ecdotico. Tutti i manoscritti dei FF riportano la seguente narrazione (xxvi,22-7): De la iustizia di questo imperadore (sdì. Traiano) poscia a gran tempo sentendola, san Grigorio vide la statua sua e fecelo disepellire e trovò che tutto era tornato in terra se non s'erano l'ossa e la lingua; e la lingua era come d'uomo vivo. E in ciò conobe san Grigorio la iustizia sua, che sempre l'avea parlata, e pianse di pietade troppo pieto­ samente. A questo punto quattro codici dei FF, e precisamente E La Ng e Rf 21, continuano il racconto, sia pure in forme alquanto divergenti fra di loro (solo E Ng concordano pienamente) 22. Ed ecco la varia lectio: principale, il Ereviarium di Eutropie. E si cfr. la Cronica degli imperatori romani, Testo inedito di lingua tratto da un codice della Biblioteca Ambrosiana per A. Ceniti, Bologna 1878, p. i: «...ne homo di tan prexio fo senza vicii, chel serviva a la libidine, zoe a la volontà carnai, e intra xii camare e altre tante donzelle elio soleva zasere». 21. Trascuro Le Ra, sui quali ritornerò nel capitolo dedicato all'analisi ecdotica. 22. Noto di passaggio che anche nella tradizione manoscritta del Novellino la leggenda di Traiano (derivata, come dimostrato da Varnhagen, pp. xx-xxv, dai FF - e cfr. qui 4.6.), offre una duplicità irriducibile di redazioni: da un lato il testo Gualteruzzi e il ms. Vaticano 3214, dall'altro il codice Panciatichiano 32 (è il ms. Ni dei FF); cfr. Novellino, p. 287, ma sulla doppia redazione del testo è almeno da vedere l'introduzione di Favati alla su? edizione. •iA STUDIO PRELIMINARE ENg 23 : onde che san grigorio oro a cristo e fece prieghi e orationi che Ilo dovesse liberare da le pene de lo nferno. et facta loratione a dio per costui il priegho fue inteso e venne uno angelo da dio e disse quello che ai adomandato fia facto ma perche adomandasti centra la ragione te porterà questa penitencia qualunque tu vuoli o stare due die in purghetorio o stare tucti li tempi de la tua vita infermo, e questi disse voglio anci stare ongni tempo infermo, et questi sempre ebbe febri e male di fiancho e ongni male infino a la morte e questo troiano imperadore fue liberato delle pene del ninferno per costui e andone in paradiso per la sua iusticia e per li prieghi di san grigorio papa. La: pregando domenedio che traesse questa anima di ninferno sapiendo chera stato pagano, allora dio per li suoi preghi trasse la costui anima di pene e misela a gloria, e di ciò parlo langelo a san grigorio e disse ke mai non pregasse di si fatto priego. e dio limpuose penitenza o volesse istare due di in purgatorio o sempre mai malato di febre e di male di fianco, sancto grigorio per minore pena dise ke volea stare senpre con male di febre e di fianco. Rf: e prego e fecie oratione a dio che questo inperadore chera stato pagano il trasse delle pene dellinferno perchegli era stato cosi giusto e ddio gli mando langielo da ciclo e disse greugorio perche ttu ai pregato per quelli allinferno che sono condennati senza fine o vuogli tu senpre alla tua vita stare infermo del male del fiancho che senpre non ti dimetterà o vuogli doppo la tua morte stare in purgatorio una hora. e san gheugoro pensando chella pena dellanima e troppo maggiore che quella del corpo prese di stare infermo senpre la vita sua. allora langielo ando e torno e disse gherigorio troiano e diliberato dalle pene etternali e son gherigorio levo le mani a dio e rendegli gratie. Di fronte a questa molteplicità di testi italiani (Varnhagen conosceva solo - e indirettamente - E e La, in quanto mss.-base delle edizioni rispettivamente Cappelli e Nannucci) stanno due passi dello SH che conviene riportare di se­ guito: i)SH, x,68: Statua ejus (i.e. Traiani) in foro Trajani in hoc habitu posita est, representans quomodo in expedicione positus viduam liberavit. Quod 23. Il testo è quello di Ng. LE FONTI 35 beatum Gregorium postea movit ad compassionem. Unde et prò eo tam plorasse dicitur, ut animam ejus ab inferno obtinuerit liberari. xxn,22: Beatus Gregorius cum quodam tempore ante palatia Trajani transiret, recordatus clemenciam ejus, ut plenius videlicet superius enarratum est, amarissime cepit fiere et prò eo tamdiu ante altare sancti Petri flens oravit, donec vox ad eum dormientem dixit Trajanum precibus ejus a penibus infernalibus liberatum, sed de cetero caveret, ne prò aliquo infideli defuncto orare presumeret. Varnhagen si pone allora due problemi: a) se tutto il brano italiano sia originale; b)da quale modello derivi. Ricorrendo ad argomentazioni non sempre persuasive 24, lo studioso tedesco giunge a rispondere affermativamente al primo quesito e ad individuare nel primo passo dello SH la fonte dei FF. Effettivamente l'originalità di tutto il brano, sia pure in tre redazioni, non mi sembra si possa mettere in discussione. L'organismo narrativo della leggenda non soffre mutilazioni: l'entrata in scena di Gregorio Magno ha senso solo se il personaggio recita la sua parte sino in fondo e la presenza dell'intera storia in quattro degli undici manoscritti dei FF che conservano il cap.xxvi ci autorizza a supporre, piuttosto che una loro interpolaziene, una lacuna dei restanti co­ dici. Per quanto riguarda il secondo problema, il cambiamento di fonte qui proposto a favore dell'opera di Adamo di Clermont non riesce, in questo caso, ad appianare tutte le difficoltà. Nei FH, infatti, il Claromontense, dopo aver trascritto il primo dei passi dello SH sopra riportati («Statua ejus... obtinuerit liberari»), aggiunge (ms. laurenziano, e. Dicunt enim quidam quod beatus Gregorius... cum corpus Trajani putrefa(c)tum per membra singula et usque in pulverem redactum sola lingua excepta inspiceret, hoc esse propter iusticiam extimavit. Unde motus pietate Gregorii (ms. Gregorius) eum suis precibus dominus suscitavit sed utrum post vixerit vel animam tantum ab inferis revocaverit non inveni. Ritroviamo qui, oltre al motivo dell'intercessione, quelli del disseppellimento del corpo dell'imperatore e del rinveni- 24. Sono discusse in D'Agostino, Nuova proposta, pp. 46-7. 3 6 STUDIO PRELIMINARE mento della lingua intatta; manca però l'intervento dell'angelo che comunica a san Gregorio il successo delle sue preghiere e il castigo che ne deriva. E dunque sembra necessario invocare una fonte supplementare da affiancare ai FH. In questo senso mi pare legittimo rinnovare l'ipotesi avanzata a suo tempo da Adolfo Bartoli circa le relazioni tra i FF e la Legenda aurea^25. Ecco, innanzi tutto, il testo latino 26: Dum igitur quadam vice diu jam defuncto Trajano, Gregorius per forum Trajani transiret, et hujus mansuetudinem judicis recordatus fuisset, ad sancii Petri basilicam pervenit, et ibidem prò ejus errore amarissime flevit. Tunc sibi divinitus est responsum: ecce petitionem compievi et Trajano poenam aeternam peperei, de cetero autem diligentissime caveas, ne prò damnato aliquo preces fundas. Damascenus autem in quodam suo sermone 27 narrai, quod Gregorius prò Trajano orationem fundens audivit vocem sibi divinitus illatam: vocem tuam audivi et veniam Trajano do... Fertur quoque, quia et angelus istud adjecerit: quia enim prò damnato rogasti, duorum tibi datur optio: aut enim in purgatorio duobus diebus cruciaberis, aut certe toto tempore vitae tuae infirmitatibus et doloribus fatigaberis. Qui praeelegit toto tempore vitae suae doloribus concuti, quam duobus diebus in purgatorio cruciari. Unde factum est, quod semper deinceps aut febribus laboravit, aut podagrae molestia pressus fuit, aut validis doloribus conquassatus, aut dolore stomachi mirabiliter cruciatus. Il punto di maggior interesse è, ovviamente, quello del castigo riservato a san Gregorio. Questo motivo, appena ac- 25. Battoli, I primi due secoli, pp. 293-4. Ovviamente errava Bartoli nel ritenere che tutto il cap. xxvi dei FF derivasse dalla Legenda aurea; il ricorso a una fonte distinta è determinato dal fatto che il volgarizzatore trova nei FH uno sviluppo inadeguato per una vicenda molto famosa e da lui conosciuta con maggiore abbondanza di particolari. 26. Jacobi a Voragine, Legenda aurea vulgo Bistorta Lombardica dieta, ed. Th. Graesse, Dresden-Leipzig 1846, p. 196. Ricordo che la datazione della Legenda aurea è controversa. Per esempio A. Levasti (J. da V., Leggenda aurea. Volgarizzamento toscano del Trecento, a e. di A. L., Firenze 1924, voi. i, p. xxn) la pone tra il 1263 e il 1273; G. Monleone (/. da V. e la sua Cronaca di Genova dalle origini al MCCXCVII, a e. di G.M., Roma 1941, voi. i, pp. 104-6) ritiene l'opera composta prima del 1267; M. Sticco (voce Giacomo da V., in Enciclopedia Cattolica, voi. vi, Città del Vaticano 1951, coli. 332-3) oscilla tra il 1253 e il 1270. Malgrado il disaccordo, tutte queste date sono comunque precedenti la composizione dei FF. 27. Giovanni Damasceno, De iis qui in fide dormiunt, ed. M. Lequien, nel t. 95 della Patrologia Graeca, pp. 262-3. LE FONTI 37 cennato da Paolo Diacono (il quale dice solo che Gregorio «promeruit castigati») è pure sviluppato - per limitarci a testi precedenti i FF - nella Kaiserchronik e nel Pantheon di Goffredo di Viterbo; ma la sola redazione che manifesti chiari rapporti con i FF è quella di Jacopo da Varazze 28. Si confronti in particolare: Legenda aurea FF(ms.Ng) Quia enim prò damnato rogasti, Ma perche adomandasti centra la duorum tibi datur optio: aut e- ragione (Rf: perche ttu ai preganim in purgatorio duobus diebus to per quelli allinferno che sono cruciaberis, aut certe toto tempo- condennati senza fine) te porterà re vitae tuae infirmitatibus et do- questa penitencia qualunque tu loribus fatigaberis. vuoli o stare due die in purghetorio o stare tucti li tempi de la tua vita infermo. Ma per quanto riguarda il capitolo xxvi dei FF restano ancora due particolari da chiarire. Infatti i)nessuno dei testi latini sopra citati accenna al fatto che Traiano, dopo aver reso giustizia alla vedova, riparta per la guerra e vinca i ne- 28. Gotifredi Viterbensis, Pantheon, ed. G. Waitz, in MM. G. HH., SS., voi. xxu, 1872, p. 162: «Excessit papa, set non permansit inultum: Angelico pulsu femur eius tempore multo Claudicavit, et pene corpore signa tenet». La redazione della Kaiserchronik è invece così riassunta da Graf (n, pp. 32-3): «...l'angelo annunzia a Gregorio che la sua prece è esaudita, che l'anima di Trajano gli sarà data in custodia sino al dì del giudizio, ma che in pena della sua tracotanza dovrà soffrire di sette diverse malattie e poscia morire; e come gli annunzia così succede». Lo studioso aggiunge: «Qui si ha un riflesso di qualche altra leggenda ascetica» e ricorda in nota che «Alberto Magno racconta e Tommaso Cantipratense ripete (..) la storia di un sant'uomo, il quale essendo infermo, e chiedendo in grazia di poter morire, gli fu per un angelo del signore data la scelta fra il morir subito e passar poi tre giorni in purgatorio e il penare un altro anno infermo per salire poi diritto in paradiso. Il sant'uomo elegge di morir subito, ma sperimentate un giorno solo le pene del purgatorio, domanda di tornare in vita e sostenere l'altra prova. Esempi simili a questo narrano sant'Antonino e Pietro Reginaldetto». In verità il castigo divino ad opzione è già nel Vecchio Testamento, Libro dei Re, il, 24, 1-17 (in particolare 12-5) e anzi a questo passo, o meglio alla sua traduzione francese (Li quatre livre des reis, ed. E. R. Curtius, Dresden 1911, pp. 106-9; cfr- Besthorn, p. 31) si ispira l'autore del Novellino per la narrazione «Come a David re venne in pensiero di voler sapere quanti fossero i sudditi suoi» (Novellino, p. 136: «(Dio) mandolli l'angelo suo, e feceli così dire: «David, tu ha' peccato. Così ti manda a dire lo Signore tuo: o vuoli tu stare tre anni infermo o tre mesi nelle mani de' nemici tuoi, o vuogli stare al giudicio delle mani del tuo Signore?» David rispuose: «Nelle mani del mio Signore mi metto: faccia di me ciò che gli piace»). 3 8 STUDIO PRELIMINARE mici (20-1: «E poscia salìo a cavallo e andò a la battaglia e sconfisse i nemici»); 2)una frase dei FF (25: «e la lingua era come d'uomo vivo») trova corrispondenza sorprendente nell'iscrizione del gobelin bernese («linguam ejus quasi hominis vivi integram adinvenit») 29 e ovviamente non pare probabile l'influenza della frase italiana su quella latina. Ora, è utile notare che esiste un testo in grado di illuminarci in entrambi i casi: è il commentario allo Speculum regum di Goffredo di Viterbo, di cui riproduco il passo inte• e • ^o ressante ai nostri tini : Factum est igitur, ut Troianus facto iudicio et pietate versus Indos se cum exercitu transtulit, ipsos expugnavit... Post multos vero annos dum sanctus Gregorius iam Rome presulatum sanctissime gubernaret, factum est ut circa portarti premissam equitans rem gestam de iuditio premisso per Troianum facto in sculpturis cernens, quesivit quis et qualis hic Troianus fuisset. Et iustitia et pietate sua ccmperta, multum doluit, ex eo quod vir tam iustus et pius esset dampnatus; lacrimosis ideo precibus Deum prò salute animi Troiani deprecabatur, quousque tandem angelus sibi apparuit, corripiens eum, quare prò nomine non baptizato ac pagano deprecatus esset. Attamen dixit, Troianum precibus ipsius Gregorii requiem accepisse, inhibens, ne de cetero prò aliquo infideli oraret. In signum vero et argumentum veritatis sanctus Gregorius iussit sibi caput Troiani apportari de sepulchro, et ecce dum caput apportaretur, lingua recens tamquam vivi hominis in ore apparuit, ostendens, quod equa iustitia, quam Troianus lingua sua fecit, linguam putrescere non permisit. Potrebbe dunque essere questo testo (o un altro ad esso molto vicino) la fonte comune ai FF e all'iscrizione del gobelin bernese. È invece improbabile che il volgarizzatore italiano, come pensava Varnhagen, trovasse questa narrazione nel suo manoscritto dello SH, dato che né la tradizione diretta del Bellovacense, né quella indiretta offrono riscontri appropriati. Infatti il Miroir bistortai non si allontana dal testo latino sopra riportato nelle due redazioni e nella Pri- 29. Ecco il testo del gobelin, pubblicato da Varnhagen (p. 31): «Sanctus papa Gregorius dum quadam vice in urbe Roma forum Trayani et secus ejus columpnam pertransiens, ... corpus Trayani jam versum in pulverem reverenter detegens, linguam ejus quasi hominis vivi integram adinvenit: Quod propter justiciam quam lingua sua persolvit pie creditur contigisse». 30.Ediz. G.Waitz, in AfAf. G. HH., SS., voi. xxn, 1872, p. 75. LE FONTI 39 mera Crònica General de Espana, tributaria in questo luogo dello 5H 31, si legge: Et fallamos que despues a grand tiempo, quando sant Gregorio fue apostoligo de Roma, que, en ueyendo aquella ymagen, ovo tan grand duelo del porque ombre tan mesurado et tan bueno muriera gentil et no cristiano, et fuera a pena et no a folgura, que lloro tanto et tan de corac.on, pidiendo mercet a Nuestro Sennor por el, que gano que salliesse eli alma de Traiano et se fuesse pora paraiso ì2. 3.4. Conclusioni (la datazione dei FFj In conclusione, malgrado il ricorso occasionale a due fonti aggiuntive, mi pare sufficientemente dimostrato che i FF si possono più correttamente considerare un volgarizzamento compendioso dei FH di Adamo di Clermont piuttosto che dello SH di Vincenzo di Beauvais. A ciò inducono, riassumendo i dati precedenti, due ordini di motivi: uno in certo senso positivo, perché s'è dimostrata la perfetta conformità del testo italiano con quello dei FH in contrapposizione allo SH; l'altro negativo, in quanto sia una serie di codici dello SH, sia la testimonianza di opere di varia estrazione (Miroir historial, Primera Crònica General] riflettono condizioni testuali non diverse da quelle esibite dalle edizioni dell'opera del Bellovacense. Questo cambiamento certamente non rivoluziona la problematica storico-letteraria del nostro testo, ma comporta almeno tre interessanti conseguenze: i ) per ciò che attiene alla datazione dei FF, essa va collocata in limiti molto più ristretti di quanto non si facesse finora: il termine post quem è il 1270, anno in cui Adamo di Clermont finì di scrivere i FH o addirittura il 1271, anno in cui l'autore dedicò la sua opera a Gregorio x; il termine an- 3i.Cfr. Primera Crònica General de Espana, que mandò componer Alfonso el Sabio y se continuaba bajo Sancho IV en 1289, pubi, por R. Menéndez Fidai, voi. i, Madrid 1955, p.xcvin. 32. Alla p. 14.53, righe 34-43, dell'opera or ora citata. Il testo spagnolo aggiunge: «e esto soposse en uerdat por que, a la sazon que Sant Gregorio la gano, estauan ombres santos en los yermos et vieronla sobir al ciclo, et los angeles que la subian dixieron les cuya era». E Menéndez Fidai commenta (p.xcvin): «Testimonio de la salvación de Trajano: fuentc desconocida». STUDIO PRELIMINARE40 te quem è il 15 gennaio 1275, data in cui venne ultimata la trascrizione del più antico codice conosciuto dei FF, cioè il manoscritto Ne 33; 2 ) in sede ecdotica i FH offrono un sussidio certo più valido dello SH alla ricostruzione del testo italiano; 3) in ambito letterario si chiariscono meglio i rapporti tra la fonte e i FF; si rileva una maggiore fedeltà dei secondi alla prima e di conseguenza ci si pone in condizioni migliori per poter correttamente giudicare le scarse innovazioni contenutistiche e le caratteristiche espressive del testo Italiano 34. 33.Cfr. 1.2., la descrizione del codice. Varnhagen collocava la composizione dei FF tra il 1260 (data in cui cominciò la diffusione dello SH) e il 1290 (data alta della composizione del Novellino, che ha nei FF una delle sue fonti). 34. Per tutto il problema dei volgarizzamenti si ricorra, oltre che alle note indagini di Cesare Segre, a J. Monfrin, Humanisme et traductions au moyen àge, in A. Fourrier (ed.), L'Humanisme medievale dans les littératures romanes du XII' au XIV siede, Paris 1964, pp. 216-46, C. Dionisotti, Tradizione classica e volgarizzamenti, in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino 1967, pp. 103- 44, G. Polena, «Volgarizzare» e «tradurre»: idea e terminologia della traduzione dal Medio Evo italiano e romanzo all'umanesimo europeo, in Aa.Vv., La Traduzione. Saggi e studi, Trieste 1973, pp. 57-120. IV LA TRADIZIONE INDIRETTA 4. i. Premessa I FF, in quanto episodio della larghissima fortuna europea dello SH, fanno senz'altro parte della tradizione indiretta di quest'ultimo. E, dato il carattere dello SH, prodigiosa miniera di dottrine aneddoti citazioni ecc., procedenti da molteplici fonti, non vi è nulla di stupefacente nel fatto che singoli passi dei FF trovino precisa corrispondenza nelle opere più disparate. Così, ad esempio, 11,18-20: A uno che li disse ch'el figliuolo era morto, rispose: «Nunziata m'hai cosa ch'io l'aspettava: sapea, da che di me era nato, ch'elli era mor­ tale». si ritrova, fra l'altro, nei Bocados de oro ] : E vinole un omne e fisole saber que muriera su fijo, e non havia otro e dixole: «Bien sabia yo que havia fijo mortai, e non immortai». Mentre la seguente citazione senechiana (Ep., 74,29), xxiv,249-50: i. Alla p. 123 dell'ediz. curata da H. Knust, nelle sue Mittheilungen ans dem Eskurial, Tùbingen 1879. Nel testo spagnolo la battuta è attribuita a Rabion invece che a Democrito (ma si noti che nello SH e nei FH l'espressione spetta ad Anassagora, mentre Diogene Laerzio e Valerio Massimo, tra gli altri, l'attribuiscono a Senofonte). La nota di Knust al passo citato dei Bocados de oro fornisce ulteriori paralleli. STUDIO PRELIMINARE42 Non si turba il savio di perdere figliuoli o amici; con quello animo passa la loro morte con ch'elli astetta la sua. si legge anche nei Canterbury Tales di Chaucer (The Tale of Melibeus, 5): Senek seith: «The wise mari shal nat take to greet disconfort for thè deeth of his children, but certes he sholde suffren it in pacience, as wel as he abydeth thè deeth of his owene propre persone. Così l'aforisma ¥11,19-20: Molti vivono acciò che si dilettano in mangiare e in bere, ma io mangio e beo acciò ch'io viva. è un adagio popolarissimo, ripreso anche da Molière (L'avare, 111,5): II faut manger pour vivre et non pas vivre pour manger. E gli esempi si potrebbero agevolmente moltiplicare. I FF ebbero invece diffusione ovviamente solo in ambito italiano. Ma il successo del volgarizzamento, oltre che dal rilevante numero di manoscritti che costituiscono la tradizione, è testimoniato da una discreta serie di opere che, nell'arco di circa un secolo, attingono ad esso più o meno generosamente 2. In corrispondenza con la struttura dicotomica dei FF, che nelle parti aneddotiche aderiscono alla retorica dQÌÌ'exemplum 3 e in quelle sentenziose si accostano naturalmente al carattere formale delle massime di cui sono costellati i trattati di morale coevi e posteriori 4, il successo corre 2. Noto però sin d'ora che la tradizione indiretta dei FF, con l'ovvia eccezione della fonte, non reca alcun contributo positivo all'analisi ecdotica. 3. Si vedano almeno i fondamentali lavori di J.-Th. Welter, L'exemplum dans la Uttarature religeiise et didactique du Moyen Age, Toulouse-Paris 1927 e S. Battaglia, L'esempio medievale, in «FR» vi (1959), p. 45 ss., poi in La coscienza letteraria del Medioevo, Napoli 1965, p. 447 ss.; ma s'aggiungano Dardano, pp. 17-37, con ricca bibliografia, e i recenti lavori di C. Delcorno, L'exemplum nella predicazione volgare di Giordano da Pisa, in «Memorie dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti», Classe di Scienze Morali, voi. xxxvi, f. i, 1972 e L'exemplum nella predicazione medievale in volgare, in Concetto, storia, miti e immagini del Medio Evo, a e. di V. Branca, Firenze 1973, pp. 393-408 e infine K. Stierle, L'Histoire comme Exemple, l'Exemple camme Histoire, in «Poétique» io (1972), pp. 176-98. 4. Cfr. F. di Capua, Sentenze e proverbi netta tecnica oratoria e loro influenza LA TRADIZIONE INDIRETTA 43 sul duplice versante della novellistica e della letteratura gnomico-moraleggiante 5. 4.2.11 Libro di sentenze In questo secondo filone si inserisce il Libro di sentenze 6, che deriva per filiazione diretta: l'autore, infatti, sfrondando l'apparato novellistico, innesta numerosi altri aforismi sul. tronco di quelli dei FF, scompaginandone però la sequenza, sfigurando non di rado il testo e alterando molte attribuzioni. Un errore del Libro di sentenze che si riscontra pure in Lb Na (xxiv,118 omettono d'amici] fa pensare a una relazione con questi due codici. Ma che l'autore abbia tenuto presenti altri manoscritti dei FF, dimostrano un errore che si trova pure in E La (xn,i3 amici invece di amanti} e uno in La (xu,i5-6 favellare per favoleggiare}. 4.3.1 Conti di antichi cavalieri Ai FF, più che allo 5H, come dimostrato da Alberto del Monte, risalgono inoltre le notizie su Valerio nei Conti di antichi cavalieri 1. La scarsezza degli elementi di raffronto sull'arte del periodare, Napoli 1946, poi in Scritti minori, i, Roma-Paris 1959, pp. 41-188, R. Brummer, Auf den Spuren des Philosophen Seneca in den romanischen Literaturen des Mittclalters una des Fruhhumanismus, in Romanica, Festschrift F. Neubert, Berlin 1948, p. 55 ss. e l'altra bibliografia raccolta da Bardano, p. 72, n. 118. E s'aggiungano le pp. cvin-cxxv («Sentenze e spirito sentenzioso in Matteo») e CXXX-CLXIII («Per un repertorio delle sentenze») dell'Introduzione di Eleonora Vincenti all'ediz. di Matteo dei Libri cit. nella nota 5 del cap. i. 5. Si pensi anche alla composizione dei mss., che molte volte non è casuale. I FF sono, da un lato, traditi insieme col Novellino (La, Ni), con i Conti dì antichi cavalieri (Lb), col volgarizzamento della Disciplina clericalis (Rf) e col Milione (Ne); dall'altro col Trattato di virtù morali (Nb, Ne, Nd, Nf, Rf), con la traduzione delle Quattro virtù di Martino di Braga (Ne, Rf), con i volgarizzamenti dei trattati di Albertano da Brescia (Na, Ne), con la Dottrina del parlare, estratta dal Trésor (Nb, Rf, Rg) ecc. A giudicare dalla data dei codici più antichi (Ne: 1275; Lb, Na, Ni: sec. xm ex. - xiv in.; La: sec. xiv in.), l'accostamento ai due generi si è avuto quasi contemporaneamente, con una leggera precedenza per la letteratura moraleggiante. 6. Libro di sentenze, a e. di G. Manuzzi, Firenze 1863. È questo il testo citato dalla Crusca, e non i FF, come erroneamente indicato da Cappelli (cfr. 2.3., n. 8) E cfr. 2.4. 7. Cfr. del Monte, pp. 34-5. A A STUDIO PRELIMINARE (sono interessate solamente le righe 39-43 del Conto di Scipione, secondo l'edizione del Monte, e le righe 7-9 del cap. ni dei FF) e il fatto che rispetto alle fonti «i Confi sono delle abbreviationes» 8 rendono impossibile l'identificazione del manoscritto dei FF utilizzato dall'autore dei Conti. Né a questo scopo si rivelano utili generiche corrispondenze, come le seguenti: Conti FF 111.40 uguagliare m,8 abattere (Rf disfare e abattere... e raghuagliare) 111.41 di Roma 111,7 de' Romani (Nb di Roma) 4.4. Le sentenze del codice Magi. XXXVIII. 127 Sempre dai FF (ma è impossibile precisare da quale modello) derivano alcune delle sentenze che si leggono alle cc. _54r-5_5v del ms. Magi. xxxvm.i27 della Biblioteca Nazionale di Firenze 9, col titolo: «Queste sono sentenzie di filosafi e d'altri grandi savi». Ecco i passi dipendenti dai FF (fra parentesi l'indicazione dei luoghi del nostro testo). Alla e. Socrate filosafo disse: «Ad altrui perdonerai sovente, ma a te medesimo neente» (xxiv,43). A se medesimo la niega chi adomanda grave cosa (¥11,31-2). Mangerai per vivere e non viverai per mangiare (¥11,19-20). De l'altrui male non fare allegrerà (¥11,33). Aristotile filosofo disse: «Me' vale amare li provati che provare li amati (xn,io). Alla e. ^^v: Ancor disse che l'uomo non de di sé parlare né bene né male, però che lodarsi è vanità e biasimarsi è follia (x,4-^). Si notano alcuni errori di attribuzione (la prima sentenza è in realtà di Seneca, la quinta di Teofrasto) e di interpretazione (altro è il senso della quinta sentenza nei FF: «Mistieri fa d'amare li amici provati e li no amati provare»). 8. Del Monte, p. 48. Ciò in armonia con l'ideale stilistico di brevità dell'opera. 9. Se ne veda la descrizione in Mostra, p. 107. LA TRADIZIONE INDIRETTA 45 4.5.17 Libro di varie storie di Antonio Pucci Dai FF deriva molto materiale Antonio Pucci per le rubriche xxxiv-xxxvi del suo Libro di varie storie 10. Come già rilevato da Alberto Vàrvaro 11, le parti narrative sono riprese con maggior cura (o addirittura rielaborate - vedi il caso di Papirio), mentre quelle gnomiche subiscono tagli vistosi. La seguente tavola di raffronto visualizza immediatamente le corrispondenze contenutistiche fra le due opere. Libro di varie storie FF xxxiv,i (Pitagora) i,i, 8-13 3-12 (Secondo) xxvin,1-130 19 (Aristotele) ^,1-5, 13-23 22 (Fiatone) vm,i-3, 24-6 23 (Democrito) 11,1-2, 5-20 24 (Diogene) ix,i-2i 25 (Empedocle) iv,i-4 26-9 (Tullio) xx,i-9, 14-5, 29-36, 41-9, 52-3, 58-63, 84-6, 142-7, 157-8 31 (Seneca) xxiv,i54 xxxv,2 (Tullio) xx,68-7i, 87-9, 98-9 2 (Sallustio) xxi,24-5 5 (Epicuro) xi,19-21 5 (Tullio) xx,i67-9 11 (Scipione) xiv,8-i2 12 (Socrate) vii,22, 30-2, 34-7 12 (Plauto) xv,8-io xxxvi,6 (Socrate) vii,16-21, 23-4, 28-9 7 (Epicuro) xi,1-14, 22-3, 28-9 12 (Valerio) m,i-9 13-6 (Papirio) xin,1-26 17 (Cesare) xix,i-4, 11-5 II problema sollevato da Vàrvaro 12, di quale testo dei FF si sia servito il Pucci, può essere ora risolto in virtù di un esame completo della tradizione dei FF. Che lo Zibaldone pucciano derivi da un codice molto vicino a Ne è infatti dimostrato ad abundantiam dalle due seguenti circostanze: a) nel Libro di varie storie, così come in Ne, ai detti di Seio. Ediz. critica per e. di A. Vàrvaro, Palermo 1957. 11. Antonio Pucci e le fonti del 'Libro di varie storie', in «FR» iv (1957), p. 367. 12. Ibidem, n. i. 46 STUDIO PRELIMINARE condo seguono alcune parti desunte dal Libro di Sidrach (cfr. i.2., la descrizione di Ne); b)(determinante) nel Libro del Pucci si trovano alcuni passi estravaganti rispetto al testo dei FF, ma corrispondenti ad interpolazioni peculiari di Ne. Infatti, a una delle frasi aggiunte in Ne al termine del cap.x: Luomo savio e vertudioso non si muove e non si turba per chosa contraria tenporale chelgli possa avenire per ciò che già non sarebbe savio se elli si chonturbasse, corrisponde nel Libro (rubrica xxxiv, paragrafo 19) il seguente passo: L'uomo savio non si turba per cosa contraria e se si turba non è savio. Patimenti, all'interpolaziene di Ne, dopo xix,io: Questi (i.e. Giulio Cesare) avea ordinato che no fosse veruno che portasse arme ne veruno ferro sopra si che choloro chel voleano ucidere si fecero fare i stili grandi e portavali a lato che le tavolelle per scrivere andando lo nperadore un di al chonsiglio e chostoro li uscirò adesso cho li stili in mano e li diedero xxiij fedite, corrisponde, nello Zibaldone (xxxvi,!/): Elli ordinò che non si portasse né per consoli né per sanatori né per altra persona alcuna arme, onde i sanatori e gl'altri cari cittadini ordinare d'ucciderlo e fecer fare a loro tavolette che portavano i stili di ferro, e, venuto lo 'mperadore del consiglio, gli furono tutti d'intorno e tante gli diero per le carni di quelli stili che l'uccisono 13. Che la fonte del Libro di varie storie sia non proprio Ne, ma un manoscritto ad esso molto vicino, si evince dal fatto che alcuni passi dei FF, omessi in Ne, si trovano nello Zibaldone. Alcuni esempi: Libro, xxxiv,31 = FF, xxiv,i54 (Ne omette) Libro, xxxiv,10-2 = FF, xxvm,89-i3o (Ne omette). 4.6.1 rapporti col Novellino Ai FF si ispirò pure il compilatore del Novellino 14 per le 13. La prima interpolaziene è anche in Ng (cfr. 5.4.), la seconda è esclusiva di Ne. 14. Ancora una volta la dimostrazione è di Varnhagen (pp. xx-xxm). Nella sua LA TRADIZIONE INDIRETTA novelle di Papirio (Gz 67 = P^ó), di Traiano (Gz 69 = P^S) e di Seneca (Gz 71 = PV9)- Esula da quest'esame il tentativo di stabilire quale dei due testi, il gualteruzziano o il panciatichiano, sia più vicino ai FF 15; mi accontenterò pertanto di qualche osservazione d'altro genere. a) II codice Panciatichiano 32 16 e il Gaddiano rei. 193 appartengono sia alla tradizione del Novellino sia a quella dei FF; b)di più, negli stemmi di entrambe le opere 17 essi si dispongono nelle stesse costellazioni; e) notiamo poi le seguenti coincidenze: i ) Gz V P1, E La Nf Rd 18: una bella bugia FF, xni, io-i : una molto bella buscia 2) Gz V 19, FF, xxvi,_5: diritto E P1 : ragione 3 ) P1 : Se io non rediroe e ti sodisfarae lo mio soccessore La: S io non reggio e ti sodisfara il successore mio Gz V 20: Sodisfaratti lo mio successore FF, xxvi,io: El successore mio ti sodisfara 4) P1, FF, xxvi,i9: Fece iustizia Gz V: Fece giustizia di coloro eh aveano morto il figliuolo di colei E: Fece giustiziare costoro chaveano morto il figliuolo di questa femina La situazione non è affatto chiara, ma non mi sembra impossibile che l'autore del Novellino abbia attinto a un manoscritto ora perduto dei FF, identificabile con y o con un edizione del Novellino, Guido Favati adopera le seguenti sigle: Gz = testo Gualteruzzi, P1 = ms. Panciatichiano 32, V = ms. Vat. 3214. 15. Ricordo che mentre Varnhagen (p. xxxiv) si pronunziò a favore di una maggiore vicinanza di Gz ai FF, a risultati opposti giunse l'analisi di Besthorn, pp. 83-5. Si veda, sulla questione, l'equilibrata sintesi di A. Monteverdi, Che cos'è il Novellino, in Studi e saggi sulla letteratura italiana dei primi secoli, MilanoNapoli 1954, pp. 138-9. Il problema sarebbe peraltro superato nella nuova prospettiva dell'edizione Favati. 16. P1 del Novellino = Ni dei FF. 17. Cfr. 5.7. e Novellino, p. 20. 18. Come si vedrà (5.4.) il ms. E è contaminato con y (= La Nf Rd). 19. Lezione accolta, per selectio, da Favati (p. 287). 20. Come la nota precedente. 48 STUDIO PRELIMINARE suo affine (cfr. 5.7., lo stemma codicum} 21. La stessa impressione si ricava da una delle novelle di P1 aggiunte al Novellino, quella intitolata «Come Tullio rispuose a Salustio» M, derivata dai capp.xx-xxi dei FF. Anche qui troviamo una lezione caratteristica di y: laidissimo invece di levissimo (xxi, 6)*. Generica ispirazione dai FF o da una tradizione ad essi affine 24 traggono invece le novelle di P1 che nell'edizione Biagi recano i numeri LXII, LXVII, LXXIV, LXXVI. È appena il caso di accennare che le novelle LXXXIILXXXVI di P1 non sono, come volevano Varnhagen 25 e Besthorn 26, racconti di P1 aggiunti al Novellino e desunti dai FF, ma veri e propri capitoli di quest'ultima opera, che il compilatore del manoscritto panciatichiano ha inframmezzato alle due parti 27. 4.7.1 rapporti di Dante coi FF Anche i rapporti di Dante coi FF non sono del tutto perspicui. La dipendenza del celebre passo del Purgatorio (x, 73-93) dai FF è stata sostenuta da vari studiosi, Nannucci 28, Paris 29 ecc., e ancora recentemente da Maurizio Bardano 30, sulla base di alcune coincidenze verbali. 21. Non penserei però, come fa Besthorn (p. 85) che questo ms. perduto contenesse la variante della leggenda di Traiano, secondo cui l'uccisore del figlio della vedova è il figlio stesso dell'imperatore; tale particolare l'autore del Novellino, così come ad es. Giovanni Gallese (nel Breviloquium de virtutibus] avrà desunto dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze (cfr. Novellino, p. 286). 22. La LV dell'ediz. Biagi. 23. Ma c'è anche un'omissione caratteristica di Nb Rb: xx,3-9: om. e del dittare. 24. Cfr. Besthorn, p. 159 e Lo Migro, p. 217. i 1). Varnhagen (p. xxm) affermava che queste novelle «stimmen, von ganz geringen Kleinigkeiten und einigen wenigen Auslassungen abgesehen, wòrtlich mit den entsprechenden Abschnitten der Fiori ùberein und miissen demnach aus den letztern in P [= P1] herubergenommen sein» (!). 26.Besthorn, p. 102: «Ein vergleich der Novellen B [= Biagi] 82-86 mit dem entsprechenden stellen in den «Fiori di filosafi» einerseits und bei Vincenz von Beauvais andererseits zeigt, dass die novellen, wenn auch wenig von den Fiori verschieden, doch dem lateinischen text etwas ferner stehen als diese» ( ! ). 27. Cfr. 1.2. (la descrizione di Ni) e Mostra, p. 123. 28. Nannucci, p. 215, n. io. 29. Paris, p. 266. 30. Bardano, p. 61, n. 101 LA TRADIZIONE INDIRETTA La chiave della dimostrazione risiederebbe nella seguente ripresa ad verbum: FF (ediz. Nannucci = xxvi,i2 di questa edizione): A te che fia (se quell'altro farà bene) Dante: (L'altrui bene) a te che fia? La coincidenza è però illusoria: in realtà nessun manoscritto dei FF (e nemmeno La Nd, di cui si servì Nannucci) reca «a te che fia», ma tutti hanno «a te che farà», che non è la stessa cosa. La lezione «a te che fia» è pertanto un errore di lettura dell'editore, o una sua congettura, suggerita forse dal passo dantesco, e non una variante della tradizione 31. Ancora, le parole «intorno a lui parca calcato e pieno di cavalieri» non hanno riscontro nei FH 32, ma sì nei FF (xxvi, y. «co la cavalleria sua») e nel Novellino («con la sua grande cavalleria»). Per ridimensionare però il valore di questa seconda coincidenza, basta pensare al diverso atteggiamento dei due artisti: mentre l'autore dei FF narra un fatto, Dante descrive un'opera figurativa, icasticamente e dettagliatamente, così come aveva fatto per i due precedenti altorilievi; l'accenno ai cavalieri si giustifica pertanto con la sensibilità plastico-compositiva del poeta, anche indipendentemente da influenze esterne di altri testi 33. 31. Del resto, sempre su questa concordanza, equilibrate parole aveva scritto Arturo Graf (il, p. 19): «Poiché quell'uso del verbo essere non è senz'altri esempii, potrebbe pur darsi che così l'autore del Fiore come Dante avessero tradotto a un medesimo modo il «quid tibi proderit si alius bene fecerit», che si trova anche nel Policratico, senza che ci fosse imitazione per parte del poeta». Si noti però (più che altro a titolo di confronto) che nessuno dei quattro volgarizzatori del Breviloquium de virtutibus di Giovanni Gallese (che ha l'identico testo del Bellovacense, in quanto ambedue dipendono da Elinando, che a sua volta trascriveva alla lettera dal Polycraticus di Giovanni di Salisbury) adopera un'espressione simile; abbiamo infatti: Traduzione A: «E che gloria a te»; B: «ch'è a te»; C: «che gioverà a te»; D: «che utile sarà a voi» (cito da M. Barbi, La leggenda di Traiano nei volgarizzamenti del «Breviloquium de virtutibus» di fra Giovanni Gallese, Firenze 1895, pp.x-xi). 32. E, ovviamente, nemmeno nello Sii o nel Polycraticus. 33. Sempre Graf (il, p. 19) nota che i versi danteschi trovano peraltro una più precisa corrispondenza con le parole di Paolo Diacono (Vita S. Gregori Magni, 22): «cum... circumvallatus militum cuneis pergeret». E si noti che anche nella STUDIO PRELIMINARE Hermann Varnhagen, poi, dal fatto che la richiesta di giustizia è formulata in discorso indiretto nei FF (xxvi,5: «rechieselo che li facesse diritto») e invece in discorso diretto sia in Dante («Segnor, fammi vendetta»), sia nel Novellino («Messere, fammi diritto»), deduce che il poeta si ispirò tanto ai FF quanto al Novellino, ovvero a un testo intermedio fra i due 34. Ma, ancora una volta, l'espressione dantesca appare determinata più da motivi intrinseci, di coerenza figurativa, che da suggestioni di modelli; per tutto il canto x, corre infatti il Leitmotiv dell'immagine parlante, che sfocia naturalmente nel discorso diretto 35. In definitiva, come aveva già suggerito Michele Barbi 36, «i riscontri notati tra i Fiori e il Novellino da una parte e la Divina Commedia dall'altra non [...] sembrano di tal natura da importare necessariamente la dipendenza di questa da quelli». Una maggiore affinità si può, se mai, notare con il cosiddetto traduttore A del Breviloquium de virtutibus. Cfr.: Dante: li era al freno trad. A: li prese el freno FFxxvi,4: preseli il pied(e) Novellino: preselo per la staffa Ma invero pare azzardato, oltre che di scarsa utilità, trovare echi, in Dante, di un testo particolare 37: la cristallizzazione di certi tratti della diffusissima leggenda da un lato e l'originalità e capacità ideativa di Dante 38 dall'altro, non consentono illazioni sicure. traduzione A del Ereviloquium de virtutibus si legge «cum tutta la sua caval- laria». 34. Varnhagen, p. xxvi. 35. Cfr. v. 31: «Giurato si saria ch'el dicesse: -Ave!-»; vv. 43-4: «e avea in atto impressa està favella: -Ecce andila Dei-»; vv. 58-60: «Dinanzi parca gente; e tutta quanta, partita in sette cori, a' due mie' sensi faceva dir l'un: -No-, l'altro: -Sì, canta-». 36. Cfr. La leggenda di Traiano, cit. alla n. 31, p. vili. 37. A parte, forse, Giovanni Diacono, in virtù dell'equivalenza «ratione pariter et pietate commotus» = «giustizia vuole e pietà mi ritiene». 38. Tra gli studi più recenti sul canto x del Purgatorio, si vedano almeno D. Isella, Gli «exempla» del canto X del «Purgatorio», in «SD» XLV (1968), pp. 147 ss. e L. Baldassaro, Structure and Movement in Purgatorio X, in «LeS» x (i975)» pp. 261-74. LA TRADIZIONE INDIRETTA 5 I 4.8. La tradizione delle Vite dei filosofi Sotto il titolo Vite dei filosofi è nota la traduzione italiana del Liber de vita et moribus philosophorum di Walter Burley (o Burleigh, latinamente Gualterus Burlaeus, 1275I345) 39. La versione, purtroppo non edita in tempi moderni, va letta in alcuni manoscritti (fra i quali: Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, 11.111.343 e Laurenziana, Redi 112; Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 54 sup. e A 196 inf. - tutti codici del sec. xv) e in certe stampe antiche (p. es. Vite de' philosophi, Venezia 1480, Libro della vita de' filosofi, Firenze 1480, Vite dei filosofi moralissime, Venezia 1526). Molti dei filosofi di cui il Burley narra la vita e i costumi sono personaggi dei FF: a titolo di esemplificazione cavo dal codice 11.111.343 della Nazionale di Firenze il seguente parziale elenco: Socrate Democrito Ipocrate Empedocle Diogene Piato Aristotile Epicuro Teofrasto Catone Scipione Tullio Seneca Quintiliano Secondo Origene. Si consideri ora una parte del passaggio dedicato a Socrate nella serie seguente di testi 40. i)SH = FH = Liber di Walter Burley 41 : [Due Socratis uxores] cum crebro inter se jurgarentur (Burley: litigarent) et ille eas solitus esset irridere quocì propter se, fedissimum (Burley: fetidissimum) hominem, simis naribus, recalva fronte, pilosis humeris, repandis cruribus (una variante del Liber, registrata in apparato da Knust è: resparsis crinibus) disceptarent (Burley: discreparent, ma in apparato si leggono due varianti: disceptarent e decer- 39. Per indicazioni bibliografiche su Walter Burley cfr. il testo di Cesare Vasoli cit. alla n. i del cap. in, pp. 263-5 e W. Totok, Handbuch der Geschichte der Philosophie, Band II, Mittelalter, Frankfurt 1973, pp. 517-8. 40. Alle sigle note aggiungo le seguenti, per indicare i vari testimoni utilizzati delle Vite dei filosofi: A = ms. A 196 inf. dell'Ambrosiana; F = ms. F 54 sup. della stessa biblioteca; N = ms. n. ni. 343 della Nazionale di Firenze; R = ms. Redi 112 della Laurenziana; V 1480 = l'incunabolo veneziano; V 1526 = la cinquecentina veneziana. 41.Nell'ediz. curata da H. Knust, Tiibingen 1886 (rist. Frankfurt a.M. 1964), p. 116. Sui limiti di questa edizione (dovuta peraltro a uno studioso di grandissimi meriti) cfr. J. O. Stigall, The manuscript tradition of (he «De vita et moribus philosophorum» of Walter Burley, in «Mediaevalia et Humanistica» xi (i957), PP- 44-57- STUDIO PRELIMINARE tarent), novissime verterunt in eum impetum et male (Burley omette male) mulctatum fugientemque diu persecute sunt. 2)FF, vii,2-16: Socrate fue grandissimo filosafo in quel temporale. E fue molto laido uomo a vedere, ch'elli era piccolo malamente, el volto piloso, le nari ampie e rincazzate, la testa calva e cavata, piloso il collo e li omeri, le gambe sottili e ravolte. E avea due mogli in uno tempo, le quali contendevano e garriano molto spesso perché '1 marito mostrava amore oggi più all'una e domane più all'altra. E questi, quando le trovava garrire, sì le innizzava, per farle venire a' capelli e faccasine beffe, veggendo ch'elle contendeano per così sozzissimo uomo. Sì che un giorno, faccende questi beffe di loro, che si traeano i capelli, quelle in concordia si lasciare e vengorli indosso e méttollosi sotto e pélallo, sì che di pochi capelluzzi ch'egli avea no li ne rimase uno in capo. E quelli lievasi e viene fugendo e quelle co li bastoni battendolo tante li diedero che per morto il lasciare. dei filosofi (A, N, R) 42. Queste sue due mogli spesse volte si mischiavano insieme perch'egli le nizava e mostrava amore oggi all'una e domane a l'altra; e quand'egli l'avea fatte pigliare a' capegli, si se ne rideva e maravigliavasi molto forte come elle per così sozzo uomo com'egli era si mischiavano, ch'egli avea sceme le nare e cavate, la fronte calva (R: sceme le nare e cavata la fronte ch'avea), pilosi gli omeri delle spalle e le gambe stravolte. Ed essendo una volta costoro azuffatesi insieme e ridendo di ciò il detto Socrate, queste due sue mogli, essendosi carminate e battute bene, di piana volontà sì si levar suso e andarono adesso a Socrate. Socrate fugge (R: fuggì) e queste il cacciano e pigliallo (A: omette e pigliallo) e batterono (A: battelo) molto forte, che quasi elle il lasciarono per morto. Sì che dappoi il detto Socrate non beffava più di loro ed elle non si apigliavano per lui. 4)Vite dei filosofi (F, V 1480, V 1526) 43. Le quali donne spesse volte (F: spesso) litigavano insieme di Socrate. Onde (F: di che) Socrate le diliggiava e beffeggiava che per lui dovessino questionare: imperoché lui era bruttissimo de corpo, col naso scemo e con la testa calva e col collo e le spalle pilose e con capelli inornati e con le gambe e li piedi storti e con le braccia corte e che per lui le dette sue donne contendessino. Ultimamente incontro a Socrate tutte dua n'andarono con grande furia e sì lo cacciarono fuori di casa. 42. Testo-base: R. 43. Testo-base: V 1526. LA TRADIZIONE INDIRETTA 53 Come si può agevolmente notare, il testo di A N R imita da vicino il dettato dei FF (si confrontino, in modo particolare, i passi in tondo spaziato), discostandosi da quello del Liber, che si riflette invece nel testo di F V 1480 V 1526. Non rientra certo nell'ambito di questo lavoro un'indagine sistematica della tradizione delle Vite dei filosofi; qui basti l'aver effettuato una primissima rilevazione di dati (utile spero - a un futuro editore delle Vite} 44 e, soprattutto, l'aver portato una documentazione ulteriore del successo dei FF. 44. E si noti qualche altro fatto testuale. Il testo F V 1480 V 1526 ha con capelli inornati, che traduce la variante resparsis cruribus del Liber (cfr. sopra). I mss. NR, inoltre, omettono l'episodio successivo della 'pluvia socratica' (presente nel Liber) che A da una parte, e F V 1480 V 1526 dall'altra riportano in due differenti redazioni. Cfr. A: «E un'altra volta essendo la decta Santipe su uno solaro e Socrate era di sotto la decta Santipe, cominciaro a trare di grande petti e dietro ai petti conminciaro a pissiare in sul capo al detto Socrate. El decto Socrate avendo tuto il capo bagnato di pissio, non disse altro se non: Io sapeva bene che drieto a tai troni doveva seguire cotal rosata»; più purgato il testo di FV C48o V 1526: «E ritornando poi Xantippa, una delle moglie, gli buttò in sulla testa (V 1526 sopra della testa) una quantità de acqua sporca; per la quale essendo Socrate tutto imbratato, scotendosi niente altro disse se non: Io sapeva bene che naturalmente dopo gli tuoni viene l'acqua». Sulla bigamia di Socrate si veda Socrate. Tutte le testimonianze da Aristofane e Senofonte ai padri cristiani, Bari 1971, p. 285 e p. .545. V CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 5.1. Premessa Una tradizione sollecita di varianti e fittamente tramata di contaminazioni (e quindi una frequente incostanza delle costellazioni); ampie e numerose lacune nella trasmissione, con la conseguenza di gravi carenze testimoniali in sede di recensio; alcune alterazioni intenzionali (interpolazieni, rifacimenti); tutte queste caratteristiche ecdotiche rendono particolarmente arduo e delicato il problema del testo dei FF anche per la moderna e agguerrita filologia l . In termini generali abbiamo a che fare con una tradizione in parte attiva e in parte quiescente (per adoprare la terminologia di Alberto Vàri. Sia consentito non affollare il testo di riposatissime citazioni di studi ormai classici (Barbi Pasquali Contini Maas Frankel ecc.). Comode bibliografie si trovano in R. Marichal, La critique des textes, in L'Histoire et ses méthodes, sous la direction de Ch. Samaran, Paris 1961, pp. 1247-366 e in D'A. S. Avalle, Principi di critica testuale, Padova 1972. Tra i lavori più recenti di cui mi sono servito ricordo: M. L. West, Textual Criticism and Editorial Technique, Stuttgart 1973, A. del Monte, Elementi di ecdotica, Milano 1973 (litograf.), A. Roncaglia, Principi e applicazioni di critica testuale, Roma 1975 (litograf.), F. Brambilla Ageno, L'edizione critica dei testi volgari, Padova, 1975. Cfr. anche G. Belloni, Rassegna di studi e manuali filologici, in «LI» xxvm (1976), pp. 482-514 e V. Branca, La filologia, in V. Branca - J. Starobinski, La filologia e la critica letteraria, Milano 1977, pp. 11-109. Scarsamente utile il lavoro di L. Lb'fstedt, Le Vegèce de Jean de Meun. Essai de classement des manuscrits, in «SN» XLIII (1971), pp. 500-20, che pure verte sulla classificazione dei manoscritti di un volgarizza­ mento. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI tjsj TAVOLA DI PRESENZA E La Lb Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ni Ra Rb Re Rd Rf i —+ + + + + + + + + + + — + + + + — II —— + + + + + + + + + + + —— + + + + —— III —— + + + + + + + + -f + + —— + + + + + IV — + + + + + + + + + + + — + + + + — V —— + + + + + + + —— + + + —— + + -T+ —— vi — + + 4- + + + + + + + + — + + + + — VII + + + + + + + + + + + + — + + + + + Vili ++ — + + + + + + + + + + + + + + + IX ++ — + + + + — + + + + + + + + + — x ++ — + + + + + + + + XI ++ — + + + + + + + + XII + + — — + — + + — + + XIII + + — + + — -I- + + + + — — + — ++ — XIV ++ — + + + + — + + + — + + + + + — XV ++ — + + + + + + + + + — + + + + + XVI ++ — + -f — + + — + + + — + + + + — XVII ++ — + + + + + + + + + — + + + + — XVIII ++ — — + + -T + + + + — — — + + + — YYT J ' 1 __l _L_ I I_ 1 [ !_ I ___ ___ ._[_. I _l_ 1_ ___A-A.JL t ~|~ ^^ ^ ^^ —p ^^ [^ ^^ ^^ ~l~ ———' ——— ^^ ^ —f ~p ——• xxn 4- -f + — + -i- + + — + + — — — — + + — xxiu + + + -I-+ — ++ — ++ — — + + + + — XXIV + + + + + + + + — ++ — — + + + + — XXV + + + + + + + + — ++ — — + + + + — xxvi + + + + + + + + — — + — — + — + + + XXVII + + + + + + + + — — + — + + — + + + XXVIII + + + + + + + + + + + + + + + + + + Nota. Hanno il cap.xxvin anche i seguenti mss.: NI Nm O Rg Rh Ri Va Vb; il cap. xxix si legge pure in Vb, mentre Re ha poche frasi estratte da vari capitoli. varo 2), insomma con una tradizione in certo senso caratterizzante 3, con tutte le difficoltà che ne derivano 4. La Tavola di presènza di questa pagina fornisce, innanzi tutto, un quadro d'insieme sul contenuto dei singoli mss. (i numeri romani si riferiscono ai capitoli nell'ordine di que- 2. A.Vàrvaro, Critica dei testi classica e romanza. Problemi comuni ed esperienze diverse, in «Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti ? i Napoli» XLV (1970), p. 86. ]fr. V. Branca, Copisti per passione^ tradizione caratterizzante, tradizione di memoria, in SPCT, pp. 69-77. 4. Si veda anche Bertolucci Pizzorusso, pp. 350 ss. jj 6 STUDIO PRELIMINARE sta edizione). Il patrimonio tradizionale dei FF è pertanto così classificabile in base alla consistenza dei testes: 5 mss. completi: Na Ne Ng Re Rd; 8 mss. poco lacunosi: E La Le Nb Nd Nf Ra Rb; 3 mss. gravemente lacunosi: Lb Ne Nh; 11 mss. frammentati: Ni NI Nm O Re Rf Rg Rh Ri Va Vb. Nella nostra situazione conviene che una strategia dello stemma adotti la seguente tattica: dopo il codice Re, che si rivela eliminandus, verranno dapprima considerati i mss. non frammentari (con l'esclusione di Le Ra, che richiedono un discorso a parte, e con l'inclusione di Ni Rf che manifestano adattabilità, sia pure non perfetta, alle strutture stemmatiche); seguiranno infine i mss. che presentano solo estratti dell'opera e quelli di ambigua discendenza. 5.2. Eliminazione del codice Re La stretta relazione dei mss. Ne Re fu già segnalata da Michele Barbi 5 e ripresa dagli autori della Mostra di codici romanzi delle biblioteche fiorentine 0, ma solamente in ordine ai volgarizzamenti di Albertano da Brescia in essi contenuti. Un esame più accurato sembra ora far concludere che Re, almeno per quanto riguarda il testo dei FF 7, sia copia di Ne e, come tale, vada eliminato. Triplice ordine di considerazioni: i)A e. ir di Re ha inizio un indice introdotto da parole che ripetono fedelmente quelle dell'indice di Ne (cfr. sopra le descrizioni dei due mss.), con la stessa data (15 gennaio 1275) 8 e lo stesso nome del copista di quest'ultimo (Fantino di San Friano), mentre Re risale al sec. xv ed è stato scritto da una donna, come si deduce dall'explicit a e. io9v (stessa mano dell'intero codice) 9. 5. Codice pisano, p. 251, n. i. 6. Mostra, p. 111. 7. Ma quasi certamente anche per le altre opere. Si tenga presente, fra l'altro, òhe il contenuto di Re (cfr. la descrizione a 1.4.) è interamente tratto da Ne (cfr. Mostra, pp. 111-2); alcuni testi mancano, ma nulla vi è aggiunto. 8. Re omette secunda dopo indizione. 9. Cfr. sopra. Tale explidt è lo stesso dei codici Ricc. 1338 e Ricc. 1349. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 2) A 1,3 in Ne la S della parola &ZWG è scomparsa in seguito a danno meccanico, ma resta lo spazio vuoto come traccia della sua originaria presenza. Re, invece, ha senz'altro amo. 3 ) Una collazione completa dei due codici mostra che tutti gli errori di Ne, tranne rare eccezioni, si sono travasati in Re, il quale presenta inoltre una serie di errori propri. Per gli errori individuali di Ne cfr. l'apparato 10, per quelli di gruppo cfr. la Tavola 3. La seguente tavola contiene invece una scelta di errori individuali di Re (fra parentesi la lezione corretta). (Tav. i) 11,9 om. disse; vi,6 abiate (abbia); 6-7 trova (trovata); vu,4 nari del naso (nari); 1 8 om. fiori; viu,34 vonta Ila carne (volontà della carne); xv,8 om. è cosa; xvn,22 stracciare (squarciare); xix,8 om. più; xx,42 ne (ch'è); 73 pure (più); 157 ave (aver); 155 om. aversità; xxi,26-7 om. a Roma... pecunia; xxiv,i3 colla madre (coll'altre); 36 Belli chostumi (Delli costumi); 54 disponi (dispensa); 56 provvedi (proponi); 84 om. d'essere; 118 animo (amici). Talvolta la copista interviene per correggere gli errori di Ne; alcune volte felicemente: (Tav. 23) Ne Re xix,5 scriverà scrivea xxiv,3 fae fue xxv,2 6 maternali materriali xxvi, 1 3 volete volere xxvm,47 non ne volle non volle (in questi casi, pochi e — sembrerebbe — non particolarmente difficili, si può pensare a una certa abilità correttoria da parte della copista) 11 ; altre volte in modo più o meno impreciso (tra parentesi la lezione critica): io. Per evitare ripetizioni avverto sin d'ora che l'apparato registra anche gli errori individuali dei singoli mss. (con l'ovvia esclusione di Re, unico codex de­ scriptus). L i. Inoltre a xxv,26 la copista di Re può aver interpretato come materriali il mainali di Ne (leggendo ri al posto di «) e a xxvi,i3 scambiato t con r. L'ipotesi è alquanto macchinosa (in luogo del mantenimento dell'errore o, peggio, di un errore a cascata, avremmo due casi di restituzione della lezione esatta in virtù di una cattiva lettura dell'esemplare), ma non è inverosimile e anzi è paleograficamente possibilissima. S'aggiunga, infine, almeno per qualcuno dei casi elencati nelle Tavv. 2a e 2b, «la possibilità di, per così dire, 'trivializzazioni ^8 STUDIO PRELIMINARE (Tav. ab) Ne Re xm,2i-2 domanda fiore loro domanda loro (adomandagione loro) xx,149 invecchia invecchiata (invecchiato) xxiv,7-8 che davano elli facea che da uno che faciea (che da uno, a cui elli facea) xxv,j>3 nonn cagione non e cagione (non ha cascione) In definitiva non mi sembra che questi pochi casi possano far privilegiare l'ipotesi che Re sia solamente uno strettissimo affine di Ne, infirmando così la conclusione già esposta (Re descriptus di Ne) cui invece conducono le considerazioni di cui ai numeri i ) e 2 ) e l'immagine testuale pressoché identica offerta dai due manoscritti. 5.3. La famiglia a 5.3.1.1 seguenti errori comuni 12 a La Ne Nf Rd mostrano che questi mss. derivano da un medesimo ascendente, il subarchetipo a (fra parentesi le lezioni critiche ed eventualmente, a conforto, la fonte latina). (Tav. 3) Titolo savi imperadori (savi e d'imperadori) 1,11 studio (studioso; studiosum] ix,12 fece (fu) 12-3 contesa (contenenza; continenciam) xi,11-2 om. el quale...risguardasse 13 26 La corpi Ne conti Nf Rd corti 14 (conviti; convivii) xx,44 di quelli 1S (di quelli che parla; loquentis] 123 voleva 16 (voglia; velit] emendatrici', cioè di mutamenti che, rendendo più facile il testo (erroneo, ma per il trascrittore, difficilior), lo rendano insieme, involontariamente, corretto» (C. Segre, Sul testo del «Libro de' vizi e delle virtudi» dì Bono Giamboni, in «SFI» xvn (1959), p. 28). 12. Le varianti sono pareggiate formalmente in caso di differenze grafiche o comunque non rilevanti. Così, ad es., in 1,11 Nf istudio; in xx,i23 Ne volleva ecc. 13. Ne omette anche le parole precedenti: nell'animo suo. 14. Lezioni diffratte. 15. Rd lacunoso. 16. Rd lacunoso. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 50 161 con (La come) più sanno 17 (compensano; compen- satione] xxin,12-3 sono (appaiono; apparent] xxiv,in avere mal detto (avere mal dato; male dedisse} 123 La più ce Ne piute Nf pute Rd riputi 18 (impute; putas) 129-30 om. il dispregiamento de la vita (contemptus vite] 133 La crescie Ne Nf Rd chesce (che sono) 167 ama (odia; odii] 168 le parole facciasi lungiamente sono spostate dopo la riga 169 19 197 ilevimane (il domane; crastinum] 234 La oblivisci come Ne obrisi come Nf obblissi come ^ (ebbili sì come; habui... illos tamquam] 250 aspetta 21 (passa; fert] xxvi,15 om. ingiuria 22 (iniuriam) 19-20 om. sodisfece e 23 (satisfactione] xxvin,124 le parole seccità di terra sono spostate dopo la riga 122 •).3.2. Una ricca serie di errori comuni a La Nf Rd (molte lezioni erronee, moltissime omissioni) prova la loro più stretta connessione rispetto a Ne. Scelta di casi significativi: (Tav. 4) 1,12 om. savio (sapientem] vii,6 in quel tempo 24 (in uno tempo) 37 puoi donare 25 (potresti patire; pati... possis] vni,28-9 mortalità 26 (immortalità; immortalitate] x,9 si fanno e pensansi (pensassi; existimant] 12 La che deono imparare Nf Rd che da imparare (eh'è d'operare) 17. Rd lacunoso. 18. Lezioni diffratte. 19. Ma Rd ha le parole facciasi lungiamente sia nel luogo giusto sia in quello sbagliato. 20. Lezioni diffratte. Rd lacunoso. 21. Rd lacunoso. 22. Nf lacunoso. 23. Nf lacunoso. 24. Rd lacunoso. 25. Rd lacunoso. 26. Rd lacunoso. 6o STUDIO PRELIMINARE xi,29 om. per li dilicati xn,5 Teofarasco domando domandando (Aristotile do­ mandò) xx,57 om. igualmente (equaliter] 58 om. cagiono (decidunt] 64-5 om. istare aperte (patere] 84-5 mette (promette; promiseris] xxn,9 continuava (studiava) xxiv,72-3 om. sie... reta 133 om. e lascia coloro 146 La e laltro prende Nf Rd e laltro perde (a la coperta; clam] 211 infine alla morte (Intorno al die de la morte; circa diem mortis] 216 ««isolamento (conoscimento; notitia] xxvni,100 sanca (sana) L'affinità di La Nf Rd ( = y) è confermata da molte varianti caratteristiche, come quelle comprese nella (Tav.5) I,13 ignoranza (arroganza) II,15 om- m istudio 111,8 disfare (abattere) 9 erano (pareano) vii,3 om. uomo ix,2 portava (usava) xin,7 fosse detto (fosse fatto) xix,13 andava (si portava) 14 La se lavesse aperto non sarebbe morto perke se ne sarebbe guardato Nf Rd selli lavesse letta non sarebbe morto ke si ne sarebbe guardato (se l'avesse letta sì si ne sarebbe guardato) xx,18 a la volontà ne a la malitia (a la volontà) 51 si fa (si tenta di fare) xxin,6 vicio (viso; vultu) xxiv,44 om. fugire 54 altri tempi (a tre tempi; tribus temporibus] 130 per fermo (sicuro) 217-8 contento (corretto) xxvm,54-5 La Rd perche tu sia Nf perche sie (perché tu paie che tu sie) All'interno di y notiamo poi: errori e varianti comuni a La Nf contro Rd: CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 61 (Tav. 6) La Nf Rd + reliqui n,8 om. bene a xvn,i o sempre se per ibidem om. farete xxiv,55 le cose poscia taricorda le cose passate ricorda errori e varianti comuni a La Rd contro Nf: (Tav. 7) La Rd Nl + reliqui 1,12 scienzia sapienza xx,8 (anno buona per fanno per 68 da seguire e da gradire da gradire 75 ardisce ardirà errori e varianti comuni a Nf Rd contro La: (Tav. 8) Nf Rd La + reliqui 1,14 om. ciò 111,4 e che ix,18-9 o vincerolla o morrò o vincitore o vinto xi,io om. sua xv,4 puoi più xxjo lo fatto l'affare 27 78 sono siano xxiv,27 om. a prendere 28 47 in consilglo i consigli Delle varie ipotesi atte a spiegare l'incostanza della costellazione, la più adeguata (e nello stesso tempo la più economica) è quella che considera y collettore di varianti. Si veda, a conferma, il luogo seguente: xxiv,i9i La per amore e cagione dutilita Nf per amare cagione dutilita Rd per amore dutilita (per cagione d'utilità; causa utilitatis}. 5.3.3. Il mss. Ni, frammentario, sembra collegarsi a y 29; infatti presenta un errore della Tav. 3: 27. La lo stato. 28. La a pilliate. 29. Ricordo che anche nello stemma del Novellino stabilito da Favati La e Ni appartengono alla stessa famiglia (cfr. 4.6. e n. 17). Ma c'è, al proposito, un particolare (connesso coi FF) che mi pare sia sfuggito a quanti si sono occupati del 62 STUDIO PRELIMINARE ix,i2-3 conteza (continenza) e due della Tav. 4: vm,28-9 mortalità (immortalità) xxvin,100 sanga (sana). Il codice Rf, pure frammentario, ha due errori della Tav. 3 : xxvi,15 om. ingiuria 19-20 om. sodisfece e Notevole poi il seguente locus (cfr. Tav. 5): 111,8 La Nf Rd disfare Rf disfare e abattere (abattere). In conclusione i mss. Ni Rf si situano nell'area stemmatica di Y> senza che sia possibile precisare ulteriormente i loro connotati genealogici. testo del Novellino. In fondo alla e. 4ov del ms. La, al termine dei FF, si leggono le seguenti parole: «Fiori nuovi disse Mavasandro che li principi doveano adorare il filosofo e perciò scese Allesandro del carro adorare il filosofo». Ora, queste poche righe corrispondono, sia pure in forma molto abbreviata, a una novelletta extravagante del codice panciatichiano (la LXXIV), che riporto dall'edizione Biagi (p. 79): «Uno grande maestro lo quale aveva nome Nasimondro disse infra le sue sentenzie che lo principe si dovea adorare il filosafo. Allexandro, trovando questa sentenzia, un giorno essendo elli in su 'n un carro d'oro in grande bondanza di gente, vidde uno filosafo, il quale aveva nome Socrate, andando a piede. Et Allexandro ismontò del carro et adorò lo filosofo sechondo la sentenzia di Nasimondro». Non spetta certo a me trarre conclusioni da questo rilievo; basti quindi l'avervi accennato. Solamente, mi piace ricordare che un analogo episodio, sia pure in diverso contesto, si legge nel Placides et Tytneo, enciclopedia inedita in lingua d'oil composta non oltre il 1303 (data del più antico ms. conosciuto, il codice della biblioteca di Rennes, nr. 593). In uno dei vari exempla che si intrecciano all'esposizione didattica, si narra che Alessandro Magno, durante la celebrazione di un trionfo presso Tebe, riconoscendo Socrate, suo maestro (secondo una diffusa distorsione medievale), in mezzo alla folla degli acclamanti, scese dal carro d'oro e si inginocchiò davanti al filosofo. Ecco le ultime righe dell'episodio (nella lezione del ms. 11107 della Bibliothèque Royale di Bruxelles, ff. ^v-6r): «...quant Socrates oyt que Alixandre venoit la [cioè nella città «qui estoit prouchaine de Thebes»] jl eust grant convoitise de le veoir car jl l'amoit, mais jl ne vouloit pas que Alixandre le cogneust. Si mua son habit [...] et quant il fut avec l'autre peuple et il vist Alixandre, jl eust tei joie qu'il deffulast son visz, si qu'il povoit apertement estre veu. Et Alixandre, qui estoit au char, regarda au travers, si le vit et congneut et si tost comme jl le congneu, maintenant, voiant tout, sans mot dire, saillist a terre et embrassa le philosophe et lui fist moult grant joie, si que tout le peuple en fut esnerveillie». Sul Placides et Tymeo si vedano Ch.-V. Langlois, La vie en France au Moyen Age, ni: La connaissance de la nature et du monde, Paris 1927, pp. 276-334 e C. Segre, Le forme e le tradizioni didattiche, nel Grundriss der romaniscken Literaturen des Mittelalters, voi. vi, 1.1, Heidelberg 1968, p. 140 s. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 63 5.4. La famiglia $ 5.4.1 . Un certo numero di errori comuni (non molti, in verità, ma sufficienti) permette di individuare la famiglia (3, di cui fan parte i mss. Lb Na Nd Ng. (Tav. 9) vi,4 om. bellissimo (pulcherrimum) VI xix, 1 1 om. ove xx,/ iusticia 31 (iniustizia; iniusficie) in om. che le lusinghe (quam adulationem] 118-9 ^ \rase Neuno... anno è erroneamente anticipata tra le righe 113 e 114 145 om. questi nonn è servo (istum non modo servum] xxiv,1 14 om. mentre che '1 tieni (quamàiu possides] 192 tanto li piacerae quanto li sera (tanto piacerà quanto sera; tamdiu placebit quamdiu... fuerit] 226 il tempo (col tempo; cum tempore] xxv,4o avere (patire; ferre) - om. che tu sie. 5.4.2.1! codice Nd però non partecipa dei seguenti errori comuni a Lb Na Ng (che formano pertanto il sottogruppo ^). (Tav. io) xv,7 anche uno orno ti sarà troppo compagno 32 (A neun uomo ti fare troppo compagno; Nemini te nimis sodalem feceris] xvn, 16-7 om. mangiare (pascere] xx, 126-7 om- di vivere lungamente (se diu victurum] 173-4 costringe (costringere; cohibere] xxi,8 Lb Na ma non Ng me non (mano; manus] 23 che (èe) xxiv,65 om. utili (utiles] ibidem cortesie (cortesi) xxv, 1 8 om. reo (malum] xxvni, 100 che sana (che fiata; spirans] 5.4.3. 1 mss. Lb Na hanno poi un comune ascendente ( — 0), come mostrano gli errori della 30. Lb lacunoso. 31. L'errore è anche in La. T,Z. Lb lacunoso. 64 STUDIO PRELIMINARE (Tav. n) xx,1 6 prega (piega; frangitur] 49 a la (e la) xxiv,24 om. Seneca 68 odiato selli e odiato (odiato) 84 cagione (cagiono) 118 om. d'amici 229 una Iva bastan (una selva basta a) om. diritto 33. vii,26 5.4.4. A fianco di Ng si pongono E e Ne, ma i rapporti fra i tre codici non sono perspicui. Notiamo innanzi tutto che Ne ha tutti gli errori della Tav. 9, tranne il secondo, il settimo, l'ottavo e il nono (loci in cui è lacunoso) e solo il primo errore della Tav. io, essendo lacunoso in tutti gli altri casi; invece in E ritroviamo gli errori secondo terzo quinto settimo ottavo decimo e undecimo della Tav. 9 e gli errori terzo settimo ottavo e nono della Tav. io, mentre per tutti i rimanenti loci le lacune 34 non permettono di operare riscontri. Si consideri ora la (Tav. 12) E Ne Ng om. l'avere Ne Ng om. e recavano 35 Ne Ng uscita (E et reliqui volava) E Ne Ng in questa notte (questa notte) E Ne mi provero (Ng et reliqui mi proverà) Ne Ng ne in piccola vita de luomo ne in piccolo tempo che luomo faccia buone operazione non potemo (Ng potemmo) giudicare de la sua fine luomo savio e (Ne si e) cosa ottima iochundissima e dilettabilissima luomo savio e vertudioso (Ng vertuoso) non si muove e non si turba per chosa contraria tenporale chelgli possa avenire per ciò che già non sarebbe savio se elli si chonturbasse (è un'interpolazione e manca in E et reliqui) E Ne donna vedova (Ng et reliqui vedova) E Ne si rimarito mai (Ng et reliqui si rimaritò) E Ne Ng om. non tremante. io ix,18 ibidem x,27 xvin,3 ibidem 33. In Na una mano posteriore ha aggiunto iusticia, che è anche lezione di La. 34. Il ms. E, malgrado sia stato inserito, all'inizio di questo capitolo, tra i codici 'poco lacunosi', si caratterizza per le frequenti omissioni di frasi intere nel corso di tutto il testo. 35. E lacunoso. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI £5 Come per y si potrebbe pensare a un ms. TQ, comune ascendente di E Ne Ng, dotato di un piccolo numero di varianti interlineari e marginali. 5.4.5. Si da poi il caso che E Ne Ng, ora tutti e tre, ora singolarmente, presentino errori e lezioni di y o di alcuni mss. che da questo codice perduto discendono. (Tav. 13) xu,14 E La de li amici (de li amanti; amancium] xm,7 Y Ne fosse detto (fosse fatto; egissent] io-1 y E una bella bugia (una molto bella bugia) 12 Y "O luomo (un uomo) ibidem Y Ne la femmina (una femina) xiv,i3-5 Y E Ne Ni om. l'intera frase* xix,14 E avesse aperta e letta La avesse aperte (avesse letta; legisset} 11 xxin,6 Y Ng vicio (viso; vultu) xxiv,12 Y la E a la (questa sua) 54 Y E altri tempi (a tre tempi; tribus temporibus] xxvi,8 E Rf alla mia tornata 38 (quand'io reddirò) 23-4 E fece aprire la sepoltura sua e La Rd fecelo disotterare cioè fecie chavare la sepoltura sua (La om. sua) e Rf fece ciercare la sepoltura sua e (fecelo disepellire). La Tav. 13, mentre rivela una contaminazione sia pure sporadica tra y ed TI, conferma indirettamente nell'ipotesi che questi interposti perduti fossero, magari in modeste proporzioni, delle editiones variorum. 5.4.6. Ritorniamo al ms. Nd. La Tav. io porta alla conclusione che Nd derivi da 3 indipendentemente dagli altri codici. Si osservi però che Nd presenta alcuni errori e varianti in comune con rj o con E. 36. Ni omette anche la frase precedente. In quanto omissione di frase intera, l'errore può essere poligenetico (cfr. specialmente H. Frankel, Testo critico e critica del testo, Firenze 1969, p. 74). 37. Potrebbe essere errore di perseveranza, e dunque facilmente poligenetico, dato che nella riga precedente ricorre la parola aperta («una lettera... suggellata e non aperta»). 38. Nb Rb quandio tornerò Ng quando sarò tornato. 66 STUDIO PRELIMINARE (Tav. 14) xn,15-6 E Nel Ng folleggiare 39 (favoleggiare) xvi,2-3 E Nd om. Stazio... sentenza 40 xvn,2-3 E Nd queste sentenze (molte buone sentenze) xx,48-9 E Nd om. Pesante... grandezza tua 99 E Nd pregare (pregati) xxiv,98-9 E Nd om. e chi... grazia 41 2_5i E Nd om. tuttavia 42 Nessuno di questi errori regge a una seria critica e anche i casi più notevoli (secondo quarto sesto) sono in realtà omissioni di frasi intere e, come tali, praticamente sprovvisti di valore significativo. In particolare, il quarto errore può essere considerato un saut du méme au mème. Infatti in quella zona del testo Rd altera l'ordine delle frasi: dopo la massima «Ottima cosa è la mediocrità nel vestire» (righe 39-40) Nd scrive la sentenza «La boce... allegrezza» (44-7), cui fa seguire le linee 41-3 del nostro testo; ma la lezione della massima contenuta in queste ultime righe è sensibilmente mutata; fra l'altro essa termina con le parole «de pompa e de grandigia», invece di «è segno di legier testa». Ecco che allora l'omissione della frase alle righe 48-9, che in Nd dovevano seguire le righe 41-3, si può spiegare come un salto da «grandigia» a «grandezza (tua)». Ma anche tralasciando questo caso particolare 43, sarebbe imprudente ravvisare una contaminazione fra Nd ed E, perché, secondo il settimo articolo del dodecalogo pasqualiano, le lacune di norma non si trasmettono per via orizzontale. 5.4.7. Non agevole appare la collocazione di Nh, per mancanza di elementi direttivi. L'omissione delle lezioni bellissi- 39. Ne lacunoso. 40. Ne lacunoso. 41. Ne lacunoso. 42. Ne lacunoso. 43. Ma si osservi ancora che in xvn,2-3 può avere influito, sui due copisti indipendentemente, la familiarità della frase-tipo che il volgarizzatore adopera come cerniera tra la vita e i fiori dei personaggi. Cfr. xn,9, xiv,7, xxm,2-3 «e disse queste sentenze»; xvi,3 «e disse questa sentenza»; xv,2-3 «e scrisse queste sentenze» (ma si trova anche l'altra formula: xi,3 «disse di molte buone sentenze»; xxix,4 «disse buone sentenze» ecc.). CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 67 mo (vi,4, cfr. Tav. 9) e mangiare (xvii,i6-7, cfr. Tav. io) sembra far concludere che esso derivi, in parallelo con £, da un comune ascendente 8, mentre l'omissione della frase «Stazio... sentenza» (xvi,2-3), che si riscontra anche in E Nd (cfr. Tav. 14), non ha carattere congiuntivo per i motivi esposti pocanzi. 5.5.1 manoscritti contaminati Nb Rb 5.5.1.1 mss. Nb Rb procedono senz'altro da uno stesso interposto perduto ( = E), come dimostra la (Tav. 15) x,23 Al buono uomo (Nb om. uomo) non sapartiene fa­ re villania ( II buon uomo non sa patire né fare villa­ nia; Viri boni est nescire pati vel facere iniuriam} xx,3-4 om. e del dittare 61 arghomenti (officii; officiis) 85 om, évi Dio xxiv,62 om. di vendetta (vindicte] in om. e servigio 263 om. care xxviu,47 om. e non volle parlare 73 sepultura (solennità) 87 contenta (contenente) 93 om. bocca grandissima xxix,3-4 om. de' Cristiani 5.5.2.La stretta affinità di Nb Rb è l'unica caratteristica genealogica che si possa predicare con certezza dei due mss. La loro collocazione stemmatica è invece complicata da una serie abbondante di contaminazioni multiple. L'omissione, in entrambi i codici, della lezione bellissimo (vi,4) li colloca nell'area di 3 (cfr. Tav. 9), mentre l'omissione di mangiare (xvn, 16-7) li imparenta a 8 (cfr. Tav. io); d'altra parte si consideri il luogo seguente: xxv,24 La Nf perseverare 44 Nb Rb si persevera 45 (si per­ suade) anche se l'errore non è perfettamente identico, è difficile pensare all'intervento del caso. 44. Rd lacunoso. 45. Anche Nd ha si persuade. 68 STUDIO PRELIMINARE Ma anche individualmente Nb e Rb presentano errori di altri mss. Infatti Rb ha un errore in comune con y: xxj8 om. cagiono uno in comune col solo La: xx,ii4 om. cuminciare ad uno in comune con (3 : xx,io7 amare (amonire) Esaminando i tre casi da vicino, si osserva che: nel terzo è facile la trivializzazione poligenetica (amdire letto amare per caduta del titulus e agglutinazione di oi in a); nel secondo può aver operato in entrambi i copisti un'anticipazione della lezione successiva, dato che il contesto è il seguente: «Dobianci guardare di non cuminciare ad amare troppo tosto e di non amare né tosto né tardi quelli che non ne son degni»; nel primo caso Rb presenta in realtà una finestra e quindi è probabile che lo scriba non avesse potuto leggere la lezione del suo modello. Più delicata la situazione di Nb. Esso infatti presenta: un errore in comune con oc (ma Rb è lacunoso): xxvi,i^ om. ingiuria due con La: xvn,9 tanto (Caro) 46 xx,79 una volontà (una volta; semel] Particolarmente significativo quest'ultimo caso: Nb scrive dapprima la lezione autentica volta, poi cancella la parola con un tratto di penna e scrive di seguito volontà. Mi sembra si possa dedurre che sia stato Nb a contaminare da La e non viceversa 47. Ma abbiamo ancora: un errore in comune con p: xix,ii om. ove 46. C'è una vaghissima possibilità di giustificazione paleografica: Caio scambiato per tanto, se l'uncino superiore della C si stacca alquanto dalla base e sovrasta almeno parzialmente la a. 47. S'intende che l'ipotesi contraria («La ha contaminato da Nb») andrebbe in realtà formulata: «La ha contaminato da un ascendente di Nb», data l'età dei due mss. (La è del sec.xiv in., mentre Nb è del sec. xiv ex.). CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 69 e due con Ne: 1,3 amo (Samo) xxiv,27 volesse fare 48 (volesse) Vi sono poi quattro casi molto notevoli: 1)xix,3-4 Na sogogava poi, dopo raschiatura, segnoregava Nb sengnoreggiava (sugiugava) Sembra doversi dedurre che Na contamina, sia pure in quest'unico caso, da Nb, o meglio da un suo ascendente. 2)xix,n-2 Nb una lettera li fue trovata data Nd una lettera gli fu trovata (una lettera li fue data; date sunt ei Uttere] Parrebbe legittimo concludere che è stato Nb a contaminare da Nd e non viceversa; ma il fatto che subito dopo si legga: «la quale (sdì. la lettera) li fue trovata», insinua il dubbio e suggerisce un'altra spiegazione: Nb e Nd scrivono indipendentemente l'uno dall'altro trovata, con evidente anticipazione della lezione successiva, ma Nb si accorge immediatamente dell'errore e scrive di seguito la lezione corretta, scordandosi poi di espungere quella errata. 3) xx,89 Nb cose immolane Nd cose divine e mondane e umane (cose divine e umane; divinar-um bumanarumque rerum} II caso è l'inverso del precedente: la contaminazione sembra aver agito da Nb verso Nd e non viceversa; combinando insieme i due fenomeni, poi, si potrebbe addirittura parlare di contaminazione incrociata, secondo la terminologia di Cesare Segre 49. Ma la presenza, alla riga 87, delle parole cose mondane ci riporta a una fattispecie analoga 50 a quella del caso precedente e pertanto non consente illazioni sicure. 4) xxvi,19 Nb lo fatto e le vicende Ng lo fatto (la vicenda) Qui non ci son dubbi: Nb ha collazionato Ng. 48. Così anche Rd. 49. C. Segre, Appunti sul problema delle contaminazioni nei testi in prosa, in SPCT, p. 68. 50. Analoga e non identica, perché l'errore del caso 3 è dovuto -il fenomeno della perseveranza. STUDIO PRELIMINARE In conclusione si può dire che Nb è andato soggetto a una contaminazione plurima, pur se non molto insistita, mentre resta problematica la collocazione di E, cioè del comune ascendente di Nb Rb. La soluzione più corretta — e nello stesso tempo più prudente - mi sembra consista nel vedere in E un derivato di 8, in parallelo con t, e Nh (ne fan fede le omissioni riportate in questo paragrafo subito dopo la Tav. 15); ad una contaminazione tra E e y attribuirei invece gli errori comuni a questi sottogruppi e la correzione, in E, dei rimanenti errori di (3 e 8. 5.6. Codici frammentare o di filiazione incerta 5.6.1. Frammentarietà, rielaborazioni, scarsezza di elementi direttivi impediscono invece una convincente classificazione dei restanti manoscritti, il cui contributo alla constitutio textus dei FF è, peraltro, praticamente nullo. Il ms. NI contiene solamente i detti di Secondo (xxvm,59fine), con il seguente incipit: «Troiano domanda a Sechondo filosofo Che e il mondo ecc.». In Nm le definizioni di Secondo, incluse in un repertorio di decti di savi (Seneca, sant'Agostino, san Gregorio ecc.), così iniziano: «Uno savio filosafo per uno peccato il quale egli comisse si si diede in penitentia di non favellare mai et cosi octenne et fu al tempo dadriano imperadore il quale imperadore lo prego poi che nollo potè fare favellare che gli rispondesse per iscripta a certe quistioni le quali sono proposte qui apresso et cosi disse dimmi che e il mondo ecc.». Il ms. O abbrevia notevolmente il primo dei due aneddoti relativi a Secondo, avendo cura soprattutto di eliminare particolari probabilmente ritenuti scabrosi e limitandosi a riferire che il filosofo «per nuovo modo provo la madre sua e trovo chella non era casta». Re contiene, oltre ad un preambolo che offre una curiosa cornice al frammento (le sentenze sarebbero tutte risposte di Secondo ad altrettante domande rivoltegli dagli altri filosofi), un testo caotico corrispondente ai seguenti passi dei FF (nell'ordine di Re): xxvm,59-82, 85-8, 91-8; vili,32-5; xx, 142; xvi,4-5; xx,24; xxiv,i2i; x,24-5; ¥11,34-5; xxiv,74; CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 71 xxv,5-6; xxiv,220; vii,31-2; x,4-5; xx,157-8; xxi,2o-i; vii, 36; xx,111-3. I mss. Rg e Ri contengono l'intero cap.xxvm dei FF; la parte aneddotica, a differenza di quella gnomica, è in entrambi liberamente rielaborata. Rh invece reca esclusivamente i detti di Secondo, che seguono, senza soluzione di continuità, il testo del Sidrach, anch'esso fondato su domande e risposte. II ms. Va possiede il solo cap. xxvni, mentre Vb contiene, oltre al cap. su Secondo, anche quello su Origene (il xxix). I codici Le e Ra sono invece testimoni poco lacunosi 5l ma pressoché inutilizzabili, perché riportano una sorta di rifacimento maldestro dei FF (l'apparato ne farà fede) 52. 5.6.2.Fra tutti questi mss., l'unico che presenti elementi sufficienti a determinarne una sia pur generica collocazione stemmatica è Rh, in virtù di un errore flagrante che esso possiede in comune con Nb Rb: xxvni,73 segno di sepultura (segno di solennità) e che ci permette pertanto di collocare il codice nell'area di e. 5.6.3. Altri errori presenti in questi manoscritti individuano sì qualche legame, ma non permettono assolutamente di definire un quadro coerente di rapporti stemmatici. Abbiamo così: un errore comune a NI Re Rh: xxvui,69-7o NI dividitore della notte Re guidatore della notte Rh dividitore della notte et dellore tutto tempo (dividitore dell'ore) 51. Contengono 26 capitoli su 29, in una successione loro propria, cioè: x, xx, xxi, xxiv, iv, v, vii, vili, xv (agglutinato al precedente), xvi, i, n, in, vi, ix, XI, XIII, XIV, XVII, XIX, XXIII, XXV, XXVI, XXVII, XXVIII, XXIX. 52. Noto che Le Ra presentano un testo quasi identico, se non che in entrambi si trova una minuscola serie di errori individuali (leggibili nell'apparato). Dato che: i) gli errori di Le non sono separativi nei confronti di Ra; 2) gli errori di Ra non sono separativi nei confronti di Le; 3) Le e Ra risalgono entrambi al sec. xv, ma non è possibile precisare quale sia stato scritto per primo; non resta altra soluzione che considerarli derivati da un comune ascendente. In ogni modo, il gemellaggio è tale che nell'apparato, alle sigle Le Ra seguirà, nella quasi totalità dei casi, la medesima variante. STUDIO PRELIMINARE un errore comune a y Lb Le Nb Nd Ni NI Nm O Ra Rf Rh Ri Va: xxvin,! io san?a (sana) uno a fr NI O: xxviii,iio sana (fiata) uno a y Le Nd Ni Nm Ra Va: xxvin,109 imagine (magione) uno a La O Rh Ri: xxviii,!22 nobile (mobile) uno a E La Ni Rg Rh: xxviii,i3O om. Che è... guadagnare uno a £ Nd Re Rg Ri: xxvnijS/ contenta (contenente) unoaLcRaRfRgVb: xxvni,12 avea udito leggere (avea udito) uno a E Lb Le Na Nd Ne O Ra Ri Vb: xxvm,54-j> om. che tu sic uno a O Rf Ri Va: xxviii,! 13 guardia (guide) uno a O Rf: xxviii,! 19 malizia (milza) e qualche altro del genere. Quand'anche tutti questi errori fossero certamente significativi (il che non è: vi sono infatti casi di probabili perseveranze, aplografie, omissioni di frasi intere ecc.), il complesso dei dati non appare razionalizzabile e i manoscritti non trovano quindi posto nello stemma. 5.7. L'archetipo, la tradizione esterna e lo stemma 5.7.i.L'esistenza dell'archetipo nella tradizione dei FF è provata da un esiguo numero di luoghi corrotti. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 73 1)x,i9 ERb non cede La contende Na non (.)ede Nb non concede Ne Nf Rd conchiede Nel non ode Ne Nh non crede Ng non chiede Rf non intende 53. La lezione autentica si legge nel solo Nb, che avrà senz'altro corretto ex ingenio (il contesto è il seguente: «Chi garrendo adomanda e chi risponde e non concede il diritto follemente ragiona»; cfr. la fonte latina: «Qui litigatorie interrogai, prave disputai et qui in respondendo non concedit quod videtur»). 2) xii,5 LaNfRd Iodi Na Godo Ne Toda Nd Ng Todo Rb Rodo 54 In questo caso è Rb a congetturare felicemente (cfr. la fonte latina: Menedemus ex Rodo}. 3)xxiv,2j)O Tutti i mss. 55, tranne Rb, omettono la parola mor­ te È il tipico errore congiuntivo ma non separativo, visto che il contesto stesso suggerisce a uno scriba un po' avvertito la parola da reintegrare: «Non si turba il savio di perdere figliuoli o amici; con quello animo passa la loro morte con ch'elli astetta la sua» (cfr. la fonte latina: «Non affligitur sapiens liberorum amissione, non amicorum; eodem enim animo fert illorum mortem quo suam expectat»). 4)xvii,io E om. La regnasse Lb Na Ne Ng Rd rinasce Nb re nasce Nd nasce Ni rimase Rf nascie re ^ In questo luogo sono Nb e Rf ad emendare ex ingenio (cfr. i FH: qui rex nascitur). Confermano l'archetipo: l'omissione del titolo del primo capitolo in tutti i manoscritti, tranne che in Nh 57; l'esistenza di una tradizione esterna allo stemma ( = y), che mi accingo a documentare. 53. Lb lacunoso. 54. Il ms. E ha una frase totalmente diversa; gli altri codici sono lacunosi. 55. Rd lacunoso. 56.1 rimanenti codici sono lacunosi. 57. E in LcRa, che però, come s'è già detto, rappresentano una specie di rima- 74 STUDIO PRELIMINARE 5.7.2. Come s'è già detto nelle pagine di quest'introduzione che trattano delle fonti dei FF (cfr. 3.3.), il cap. xxvi costituisce un caso di eccezionale interesse. Mentre nella maggioranza dei codici il testo termina con le parole «e pianse di pietade troppo pietosamente», i mss. E La Ng Rf protraggono l'exemplum riferendo la vicenda della liberazione dell'anima di Traiano dalle pene infernali per l'intercessione di san Gregorio 58. Dato che la narrazione deve ritenersi originale, non si tratta evidentemente di un'interpolaziene operata da E La Ng Rf, bensì di una lacuna dei rimanenti testimoni. Ecco dunque un delicato problema di ecdotica, aggravato dal fatto che i quattro codici recano sostanzialmente tre lezioni difformi (come già notato, solo E Ng hanno, con poche varianti, la stessa redazione). In prima istanza parrebbe legittimo formulare la seguente ipotesi stemmatica: i codici lacunosi si raggruppano in un'unica famiglia, a cui si contrappongono, variamente costellati, gli altri manoscritti. Ad es.: La Rf codia lacunosi Ma questo stemma è in aperta contraddizione con tutta l'analisi testuale sin qui condotta; in particolare, La Rf da un lato ed E Ng dall'altro si inseriscono nelle due famiglie a e $ in virtù di errori comuni, fra cui molte lacune. Come conseguenza di questi dati, occorrerebbe ipotizzare, nello stemma qui disegnato, tutta una serie di contaminazioni tra le famineggiamento del testo dei FF (fra l'altro il primo capitolo in questi codici è spostato all'undicesimo posto). 58. In verità anche i mss. Le Ra contengono questa continua2Ìone, ma non mi pare grave danno il trascurarli, sia per quanto osservato ripetutamente su di essi, sia perché la loro 'redazione' si riduce alla condensatissima frase seguente: «et prego idio per lui et fu exualdito». CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI glie x1 , x2, e x3 (queste ultime due relazionate fra di loro) e le sottofamiglie di x4; e in questo caso la trasmissione orizzontale sarebbe responsabile del trasferimento di numerose lacune da un ramo all'altro della tradizione, il che contrasta palesemente con la già ricordata affermazione di Pasquali (a buon diritto ritenuta fondamentale anche dalla filologia più recente 09). È ben vero che troppa rigidità non è mai auspicabile nell'esame di processi storici, ma cadere nell'eccesso opposto mi sembra di gran lunga più pericoloso. Converrà quindi non già sottrarre ai loro legittimi raggruppamenti i quattro manoscritti in questione, ma supporre più verosimilmente che essi abbiano desunto la continuazione del capitolo da una o più tradizioni esterne all'archetipo; l'ipotesi di contaminazione è in certo modo favorita dalla macroscopicità dell'evento e dalla «possibilità che qualche contaminazione, specialmente se appartenga ad epoca abbastanza alta, costituisca l'ultima traccia di rivoli della tradizione testuale subito disseccatisi» 60. È invece impossibile precisare se i tre testimoni, La Rf e TJ ( = E Ng), abbiano attinto a tre tradizioni differenti fra di loro oppure a un'unica tradizione, magari ricca di varianti oppure corrotta al punto da promuovere vistosi ritocchi e interventi diortotici da parte dei singoli copisti dei codici contaminati. L'esistenza di tradizioni plurime non è certo da scartare a priori (l'ipotesi più economica è, per l'appunto, un'ipotesi, non un dogma), ma, visto anche che la contaminazione è spesso l'anticamera del rifacimento, l'ipotesi di una sola tradizione esterna ha qualche probabilità in più di essere verisimile. 5.7.3. Quanto s'è venuto sin qui discutendo giustifica pertanto il seguente stemma codicum (le *y' poste in apice a TQ, La e Rf indicano contaminazione con la tradizione esterna): 59. Cfr. le opere di Avalle e di del Monte citate alla n. i, rispettivamente alle pp. 80-1 e 88-9. 60. Alla p. 67 dell'articolo di Cesare Segre citato nella n. 49. STUDIO PRELIMINARE Originale Rf* Ni Nf Rd \ Nb Rb \ \ Nd Nh Na Lb E Ne Ng La posizione di Nb è più complessa e, per non appesantire lo stemma, richiede una rappresentazione a parte: Ne La Nd Nb -Ng 5.8. Validità dello stemma 5.8.1. L'esame degli errori comuni ha condotto ad una rappresentazione stemmatica dove hanno posto i rapporti genealogici primari e la maggior parte di quelli secondari (la tradizione anomala). Eccedono infatti dalle precedenti analisi ecdotiche alcuni indizi - lezioni varianti, per lo più - che, fatta salva talora la possibilità di innovazioni poligenetiche, sembrano perturbare certuni sistemi costellativi individuati. Uno dei casi più notevoli è il seguente: CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 77 1) xx,8o-i y T) fr Nb Giurare falso non è spergiuro ma chi giura centra la coscienza dellanimo suo Ne Nd Rb Giurare falso non e spergiuro ma chi giura contra la sentenza dellanimo suo e si veda la fonte: «Non falsum jurare perjurare est; sed quod ex animi tiri sentendo, juraveris, sicut verbis concipitur more nostro id non facere perjurum est». Ma anche il caso successivo è particolarmente problematico: 2)xxvi,2o d E Ne salio La Nb Nd Ng Rd Rf salio a cavallo 61 e si noti che anche Re, descriptus di Ne, ha salio a cavallo. Ma veniamo all'elenco, ove possibile commentato, di tutti quei loci che possono presentare difficoltà stemmatiche: 3)1,10 La Lb Nf Nh Rd fue adomandato (adomandato 62; interrogatus] La variante, non scorretta, è probabilmente poligenetica. 4)11,8 LaNdNh per non vedere (perché non volea vedere) Questa lezione è addirittura più vicina alla fonte (ne videret), ma, anche a prescindere da considerazioni stemmatiche, la variante perché non volea vedere è potior per ragioni di interpretatio; cfr. 9-10 perché non potea guardare, 11 per ciò ch'avea trovata. 5) 111,9 T Nd Ne Rf erano (pareano 6Ì; apparebant) Potrebbe essere errore di perseveranza; cfr. 7-8 «suoi palascii e sue torri Rierano in Campidoglio». 6)vn,3-4 La Nh Rb Rf e avea il volto (el volto) Non mi pare un caso significativo: siamo in una descrizione e Pinterpolaziene di e avea rende la lezione più facile, in quanto elimina una serie di accusativi di relazione. 7) vu,6 La Nf Nh contendevano insieme (contendevano) La fonte ha: «(cum) inter se jurgarentur»; da notare però 61.1 rimanenti codici sono lacunosi. 62. Nb adomando Rb essendo adomandato. 63. Ne poteano. 78 STUDIO PRELIMINARE che la correttezza del testo non è per nulla affettata dalla presenza o dall'assenza della lezione insieme. 8)vn,i4 La Nd Rf om. in capo Qui si tratta di omissione, che peraltro non pregiudica la correttezza del testo: «sì che di pochi capelluzzi ch'egli avea no li ne rimase uno in capo». 9)viu,5 La a le labra sue Nh nelle suie labbra Rf traile suie labbra (a le labra del fanciullo) Anche qui le lezioni concorrenti sono tutte corrette. 10)x,8 E La Ne Nh Rd Molti sono quelli che secondo virtude non fanno (Molti quello ch'è secondo virtude non fanno; Multi hec quidem que secundum virtutes sunt non iaciunt] Come sopra. n)x,9 Na Ne Rb ragionare (ragione; rationem] Come sopra. 12)x,i3 E Nd Rf segno a TI Na Nh senno 64 Situazione imbarazzante: sebbene nella fonte si legga: «Facile quidem diverti a signo, difficile autem invenire», non mi sembra che si possa astrattamente privilegiare nessuna delle due varianti: «Legieri cosa è partirsi dal senno/segno e malagevole cosa è trovarlo». 13)x,21-2 Nd parlare Nf Rd di parlare Nh di parlare male (quando parliamo) Potrebbe essere considerato un errore poligenetico, in base al seguente ragionamento: il testo latino ha: «Numquam verecundiores esse debemus, quam cum de diis agitur»; l'autore dei FF traduce in modo impreciso, falsando soprattutto il senso dell'avverbio temporale numquam: «Di neuna cosa ci dobiamo più vergognare che quando parliamo di Dio». Il testo allora si presenta in certo senso difficilior, così da indurre alcuni copisti a trivializzarlo, instaurando un parallelismo sintattico inautentico: «Di neuna cosa... che di parlare...». 64. Lb lacunoso. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI 79 14)x,26-7 E Na Ne Nh Dei vostri nemici cercate e prendete vendetta dentro a vostra magione v g Ng Dei nostri nemici cercare e prendere vendetta (La vendetta dovemo) dentro a nostra magione 65. La fonte latina: «Adversum inimicos... intra parietes nostros victoria querenda est». Nessun commento. 15)xin,6 E Na Nd Ne un die La un giorno NcNfNgRd om.^. L'espansione temporale manca anche nel testo latino, però si consideri quanto segue. La fonte reca: «Hic Papirius cum esset puer, cum patre suo in curiam iverat. Illum revertentem percunctari cepit mater quid in senatu egissent Patres». L'autore dei FF traduce: «Questo Papirio, essendo garzone, andava sovente col padre al consiglio. E la madre il domandò un die che nel consiglio fosse fatto». Come si vede, ali1'iverat latino, che denota un'azione passata non iterativa, il volgarizzatore sostituisce l'idea di un'azione abituale (andava sovente] e dunque, per circostanziare successivamente il racconto, è in certo modo costretto a introdurre l'espressione temporale un die. Di conseguenza è più probabile che l'errore sia d'omissione e non d'interpolazione, mentre La può aver corretto dalla tradizione esterna. 16)xui,22 Na Nd la follia de lardire (la follia e l'ardire) La variante, in verità, non è di gran rilievo. 17) xvn,18 E Na Nb Nd Ng 67 domando anche y Nh Rb disse La fonte ha: (cum) dixisset, ma entrambe le varianti sono formalmente corrette. 18)xx,i67 y Nd om. a utilità Da notare che l'omissione non pregiudica la correttezza formale del testo: «L'amistade, se la rechiamo a nostro frutto e non a utilità di colui cu' noi amiamo...». 65.1 rimanenti codici sono lacunosi. 66. Come la n. precedente. 67. Ne anche Ne muta la frase. 8o STUDIO PRELIMINARE 19) xxiv,8-9 Y Lb Nd ferito a morte (fedito quasi a morte) Nessun commento. 20)xxiv,25i E Nd om. tuttavia L'omissione non lede il testo. 21 ) xxiv,2^3 La Nb Nd Nf Ng Rb che sa che (Nb Ng om. che) ciò che avenuto (che sa che ciò è avenuto; sciet enim id accidisse] È un caso di perseveranza. 22)xxv,3 E La Lb om. piuvica 68. Nessun commento. 23)xxvi,4 La Lb Nd Rd om. vedova Anche in questo caso l'omissione non compromette la correttezza del testo. 24)xxvn,9 E si dae La Lb Ne Ng Rd si dee Na Nb Ni si dee dare 69 Nd si dee tenere Rf si conviene La fonte ha solo debetur. 5.8.2.1 casi sopra esaminati, pur nei limiti della loro efficacia probatoria, ispirano una certa perplessità nei confronti dello stemma codicum, non perché lo neghino, sollecitando differenti rappresentazioni genealogiche, ma perché inducono il sospetto dell'esistenza di non ben caratterizzabili attività di collazione che finiscono col pregiudicare gli esiti dell'examinatio. Comunque lo stemma non va modificato, perché, almeno nella grande maggioranza dei casi (e dunque statisticamente parlando), mantiene il suo duplice carattere operativo di schema della tradizione e canone per la costituzione del testo. A conferma sia consentito addurre come esempio un luogo particolarmente fitto di errori e varianti. xvn,15-7 (Cato fue dimandato che bisognasse a la famiglia. Quelli rispuose: In prima ben mangiare) E secondo fare bene terzo vestire quarto lavorare La e poscia bene bere e poi ben vestire e poi bene lavorare 68. Na ruoca Ng iuuka. 69. In Na dare è aggiunto nell'interlinea. CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI gì Na secondo assai bene 70 terzo assai vestire quarto laborare Nb secondo vestire terco lavorare Ne Nd secondo assai bene mangiare terzo vestire quarto lavorare Ne secondo assai bene terzo vestimento quarto la­ vorare Nf e poscia bene mangiare vestire quarto lavorare Ng secondo assai bene tercio vestire quarto lavo­ rare Nh secondo ben bere terzo assai vestire quarto la­ vorare Rb secondo assai ben terzo vestire quarto lavorare Rd e poscia ben vestire quarto lavorare 71 La lezione autentica è quella di Ne Nd (cfr. anche la fonte: «Hic cum ab eo quereretur, quid maxime expediret in re familiari, respondit: «Bene pascere». Quid secundum? «Satis bene pascere». Quid tertium? «Vestire». Quid quartum? «Arare»). Tale lezione si trovava ovviamente in x. Cerchiamo ora di ricostruire ipoteticamente il processo di tradizione. a = x Ne = a = x y muta secondo e terzo con e poscia, e poi, omette assai e aggiunge bene a vestire, per analogia con bene mangiare; risultato: "«e poscia bene mangiare e poi ben vestire quarto lavorare» La ritiene strana la ripetizione di mangiare e sostituisce il verbo con bere; per analogia aggiunge bene a lavorare e per lo stesso motivo ripete e poi Nf omette e poi ben Rd omette, per omeoteleuto, mangiare e poi ben 3 = a = x Nd = 3 = a = x 8, come La, ritiene strana la ripetizione di mangiare e di conseguenza omette la parola; risultato: * «secondo assai bene terzo vestire quarto lavorare» s = 5 Nb capisce che il testo è corrotto e rimedia come può: o- 70. In Na bene, poi corretto in bere. ji.I restanti codici sono lacunosi. 82 STUDIO PRELIMINARE mette assai bene terzo, e poi è costretto a mutare quarto in terzo Rb rispetto a e si limita a mutare quarto in quanto E si rende anch'esso conto che il testo è guasto ed emenda sostituendo fare ad assai Ne muta solo vestire in vestimento Ng - TI - ? = 5 Raggiunge ^Jtì/ a vestire, per perseveranza; risultato: *«secondo assai bene terzo assai vestire quarto laborare» Na = $, ma (cfr. la nota 70) in un secondo tempo un correttore muta bene in bere, o ex ingenio o collazionando un altro codice, p. es. La Nh aggiunge bere e sposta assai. 5.8.3 . Malgrado i limiti riconosciuti, lo stemma permette in conclusione la restituzione del testo in base alla legge della maggioranza. Tuttavia esistono in generale due serie di casi dubbi: a) quando la variante di una famiglia (poniamo (3) concorda con quella di un sottogruppo dell'altra famiglia contaminato con il primo ramo (p. es. y), tale variante non gode automaticamente delle maggiori probabilità, perché può essersi introdotta (ad es. da T) in y) per collazione e di conseguenza py da una parte e a dall'altra potrebbero addirittura avere uguale valore stemmatico; b)una variante di uno o più manoscritti contaminati con la tradizione esterna può oscillare da un valore minimo (leetio singularis o sottovariante) a un valore massimo (variante adiafora rispetto a x). In molti casi un valido aiuto verrà dalla fonte, già invocata subordinatamente a conforto della recensio, e ora, in virtù del suo carattere di 'pre-archetipo' nei confronti del volgarizzamento '2, chiamata spesso a dirimere questioni di autenticità in caso di varianti adiafore. 72. Cfr. Segre, Volgarizzamenti, p. 44. B.Blakey (The Scribal Process, in Medieval Miscellany... to E. Vinaver, Manchester-New York 1965, p. 26) parlerebbe di 'near-equivalent of an author's manuscript'. Cfr. anche M. Boni, Ricerche di «fonti» e critica testuale, in SPCT, p. 93 ss. VI CRITERI DELL'EDIZIONE ED ESAME LINGUISTICO DEL TESTO 6.i.Premessa Se la constitutto textus dei FF viene effettuata, programmaticamente, nel rispetto dei canoni neo-lachmanniani, resta comunque il problema dell'elezione di un manoscritto-base che garantisca, nei limiti del possibile, l'omogeneità linguistica del testo. La scelta va ovviamente circoscritta ai codici completi: NaNc NgRd (tolto Re, descriptus di Ne); ma essendo Ng e Rd implicati in vicende di contaminazione (cfr. lo stemma), si conclude che l'unica alternativa legittima è quella fra Na e Ne. Cospirano a far preferire Ne due fattori: i )Nc è più antico di Na di alcuni lustri (cfr. le descrizioni dei mss.): esso è anzi codex vetustissimi^ e gode inoltre di una competenza 1 di grado maggiore rispetto a Na; 2)Na, a differenza di Ne, è andato soggetto, sia pure sporadicamente, ad un'attività correttoria che sconfina nella contaminazione (cfr. 5.5.2., il luogo xix,3-4, 5.8.1., il luogo xxvn,9 e 5.8.2., il luogo xvn,15-7). Tuttavia, dato che un recentior non è per ciò stesso deterior (articolo terzo del dodecalogo pasqualiano) e considerato che i casi di cui al punto 2) non sono tali da compromettere l'autorità di Na, l'adozione del manoi.Sul concetto di competenza di un ms. cfr. il saggio cit. di Alberto Vàrvaro alla n. 2 del cap. v (soprattutto p. 96 ss.). STUDIO PRELIMINARE scritto-base sarà meglio fondata (o corroborata) da altri cri- teri. È quindi opportuno procedere a un esame della coerenza linguistica di ciascuno dei due codici, cioè a una sorta di statistica dei tratti dialettali, nella presunzione che la patina dialettale sovrapposta dal copista non sia coerente e pertanto il maggior numero di fenomeni di una certa zona dialettale possa testimoniare, entro certi limiti, in favore di una maggiore vicinanza a un archetipo (e forse a un originale) redatto in quel dialetto. 6.2. Esame linguistico di Na L'immagine linguistica di Na è estremamente confusa, complicata per giunta dall'origine francese del codice 2. Varnhagen, che basa il suo testo proprio su Na, rinuncia a dare un esame linguistico dell'opera, a causa del carattere provvisorio della sua edizione 3, recensendo la quale Antonio Ive frettolosamente giudicava pisano l'autore dei FF, sul fondamento della forma volta (da vocifa), che sarebbe «proprio dell'antico pisano» 4; fragile base, che volto si trova anche nell'antico senese, lucchese e aretino (si trova infatti in Guittone - cfr. Rohlfs, no - nonché nel Vocabolario di alcune voci aretine di F. Redi, Arezzo 1928, p.156). E mentre ancora Bruno Migliorini 5 giudica «lucchesi o pisane... le versioni... di quei passi dello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais che vanno sotto il nome di Fiori e vita di filosofi», già Alfredo Schiaffini sfumava la questione 6, inserendo l'opera nel novero di 2. Si veda in modo particolare l'accurata dimostrazione paleografico-codicologica di Savj-Lopez (lavoro cit. alla n. 4 del cap. i), corroborata da ulteriori osservazioni di Varnhagen (pp. vii-ix), che nota alcuni gallicismi del tipo contraire invece di contrarie, faire in luogo di fare, qu spesso usato per eh (si possono aggiungere: par invece di per, regione per ragione; mentre potrebbero dipendere da altri motivi corteista per cortesia, nostre per nostro e cose invece di cosa). 3. Varnhagen, p.xxix: «Auf eine Kritik der Sprachformen bin ich mit Ruecksicht auf den provisorischen Charakter meines Textes nicht eingegangen». 4. Ive (art. cit. alla n. 12 del cap. il) p. 5. Così anche T. Casini, nel Grundriss der romanischen Philologie, ed. G. Grbber, il Band, 3 Abteilung, Strassburg 1901, p. 43 («...wahrscheinlicher das Werk eines Anonimo pisano (zwischen 1260 und 1290) ist»). 5. B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze 1960, p. 154. 6. TF, pp. xxxvni-xxxix. ESAME LINGUISTICO «5 quei «testi ragguardevoli, e ora in veste fiorentina (all'ingrosso)», che «possono essere stati dettati originariamente da autori di Lucca o Pisa. Così direi dei Fiori e vita di filosafi. e altri savi e imper-adori, secondo l'edizione Varnhagen (cfr. e acquisteranno valore dal loro insieme: volta... uomeni... beio... traie... ène... sera... abiendo...}». Pur tenendo conto della cautela con cui lo studioso s'era espresso, occorre fare alcune precisazioni. Di volta s'è già detto; la forma uomeni, con passaggio di I atona a e è tipica della Toscana orientale (Arezzo e Cortona), dell'Umbria, di Fabriano e Urbino 7, con sporadici esempi negli altri dialetti toscani (a Firenze solo nel Trecento 8); la forma belo presenta la cosiddetta i estirpatrice di iato, comune a tutti i dialetti toscani 9; la forma traie è del senese e dell'aretino-cortonese, mentre il pisano ha sempre voci di tragere o traggere, il lucchese di traggere e traere, con isolate attestazioni di traie 10; l'epitesi di -ne a voci ossitone e a monosillabi è comune a tutta la Toscana ad eccezione di Firenze 11 (Dante l'adopra solo in rima, cfr. Rohlfs, 336); le forme serò, serai ecc., serei, seresti ecc., sostituite da sarò, sarai ecc., sarei, saresti ecc. a Firenze nell'ultimo quarto del sec. xm, resistono più a lungo in tutti gli altri dialetti della Toscana 12 (e in Ne, datato 1275, si trova ancora serò); abiendo è un comune gerundio col tema rifatto sul presente (come faccendo, vogliendo ecc.). Invero, un esame stratigrafico della lingua di Na ci rivela il sovrapporsi, oscuro nelle modalità storiche, di sistemi dialettali differenti 13. Indubbia la componente toscano-occidentale, direi più lucchese che pisana 14. È un tratto genericamente occidentale: insine invece di insino (o infino) 15. •/. Cfr. NTF, p. 25 e Serianni, pp. 78-82. 8. Cfr. TF, pp. xxvin-xxix. 9. Cfr. TF, pp.xLV-XLVi, NTF, p. 43, Crespo, p. 42. 10. Cfr. NTF, p. 43 e Crespo, p. 36. 11. Cfr. NTF, p. 41 e Durante, p. 249 ss. 12. Cfr. NTF, pp. 114-6. 13. Sui dialetti toscani in genere cfr. (oltre alle grammatiche storiche usuali) Parodi, Dialetti toscani e NTF. 14. Sui dialetti toscano-occidentali si veda l'introduzione di Crespo, con ricca bi­ bliografia. 15. Cfr. NTF, p. 48, TS, pp. 8, 32, 200, Castellani, Miliadusso, p. 131, Limenta- 86 STUDIO PRELIMINARE È comune al pisano, lucchese e pistoiese: ogna per ogne (ogna però compare una sola volta) 16. Sono fenomeni pisano-lucchesi: s per z sorda in isforsavolo 17; u atona per o davanti a /: disàpuli, periculo, populo, seculo, sepultura (alcuni tuttavia potrebbero essere benissimo dei latinismi), ma le voci discipolo, discépoli, dissipalo difficilmente sono del pisano, data l'assoluta regolarità del passaggio o>um quel dialetto 18. È predominante a Pisa, ma non ignoto a Lucca il plurale in -e dei sostantivi e degli aggettivi femminili della seconda classe 19: amistade, arme, coltre, efficace, servente, cui sarà da aggiungere il difettivo nare-, ma in Na sono più numerose le forme in -i: api, genti, mogli, possessioni, principali, sottili, turri, uttilitadi, virtudi ecc. Alcuni tratti, peraltro, ci portano indubbiamente verso Lucca: -o atona finale per -e: disso, fosso, risposso', il fenomeno è, più precisamente, della Garfagnana (Rohlfs, 143 riporta proprio disso per disse); e breve tonica, in sillaba libera, non dittongata in contene, per influenza, sul lucchese di città dei parlari della Lunigiana e della Garfagnana 20. le desinenze di terza persona singolare del perfetto indicani, P.XLVI, Bardano, Bestiario, p. 58, Crespo, p. 33. 16. Cfr. NTF, pp. 49, 125-8, TS, p. 31, Castellani, Miliadusso, p. 128, Limentani, p. LVI, Baldelli, pp. 78-9, Bardano, Bestiario, p. 56, Crespo, p. 33 e 53. 17. Cfr. Barbi, Codice pisano, p. 244, NTF, p. 50, Castellani, Miliadusso, pp. 112- 4, Castellani, Lettera pisana, p. 30, Castellani, Atto lucchese, p. 31, Limentani, pp. XLVII-XLVIII, Baldelli, p. 79, Bardano, Bestiario, pp. 49-51, Crespo, p. 38. 18. Cfr. Pieri, p. 146, Barbi, Codice pisano, p. 246, NTF, p. 49, Castellani, Miliadusso, p. 137, Castellani, Pisano e lucchese, pp. 106-9, Castellani, Lettera pisana, p.29, Limentani, p. XLVI, Baldelli, p. 80, Bardano, Bestiario, p. 47, Crespo, pp. 32-3. 19. Cfr. Pieri, p. 175, Rohlfs, 366, Castellani, Miliadusso, pp. 124-6, Castellani, Pisano e lucchese, pp. 119-22, Castellani, Lettera pisana, p. 30, Limentani, p. LVI, Baldelli, p. 80, Bardano, Bestiario, pp. 54-5, Crespo, p. 51. 20. Cfr. Castellani, Pisano e lucchese, pp. 101-5. H mancato dittongamento di e, o brevi toniche in sillaba libera è però anche dell'aretino; cfr. NTF, p. 25 e si vedano anche A. Castellani, La diphtongaison des «e» et «o» ouverts en italien, in Actes du Xe Congrès International de linguistique et philologie romanes, voi. in, Paris 1965, pp. 251-64 e Castellani, Dittongamento. ESAME LINGUISTICO 87 tivo arizotonico della seconda e terza classe non sono mai quelle costanti a Pisa, -ette, -itte, bensì -eo, -io, in cui il lucchese concorda con gli altri dialetti toscani 21 : abatteo, mono, odio, parfio, salio, udio, uscio. Ma accanto alla componente occidentale (non è improbabile l'intervento di un copista nativo della Garfagnana), troviamo una cospicua presenza di tratti fiorentini 22: en tonico e protonico mutato regolarmente in an 23 nelle seguenti parole: danari (una sola volta denari], sanato, sanafore, sanza; mancata sincope di i fra s e nasale 24: biasima, biasimare, biasimarsi, biasimo, medesima, medesimo (sole eccezioni: biasme, biasmo, medismo}; mancata sincope nei nessi occlusiva/fricativa labiodentale + vocale + vibrante 25: anderà, compera, comperafore 26, sofferire, viverai; le forme lerà, ierano, invece di era, erano 21: alcuni casi non sono sicurissimi, perché il verbo è preceduto da eh' (pronome relativo o congiunzione) e quindi i sintagmi potrebbero essere chi era, chi erano 28; indubbi invece gli altri esempi: ed iera, ne li occhi iera, più cose ierano; la desinenza -e per la seconda persona singolare del presente indicativo dei verbi della prima classe 29: adopere, aopere, demande, desidere, pecche, pense, recche; la desinenza -e per la seconda persona singolare del presente congiuntivo delle classi diverse dalla prima 30: comecte, nocce, posse, risponde, sie e (imperativo) sie; la forma stea, terza persona singolare del presente congiuntivo 31 ; ai.Cfr. Castellani, Pisano e lucchese, p. 128. 22. Sul dialetto fiorentino del Duecento resta fondamentale la trattazione linguistica dei NTF di Castellani. 23. Cfr. Parodi, Dialetti toscani, p. 594, NTF, pp. 53-7 e Crespo, pp. 28-9. 24. Cfr. NTF, pp. 66-8 e TS, p. 21. 25. Cfr. NTF, pp. 57-65. 26. Sporadicamente comperare in pisano-lucchese (v. NTF, p. 59). 27. Cfr. NTF, pp. 78 s. 28. Cfr. TF, glossario, s.v. chi. 29. Cfr. NTF, pp. 68-72. 30. Ibidem. 31. Cfr. NTF, pp. 72-9. 88 STUDIO PRELIMINARE la desinenza -/' per la seconda persona singolare dell'imperativo della seconda classe 32: prendi, scrivi; la forma fuori, mentre gli altri dialetti, tranne il pratese e il pistoiese, hanno fuore 33; l'evoluzione di e atona a i 34: igualmente, ricente, rigimenù. Anche i dialetti toscano-orientali 35 hanno la loro rappresentanza, coi seguenti tratti: e atona per i 36: altremente, delectano, descendero, desdegnare, desdegno, inemistade, recevere, remedio, retornava, seeuro, uomeni; la forma giucano invece di giuocano 37; si invece di se (occasionalmente anche in senese e in fiorentino) 38; la forma capegli 39 (che però si trova anche a Siena e a Fi­ renze). Si riscontrano ancora forme comuni a dialetti di aree diverse, quali: l'articolo el invece di il 40-, la terza persona plurale del perfetto indicativo del tipo lasciaro*1; 32.Cfr. NTF, p. 41. 33. Ibidem. Sul dialetto pratese si veda ora l'introduzione linguistica preposta ai Testi pratesi della fine del Dugenlo e dei primi del Trecento, a e. di L. Serianni, Firenze 1977, pp. 23-98. 34. Cfr. NTF, p. 22. 35. Per i dialetti toscano-orientali rimando a Serianni, con ampia bibliografia. S'aggiunga ora la sobria nota linguistica di A. Morino alla sua ediz. crit. di Ristoro d'Arezzo, La composizione del mondo con le sue cascioni, Firenze 1976, pp. LXXVI-LXXXV. 36. Cfr. la n. 7. 37. Cfr. Castellani, Dittongamelo, p. 311 ss., Serianni, pp. 65-6. 38. Cfr. NTF, p. 47. 39. Cfr. Parodi, Dialetti toscani, p. 620, NTF, p. 46, Limentani, p. cxvi, Rohlfs, 573 e Serianni, p. 105 s. 40. Cfr. NTF, p. 44. È tratto pisano, lucchese, aretino e cortonese. Sporadicajnente anche in senese e fiorentino. 41. Cfr. TF, pp. xvii-xxi, NTF, pp. 145-6 e in genere sulla terza persona plurale del passato remoto si veda la monografia di G. Nencioni, Fra grammatica e retorica. Un caso di polimorfa della lingua letteraria dal sec. XIII al XVI, Firen­ ze ESAME LINGUISTICO 89 l'epitesi di -ne in ène 42; il suffisso -ieri per -iere, che compare nei dialetti occidentali, in quelli orientali e perfino, occasionalmente, a Firen- ze«; la forma chelli invece di quelli, che è soprattutto senese, ma attestata un po' ovunque 44; ed altri ancora; fenomeni aberranti (abrastiandola, infallisse, obedisse, se legittimi, presentano un fonetismo di stampo settentrionale) 45 e finalmente un certo numero di casi ambigui (esempio: impriso e riprisi, gallicismi o meridionalismi? 46). 6.3. Esame linguistico di Ne Passiamo ora in rassegna i fenomeni tipici di Ne, ovviamente senza la pretesa di sostituire l'analisi di Castellani 47, ma con la più modesta finalità di integrarne qua e là gli spogli linguistici. En tonico e protonico mutato in an: danari: xxiv,ii5, xxvm,13; incontanente: xxvi,i9, xxvm,26; sanato: xxvu, 5; sanatore: xxvii,4-^; sanatori: xm,2o,23-4, xix,io; sanza: il,io, v,3, vn,4i, ecc. (senza eccezioni); la desinenza -e per la seconda persona singolare del presente indicativo dei verbi della prima classe: aopere: xvn,5; chiame(ti): xxiv,i24; disidere: ¥11,38; domande: xxiv, 167; impute: xxiv,i23; pecche: xx,94; pense: xxiv,ii4; reehe: xxiv,i23; la desinenza -e per la seconda persona singolare del pre- 42.Cfr. la n. ii. 43. Cfr. Barbi, Codice pisano, pp. 248, Tristano Riccardiano, p. cxxxvm, TF, pp. XLVIII-XLIX, NTF, p. 43, TS, p. 25, Castellani, Frammenti, p. 76, Baldelli, p. 79, Limentani, pp. XLVI, LVI, Castellani, Miliadusso, p. 124, Bardano, Bestiario, p. 51, Trolli, p. 75. 44. Cfr. NTF, p. 45. 45. Cfr. Rohlfs, 265. 46. Cfr. Rohlfs, 50. Si tratterà verosimilmente di gallicismi, visto che il codice ' venne scritto in Linguadoca. 47. Che indica il nostro testo con la sigla «f. 1275 (e)». Come ho già detto (1.2., descrizione di Ne), Castellani non pubblica il codice e ne da spogli linguistici parziali. Tanto giustifica - credo - le integrazioni che, sulla falsariga della sua trattazione glottologica, qui si presentano. 9 O STUDIO PRELIMINARE sente congiuntivo delle classi verbali diverse dalla prima: commette: xxiv,i78; nocce: vii,22; posse: xxiv,^7, 137, 179, 204; sie: xx,33, xxiv,72, 75, 78, 80, xxvm,55; vive: xxiv,251; la desinenza -i per la seconda persona singolare dell'imperativo della seconda classe: provedi: xxiv,55, 211; ricevi: xxiv,187; rispondi: xxiv,76; vivi: xxiv,i78; le forme iera: i,6, xm,n, xxn,6; ierano: ni,8, xxvm, 31, alternate a era: vili, 13, xvm,2, xxivj, 15, 25, xxvi,6, xxvii,6, xxvni,6, io, ii, 28, 30 ed erano: 1,9, ix,8, xxiv, 20-1, 31, xxvi,24, xxvnij; mancata sincope di i tra fricativa apicale sibilante e nasale: biasima: xxiv,49; biasimo: x,5, xvn,i3, xxiv,5i; biasimò: xxi,4; biasimare: xxiv,5i; biasimarsi: x,^;; disinore: x,24, xxi,28; medesima: xxiv,i63~4, xxvni,9; medesimo: vn,3i, xvn,27, xxvi,i7; midesimo: xxiv,i77; sola eccezione: fantasma (voce dotta, senza epentesi): xxvm,79; mancata sincope nei nessi: occlusiva/fricativa labiodentale + vocale + vibrante: diritta: xx,io3, xxiv,48, 261, xxv, 20; diritto: x,i9-2o, xxjo-i, xxiv,79, xxv,i8, xxvij; compera: xxiv,2i3, 215; comperatore: xx,78, xxiv,2i4; sofferire: xin,i9, xv,8, xx,69, xxiv,i59, xxv,^o; stemperamento: xin,20; temperare: xx,i74, xxiv,57-8; temperatamente: xi,28, xxiv,49, 164-7; temperato: xxii,3, 6-7; per i futuri e condizionali della seconda classe e del verbo andare, si notano sia le forme senza sincope: anderà: xvii,n; vederà: xxiv,i3o; sia quelle sincopate: potrebe: xm,i9; potrebero: xx,5^; potresti: ¥11,37; conformemente alla situazione del fiorentino dugentesco 48; la forma stea: vn,4O, terza persona singolare del presente congiuntivo; le forme anche*9: xiv,i3, xvn,i8; fuori: vi,8, ix,2o, xxv,2o, xxvin,3; diece 50: xxvni,i3; dipo 51: xx,ioi, xxiv, 245; ogne 52: xxiv,4i, 106; 48.Cfr. NTF, pp.óa-j. 49.1bid., p. 41. 50. Ibid., pp. 131-4 e TS, p. 32. ^i.Cfr. TF, gloss. e NTF, pp. 128-31. 52.Cfr. NTF, pp. 121-8. ESAME LINGUISTICO 91 conservazione di e protonica originaria in singole parole 53: megliore: 7111,31, xvn,27; megliori: xxiv,i8/, 188; segnore: xx,56, xxi,8, xxvin,55; segnoria: 1,7, xix,2-3, xx,49; segnorie: xxiv,i6o; ordine e forme di gruppo dei pronomi atoni 54: combinazione i: faccasine: vn,9; puosesine: xxvm,28; combinazione il: //' «è- (rimase): vii,13-4; vennelene: xxvm,25-6; combinazione ni: fallati: xxiv,i36, mettollosi: 711,12; nmenalmi: xxvni,42; rinfangavalisi: vili,17-8; combinazione vii: vogliendolne: ix,i6; le forme sarai: xxi,i8; sarei: 11,16; sarebbe: xii,3-4, xxi, 29; l'età alta del codice (1275) spiega il permanere delle forme sera: ix,2o; serai: xi,i4, 15, xx,34, xxiv,i22, xxvi,i3; sera: 711,41, xx,27, 28> xxi7,i92, xx7i,i5, 16; notiamo ancora la riduzione dei dittonghi discendenti, che, data l'età del manoscritto, può considerarsi fenomeno fiorentino 55: baio ('lo hai'): xxvm,2i; ma: xi,i4; perdeli ('li perdei'): xxiv,234; prima : xxiv,iO9; reta: vili,34, xxiv, 73; le desinenze -eo, -io di terza persona singolare del passato remoto dei verbi in -ere, -ire 50: abatteo: vni,i6; dormìo: xxvni,18; morto: 111,5, xx7in,27; partìo: vn,i6, vili,20; salto: xx7i,2o; sentto: xxiv,32; odio: xxvin,34; udìo: xx7in,4; uscio: xxiv,32; sola eccezione: tacette: xxvni,36, che si inserisce nella situazione linguistica del tempo; le desinenze -aro, -ero di terza persona plurale del passato remoto e la forma fuoro 57: acomiataro: xin,24; acordaro: xxiv,32; andaro: xm,i7; fecero: xin,25; fuoro: 111,2; pregiaro: xin,24; raunaro: xin,i6-7; temettero: xm,22; vennero: vin,4-5; la desinenza -e di prima persona singolare dell'imperfetto congiuntivo 58: dovesse: xxiv,234. 53. Ibid., pp. 118-21. 54. Ibid., pp. 79-105. 55. Ibid., pp. 106-11. 56. Ibid., pp. 142-6. 57. Cfr. la n. 41. 58. Cfr. NTF, pp. 156-9. La forma è anche in altri dialetti, cfr. Crespo, p. 63. C)2 STUDIO PRELIMINARE Accanto a queste forme, che sono tipiche o quanto meno normali nel fiorentino 59, notiamo: legieri: x,i3; megliori: xxiv,i87; mistieri: xu,io (singolari) e l'articolo el (passim], tutte forme attestate anche in fiorentino 60. Inoltre seculi: xxiv,!!/ e sepultura: in,6, xix,i3-4, xxiv,264 potrebbero essere latinismi, come laborare, licito, soliicito; in definitiva, di (forse) realmente aberrante dal fiorentino c'è solo un volta: xx,59, di cui s'è già parlato. Avendo perciò riscontrato che la componente dialettale fiorentina è statisticamente predominante nella lingua dei due codici (ed esclusiva, anzi, in uno di essi), consegue logicamente alla nostra premessa l'adozione di Ne come ms.- base. 6.4. Abbreviazioni di Ne e criteri di trascrizione II codice di Fantino è uno splendido volume, scritto con grande cura e pressoché privo di espunzioni e correzioni. Le abbreviazioni adoprate dal copista sono quelle notissime, in uso nei mss. del tempo e non offrono difficoltà interpretative; mi limito a segnalare di aver reso con e Vet tironiano (ed davanti a parola iniziante per e}. Oltre al consueto aggiornamento della punteggiatura, ho adottato i seguenti ammodernamenti di grafia: distinzione tra u e v, uso di i anche per / e y, normalizzazione dell'uso di h e dei grafemi che rendono fonemi palatali, velari e nasali; ho inoltre reso ph con /, q e qq con z e zz 61, ti-\- vocale con zi. Ho assimilato i nessi consonantici latineggianti (anche per ipercorrettismo) del tipo nocie, scripse, semplificato i nessi 59. Senza parlare di altri fenomeni di portata più generale, quali l'anafonesi (cfr. NTF, p. 21, TS, pp. 14-5, A. Castellani, Stilla formazione del tipo fonetico italiano, in «StLI» ii (1961), pp. 24-38), rigorosamente rispettata: consiglio, famiglia, lunghe, lusinghe, vincere ecc.; il dittongamento di e, o brevi toniche in sillaba libera: brieve, conviene, giuocano, lievasi, muove, niega, priegovi, truovano, cui s'aggiunge rispuose, mentre per mele (vm,5 'miele') cfr. Rohlfs, 85; forme come marcennaio, primato (cfr. NTF, p. 22) ecc. 60. Cfr. NTF, pp. 43-4. 61.C'è un unico caso di / cedigliata, xxiv,239 ìtenfione (a e. loora), che rendo con intenzione, Cfr. anche K. Loach Bramanti, La 'T' cedigliata nei testi toscani del Due e del Trecento, in «SGI» i (1971), p. 41 ss. ESAME LINGUISTICO 93 del tipo contemptione (che diventa contenzione], reso con s o ss - secondo l'uso moderno - le x del manoscritto. Ho però mantenuto l'uso alternato delle consonanti scempie e geminate e conservato l'uso di se (i) per rendere la fonetica toscana nelle parole cascione, cuscino ([kazone], [kuzino]) ecc. ì^on ho notato il raddoppiamento in sandhi quando questo è ristabilito automaticamente dalla lettura (scrivo perciò che l'uno e non che 'II'uno], riservando il punto in alto ai casi di semplificazione fonosintattica successiva ad assimilazione (tipo i'riso < ir riso < il riso). Le parentesi tonde nell'apparato critico indicano le lacune da danno meccanico. Nell'apparato sono state registrate tutte le varianti, le sottovarianti e le lezioni singolari; non sono state notate unicamente le varianti di forma. VII TITOLO E AUTORE -j.~i.ll titolo Dopo le edizioni Nannucci Palermo Cappelli, fornite di titoli desunti dai manoscritti-base adoprati dai singoli studiosi, classico resta il titolo adottato da Hermann Varnhagen (Fiori e vita di filosafi ed altri savii ed imperadori], che qui si propone con lieve modifica (Fiori e vita di filosafi e d'altri savi e d'imperadori}. Esso, infatti, si impone sugli altri per una maggiore aderenza al contenuto del testo. Rispetto a Nd («Qui comincia il libro del fiore de filosofi e di molti savi») e a Nh («Questi sono fiori di filosafi cioè di loro sentenzie»), individua la particolare composizione dell'opera, frutto della quasi costante giustapposizione di una parte aneddotica (vita) e di una antologico-sentenziosa (fiori); rispetto a La Ne Nf Rd, che omettono e a' fra savi e imper'adori 1 , caratterizza con maggior precisione il triplice tipo di personaggi: filosofi direi di professione (quali Socrate Fiatone Aristotele Secondo ecc.), savi (come Valerio Papirio Scipione ecc.) e imperatori (Cesare Augusto Traiano Adriano), i quali — ovviamente — partecipano in ugual misura della saviezza degli altri. In Nb, poi («Fiori delli filosafi e vita daltri savi imperadori»), si nota, oltre alla mancanza di e d', un distorto i. Rd omette anche imperadori. TITOLO E AUTORE rispecchiamento del tenore del testo, mentre impreciso si rivela il titolo di Ng («Questi sono fiori de vita de filosophy ed altri savi et dimperadori»). Il titolo di Lb («Liber filosoforum»), anche se si accorda con Vexplicit di Na («Explicit liber filosoforum») e con una nota sul retto del foglio di guardia di La («Timete Deum est liber filosoforum») 2, anzi proprio per questa sua genericità, risulta pure inautentico. Gli altri codici, infine, omettono il titolo. Quanto al termine fiori, nel senso di sentenze scelte, è superfluo ricordare come di fiori e fiorite sia cosparsa la letteratura didattica del Due e Trecento: Flore de parlare, Fiore di virtù, il fiore, Fiorita d'Italia ecc. e cfr. anche fiori di parlare (Novellino, p. 117). Inadeguata l'interpretazione di Gaspary 3: «(Fiore) sarebbe come dire Sunto, Compendio e simili»; si vedano piuttosto le osservazioni di Besthorn 4 : «... die bezeichnung 'Fiori' ein sehr allgemeiner begriff ist, und (...) in diesen sammlungen 'blùten' sehr verschiedener art, also erzàhlungen ausspùche beriihmter manner, moralische und rhetorische vorschriften, sentenzen und anderes vereinist werden konnten». 7.2. L'autore dei FF 5 Dando per la prima volta alle stampe i FF, Vincenzio Nannucci attribuiva il testo a Brunetto Latini 6, sulla base del seguente ragionamento 7: Nella Biblioteca manoscritta, che fu di Tommaso Giuseppe Farsetti, ed è ora riunita alla Marciana di Venezia, è un Cod. cart. in 4° del sec. xv, che contiene i Detti di Secondo filosofo ateniese volgarizzati da Brunetto Latini. L'ab. Morelli, editore del catalogo della suddetta Biblioteca, annota che in quel Codice il titolo fu aggiunto all'opera da 2. Nel manoscritto filosofarum. 3. Gaspary, p. 176, n. i. 4. Besthorn, p. 187. 5. Riespongo qui le conclusioni a cui son giunto studiando il problema nell'articolo Una versione inedita (soprattutto pp. 195-197), al quale mi permetto di rinviare per una trattazione più dettagliata. 6. Come già accennato a 2.1. 7. Nannucci, pp. 300-1. C)6 STUDIO PRELIMINARE mano più recente di quella del testo, ma che ciò fu fatto sul fondamento di un vecchio Codice Chigiano, che a Brunetto tal opera attribuisce. Nei Codici fiorentini questi Detti sono intitolati Diffinizioni, e formano parte del Fiore; anzi da un luogo di questo medesimo trattato si ricava apertamente che l'opera è tutt'una, imperocché il paragrafo - Difinizioni che disse Secondo - incomincia: Secondo fue uno filosafo molto savio al tempo di questo imperadore ecc. ove per questo imperadore è inteso Traiano, del quale si parla nel paragrafo antecedente 8 : dal che appar manifesto che questi Detti o Diffinizioni sono collegati col Fiore, e compongono tutt'un Trattato. Ora se i Detti di Secondo dai codici Farsetti e Chigiano sono attribuiti a Brunetto, mi pare che gli si debba assegnare ancora il Fiore, del quale forman essi una parte; e tanto più che la dicitura dei Detti è in tutto e per tutto la stessa che quella del Fiore. Tralasciando Francesco Palermo, che, non avendo potuto prendere visione del Manuale di Nannucci, attribuiva il testo a un anonimo autore toscano del Trecento 9, va subito notato che l'argomentazione di Nannucci convinse solamente il padre Bartolomeo Sorio 10, mentre gli studiosi che toccarono successivamente il problema - Antonio Cappelli n, Thor Sundby 12, Alessandro D'Ancona 13 e Hermann Varnhagen 14 - mostrarono unanime scetticismo al riguardo, più per la debolezza intrinseca del ragionamento, tuttavia, che in virtù di una riconsiderazione approfondita della questione. In effetti «la ragione [avanzata da Nannucci] è poco valida perché i Detti di Secondo [...] ebbero, anche prima che Vincenzo di Beauvais li accogliesse nel suo Speculum, enorme 8. In realtà per questo imperadore va inteso non Traiano, bensì Addano, del quale effettivamente si parla nel capitolo precedente (il xxvn) e che ricompare come personaggio della vita del filosofo mutolo. A dire il vero Nannucci edita, senza avvertire il lettore, solo una scelta dei FF (un po' più d'un terzo dell'opera); omette, fra l'altro, il capitolo su Adriano, ma non si comprende perché debba confondere questi con Traiano, dal momento che i mss. di cui si servì (come s'è detto, i nostri La e Nd) recano entrambi il cap. xxvn. 9. Palermo, p. v. 10. B. Sorio, Sopra una scrittura inedita attribuita a ser Brunetto Latini, in L'Etruria. Studj di filologia, di letteratura, di pubblica istruzione e di belle arti, voi. i, Firenze 1851, pp. 343-53. 11. Cappelli, pp. xv-xvm. 12. T. Sundby, Della vita e delle opere di Brunetto Latini, trad. it. di R. Renier, Firenze 1884 (l'originale danese è del 1869), p. 50. 13. A. D'Ancona, Le fonti del Novellino, in «R» 2 (1873), pp. 402-3. 14. Varnhagen, pp. xxvii-xxvni. TITOLO E AUTORE 97 diffusione in Europa e fuori Europa, e numerose traduzioni romanze [...]; poco valida dunque, perché non si è ancora chiarito se si tratti della stessa versione» 15. Ora, i Delti di Secondo, scritti originariamente in greco Io intorno al in sec. d.C. 1T, vennero tradotti in latino verso il 1167 da un Willelmus Medicus (Willelmus Vapicensis o Guillaume de Gap), abbate di Saint Denis 18. Questo testo è all'origine di tutta la tradizione occidentale dei Detti di Secondo e, segnatamente, di due fortunatissime redazioni mediolatine: quella contenuta nel libro x, capp. 70-71 dello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais e quella che costituisce il cap. cxxii del Liber de vita et moribtis philosophorum di Walter Burley 19. Entrambe le redazioni, sensibilmente diverse fra di loro (soprattutto perché il Bellovacense opera cospicui tagli nel testo di Willelmus, che invece il Burleo riproduce abbastanza fedelmente), sono a loro volta fonte di due diverse tradizioni. Ecco allora che i Detti di Secondo contenuti nel manoscritto Farsetti della Biblioteca Marciana sono, come ho mostrato altrove, traduzione da Walter Burley 20, mentre il testo dei FF dipende, attraverso Adamo di Clermont, da Vincenzo di Beauvais 21. L'attribuzione dei Detti della Marciana a Brunetto è dunque largamente anacronistica, ma si spiega effettivamente mediante la considerazione del manoscritto chigiano invoca- 15. Segre, Volgarizzamenti, pp. 175-6. Analogamente Lo Migro, pp. 246 e Bardano, p. 62. 16. Bio<; e FVWIJWXI ZexoùvSou. Si possono leggere in F.G.A. Mullach, Fragmenta Philosophorum Graecorum, voi. n, Paris 1865, pp. xxvii-xxix e rispettivamente Jii-5- 17. Sulla tradizione dei Detti di Secondo lo studio più sistematico è quello di L. W. Daly e W. Suchier, The Altercatio Hadriani Augusti et Epicteti Philosopbi and thè Question-and-Answer Dialogue, Urbana (111.) 1939, da integrare con B.E. Perry, The origin of thè Book of Sindbad, in «Fabula» ni (1959), pp. 84 ss. Cfr. anche Una versione inedita, con riferimenti bibliografici. 18. La traduzione è stata pubblicata dapprima da A. Hilka in Weitere Beitrage zur Secundusgeschichte in der altfranzosichen Literatur, in «Schlesiche Gesellschaft fiir Vaterlandische Cuitur» 88 (1910) pp. 6-23 e poi da Walter Suchier, alle pp. 147-66 del testo citato alla n. precedente. 19. Cfr. 4.8. e la n_4i. 20. È il testo pubblicato in Una versione inedita. 21. In questo caso i FH sono fedelissimi allo SH. 98 STUDIO PRELIMINARE to dall'abate Morelli 22. Ora, questo codice altro non è se non il trecentesco Chigiano L. vii. 267 (il nostro Va), che contiene i Detti di Secondo come frammento della tradizione organica dei FF. Dato che in Va si leggono alcune opere di Brunetto (i volgarizzamenti delle orazioni ciceroniane Pro Ligario, Pro Marcello e Pro regè Deidotaro 2*), insieme con testi altrui (p. es. la traduzione del Bellum lugurtinum di Bartolomeo da S.Concordio, i Dieta Salomonis volgarizzati ecc.), l'incauto compilatore del primo dei due indici di cui è provvisto il codice 24 fece d'ogni erba un fascio e attribuì l'intero contenuto del chigiano a Brunetto Latini. Di qui s'originò l'equivoco per cui anche i Detti della Marciana, che pur rappresentano una tradizione affatto distinta da quelli chigiani (e cioè dai FF), vennero assegnati a Brunetto. In conclusione, al maestro di Dante non appartengono né i Detti della Marciana, né tanto meno i FF, il cui autore sembra destinato a rimanere in un definitivo anonimato. 22. Biblioteca manoscritta di T.G. Farsetti, a e. di J. Morelli, Venezia 1771, p. 232. 23.Cfr. Le tre orazioni di Marco Tullio Cicerone dette dinanzi a Cesare per M. Marcella, Q. Ligario e il re Dejotaro, volgarizzate da Brunetto Latini, ed. da L. Rezzi, Milano 1832 e cfr. F. Maggini, / primi volgarizzamenti dai classici latini, Firenze 1952, pp. 17-28. 24. Entrambi gli indici sono di mano molto posteriore al sec. xiv. TESTO FIORI E VITA DI FILOSAFI E D'ALTRI SAVI E D'IMPERADORI La Na Ne Nf Ng Rd questi sono fiori Ng fiori de vita Nf filosafi Na savii La Ne Nf savi imperadori Rd savi Lb liber filosoforum Le Ra Aristorile qui appresso scriverò certe sententie nobili di più valenti philosophi et comincio ad Aristotile Nb fiori delli filosafi e dita daltri savi imperadori Nd qui comincia il libro del fiore de filosofi e di molti savi Nh questi sono fiori di filosafi cioè di loro sentenzie Re questi sono filosafi e fiori Diometrico Ypochite Fiatone Socrate Diogiene Aristole Teiofaristo Papirio Stazio Tulio Senacha Quintiliano Marchovano e Secondo filosafo Ne Rb om. reliqui lacc. I PITTAGORA Pittagora fue lo primo filosofo e fue d'uno paese che avea nome Samo. Nel quale paese regnava uno prencipe che sì come tiranno istrugeva la terra; la cui crudeltade e la cui superbia offendeva tanto l'animo di questo filosofo ch'elli lasciò il Testo in La Lb Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd .e La Lb Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Rb Rd om. 2 Ne Piutagora La fue uno f. Rb il quale Rd om. che 2-3 Le Ra chessi chiamo S. 3 Nb Ne n. amo Lb nel nel La Nb uno imperadore Rb il quale Le Ra om. che sì 4 Le Ra tiranno et distrugieva tucta la Nh fragiea (prima scrive struggieva, poi lo espunge con un tratto di penna e scrive di seguito fragiea) La iniquitade Rd e laltrui s. 5 Ne si lanimo Rd om. tanto l'animo di Nh a q. 1. Pittagora: grafia ipercorretta, alternante nel ms. con Pictagora. 2. fue: esito normale da futi. — lo: sugli allomorfi dell'articolo determinativo è da vedere, da ultimo, K. Loach Bramanti, Sull'articolo determinato nella prosa toscana non letteraria del Duecento, in «SGI» i (1971), p. 5 ss. - uno paese: per quanto riguarda le forme dell'articolo indeterminativo maschile (su cui vd. Rohlfs, 422 e non sfuggano le note relative a questo paragrafo redatte da T. Franceschi), il testo offre l'alternanza un/uno, senza differenze d'indole distribuzionale e con una leggera prevalenza statistica della prima forma. 3. Nel quale paese: per il raccordo relativo, qui con ripetizione del sostantivo già espresso, cfr. Segre, Sintassi, pp.2ii-2 e ivi bibliografia. - prencipe: la e tonica in luogo di i è dovuta probabilmente a influsso francese; cfr. Hope, p. 115; il prencipe è il tiranno Policrate. 5. elle: normale nel testo l'alternanza ellifegli/e'. 104 FIORI DI FILOSAFI suo paese e venne in Italia, ch'iera chiamata in quel tempo la Grande Grecia, per non vedere così malvagia segnoria. In questo Pittagora sì cominciò il nome de la filosofia, che in prima erano apellati savi quelli ch'erano innanzi alii altri io per costumi e per nobile vita. E Pittagora, adomandato quello ch'elli si tenesse, rispuose ch'era filosofo, cioè studioso e amadore di sapienza, che nominarsi l'uomo savio è vizio di grande arroganza. Rd et q. La chel detto filosafo 1. Rd si 1. Le abando Ra abandono Nb tucto il 6 Nh paese suo Nb vennene Rb che a quel tempo era chiamata Lb qui La temporale 7 Nb gran La fecelo per Le Ra et ciò fece per Rb e questo fece per Le Ra v. si m. Nf v. che so m. La Nf Rd mala 8 Lb questa Le Ra om. q. Na Pittagoria Nd incomincio Rb il primo nome Nb che la 9 Nb Ne Nf Rd primeramente La Re chiamati Na appellti Nf Rd li savi La Re dagli altri Rd om. alii a. io Nh in e. Le Ra per nobilitade e costumi Ne vita nobile Nh nobiltà Ne Nh vita pittagora Le Ra om. Pitagora Ne Piutagora La Lb Ne Nf Nh Rd fue a. Nb adomando Le Ra Rb essendo a. 11 La Nd che si Nb elli sentisse Le Nh Ra tenea La Nh ed e r. Le Nb Ra om. ch'era Na filolosafo La Ne Nf Rd studio 11-2 Nh e damaestrare di 12 La Le Ra Rd scienzia La s. el n. Nh s. per che n. Na nommarsi Ne chiamarsi Rb nomarsi La Nf Rd om. savio La si e Ne om. è La Nf Rd e segno di Lb e vicino di Ne om. è vizio Nh e vizio e nome di 12-3 Le Ra om. che... arroganza 13 La Nf Rd ignoranza 6-7. la Grande Grecia: ovviamente la Magna Grecia. 8. In questo: sottinteso tempo; se non è da emendare Da questo Pittagora, in conformità con la fonte latina: «A quo etiam ferunt ipsum philosophie nomen exortum». - si: segnalo una volta per tutte il sì rinforzativo, per cui vd. TF, pp. 295-7. •LO. adomandato: normale nella lingua antica la costruzione (a)domandare qualcuno (qui nella diatesi passiva); cfr. Ageno, p-48. 12. Varnhagen: «nominarsi uomo savio» («der best. Artikel kann nicht geduldet werden»), seguendo l'ediz. Palermo. In quest'ultima, però, la lezione è congetturale, perché non si trova in nessuno dei codici (e nemmeno in Re, ms.-base di Palermo). D'altra parte l'uso dell'articolo prima di uomo (con la nota funzione impersonale corrispondente alPow francese) è largamente attestato: vd. qui stesso, xxvi,14: «quello che l'uomo dee»; cfr. inoltre Pestelli-Cori, pp. 34- 5, Rohlfs, 516 e la ricca messe di esempi raccolta in Segre, Sintassi, pp. 117-9 (^ra questi ultimi, molto notevole un passo di Giordano da Pisa, «affaticarsi l'uomo nel bene non è merito», perché l'uomo qui s'accompagna, come nel nostro caso, a un verbo riflessivo). Più I-PITTAGORA IO_5 Pittagora fue di tanta autoritate che li uditori ciò che li udiano dicere si scriveano per sentenza e quando disputavano non rendeano altra ragione ne' loro argomenti, se non che Pittagora l'avea detto. Ne arghollianzia 14 Le Ra om. Pitagora Ne Piutagora Le Ra et f. Le Ra doctori Nf Ili udori Nf Rd om. ciò 14-5 La che udiano da lui iscriveano Le Ra che dicea scrivevano Nb che a lui udiano dicere si servivano Nf chelludiano dallui scriveano Rd chelgli divano dallui scriveano ijj Rb dire Ng om. si Rb siilo Ne sentenzie Ne Ng om. e Nd d. insieme Ng si d. 16 Ne redeano Ng in La Le Ra ne altri argomenti Ne intra loro argomenti Nf Rd ne argomenti Nh om. ne' loro org. Rb ne vi faceano altro argomento Nf se noe chel 17 Ne Piutagora specifico R. Schlàpfer, Die Ausdrucksformen fiir 'mari im Italienischen, Bern 1931. Già Lo Nigro ripristina l'articolo. 14-5. Il volgarizzatore travisa il senso del periodo, che si riferisce al carattere esoterico dell'insegnamento pitagorico (vd. Lo Nigro, p. 250). Cfr. FH: «Pitagore tanta veneracio ad auditoribus tributa est, ut que ab eo acceperant in disputacione(m) deducere nefas existimarent» (le edizioni dello SH hanno dedicere in luogo di deducere, ma quest'ultimo è anche in Valerio Massimo, fonte del Bellovacense). li: nel testo si nota, normalmente, l'alternanza li/gli. 17. Pittagora l'avea detto: «Ipse dixit, e si dicea non di Pittagora, ma di Aristotele» (Nannucci). II DEMOCRITO Democrito fue molto grande filosofo e fue gentilissimo di sangue e richissimo d'avere. Il quale lasciò tutto il suo patrimonio ai suoi cittadini e andonne ad Attena, là ove era la filosofia. E continuando lo studio, sì s'abacinò delli occhi per avere più sottile ingegno e più forti pensieri. E di ciò sì ne Testo in La Lb Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd i La Lb Ne Rb Rd om. Le Ra Diomocrito Na Dimotrjco Nb vita de Gemocrita filosafo Nd la grande fortezza dellanimo de Democrito Nf Demotricho Ng Dimocrato Nh Dometrio 2 Lb Na Ne Djmotrito Le Ra Diomocrito Nb Gemocrito Nd Nf Dimocrito Ng Dimocrato Nh Dometrio Lb multo fue g. La Ne Nf Rd om. molto Le Ra un g. Rb gram Le Ra e g. Nh gentile Nb Nh homo di 3-4 Ne patrimano 4 Rd a li savi e. La Nf Rb Rd andossene La Nf om. ad La Ra om. Attena Nb a tonci Ne Accena Nh Antena 5 La om. e Le Ra costumando Nd la filosofia lo studio La om. sì La Nf Rd acecho Nb alucino La Nf Rd om. delli occhi Le Ra gli occhi 6 Le Ra più fermo studio e più s. Lb sotili Rd longeni. Democrito: In realtà gli ultimi due commi del testo (righe 14-20) sono riferiti al filosofo Anassagora sia nei FH, sia nello SH. 3. // quale: cfr. 1,3. 4. Attena: per ipercorrettismo. - là ove: cito una volta per tutte la monografia di A. Lichtenhahn, La storia di ove dove onde di dove da dove, Bern 1951, specie per le pp.2-i8. 6. più sottile ingegno e più forti pensieri: FH: «vegeciores cogitaciones». Noto fin d'ora che «liebt es der Uebersetzer, fiir ein Wort seiner Vorlage zwei - einmal drei - Wòrter zu setzen» (Varnhagen, II - DEMOCRITO IO7 fue contenzione tra altri savi; che l'uno disse ch'eli avea sofferto di perdere li occhi perché non volea vedere bene a la malvagia gente; l'altro disse che per ciò s'era cieco perché non potea guardare le femine sanza carnale desiderio di peccare; l'altro disse che per ciò ch'avea trovata l'arte maggior gno Le Ra fortte pensiero Le Ng Ra om. sì La Nf Rd om. sì ne Rb om. ne 7 La Rb quistione Nf Rd tencione La Nb Nf Ng Nh Rb Rd li a. Rb filosofi La om. che Nf Rd e 1 Le Ra tra gli altri savi qual dicea La u. de savi d. Nh diciea 8 La perdere il vedere La Le Nd Nh Ra per non vedere La Nf om. bene a Le Ra alle 9 La malvagità de le genti Le Ra male gienti Nf malvagia de la gente La Ne Nf Rd e laltro Nh diciea La Nf perciò era Rd pero era 9-10 Le Ra diciea chellavaea fatto pero che non Rb disse che lavea soferto perche egli non Rd cieco che non La cieco per non vedere le femmine che nolle potea guardare sanza io Ne guardale Nh san Nb carnale carnale io-i Le Ra om. di peccare 11 La Nf Rd e laltro p.xx). Bel resto dittologie e iterazioni sono fra i tratti più diffusi nella letteratura dugentesca; cfr. W.T. Elwert, La dittologia sinonimica nella poesia lirica romanza delle origini e nella scuola poetica siciliana, in Saggi di letteratura italiana, Wiesbaden 1970, p. 171 ss. Per un'analisi puntuale di questo stilema nei FF cfr. Bardano, pp. 66-7; per una bibliografia quasi completa vd., oltre a Bardano, R. Crespo, Jean de Meun traduttore della Consolatio Philosophiae di Boezio, in «AAST» cui (1968-9), p. 146 e s'aggiungano G.Favati, Nascita e morte dell'iterazione sinonimica come dittologia, in Omaggio a C. Guerrieri Crocciti, Genova 1971, pp. 273-85 e W. Pagani, Le iterazioni sinonimiche nella «Chastelaine de Vergi», in «Linguistica e Letteratura» i (1976) p. 225 ss. 6-7. di ciò sì ne fue: si noti l'uso pleonastico di ne. S.Varnhagen: «bene essere» (FH = SH: «bene esse»), ma la congettura mi sembra superflua. 9. per ciò... perché: correlativi, diffusi nella lingua del Buecento; cfr. la documentazione in Segre, Sintassi, pp. 285-6. — cieco: «aggettivo verbale», cfr. Rohlfs, 627. 11-2. l'altro disse... dell'i occhi: non rende la fonte: «Porro: merito sibi oculos eruit qui magicas tenebras oculis humanis invexit». Si noti, in particolare, che il volgarizzatore scambia porro per un antroponimo, lo ritiene cioè il nome di un terzo savio intervenuto nella disputa e pertanto, secondo le sue abitudini, lo rende in italiano con un sostituente. ni. trovata: concordanza del participio col complemento posposto; cfr. V. Lucchesi, L'accordo fra participio passato e oggetto nei tempi IO8 FIORI DI FILOSAFI ch'el senno delli occhi, sì si ne diede questa penitenzia che s'accecò. Questo filosafo, anzi che fosse cieco, essendo stato lungamente in istudio, rivenne in suo paese e vide le possessioni sue tutte diserte e guardolle ridendo e disse: «Io non sarei salvo se voi non foste perite». Nh altri Na dis Ne si disse Nh diceano La Ne Nf chelli per Nd chera per Rd om. che Le Ra perciò lavea fatto pero chavea veduta larte Rb chegli lavea soferto perche egli avea Nb trovato Rb om. arte 11-2 Ng Rd m. chol s. 12 Rb sonno Le Ra om. si Nb om. si ne Nd om. ne Le Ra ne volle dare cotale Nf Rd chelli 12-3 Rb om. sì... accecò Le Ra om. che s'accecò 13 Nh a. egli medesimo 14-6 Nd om. Questo... ridendo 14 La om. questo filosofo La e anci Le Ra Rb innanci Lb Na Ne Ng chelli Le Ra che avessi perduta la vista 14-5 La dimorato lungamente fuori di suo paese rivenne Rb lungho tempo nello studio ritorno nel suo 15 La Nf Rd om. in istudio Lb Na Ne Nh si venne Ng venne 16 Nh diserte tutte Le Ra disfatte e diserte Nb guardandole Ng guardale Le Ra d. et quando cosi le vidde e disse ridendo Nh e ridendo disse Nb ridendo disse Ne io ne s. 17 Le Na Ra savio Nd periti 18 La a uno fue uno Le Ra om. a Nb Rb perifrastici retti da 'avere' nel volgare antico, in «AATSL» n.s. xin (1962-3), p. 19353. 12. che: dichiarativo, ma con una sfumatura consecutiva. 14. questo: frequente nel testo la funzione deittica dell'aggettivo questo; si veda G.Brodin, Termini dimostrativi toscani. Studio storico di morfologia sintassi e semantica, Lund 1970, specialmente p.59ss. - filosafo: la forma dissimilata, che figura anche nel titolo, è comune nella lingua antica. — Varnhagen: «ancj. ch'elli», seguendo Na. 14-5. Lo Nigro: «essendo dimorato longamente fuori di suo paese in istudio», secondo La. L'intervento mi pare inutile: subito dopo, infatti, si dice che il filosofo «rivenne in suo paese» e prima (righe 3-4) si legge: «II quale lasciò tutto il suo patrimonio ai suoi cittadini e andonne ad Attena». 15. Varnhagen: «si rivenne», operando una combinatio tra Na e gli altri testes a sua disposizione. — in suo paese: l'omissione dell'articolo determinativo davanti agli aggettivi possessivi è fenomeno comune neH'usus scribendi dugentesco. Cfr. TF, p. LII, Castellani Pollidori vi, p. 102 ss., Dardano, pp. 249-50, Crespo, p. 56, Trolli, pp. 110-2. 15-6. le possessioni sue: per la posizione del possessivo cfr. Castellani Pollidori vi, p. 24 ss. 16. diserte: 'distrutte', per l'aspetto semantico cfr. anche l'ant. sp. yermar. II - DEMOCRITO IO9 A uno che li disse ch'el figliuolo era morto, rispose: «Nunziata m'hai cosa ch'io l'aspettava: sapea, da che di me era nato, ch'elli era mortale». 20 et a uno Le Ra uno li La Le Ra suo f. La ed e rispuose Nh si disse 18-9 Nd miniato 19 Le Ng Ra Rd om. V Nh om. l'aspettava La Rd e sapea che Ne sapiendo che Nf sape(...)che Ne chio sapea che da che Nh che da che Rb me egli mera 19-20 Le Ra et sapeva che da poi che di me era nato che dovea morire Ili VALERIO Valerio e Bruto fuoro consoli di Roma. E questo Valerio fue sì giusto e guardò sì le mani da' presenti e da' mali guadagni, che divenne povero per questo officio del comune, laTesto in La Lb Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd Rf i La Lb Ne Rb Rf om. Na Valerio e Bruto consoli romani Nb vita di Valerio e Bructo consoli di Roma Nd de la grandissima dirictura di Valerio Ng Vallerio e Brutto consoli di Roma Nh Valleriano e Brutto 2 Nh Valleriano La Bructo Nb Ne Nh Brutto Le Nh Ra Rf roma q. Nh Valleriano 3 La Nd Ng Rb Rf guardossi si La le sue mani Le Nh Ra Rd a le mani Na si de ma Ne le mani sue Le Nh Ra de p. Ne di p. Nd Rf om. presenti e da Nh presenti e da doni e da Le Ra de m. Ne di m. La Le Ra da ma g. Lb dai mai g. Na da li mali g. 3-4 Rd g. e d. Rf g. per non frodare il comune che d. 4 Nh si p. Rf per gli ufici 4-5 Le Ra che stando nellu- 1.Varnhagen: «Valerio e Bruto, consoli romani», adottando il titolo di Na. 2. fuoro: per la forma si veda A. Schiaffini, Note sul colorito dialettale della Divina Commedia, in «SD» xni (1928), p. 405. 3. Lo Nigro: «guardosi sic le mani», secondo La. - Varnhagen: «da li mali», seguendo Na. 3-5. «... che... sì... che: per l'accumulo delle consecutive cfr. Segre, Sintassi, p. 213. 4. questo officio: intendi la carica di console. In officio si noti la conservazione della o protonica, per cui vd. Crespo, p. 32 con ampia bibliografia. — comune: con la consueta attualizzazione, propria del Medioevo, di usi costumi istituzioni ecc. dell'antichità. Cfr. Maggini, Ili - VALERIO IH sciando tutte Futtilitadi sue; sì che quando morìo no li si trovò tanto, onde si potessero fare le spese de la sepultura. Questo Valerio, essendo consolo de' Romani, suoi palascii e sue torri ch'ierano in Campidoglio, fece abattere, per ciò che pareano più alte che quelle dei suoi vicini. fido del comune lasciando tucte le sue utilitade divenne si povero che q. Nh inlasciando 5 Nb om. tutte Rf tutti La Nf Nh Rd le sue utilitati Rf e suoi fatti e utilitadi Nh om. sì Nd si morie Ng morio ne luficio Nh om. li 5-6 Rf m. non avea di che fare 6 Le Ra t. che se gli p. Nh t. del suo che si p. Rb t. che se ne p. La t. da fornire le Lb Le Nb Nd Ne Nh Ra Rb Rd potesse Le Ra la spesa Rf alla s. 7 Rf om. Questo Valerio Nh Valeriano Rf ed e. Le Nb Ra di roma Rf om. de' R. Le Ra avea suoi Rf aveo e suio Nd i s. 7-8 Nb suoi torri e suoi palagi! 8 Rf om. e sue... ierano Le Ra om. sue Nb Rb Rf Campidoglio Ng Campidogli Le Ra et felle Ne battere Nh Rb abbassare 8-9 La Nf Rd C. pero cherano più alte che quelle de li (La om. li) suoi vicini siile fece disfare per non avere (La per ciessare davere) superbia Rf C. e fecie disfare e abbattere tutti quegli cheran più alti che quelli de suoi vicini e raghuagliare Nd ab. poch 9 Le Nd Ra erano Ne poteano op.cit. a 7.2. n. 23, p. 67 e si veda pure F. Lopez Estrada, Introducción a la literatura medieval espanola, Madrid 1970?, p. 86 e pp. 90-1. Comune è traduzione usuale di res publica, cfr. F. Maggini, Repubblica, in «LN» vili (1947), p. i ss. Su questa tendenza è però da vedere un appunto sobrio ma preciso di del Monte, pp. 45-6. 5. uttHitadi: diffusa la forma con geminata, cfr. DEI, s.v. 7. Questo... Romani: nei FH Valerius consul romanus si sostituisce all'Idem dello SH. 7-8. suoi palascii e sue torri: per l'omissione dell'articolo cfr. 11,15. Palagio è gallicismo, cfr. Bezzola, p. 254. 8. in Campidoglio: per la mancanza dell'articolo e in genere per il sintagma cfr. È. Poppe, In Calimala bene, in Porta Rossa meglio, in «SFI» xxvi (1968), pp. 55-6. IV EMPEDOCLES Empedocles filosafo disse che ne le cose del secolo tre sono le più speziali, cioè spregiare abondanza di ricchezze, desiderare beatitudine, chiararsi ne l'animo di buone virtudi. Testo in La Lb Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd i La Lb Ne Nf Rb om. Le Ra Epodocres Nb sentenzia dempiodes filosafo Nd sentenzia dempedocles filosafo greco Ng Empedocles fue filosopho Nh Popodiocles 2 La Impledocles Le Ra Epodocres Na Ne Empedoicles Nb Empiodes Nh opodiochles Rb mpedroches Le Ra fu altissimo philosopho et di grande ingiengno et fece molti libri de quali alcuna sententia appare apresso scritta nelle Nh fue filosofo e disse queste sentenzie nelle Rb om. filosofo Nb om. che 2-3 Le Ra del ciclo sono più iij le più spetiali et migliori cioè 3 Lb Na Ne Nh le principali Ne om. cioè La Le Na Ra Rd spregiare Nb Rb dispreizare Ne e in prima ispregiare Nf a spregiare 3-4 Le Ra et des. Ne la seconda des, 4 Nh la b. Lb Na Nb Nd Nf e e. Ne la terza e. Nf k(...) Le Nb Nd Ng Ra Rb Rd chiarirsi Le Ra veritade Nh dopo virtudi aggiunge: molti vivono chessi dilettano in mangiare e in bere ma io mangio e beio accio chio viva fassi le viciende altrui che non tescano di mente le tue quello chettu ai usalo in tal maniera che non ti bisongni laltrui afatichati anzi per te che per altri et in guadagniate e in guardare el tuo (ripetizione di VII, 19-21 e 23-6) 2-3. Varnhagen: «tre sono le principali», seguendo Na. 3-4. dispregiare... desiderare... chiararsi: per l'uso stilistico dell'«infinito nominale», cfr. Dardano, p. 86. Nei FH corrispondono sempre sintagmi nominali: «affluencie contemptus, future felicitatis appetitus, mentis illustracio». 4. chiararsi: dal lat. (se) clarare, cfr. DEI, s.v. - di buone virtudi: complemento di mezzo, cfr. Dardano, p. 256. V TORQUATO Torquato, consolo di Roma, fece per iustizia tagliare la testa al figliuolo per ciò che sanza suo comandamento avea combattuto e vinti quelli d'Africa. Testo in La Lb Le Na Nb Ne Nd Nf Ng Nh Ra Rb Rd i La Lb Rb om. Nb vita di torquato consolo di roma Nd de la grande iustitia che fue in torquato Nh tarquinio 2 Nh arquinio Le Ra T. fu e. La Ne Nf Rd dei romani Le Ra et f. Nh fece questa giustizia che taglio la Le Ra mocare 3 La Le Ra pero Ne om. per e. 3-4 Le Ra chavea conbactuto sanc.a sua saputa et vinti 4 La Nb Nd vinto Ne afrita 1. Per tutto il capitoletto cfr. Studio preliminare, 3.2. — Torquato: è il «Torquato giudicatore del suo figliuolo a morte per amore del publico bene» (Dante, II Convivio, a e. di G.Busnelli e G.Vandelli, Firenze 19^4, iv,5, pp.^a-3). 2. consolo: si noti il metaplasmo dalla in alla il classe. - Varnhagen: «de' Romani», seguendo Nf e l'ediz. Palermo. 4. vinti: per la concordanza cfr. 11,11. VI IPOCRATE Ipocrate medico fue. In quel tempo, essendo una donna Testo in La Lb Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd i La Lb Ne Rb om. Le Ra Ipocrasso Nb exemplo de Ypocrita Nd un sot tile amaestramento dypocras Ng Ypocrates 2 Nb Ipocrita Nd Ypocrates i. Sul tema ò.z\Vexemplum si confronti Ibn Hazm de Córdoba, El collar de la paloma. Tratado sabre el Amor y los Amantes, trad. de E. Garcìa Gómez, pròlogo de J. Ortega Y Gasset, Madrid 1952, pp. 101- 2: «Se cuenta asimismo de un fisiognomista experto que le trajeron un nino negro nacido de dos padres blancos. Después de haber examinado todos sus rasgos, comprobó que era de ambos, sin duda alguna, y entonces pidió que le llevaran al sitio en que liabìan cohabitado los padres. Al entrar en la habitación en que estaba el lecho, vió la imagen de un negro en la parte del muro donde recaia la mirada de la mujer. «Por culpa de està imagen — dijo al padre — has tenido este hijo». Si noti che il particolare della dissimiglianza tra figlio e genitori conosce due varianti, quella del «figlio bellissimo» e quella del «figlio nero». La prima si legge, oltre che nello SH, anche nel Liber de vita et moribus philosophorum di Walter Burley, che corrisponde quasi alla lettera allo SH, e in un ramo della tradizione delle Vite dei filosofi (cfr. Studio preliminare, 4.8.), p. es. nel ms. N: «... avea partorito uno molto bello figluolo yl quale non somilglava ne al padre ne alla madre...». La seconda variante è però presente, oltre che nel citato Collare della colomba, nell'incunabolo veneziano (1480) delle Vite dei filosofi, (vale la pena di riportare l'intero passo): «Essendo uno re che voleva fare morire la moglie che haveva partorito uno figliuolo nero, credendo che lei avessi avuto a fare con VI - IPOCRATE incolpata d'avolterio per ciò ch'avea parturito uno figliuolo bellissimo che non somigliava né padre né madre, e Ipocrate, sentendo la questione, disse: «Guardate ne la camera, che non v'abbia sumigliante figura». E cercata la camera, fue trovata una imagine simigliante al fanciullo, sì che la donna fue fuori del sospetto. La Lb N£ Rd fu medico Le Ra fu sommo m. Nb fue grandissimo m. La om. in quel tempo Lb e quel t. Lb Na Nb Ne Nh Rb ed essendo Nf e secondo 2-3 Le Ra m. e essendo in quel tempo incolpata una donna davolterio 3 Le Ra pero che Rb perche La kellavea Le Ra fatto Na parturita Nh portato 3-4 La uno b. f. 4 Lb Le Na Nb Nd Ne Ng Nh Ra Rb om. bellissimo La lo quale Nh sembrava Le Ra s. lei nel padre questo ipocrasso Lb Pocrate Nd Ypocras 5 Le Ra sentendolo disse 5-6 Le Ra e. ovella il partorì se ve niuna figura che somigli il fanciullo 6 Nd avesse La cercato nella camera Lb Na Ne si fue Nh si vi fu 6-7 La Nb trovato Le Ra e guardandovi trovarono 7 La Nf Rd om. una La Nf Rd somigliante figura al Nb figura Nh f. et per questo la Rd ne fue un saracino schiavo, Ypocras liberò quella donna dicendo quello procedere perché nella cortina era dipinto uno schiavo nero». S'aggiunga, a documentazione dell'intrecciarsi delle varianti, che proprio nel codice laurenziano dei FH la lezione pulcerrimum del testo è espunta mediante i puntini sottoscritti e sostituita, in margine, con la variante (d'altra mano) nigerrimum (cui seguono due parole indecifrabili). a.Varnhagen: «Ipocrate medico fue in quello tempo», con diversa interpunzione (ma non si vede, in questo caso, a quale tempo ci si debba riferire). 3. avolterio: è un gallicismo, cfr. T-L, s.v. avouterie e SW, s.v. avouteri. - parturito: latinismo (per la u intertonica), cfr. DEI, s.v. 4. e: paraipotattico, perché introduce la sovraordinata, ma nello stesso tempo la coordina alla precedente subordinata; cfr. in modo particolare L. Sorrento, Sintassi romanza, Varese-Milano, p. 35 ss. e Trolli, pp. 141-2. 6. somigliante: la u per effetto della labializzazione provocata dalla nasale bilabiale. Nel capitolo si succedono le tre forme: somigliava (riga 4, anch'essa con labializzazione, ma non spinta al massimo grado di chiusura della serie vocalica posteriore), sumigliante e simigliante (riga 7, forma etimologica). — Varnhagen: «si fue», seguendo Na. VII SOCRATE Socrate fue grandissimo filosafo in quel temporale. E fue molto laido uomo a vedere, ch'elli era piccolo malamente, el volto piloso, le nari ampie e rincazzate, la testa calva e cavata, Testo in E (15-42) La Lb (1-22) Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd (1-5) Re (31-2, 34-6) Rf 1-30 Re om. 1-15 E (...)stoni i La Lb Ne Rb Rf om. Nb sentente de Ypocrite Nd de la qualità de Socrate e de suoi fiori 2 Nb Ipocrate Le Ra Rf om. in quel temporale Nd tempo 3 La laidissimo Rb rusticho La Nf Rd om. uomo Rf om. a vedere Rb om. eh' Le Ra om. ch'elli era Rf om. era... malamente Nh era molto piccolo el Le Ra piccolissimo La Nh Rb e avea il Le Ra col Rf avea il 4 Nh elle n. Nd gli anari Rd e li anari del naso Rf e le nare Nd Ne ampi Ne rinchazzati Nf rincalzatae Rb 3. laido: gallicismo, cfr. Bezzola, p. 236. — a vedere: per i valori della preposizione a cfr. E. De Felice, La preposizione italiana a, in «SFI» xviu (1960), pp. 169-317; per questo costrutto sintattico vd. pure Bardano, pp. 261-2. 3-5. el volto... ravolte: accusativi di relazione. 4. Varnhagen: «rincagnata», seguendo le edizz. Nannucci e Palermo, dove però si tratta di lezioni congetturali, e degradando in facilior. In rincazzate (probabile hapax) si noti la presenza del suono affricato sordo, che ritroveremo nel diminutivo capelluzzi (riga 13) e che conferisce un sapore comico-realistico a tutto l'episodio. — Varnhagen: «canuta», seguendo Na e, anche qui, rendendo faciliorem il dettato. VII - SOCRATE j j -j piloso il collo e li omeri, le gambe sottili e ravolte. E avea due 5 mogli in uno tempo, le quali contendevano e garriano molto spesso perché '1 marito mostrava amore oggi più all'una e domane più all'altra. E questi, quando le trovava garrire, sìleinnizzava per farle venire a' capelli e faceasine beffe, veggendo ch'elle contendeano per così sozzissimo uomo. Sì che un gior- io no, faccende questi beffe di loro, che si traeano i capelli, quelrincagniate Nh ed avea la t. Rf e la t. Lb Na Ne Nh Ng e canuta 5 Nh el collo piloso Rf om. piloso Ne collo omeri Rf o. pilosi La Ne Ne Nh Rd Rf e le g. Lb solile r. Rf r. ed era molto piccolo 6-42 Rd om. mogli... persona (per caduta di una carta) 6 Rf figliuole La Nf in quel tempo Nd om. i.u.t. Rb a un otta Na contenderiono La molto contendeano e garivano insieme e tencionavano Nf e. insieme e garriano e tencionavano molto 7 Le Ra insieme Nh insieme spessamente Rf om. spesso La per ciò chel marito Rf perche Socrate Nh om. amore Nb Rf o. più amore alluna Nf o. alluno Ne om. e 7-8 Le Ra ora più amore alluna ora allaltra Rf alluna che allaltra e domane più allaltra che alluna La amore o a luna o a laltra poi che Socrate le 8 Nd Nf om. più Nf om. e Nh la Ne garrine La Le Ra om. sì Nh essi Lb Na Nb Ne om. le 8-9 Le Ra latticgava et facievale v. 9 Lb far Nh v. alla zuffa ed a e. Le Ra et poi se ne facieva beffe Le Ra vengiendole contendere io La perkele Nf Ng ellì Nb condepnavano La di cosi La Nf vilissimo u. Le Ra contrafacto u. Ne laido u. Nh ladissimo huomo comegli era Rf soza creatura 10-2 La giorno venne kele si tiravano i capelli ed elli facea beffe di loro ed elle se naviddero e in concordia io-1 Le Ra Rd un di 11 Rb faccendosi Rf facciendosene Lb Nb queste Le Ra costui Rb questo Rf om. q. Rf om. di loro Rb perche Lb si teneano Le Ra Rf si tiravano Nb si trovavano Ne serano prese Lb Na Nb Ne Nh ai e. Le Ra Rf per li e. 11-2 Nb quellino Ne Ng Rf e quelle Nh Rb elle 12 Le Ra Rb Rf di e. Nh concordevolmente Lb Na Nd Ne sissi 1. Nd partirò La Lb Nd Rf vennerli Le Ra rivolsonsi Ne venorli Nb 5. ravolte: insomma un Socrate basso, negroide, scimmiesco, platicefalo e rachitico. 6. Varnhagen: «garriano insieme», secondo Nf e l'ediz. Nannucci; malgrado nella fonte latina si legga inter se, l'intervento mi sembra inutile. 7-8. domane: per l'atona finale vd. Rohlfs, 142. 8-9. innizzava: per scambio di prefisso con aizzava. 9. faceasine: secondo la così detta legge Tobler-Mussafia, il pronome atono è enclitico quando il verbo è all'inizio di proposizione o dopo e, ma. - veggendo: con estensione analogica del tema del presente. n. faccenda: cfr. la n. precedente. — Varnhagen: «ai capelli», seguendo Na. Il8 FIORI DI FILOSAFI le in concordia si lasciato e vengorli indosso e méttollosi sotto e pélallo, sì che di pochi capelluzzi ch'egli avea no li ne rimase uno in capo. E quelli lievasi e viene fuggendo e quelle co 15 li bastoni battendolo tante li diedero che per morto il lasciare. Sì che allora si partìo con aliquanti discepoli e andonne in vennorgli Le Ra inverso lui Rb Rf adosso La Nd miserie Le Ra missolo Nb mettendolosi Ne Nf mettolo Ne misorlosi Nh misselsi Rb missolosi Rf misselosi 12-3 Rf sotto e trassegli quegli pochi 13 La Le Ra pelarolo Lb pelarlo Ne om. che La Nf om. di La Nb Nd Nh Rb Rf capelli Na Nb Ne Nf Rb om. egli Nb no ne li 13-4 Le Ra si che non gli rimase capello in capo Nd non gli lasciaro neuno Nf rimasero Rf om. li ne... capo La Nh veruno Rb niuno La Nd om. in capo Le Ra Rb et egli La levossi Na vienne Ne Rf venne Rb va Rf f. loro tramanno e La Rf elle Le Ra elleno Nb quellino La Rb dietrogli co. 14-5 Le Ra et egli allora si fuggì dalloro et elleno co b. Rf ed elle battendolo co b. 15 Nd cacciandolo Ne bastoni gli corsero dietro et. La e diedorli tante che E e tante Ne Nf Rb e tante Na Nb Nd tanto Rf om. tante li diedero Rb gliene dierono 16 12. Varnhagen: «sissi lasciaro», seguendo Na. - Varnhagen: «vengonli», seguendo Nf e l'ediz. Palermo; ma in Nf non si legge la lettera tra la o e la / e la lezione di Re è vengorli. Tuttavia si tratta sempre di presente indicativo, col noto passaggio -no>-ro (vengono>vengoro], tipico - anche se non esclusivo - del fiorentino. Cfr. Parodi, Rima, p. 255, NTF, p. 155, n.4. L'alternanza di tempi principali e tempi storici (qui ad es., nelle righe 12-6 si vedano i presenti vengorli, méttollosi, pélallo, lievasi, viene e i passati remoti lasciarono, rimase, diedero, lasciaro} è tratto assai diffuso nei testi narrativi dugenteschi; cfr. Segre, Sintassi, p. 207. 12-3. méttollosi... pélallo; entrambi con assimilazione della nasale. 13. di: equivale a dei, cfr. Loach Bramanti, art. cit. a 1,2, pp. 37-40. - capelluzzi: per il diminutivo cfr. M. Sigg, Die Deminutivsuffixe im Toskanischen, Bern 1954, pp. 244-6, Rohlfs, 1041, Tekavcic, 1886. Si ricordi anche che su questo suffisso è giocato tutto il sonetto di Dante «Sennuccio, la tua poca personuzza». — Varnhagen: «c'avea», seguendo Na. 14. Varnhagen: «vienne», seguendo Na. 15. Varnhagen: «tanto», seguendo Na. - per morto: sull'uso della preposizione si cfr. Giamboni, Libro, xvn,7: «...isaminare l'uomo anzi che per fedele sia ricevuto». 16. Sì che: coordinante; su quest'uso cfr. Segre, Sintassi, p. 180. Varnhagen: «sissi partio», seguendo Na. Per partirsi, cfr. Ageno, p-9i. VII-SDORATE 11 C) uno luogo campestre e remoto da le genti per potere meglio studiare e ivi fece assai libri dei quali son tratti questi fiori. Molti vivono acciò che si dilettano in mangiare e in bere; ma io mangio e beo acciò ch'io viva. 20 Fa sì le vicende altrui che non t'escano di mente le tue. Fa sì prò' a l'amico che tu non nocce a te. Quello che tu hai, usalo in tal maniera che non ti bisogni l'altrui. Affaticati anzi per te che per altrui. 25 Lb Na Ne sissi p. Rf egli si p. La a. suoi d. Le Ra andossene 17 Ne compestre Rb foresto La Ne Nf e. cioè r. E Lb Ne Ng Rb Rf om. e Lb remota Rb rimosso Lb Nb la Le Ra r. di g. Le Nb Ra gente 18 E e li f. E La Le Nd Nf Ra Rb Rf molti Rf 1. e qui no alquanti fiori Le Ra q. alquanti fioretti sono scripti appresso Na Nd Ne si sono E trati fuori molti esempi in questo modo Ne f. li quali noi diremo 19 Lb molte Rf molti huomini La Nf molti sono che si d. Nb om. si Le Nd Ra dilettino Lb mangiari Rf in bere e in mangiare 20 La Ne Nf e io Le Ra non mangio Rf om. e beo Le Ra ne beo se non e accio Nb io va 21 Ne a si Rf li fatti Rf e tuoi 22 La Nf si per li amici tuoi che non Ne si a li amici che non E Nh amico tuo E Lb Le Na Nd Ne Nh Ra te medesimo 23-42 Lb tale maini(...) 25 Nd faticati La anci per te che per altrui tafaticha Rf e anzi tafatica in tua utilità che in altrui Rb innan?i Le Ra innanci te 25- 6 Ne Rb Rf altrui in 26 E Ng e di guadagnare Le Ra et se vuoli g. Nh 16-7. in uno luogo... genti: l'espressione richiama Giamboni, Libro, 1,5: «in più oscuro e salvatico luogo, e più rimosso da genti» (e si vedano altri esempi, estratti dalla Vita Nuova, addotti da Segre in nota al luogo cit. del Giamboni). 17. campestre: per il metaplasmo di declinazione si veda F. Brambilla Ageno, Metaplasmi nominali nell'antico toscano e umbro, in «SFI» xii (1954), p. 320. 18. dei: comune l'uso di di, invece di da, per indicare la provenienza; cfr. Bardano, p. 257. - Varnhagen: «si sono», seguendo Na. 19. Varnhagen: «delettino», seguendo le edizz. Nannucci Palermo Cappelli; ma per gli ultimi due editori la lezione è congetturale; dilettino si legge solo in Nd Rf (ricordo che Nannucci adoperava Nd oltre a La). — dilettano in mangiare e in bere: per la costruzione del verbo cfr. Ageno, pp. 54-5 e Bardano, p. 267. 19-20. dilettano... viva: si noti l'incertezza nell'uso del congiuntivo. I2O FIORI DI FILOSAFI E in guadagnare e in guardare l'avere si conviene avere senno e misura. Chi s'afretta di consigliare sì s'afretta di pentere. L'afrettare e l'ira son troppo contrarie al buono consiglio. 30 Co li amici si conviene brieve parlare e lunghe amistadi. A sé medesimo niega il servigio quelli ch'adomanda cosa ch'è malagevole a donare. Il male altrui noi ti fare allegrezza. Cominciamento d'amistade è ben parlare. 3:5 Cominciamento d'inimistade è la lingua villana. L'amico di rado s'acatta e legiermente si perde. in guardare ed in guadagnare E Na Ng e di guardare E Ne Ng om. l'avere Le Ra guadagnare bisogno e che tu abbia Nd Nh om. avere 27 E om. senno e La senno avere e Nb senno e misura avere Rf e chura 28 E e chi Ne Nf Rb om. si 28-9 Nb Rb la fretta Rf a. o 1 i. 29 Na Nd Ne si s. Rf om. troppo Na contraire Nd contradio Nh contrario Rb Rf contrarii Nb abbino e. Rb a buon consigli 30 Le Ra si dee Le Ng Ra brievemente La e. avere brieve parole Le Nd Ng Ra Rf lunga Na longe Le Ra amistanza tenere Rf amista mantenere 31 E om. eh' La Le Nd Nf Nh Ra s. chi a. 31-2 La Nf quello che Le Nh Ra cosa che sia 32 Nb m. ad avere o a d. Re impossibile a dare Na e d. Rf d. altrui 33 Re om. E de lo m. Le Nb Ra Rb del m. Ne di m. Rf laltrui male E Nb Ne Rb non Na faire Le Ra non ti ralegrare pero che Cominciamento del tuo Rb non mostrare 34 Le Nd Ng Nh Ra il ben Re in bene Rf il bel 34-5 Le Ra p. et dinimista 35 Nb de nemistadi La Nf Rf om. la Le Ra 1. pilosa 36 E om. di La Nf a Nh charamente Re om. di rado Le Ra Rf 26. in guadagnare e in guardare: per la frequenza, nella letteratura del Duecento, del costrutto '*'« + infinito', cfr. Bardano, pp.26^-7. Guardare è gallicismo semantico. 28. -pentere: per l'uso riflessivo cfr. Parodi, Rima, p. 252 e Ageno, p. 134. 29. Varnhagen: «Si sono», seguendo Na. — frappo: con valore di molto, anche in ant. prov. (cfr. SW, s.v.) e in ant. fr. (cfr. Godefroy, s.v.). E si veda anche la vecchia thèse pour le doctorat di H. Hultenberg, Le renforcement du sens des adjectifs et des adverbes dans les langues romanes, Upsal 1903, p. 67. 34. Cominciamento: il suffisso (su cui vd. Rohlfs, 1091) è molto diffuso nella lingua antica; cfr., nei FF, gastigamento, ¥111,26-7; dispregiamento, xxiv,129-30; conoscimento, xxiv,2i6; mostramento, xxiv, 224 ecc. - amisiade: gallicismo (come, alla riga successiva, inimistade), cfr. Bezzola, p. 224. 36. acatta: gallicismo. VII - SOCRATE j 21 Non imponere altrui quello che tu non potresti patire. Dona quello che disidere che ti sia donato. L'uomo presente non si conviene lodare. Non t'apressi a la lingua, ma stea sopressata nel cuore la 4° parola che sera parlata a te solo sanza più. Se farai bene, tu a te darai autorità di persona. di leggieri 37-42 Re om. 37 La Nf impromettere Le Ra porre Nh fare E Ng ad altrui E potesi La Le Ra Rb Rf puoi Nb possa Nf piuoi Nh volessi E per te sofrire La Nf donare Le Ra portare 38 Rf chettu d. Nd che sia donato te Rb che atte sia d. 39 Le Ra al buono non ista bene lodare se medesimo Rb u. che p. Na coviene 40-2 Le Ra om. 40 Rb opressi La Ng Rb om. a Ng sopessata 40-1 Nh lingua la parola che di te atte senza altrui ma atte stea soppressata nel quore 41 Nf parole Rf detta Rf om. solo La che fia parlata a te in secreto 42 La se tu f. Rf starai b. La b. si darai a te darai E utelita Ne om. di persona 40. apressi: con valore riflessivo, cfr. Ageno, p. 58. Vili PLATONE Fiatone fue alto filosafo e fue discepolo di Socrate e nacque abiendo Socrate .xliij. anni. Leggesi che Fiatone nato, dormendo ne la culla, api venne- 5 ro e recavano e poneano mele a le labra del fanciullo, signiTesto in E (1-3, 13-35) La Le Na Nb Ne Nd (i, 32-5) Ne Nf Ng Nh Ni Ra Rb Rd (29-35) Re (32-35) Rf (1-12, 32-5) 1-31 Re om. 1-29 Rd (...)talita dellanima i E La Ne Nh Ni Rb Rf om. Na Fiatone fue alto filosafo Nb nutrimento di Fiatone Nd una sentenzia di Fiatone 2-31 Nd om. 2 Nh om. alto Rf om. e fue Nh om. fue 3 La om. abiendo Socrate 4-12 E om. 4 Rf e 1. La P. quando fu n. Le Ra om. nato Ne noto 4-5 Rf lape apportavano mele Le Ra venivono Nh venieno 5 La e riceveano Le Ra e cercavano mele Ne Ng om. er. Nh e recavano mele Ni et rinunziano Nb mele arbori del La a le labra sua Na Ne ne le labbia Rb alla boccha Rf traile suie labbra La Le Nh Ra Rf om. del fanciullo Ng fanelilo 5-6 Le Ra ponevogliele alla bocca sign. Nh ponevani. L'ultimo capoverso è, nella fonte latina, riferito ad Archita di Ta- ranto. 3. abiendo Socrate: gerundio assoluto, cfr. S. Skerlj, Syntaxe du partecipe présent et du gérondif en vieti italien, Paris 1926, cui saranno da aggiungere almeno le osservazioni di Segre, Sintassi, passim e Ageno, passim. Cfr. anche Bardano, p. 2145. 4. Plafone nato, dormendo ne la culla: participio e gerundio assoluti, cfr. la n. precedente. 4-5. vennero e recavano e poneano: cfr. n,6; i FH hanno soltanto inserebant. VIII-PLATONE 123 ficando dolcezza e soavità di parlare, la quale ebbe sopra tutti i filosafi. E quando il padre il menò a Socrate che l'amaestrasse, Socrate disse, vegendo la labbia del garzone: «El sogno mio è compiuto». Avea sognato la notte che nel seno li volava un io pulcino di molto bianchissimo colore e con molto chiara boce, e del suo seno uscia cantando e volava in cielo. Piato, essendo sommo filosafo, era molto ricco, sì che un altro filosafo, ch'avea nome Diogene, venne a lui e trovò grandi letta ne la camera sua. No li parlò se non che co li pie- 15 lo nelle sue labra sign. Rf eccio significava 6 Ne om. e Ni savio Nh parole Nf om. le quale Ng lo q. Rf come 6-7 Nb Rf tutti altri f. 8 Na Ne Ng om. e Le Ra om. che l'amaestrasse 8-9 Le Ra ed egli Ne Ng Rf e Socrate Nh om. S. 9 La Le Ne Ra Rf om. disse Rb disse disse Nh veggio Nf Rb Rf le La Nb Nf Rb fanciullo La fanciullo disse Le Ne Ra Rf g. disse 9-10 Le Ra ora e denpiuto il mio sogno io La kio avea Le Ra Rf che avevo Nb anci a. Ne chavea Nh Socrate a. Nb sengnato La notte dinanci Na del s. Nh di s. Ne Ng Ni uscia Nh andava io-1 Le Ra s. gli volavano ucciellini 11 La om. molto La Le Ni Ra molta e. 11-2 Rf colore e uscivano e. Ng boce del 12 La senno suo Nb suo senno La om. cantando Le Nh Ra volando Nb voleva Rf volano La a cielo cantando con kiara voce Nb in cielo vita del detto Fiatone Nh in cielo Fiatone 13-31 Rf om. 13 La Ne Nf Nh Fiatone Le Ra a questo Fiatone Le Ra cosi s. Le Ra f. et m. Le Ra ricco venne venne un 14 Ne Rb il quale La venne un giorno a lui Le Ra om. v.a.l. 14-5 Ne e trovollo nella chamera nella quale avea un bellissimo letto no Le Ra et trovogli grande e belle letta nella camera et trovandole senza dire niente co 15 La grandissimo e adornato letto Ne Nf gran letto Rb grandissime letta Nb Ne Ng om. sua La Dio- 5-6, significando: per il gerundio con valore di participio presente, cfr. Segre, Sintassi, pp. 122-5. 8. Varnhagen: «Quando il padre», seguendo Na. — che l'amaestrasse: relativa finale. 9. garzone: gallicismo, cfr. Hope, p. 104. 10. la notte: sottinteso precedente. 11. molto bianchissimo: comune, neìì'usus scribendi dugentesco, l'avverbio molto per rinforzare il superlativo; basti il molto bellissimo Narcis del Novellino (xLVi,3). 11-2. boce: la forma, con betacismo della labiodentale sonora, è diffusamente toscana e tipica fiorentina; cfr. NTF, p. 22 e Rohlfs, 167. 15. letta: per il tipo di plurale cfr. Rohlfs, 217. - Varnhagen: «et no li parlo», seguendo Na. — se non che: 'ma'. 124 FIORI DI FILOSAFI di fangosi abatteo il letto, calpitando coltri di porpora; e quando avea forbiti i piedi ed elli tornava fuori e rinfangavalisi vie più e tornava a ricalpitare il letto. E partisi e disse a Fiatone: «Così s'abatte la soperbia tua con un'altra soper- 20 bia». E allora Fiatone si partìo e andonne con suoi discepoli in Academia, in una villa di lungi a città, non solamente diserta, ma pestilente, acciò che l'asperità del luogo rompesse la volontà de la lussuria de la carne. Flato, essendo troppo caldo centra uno suo servo per of- 25 fensione che li avea fatta, temendo di non passare il modo de gene vedendo questi ornamenti non Na Nh et no Ne e questo Diogene no 15-6 Rb parlo ma co piedi tutti fangosi 15-18 Ne senno in questo modo chelgli sinfangho i piedi nel loto e chosi fanghoso salio in sul letto e scalpito tutto il letto e forbissi i piedi finemente e poscia si uscio fuori e rinfanghossi anche i piedi e ritorno anche in sul letto e schalpitollo La fangosi scapitava il letto il quale era ornato di porpore e poi tornava fuori e rinfangavasi i piedi e andava anche a ritropiciarlo i letto 16 Le Ra fangosi ando scalpitando tucte le decte lecta abbattendo colore di porpora E disfece Ne abattea Ni ando Nf om. abatteo il letto Ni al 1. Nb calpestando Nf calpitava Ng e calpito Nh e rischalpitava Ni schalpitava Rb scalpitando Nf coltrici Ni choltrice Nb e. de la p. 17 Le Ra Rb savea Ne aver Ne forbito E t. ne la strada Ng li t. 17-8 E Na e infanghavasi i piedi E infang. ancora i piedi e 18 Le Ra om. vie... a Na retornava Na a ricalpirtare Nb ad ricalpestare Ng Nh Ni ad scalpitare Rb e riscalpitava E e quando ebe cosi fato p. La Nh e poi si partio Ne p. allora e E Ng Ni om. a 18-9 Le Ra e riscalpitavale e allora parlava e diciea o Fiatone 19 Nh om. Fiatone La e. abatto io Nf e. abatti Nb Ni t. come u. 19-20 Ng altra e allora 20 Ne om. e E si parti Fiatone Ne sissi p. 20-1 La p. con tutti i suoi discepoli e andonne in una villa chavea nome Caddena di 1. Nh disc. innanzi andava lungi de cittadini non 21 Le Ra Macedonia Nb Cademia Ne Nf Academa Ni Chedania Le Ra a una Ne di lunga e. E a la e. Le Ra da genti Rb dalle e. 21-2 Ni diserti 22 La aspra Le Ra pistolenciosa Nf molto aspra La che la forca Ng che laspita 23 La Nf v. della superbia e della 1. Nb Ne Nh om. de la lussuria Le Ra r. la superbia e la volunta della e. Nh dopo la r. 23 presenta il seguente ordine: 28-31, 24-7, 32-5 24 E La Le Ne Ra Fiatone Ne adirato E suo disipolo overo s. 25 E Ne fat- 17. forbiti: per la concordanza, cfr. ¥,4. - ed: paraipotattico, cfr. vi,4. 17-8. Varnhagen: «et infangavasi», seguendo Na. 24. cantra: forma normale, cfr. Trolli, p. 62. 24-5. offensione: gallicismo, cfr. Bezzola, p. 253. 25. temendo di non passare: comune il non pleonastico nella costruzione dei verha timendi, cfr. Segre, Sintassi, p. 144 e F. Brambilla Vili - PLATONE 125 la vendetta, commise a uno suo amico l'albitrio del gastiga- mento. Fiatone fece più libri, tra i quali ne fece uno de la immortalità dell'anima; el quale libro legende un altro filosafo, sì si gittò a terra d'un muro, vogliendo morire per desiderio d'ave- 3° re megliore vita. Fiatone dice ch'el più mortale nemico che sia si è la volontà del corpo, che nonn è neuno peccato né sì grande malificio né sì grande reta che la volontà de la carne non vi conduca l'uomo. 33 to Na Nh et. La t. Fiatone di Ne mondo 25-6 Nh passarlo sii mando e chommise la vendetta in uno Ne m. e la v. 26 Le Ra v. e della corectione Ne om. a Le Ra la libertà del 28 Le Ra Rb Piato La Nf f. molti 1. Le Ra 1. de q. Le Ra ne fu 28-9 La Nf Ni mortalità 29 La animo La Na Ne legendolo E Ng Rb om. si 29-30 La om. si... muro 30 Nb Ne Ng in t. Ne da muro E om. desiderio d' 32-5 Ni om. 32 E La Le Ra disse La n. delluomo Re Fiatone dimanda al filosafo che e la v. Le Ra n. chegli avesse al mondo era la v. La om. che sia si 33 Re corpo egli non La veruno Le Ra nessuno Rf niuno La Le Ra Re Rf si gran p. Nh p. si grande ne neuno m. Le Ra ne malificio E Ne Ng Re om. né si grande malifizio 33-4 La ne veruna reta ne si grande malificio 34 Nh Rf om. né sì grande reta Rf che questo maledetto peccato della e. E om. de la carne La om. vi Nh vinca Re ve lo conduca 35 Re om. l'uomo Ageno, L'uso pleonastico della negazione nei primi secoli, in «SFI» xiu (1955), p. 339 ss. — modo: latinismo semantico. 26. commise: altro latinismo semantico. - albitrio: la forma, con dissimilazione regressiva, è comune nella lingua antica. 26-7. gastigamento: per l'occlusiva sonora iniziale cfr. Rohlfs, 151 e Tekavcic, 233. 28. ne: pleonastico. 29. el quale libro: per la ripresa col relativo cfr. 1,3. — Varnhagen: «legendolo», seguendo Na. 30. vogliendo: col tema rifatto sul presente. 32-3. volontà: traduce il lat. voluptas. A testimonianza di una facile confusione dei suoni cfr. Dante, Convivio, ed. cit., iv,6: «Epicuro (...) disse questo nostro fine essere voluptade (non dico 'voluntade', ma scrivola per P)». : la forma, con epitesi sintattica, ritorna spesso nel testo (xi,6,i7 ecc.). IX DIOGENE Diogene fue filosofo. E per lo grande freddo usava uno mantelletto d'un suo discepolo; el celliere suo era una taschetta; el cavallo suo era uno bastone con che s'apogiava perch'era debole. E di questo Diogene parla Seneca e dice che Diogene era più ricco che Alessandro, che possedeva il mondo, per ciò che più cose erano quelle che Diogene non volea che quelle che Allessandro potea dare. Diogene diceva: «Da la coscienza muove lo male che parla la lingua». Testo in E La Le Na Nb Ne Ne Nf Ng Nh Ni Ra Rb Rd 1 E La Ne Ni Rb otn. Nb vita di ongne filosafo Nf Rd fiori di Diogene 2 Ni ora. e Na par Le Ra per tempo del g. Nh per la grande freddura Na grande La Nf Rd portava 2-3 Nf Rd lo m. 3 La Le Nb Nf Nh Ni Ra Rb Rd mantello Lb e lo e. La Nf Rd el suo e. Le Ra el ciedro suo Nh el tagliere suo La celliere e la sua casa era una sua t. Le Ra si era 3-4 Na tasceta Nb casetta 4 Nb e lo e. Rb et il e. La Nf Rd el suo e. Nf lo b. La Le Ra col quale egli s. 5 Le Ra pero eh 5-6 La Nf Rd per la debilecc.a di se e di q. 6 Nh om. di La Nh parlo Nb parlava Nf Senica Le Ra egli era 6-7 Na e(...) più 7 Le Ra A. che reggieva in quel tempo quasi tucto il mondo Le Ra pero che 8 La sono q. Rb om. che Diogene... quelle 9 E Nh donare Rb dire io Le Ra disse La Le Nb Ra die. che d. E Le Na Ne Ra de la Nh conoscienza io-1 La muove la 3. celliere: gallicismo, cfr. Hope, p. 90. 3-4. tacchetta: cfr. Sigg (op.cit. a ¥11,13), nell'indice delle parole. 6. di questo Diogene: per la deissi cfr. 11,14. io. Varnhagen: «De la conscienca», seguendo Na. IX - DIOGENE I2V Diogene fue di troppo grande virtude e di grande contenenza. E ciò mostrò elli a la morte; che andando elli a uno tempio ove andava grandissima gente di Grecia, una febre con grande dolore li prese ne la via, ed elli si trasse a uno ar- 15 bore ne la grotta de la via. Li amici vogliendolne portare in sul cavallo o in su un carro, noi soferse, ma disse: «Priegovi che andiate là ove dovete, che questa notte mi proverà o vincitore o vinto. S'io vincerò la febre, io verrò al tempio e se la febre vincerà me, descenderò a lo 'nferno e serò fuori di pena 20 né non morrò, ma co la morte caccerò via la febre». cattiva parola che la lingua parla Ra perala la 12 Nb Diogige La Ne Nf Rd fece Nf Rd fece troppo Nb f. troppo di gran La Nf Rd grandi virtùdi Le Ra om. virtude e di grande La Nb Nf Rd e grande La troppo grandi 12-13 La contese Le Ra contenenza e fermerà Na Nf Ni Rd contecca Nh conoscienze 13 La Nb Nf Rd mostro a la Rd andandoa Le Ra al 14 Ni and. molta 15 La grandi La la Rd lo Le Ra f. il prese con grandissimo dolore nella Rb per la Rd om. ed Ne om. elli La fra se stesso si trasse Le Ra sacosto Ni sotto uno Rd a la 15-6 Nh albergho 16 La il quale era nella g. Le Ra chera in sulla g. Nf Rd alla g. E gli soi amici La Nh Rb li amici suoi Le Ra et gli a. La Le Ra volendotene 17 E suso un cavalo La suno e. Le Ra sun uno e. Ne su u e. Nh sun uno charro o sun uno chavallo E om. o... carro Le Ra overo carro Rb e in Nb Rd sul e. E egli no lo La non Na seferse E Rd e d. Rd d. loro p. 17- 8 La disse andate la dove dovete e di questo vi pregho 18 Le Ra om. che Nh ve ne a. Nb dove Ne dove voi d. Ed. andare E Ne Ng che in q. E Ne provero La Ne om. o 19-20 Nh notte voglio provare o sero vincitore o sero vinto Nf Rd p. o vincerolla o morrò 19 E e se io Rb om. io Nh io sarò vincitore la febre mi lasciera e verroe 19-20 Le Ra sella vincerà 20 Nh mi vincie Le Ra a limbo Na Ne Nh Ng Rb o sarò Le Ra om. e... pena Nb pene 21 La e non E morrò mai e con Le ma la febre caccerà via lo spirito Nh caccerò la febre via Nb om. via 13. andando: per il gerundio cfr. vili,3. 13-4. a uno tempio: nella fonte latina, invece, «ad agonem olimpia- cum». 15-6. arbore: latinismo (mancano la dissimilazione e il metaplasmo). 16. ne la grotta: 'sul ciglio', cfr. GDLI, s.v. grotta. 17. soferse: perfetto rizotonico sigmatico. 20. descenderò: senzo lo sviluppo e>i nella protonica iniziale. — 'njerno: aferesi. 21. né non: cfr. Rohlfs, 763. X ARISTOTILE Aristotile fue grande filosafo, discepolo di Fiatone e fece molti libri. E diceva che l'uomo non dee parlare di sé né in lode né in biasimo, che lodarsi è vanità e biasimarsi è follia. Dal troppo e dal poco si corrompe castitade e fortezza e dal mezzo si salva. Testo in E La (1-5, 8-27) Le Na Nb Ne Nd (1-22) Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd Re (4-5, 24-5) Rf (1-7, 13-20) 1-3 Re om. i E La Ne Rb Rf om. Nb sentente daristotile sommo filosafo Nd parole del filosofo Aristotile Nf Aristotile fiori Rd fiori daristotile 2 La Aristotile Le Ra om. grande filosofo Rf altissimo f. La Nh e fue d. Nf Fratone 3 Le Ra 1. de quali sono scritte qui certe sentenzie tratte dessi libri Rb 1. de quali sono tratte queste sentencie 4 Le Ra Rb om. e diceva che Re Aristotile dicie che Rf disse Le Ra luomo disse non Re non dee luomo Nd neuno uomo Nd om. non Le Ra Rd om. di sé La se medesimo Nb Rf se in E a 1. 5 La lodarsi luomo e Nb lodarsi e vantare e Na Nb Ne om. e Ne Nf Rd f. fiori daristotile 6-23 Re om. 6-7 La om. 6 Rf e dicie chel t. Le Nd Ra Rb del t. e del p. Le Ra rompe Na o fortecga Nh o fora Rf om. f. e 6-7 E Ne f. dal Rb del 8-12 Rf om. 8 4. dee: per l'epitesi cfr. Crespo, p-43 con bibliografia. 5. lodarsi... biasimarsi: cfr. iv,3-4. - Varnhagen: «vanitade, biasimarsi», seguendo Na. 7. mezzo: il giusto mezzo, Vaurea mediocritas o, in termini aristotelici, la mesótes. X-ARISTOTILE Molti quello ch'è secondo virtude non fanno, ma fuggendo a ragione pensassi essere filosafi e buoni, faccendo simigliante a l'infermi, che diligentemente e studiosamente odo- io no le parole dei medici e poscia non fanno neente di quello ch'è d'operare. Legieri cosa è partirsi dal senno e malagevole cosa è trovarlo e per ciò il troppo e 1 poco è di malizia e '1 mezzo è di virtude. 15 Quello che magiormente impedisce virtudi, maggiormente è da fuggire. Quelli è mal compagno che l'opera comune impedisce. Ne molte E La Le Ne Nh Ra Rd molti sono quelli (Nh di q.) che s. Nd quelli E Na Ne Nf Rb virtudi 8-9 La m. faciendo r. 9 Nh a udire r. Le Na Ne Ra Rb a ragionare Nf Rd r. si fanno e p. E pensano E Le Na Nb Nd Ne Ng Nh Ra Rb om. e 9-10 Le Ra simiglianti Rb simiglianca io La om. diligentemente e Le Ra studiosi e dil. Nf Rd s. e d. 10-2 Nd om. e stud... quello ch'è 1 1 La Le Ra poi Le Ra om. niente di 12 La deono imparare Le Ra e da fare Na Ng Nh e dadoperare Nd e adoperare Rd e da imparare 13 Nd Ne agevole Rf om. cosa E Rb e a p. Ne Nf e da p. Le Nb Ra Rb Rf segno E ma m. Le Ra om. cosa E Le Nd Ra Rf e a t. Rd a e. at. 13-4 E ritornali! Nd Nf Rf ritrovarlo 14 Ne e la mal. Nb om. e 15 Rd virtudi 16 Le Ra quelli La Nd Ra impedimentisce Rb om. virtudi 16-7 Rf impedisce lanimo più e 17 Nb schifare 18 Le Ra om. Nh e q. e La q. a m. E male Ne operazione Nh 8. Varnhagen: «virtudi». 8-9- fuggendo a ragione: adottando una posizione esclusivamente ra­ zionalistica. 9. pensassi: si noti l'assimilazione. 9-10. faccenda simigliante a: 'comportandosi come'. -LI. neente: per la e in iato cfr. Tristano Riccardiano, p.cxxxn. 13. legieri: cfr. Studio preliminare, 6.2. e n. 43. — partirsi: si veda E. Bianchi, Parole di Dante: partire, in «LN» vii (1946) pp. 1-2. - dal senno: allettante la variante di Le Nb Ra Rb Rf dal segno, che corrisponde al latino «(facile quidem diverti) a signo». - e: Varnhagen «ma», seguendo l'ediz. Cappelli (cfr. in apparato la lezione di E). 14. il troppo e 'I poco è: soggetto duplice ma verbo al singolare (concorda col soggetto più vicino). 16. Varnhagen; «virtude», errore di lettura dell'editore (anche Na ha virtudi) o forse errore tipografico. FIORI DI FILOSAFI Chi garrendo adomanda e chi risponde e non concede il di- 20 ritto follemente ragiona. Di neuna cosa ci dobiamo più vergognare che quando parliamo di Dio. Il buono uomo non sa patire né fare villania. La 'ngiuria sanza ragione fatta è disinore e infamia di colui 15 che la fa. Dei nostri nemici cercare e prendere vendetta doverne dentro a nostra magione. opere Ne om. comune Nh comuni E che imbriga la cosa comune Na om. impedisce 19 E cui dimanda gridando Le Ra om. e chi La o La Rf om. chi E om. e La r. o La Le Ne Nf Ra om. non E Rb cede La contende Le Ra cerne Na (.)ede Ne Nf Rd conchiede Nd ode Ne Nh crede Ng chiede Rf intende 19-20 Rf intende e detto folle mentre che ragiona 20 E ma f. 21-7 Rf om. 21-2 La Le Ra om. 21 Nb divina cosa a d. Rd dovremmo Rb d. v. p. 21-2 Nd che parlare di dio Nf che di parlare di christo Nh che di parlare male di dio Rd che di parlare di 23-7 Nd om. 23 Le Nb Ra Rb al b. Nb om. uomo Le Nb Ra Rb non sapartiene (Le Ra a. di) f. La p. di f. 24 Le Ra la lingua s. Nb Re ng. facta senza r. E Nh om. fatta Rd facta chi la fae e La om. disinore La Ne om. e infamia Re a colui 24-5 Le Ra r. fa disinore er danno et infamia accolui che la porta Nh dison. di colui chella fa ed infamia 26-7 Ne Re om. 26 La di n. E Le Na Ne Nh Ra vostri Nh famigliari E Le Na Ng Nh Ra cercate e prendete v. Ne prendete v. E Le Na Nb Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd om. dovemo 26-7 La Nb Rb dentro da 27 Na om. a Nf Rd dentro a la E Na Ne Nh vostra Le Ra vostre La Le Ra magioni Ne Ng aggiungono ne in piccola vita de luomo ne in piccolo tempo che luomo faccia buone operacioni non potemmo giudicare della sua fine luomo savio e (Ne si e) cosa optima iocundissima e delectabilissima luomo savio e vertuoso (Ne vertudioso) non si muove e non si turba per cosa contraria tenporale chelli possa avenire per ciò che già non sarebbe savio se elli si conturbasse 19-20. il diritto; 'il dovuto, il giusto'. 24-5. La 'ngiuria... la fa: Si noti che il testo dei FH è: «Viri boni est nescire pati vel facere iniuriam», mentre quello dello SH è: «Viri boni est nescire vel pati injuriam facere». 24. 'ngiuria: con aferesi. 26-7. Varnhagen: «Dei vostri nemici ceriate e prendete vendetta dentro vostra magione», seguendo Na. Si veda Studio preliminare, 5.8., il luogo nr. 14. 26-27. Lo Nigro: «dentro da nostre magioni», secondo La. XI EPICURIO Epicurio fue uno filosafo che non seppe lettera né non seppe disputare, ma disse molte buone sentenze, de le quali sono scritte qui aliquante. Chi ha pane e acqua quanto bisogna, sodisfa a la natura. Testo in E La Le Na Nb (1-17) Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra Rb Rd i E La Ne Rb om. Le Ra Fingono Nb sententie depicutio filosafo Ne Epicano Nf Epitaneo suoi fiori Ng E. philosopho Nh Pochario Rd Epitaneo 2 E Pichurio La Pittaneo Le Ra Pingorio Nb Epicutio Ne Epicanò Nd Epicuro Nf Rd Epitaneo Nh Pochario Rb (.)picino La Nd Nf Nh Rd om. uno Nh Rd f. et n. La Le Nb Nf Ng Ra Rb Rd e non Nh fil. e chi dicie chebbe nome epittaneo e non 2-3 Nd om. né... disputare 3 Nb disputare per se molte Le Ra e disse E La Le Na Nd Ra di molte 3-4 E s. in questo modo E om. de le... aliquante Le Ra quali aliquante scriveremo apresso 4 Nh a. disse cosi 5 Le Ra quante per bisogno E Na Ne Nh 2. non seppe lettera: 'fu illetterato'. 2-3. né... disputare: 'fu .privo di educazione retorica'. 5. Chi ha... natura: anche in questo caso i FF corrispondono ai FH meglio che allo SH. Infatti SH: «(Epicurus dixit) corpora nostra cibo tantum et potu indigere; ubi aqua et panis sit et cetera bis similia, ibi nature satisfactum»; FH: «Epicurus dicit satisfactum nature si panis et aque sibi sit copia». — sodisfa a la natura: «costrutto con oggetto indiretto di ascendenza classica» (Ageno, p-49). FIORI DI FILOSAFI Quello ch'è da indi in su nonn è per bisogno ma per vizio di volontà. Non puote divenire savio chi pensa a richezze e a diletti di mensa, che troppe fatiche e studi richiede. io Chi vuole portare la vita sua saviamente, scelga un buono uomo nell'animo suo, el quale egli abbia tuttavia inanzi li occhi e viva sì com'egli tuttavia lo risguardasse e faccia ciò che fae sì come elli li fosse tuttavia presente. Se vivi secondo natura, non serai ma' povero; se vivi se- 15 condo oppinione e a volontà, non serai mai ricco. La natura domanda poco, l'opinione bada a molto. Rb si s. Le Ra gli s. Nb santifica a Ne s. centra a 6 E e q. E da li Rd om. in La Ne om. per Rb ma e per 8 Nd venire La Nb di r. Le Ra om. a Rd in r. Le Ra matterà E r. ne a d. Le Ra r. o d. Nh diletto 9 La f. richiede studio Rb f. lo studio richiede Le Ra s. richiede essere savio Ne s. vi vuole e r. io Le Ra sav. portare La p. sav. sua vita Ne la sua v. Nf Rd om. sua E alegha Le Ra elegga Nf Rd un suo b. io-1 Le Ra un savio uomo et buono Rb un savio uomo La un buono a se amico nell n-2 Ne om. nell'animo... risguardasse La Nf Rd om. el quale... risguardasse Nh o. suoi e 12 E si come fae egli si come tuttavia li fose p. Nd tuttavia e risguardi se e faccia Ng i riguardasse La Nb Nf Rb Rd chegli 12-3 Le Ra tuttavia in ogni suo operare inanci agli occhi della mente e vivi secondamente che vede chegli viva et fa quello vedi fare allui di bene si come sempre gli fussi p. 13 Nh fa tuttavia sicchome gli fussi presente La om. sì La Nf Rd se elli Na Nb Nd Ne Ng Nh om. elli Rd om. li La Nf Rd om. tuttavia Na Nb Nd Ne Ng tutt. li fosse p. 14 Nh vuogli vivere Le Ra p. et se v. Ne p. masse v. 15 E La Rb om. e a volontà Le Ra o volontà Rd e ai volontà La r. e secondo volontà Le Ra r. pero che 16 Le Nf io. portare... sua: 'comportarsi'. io-1. scelga... suo: 'si proponga un uomo valente come modello'. 13. fae: epitesi, cfr. x,4 e Durante, passim. — Varnhagen: «si come tuttavia li fosse presente», seguedo Na. 15. secondo oppinione e a volontà: 'secondo l'errato giudizio e obbedendo al piacere fisico' (Lo Nigro). "L'oppinione (dal lat. mediev. oppinio] è «sentenza dubbiosa, e non certa, ingannata dal parere» (F. da Buti, commento a Dante, Purgatorio, xxvi,a). Non priva di suggestione la lezione di E La Rb, che, omettendo e a volontà, stagliano in modo più essenziale ed efficace il contrasto natura-oppinione ripreso nella frase seguente («La natura domanda poco, l'opinione bada a molto»). XI-EPICURIO 133 Amassare ricchezze nonn è fine a molti, ma mutamento di miserie. Con magiore istudio è da guardare con cui l'uomo mangi che quello che l'uomo manuca; che impiersi il corpo sanza 2° l'amico è vita di Icone e di lupo. Se vuoli essere ricco, non crescere l'avere, ma menoma la cupidità e lo volere. Né dolcezza di bere, né soavità di mangiare, né diletto di femina, né abondanza di pesci e altre cose che splendono ai 25 conviti fanno così soave la vita dell'uomo come il savio e '1 bello ragionare. Chi temperatamente guadagna, temperatamente usi i conviti. Per li dilicati mangiari s'ingenerano molti malori. Rd molto poco Nh p. e 1 Ne o. loda il m. 17-8 Le Ra om. amassare... miserie 17 Ne richec E e buono a Nh non fa fine e da molti e mutamento Rb molti e amantamento 17-29 Nb om. nonn è... malori 18 E Na Nd Ne Ng Nh miseria 19 Nh g. colui con 20 Nh che non e q. Rb om. l'uomo Le Ra mangia Ne m. per i. Nh om. che Nh i. luomo il 20i Le Ra om. che... lupo E Na Nd Ne Ng Nh corpo e vita de Icone e de lupo sanca lamico 21 Nh o de lupo 22 Nf credescere Le Ra om. V La e m. La Le Ne Ra menova 23 Nd cupidità del volere Nh volontade della cupiditade E volere e desdegna dolcezza Le Ra volere d. 24 Le Ra bere s. Le Ra et diletti 25 E Nh femine Nh om. abondanza... e La om. pesci e altre Ne Nf Rd om. e altre Ne om. altre Rb ssi prendono Rd risprendono 25-6 Le Ra f. queste cose fanno La plendono ai corpi non fanno si Ne Nf ai conti Rd non fanno si 25-27 Nh che dipendono i conviti che fanno soavità delluomo non sono si soavi come il b. 25-8 E abondancia di parlare non usare chi 26 Rd soave La om. 1 28 Rb chi temperamente Na g. temperatamenta E uxa 28-9 Le Ra g. t. spenda et guardisi dai superchi cibi che per Ne usino i conti La Nf Rd usi lo spendere li conviti e mangiari E i conv. e per tropo e dil. 29 Le Ra che per Ne Ne om. li La Rb Rd om. s' E ingenera Le Ra molti mali singenerano E molte malatie 19. cui: per l'uso interrogativo di cui, equivalente a chi, cfr. Trolli, p. 126. 19-20. mangi... manuca: si noti anche qui l'alternanza di congiuntivo e indicativo. E si veda G. Petronio, Mangiare e manicare, in «LN» in (1941), pp. 83-4. Cfr. ancora Dante, De vulgari eloquentia, a e. di P.V. Mengaldo, voi. i, Padova 1968, i,xni,2, p. 22. -2.6--j.il savio e 'I bello ragionare: per la coppia aggettivale savio e bello cfr. Bardano, p. 124. 28-9. Varnhagen: «usi conviti», omettendo l'articolo per errore di lettura (sempre che non si tratti di un pesce tipografico). XII TEOFARASCO Teofarasco fue filosafo, discepolo d'Aristotile. E quando Aristotile venne a morte, fue domandato da' discepoli chi sarebbe loro maestro, tra Teofarasco de Lesbio o Menedemois de Rodo. Aristotile domandò che li fosse aportato del vino di quelle due terre e bevenne e lodò l'uno e l'altro; ma più lodò Testo in E La Na Ne Nd Nf Ng Nh (1-2, 9-16) Rb Rd i E La Na Rb om. Nd fioretti di Theofarascho Ng Teoflasco Rd Theofrasco 2 La Rd Teofrasco Nf Deofrasscho 2-9 E fu grande filosafo e disipulo di Fiatone e rimase per maistro di glaltri disipuli quando mori Fiatone e fece molti libri Nh om. e quando... libri 2-3 Ng Rb om. e quando Aristotile 3 Rb e fue La quale sarebe 4 Rd om. tra Ng m. tractofarasco de Rd Teofrasco La besbio La Ne Nf Rd e La Rd Miledois Na Monedemois Ne Menodomois Nf Miledais Rb Menodamois 5 La Nf Rd Todi Na Godo Ne Toda Nd Ng Todo La Nf Rd Teofrasco domando domandando La Nf Rd rechato 5-6 Rb vino delluna terra e dellaltra e 6 La terre doni. Teofarasco: Teofrasto. L'ultima proposizione è, nella fonte latina, attribuita a Menandro. 3-4. sarebbe: «futuro del passato», cfr. Ageno, p. 346 ss. e Tekavcic, 855 ss. 4. tra... o: 'o... o'; cfr. ad es. Novellino, LXI,39: «tra una cosa o due». — Lesbio: ovviamente Lesbo. — Menedemois: la fonte latina ha Menedemus, ma si tratta di Eudemo di Rodi (cfr. Au. Gellio, Noctes Atticae, xni,5, da cui Vincenzo di Beauvais, direttamente o indirettamente, deriva l'aneddoto). 6. bevenne: perfetto debole. XII - TEOFARASCO 135 quello de Lesbio, sì eh' e' discepoli intesero che Teofarasco era megliore e tenerlo per maestro. Ed elli fece più libri e disse queste sentenze. Mistieri fa d'amare li amici provati e li no amati provare, io La vendetta del nemico hai perduta, se ti scuopri che ti conosca a nemico. El nemico per sicurtà più gravemente s'inganna. Le sentenze de li amanti son cieche. Corrompono li buoni costumi le scipidezze di mal favoleg- 15 giare. derano i discepoli e recato il vino bevve e bevuto lodo limo Rb om. e bevenne... altro 7 La besbio Rd Teofrasco 9 La 1. e q. s. scrisse io Rd farà Rb om. d' E non provati La amici nuovi Nd non amici 11 La Rd settu non ti Nf settue non riscuopri che La si che 13 La per issavita Na per sicuntade E legermente Nf gravente Rb offende 14 La e le E La Ng amici Rb ciance 15 Nd e corrompono E om. le scipidezze Nd Nh Rd del 15-6 E il male foleghare Nd male fa folleggiare Ng m. follegiare La favellare 8. tenerlo: altro perfetto debole. io. Mistieri: per la forma in -ieri cfr. x,i3. La parola è un gallicismo, cfr. Hope, p. ni: «Mestiere in thè sense of 'need' is typically French, esp. thè idioms avere mestiere... far mestiere... and essere mestiere». E cfr. anche l'ant. sp. mester. 11-2. La vendetta... nemico: 'non riuscirai a vendicarti del tuo nemico, se farai in modo che questi comprenda che gli sei nemico' (FH: «Ex inimico vindictam, si te inimicum senserit, perdidisti»). 13. per sicurtà: 'ostentando sicurezza'. XIII PAPIRIO Papirio fue di Roma, orno fertissimo e di grande cuore e desideroso di battaglie, sì che li Romani si credeano per costui difendere da Alessandro, che regnava in quel tempo. Questo Papirio, essendo garzone, andava sovente col padre al consiglio. E la madre il domandò un die che nel consiTesto in E La Le Na Ne Nd Ne Nf Ng Ra Rd i E La Na Ne om. Nd de la virtù di Papirio e del suo ingengno Nf Rd fiori di Papirio 2 Ne Panpirio Le Ra fu romano et fu E om. e di grande cuore 2-3 E cuore des. 3 La fue di Le Ra tanto che Le Ra om. li La li uomini si La om. per 3-4 E difendere per costui La credeano fosse da difendersi da 4 Le Ra dalla singnoria dalessandro La il quale 5 Ne Panpirio Ne si a. Le Ra molto sovente Ne savente Ne ispeso 5-6 La andava col padre molto sovente al Le Ra al consiglio col padre 6 Ne Nf Ng Rd om. un die Le Ra et la madre una volta il domando quello 6-7 Ne un di venne che la madre il domando dondelli venisse e quelli disse chera ito al chonsiglio ella madre il domando quello che fosse ditto al chonsiglio il g. La un giorno la madre il domando che consilio fosse detto E che sera fato al e. i. Papirio: per la diffusione di quest'exemplum nella letteratura medievale si veda D'Ancona, op. cit. a 3.1., n. 4, p. 126 s. 4. difendere: con valore riflessivo, come i verbi esaminati da Ageno, p. 132 ss. 6. consiglio: 'Senato'; per Pattualizzazione dell'istituto, cfr. 111,4. die: epitesi, cfr. x,4. XIII-PAPIRIO iyj glio fosse fatto. El garzone rispuose: «Elli è credenza e nonn è da dicere». A la madre venne troppo magiore voglia di saperlo e, battendo il figliuolo, isforzavalo di dicere. Allora il garzone, vegendo che dicere li convenia, pensò una molto bella buscia e disse che nel consiglio era ragionato qual iera 7 Le Ra sera facto Nf Rd detto Le Ra le r. E rispuose e disse La disse La di credenza Le Ra segreto Na om. e Nd ne 7-8 Ne rispuose e disse chera credenza e che non si convenia dicere Le Ra om. e nonn... dicere La non da dire 8 E alora a Ne Rd e a La allora ne venne a la m. Nd Nb ne venne E om. troppo La Ne Nf Rd v. una m. 8-10 Ne alora ala madre venne maggiore volunta di saperlo e disse al fanciullo tu si mi lo pure dirai io noi diro a persona el fanciullo disse sappiate madonna chio noi direi alora la donna lo chomincio a battere mouto duramente e disse tu sii mi pure dirai il gharzone Le Ra et della allora ebbe vie maggiore voglia di saperlo et comincio a batterlo per saperlo et degli veggiendo di poterlo celare penso 9 Na om. e Nf batea Rd e batteo E e corse adoso al fanciullo e batello e sforcavalo chegli gli dicese la credenca lora il La e comincio a battere il fanciullo ed a sforcarlo el Nd siilo sforcava Nf Rd e sforcavalo La om. allora Na a. al 9-10 E lora vegiendo il ghargone chegli le convenia dicere io La Nf Rd che li convenia dire Nd che le convenia dire E si si p. E La Le Nf Ra Rd om. molto 10-11 Ne g. vegiendo che no potea fare altro che nolle dicesse fusi pensato che direbbe altro chel chonsilglio non era ragionato e si disse n Nf om. e Le Ra sera detto 11-5 Ne disse a la madre da che voi volete pure chio lo vi dicha quardate e tenetelo credenza si che non si sappia che si ne potrebe avenire gran danno questa rispuose e disse che bene ora sappiate disse il gharzone che nel chonsilglio si e ragionato di provedere quale debbia essere il mellio per acrescere il popolo di roma tra che Ihuomo abia due molgli o che la femina abia due mariti per moltiprichare la gente si che na auti più dicitori ma non e anchora fermo nulla ma si pare a molti che fosse il mellio che luo- 7. fosse fatto: 'fosse stato fatto'; si noti l'uso dell'imperfetto in luogo del piuccheperfetto, cfr. Ageno, p. i86ss., con bibliografia. - El: pertinente anche la soluzione E '1. — Elli: soggetto anticipato, cfr. M. Ulleland, L'uso del pronome 'egli' come pronome neutro e come soggetto anticipato in antico italiano, in «SN» xxxin (1961) pp. 8-29. E si veda anche il lungo contributo di I.Bostrom, La morfosintassi dei pronomi personali soggetti della terza persona in italiano e in fiorentino, Stockholm 1972. — credenza: gallicismo, cfr. Bezzola, p. 246. 8. troppo magiore: comune l'uso di 'troppo + comparativo', cfr. Novellino, XLIV,IO: «troppo migliore uomo». Cfr. vii,29 e si veda anche C. Appel, Provenzalische Chrestomathie, Leipzig I9O73, gloss. 9. e: Varnhagen omette, seguendo Na. - isforzavalo di dicere: per il tipo sintattico, cfr. Bardano, p. 264. •LTL.era ragionato: 's'era discusso'. 138 FIORI DI FILOSAFI meglio tra che un orno avesse due mogli o una femina avesse due mariti, per moltipricare la gente di Roma, per ciò che terre si rubellavano. La madre promise di tenerlo credenza e sì tosto andò e parlò con altre donne, sì che la parola andò tanto d'una donna in altra che le grandi donne di Roma si raunaro tutte e andare al consiglio d'ivi al terzo die e dicevano e consigliavano ch'elli era meglio che la femina avesse due mariti che l'uomo due mogli e meglio si potrebe sofferire. Li mo dovesse avere due molglie a questaltro chonsilglio che si rifarà si fermerà quello che dovera essere immantenente la donna non si indugio ando 12 E om. tra E La Nf Nb Rd luomo Nf Rd o la La Nf Rd om. avesse 12-3 Le Ra o che la femina avesse ij mariti o luomo due moglie per 13 Le Ra il popolo E om. ciò 13-4 Le Ra pero che molte terre gli se r. 14 Le Ra Rd e la 14-5 Le Ra m. avendo udito glimperomisse di tenerlo segreto immantanente ando E Nd e incontanente ando La e immantenente ke poteo ando 15 La ando fuori a parlare con E e parlone Le Ra ridisselo La laitré 15-6 Le Ra om. si... donne 16 Rd in una E di donna in donna che La duna e dunaltra che E che tute le done 16-7 E adunarono insieme e Le Ra ragunaronsi insieme e 17 E e. infra il t. Ne Np om. d' Na terce 17-8 Le Ra e da indi a iij di andare al consiglio e consigliavano E t. giorno luna di loro si levo e disse chella e le altre donne consigiavano 18 Ng chera m. Rd il m. E che le done avesero 18-9 Le Ra mariti e più moltiplicerebbe il popolo 19 E gli uomini Rd potrebbero Le Ra om. che... sofferire E meglio era cosa da sofferire Rd il s. 19-23 Ne quando li senatori el consilglio udirò questo romore e questa diceria temettero molto che no sapeano onde questo fatto si fosse mosso ne che la dimanda di quelle donne si volesse dire e tutti si maravigliaro veggendo tanta follia e tanto ardire allora E e quegli del consiglio non sapiendo che volea dire questo che dicea queste done e dubiarono di questa maravigla e di questa folia che diceano queste donne lora Le Ra i consiglieri non sapevano che peralamento questo si fussi ne che costoro si volessono dire ma temettero quella maraviglia et follia di tanto ardire 12. tra... o: cfr. xn,4. 13. moltipricare: con dissimilazione progressiva. 14. rubellavano: la u per influenza della bilabiale nella pretonica. tenerlo credenza: per il costrutto tenere eredenza + complemento diretto, cfr. Tristano Riccardiano, p. 200: «che ttue debie tenere credenzia lo mio nome» e Novellino, LV,i8: «dello credenza». 17. d'ivi al terzo die: 'dopo tre giorni'; cfr. Tristano Riccardiano, p. 36: «da ivi al terzo die dee essere la battaglia». 18. elli: cfr. xin,/. XIII - PAPIRIO 139 sanatori del consiglio, non sapiendo che stemperamento di 20 femine quello fosse, né quello che volesse dicere l'adomandagione loro, temettero quella maraviglia e la follia e l'ardire de le donne. Allora Papirio iscoperse il fatto a' sanatori. E' sanatori saviamente acomiataro le donne e pregiare il senno del garzone e fecero per quella cagione uno ordinamento che 25 neun altro garzone venisse con suo padre al consiglio. chelle donne mostrarono et allora 20 Ng steperamento 20-1 Nf Rd sapiendo queste parole di femine quello che fosse 20-2 La consiglio udendo queste parole di queste femmine non sapeano ne che fosse ne chele voleano dire adomandaro loro e temettero 21 Ne femine qui f. Nd dovesse 21-2 Nf Rd volessero dire adomandaro loro et. Ne domanda fiore loro 22 Na Nd f. de lardire Ng e lardire e la f. 23 La om. a sanatori 23-4 Na Ng om. e sanatori Le Ra a san. ondeglino aconciamente acomiataro 24 Ne quando seppero il fatto savamente 24-5 Ne donne dicendo che bene sarà fatta la dimanda loro le donne si partirò e tornare a chasa loro e fue il gharzone molto chomendato di gran senno e fecero 25 Rd e per q. e. fecero E La Nf Rd om. uno Ne in Le Ra om. un ordinamento Ne uno istatuto e ordinaro che 26 Ne veruno Rd nullo g. Ne ne dovesse più venire La om. al consiglio E non dovesse venire al consiglio col padre Ne e. dalora inanzi 20. sapiendo: col tema analogico sul congiuntivo presente (ma con la consonante finale scempia, forse soltanto per fatto grafico). 21-2. adomandagione: l'esito -gione<-tione è di origine galloromanza, cfr. Rohlfs, 1061 e Tekavcic, 1509. 22. maraviglia: comunissimo, in questa parola, lo sviluppo er>ar in protonia. XIV SCIPIO AFRICANO Scipio Africano fue consolo di Roma e fue tagliato di corpo a la madre e per ciò fue chiamato Cesare. E dice uno filosafo che quelli che nascono in quel modo son più aventurati, Testo in E (1-12) La (1-12) Le Na Nb (14-5) Ne Ne (1-12) Nf Ng Ni (i-io) Ra Rb Rd (1-12) 1-14 Nb om. Scipio... otta era i E La Ne Ni Rb om. Le Ra sapirio et {elicano Nf Rd Iscipio A. 2 La Iscipio A. Le Ra sapirio et felicano Ne romani Ne e tagliato Le Ra tracto 2-3 Le Ra del e. della m. 3 Ni om. e Le Ra pero Rb om. p.c. Le Ra chiara, a essere e E Le Ra dicea 3-4 Nf Rd fil. quelli 4 Rb nasce Le Ra a q. 4-5 Le Ra sono aventurosi e co- 2-3. tagliato... madre: cioè partorito mediante taglio cesareo. 3. e per ciò fue chiamato Cesare: secondo una delle più diffuse etimologie di questo nome; cfr. R. Klinck, Die lateinische Etymologie des Mittelalters, Mùnchen 1970, p. 58. Si vedano ad es. Li jet des Romains (ed. L. F. Flutre e K. Sneyders de Vogel, Paris 1938, voi. i, p. 8): «Gaius Juilles Cesar fu tant en vanire sa mere que il covint le ventre tranchier et ovrir ainz que il an poìst oissir; et trova l'en que il avoit mout granz chevex. Por ce fu il apelez Cesar par sornon, car cist moz Cesar puet senefier ou cheveleùre ou trenchement...». Come si può notare, il testo accenna alle due principali etimologie del nome. Ben cinque etimologie diverse da invece la Primera Crònica General de Espana (ed. cit. alla n. 31 del cap. in dello Studio preliminare], secondo l'ultima delle quali (p. 90) «Cesar tanto quiere dezir cuemo quebrantador des sos enemigos o aun campeador» (quasi un Cid ante litteram, insomma!). XIV - SCIPIO AFRICANO 14! sì come questi, che fue vitturioso in tutte le battaglie che 5 fece. Elli fue molto savio e disse queste sentenze. In tutte le cose li uomini sono più savi e più aveduti e puote dicere catuno quante capre e quante pecore elli hae, ma non può dicere quanti amici elli abbia. io Neuna cosa è più grave né più malagevole che tener Famistade insino a lo stremo die de la vita. Anche diceva Iscipio che neuna otta era meno ozioso che quando elli era ozioso e neuna otta era meno solo che quando elli era solo. 15 stui ben fu aventuroso in E a. che laltra gente e costui fu aventuroso in 5 La Ni come fue q. La aventuroso Le Ra om. le La le quali E Na chei 5-6 Le Ra om. che fece 6-7 E La Nf Rd fece e molto fu s. 7 Ne questi Le Ra om. elli Le Ra et fu Rb si fu Rb e disse e disse E queste parole le Ne molte buone sentenze tra le quali disse queste 8 Le Ra sono gli uomini Le Ra om. più... più E om. savi e più 8-9 Le Ra e ciscuno può dire 9 La camperà e cante Le Ne Ra om. capre e quante E capre e pecore Ne abbia io La alcuno non può dire Le Ra om. può dicere Le Ra om. elli abbia La Ne Nf om. elli Ne sabbia Ni ae 11-5 Ni om. 11-2 La Ne Nf amistadi 12 Le Ra sino alla morte 13-5 E La Ne Nf om. 13 Le Ra sapirio Rb om. Iscipio 14 Ne om. e Rb e che Ng otta uno 5. vitturioso: per il passaggio o protonica >u, eh. Giamboni, Libro, p. 102, n. 4. 5-6. Varnhagen: «ch'ei fece», seguendo Na. 8. In tutte le cose: in tutte, cioè, tranne che nell'amicizia. 9-10. hae... abbia: per l'alternanza del congiuntivo e dell'indicativo cfr. Segre; Sintassi, pp. 190-2. In hae si noti l'epitesi, cfr. x,4. 13. Iscipio: si noti la prostesi. 14. neuna otta: 'mai'. XV PLAUTO Plauto fue uno grande savio, cortese in parlare. E scrisse queste sentenze. Inn amistade né in fede non ricevere uomo folle. Più leggiermente si passa l'odio de' folli e de' malvagi che la loro compagnia. Testo in E La Le (4-10) Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Nh Ra (4-10) Rb Rd 1-3 Le Ra om. i E La Na Ne Rb om. Nb sentencie di Fiatone Ne Nf Nh Rd Piato Nd fiori di Piato Ng Piato fue filosofo 2 E Nd Nf Nh Piato La Nb Ne Rb Piatene La Nb Nf Rd om. uno La Nf Rd grandissimo Ng g. philosopho s. La Nh Rb s. e e. Nh in parole Nd Nh disse 4 La Nf e in Le Ra e de suoi libri alquanti fioretti scriveremo apresso in Nh a. e di Rd a. ne in Le Ra che più Nf Rd puoi ^ Nh dei m. e dei f. 7 1. Nei mss. Le Ra il capitolo segue, senza soluzione di continuità, il cap.viu. Il comune ascendente dei codici aveva evidentemente trivializzato la lezione in Piato (tipicissima lectio facilior; cfr. anche le varianti di Nb Ne Nd Nf Rb) attribuendo pertanto queste massime a Fiatone. 2. in parlare: per il tipo sintattico 'in-}- infinito', retto da un aggettivo, cfr. Bardano, p. 267. 4. Inn... fede: 'come amico e come persona fidata' (Lo Nigro). Inn per epitesi sintattica. - folle: la latitudine semantica di questa parola nell'italiano antico è alquanto diversa dalla lingua moderna; cfr. il glossario e si veda Bezzola, p. 230 s. XV - PLAUTO 143 A neun uomo ti fare troppo compagno. L'uomo è cosa troppo singular e non puote sofferire suo pare: de' suoi maggiori hae invidia, de' suoi minori hae disdegno, a' suo' iguali non leggiermente s'acorda. I0 E om. a... fare Na Ne Ng anche uno orno ti sarà Le Ra fa 8 Le Ra pero che luomo Nh u. che t. La Le Nd Ne Ra Rb e troppo cosa Le Ra secolare Nd ne non 9 La Ne p. da Le Nh Ra p. e de E Ng Nh i. e de Rb i. e Ne Rb ae a d. 9-10 Le Ra maggiori a disdegno et suoi minori non 1. E Nb a li suoi Ne e de suoi Na Ne Nf iguale Ne sacorda leggiermente 8-9. non puote sofferire suo pare: il senso non è perspicuo. In prima istanza la frase sembra significare: 'l'uomo non può sopportare una persona pari a sé, un pari grado', ma così l'ultima proposizione (io: «a' suoi iguali non leggiermente s'acorda») non ne sarebbe che una ripetizione, una semplice zeppa. Forse si può intendere: 'l'uomo è una cosa singolarissima, che non ammette l'uguale, cioè è senza riscontro, unica nel suo genere'. La fonte latina non aiuta molto l'esegesi: «Res nimium singularis est homo, parem ferre non paciens». 9. pare: per Patena finale cfr. Parodi, Rima, p. 225. XVI STAZIO Stazio fue gran poeta e fue di Francia e fece due grandi libri. E disse questa sentenza. Testo in E (4-5) La Le Na Ne Nd (4-5) Nf Ng Nh (4-5) Ra Rb Rd Re (4-5) f-3 E Nd Nh Re om. i La Na Rb om. Nf Rd Istatio Ng Statio poeta 2 Ne Statius Rb (.)ario Le Ra grande philosopho e poetea (Le poeta) et fu Le Ra om. due 2-4 Le Ra libri ne quali a più sentengie et in fra laltre dice che q. 3 La queste sententie 4 Nh disse teoflascho quegli sono E i. Stazio: il nome di Stazio è, nel Medioevo, al centro di una confusione plurima, fedelmente rispecchiata dai FF. La collocazione del personaggio nei FH (che, non diversamente dallo SH, seguono un ordine espositivo cronologico) e di riflesso nei FF (tra Plauto e Catone) ci riporta a Cecilie Stazio comico, nato in territorio insubre, forse a Milano, tra il 230 e il 220 a.C.; l'espressione fue di Francia (FH: nacione Gallus), benché non sia inapplicabile senz'altro al precedente, fa piuttosto pensare al retore Lucio Stazio Ursulo, nativo di Tolosa e vissuto al tempo di Nerone; infine con l'accenno ai due grandi libri (FH: duo libri metrici] ci si riferisce certamente a P. Papinio Stazio, il poeta epico di cui il Medioevo conobbe e ammirò la lebaide e VAchilleide (le Silvae furono scoperte, come è noto, solo nel 1417 da Poggio Bracciolini). Per la confusione tra gli ultimi due scrittori e per l'attributo di tolosano dato a Papinio Stazio, cfr. anche Graf, n, p. 319 e, naturalmente, Dante, Purgatorio, xxi, 89: «tolosano, a sé mi trasse Roma». XVI - STAZIO 145 Quelli son pessimi e maliziosi nemici che sono ne la fronte allegri e tristi nel cuore. 5 maliciosi e pessimi 4-5 Re ove sono i pessimi e malvagi non ve misericordia che egli si mostrano nella faccia a. La ali. nella f. 5 E Le Na Nd Ng Nh Ra e nel cuore tristi Re t. sono nel 4. ne la fronte: 'apparentemente'. 5. Varnhagen: «e nel cuore tristi», seguendo Na. XVII CATO Cato fue capitano di cavalieri e filosafo. E disse molte buone sentenze. La vita dell'uomo è poco meno come il ferro; che '1 ferro, se l'aopere, sì si logora, se no l'aopere, la rugine il contesto in E La Le (1-14, 21-5) Na Nb Ne Nd Ne (1-25) Nf Ng Nh (r-8, 15-28) Ra (1-14, 21-^) Rb Rd i E La Ne Ne Nf Rd om. Na questi sono fiori di Cato Nb sentente di Cato filosafo e capitano di cavalieri Nd sententie de Cato 2 E Na Nd Ne Ng Nh om. e filosofo Rb e fu fil. E de li cavalieri di roma e fue molto savio e dise Le Ra de cavalieri et huomo di grande sapere et fece libri e disse La disse Cato La Nf Rd om. molte 2-3 E Nd d. queste s. La di buone Nb om. buone 3 Ng s. cioè queste 4 Le Ra et dicie chella vita delluomo e facta quasi come Ne Nh e quasi come il (Nh di) La om. il La Ng om. che 4-5 Nh che sello a. Rd sei a. Nb om. che 1 ferro Le Ne Ra om. '[ ferro 5 Le Ra om. si La Le Nd Nf Ra e se no E om. sì si... aopere 5-6 Nh 1. Cato: su Catone nel Medioevo, cfr. Graf, n, pp. 268-78. 2. Cato fue capitano di cavalieri: secondo Varnhagen il sintagma predicativo, che non si trova nello SH (e - aggiungo - nemmeno nei FH) deriva dalla frase successiva (qui riga 9): «Cato diceva a' cavalieri suoi («Cato dicebat militibus suis»). - cavalieri: cavaliere è la tradu2Ìone normale di miles; cfr. 111,4. 4-5. Varnhagen sopprime che 'I ferro, sulla falsariga dell'edizione Palermo (ma si noti che in Re la lezione non è omessa). 5. aopere: per il dileguo dell'occlusiva cfr. Rohlfs, 216. XVII-CATO 147 suma. E così l'uomo per esercizio si logora e per troppo riposo si guasta. Ma pegio fa star pigro che 1' esercizio ne l'uo­ mo. Cato diceva a' cavalieri suoi: «Pensate co li animi vostri che se per fatica farete alcuna cosa di bene, quella fatica tosto anderà via, ma la gloria del bene non si partirà mai da voi. E se per volontà carnale alcuna cosa malvagia farete, la volontà si partirà, ma 1 biasimo del male sempre con voi dimor­ rà». Cato fue dimandato che bisognasse a la famiglia. Quelli rispuose: «In prima ben mangiare, secondo assai ben mangiare, terzo vestire, quarto laborare». E quelli ch'avea domandato, domandò anche: «E' nonn è om. se no... logora 6 E Na Ne e luomo Rd u. che per E esercio Ne excrisio che per lo troppo lavoro sissi 1. La Na Nb Nd Ng om. e Le Ra om. per La Nb Nd Nf Rd lo t. 7 Ne sissi g. La Nd fa a stare Le Ra fa chi sta Nb fa lo stare Ne fa istare Ihuomo Nh ti fa lo stare 7-8 E om. ne l'uomo 7-9 Le Ra che chi sollecita cato Ne che lavorare cato La Nb u. tanto diceva 9-14 Nh om. 9 Le Ra dice E Nb a li E om. suoi Le Ra a suoi cav. E se vui p. Nb pensiate Le Ra negli Rb om. co li animi 9- 10 Le Ra vostri esserre venuti al mondo per faticha io Nd om. se La Nf ke senpre fatica La Nf om. farete Le Ra et q. io-i Le Ra om. tosto E Nb anderà tosto 11 E nominanca La Nf Rd alegrec?a La de beni non simparte mai da voi Nf del bene mai non si parte di voi Rd del bene non si parte da voi 12 E Le Na Nd Ne Ng Ra om. carnale E Le Nd Ne Ng Ra farete alcuna cosa (Le Ra che sia) m. Nf cosa carnale malvagia E Ne Ne om. farete 13 Nf om. '1 Rd no il La om. del male 15-20 Le Ra om. 15 E Nh che bisognava Ne quello che bisogna Rb che bisognia Rd che fosse bisogno La Nd Ne Nf Nh Rd e q. 15-6 Ng Rb om. quelli rispuose 16 La Ne r. e disse Nd Ne om. in Ne om. ben 16-7 E secondo fare bene t. v. q. 1. La e poscia bene bere e poi ben v. e poi ben 1. Na secondo assai bene (dopo rasura bere) t. assai v. q. 1. Nb secondo vestire terco lavorare Ne secondo assai bene t. vestimento q. 1. Nf e poscia bene m. v. q. 1. Ng secondo assai bene t. v. q. 1. Nh secondo ben bere t. assai v. q. 1. Rb secondo assai bem t. v. quanto 1. Rd e poscia ben v. q. 1. 17-9 Ne 1. queste quatro che so e bisogno a le genti anche fue domandato e bisogno 18 La om. 6. Varnhagen: «E cosi e l'uomo», seguendo Na. — Varnhagen omette e, seguendo Na. 7. star pigro: 'l'inattività'. 12. Varnhagen omette carnale, seguendo Na. 13-4. dimorrà: sincope, cfr. Rohlfs, 587. 18,19. E': cfr. xiu,7. 148 FIORI DI FILOSAFI bisogno di prestare a usura?» E quelli rispuose: «E' nonn è 20 bisogno d'ucidere la gente». Cato disse: «L'amistade ch'è cuscita disavedutamente col folle è da druscire anzi che da squarciare. Molto è meglio d'aliquanti averli a iscoperti nemici, che averli ad amici, perché si mostran dolci, ciò son li lusinghie- 25 ri». Cato, pensando che l'anime son perpetue, per increscimento di due quartane sé medesimo uccise, per trovar meglior vita. eh' La Nh Rb Rd disse Ne om. domandò La Nh Rb Rd om. anche E La anche non Nh om. n. è 18-9 Nb Nd non bisogna 19 Nh di p. Ne e ca to disse La Nb Nf Ng r. non 19-20 Nh r. no che non bisogna Nb non bisogna 21 Le Ra anche dice che lamista E Nb om. Cato disse Nd Nh disse che E amita Nh om. ch'è cuscita Le Ra che dis. e cucita col 21-2 Ng om. col folle 22 Le Ra anzi e da druscire E f. meglo e ad iscusirla che a Nh Rb innanzi E squarcarla Le Ra stracciare 23 La Le Nf Ra Rd ad Nb om. d' Ne ad averli Nd per i. Ne Ng om. a Rb molti sono che e meglio avergli a nimici ischoperti che 23-4 Nh anchora disse meglio e dalquanti lusinghieri per cheglino abbino il mostramento loro dolcie ad averli per iscoperti nemici che averli ad amici 24 Le Ra om. averli Na Ne ad a. E per amici Na amaci E om. si Ng p. il m. Le Ra amici et ciò sono Nb percheglino mostrano dolcezza Ne perche in vista paiono dolci Rb con ciò sia cosa che si mostrino dolci E d. e ciò sono La Ne d. e sono Ng om. ciò La Nb Ne Nf Rd om. li 24-5 La lusingatore Ne 1. e traditori Nf Rd lusingatori 26-8 Le Ne Ra om. 26-7 Na Nd Rb rincrescimento 26-8 Nh rincrescimento della vita perche avea due quartane diciesi che si uccise 27 E sucise se medesimo zi. da druscire... squarciare: 'da sciogliere a poco a poco, piuttosto che da troncare all'improvviso'. 24. perché; 'per il solo fatto che'. - ciò son: 'cioè', o meglio 'e questi sono'. 24-5. lusinghieri: gallicismo, cfr. Bezzola, p. 247. 26-7. Varnhagen: «rincrescimento», seguendo Na. 27. due quartane: un duplice attacco di febbre quartana. XVIII MARZIA Marzia fue figliuola di questo Cato ed era richissima e rimase vedova e non si rimaritò. E chi la domandava perché non prendea marito, dicea che non avea ancora trovato marito che volesse anzi lei che l'aver suo. 5 Testo in E La Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Rb Rd i E La Nb Ne Ne Nf Rb Rd om. Na Marcia filia di Cato Nd bello argomento di Marcia Ng Marcia filia Catonis 2 Rd figlia Rb quel 2-3 E Cato e rimase ricchissima dona vedova e non Ne Cato e era una donna vedova molto ricchissima e non 3 Ne ne non E Ne rimarito mai Rd perchella 3-4 E om. e chi... marito 4 Na prendava Ne quella dicea Ne chella La Ne Rb trovato ancora Nb om. ancora Ne il quale Rd chi la 5 Nb lei anci che La suoi 1. Marzia: in realtà moglie, e non figlia di Catone Uticense. 2. questo Cato: cfr. 11,14. 2-3. si era... e rimase... e non si rimaritò: si noti l'abbondanza della paratassi (e del polisindeto). 3. chi: col valore del latino si quis, come nell'ant. fr. e nell'ant. prov.; cfr. Ageno, Particolarità, p. 7 e Rohlfs, 487. 4-5. marito... suo: un pretendente, cioè, che non fosse un cacciatore di dote. XIX IULIO CESARE Tulio Cesare fue il primaio imperadore ch'ebe solo la segnoria del mondo. E fue sì benigno che quelli cui elli sugiugava con arme, sì vinceva con clemenzia e con benignità. E fue di tanto ingegno che neuno scrivea più tosto di lui né legeva più avaccio né ditava più copiosamente. Testo in E La Lb (12-5) Le Na Nb Ne Nd Ne Nf Ng Ra Rd i-12 Lb om. lulio... morte sua i E La Le Ra om. Na lulio Cesar Nb vita de Giulio imperadore Nd i costumi di Cesare e la sua fine 2 La G(.)ulio Nd Giulio Na Cesar Nf om. il E Le Nb Nd Ne Ra primo La i. ed ebe Nf i. keb kebe Na sola 3 Rd om. e La om. cui elli 3-4 E vincea Na sogogava (dopo rasura segnoregava) Nb sengnoreggiava 4 Le Nd Ra per arme E om. sì La si lo Le Ra arme vedeva et tractava con b. 5 Ne che nonn era veruno che Ne scriverà Ne scrivesse Nd om. di lui E scrivia ne legea più tosto di lui ne 5-6 Ne leggesse di lui ne cosi avaccio e ci. Le Ra criveva nella legge più tosto di lui ne più copiosamente 6 La om. i.lidio Cesare: per le righe 2-10 cfr. Studio preliminare, 3.2. 2. il primaio imperadore: secondo l'opinione medievale (cfr. ad es. Graf, n, p. 248). Si noti in primaio lo schietto esito toscano di -ariu (di contro a primiere, gallicismo anche per l'atona finale, qui stesso documentato, xxviu,35). 3. cui: per l'uso del pronome cfr. Ageno, Particolarità, p. 5 e Rohlfs, 483. 3-4. sugiugava: le protoniche per latinismo. 4. arme: cfr. R. M. Ruggeri, Sul tipo 'arme' per 'arma', 'ale' per 'ala' e simili, in «LN» xx (1959), p. 8 ss. 6. ditava: è termine tecnico dell'epistolografia (Ars dictandi], cfr. Brunetto, Retorica, glossario. XIX-IULIO CESARE 1^1 E regendo elli lo 'mperio e lo stato di Roma centra l'usanza de' magiorenti, più benignamente e più clementemente che non era usato, fue morto nel quinto anno de lo 'mperio suo dai sanatori del consiglio co li stili di .xxiij. fedite. E quando andava al consiglio, ove fue morto, una lettera li fue data che iscopria la morte sua; la quale li fue trovata in mano suggellata e non aperta, quando si portava a la sepultura; che forse se l'avesse letta sì si ne sarebbe guardato. E più avaccio Nb più rinacio E ditase Ne d. molto e. E La Nb e. di lui 7 Nd e tegnendo egli Ne questi reggeva lo La Nf Rd om. elli La om. e Ne lo nperio di roma e lo stato La Le Ra comerà 1 7-8 Ne om. l'usanza de 7-9 Le Ra roma con ciascuno im parole et in fatti si portava più benignamente che prima chavere la signoria et fu m. 8 La Rd m. b. La Rd lievemente 8-9 Nf om. più b... quinto 9 Rd avea u. Rd om. fue morto Nd del suo imperio Ne del suo imperiato 9-10 Le Ra om. suo... fedite io La stili ebbe xxiij Nd om. co li stili Na dei Nd xxij fedite gli si trovo io-1 Ne consiglio questi avea ordinato che no fosse veruno che portasse arme ne veruno ferro sopra si che choloro chel voleano ucidere si fecero fare i stili grandi e portavalo a lato che le tavolelle per scrivere andando lo nperadore un di al cbonsilglio e chostoro li uscirò adesso cho li stili in mano e li diedero xxij fedite e chosi fue morto n Rd om. e Le Ra quandegli E Na Nb Nd Ng om. ove Nf ovelli Rd ondegli Na si fue 11-2 Le Ra consiglio gli fu data una lettera che scopriva 12 E fue posta in mano Nb fue trovata data Nd fu trovata Ne era istata data Ne la quale lettera 12-3 Nb om. in mano 13 Le Ra om. suggellata Le Ra non era La Nf Rd q. andava a Le Ra q. fu portato a 13-4 Le Ra om. quando... sepultura 14 E La Nf Rd om. forse E Ne Nf Rd segli 1 E avesse aperta e lecta la lettera forsi se ne s. La avesse aperta non sarebbe morto perke se ne s. Nf Rd avesse letta non j. cantra: Lo Nigro: «com'era», fallace emendamento provocato dall'accordo tra la lezione dello SH (iuxta) e la variante di La (com'era). In realtà i FH hanno cantra. 7-8. l'usanza de' magiorenti: traduce morem maiorum. 9. morto: comune il valore transitivo del verbo (anche in ant. fr., prov. e sp.). 10. fedite: si noti la dissimilazione (che si realizza però nell'infinito ferirei fedire e poi si estende a tutta la coniugazione). 11.al consiglio: 'nella Curia'. -Varnhagen: «dove si fue morto», secondo Na. E si noti: FH: «Eadem die qua occisus est cum iret in Capitolium...», SH: «Eadem die, cum iret in Capitolium...». Manca cioè nello SH la subordinata «qua occisus est», che il volgarizzatore rende peraltro con una relativa locativa invece che temporale. 14-5. E per ciò: introduce la moralisatio dell'exemplum. DI FILOSAFI 15 per ciò nonn è senno tardare d'aprire lettera a cui è mandata. sarebbe morto ke se ne s. Nb Nd Ng om. sì 15 E pero non e niuno che si dovese t. Ne e se non a t. Le Ra Rd t. ad a. Ne t. di d a. La om. d'aprire Ne Rd le 1. La Nf Rd lettere chelli (La che ti) siano Le Ra lettera che m. Ne lettere a chui elle sono Lb om. a La Ne Nf Rd mandate 15. nonn è senno tardare: per il costrutto 'è senno + proposizione soggettiva', cfr. la novella LXXIV dell'edizione borghiniana del Novellino (Lo Nigro, p. 339): «è senno, da cui l'uomo vuole alcuna cosa, metterlo prima in speranza di bene», -a cui: Ma parte di colui a cui'. Per l'omissione del dimostrativo o meglio per il «carattere complesso di dimostrativo-relativo» del pronome, cfr. Ageno, Particolarità, p. 6. XX TULLIO Tullio fue, al tempo di questo imperadore, grande filosafo. E fece la Rettorica, cioè la scienza del bel parlare e del dittare. E fece molti libri de' quali son tratti questi fiori. Testo in E (1-47, 50-122, 126-71) La (1-30, 33-181) Lb Le (1-47,50-71, 80- 122, 126-36, 140-181) Na Nb (1-96, 169-81) Ne Nd (1-47, 50-158, 161-81) Ne (1-119, 133-51, 157-71) Nf Ng Ra (= Le) Rb Rd (1-92, 165-71) Re (24, in-3, 142) 1-23 Re om. i E La Lb Ne Rb om. Nb sentente di Tulio Nd fiori di Marco Tullio Cicerone Nf Rd fiori di Tullio 2 Le Ra Tullio fu al tempo de Giulio Cesare et e fu altissimo et sommo philosopho Lb Ne e fu grande 2-3 Rb (.)ulio fu grandissimo filosofo e fu al tempo di Julio Cesare prunaio imperadore che avessono i romani questo Tulio fece 3 Nb om. cioè la scienza E di belo Le Nd Ra del bene Nf del belo 3-4 Nb Rb om. e del dittare Le Ra bene dittare 4 Le Ra Rb molti alti libri E e scrise di molte buone sentence Lb om. de... fiori Nb tratti sono Ng t. molti fiori La molti fiori e questi qui apresso Le Ra fioretti che scriveremo appresso Ne fiori i. Tullio : Nelle opere medievali il nome Tullio è molto più frequente di Cicerone; quanto addirittura non si reputino due persone distinte; cfr. da ultimo R. Crespo, Tullio e Cicerone, in «LI» xxxv (1973) P-8455. 3. la Rettorica: il titolo dato al volgarizzamento del De Inventione ciceroniano; cfr. Brunetto, Rettorica, p. 4: «è rettorica quella scienzia per la quale noi saperne ornatamente dire e dittare». 3-4. dittare: cfr. xix,6. FIORI 01 FILOSAFI 5 Fondamento di iustizia si è di non nuocere altrui e di servire a Futilità comune. Neuna iniustizia è più capitale che di coloro che malvagiamente ingannano e alcuna cosa fanno per mostrare che siano buoni. io De le compagnie neuna è più graziosa né più ferma che quando i buoni uomini simiglianti in costumi son giunti di famigliaritade e d'amore. Neuna cosa è più amabile né più dolce che sumiglianza di buoni costumi. Non chi fa, ma chi difende e cessa la 'ngiuria è da tenere 15 prò' e ardito. Nonn è di ragione quelli che per paura non si piega, piegarsi per cupidità né quelli che non si vince per fatica, lasciarsi vincere a la volontà. che voi udirete 5 La Le Nb Ng Ra om. si Nd om. si e di La il Nb Nf Rb om. di E Rd nuocere ad Ne om. e La Nf Ng Rb Rd om. di 6 Nd om. 1' 7 E Lb Le Na Nd Ne Ng Ra iusticia 7-8 Ne om. malvagiamente 8 Nd om. e La Rd fanno buona per 8-9 Rd m. essere b. 8ii Le Ra om. e... quando io Rb om. de le compagnie Rb niuna cosa Nd niuna ne più Na ne ne La Nf Rd senc.a danno che 11 Ne Nd Nf om. i Ne similliati Nd somigliantemente Le Ra costumi servite di Nd son involti de Rb son vinti da La Ne Nf Rd in f. Nd da f. 11-2 Ne familita Nb f. ad a. 12 Ne amare La ne veruna La Nb Rd a. e più 12-3 Le Ra om. neuna... costumi Nb dolce cosa Ne dolci 13 La simillianti e Rb simiglianza in 14 Nd chinfama ma Nf Rd ma d. Le Ra om. e cessa Lb segnoria Na guria 15 E La Lb Lb Nd Nf Rd prode E om. e ardito 16 Rb om. di Lb Na prega La Nf Rd piegasi Le Nd Ra e piegasi Ne ma pieghasi 17 La Nb Nd Nf Rd e q. 17-8 Le Ra che si lascia vincere alle volunta et per fatica non si vince La Nf Rd non si lasci Ne ma lasciarsi 18 La Nf Rd voi. ne a (La da) la malitia 19-20 La Nb Rd e più angoscio- 5-6. servire a l'utilità: la reggenza di servire è analoga a quella di sodisfare (cfr. xi,^). 13. sumiglianza: cfr. vi,6. 14. difende: gallicismo, cfr. Bezzola, p. 20 e Hope, pp. 98-9. — cessa: per l'uso transitivo cfr. Ageno, p. 32 s. -'ngiuria: con aferesi. 15. prò': con apocope. 16-8. nonn è... volontà: costruzioni latineggianti dell'accusativo con l'infinito, sulle quali vd. Segre, Sintassi, pp. 117-20. j.8.a la volontà: «dativo d'agente», cfr. Dardano, p. 255. XX - TULLIO 155 Da schifare è la cupiditade de l'avere, che neuna cosa è di più angoscioso e di più distretto animo che amare ricchezze 20 e neuna cosa è più onesta né di più alto cuore che desdegnare d'amassare avere chi nonn ha e quelli che l'ha di metterlo in cortesia e in franchezza. Forte e costante è l'animo che non si turba ne le cose aspre. Di grande ingegno e di sottil senno è l'uomo che col pen- 25 siero prende le cose che sono a venire per innanzi e fa reparata a quello che puote avenire e provedere quello che sera da fare da che sera avenuto. sa Ne da più a Le Ra cosa e più amabile e più distretta e più angosciosa alluomo amare 20 La Rb ne di E Lb Na Nd Ne Ng più distretto e di più angoscioso animo E La Nb Ne Rb stretto Nf Rd tretto 21 Le Ra om. cosa La om. e più onesta Lb Le Na Ne Ra Rb e di Nb niuna e più dalto Lb om. che Rb desiderare 21-2 Le Ra alto avere 22 E Lb Na Ne om. d' Nd ricchec,?a Rb ricchecc.e E quelli che Le Ra non la La non la amassa per m. Nf non a quello asse per m. Rd non a quello avere per m. Rb om. di Le Ra mantenerlo 22-3 Nd metterla in franchigia e honore e cortesia 23 Le Ra cortesi Na corteisia Le Ra om. e Ng o Le Ra ricchezza 24 Nb e. animo e quello che Re amiche Ne conturba Ne per le Lb om. aspre 25-110 Re om. 25 Le Ra di g. senno e di sottile i. Nb di g. e di sottile ing. e senno La e di gran senno Ne sottile animo di senno Lb e aspere 1 La animo Ne chel chol Le Ra con 25-6 E Nb con li pensieri 26 E che posono avenire 26-8 Le Ra v. et provede quello fia daffare 26-7 E Nd fa repari La om. fa r. Lb Na Ng fare para Ne saprepara Rb fare riparo La om. e... avenire 27 Lb quelli Na quella Ne Ng quelle che possono Ne Nf venire La Nb Ne Nf Rd om. quello 27-8 E a quelle che sono avenute Lb Na Ne Ng om. da fare... sera 28 La Le Ra f. quando s. 21. né: Varnhagen: «e», seguendo Na. 21-2. Varnhagen: «desdegnare amassare», seguendo Na. 22-3. metterlo... franchezza: 'destinarlo ad azioni nobili e generose'. 26-7. Varnhagen «e fare para», seguendo la divisione delle parole del copista di Na (ma la voce para è solamente dell'antico umbro, cfr. DEI, s.v.). Lo Nigro interpreta «si prepara ad affrontare». C'è, in ogni caso, un'anomalia sintattica nella frase. Alla soggettiva dei FH («Illud magni ingenii est cogitacione futura percipere et ante constituere...») corrisponde dapprima una costruzione «personale» («Di grande ingegno... è l'uomo che... prende... e fa»}, poi, quasi il volgarizzatore fosse ritornato sul suo modello, dimentico della sua precedente soluzione sintattica, troviamo l'infinito provedere (analogamente nel testo di Varnhagen: prende... fare... provedere}. Sui passaggi di costruzione cfr. Segre, Sintassi, pp. 200-1. Sul sostantivo re- FIORI DI FILOSAFI Neuna cosa è più degna né di magior lode al grand'uomo 3° che essere benigno e umile. Ne la prosperità del secolo dee l'uomo schifare la soperbia e l'argoglio. Guardati e sic savio di non chinare l'orecchie ai lusinghieri né a l'inizzatori, che ingannato serai leggiermente. 35 La lussuria a ogne etade è laida, ma ne' vecchi spezialmente è laidissima. La forma del corpo si dee tenere netta e bella, ma non con troppo liscio, né di tanto che sia odiata, ma di tanto che basti, né vanagloria non v'abia. Ottima cosa è la mediocrità nel 4° vestire. Ne l'andare dee l'uomo essere savio di non andare troppo Le Ra saranno venute 29 Le Ra om. degna Na e di Nf ke di La degna di lode grani a 30 La Ne che desser Rd dessere (om. che) La humile e benigno 31-2 La om. 31 Le Nd Ra sec. delluomo si dee (Le Ra si e da) E scifare luomo 32 Lb om. V 33 La om. e E om. e sic savio Nf Rd e di La Nd inchinare La orecchio tuo 34 La e ne Rb aniccatori Le Ra che leggiermente saresti ing. 35 Nd luss. e in ogni etade laida E in ogni etade Nb ad ogno huomo E laida e La om. è laida Rb e laidissima La in La in vechiecca 35-6 La Le Ne Ra om. spezialmente 36 Le Nb Ra om. è Rb laida 37 Nd om. netta e Le Ra t. la donna n. E om. e bella 38 Lb lascia Nb liscia E om. né di Le Ra tanto affacciare che La Nb Ne Nf Rb Rd om. né di tanto che sia odiata Lb tanto ressia odiada 38-9 E Lb Na Nd Ne Ng om. ma di tanto che basti 39 Nf Rd b. ne non (Nf no a) gloriarsi ne Lb da ne E ne non Ne ne che La b. ne non groriarsi e non vabbia vanagloria veruna E vabbia vanagloria Le Ra vanagloria nabia Le Ra moderanca Rb om. mediocrità La Ne Nf Rd ne Nd del 40 Rd vestiri Nd dopo la r. 40 inverte l'ordine delle frasi: 44-7, 41-3 41 Le Ra et parata si veda ora G. Herczeg, La funzione del suffisso -afa. Sostantivi astratti verbali, in «SGI» n (1972) p. 191 ss., in particolare a p. 245. 29. né: Varnhagen: «e», seguendo Na. 31. Ne la prosperità del secolo: traduce in rebus prosperis. 32. argogito: forma con dissimilazione regressiva. 33. chinare l'orecchie: 'dar ascolto'. 38-9. Varnhagen omette ma di tanto che basti, seguendo Na, dove è errore di gruppo. 39. vanagloria: FH: vanagloriam, SH: neglicenciam. XX-TULLIO piano, eh'è segno di pompa e di grandigia, e di non andare troppo ratto come folle, ch'è segno di legier testa. La boce di quelli che parla dee essere dolce, non contendente, non tremante, non cantevole, ma vega prima di che el- 45 li parla: se parla di cose ferme, mostri fermezza, se parla a sollazzo, mostri allegrezza. Pesante e odiosa cosa è quando dai trapassanti si dice: «O casa antica, com'è travagliata la segnoria e la grandezza tua!» Allora va male l'affare, quando quello che si dee fare per 5° diritto si tenta di fare per argento. Neun uomo puot'essere giusto che teme morte o dolore o povertà. nell Lb de essere luomo 42 Le Ra pianamente Lb che segno e E di bonitate e Ne di bontà e Ng di borbanca e La pompa come folle de grandissima grandigia Nf Rd pompa e come folle di grandissima e non andare Nd troppo ratto come folle che segno de pompa e de grandigia Le Ng grande agio Rb grambiscia Ne ed anche di La om. e non 42-3 Ne om. pompa... di Le Ra et andare ratto molto e segno di folle e di leggere testa 43 Nb ratto si come La Nf Rd om. come folle 44 La Nf Rd boccha La om. di... parla Nd colui Nf Rd quello Rb quegli Ne Nf Rd om. che parla Nd p. e da essere E Le Nd Ne Ra e non 44-5 La Nf Rd contendendo Le Ra cadente 45 E Ne Ng om. non tremante Lb carmante Nb temante Le Ra t. ne contendente 45-6 La Nf Rd vegga e dica prima e (Nf Rd om. e) di quello (Rd q. per la quale) parli (Nf Rd parla) Le Nb Ra om. elli 46 Le Ra parli Rd e se Nb cosa ferma La Ne Nf Rd f. e se p. Rd parli 46- 7 Le Ra p. di cose di sollacc.o 47 Le Ra sollacc.o 48-9 E Le Nd Ra om. 48 La pensa che odiosa Lb Na Rf om. cosa Nb cosa q. Ne si e La Nf trapassati La om. o 49 La Nf Rd come se t. Lb Na a la 50 Le Ra om. 1' La lo stato Nf Rd lo fatto 50-1 Le Ra quando per diletto vitioso si tenta 51 E tasta Lb intenca Rb cercha La Nf Rd si fa per Ne a fare ^2 E om. uomo La om. morte Nb morte dolore Nb d. e 53 Le Ra pau- 42. grandigia: per il significato cfr. Giamboni, Libro, xxv,9: «Grandigia è quando l'animo dell'uomo non soffera che alcun sia pare o maggior di lui; e questa è detta vanagloria». Per il suffisso, d'origine francese, cfr. Rohlfs, 1070 e Tekavcic, 1415-7. 43. legier testa: 'temperamento incostante'. 49. è travagliata... tua: il predicato, costituito da essere + participio passato, si accorda col primo dei due soggetti successivi e perciò va al singolare; la costruzione è comune, cfr. Trolli, p. 132. 50. Allora... quando: correlativi, cfr. 11,11. 52.Neim uomo... che: si noti la traiectio verborum. FIORI DI FILOSAFI La forza de la giustizia è tanta che quelli che stanno e vi- 55 vono di ruberia e di mal fare, non potrebero durare sanza alcuna parte di iustizia; ch'el segnore dei ladroni, se non parte la preda e '1 furto igualmente, o è morto o è lasciato da' suoi. Le cose fitte e simulate cagiono tosto sì com'e' fiori, per ciò che cosa simulata, voita di veritade, non puote lungamente 60 durare. Chi vuole pregio di iustizia, usila ne' suoi officii. Conviensi a l'uomo cortese in donare essere allegro e in ricevere non acerbo. Nobile e bella cosa è le magioni delli alti baroni istare aper- 65 te per accogliere i gentili viandanti. ra Nb e povertà 54 Le Ra forma Le Ra tanta e tale 55 Rd rubare Le Ra male affare 56 Ne Nf che s. E Lb Na Ne selli 57 Nd Rd p. ol f. La Nb frutto La Nf Rd om. igualmente Rb ig. morto E elli e m. Le Ra tra loro m. Na morte 58 Le Ra vote Rb om. fitte La similiante La Nf Rb Rd om. cagiono E Ne Ng tostamente Lb om. si Lb Le Ra fiore Ne e in per ciò 59-60 E Ng dur. long. 60 Ne Nf om. durare 61 La Nf Rd usi li suoi Nb Rb argomenti 62-3 La Le Ra a ricevere Rd erritenere 63 Le Ra r. nobile e non acerbo Ne acerba 63-4 Le Ra acerbo chella cosa e la maggiore degli altri b. 64 Ne delli grandi huomini 64-5 La Nf Rd om. istare aperte 65 Ng recolliere 66 Le Ra r. cioè di s. Nb s. le 55-6. alcuna parte: 'un pò". 56. parte... parte: involontario il calembour? -Varnhagen: «s'elli non parte», seguendo Na. 58. cagiono: per la palatalizzazione della consonante finale del tema (caggio<*'cadeo], cfr. Rohlfs, 534. 61.Lo Nigro: «usi li suoi uffici», seguendo La e interpretando: 'ottemperi ai doveri della giustizia' (FH: «Qui vere justicie gloriam adipisci vult, justicie fungatur officiis»). L'intervento non mi sembra strettamente necessario. 62. allegro: la fonte latina ha, in realtà, munificum. 63. acerbo: per il significato cfr. F.Maggini, Parole di Dante: acerbo, in «LN» i (1939), pp. 10-2, poi in Due letture inedite e altri scritti poco noti, Firenze 1965, pp. 80-4. 64. delli alti baroni: traduce illustrium virorum, cfr. 111,4. 64-5. Nobile... aperte: «accusativo con l'infinito», cfr. xx,i6-8. -alti... gentili: traducono lo stesso termine latino (illustrium virorum, illustribus hospitibus). XX-TULLIO Chi dona dee donare per ragione e seguire i costumi delli uomini e no la forma. Maggiormente è da gradire e da pregiare secondo natura dimorare co le genti e sofferire travagli e fatiche per servire e aiutare a li amici, che dimorare solo, sanza briga, in diletto di 7° tutte sue volontà. Onore, volontà e ricchezza e simigliante cose che paiono utile a le genti, son molto pregiate, ma più è da pregiare l'a- mistade. Il buono uomo, non che fare, ma elli non ardirà di pensa- 75 re cosa che no la possa predicare in palese. Ne le mercatanzie umane non dee capere bugia. E '1 venditore e '1 comperatore, se vengono a parlare, siano contenti di parlare una volta. cose uni de li Rb om. delli 66-7 La Nf Rd d. buoni e Le Ra u. a cui dona Rb om. u. Lb Na Ng e ne la La Rd om. la La Nf Rd follia Rb forga E e. e non la forma degluomini 68 La Rd seguire e da gradire Le Ra guardare Ne grandire Rb la n. 69 Ne sapere d. La tra Nb colla gente La Nf Rd sostenere Ne travaglio Nb et per Nd f. e s. Ne f. meglio e s. 70 La Nf Ng Rd om. a Ng le La Nf Rd stare Nb sole Nb brighe Nd fatica 71 E om. tutte La le sue 75-9 Le Ra om. 72 Nd e v. Na ee s. Lb Na Ne cosa Nb molto u. 73 Ne si sono E om. molto La Ne Nf molte La Nf Rd pregiate cose Nb pregiati Nd lodate Rb da pregiare 75 Rb om. uomo La Rd ardisce 75-6 La a pensare Na a. dispensare 76 Na che que Lb om. cosa... predicare E om. la La Nf Rd potesse 77 Rb delle m. Lb mercanti umani La non metterci dei bugie E dei Nb caprire Nf Rd mettere Rb bugie 77-8 La comp. el vend. Lb isedetore Na veditore 78 Rd al p. Ne sia Rd sono La si debbono essere contenti 79 E om. 66. per ragione: 'con giusto discernimento' (Lo Nigro). 67. la forma: cioè le apparenze. FH: formam, SH: fortunam. 69-70. servire e aiutare a li amici: per la reggenza di servire cfr. xx, 5-6 e per quella di aiutare cfr. Ageno, p. 51. 71. tutte sue volontà: si noti l'omissione dell'articolo sotto la duplice influenza dell'aggettivo tutto (cfr. Crespo, pp. 56-7, con bibliografia) e dell'aggettivo possessivo (cfr. 11,15). 76. la: pleonastico, cfr. Trolli, pp. 128-9. ~^n palese: 'in pubblico'. 77. Ne le mercatanzie umane: FH: rebus humanis, SH: ex rebus con- trahendis. l6o FIORI DI FILOSAFI 80 Giurare falso nonn è spergiuro, ma chi giura contra la sentenza dell'animo suo. Le promesse non sono da oservare che non sono utile a colui a cui tu l'hai promesse. Saramento è fermezza religiosa e per ciò quello che si pro- 85 mette con questa fermezza évi Dio testimonio e desi santa vizio oservare. L'amistade è da antiporre a tutte le cose mondane. L'amistade nonn è altro se non caritade e benivoglienza e consentimento di tutte le cose divine e umane. 9° L'amistade è di grande guardia e malagevolemente si mantiene insino a la morte, che spesse volte si parte per contenzione d'amore di femina o di guadagno d'avere o d'altra utilitade che catuno la disidera e non si puote avere a comune. La una volontà Nb una volta poi espunge e scrive una volontà 80 Ne f. può essere in modo che non ve grave pecchato di s. Le Ra spergiurare Le Ra ma giurare 8o-1 E La Lb Na Nb Ne Nf Ng Rd coscienza 81 La Nf Rd om. dell'animo La Rd sua Ne suo si e spergiuro 82 Ne p. che non Nf om. non sono Rd om. sono La lempromesse da oservare non sono che Ne o. si sono quelle che Lb om. da... sono 82-3 Nb Ne Nf Rb Rd om. a colui 83 Nb om. tu 84 Le Ra fendamento et f. Nd fermamento e f. Ne si e una f. 84-5 La Nf metto Ne prometto Rd mette 85 Le Ra quella Le Ra f. idio ne t. Rb om. évi Dio Ne per t. Nb om. évi... e Ne t. si che si vole Lb e disse Na e disi Ne e si 87 Nb amistadi E e da pore inanci La si de poner dinanci Le Ra e anci a porre Nb e da antiponere Nd e davanti porre Nf Rd e nanci ponere La mondane cose Le Ra mondane che essa 88 Lb Nd altro che e. Nf Rd om. nonn... non La om. nonn... caritade 88-90 Le Ra buona voglienca lamista e 89 E om. le Ne divini Le Ra umane e divine Nb mundane Nd divine e mondane e humane 90 Le Ra om. è Le Ra om. guardia Ne Ng malagevole 91 Le Ra fine a lo stremo de la fine Ne ispesso Ne si si 92 E La per g. Lb Na Nb e di g. Rd guardan La o per altra 92-165 Rd om. d'avere... elli (per caduta di una carta] 93 Lb om. non Le Ra possono avere comuni La Nb om. a 94 So. chi giura: variazione sintattica rispetto all'infinito precedente. 84. saramento: gallicismo, cfr. Bezzola, p. 226 e TS, p. 18. -fermezza: traduce affirmacio. 85. Lo Nigro: «e ivi Dio», secondo La e interpreta: 'essendovi Dio'. — Varnhagen: «e' de' si», interpretando e' come soggetto del verbo impersonale. 90. di grande guardia: 'difficile da custodire'. Per il concetto, cfr. xiv, 11-2. -malagevolemente: cfr. A.Castellani, Una particolarità dell'antico italiano: «igualmente-similemente», in «StLI» i (1960) pp. 85- XX - TULLIO 161 Nonn è iscusa del peccato se pecche per cagione de l'amico; che l'amistade dee essere per raconciare le virtude e se la 95 virtude viene meno, malagevolemente puote durare l'ami­ stade. Ne l'amistade è fermata està legge, di non pregare né richiedere cose laide, né di non farle pregati. Non meno m'è in calere de lo stato del nostro comune, che I0° sia buono dipo la morte mia, che de lo stato del tempo pre­ sente. Diritta cosa èe l'uomo essere prima buono e amare sé per sé medesimo e poscia trovare un altro simigliante di sé, el cui animo elli agiunga in tal maniera col suo, che quasi paiano 105 uno e non due. Ne se tu p. 94-5 Le Ra per servire lamico 95 La amistadi La deono Le Nb Ra la vertude 95-6 La om. e... virtude 96 Rb Ile virtudi venghono Lb om. meno La Ne Nf si p. 96-7 Le Ra dura lamistade Ne lamistade puote durare 96-169 Nb om. durare... pratora 98 Le Ra formata Rb ferma E Lb Le Na Nd Ne Ra questa Le Ra 1. che tu non dei p. La p. di non r. 99 E Le Ra cosa laida Le Ra 1. disonesta o indouta Le Ra om. né... pregati La Nd e di Ng om. non E Lb Na Ne Ng fare E Nd pregare La preghate Lb pregarti 100 Le Ra meno ci dee e. 101 Nd om. buono Le Ra nostra 101-2 La dello p. t. 103 La om. èe Le Ra cosa e bona e desserre luomo in prima buono a se E Lb Na Ne Ng prima essere La Nf primo Ng om. e 103-4 La Nf e sempre amare m. 104 Le Ra poi La Nf om. un altro Lb de te 104-5 Le Ra se in cui egli agiunghi et aguagli in 105 Nd om. in tal maniera Le Ra om. col suo La Nf om. che Ne e q. Nd om. quasi E Lb Na Nd Ne Ng paia 105-6 E m. chel suo el 108. Gli avverbi in -mente tratti da aggettivi parossitoni in -le presentano la sincope della vocale (cfr. xx,3^-6 spezialmente], quelli derivato da aggettivi proparossitoni mantengono la e (cfr. qui, e xx, 96, 128 malagevolemente, xx,io9 amichevolemente}. 92. Varnhagen: «e di guadangno», seguendo Na. 98. està: per la forma, comune nella lingua antica, cfr. Rohlfs, 491. 99. né: 'e', cfr. Rohlfs, 763. —Varnhagen: «fare», seguendo Na. pregati: 'se si è pregati'. 100.m'è in calere: 'm'importa', —comune: cfr. 111,4. 103. l'uomo essere: accusativo + infinito. 104-6. un altro... due: cioè un'altra persona di carattere affine, con cui vivere in simbiosi spirituale. FIORI DI FILOSAFI Li amici sono d'amonire e da riprendere sovente in tal guisa che l'amonimento non sia acerbo e la riprensione non sia con villania. E allora sono da prendere amichevolemente, no quando benignamente si fanno. Neuna cosa è più da schifare ne li amici che le lusinghe, per ciò ch'è vizio d'uomini lievi e ingannatori, li quali parlano tutte le cose a volontà e neente a verità. Dobianci guardare di non cuminciare ad amare troppo to- 115 sto e di non amare né tosto né tardi quelli che non ne son degni. E quelli son degni d'amistà ne' quali è cascione per la quale siano amati. Neuno è sì vecchio che non si creda di potere vivere un anno. 120 La vecchiezza è d'aiutare con mantenersi forte. Il vecchio suo pagla quasi uno 107 E Lb Le Na Nd Ne Ng Ra amare Ng om. e da riprendere E om. sovente 108 E Lb Na Ne Ng om. sia Nd ti sia 108- 9 Le Ra che lamunitioni acerbe et le responsioni non sieno con v. 109 La Nf om. e Le Ra riprendere 109-10 Le Ra a. da che bisognamente si in La Nf a li Lb Na Nd Ne Ng om. che le lusinghe 111-3 E sostituisce con male a parlare con coloro che parlano più a volontà che a ragione Ne amici chome di coloro i quali parlano tutte le cose a volontade e non a verità neiente questo e v(...)o dhuomini lievi e ingannatori 112 Le Nd Ra om. per ciò Le Ra un v. Rb om. lievi e 113 Re om. tutte Re cose pure La e neuna verità Lb Na Nd Ne e non a veritade neente Le Ra ma none a verità ne a ragione e a certezza Ng om. neente Re alla verità E Lb Na Nd Ne Ng inseriscono le righe 118-9 tra la r. 113 e la 114 114-41 Re om. 114 E huomo si de La dobbiamo La Rb om. cuminciare ad 114-6 Le Ra non domarci troppo tosto ne tardi accio che non siamo cagione noi stessi sei nostro male quegli non sono degni damista 115 Rb om. e... tosto Nd ne di non Ne non cominciare Nd am. tosto La om. né tosto né Rb ne troppo tardi La Nf om. ne 116 Ne om. e Lb Ne Ng Rb om. e quelli son degni La q. ke non Le Ra non sono Rb none 116-7 Ne chagioni per le quali 118 Nd neuno huomo La om. è E Ne Rb om. di La om. di potere 120-32 Ne om. 120 Rb aiutarsi E Le Ra a. per m. La a. in m. Ng om. con 108-9. Varnhagen: «non con villania», seguendo Na. 109-10. allora... quando: correlativi. 114. Dobianci: l'enclisi, dovuta alla legge Tobler-Mussafia, provoca l'assimilazione parziale della nasale, che si dentalizza per adattarsi al primo elemento fonetico (occlusivo dentale) dell'affricata palatale. .« creda: per la forma riflessiva, cfr. Ageno, p. 141 s. 118-9. un 156-60, 180-3, 2II-9» 231-2, 236-7, 239-43, 249-54, 2^7-64) Na Nb (1-149, 171-218, 246-64) Ne Nd (1-42, 46-264) Nf (1-71, 7-264) Ni Ra (= Le) Rb (1-3, 24-9, 34-174, 178-220, 223- 64) Rd (1-71, 74-264) Re (74, 121, 220) 1-73 Re om. i E La Lb Rb om. Na senecca Nb vita di nerone imperadore Ne Nf Rd Seneca sanatore Nd fiori di Seneca e la vita di nerone imperadore 2 Nf senica La Nd Nf Rd fil. nob. La Nf Rd om. e fue maestro Ng nerone 2-3 La m. al tempo di nerone imperadore e fue maestro del detto imperadore il q. Nf Rd n. i. fue maestro 3 Ne om. il quale imperadore E om. imperadore Le Ra nerone Ne fae Ng f. signiore 3-23 Rb om. il 2. Nero: continua il nominativo. 3. Il quale imperadore: per il raccordo relativo cfr. 1,3. —martello del mondo: l'epiteto non si trova nei FH (e tanto meno nello SH) e non ne so spiegare l'origine. Non illuminano neanche C. Pascal, Nerone nella storia aneddotica e nella leggenda, Milano 1923, R. Konrad, Kaiser Nero in der Vorstellung des Mittelalters, in Festiva Lanx. Studien zum mittelalterlichen Geistesleben Johannes Spórl dargebracht..., hgb. von K.Schnith, Miinchen 1966, pp. 1-15 e B.H.Warmington, Nero. Reality and Legend, London 1969 (trad. it. Nerone, realtà e leggenda, Bari 1973). Nannucci, che spiega martello come tormento, tribolazione, ricorda un'iscrizione dedicata a Edoardo i, nell'abbazia di Westminster: «Eduardus primus, Scotorum malleus, hic est. Pactum serva». 176 FIORI DI FILOSAFI ne cotale vita. La sera andava disconosciuto col capello in capò da ch'era notte, scherzando; cui elli trovava, sì dava di petto e chi si difendea, sì '1 batteva malamente. Rompeva taverne, isforzava femine, specialmente mogli altrui, sì che da uno, a cui elli facea villania de la moglie, fue fedito quasi a morte; sì che d'allora innanzi non andò a cotale otta sanza guardia che '1 seguiano da lungi. Co la madre sua volle giacere carnalmente; perch'ella si difese e non volle, si prese quale... fuoco 4 E questa Le Ra sera di notte Lb a. con uno scudo col Lb Le Na Nd Ra con Ng con un 4-5 E da chera notte con uno Lb canpc ^ Le Ra om. da ch'era notte La Lb cercando La Nf Rd om. elli La Ng Rd om. elli La Ng Rd om. sì Nb Nd gli dava 5-6 Le Ra ischernendo bactendo et dando de pecto a quelli chesso trovava et chi Ne om. di... difendea 6 La Le Ra om. si Ne si b. La battealo Nd Rd abattea Le Ra et r. 6- 7 La travi Na taverna Ne rompeva taverne, ripetuto ed espunto 7 La Lb Nf Rd e i. Le i. mogli s. E La Ne Nf Rd e sp. La Ng Rd a Nf om. da 7-8 Nd altrui una sera uno Ne davano elli 8 Nb om. uno a Nf om. a E fece La Nf Rd lo fedio Na fue fetido La Lb Nf Rd om. quasi Nd f. dallui 8-9 Nd om. quasi a morte 9 Le Ra morte et ci a La Nf Rd da indi Nf Rd mai non E da tal ora La Nf Rd om. d'allora i. io Le Ra grandissime guardie La g. le quali guardie lo seguiano Nb om. 1 Le Ra servivano Le Ra om. da lungi Nb da la 1. Ne di 1. E co sua m. Nd om. sua Lb volesse Ne volea io-i Le Ra volle usare carn. colla madre p. 11 Nd om. ella Le Ra om. si difese e La Nf Rd om. e non volle Le Ra volesse 4. Varnhagen: «con», seguendo Na. 5. scherzando: traduce ludibundus ('in vena di scherzi'). - sì dava: '(sì) gli dava', cfr. xx,i64. 5-6. dava di petto: 'aggrediva'. 8. a cui... moglie: 'a cui aveva oltraggiato la moglie' (Segre, Volga­ rizzamenti}. io. seguiano: costruzione a senso provocata dal significato collettivo di guardia ('scorta'). 10-3. Co la madre... coll'altre: FH: «Matris concubitum appetiit, qua rebellante et non consenciente meretricem quam fama erat matri similem inter concubinas recepit»; alquanto diversamente lo SH: «Matris concubitum appetisse, sed, ne ferox atque impotens mulier eciam hoc genere gracie prevalerci, deterritum, nemo dubitavit. Ideoque meretricem, quam fama erat matri simillimam, inter concubinas re­ cepit». XXIV-SENECA una meretrice che diceva la gente che simigliava questa sua madre e teneala per amica coli'altre. Questo imperadore neuna roba vestia due volte. La madre isparò per vedere là ove era stato. La moglie pensò di strangolare; perché non avea fi- 15 gliuoli, lasciolla e poscia l'uccise sotto cagione d'avolterio. La seconda moglie amò molto teneramente ed essendo gravida col calcio l'uccise. Un'altra donna ch'e "rifiutò per marito fece uccidere. El figliastro fece anegare in mare. In Roma fece mettere fuoco in più partita, perché li noiava che le case era- 20 no vecchie; e neuno lasciava andare ad acorrere le cose sue. Ed elli, istando alto, guardava e cantava per allegrezza del fuoco. Ne volea Le Nd Ng Ra om. si Le Ra tolse 12 Na metetrice La dice Le Ra Rd om. diceva la gente che Ng a q. 12-3 E s. a la m. La Nf Rd s. la m. Le Ra s. molto la m. 13 Na madra Le Nd Ra tennela E t. con le altre amice per amica La altre che tenea per arniche Le Ra altre che avea Le Ra q. nerone 13-4 La Nf Rd non si vestia la roba due 14 Le Ra mai più di due La e sparo la m. per La il luogo Le Nf Ra om. là i^ Le Ra egli era Nf Rd fosse Le Ra volle s. E om. di Na stargorare Le Ra non menava Ne ave ij-6 La Nf Rd om. perché... lasciolla 16 E Le Ra om. lasciolla Nb om. lasciolla... avolterio E e pure la ocise per e. La Nf Rd per cagione che non avea figliuoli (Nf Rd aggiungono lasciolla e poscia luccise sotto cagione davolterio) La om. sotto... avolterio Le Ra sotto nome 17 La molto e t. E om. ed Le Ra t. poi es. 18 La co Le Ra luccise co un chaccic La a m. 18-9 E Le Ra lo fece u. La Nf Rd uccise 19 E om. el... mare La e un suo f. Le Ra el figliuolo 20 E lo f. Na Ne il f. Rd ne le E La Le Nb Nf Ra Rd parti Ng Rd noiavano 20-1 Le Ra perchella rinovasse perciò che le case erano molto vecchie La perche le case vecchie li noiavano 21 La e non lasciava Nf endelli non 1. Rd ondelli non 1. Ng ad andare acc. Rb om. andare ad Le Ra socorrere La andare a difendere veruno le case loro Nf andare nullo a difendere le case loro Rd neuno andare a difendere le esse loro E a le Le Ra le case E loro 22 Nf Rd om. ed La Le Ra Rd 12-3. questa sua madre: cfr. 11,14. 14. roba: gallicismo. 16. sotto cagione d'avolterio: 'accusandola di adulterio' (Segre, Vol­ garizzamenti}. 17. ed: con valore avversativo. rS.ch'e -rifiutò: assimilazione e successiva semplificazione fonosintattica (ch'el rifiutò oppure che 'I rifiutò}. 20. Varnhagen «il fuoco», seguendo Na. 22. alto: 'in alto'. 178 FIORI DI FILOSAFI Seneca suo maestro guardò un die e ricordolli de le batti- 25 ture che li avea date quand'era fanciullo. Per Pempiezza di vendicarsi sì '1 fece morire, ma cotanto li fece per onore del maestrato che li diede a prendere qual morte elli volesse. E quelli entrò in uno bagno e aprisi le vene e prese veleno, per morire più soave. stava ad alti e Nd stava alto e Le Ra alto in sun un monte E La Le Ra om. guardava Ne Nf Rd si g. Nf Rd cantando Le Ra om. e Nd lallegrecca 22-3 Le Ra cantava e dicciea chi e quelli che dicha chel fuocho di troia fue più bello che questo 24 Lb Na om. Seneca suo Lb al m. La Le Nf Ra Rd om. suo maestro E uno die guardoe a seneca suo maestro e La un di fu che guato Seneca e Nb senecha fue maiestro suo guardandolo uno di Rb e veggendolo un di nerone e Rd un die sii guardo e Le Ra guardando Nd guardo egli Rb ricordandosi Rd rriccordandogli Lb om. de 24-5 Lb Nd la battitura 25 E chegli gli La che seneca gli Rb le quali gli Lb Nd data La quandelli Rb mentre E Lb Le Na Nb Ng Ra e per E La Nd om. 1' Ng le 26 Rb om. sì 26-7 La f. donore per amore chera stato suo maestre che Le Ra ma tanto gli fece per amore che fu suo maestro che gli diede Rb ma per onore del maestrato gli diede 27 E Nb chegli li La a pilliare Nf Rd om. a prendere Le Ra v. quella morte che più gli piacesse et Nd Nf Rd om. elli Nb Ne Rd v. fare 28 Nb prese questa morte che entro La entro seneca in E Nb e fecesi aprire Rb punsesi La Rb Rd il v. Lb prese nelo per 29 Rb om. più soave La Nf Rd soavemente 30-3 Rb om. 30 24. ricordolli: 'gli venne in mente' (Segre, Volgarizzamenti], meglio che 'gli rammentò' (Lo Nigro). 25. Varnhagen: «fanciullo», evidente errore tipografico. -Varnhagen: «E per», seguendo Na. 26-7. cotanto... maestrato: 'gli rese questo onore, per deferenza verso l'ex maestro'. Per l'espressione cfr. T'ristano Riccardiano, p. 85 : «io ti farce tanto per onore di cavalleria». 27. maestrato: per il suffisso nominale si veda M. Corti, Contributi al lessico predantesco, in «AGI» xxxvin (1953), p. 67 ss. (che però si occupa prevalentemente dei sostantivi in -aio «senza corrispondenza in participi analoghi», come sennato 'senno', imperiato ecc.), e Rohlfs, 1128. -diede a prendere: 'concesse di scegliere'. 28. aprisi le vene e prese veleno: FH: incisionem venarum elegit; SH: incisionem vene eiegii. Entrambi, quindi non accennano all'assunzione del veleno; ma all'inizio del capitolo, presentando il filosofo, Adamo di Clermont precisa: «Seneca, Neronis preceptor, xn anno imperii Neronis venarum incisione et haustu veneni periit» (cfr. anche Varnhagen, p.xvn). 29. soave: con funzione avverbiale. XXIV - SENECA 179 Questo imperadore, per lo male che faceva, in neuno si fi- 3° dava, se non in due ch'erano così rei com'elli. E quelli due s'acordaro colli altri a ucciderlo. Quelli il sentìo, uscio di Roma e uccisesi co la sua spada. Questo Seneca scrisse molti libri e scrisse molte buone sentenze, de le quali sono scritte qui aliquante. 35 De li costumi Nudritura e amaestramento fanno i costumi: l'uomo sa quello ch'aprende. La buona usanza diparta quello che la malvagia hae impreso. Abbie pace colli uomini e guerra co' vizii. 4° Le Ra q. nerone p. E La Ng chegli f. La veruno La Nf Rd non si 31 Le Ra altrisi La huomini simigliami allui Nb om. ch'erano... elli La Nf om. e 32 Nb acordavano E con altri E per u. La Nd d u E Lb Le Na Nb Nd Ng Rae q. Ne quelle E lospio Le Ra il seppe E Lb Na Nd e uscio Le Ra et usciendo 33 Nd ucciseli Le Ra co la sua spada succise E spada istesa La Rb spada medesima 34 E s. che fue suo maestro fece m. Rb questo filosofo fece m. Le Ra fece m. Na scripsi m. Nb si fece m. 34-5 La q. Seneca scrisse queste sentente e molti altri libri de li quali a scritti qui aliquanti fiori E Ne Nf Rd e scrisse (E s. di) queste sentence Rb om. 35 Nb scritte qui scritte E om. de le... aliquante Le Ra quali alquante scriveremo appresso Ne Nf Rd aliquanti fiori di seneca 36 E La Lb Le Na Nd Ng Ra Rb om. Nb costumi di senecha 37 La non dirittura Na nutridura Lb Na Nb Ng om. i E om. l'uomo 37-8 Le Ra om. nudritura... aprende 38 E q. saprende Na aprendre Nb enprende Nd atende E La Lb Le Nd Ra diparte Nb Ng diporta 38-9 Le Ra diparte la cattiva impresa E a la m e i. 39 La m. imprende Nb Nf inpresa Ne om. im. 40 Lb om. E cor 31-2. £ quelli... ucciderlo: nella fonte invece si legge: «Verum ambo facta cum ceteris conspiratione parricidam deseruerunt». 32. Varnhagen: «e uscio», seguendo Na. 36. Varnhagen: «De moribus», adottando il titolo dello SH. Per questa e per le altre opere attribuite a Seneca in questo capitolo, spesso apocrife in tutto o in parte, si veda da ultimo G. G. Meerseeman, Seneca mestro di spiritualità nei suoi opuscoli apocrifi dal XII al XV secolo, in «IMU» xvi (1973), pp. 43-135. 37. Nudritura: gallicismo. —/': Varnhagen omette, seguendo Na. 38. Varnhagen «diparte», seguendo le edizioni Cappelli e Palermo (ma Re ha diparta}. FH: excuciat. l8o FIORI DI FILOSAFI Questo hae ogne voluntà viziosa, che in quello che infoltisce, pensa ch'ogn'uomo v'infoltisca. Ad altrui perdona sempre, ma a te non neente. Più leggier è al povero fugire le scherme che al ricco la 45 'nvidia. De le quatro virtudi Propia cosa è del savio esaminare i consigli e non per leggiere credenza discorrere a cosa non diritta. Temperatamente loda, più temperatamente biasima; che 5° simigliantemente è da riprendere il troppo lodare come il troppo biasimare. La loda di lusinghe, lo biasimo di malivoglienza è sospetto. Reddi testimonio a la verità e non a l'amistà. A tre tempi dispensa l'animo tuo: le cose presenti ordina, 55 le cose future provedi, le cose passate ricorda. pace Nd co buoni 41 Le Ra om. questo... in E diviciosa Lb viziosa in 41-2 E che quando infollisce Le Ra che colui che infollisce La fallisce Nf infallisce Rb infellonisce 42 E La Le Nb Nf Ra Rb Rd om. v' Rb infellonisce 43-5 Nd om. 43 La om. ad E sempre perdona E Le Ra om ma Le Ng Ra om. neente 44 La più e leggiere E legieri cosa e La Nf Rd om. fugire 46 E La Lb Le Na Nb Nd Ng Ra Rb om. Nf Rd iiij virtù 47 Rb prima e. Nd dexaminare La il consiglio Nf Rd in consilglo 47-8 Le Ra al savio dimaginare i consigli et non palesare credenca perche discorrerebbe a cose 48 La discorre Nb discorrare Le Ra diritte 49 E Le Nd Ra e più Ne Nf piute Rb chi Lb riprendere lodare 50-1 Ng om. lodare come il troppo 51 La Nb Rb om. la Nd loda e di La Nf Rb om. lo Rd e 51-2 Le Ra loda di lusinghieri et di malvagi e biasimo a buoni 52 E e dal sospeto Nb e di dispecto 53 Le Ra om. Rb testimonianca 54 E La Nf Rd altri tempi Le Ra a certi tempi Rb in tre t. Lb pensa Ng nellanimo 54-5 Le Ra tuo et provedi pero che le cose presenti ordinono le cose future 55 E La Nf Ng Rd om. cose Nb provedere Lb Nb om. cose 43. non: pleonastico, se non conviene pensare a un'ellissi verbale. 46. Varnhagen: «De quatuor virtutibus», adottando il titolo dello SH. È il diffusissimo trattateli© noto anche come Forma (o Formula) honestae vitae; per i suoi volgarizzamenti italiani cfr. Barbi, Codice pisano, p. 253. 47. Propia: forma dissimilata, comunissima. 51. loda: si noti il metaplasmo di classe. 53. Reddi: latinismo (manca la dissimilazione). 55. provedi: latinismo ('prevedi'). XXIV-SENECA jSl Proponi nell'animo tuo i beni e' mali che possono avenire, acciò che '1 male posse sostenere e '1 bene posse tempe­ rare. Non ti ponere in casa troppo alta, ne la quale chi vi sta il convegna temere, chi ne scende il convenga guardare di ca- 60 dere. Onesta e gran generazione di vendetta è il perdonare. Quelli è prode e di grande animo che non desidera briga come folle né no le teme come codardo. Ama più le parole utili che le cortesi. 65 E 'ridere è da riprendere s'elli è isconvenevole, simigliante Nb passati La provedi e poscia taricorda Nf provedi le cose poscia te ricorda 56 Le Ra proponti Le Ra om. tuo Le Ra tutti i b. La i quali Lb possano 56-7 Lb Na Rb venire 57 E a ciò che lo posi Nb a ciò che possa sostenere il male e lo b. Rb accio che possi sostenere gli beni e gli mali el b. La om. '1 La Le Nf Ra Rei om. posse 59-61 Le Ra om. 59 E Nd Rb porre La Rb p. nella La cosa E om. ne Lb nel E cui Rd la 59-60 E om. vi... chi 60 Lb Na Nd Ng e chi E om. il 62 Le Ra et grande et grande Lb Na Ng e di v. il Nb Rb om. di vendetta Rd om. è 63 E chi 64 Ng e no E Le Nd Ra non la 65 La Nf Rd le cose u. E Lb Na Ng om. utili Le Ra utile et cortese E Lb Na Ng cortesie 66 Nf om. e Rb il riso Le Ra e molto da Le Ra om. s'elli è Nb om. è Le Ra et de asomigliato Na Nd 59. in casa: allettante la lezione di La in cosa, che meglio risponderebbe alla fonte: «Ne in re alciori te ponas» (cfr. i Proverbes Seneke le philosophe, ed. E. Ruhe, Mùnchen 1969, p.8i — che traducono la stessa frase —: «Ne te met mie en si grant estat ou il te couviegne douter de cheoir») e si ricollegherebbe alla frase xxiv;2O4- 59-60. ne la quale... cadere: nei FH: «in qua stanti tremendum, descendenti cadendum est». 60. Varnhagen: «convenge», errore di lettura o errore tipografico? 62. Vernhagen: «generazione ee di vendetta il perdonare», seguendo Na. 63. Quelli: prolettico. 64. le: Varnhagen: «la», seguendo le edizz. Nannucci Palermo Cappelli, dove però è lezione congetturale. Il pronome le rimanda al plurale briga, sulla cui forma cfr. vili,15 (letta}. 66. E 'ridere: cfr. xxiv,i8 (così anche I 'riso, alla riga 67). -Varnhagen: «e simigliante», seguendo Na. I §2 FIORI DI FILOSAFI a riso di fanciullo o di femina. I 'riso fa l'uomo isgraziato e odiato, s 'elli è soperbio o chiaro o maligno o furtivo o ismosso per male altrui. 7° Prendi riposo sanza pigrezza e quando li altri giuocano e tu tratta d'alcuna cosa santa e onesta. Sic così tristo essere lodato dai rei com'essere lodato di reta. Non temere parole acerbe, ma le lusinghe. 75 A quelli che dice sic tacito uditore, a quelli che ti domanda rispondi volentieri, a quelli che contende non credere leg- giermente. A ogn'uomo sic benigno, a neuno lusinghiere, famigliare di pochi, diritto di tutti. 80 De la tua buona fama non sic seminatore, né invidioso de l'altrui. e s. 67 Lb Na al riso del Le Ra riso du femina et di fanciullo Ng om. e Rd om. i 67-9 E om. e odiato... altrui Le Ra e odiato et de segno di poco fermezza et di stoltitia 68 Lb Na odiato selli e odiato selli Ne e f. Rb f. i. 68-9 Nb si si moso 69 Rd mali e 69-70 Le Ra altrui ma dei quando 70 Lb Na Ng om. e Na om. li 70-1 E om. e tu 71 La tu pensa e tratta E di qualche cosa che sia buona e onesta Le Ra alcuna santa e vertudiosa cosa 72-3 La Nf Rd om. 72 E cosi dolente dessere Le Ra des sere Lb om. dai rei... lodato 72-3 Nd rei di bontade come da buoni de retade Le Ra essere biasimato dai buoni come essere lodato da rei 74 Lb acerbe parole Na le biasme E La Le Nf Rd ma temi lus. Re a. che atte sono lusinghe Le Ra ma si 1. 75-120 Re om. 75 Lb sic sic Rb atento u. Nd om. ti 75-6 Ne om. a quelli che ti... volentieri Le Ra tacitore che domanda (Le prima scrive tacitore a quegli che domanda poi cancella a quegli) 76 Lb che te e. 76-7 Le Ra non legg. rispondi 78 Le Nd Ng Ra b. e & 79 La Nb a pochi Le Ra ma diricto E dir. damici La Nb a tutti 80 E Le Ra non esere 80-1 La de laltrui fama non sic invidioso ne de la tua semi 67. a riso: potrebbe interpretarsi anche a 'riso, per cui cfr. xxiv,i8. 68-69. ismosso per: 'causato da'. 70. e tu: con «e» paraipotattica, cfr. vi,4. 74. le: Varnhagen omette, seguendo Nf e l'ediz. Palermo. 75-6. non credere leggiermente: FH: non facile crede, mentre SH: facile cede. 79. diritto di: 'giusto con'. 80. non sie: per l'imperativo negativo cfr. Rohlfs, 611 e Tekavcic, 1031, ma si veda pure M. Huber-Sauter, Zur Syntax des Imperativs im Italienischen, Bern 1951, specialmente p. 29 ss. XXIV - SENECA i83 De la clemenza Neun uomo puote portare lungamente la persona coperta e mostrare d'essere quello che nonn è. Tostamente cagiono in lor natura le cose che non si tengono con verità. 85 A neuno si conviene clemenzia magiormente che a' prencipi e ai re. Proprietà è dell'alto animo essere piano e tranquillo e spregiare le 'ngiurie e l'ofTensioni. Femminile cosa è liticare e contendere e mostrare l'ira sua in costumi. 9° Una fortezza è da no vincere, cioè l'amore dei cittadini. Crudeltà di fiere è allegrarsi del sangue e de le fedite e de le occisioni de la gente; e chi di ciò s'allegra, si spoglia la natura dell'uomo e passa in natura di bestia. natore Le Ra daltrui invidioso 82 E La Lb Le Na Nd Ng Ra Rb otn. Nb dementia de senecha Ne Nf Rd de santitade et benignitade 83 Le Ra om. uomo La Nf Rd lusingamente Nb om. lung. Le Ra può lung. la pers. port 83-4 Le Ra coperta mostra 84 Lb Na cagione Ne cagiona 85 Le Ra le cose che non ver. non si teng. caggiono in loro nat. 86-91 Le Ra om. 86-7 E om. 86 Rb niuno huomo Rb conviene di mettere m. 86-7 La Lb principe 87 Rb rei 88 Ne ata e dell E dalto Nb daltro 88-9 Rb spegniere 89 Nd om. le ngiurie e Nd le gravi o. 89-90 Nb ngiurie e non obstendere e mostrare 91 E f. che non si puote v. La da nuocere Ne om. no Ne vincer Ne ciò 92 Rd e. e di f. rallegrarsi Le Ra e. et fierezza e ralegrarsi de la ucisione et del sangue E La Ng fiele Nd Rb fiera E ad a. 92-3 Le Ra om. e de le... gente 93 Ne Rb loccisione E La de le genti Le Ra si ralegra Rd sissi ispoglia E Le Ra Rb de la n. 93-4 Le Ra n. umana e prende natura La a natura Lb in la n. 94 Rd bestie 95 E La Lb 82. Varnhagen: «De clemencia», adottando il titolo dello SH. 83-4. portare la persona coperta: 'dissimulare il proprio carattere'. 84-5. cagiono in lor natura: 'si mostrano per quel che sono'. 86-j.prencipi: per la tonica cfr. 1,3. 89. ofensioni: cfr. ¥111,24-5. -liticare: per la velare sorda cfr. Rohlfs, 217, che pensa a un cambio di suffisso (-igare sostituito dal più frequente -icare}. 90. in costumi: 'nel modo di comportarsi'. 91. da no vincere: 'invincibile'; per il sintagma cfr. Dardano, p. 269. 184 FIORI DI FILOSAFI 95 De li benificii Intra' molti e grandissimi vizii neuno è più frequente che la 'ngratitudine dell'animo. Quelli perde i servigii che tosto crede averli perduti; e chi sta e carità li prima' con quelli che seguitano e di duro e d'o- 100 blioso petto estende grazia. Perde la grazia quel dono che lungamente si scalda intra le mani di colui che dona. Graziosi sono li beneficii che stanno aprestati e che si fanno incontro al ricivitore, là ove nonn ha indugio se non in 105 vergogna di colui che '1 riceve. Le Na Nd Ng Ra Rb om. Nb beneficii de senecha Nf Rd de li costumi e de li benificii 96-100 Le Ra om. 96 Nb intra glaltri g. Lb om. vizii Nd fervente 98 La Nf Rd perde tosto i servigi che si crede Ng creda Lb Na daverli La e che Lb Na Nb Ne Nf Ng Rb Rd o che 98-100 E Nd om. e chi... grazia 99 La Ne Nf Ng Rd sta carità Nb sta in charita Rb om. carità La Nf Rd om. li Nb la La seguitano di Le di dirlo 99-100 La Rb e di dubbioso Lb Na Ne e dobbioso Nb duro oblivioso 100 La Nf Rd peccato Ne pecco Nb exdo g. Rb extendono g. 101 La om. perde la grazia Lb la gran E e lo d. Lb Na Nd il d. La Nf Rd che prima si 101-2 E Lb Le Na Nd Ng Ra dono di (E Le Ng Ra om. di) colui che lung. lo scalda intra (E Le Ra tra) le mani 102 E Lb Le Na Nd Ng Ra om. di... dona 103 La Nf Rd li doni che sono a. 104 Le Ra a ricenti Nb om. al r. E Rb nonne La Nf Rd om. indugio 104-5 Le Ra om. là... riceve Ne in pregheria 105 Nb 95. Varnhagen: «De beneficiis», mutuando il titolo dallo SH. 97. 'ngratitudine: con aferesi. 98. Varnhagen: «d'averli», seguendo Na. 98-100. Varnhagen: «o che sta e carica li primai con quelli ke seguitano, e di duro e dobbioso petto extende grafia», seguendo Na. Ma cfr. FH: «at qui instat et onerat priora sequentibus, eciam ex duro et immemori pectore graciam extendit». Ho accolto una lezione di La (e invece di o all'inizio di frase — e sul valore avversativo di e cfr. xxiv,i7) ed emendato che in chi. Per il significato della frase cfr. Lo Nigro: 'insistendo nel fare il bene, anche da un animo ingrato si ottiene la riconoscenza'. 99. carità: forma dissimilata, -prima': cfr. xix,2. IDI. Perde la grazia: traduce ingratum est. 104. ha: 'c'è'; uso di origine galloromanza, cfr. Ageno, p. 171. XXIV-SENECA 185 Ogne benignità s'afretta e propri' è di colui che fa volentieri fare avacciatamente. Taccia chi dona e chi serve, parli chi riceve e chi prende. Son cose nocevoli a colui che le chiede, le quali non darle e negarle è beneficio e servigio. * I0 Più grave èe aver mal dato che neente avere ricevuto. Più santa cosa è far prode ai rei per li buoni che venire meno ai buoni per li rei. Quello per che ti pense essere ricco, mentre che '1 tieni istà sotto laido nome, cioè casa, servo, danari; ma quando l'hai 115 donato sì avanza in bel nome, cioè benificio e servigio. Neuno per li seculi fue posto sì alto che non abbia povertà d'amici, s'elli vuole che per richezza neente li falli. Nd Ng Rb Rd om. 1 Nf om. riceve 106-7 E Le Ra om. 106 Ng b. fa frecta 106-7 La om. volentieri 107 La Ne Nf Rd avacciamento Nb avaritia 108 Nf om. e Lb p. cui cene Lb Na om. e 108-11 Le Ra parli ma non cose nocevoli che peggiore e ad aver mal dato che ad avere niente riceuto 109 Nb om. che le chiede Nd che chiede E che non sono da darle Ng darli 109-10 E darle negarle 101 Le pregio e Ra peggio e La Ne Nf Rd detto 112 E Rb a fare E bene Rb prò Le Ra per li rei Le Ra om. per li buoni 112-3 E b. per amore de li rei Rb b. per non fare bene a rei 114-8 Le Ra om. 114 Lb Rd om. per Nb om. essere E Lb Na Nd Ng om. mentre che '1 tieni Ne om. '1 115 Rd lode Nd nome e quando il tieni cioè Lb cioè ca Rd cosa La Ne Nf R.d serva E a clan. La de dan. 115-6 Nb sotto laydonato si La quando donando si Rd quando tu donato ai si 116 Nd Ng om. sì Nb Rb il bel La a. in servigio e in bel nome Lb om. cioè Nf Rd om. cioè benefìcio Lb om. e Rd e in 117 E n. e per E om. fue Rd non fue 118 Lb Na om. d'amici 119 E La Lb Le Nd Ra Rb om. Na Ng de 108. serve: 'rende un servigio'. 109. Son: 'vi sono', -nocevoli: cfr. l'opera di Kontzi cit. a xxin,6-7 (p. 128) e Ageno, p. 280. 114. Varnhagen: «mentre che tieni», seguendo l'ediz. Palermo. Già Lo Nigro ripristina la lezione corretta. 114-5. istà sotto laido nome: 'porta il nome vile dei beni terreni'. n6.si avanza in: 'acquista' (Lo Nigro). 117. per li seculi: 'dagli uomini' (Lo Nigro). 117-8. che non... falli: traduce «ut non illi amicus eo magis desit quo nichil absit». 186 FIORI DI FILOSAFI De li rimedii de le venture 120 Follia è di temere quello che non si può cessare. Dispiacere a' malvagi è grazia di loda. Hai perduto l'avere? serai più isbrigato in camino e più sicuro in casa. Quello che ti reche e impute a danno t'è remedio. Tu piagni, chiameti misero e dolente perch'hai perduto 125 e se' scosso de le ricchezze. A la tua sentenza questo t'èe gran danno e gran dolore. Tu se' folle, che piagni la morte de le cose mortali. De le questioni naturali Picciola cosa è la vita dell'uomo, ma grande cosa è il dispregiamento de la vita. Chi dispregia la vita sicuro vederà il mare turbare, securo guarderà la faccia del ciclo quando tempesta e saetta. remediis Nb de remedij de senecha 120 Nb dogla e La a Nf Rb Rd om. di Le Ra di volere tenere segreto q. Na que Le Ra celare Nb schifare 121 E a fare dispacere Le Ra a dispacere Na dispiciacere Le Ra a rei e a m. Nb e grande loda Na lote 122-219 Re om. 122-7 E om. 122 Le Ra se arai più Rb se più leggiere in 122-3 Nd e sicuro 123 Nb e q. Nf Rd om. ti reche e La piuce Na imputo Ne piute Nf pule Ng reputi Rd riputi La d. de remedio 123-6 Le Ra casa recati a dolore danima per che ai perdute le ricchezze e se scosso tu se 124 Nf Rd om. tu Lb p. e e. La om. e dolente 125 La e perke se Le Ra essere se. La Nf Rd sceso 126 Ne om. e Nd p. lamore 126-7 La Ne Nf Rd de le mortali cose 128 E La Lb Le Nd Ra Rb om. Na de numeralibus questionibus Nb de naturali questioni di seneca Ng de numerabilibus questionibus 129 Le Ra la morte Na cose 129-30 Le Ra cosa e vita che non pregia vita e chil fa sicuro vede La Ne Nf Rd om. il dispregiamento de la vita 131 La lamore Nf lo male Nd e securo Ng sicura La Nf Rd t. per fermo g. Le Ra guarda 132 Le Nb Ra 119. Varnhagen: «De remediis fortuitorum», come nello SH. 120. Follia è di temere: 'è folle (sciocco) temere'. 123. Quello... danno: traduce quod damnum putas. 125. A la tua sentenza: 'secondo la tua opinione', ma traduce tuo vieto. 128. Varnhagen: «De naturalibus questionibus», seguendo il testo latino. 131. turbare : con valore mediale. XXIV-SENECA 187 El tempo passa tosto e lascia coloro che sono molto desiderosi di lui. Prode e gran cosa è essere issuto picciolo. I35 Non temere il nome de la morte; fallati famigliare con molti pensieri, acciò che quando verrà tu le posse uscire in­ contro. Neuna tempesta grande puote durare, che la tempesta quant'ha più di forza tant'ha meno di tempo. I4° Disprezza la morte e non temerai neuna cosa che induca la morte. Malagevole è a trovare la virtude, perché desidera guida e rettore, ma i vizii sanza maestro s'aprendono. Ai lusinghieri non dare orecchi; artefici sono a prender i 145 loro magiori. E l'uno usa lusinghe a la coperta, temperatamente, l'altro in palese, in modo di semplicità, mostrando che noi faccia per senno. e t. La Le Ra o s. 133-4 E om. 133 Ne possa Rb passato La Nf Rd om. e lascia coloro Rb il lasciano coloro La om. che sono Ne Nf Rd ke* sce Lb molti Le Nb Nd Ra om. m. 133-4 La Ne Nf Rd desideroso 135 Nd pero grande Nb om. è Le Ra ad essere Nb vissuto Ne Nf piccioli 136 Le Ra e non Ng Ma a ti Nd f. a f. 137 Nd quandella Le Ra quando tu la vedrai venire che tu 140 Nd tanto quanto E La q. e più Nb om. q. ha E più forte Lb Na più forca Rb q. più e di f. Le Ra minore Le Nb Ra Rb om. di 141 E La Le Nd Ra dispregia Lb dispera Na dispecca Le Nb Ra temere La veruna Le Ra om. neuna La la quale E giudica Nb giudichi 141-2 Le Ra Ila induca 142 Le Ra om. morte 143 Ng la verità La Nf Rd disideri avere (Rd davere) g. 143-4 Le Ra guida e ricchezza 144 Le Ra sanza mostrare 145 Nb om. a prendere i La Nf Rd prenderere 145-6 E om. artefici... e 146 E che luno Nb una Na usu La Nf Rd lusinghe e laltro perde t. 147 E e laltro La palese modo Ne de le s. 148 Lb Na Ng non f. Nf Rd facea 149 E La Lb Le Nb Nd Ra 135. issuto: participio passato debole, cfr. Rohlfs, 622. 140. Varnhagen: «più forca», seguendo Na. 145. artefici sono a prendere: 'sono abili nel circuire'. 146. a la coperta: 'di nascosto'. 147. in modo di semplicità: 'ostentando spontaneità'. 148. per senno: 'di proposito'. 188 FIORI DI FILOSAFI Fiori del clamore di Seneca Neuna cosa è così mortale a l'ingegni come la lussuria; il giovane lussurioso pecca, il vecchio lussurioso impazza. Neun uomo priega altra volta colui che forte disdic' e niega la cosa. Più crudele èe che morire sempre temer la morte. J55 Di colui de essere il danno di cui è '1 prò'. Neuno è più certano ch'el testimonio del fanciullo, s'è venuto a li anni che intenda e non a quelli che 'nfinga. Tragedia Quanto più puoi, tanto più ti conviene sofTerire. 160 Le segnorie repenti neun uomo tiene lungamente, l'ammisurate durano. Comanda il peccato chi noi vieta quando puote. Peggior è la paura de la battaglia che la battaglia mede­ sima. Rb om. Na flores clamacionum senece Nf Rd fiori de lamore di senacha Ng i fiori di senecha 150-70 Nb om. 150 Ne om. cosa La om. è così E si Nf Rd om. così Le Ra cosa più mortale e a lingiengno 151 Ne e il g. E La Na Nf Rd et il v. (in Na et è interlineato) Lb pecca locchio 1. Na il vchio La Le Ng Ra om. lussurioso 152 E nessuno p. Nd forte se d. Rb o n. i_52-3 Le Ra non pregiare altra volta colui che forte niega et disdica la cosa vera 154 Nd crudo Le Ra che morte a E Le Ra temere sempre Rd la morte temere Le Ra om. la 155 Le Ra om. Rb di colui chui e il danno dee essere il prò Lb Na danno cui La danno di cului ke Lb Na om. è 156 Le Ra più vero chel fanciullo che v. 157 La Ng chelli Rb i. non e a Le Ra om. a Nf Rd quello La chelli Le Ra si infingha 158 E La Lb Le Na Nd Ng Ra Rb om. 159 Ne Nf quando La q. puoi Nf Rd q. puoi più 159-60 Le Ra puoi tenere le signorie repranti per ciò che nullo huomo teme lung. 160 La li sengnori Rb le t. Nd e 1 160-1 Lb le misure Na lammisurare Rb la misura 160-79 ^c Ra om. l'ammisurate... nemico tuo 161 Rb dura 162 E Ne Nf Rd quanto 163 Nd che 149. Varnhagen: «Flores clamacionum Senece», seguendo Na. Si tratta in realtà delle Controversiae e delle Suasoriae di Seneca il Retore. 152. forte: con valore avverbiale. 156. certano: provenzalismo, cfr. SW, s.v. certan. 157. 'nfinga: forma aferetica. 158. Tragedia: FH: Flores tragedie Senece, mentre SH: Flores tragediarum ejus (e cfr. Varnhagen, p. 46). XXIV-SENECA 189 Neuna è maggiore forza che la pietà. Quello eh'e' miseri vogliono credono legiermente. Perché domande parole? La verità odia l'indugii. Quello che non si puote fare sovente, facciasi lungiamente. Per li malvagi sentieri a li malvagi è sicuro andamento. Chi si pente d'avere peccato è quasi innocente. I 7° Pistole mandate a Lucio Baldo Quelli è ricco a cui bene si conviene quello ch'ha con po­ vertà. Povero è non chi poco ha, ma chi più desidera. Neuno maggior male ha l'uomo ricco, assediato dai beni 175 suoi, che pensare che li siano amici coloro cui elli non ama. Così arditamente parla co l'amico come con teco midesimo. E tu vivi sie che tu non ti commette neuna cosa la quale tu non posse commettere al nemico tuo. nonne la 163-4 E stesa Nf medesima 165 Lb om. è 166 Lb om. 167 E om. Rb parola La Ne Nf Rd ama Rb dia 168 La Ne Nf om. facciasi lungiamente 169 E om. per Rb om. a li malvagi Rd scuro E camino La Ne Nf Rd and. facciasi lungiamente 171 E La Lb Nd Rb om. Na epistole ad lucidum baldum Nb epistolo di senicha Nf Rd pasto (Nf to) mandato a lucibaldo Ng sententie 172 Lb Na conv. kelli a E che Nd per p. 174 Rb quegli non e povero cha poco ma che molto d. La Nf chi a poco 175-7 Rb om- J75 Nb Nd n. e maggior Nb male ne 1 La Ne Nf dei 175-6 E om. assediato... suoi Nd suoi beni 176 Ng che che p. Rd che elli La Nf Rd sono 177 La cosi arditamente parla e cosi arditamente co Na co li amici E om. con 178-9 E om. 178 Rb om. e tu La e fa si Nb Nf e vivi si Nd che non Na om. ti Lb ricomette Rb in neuna 179 Nb amico 180 Nd ciascheduno Lb om. è Ne om. a tutti... 171. Varnhagen: «Epistole ad Lucilium Balbum», correggendo la lezione di Na. Si tratta comunque delle Epistulae morales ad Lucilium. 172-3. Quelli... povertà: FH: «Cui cum paupertate quod habet bene convenit dives est», SH: «Cui cum paupertate bene convenit dives est». 172. Varnhagen: «conviene k'elli a», seguendo Na. \-j-j.con teco: cfr. Rohlfs, 443. 179. Varnhagen: «commettere innanzi al nemico tuo», seguendo l'edizione Palermo, dove però si tratta di una fantasiosa aggiunta dell'editore, che Varnhagen accetta sulla base di una supposta corri- 190 FIORI DI FILOSAFI 180 Ciascuno è vizio, credere a tutti e non credere a neuno; ma l'uno è più onesto vizio e l'altro è più sicuro. Neun uomo hae tanto la ventura innalzato ch'ella noi minacci d'altrettanto quanto li ha conceduto. Per cessare fame e sete non è bisogno tentare il mare, né 185 cercare paesi, che a mano è quello eh'è assai. Neuno bene èe allegro sanza compagno. Con coloro usa che ti facciano megliori e coloro ricevi cui tu puoi fare megliori. La conversazione di molti nonn è buona e quanto maggio- 19° re è il popolo a cui ci mescoliamo, tanto è più di pericolo. Chi è ricevuto ad amico e compagno per cagione d'utilità, tanto piacerà quanto sera utile. El savio non bisogna d'alcuna cosa ed elli a molte cose è credere Lb om. e Le Ra a credere 181 Nb e luno Ne ma luna La o nesto che laltro e laltro e Lb om. vizio... più Nb ma laltro Le Ra e più oscuro che laltro Rb e più sicuro e laltro e più onesto La sovente 182 Rb om. uomo Le Ra Rb fortuna Ng Rd inalcata E Na Ng non Lb om. noi 183 E altretanto someterlo Le Ra quantella li E om. quanto... conceduto 184-210 Le Ra om. 184-5 E om. 184 Na Ne Nf e f. Nb om. è Na bisongna Nb di tantare Rb Rd cercare La amore 184-5 Rb om. né cercare 185 Rb ma paesi Rb che a mano q. La Ne Nf quelli 186 Nb n. e allegro b. 187-8 La om. e coloro... megliori 188 Nb possa Nb migliore 189-90 E om. 189 Nb le conversationi Nb sono buone Nd molto buona 189-90 Nd è maggiore il Rb maggiore e quanto più ci m. 190 Lb om. è La cchui conversiamo t. Rb om. di 191 E La per amico E La o per e. Ng o e. Rb o a e. La amore e cagione Lb Na ragione Nd Rd amore Nf amare cagione 192 La e tanto Nd intanto Rd om. t. E Lb Na Nd Ng li p. E piane E Lb Na Nd Ng li s. 193 Ng al s. Nb savio huomo E bisogno a Rb a bisogno 193-4 La Nf Rd elli e bisogno a spondenza con lo SH: «committere etiam inimico tuo possis»; l'intervento, ovviamente, è arbitrario. 180. Ciascuno: traduce utrumque. 185. cercare paesi: traduce castra sequi, -a mano: 'a portata di ma­ no'. 187. usa: latinismo, -megliori: cfr. x,i3. 191. Varnhagen: «ragione», seguendo Na. 193-1. El savio... è bisogno: la costruzione è faticosa e non molto perspicua. Nei FH si legge: «Ait Chrysippus sapientem nulla re egere, et tamen multis illi rebus opus est». Si noti in particolare che il XXIV-SENECA i C) I bisogno. E contr'al folle nonn è uopo alcuna cosa, per ciò che neuna cosa sa usare. Quelli è beatissimo e sicuro posseditore del suo, che sanza sollicitudine astetta il domane. Al povero ne la via assediata è sicurtade e pace. E' non crescerà tanto la niquità e non si faranno tante congiurazioni centra le virtudi che sempre il nome de la filosofia 200 non sia venerevole e santo. Com'è allegra cosa neente adomandare, com'è alta cosa essere pieno e non pendere da ventura. Recati a cose basse, de le quali tu non posse cadere. Lb om. ed elli... cosa 194 La om. e contr'al La il f. Rb u. e buona a. Rd neuna 194-5 E om. e... usare 195 Nd non sa Rb ne sa Na usate 196 Lb Na Ng et q. 197 Rd om. astetta Ng om. il E il donare La Ne Nf Rd ilevimane 198-203 E om. 198 La Nf Rd il p. Nf Rd om. la Nb asseduta La a s. Nb scura Nd sicura Lb de p. Nd om. e 199 Nb crescha La Nf Rd fanno Na tanto Rd t. sicurtà e e. 200 Rb contro alle Nb la vertude Nd de f. Rb di f. 201 Rd che non 202 Nb adom. di ventura come La Nf Rd om. alta cosa Lb Na e. e 203 La Lb Ng Rd prendere Nd perdere Nb om. da ventura 204 La Nf Rd om. tu 205 Nb uno volgarizzatore non distingue tra egere ('aver mancanza di qualcosa') e opus esse ('aver bisogno di qualcosa') e quindi falsa il senso della frase latina (che del resto è alquanto ermetica, isolata com'è dal contesto dell'epistola). Pertanto il senso del testo italiano è a un dipresso il seguente: 'II saggio non necessita di nulla e viceversa molte cose, molte situazioni, hanno bisogno dell'aiuto del saggio'. Il fatto comunque non è grave, visto anche il concettismo dell'originale frase senecana (Ep., ix). Per essere bisogno a cfr. GDLI, s.v. bisogno. i<)4.contr(a): 'invece' (latinismo). 197. astetta: forma assimilata. 199. E': soggetto anticipato, cfr. xiu,/. - 'niquità: aferesi. - Varnhagen: «tanto», secondo Na. 201. venerevole: cfr. xxiv,io9. 202. Varnhagen: «come alta cosa e», seguendo Na. 202-3. essere pieno: 'sentirsi soddisfatto' (Lo Nigro). 203. pendere da ventura: 'essere in balìa della sorte'. 192 FIORI DI FILOSAFI 205 Laida cosa è una cosa parlare e altro sentire e più laida cosa è uno scrivere e altro sentire. Pane e acqua la natura desidera e di questo neuno è po­ vero. Annovera li anni tuoi e vergognati di volere quello che tu 210 volee quand'era fanciullo. Intorno al die de la morte ti provedi e donati questo, che i tuoi vizii muoiano prima di te. La buona mente né si presta né si compera, e se si vendesse, non si troverebbe il comperatore; ma la mente malvagia cotidianamente si compera. Cominciamento di salute è '1 conoscimento del peccato; che quelli che non conosce se pecca, non ne vuole essere cor­ retto. Grande parte di bontad' è volere essere fatto buono. Ne e neuna cosa E Rb un altra Nd altra 205-6 La Nf Rd kome laida cosa non parlare neuna cosa e uno (Rd neuno) servire (Nf scrivere) e non (La un) altro sentire Nb om. e più... sentire Rb e peggio e 206 Lb Na una e a. Lb om. scr. Na scivere Ne om. e E altro scrivere 207 Ng adomanda 207-8 E om. Ne neun uomo ne p. 209 Nf li animi Nb Rb vergognerati Nd vergogneniti E La om. tu 210 Ng non v. Lb Na Nd Ng quando tu 211 La Nf Rd infine alla m. Rb i. al punto de E Le Ra e fae Le Nb Ra om. questo Nb tucti i 212 Le Ra viti tuoi E anzi di Nd prima a 213 La Nf Rd non si vende Nd non si presta Nb Rb om. e 214 La Nf Rd non t. Le Ra non ne t. Le Ra troverebbono comperatori Lb terrebbe Ng troverebbe E La Nd Nf Rd om. il La e una La malvagio 214-5 Le Ra om. malvagia... compera 215 E Rb continuamente 216 La Nf Rd el (Rd e) consolamento E Lb Na Ng om. del peccato La Nf Rd di p. Le Ra delli peccati 217 La Nf Rd se peccato Ng i peccati La Nf Ng Rd om. ne Nd non e convenevole essere 217-8 Le Ra om. che... corretto La star contento Nf Rd essere contento 219-45 Nb om. 219 Lb perti Le Ng Ra 206. uno: con valore neutro, cfr. Rohlfs, 506. 209. Varnhagen: «vergongnerati», seguendo l'ediz. Nannucci e in conformità con lo SH: pudebit. 210. volee: di particolare interesse l'attestazione della desinenza -e della n persona singolare dell'imperfetto indicativo (si veda Rohlfs, ). —Varnhagen: «quando tu ere», seguendo Na. 217-8. Discutibile l'interpunzione di Varnhagen: «che quelli ke non cognosce, se pecca, non ne vuole essere corretto» (FH: «nam qui peccare se nescit, corrigi non vult»). 219. essere fatto: 'diventare' (traduce fieri}. XXIV-SENECA i C) 3 Nei costumi la ventura non ha ragione. 220 Molto giova la parola che a poco a poco si agiugne a la mente; e non bisognamo di molte, ma de eficaci parole. Narrare il sogno è d'uomo isvegliato, confessare i suoi vizii è mostramento di salute. Neuno di noi è oggi quello che fue ieri, che ciò che vedi 225 corre col tempo e neuna cosa nata è stabile o ferma e noi quelle desideriamo sì come sempre durino o come noi sempre l'abiamo. Una selva basta a molti elefanti e l'uomo si pasce de la terra e del mare. 230 Dinanzi a la vechiezza pensa di ben vivere, ne la vechiezza pensa di ben morire. Molto m'è dolce e soave il pensiero de li amici passati dal secolo; ebbili sì come li dovesse perdere, perdeli sì come sempre li abia. 235 Di rustichezza di corpo l'animo non si laida, ma di bellezza d'animo il corpo s'adorna. di v. Le Ra om. fatto 220-30 Le Ra om. 220 E non a r. la v. Na regione 221-64 RC om- 221-2 Rb om. 221 Lb Na om. che a poco 222 Ng e noi sogniamo di E bisogna La bisognano E molti 223-30 E om. 223-64 Rd om. il sogno... uomo vivo (per caduta di una carta) 223 Rb segnio Rb om. è La s. a uomo Na ilvagliato Ne om. suoi 226 Lb Na Nd Ng corre il t. Ng om. nata La om. stabile o Nf e ferma o stabile Lb Na e f. 227 La q. cose sempre des. Nf q. sempre dis. La durasseno Ne duritio Nf duriamo Rb durassono Ng om. o Rb o noi come s. 228 Rb om. l'abiamo 229 Lb Na una Iva bastan m. Nd leofanti 231-2 Le Ra dinanzi alla nigrigientia ti provedi et nella giovinezza pensa Lb om. vivere... ben 233-5 E Le Ra om. 233 Rb e savio La Nf lo pensare Lb pensare Ng al pensiero Nd del 234 La oblivisci e. Ne obrisi e. Nf oblissi e. La Nf perderli Ng perdili 235 Rb avessi 236 La loda Lb bada Le 220. Ne' costumi... ragione: 'sulla buona condotta non influiscono le circostanze esterne' (Lo Nigro). 221-2. si agiugne a la mente: 'penetra nell'animo' (Lo Nigro). 224. mostramento: gallicismo, cfr. Be2zola, p. 257. 2.2.6.0: Varnhagen: «e», seguendo Na. 233'4- Pesati dal secolo: 'defunti'. 234. dovesse: per là desinenza di i persona singolare cfr. Parodi, Rima, p. 256, NTF, p. 156 e Rohlfs, 560. 236. Di: causale. 194 FIORI DI FILOSAFI Gloriarsi in riposo è soperbia sanz'arte. Neuno male e neuno vizio è sanza intenzione d'acrescimen- 24° to e d'apagamento d'animo: l'avarizia promette pecunia, la lussuria promette volontà e diletto, l'ambizione, cioè badare in superbia, promette potenzia. Neun uomo è misero se non per suo vizio. A li ambiziosi, cioè soperbi, nonn è tanta allegrezza veder- 245 si molti dipo sé, com'elli è grave vedersi alcuno 'nanzi sé. Non ti maravigliare se li uomini vanno a Dio, che Dio venne alii uomini, anzi ne li uomini. Neuna buona mente è sanza Dio. Non si turba il savio di perdere figliuoli o amici; con quel- 250 lo animo passa la loro morte con ch'elli astetta la sua. Insin che vivi, tuttavia è d'aprendere come tu vive. Ra biasima 237 La Nf anima 238 Le Ra om. 239 Na neuna m. Le Nd Ra Rb ne niuno v. 240 Le Ra e apag. Lb promectere Na permette 241 Lb om. e E abinicione Lb anbatione La Nf cioè ladrone Ne cioè adore 241-2 Le Ra om. l'ambizione... in 242 Le Ra la s. La penitenza 243 E Le Ra om. uomo Nd lo suo 244-8 Le Ra om. 244 Rb om. li La Nf Rb om. ambiziosi cioè Ne tanto E om. allegrezza 244-5 Lb vendersi Ne vedere La vedersi moglie co molte processioni quantegli e lessere lodato Nf vedersi mollie con molte possessioni quantelli e grave essere lodato 245 Rb molti dietro comegli e lor g. E Rb om. sé 246 Ne u. etianno a 246-7 E viene 246-8 La Nf che sanza dio luomo non stae 247 E Ng om. anzi... uomini Rb om. ne li uomini E Ng e neuna Na neuno 247-8 Lb ance che neuno huomo e sarica a dio buona mente Ng m. e negli uomini s. 249 Rb per p. Nf li f. La f. e E perche con 249-50 Le Ra il savio huomo non ssi turba per morte di figliuoli parenti o amici pero che con 250 La saspetta Lb om. passa Ne Nf aspetta E La Lb Na Nb Ne Nd Nf Ng om. morte Nb Rb om. con La Nf loro che la sua 251 E La Le Nd Ra che tu E Nd om. tuttavia Le Ra t. dei imprendere E Nd im- 238. Gloriarsi in riposo: 'vantarsi dell'ozio', -sanz'arte: 'senza attività', perciò 'ingiustificata'. Per arte — attività cfr. da ultimo VEnciclopedia Dantesca, voi. i, Roma 1970, pp. 397-9. 244-5. A li ambiziosi... 'nanzi sé: 'per gli ambiziosi è maggiore il cruccio di vedere qualcuno in condizione di superiorità di quanto non sia la contentezza di vedere molti in condizione di inferiorità'. 245. 'nanzi: con aferesi. 249-50. con quello... con ch'elli: correlativi. XXIV - SENECA 195 II savio uomo ciò che li aviene sì sofìerrà con iguale animo, che sa che ciò è avenuto per legge divina, da la quale tutte le cose procedono. El colpo del male antipensato viene molle e leggiere. 255 Ingrato è chi rende beneficio sanza usura. Sovente quello che si dona è piccolo e quello che sì ne seguita è molto grande. Neuno può essere grazioso se non dispregia quello che fa impazzare i popolani. 260 Tragono li uomini da diritta via le ricchezze, li onori, le potenzie e tutte simigliante cose che per nostro pensiero son care e son vili per loro pregio. Ozio sanza lettera è morte e sepultura dell'uomo vivo. prendere Rb siccome Le Ra om. come tu vive 252 E Le Ng Ra om. si Rb si si 252-3 Le Ra animo cosa che sia venuta per 253 Nb Ng om. che La Nb Nd Nf Rb om. ciò è Ng ciò che La Nd Rb della quale Le Ra donde Le Ra tutto procede 255-6 Le Ra om. 255 E om. Ng il pocho La pensato Nf dinanci pensato Rb v. innollo e La Nf lieve 256 Ne ingrado 257 E La s. e q. Na om. e Le Ra p. e grande quello che ne Le Ra Rb om. si 259-64 E om. 259 Nb Rb niun huomo Ne neuno non Lb spenca Na dispecca Ng o sprecca Le Ra chel fa i. 260 La in piacere La ra om. i pop. Rb i popoli 261 Le Ra om. tragono... via Nd e t. Lb Na luomo La della Nf da la Na riccheci La e li Le Ra om. li Le Ra om. onori La Le Ne Nf Ra e le 262-3 Le Ra per noi si tengono come per lo loro pregio son vilissime 263 Nb Rb om. care e La Nf ojn. son La Ne Nf om. loro 264 Le Ra om., ma aggiungono i popolari tralgono luomo di diricta via Lb huomo senca Rb om., morte e Nb vivo otioso 252. Varnhagen espunge senza motivo il si che pure si trova in Na. -soferra: futuro sincopato (meglio che metatetico). 252-3. con iguale animo: traduce equo animo. 255- leggiere: cfr. xix,2. 256. chi... usura: 'chi, nel restituire un favore, non rende più di quanto non abbia ricevuto'. Diversamente Lo Nigro: 'senza averne tratto vantaggio'. 257. e: Varnhagen omette, seguendo Na. 260. / popolarli: traduce vulgus. 261. Varnhagen: «l'uomo», seguendo Na. XXV QUINTILIANO Quintiliano fue filosafo e di Spagna venne a Roma e fue il primaio che tenne piuvica scuola in Roma. E fece assai libri de' quali son tratti questi fiori. Mestiere è che si fornisca di molte virtudi quelli che non si vuole aguagliare a neuno. Testo in E (1-17, 20-3, 28-38, 43-59) La (1-24, 28-54) Lb (1-42, 44-54) Le (1-5, 48-54) Na Nb (1-9, 11-27, 43-54) Ne Nd (1-9, 11-34, 37-54) Nf (1-24, 28-40) Ng Ra (= Le) Rb (1-8, 10-54) R<* (39-54) Re (5-6) 1-39 Rd om. Quintiliano... libertà 1-4 Re om. i E La Lb Nb Rb om. Le Ra vittaliano Na quintillian filosafo Nd fioretti de quintiliano Nf quintiliano i fiori Ng quintiliano phylosopho 2 Le Ra vittaliano Ng q. phylosopho fue di Spagna e v. Lb om. fue La Nf fue di spagna e fue filosafo e v. E om. e Le Ra e fue Le Ra attroia Le Ra om. fue Lb Na om. il 2-3 Rb om. e fue... Roma 3 E La Lb om. piuvica Na ruoca Ng iuuka 3-4 E libri e scrisse queste sentence Lb sono tra questi 4 Le Ra fioretti 5 E m. fa Lb Na Nd m. ae Ne m. era Le Ra che luomo 5-48 Le Ra vertude pero che la vertu del tacere 6 Re aguagliare altrui La Nf a altro 2. ài Scagna: per la mancanza dell'articolo davanti a nome proprio di luogo, cfr. Pestelli Cori, p. 31. -Varnhagen omette z7, seguendo Na. 3.Varnhagen: «pubblica», seguendo l'ediz. Palermo, dove però è emendamento affatto inutile di piuvica (lezione di Re). «Pluvieo è forma popolare fiorentina con il passaggio della liquida in sillaba iniziale plubico onde piuvico» (Rimatori comico-realistici del Due e Trecento, a e. di M. Vitale, Torino 1956, p. 252, n. 8); cfr. anche VEI, s.v. piuvico. 5. Varnhagen: «mestiere ae», seguendo Na. XXV - QUINTILIANO 197 Le parole usate più sicuramente usiamo. Nuove parole non si truovano sanza periglio. Laidamente si dispera quello che si puote fare. Neuna cosa è da piacere che non si conviene. I0 Non si conviene estimare di che etade l'uomo sia, ma quanto elli abbia prò' fatto in istudio. Da guardar è non solamente di peccare, ma del sospetto del peccato. Naturai vizio è che ciascuno desidera maggiormente che li 15 altrui vizii siano ripresi che i suoi. Non cominciare quello che non si può fare. Non è diritto che sia tenuto reo quello ch'è licito di bene usarlo. Chi è gittate fuori di diritta via non vi puote redire se non 20 per un'altra rivolta. Dobiamo perseverare da ch'abiamo cominciato e s'el podere viene meno, almeno co l'animo perseveriamo. (La altrui) e a neuno uomo 7-54 Re om. 7-9 Rb om. E om. nuove... fare 7 La Nf om. le 8 Lb senca pigolo Na sancan pillio 9 Lb f. dispiacerà Nd fare e non si fa io Nb Nd om. Ng di E La Nf Ng Rb convenga 11 La Nf da estimare Nb examinare Nd dexaminare Rb studiare E di che a fare La Nf di quale etade Rb di quanta età La Nf sia luomo 12 La Nf q. prode elli E Lb Nd Ng prefetto Na profetta La Nb Nf fatto Nd om. in 13 Rb e da Lb sa sol. Nd del p. Rb pecchatore 13-4 La Nf ma di fare peccato avere sospetto 15 La naturalmente E d. che maggiorm. li 16 Nd scoperti Lb ripresi maggiormente 17 Nd non puoi f. E possa La finire 18-9 E om. 18 La Nf non e licito Rb non e dovuto Lb Na Ng om. reo 20 E cui Lb regettato Na om. è Ne gitata E La Nf tornare Nb trovare Nd ritornare 21 Lb via 22 E Lb Na Nd incominciato 23 Lb v. eno Nb Rb om. almeno 24-7 E om. 24 La 9. si dispera: costruzione latineggiante, cfr. Ageno, p. 37. 12. quanto elli abbia prò' fatto: 'quali risultati abbia raggiunto'. Si noti la traiectio verborum («quanto prò' elli abbia fatto»). -Varnhagen: «abbia prefetto», correggendo la lezione di Na (profetta}. 13. Da guardar è: 'Bisogna guardarsi'. 18. licito: latinismo. 20. redire: altro latinismo. 22-3. el podere: traduce vires. 198 FIORI DI FILOSAFI Non leggiermente si persuade a quelli che non vogliono. 25 Ne le cose aperte voler argomentare è simigliante mattezza come alluminare la chiarità del sole con questi materiali lumi. Il prencipe che vuole sapere tutte le cose, mistiere è di perdonare a molte. 3° Così viene meno a l'avaro quello che ha come quello che non ha. El vantare è gran vizio e non solamente in desdegno, ma sovente ne cade in odio e in disgrazia a le genti. A cui la ventura sta allegra quasi tutte le cose s'avengano. 35 Ad aconciare li animi neuna cosa è più graziosa de la ver­ gogna. In aliquanti le virtudi non hanno grazia e in alquanti li vizi dilettano. Nf non e mestiere perseverare Nb Nd Rb persevera La Nf volliono avere fede 25-7 La Nf om. 25 Rb delle cose 26-42 Nb om. con questi... desiderano 26 Lb Na almare Ne allumerà Ng alamare Na quista Nd quelli Ng questa Nb Ne maternali 28 La Nf lo segnore La Nf cose a tutte le cose e m. di p. E cose conviene p. Ne Nd a di 30 Nf om. quello La om. quello... come Nf come a 32 Nb e in d. Nd e d. 33 Nd cade luomo in Lb e in o. E in odio de la giente e in d. Lb Na e disgrada Ng e in sgratia E Rb de la Nd de le E Lb Na Rb gente 34 E om. le Rb gli s 35-6 Nd om. Lb laver 35 Rb ed a Lb raconciare Ng acominciare Lb om. li E La Nf Rb che la 37 Rb om. le La le venture Nd om. e 37-8 Rb om. li vizi 39-42 E om. 39 Na Ne Ng tutte Rb tut- 24. si persuade a quelli: costruzione latineggiante. 26-7. alluminar'e... lumi: 'far luce in pieno giorno'. 26. Varnhagen: «alumare», seguendo Pediz. Palermo (la lezione di Na è almare}. Alluminare è voce comune, dal lat. "'alluminare (cfr. FEW, s.v.); cfr. Brunetto, Rettorica, p. 155, Giamboni, Libro, glossario. -Varnhagen espunge senza motivo questi. 28. mistiere è: cfr. xn,io. 32. desdegno: traduce fastidium. 33. Varnhagen: «a la gente», seguendo Na. 34«y4 cui la ventura sta allegra: FH: Afflante fortuna, -s'avengano: traduce decent; per la desinenza di in persona plurale presente indicativo cfr. Rohlfs, 532. XXV - QUINTILIANO La libertà di tutto l'uomo è avere perduti li occhi. Che li occhi sono per li quali non potiamo patire povertà; per li oc- 4° chi è tutta nostra lussuria; li occhi sovente ci fanno cadere in tutt' i peccati: elli guardano, elli amano, elli desiderano. Infermissima servitude è il vecchio marito. Neuna cosa è più malagevole che coprire e indugiare l'allegrezza. 45 Questa è la condizione de' superbi, che ciò che fanno sembrano di comandare. Neuna è più pesante a guardare che la virtude del tacere; e noi intanto leggiermente falliamo per prontezza di parlare, che la fermezza del tacere non potiamo soflerire in altrui. 5° Generazione di riverenza è non volere sapere le cose che son da tacere. A cui non si puote credere nonn ha cascione di parlare, che la fede de le parole li è tolta e ogne autoritade di parlare. ti Na luome Rb gli uomini Ne uomo cavere 40 Rb noi non Lb Na Nd Ng pociamo avere La de li 40-54 Nf om. patire... parlare 41 La Rd esce t. Nd lussuria sovente La Ne Rd ti f. 42 Rd g. ed elli La Rd amano ed. 43 Lb om. 44 La Rd chel Rb correre 44-5 E la liticia 46-7 Rb asomigliano Rd sempre anno 47 E om. di 48-50 Le Ra vertu del taciere in radi si truova anci falliamo per potentia di parole leggermente et la fermezza 48 Nb Ng Rb neuna cosa e Rd neuno e Lb pensata 49 La Ne in tutto Rb tanto Rd tutto La potenca Nd del parlare 50 Lb om. non E om. in altrui 51 Le Ra senno e ragion di r. Lb revenga Le Nd Ra e de non Nb e da non Nd om. volere La Rd tutte le 51-2 Rb sapere quello e da 52 Nd non sono La om. da 53 Ne nonn cascione Lb cagionare Rb ragione 53-4 Le Ra om. che... parlare 54 Nb li a tolta 39-40. // occhi sono per lì quali: manca il dimostrativo, cfr. Ageno, Particolarità, p. 6. 40. potiamo: comune, cfr. Rohlfs, ^47. 41. tutta nostra: per la mancanza dell'articolo, sotto la spinta convergente di tutta e del possessivo, cfr. xx,7i. 42. tutt'i peccati: ovviamente si può leggere anche tutti peccati (vd. la nota precedente). 46. de' superbi: FH: superborum, SH: superiorum. 51, Generazione di riverenza: 'una forma di rispetto'. 53. A cui: si noti l'omissione del dimostrativo cfr. xxv,39-40. 54. Varnhagen: «tolto», evidente errore tipografico. XXVI TROIANO Traiano fue imperadore molto iusto. Ed essendo un die salito a cavallo per andare alla battaglia co la cavalleria sua, una femina vedova venne e preseli il pied' e piangendo molto teneramente domandò e rechieselo che li facesse diritto di coloro che li aveano morto un suo figliuolo ch'era iustissimo e sanza colpa. Testo in E La Lb (1-27) Le (1-27) Na (1-27) Nb (1-27) Ne (1-27) Nd (1-27) Ng Ra (1-27) Rd (1-27) Rf i E La Lb Na Rf om. Le Ra troiano imperadore Nb vita di troiano imperadore Nd de la iustitia de troiano 2 E La Na Nb Ng Rd Rf troiano La Ne Rd i. e fue m. E Lb Nd om. ed 3 Lb om. salito Rd per cavalcare co La om. alla battaglia Na Ne a b. Rf om. co E Le Ra la (Le Ra om la) sua chavalaria Nd cavalieri suoi Rf om. 4 Lb Rf donna La Lb Nd Rd om. vedova E si gli fece dinanci e La lun piede 5 Ne domanda Rf t. disse che La domandavalo e richiedevalo Rd domandollo e richiedelo E om. e richieselo E ragione Rf giustitia Na om. dir. (ma una mano post. aggiunge nell'interi, iusticia) 6 Le Ra il figliuolo suo Le Ra giusto 7 La om. e i. Troiano: per la questione delle fonti e per il problema ecdotico si veda lo Studio preliminare, 3.3. e 5.7. 2-4. Ed essendo... una femina: si noti il gerundio nella subordinata con soggetto diverso da quello della reggente. 3. Varnhagen: «a battallia», seguendo Na. 5,6. li: femminile, cfr. Rohlfs, 457. XXVI-TROIANO 201 E quelli parlò e dissele: «Io ti sodisfarò quand'io reddito». E quella disse: «E se tu non riedi?» E quelli rispose: «El successore mio ti sodisfarà». I0 E quella disse: «E io come 1 so? E pognamo ch'elli '1 faccia; a te che farà se quello altro farà bene? Tu mi se' debitore e secondo l'opere tue serai meritato. Frode è non volere reddere quello che l'uomo dee. El successore tuo a quelli ch'hanno ricevuto e riceveranno ingiuria sera tenuto per sé. 15 L'altrui iustizia non libera te e ben sera al sucessore tuo s'elli liberrà sé medesimo». Per queste parole mosse lo 'mperadore e scese da cavalLa cagione 8 E lo imperatore li p. Rf elio imperadore disse Le Ra et egli le rispuose io La q. rispuose e disse E Rd dise E Rf alla mia tornata Le Ra quandio sarò tornato Nb Rd quandio tornerò Ne quando riderò Ng quando sarò tornato 9 La om. e quella disse Le Ra ella Rf Ila donna Rd gli d. Le Ra om, e Rf voi E torai Le Ra tornassi Rf tornate io La Rd om. e quelli rispose E Le Ra Rf elli Nd que Ne successare Rd mio soccessore ti Lb om. mio Lb Na si ti La e sio non reggio e ti sodisfarà il successore mio Le Ra ti farà ragione 11 Le Ra ella Rf la donna Nd rispuose E Na Nb Ng om. e Le Ra p. pure 11-2 Lb om. e quella... che farà Le Ra lo facesse 12 La om. quello altro E om. altro Ne om. se... farà Ld Ra facesse et che fama sarà a te se un altro fa La Rd fa b. 13 Lb om. e La Nb Nd o. tu Rf tue o. La Rd giudicato Nb pagato La om. è Lb de non Rf a non Nd volete 14 Rf fare q. Lb che dee luomo Nb che si de La om. a 14-5 Rf tuo sarà tenuto a coloro eh 15 La Rf o La Nb Ne Rd Rf om. ingiuria La Rd saranno tenuti Rf om. sera t. La se e la sua giustizia Nb se medesimo 16 Lb a. e iust. Lb libertade e Ne liberare e Ng om. e ben sera E stara lo 16-7 Nd om. elli 17 E Lb Nb Nd Rf libera Rf ben se 18 Rf om. mosse Le Ra om. mosse... e E Rf om. e 8. parlò e dissele: una delle iterazioni sinonimiche più comuni, -readirò: latinismo (così alla riga successiva riedi]. 10. Varnhagen: «si ti», seguendo Na. 11. Varnhagen omette e tra disse e io, seguendo Na. 14. reddere: latinismo, —l'uomo: cfr. 1,12. 14-5. a quelli... per sé: 'sarà obbligato personalmente nei confronti di coloro che ecc.'. 17. liberrà: forma sincopata. 18. Varnhagen: «mosso», sulla falsariga dello SH: «(His verbis) motus» e poi si ritiene costretto a sopprimere la e tra imperadore e scese. L'atetesi mi pare in ogni caso superflua, perché, accettando la le- 2O2 FIORI DI FILOSAFI lo ed esaminò incontanente la vicenda e fece iustizia e sodi- 20 sfece e consolò la vedova. E poscia salìo a cavallo e andò a la battaglia e sconfisse i nemici. De la iustizia di questo imperadore poscia a gran tempo sentendola, san Grigorio vide la statua sua e fecelo disepellire e trovò che tutto era tornato in terra se non s'erano l'ossa 2;5 e la lingua; e la lingua era come d'uomo vivo. E in ciò conobe san Grigorio la iustizia sua, che sempre l'avea parlata, e pianse di pietade troppo pietosamente E discese Na Ne Rf del 19 Rd om. ed Le Ra disamino E immantenente Le Nb Ra Rf om. ine. Nb examino lo facto e le vicende della vedova Ng il fatto Rf la quistione Rf feciene E Lb Na Ng iusticiare La giusticia E i. costoro chaveano morto il figliuolo di questa femina e 19-20 La Le Ne Ra Rd Rf om. sodisfece e 20 Le Nd Ra Rf poi E Le Ra rimonto E Lb Na Ne om. a cavallo 21 E Le Ra i suoi nimici 22 La per la E da posia Le Ng Ra poi 22-4 Rf poi a gran tempo leggiendo sancto gregorio della giustitia di questo imperadore fecie ciercare la sepoltura e trovo 23 E t. la udie dire santo grighoro papa e volse vedere la statua Le Ra sentendolo Nd e vide Rd om. e 23-4 E e fece aprire la sepoltura sua e trovollo La Rd fecelo disotterrare cioè fecie cavare la sepoltura sua (La om. sua) e trovo La Ra spogliare Ne disepelliare 24 Le Ra tutto quanto E chera tuto fatto terra E Lb sera Le Ra om. s'erano Ng om. s' Nb osso 24-5 Rf t. salvo che la lingua e lossa e 25 Le Ra et era la detta lingua Nb Ne Nd Rd om. e la lingua E era sana e fresca come La era si come Rf om. d' Lb om. e Rf accio 26 Rf om. sua Rf parlara e operata 26-7 E p. e lora pianse La p. si che allora pianse Rf om. e pianse... pietosamente Le Ra piazione mosso, si può riconoscere nella e un comune valore paraipotattico. L'espressione «si mosse e scese» è un'iterafio non rara, riconducibile al tipo «parlò e disse» (cfr. xxvi,8). Un esempio nella prosa dugentesca è nel Tristano Riccardiano, p. 162: «si mosse e scese». 19. Varnhagen: «justic.iare», seguendo Na. 22. poscia a gran tempo: 'dopo molto tempo'. 23. la statua: cioè il monumento funebre. 24. tornato in: 'diventato', -se non s'erano: 'tranne'; cfr. Giamboni, Libro, XL,ia: «E fuoro morti... tutti li Apostoli, se non si fu santo Giovanni, il quale campò di molti pericoli». 26.l(a): pleonastico. XXVI - TROIANO 2O3 E Ng La Rf onde san Grigorio pregando Domene- e pregò e fece orafece prieghi e ora- dio che traesse que- zione a Dio che zioni a Dio che lo sta anima di nin- questo imperadore 3° dovesse liberare e ferno, sapiendo ch'era stato pagano trarlo da le pene de ch'era stato paga- il traesse delle pelo 'nferno. E fat- no. Allora Dio per ne dell'inferno perta l'orazione a Dio li suoi preghi tras- ch'egli era stato coper costui, il prie- se la costui anima sì giusto. E Dio gli 35 go fue inteso e ven- di pene e misela a mandò l'angelo da ne uno angelo di gloria. E di ciò par- ciclo e disse: Dio e disseli: lò l'angelo a san «Greugorio, per«Quello che hai a- Grigorio e disse che tu hai pregato ta molto teneramente et prego idio per lui et fu exualdito 28 Ng o. che s. 28-9 Ng oro a cristo e fece 29 E priegho 29-30 E om. e orazioni 30 Ng om. a Dio 31-2 Ng om. e trarlo 32 Rf trasse 37 Ng da 38 Ng 28-66. Come già detto, Varnhagen non pubblica questa parte del capitolo, pur ammettendone l'originalità. Mentre Nannucci e, recentemente, Lo Nigro stampano il testo di La e Cappelli quello di E, ho preferito pubblicare in sinossi le tre redazioni, perché ritengo inadeguata, in questo caso, una constitutio textus basata sulla legge della maggioranza. Se infatti si escludono i due aneddoti sulla vita di Secondo (vd. le note al cap.xxviu), questo passo offre l'esempio più caratteristico della presenza di una tradizione attiva nei FF, tale insomma da richiedere una soluzione editoriale come quella applicata da J. Rychner per i fabliau* (Contribution a l'elude des fabliaux, Neuchàtel-Genève 1960). 30-1. (La) ninferno: forma comune, d'origine popolare; la prostesi della nasale è provocata dall'errata divisione del sintagma inn inferno (—» in ninferno}. 31. (E Ng) dovesse liberare: il verbo dovere è ridondante, in dipendenza da un verbo di preghiera; cfr. Ageno, p. 439 ss. 32. (Rf) il: pleonastico. 33. (E Ng) 'nferno: forma aferetica. 35. (La) la costui anima: per la funzione genitivale di costui cfr. Rohlfs, 492 e basti il ricordo del verso dantesco «presemi del costui piacer sì forte». 2O4 4° domandato fia fatto, ma perché adomandasti centra la ragione, conventine portare questa 45 penitenzia, qualunque tu vuoli: o stare due die in purgatorio, o stare tutti li tempi de la tua 5° vita infermo». E questi rispuose che volea anzi stare ogni tempo infermo; onde sempre ebbe 55 febri e male di fianco e ogni altro male infino a la sua morte. E questo Troiano imperado- 60 dorè fue liberato delle pene del ninferno per costui e FIORI DI FILOSAFI che mai non pregasse di sì fatto priego. E Dio l'impose penitenza: o volesse istare due dì in purgatorio, o sempre mai malato di febre e di male di fianco. Santo Grigorio per minore pena dise che volea stare sempre con male di febre e di fianco. per quelli all'inferno che sono condennati senza fine, o vuogli tu sempre alla tua vita stare infermo del male del fianco, che sempre non ti dimetterà, o vuogli doppo la tua morte stare in purgatorio una ora». E san Gheugoro, pensando che la pena dell'anima è troppo maggiore che quella del corpo prese di stare infermo sempre la vita sua. Allora l'angelo andò e tornò e disse: «Gheugorio, Troiano è diliberato dalle pene disse 43 E om. la 43-44 Ng r. te porterà q. 49-50 E la vita sua 51 E eli 51-2 Ng disse voglio angi 52-3 E dogni 53-4 Ng i. e questi s. 40. (E Ng) fia: forma comune (cfr. Rohlfs, 592), con valore di fu­ turo. 42. (Rf ) senza fine: 'per l'eternità'. 43. (Rf ) vuogli: analogico su voglio. 46. (E Ng) vuoli: dalla base *vóles. -(La) mai: rafforzativo. 46-7. (Rf) sempre: 'mai'. 48. (Rf) doppo: forma alternativa a dopo, cfr. NTF, p. 128 s. 54. (Rf) troppo maggiore: cfr. xiu,8. 57-8. (Rf ) sempre la vita sua: 'per tutta la sua vita'. XXVI - TROIANO 205 andone in paradiso etternali ». E san per la iustizia sua Gheugorio levò le e per li prieghi di mani a Dio e rensan Grigorio papa. degli grazie. 54-5 E o. ebe tutavia febre 56 Ng om. altro 57 Ng om. sua 63 E ando 64 Ng la sua iusticia XXVII ADRIANO Adriano fue imperadore apresso la morte de lo 'mperador Traiano e fue figliuolo di suo cuscino. E fue molto litterato e molto savio, sì che primamente fue prefetto e poscia sanatore e poscia imperadore. Ed essendo imperadore, il sanato di Roma il pregava ch'elli facesse il figliuolo suo, ch'era fanciullo, Cesare Agosto, cioè pare a sé ne lo 'mperio. E quelli Testo in E La Lb Le Na Nb Ne Nd Ng Ni Ra Rd Rf i E La Lb Ni Rf om. Nb vita dadriano imperadore Nd de la vertu dadriano imperadore Rd adriano imperadore 2 E imp. fue Le Ra om. imperadore La om. fue Rf i. di roma 2-3 Le Ra morte di questo traiano Rf morte di traiano 3 La t. tenne lo mperio E La Le Ra dun suo Nb cugino fue La Ni aletterato 3-4 E savio e molto aliterato 4 E Le Ra om. sì che Rf om. sì. E Le Ra e p. Le Ra Rf prima Nd imprimamente Ne perfetto Rd prefato Lb Na pref. poscia Le Ra Rf e poi s. Lb Na san. poscia Le Ra Rf e poi s. 4-5 Rf s. di roma 5 E La Rb imp. essendo Le Ng Ra om. ed essendo imperadore E li sanatori La Lb Nb Ni il sanatore 6 Nd om. di Roma E preghavano Rf pregaro La om. il Rf uno La il fanciullo suo Ne il suo f. E Ni om. suo 6-7 Rd il suo figliuolo imperadore chera fanciullo chera cesare cioè Le Ra om. ch'era fanciullo La om. fanciullo Rf molto f. Ng f. essere a 7 E La Nb Ni aghusto La om. A. 2. 'mperador: aferesi e apocope. 4-5. Varnhagen: «prefetto, poscia s., poscia i.», seguendo Na. 5. Ed essendo imperadore: altro caso di gerundio con soggetto diverso da quello della reggente. 7. Agosto: cfr. xxn,i. —pare: per la desinenza cfr. Parodi, Rima, XXVII - ADRIANO 207 disse: «Ben dee bastare ch'io regno non volentieri, non essendone degno. El principato non si dee per sangue, ma per meriti; e sanza utilità regna quelli che re nasce e non n'è de- io gno. E per certo quelli perde il nome e '1 desiderio di padre che i figliuoli suoi piccioli sopressa con fascio ch'elli noi possano portare; e questo èe uccidere e non promover suoi figliuoli. Primeramente son da nudrire e d'amaestrare i figliuoli in virtude e in costumi, e quando son provati ch'ellino 15 passino di bontade innanzi tutti coloro cui elli debono reggere, salgano a la dignitade leale, se ne sono invitati». E non sofferse ch'el figliolo fosse fatto re, ch'è appellato Cesare. Rf augusto La Nb ciò Nb om. e 8 Nb bene basta La Rd io regno io Le Ra i regno io Nd il tegno Nb regno voi. Nd legno malvolentieri E om. volentieri non Le Ra v. et non 8-9 Rf v. si come huomo non degno 9 E dae Le Ra dee regnare Na Nb Ni dee dare (in Na dare è soprascritto) Nd tenere Rf conviene Rd per sangue per sangue io Nb om. e Le Ra om. regna Na tegna Ni regno E re nasce La Le Ra regnasse Lb Na Ne Ng Rd rinasce Nd nasce Ni rimase Rf nascie re e E La Rf non e Le Ra fusse io-1 Nb non degno e Le Nb Ra degno per n Rf om. per Le Ra prende La Le Nd Ra Rd del padre 11-3 Le Ra padre et del figliuolo suo piccolo et sopra se con fassi che eglino possino partire 12 Ne ki Nb f. sopra se con fascio grande 12-3 Lb Na Nb Nd possa Ng poscia 13 Nd u. in p. La Rd provedere La om. suoi Na Nd i suoi 13-5 Le Ra Rf om. e questo... figliuoli Nb non promostrare in virtude 14 E La Le Ra primamente Rf ma» prim. Ng p. e da 14-5 Ni om. primeramente... figliuoli Le Ra nudrire e da manifestargli di costumi et di virtù e q. La Nd Rd Rf om. i figliuoli 15 E Lb Na Nd Rf sono si Le Ra eglino sono 16 E posiano Le Ra si che possino Ni passi La Rd in b. Rf om. innanzi Ng om. tutti Ng coloro quelli debiono Nb cui bono r. 16- 17 Le Ra inanci agli altri cioè con cui dee regnare E Lb Le Na Ng Ra regnare 17 Le Ra allora salgono alle Rd salghono Lb divinitade La Rd esse ne Le Ra quando si Ng selli ne Le Ra e cosi non 17-8 E om. se... Cesare 18 La Ne Ni Rd om. fosse... e Le Ra fussi pari di lui Le Ra om. fatto... Cesare Lb re che che Nd Rf re cioè Rf cesare augusto io. non n'è: possibile anche nonn è. -i~L.il nome e 'I desiderio di padre: FH: parentis afectum. 14. Varnhagen: «da maestrare». 15. Varnhagen: «sensi», secondo Na. 15-6. son provati... innanzi: 'hanno dato prova di superare' (Segre, Volgarizzamenti). 16-7. Varnhagen: «regnare», seguendo Na. 17. leale: forma assimilata. 18. soferse: forma rizotonica. XXVIII SECONDO FILOSOFO Secondo fue uno filosafo molto savio al tempo di questo Testo in E (i-in, 113-29) La (1-129) Lb Le (1-60, 83-120, 122-30) Na Nb (1-112, 115-30) Ne Nd Ne (1-88) Nf (22-130) Ng (1-108, 110-30) Nh (59- 130) Ni (1-64, 88-102, 105-29) NI (59-115, 127-30) Nm (59-124) O (59- 115, 118-30) Ra (= Le) Rb (1-102, 105-30) Rd Re (59-83, 85-8, 91-8) Rf (1-129, 121-30) Rg (59-129) Rh (59-74, 79-J30) Ri (59-i29) Va vb (1-108, 110-21, 123-30) Per le varie redazioni dei mss. O Rg Ri nella sezione corrispondente alle linee 1-59 del testo, si veda l'Aggiunta all'apparato del cap. XXVIII, pp. 221-4. 1-59 Nh filosafo secondo queste sono le risposte che fecie secondo filosafo ad addano imperadore di sue questioni e scrisse in una tavola sanza volere parlare adriano adomando per iscritto e disse a secondo che e il mondo Nm uno savio filosafo per uno peccato il quale egli comisse si si diede in penitentia di non favellare mai et cosi octenne et fu al tempo dadriano imperadore il quale imperadore lo prego poi che nollo potè fare favellare che gli rispondesse per iscripta a certe quistioni le quali sono proposte qui apresso et cosi disse dimmi che e il mondo O Rg Ri vd. Aggiunta Re Rh om. 1-21 Nf om. i E La Lb Ne Ni Rb Rf Vb om. Nb vita e sentencie di secondo nobilissimo e alto filosofo Nd definizioni che disse secondo Va questo e uno decto duno 5losafo chebbe nome secondo come seguita appresso 2 Rb sechono secondo E s. fue grande filosofo al Ra om. fue Le Ra s. et fu al Rb om. uno 2i. Secondo : sulla diffusione della leggenda di Secondo nelle letterature medievali cfr. da ultimo D'Agostino, Una versione inedita, con riferimenti alla precedente bibliografia. 2-3. questo imperadore: intendi Adriano. XXVIII - SECONDO FILOSOFO 209 imperadore. Il quale andò a lo studio molto fanciullo, fuori di suo paese. Istando in iscuola, udìo leggere che neuna femina era casta, s'ella era richesta e tutte erano sanza vergogna. E, stato gran tempo in istudio, sì ch'era già conosciuto per filosafo da' savi, tornò in suo paese, disconosciuto, in modo di pellegrino, con ischiavina e con bordone e con gran capelli e con gran barba; e albergò ne la casa sua medesima; e non era conosciuto da neuno, né da la madre, ch'era ancora 3 E Va questo addano Ne lo mperadore adriano Rb addano i. 3 E Le Ra et ando Ne questo secondo si ando Ng il quale andoe il quale andoe E ando a scuola m. Na fancullo 3-4 Nd om. fuori... paese 4 Le Nb Nd Ra Rf Va e stando La a scuola Na iscoula Ne si udio E e legiendo un di ne la scuola trovo che Le Ra e un di stando in ischola udi dire che 5 Le Ra casta ne con vergonia E se fose chi la richiedesse La Rd tentata La Vb e che t. 6 Ne om. e Rb e poi E Nd Ne Ni Rf Va Vb stando Nb s. questo g. Ne s. il filosafo g. Rd s. già g. Le Ra e avendo poi studiato gran tempo si Ne in iscuola Vb studio venne attanto che fue chonosciuto E Rd om. già Na cognoscuto 6-7 Rf già filosofo torno 7 Vb s. si che t. Ne e torno ischonosciuto 7-8 La Le Ra Rb Vb a modo di Nb come 8 Ne con una i. indosso e con uno b. in mano Rf Va om. con isch. e con b. E Lb Na b. era con Rb om. gran 8-9 La capello Rb cappello 9 E e cosi disconosciuto venne ed albergho a e. La Ne Rd in e. Rf Va nella sua e. Lb casa sic la casa Lb om. medesima 9-11 E med. la matre ne laltra sua famiglia non lo cognobe e costui v. io Nb non vera La da veruno Nb da veruno della casa Ne da veruna persona Na de la Lb Na Nb Ne anche 10-1 Le Ra sconosciutamente et ma madre sua chera ancora assai bella non chognoscea onde Rf conosciuto ne de la madre ne da persona 3. il quale: ovviamente Secondo; cfr. 1,3. 4. in iscuola udìo leggere: leggere in questo caso ha il valore di insegnare, con riferimento alla didattica medievale, consistente nella lettura e nel commento di un testo classico della disciplina. Cfr. Novellino, xxxv,a: «Maestro Taddeo, leggendo a' suoi scolari in medicina...». Fuori dall'ambito italiano si veda, a titolo d'esempio, J.Ruiz, Libro de buen amor, ed. J. Corominas, Madrid 1967, p. 78; commentando il verbo leer, Corominas rimanda a «b(ajo) lat(ìn) legere, alem(àn) lesen en este sentido, ingl(és) lecture 'conferencia'». 8. con ischiavina e con bordone: «la schiavina (una veste umile) e il bordone (un bastone) erano l'arredo tradizionale dei pellegrini» (Segre, Volgarizzamenti). — Varnhagen omette la e tra bordone e con, seguendo Na. io. Varnhagen: «anche», seguendo Na. 2IO FIORI DI FILOSAFI viva ed era bella donna. Onde, vogliendo provare de le femine quello ch'avea udito in iscuola, chiamò una de le servente e promisele diece danari d'oro s'ella facesse che la madre il coricasse seco. E quella il fece e a la donna piacque sì che la donna il fece venire la sera ne la camera a sé e coricarsi in uno letto. E questi sì posò la gota sua in sul petto de la madre e abracciandola sì come sua madre, per buono amore, dolcemente si dormìo tra le poppe de la madre infino a la mattiella madre era bella donna onde 11 Nb Rd e bella Ne Va e era una bella Vb ed ella era molto bella 11-2 La questo secondo la volle provare se fosse vero kello keli avea udito leggiere de le femine e chiamo Ne si che questo filosofo volle provare questo chavea udito dire ne la scuola de le femine e chiamo Rd e voleala provare sera vero quello chelli avea udito de le femine inn ischuola e chiamo E femine sera vero quello Le Ra p. quello chegli avea udito leggiere in iscuola delle femmine Nd p. quello cavea de le femine udito in iscuola Rf p. quello che aveva udito leggiere delle femmine in iscuola Va p. quello chavea udito delle femmine leggiere in iscuola 12 Ne om. in iscuola Rf Va si chiamo Rd una servigiale de la madre Va servigiali 13 Vb impromisse E om. diece Rb un Le Ra Va monete Rb denaio Vb fiorini Va oro ed ella E Rd Rf Va f. sic che E Rf la donna Le Ra la donna de la casa cioè sua madre Va la donna di casa 13-4 E gacesse con lui Lb se colcasse seco Le Ra si choricasse la nocte co lui Ne Rf Vb si choricasse cho lui Rb il mectesse nel lecto secho Va si chorichasse cholluj la nocte 14 Rd con seco Ni seco q. Lb om. il Rd fece e piacque molto a la donna Vb il piacque 14-5 Rf e. cho lui la notte ed ella il pero sicché la donna il consentio e fecelo v. E e quella lo dise a la dona si che a la dona piacque e fecelo v. Le Ra et ella il disse alla donna e la donna il consenti e fecelo v. Va et della il prochaccio sicché la donna della casa il consentio e fecelo v. Ne om. e a la ... fece Ng piacque ondel fece la scera venire asse Rb e ella ando alla madre e dissegliele di che le piacque ella sera il fece venire nella sua chamera a dormire colici e choricarso in Na d. si il Rd siche lo fé ce Nd si chella il fece coricare seco in 15 Lb fece vassene ne la e. Na venire nell'interi. La v. a se la sera Na a se ne la e. E Rf Va camera sua Le Ra Rb sua camera E Lb Le Ra Rf Va om. a sé 15-6 E giaque seco La Rd coricossi Vb e. seco Nb corchorsi in uno 1. con lei Rf Va choricossi con lui (Va chollei) nel lecto 16 Rb om. e Ng Rd puose La Rd om. sì Rb si si Ni om. sua Va p. della donna cioè della m. 16-7 E gota suso le mamelle sua e 16-8 Le Ra et essendo ne lecto et egli abraciandola dolcissimamente come madre et buono amore sadormento 17 Ne Ni Rb om. e E abraciola si Ne abracian si La Lb om. e... madre E e per 17-8 Rf madre come figliuolo a madre e dolcissimamente Va abbracciandola dolcissimamente sicchome fa et dee fare il figliuolo la madre siile si addormento E e dolcemente 18 Va infra Vb le puppole Rf sadormento e cosi stette insino 11-2. Varnhagen inserisce «se fosse vero» tra femine e quello, seguendo l'ediz. Nannucci e in corrispondenza con lo SH: si verum esset. 17. buono: 'filiale'. XXVIII - SECONDO FILOSOFO 211 na. Da che fue fatto die questi si levava e volea uscire del letto; e questa il prese e disse: «Non credi tu prendere altro sol- 20 lazzo di me? Halo tu fatto per provarmi?» E quelli rispuose e disse: «Madonna e madre mia, e' nonn è degno e non si conviene che io sozzi il vasello ond'io uscio». E quella domandò chi elli fosse e quelli disse: «Io son Secondo, tuo figliuolo». E quella ripensa e riguardollo e rafigurollo e ven- 25 nelene sì gran vergogna ch'ella noi potte patire. Incontanente morìo. Questo Secondo, vegendo che per lo suo parlare la Ne om. tra... madre Le Ra Va p. e cosi stette i. Nb Ne Rb de la donna Ni om. de la m. 18-9 La infino al mattutino Nd om. i. a la m. 19 La Le Ra Rf Va quando Rb e Rd e da che E die fu faito Vb om. fatto Le Ra et degli Ne e questi Rf e secondo Va secondo Ne si si Ne volle levare Rb voleva levare Le Ra si levo per uscire de 19-20 Va letto la donna il Rf letto la donna disse 20 Le Ra p. dicendo E diseli Ne disse chome ciò non credi La disse crediti levare e partire e non prendere E Nb Ne Ng om. tu Vb pigliare 20-1 La om. sollazzo Le Ra diletto E p. di me altro diletto Rf Va p. di me altro sollazzo Nd om. e disse... provarmi 21 Ng da Ni om. Le Ra a tu f. Ne di tu fatto questo Vb om. tu Le Ra et egli Rf Va e secondo Ne si r. 21-2 Nd Rf Va om. rispuose e 22 E Le Ng Ra om. e disse La om. mia Ne Rd mia nonn Le Ra Va degna cosa Lb Na Nb Ne Ni ne non 22-3 La Le Ra Rf om. e non si conviene 23 Ne guasti La il vaso la Nf Rd la Nf ove Va Vb dond E Rf ed ella 23-4 Nb il dimando Rf Va travagliata dimando 24 Va om. elli E Nd era Va egli Rb e egli rispuose Va rispuose e disse La Nf Rd tuo secondo f. E vostro 25 Va e la donna Rf e la donna il raffiguro E om. ripensa e La Nd ripenso Ne Ng ripensasi e Va penso e E il riguardo Nb riguardallo e Va guatollo e La rafigurallo Nb rifurollo Ne rafiguralo Ne fighurollo Le Ra et ella lo riguardo sanca rispondere et v. Ni raf. ven. 25-6 Rd Va vennele Rf ebbe Vb veniale 26 E Nd che noi Rf om. ella... patire Le Ra Va Vb non E Le Ra Va soferire E La Le Nd Ne Ra Rb Va Vb e i. 26 7 E morie in Le Ra di presente mori 27 Ne Rf Va cadde morta E e quei9.D<3 che: temporale, denota posteriorità; cfr. R.C.Màder, Le proposizioni temporali in antico toscano, Bern 1968, p. 108. 22. e': cfr. xiu,7. — Varnhagen: «ne non», seguendo Na. 23. vasello: per il significato Segre, Volgarizzamenti, rimanda a Dante, Purgatorio, xxv,44. - uscio: per l'estensione della desinenza dalla in alla i persona, cfr. Rohlfs, 571. 25. ripensa e riguardollo e rafigurollo: per l'alternanza di tempi storici e tempi principali, cfr. vii,12. 26. potte: da potuit. 212 FIORI DI FILOSAFI madre era morta, sì si ne diede questa penitenzia e puosesine questa legge, di non parlare mai più e così stette mutolo in- 3° sino a la morte; ed era chiamato il filosafo mutolo. E facea maraviglie in filosofia sopra tutti i filosafi ch'ierano in quel tempo. Sì che in quel tempo lo 'mperadore Addano venne ad Attena, odio le maraviglie di questo filosafo e fecelo venire a 35 sé e salutollo primiere. El filosafo no "rispose. Allora lo 'mperadore disse: «Filosafo, parla, sì che alcuna cosa aprendiamo da te». E quelli tacette. Sì che lo 'mperadore chiamò un cavaliere e comandò 'nanzi tutti ch'ai filosafo fossto Ne om. questo Va e S. Ne v. questo che Ne om. lo 27-8 E era morta la matte 28 Rd mortra Ng om. si Nb om. ne Rf cotal Ng puosene Vb puosesi 28-9 Va si ne prese cotale penitenzia e cotale leggie Nd Rf om. e... legge 29 E Va di mai non parlare Rd di mai parlare Ne chelgli non parlerebbe mai in tutto il tempo de la vita sua cosi lattenne chelgli istette Ni om. mai E om. più Ni om. così Lb Na si stette E fece e stette Lb Nb muto Na e mutolo 29-30 Ne mutolo in tutto il tempo de la vita sua 30 Rf Va morte sua Lb om. il 31 La Lb Na Ne Nf Ng meraviglia Nb una meraviglia Le Ra filosofia e avanzo tucti Nb li altri f. E Le Ne Ng Ra Rb Rf a quel 31-2 La Ne Nf Rd om. in quel tempo 33 E Ne om. sì che Nb om. sì... tempo Le Ra Rf om. in... tempo Ne a q. E Ng venne lo mper. addano La om. ad 33-4 E antena 34 E La Le Nb Nf Ng Ra Rb Rd Rf Va e udi Le Ra udì parlare della maravigliosa sofficientia Nb Ni Rb om. e Lb felo Ni fece 34-5 Ne mando per lui e fecelo venire dinanzi dasse e quando lo mperadore lo vide si lo saluto Rf dinanzi a se Va dinanzi dasse 35 Vb se elio re lo saluto E imprimeramente La Ni Rd primieramente Lb primera Le Nd Ne Ra Rf om. pr. Rb primamente Va Vb in prima Le Ra Vb et egli non Ne si no li Rb nulla Le Ra r. e lo 35-6 Nd allora disse lo nperadore al f. Rd disse lo mperadore 36 Ne siili disse La om. filosafo Le Ra parla philosopho 37 Le Ra possiamo apparare (Ra apparo) Nb Ne Ng Ni Rb Rf Va imprendiamo Vb noi a. Le Ra et egli E ancora non rispose Lb Na Nd si tacette Le Nb Ra taceva Ne pur tacette e non disse nulla E Ne om. si Le Ra allora Rf e 37-8 Rb chegli allora chiamo 38 E Lb Na Nd Ng chiamo a se E uno de li cavalieri suoi Le Ra un suo cavaliere Ne i cavalieri Le Ra in sua presenza comando Nb Rb disse Rf Va comandogli Rf om. 'nanzi tutti Nb Va Vb a tutti Rb a tutti gli altri filosofi 38-9 La e disse che inanci a tutti fosse mocca la testa al 31. Varnhagen : «meravilgla», seguendo Na. 35. «o 'rispose: assimilazione fonosintattica e successiva semplifica­ zione. 37. tacette: perfetto arizotonico. XXVIII - SECONDO FILOSOFO 2I 3 se mozza la testa s'elli non parlasse. E in secreto disse al cavaliere: «Menalo a la iustizia e lusingalo per la via e minac- 4° cialo, sì ch'elli parli. E s'elli parla, fagli tagliare la testa e s'elli istà fermo a non parlare, rimenalmi quae». Il cavaliere il prese e menolo a la iustizia e molto li dicea per la via: «Perché morrai per tacere? Parla e viverai». E quelli, non curando la morte, fue infino a quella ch'elli istese il collo per ri- 45 cevere il colpo de la spada e mostrava ch'elli desiderasse la morte e non volle parlare. Allora il cavaliere il rimenò a lo 'mperadore e disseli che Secondo avea taciuto insino a la morte. Allora Adriano, maravigliandosi de la fermezza d'esto filosafo, sì li parlò e disse: «Da che questa legge del tacere, 5° filosafo Na si fosse Ng allora fosse 39 E Vb taglata Le Ra se non Ni om. in 39-40 Ne Rd a cavalieri 40 Ne Rd menatelo Ne Rd lusinghatelo 40-1 Vb om. menalo... parli e Ne Rd minacciatelo Rf om. per... si Nb om. per... e Va lusinghalo che parli e minaccialo essegli p. 41 La Nd Rf che parli Rf parli e minaccialo La Nd se parla E Lb Na Nd si li fa tagliare Ne siigli fate tagliare Rd fagli tagliare Rf Va si gli moca Vb tagliali 41-2 La selli non parla Rf se tace Vb selli non parla e sta fermo Va segli tace sii vi mena 42 Ne si mi lo rimenate Rd rimenatelo Rf rimena Vb rimenalo Ne qui a me Rb in qua Rf Va om. quae 42-3 Ne Rd e li cavalieri il presero Le Ra il cavaliere lo meno Va e. sii fece pigliare e menare La prese costui Na Vb in prese Rf om. il prese... molto 43 Ne Rd menarole Nb Rb om. e Le Ra e sovente Rf si gli La giustizia e diceali spesse fiate Ne Rd diceano E La Rf om. per la via Ne per me la via 43-4 Va via parla perchechti lasci uccidere et morrai 44 Na parie Va canperai Ne Nf Rb om. e Va egli 44-5 Le Ra vuoli tu morire per tacere parla e non morrai e stette a quella che il collo era per 45 Va a tanto Rd che distese 46-7 Le Ra e quegli non mostrava che temesse la morte ma chegli la desiderasse et per cosa che gli fussi fatta non volea 46 Rd si d. 47 Ne non ne v. Vb vuole Nb Rb om. e non... parlare Ne Rd i cavalieri lo rimenarono 48 Ne Rd disserli La d. si come il filosofo a. Le Ra Vb d. come elli a. Nf Rd d. secondo che Rf d. comegli comegli a. Na tacuto Nb taciuti La infino al punto de la Le Ra infino al colpo de la 48-9 Ni om. e disseli... allora Nd om. e disseli... Adriano 49 E Lb Le Na Ne Ng Ra Rf Va Vb lo nperadore La si maraviglio Nf Rd si maraviglio maravigliandosi 50 Nd f. e lo mperadore Rb om. sì Vb disse dacci que- 38-9. Varnhagen: «si fossse», seguendo Na. 41. Varnhagen: «si li fa tagliare», seguendo Na. 45. fue infino a quella: 'arrivò al punto'. 50. Da che: 'poiché'; cfr. H. P. Ehrliholzer, Der sprachliche Ausdruck der Kausalitat im Altitalienischen, Winterthur 1965, p. 61. 214 FIORI DI FILOSAFI la quale tu t'hai imposta, non si puote disciogliere per alcuna cagione, prendi questa tavola e scrivi e favellaci con la mano alcuna cosa». E Secondo prese una tavola e scrisse in questo modo: «Adriano, io non ti temo neente, perché tu paie che 55 tu sie segnore d'esto tempo. Tu mi puoi uccidere, ma tu non hai podestà di farmi parlare una boce». Lo 'mperadore lesse e disse: «Ben se' iscusato, ma anche ti propongo alequante questioni a le quali ti priego che mi risponde. E primeramente ti domando: Che è il mondo?» El filosafo scrisse: «El sta 50-1 Le Ra legge tu ai imposta di non parlare et non si può scorre per Va taciere tu ai in podestà non Ne tacere che tu 51 Rf om. la... tu Nb om. tu Ne tu ai Nf piuote iscolliere La sciolliere Na discolglere Vb sciolgere Le Nd Ni Ra neuna 51-2 Rf om. per... cagione 52 Ng ragione Nd togli q. Vb om. e E scrivici Rb scrivici colla mano Rf Va om. scrivi E parlaci La Nd Nf Ni Rb favella Va favella a noi Rb om. con la mano 52-3 Va mano sicché alchuna cosa aprendiamo da te e s. 53 Rb qualche E Nb Vb om. e Ni cosa e sede p. Va la 54 Ne modo e disse cosi Ng Rf om. io Nb Nd Rb om. ti Ne Ng om. neente Ne Nf perche paie La Nf Rd Rf Va om. tu paie che 54-5 Ni perche pai cosi signore E Lb Le Na Nd Ne Ng Ra Vb om. che tu sie 55 Vb tempio Le Ra tu ai ben potere di farmi morire ma Ne si mi puoi Ne Rf Va bene uccidere 56 Ne Rf Va potere Le Ra ma non di farmi favellare una parola Na Ne Ne Nf Ng Rd Vb p. di potermi fare parlare La favellare La una sola parola Ne Nf Rd una sola boce Va sola una boce Rf Vb solo una parola E parola Le Ra allora lo Rf Va lesse la tavola 56-7 Lb om. lo... iscusato 57 Rf om. e disse La Le Nf Ra Rd ben ti se Ne che bene sera Rf om. se' Rb om. iscusato Rb Va ancora Vb che Nb ti prego e ti p. Va ti priego chemmi a. 57-8 Nd anche ti priego cha aliquante questioni mi r. Ne io si ti priegho che mi rispondi alequante questioni chio ti voglio domandare 57-9 Le Ra ma ancora ti priego che alquante questioni mi debbi assolvere et incomincio et disse che e Ni ma anche ti prego che mi scrivi che e la vita de luomo lo filosafo scrisse e disse la vita dell'uomo si e allegreza de buoni cristizia de miseri aspettamento di morte che e 58 Nf Rd queste (Rd di q.) questioni Rb porgho Va om. che La Nb Nf Rd Rf Va Vb om. e 58-9 E La Nd primamente Ne yn prima Nf prieraraente Rf prima Vb prima che e 59 La Na Nd Ng om. ti Ni troiano domanda a sechondo filosafo che e il mondo Nm dimmi che e il mondo O domando lo mperadore che e el mondo 54. neente: con valore avverbiale. 54-5. Varnhagen omette che tu sie, seguendo Na. 56. Varnhagen: «podestade di potermi far parlare», seguendo Na. 58-9. Varnhagen: «e primieramente adomando», seguendo Na. 59. El filosafo: Varnhagen: «Quegli». XXVIII - SECONDO FILOSOFO 215 mondo è uno cerchio che volge sanza riposo, formamento di 60 molte forme, eternale tenore, volgimento sanza errore». «Che è il mare?» E quelli scrisse: «Abracciamento del mondo, termine coronato, albergo de' fiumi, fontana dell'acque e della pioggia». «Che è Dio?» «Dio è mente immortale, altezza sanza di- 65 sdegno, forma incomprensibile, occhio sanza sonno, luce e bene che contiene tutte le cose». «Che è il sole?» «Il sole è occhio del ciclo, cerchio di caldo, splendore sanza abassare, ornamento del die, dividitore dell'ore». 70 Re sechondo filosafo fue domandato da chostoro di questi articholi e dissero che e il mondo Rg in primo vi domando che e il mondo Rh domandagione chene il mondo Ri domando limperadore che consa fosse il mondo Ne e quelli Nh ed elli Re il f. mutolo Rh quello savio filosapho Ri et el f. alora Va e secondo Ni om. el filosafo scrisse O iscrisse il fil. Le Ra Rg rispuose per scriptura Ni scrisse e disse Nm rispose 59-60 Nb Nd Re om. el mondo 60 E Na Ne Ni NI Vb si e Nb om. è Ni om. uno Rg om. che volge E La Ne Nf Ng NI Ri si v. Ni NI Nm O Rf fermamente Rg sempre vollie Ri firmamento 60-1 Nb cerchio (...) tenore 61 Re Va e eternale Nm tenere Re om. tenore Nm et v. Re senca clore 61-2 Nb senc(...) il 62- 82 Le Ra om. 62 Ri che conse e Nb Nf Rd om. e Ne Ne Ng Ni Nm O Rb Re Rg Rh om. e quelli scrisse Nh ed e rispuose Nb questi La Ne Ne Ni Rf Ri Va il mare e a. NI e a. Na abracaamento Nb aba(...)iamento 62-3 Rd de la terra 63 Nb coro(...) albergo Nm intorniato Na Nh fontane 63-4 E om. fontana ... acque 64 O Rd acqua Rs della pioggia dellacque Ni Nm Re Rg Ri delle pioggie 65-7 Ni om. 65 Nh adriano domando che e Ri che consa e Ne e quelli iscrisse dio Nh ed e rispuose idio O om. dio E Na Nm Vb om. dio è Ng Rd om. è La om. mente Ne NI om. altezza Rh allegrerà 65-6 Nb alterca (...)a dis(...)fo(...)pre(...)Ie O sdegno 66 Ng Nm Rd incompressibile Nh occhi Lb okio santo luce 67 Nb che (...)se Vb om. che La Ne Nd Nh Nm O Rd Ri contiene in se Rg ogni cosa 68 Nh adriano domando che e Ri che consa e Ni e sole sole si e Nh ed e rispuose il sole e Ng Vb sole e O Rb Va om. il sole è Rd sole si e NI Nm Rf Rg om. il sole NI Nm del e. 69 La Ne Nf Nm bassore Nb bassare Nh bassanza Re rossore Rg denitor Ri partitor Vb e doditore 69-70 Re guidatore della notte Rh dividitore della notte e dellore tutto tempo 70 NI della notte 71 Nh adriano domando che e Ni che 60. Varnhagen: «si e», seguendo Na. 63. termine coronato: 'limite circolare', -coronato: FH: coronatus, SH: courtatus. 65-6. altezza sanza disdegno: FH: incontemptibilis celsitudo, SH: incontemplabilis celsitudo. 2l6 FIORI DI FILOSAFI «Che è la luna?» «La luna è porpore del ciclo, contraria del sole, nemica de' malfattori, consolamelo de' viandanti, dirizzamento de' navicanti, segno di solennità, larga di rugiada, agura e divinamente de' tempi e de le tempeste». 75 «Che è la terra?» «La terra è basole del ciclo, tuorlo del mondo, guardia e madre de' frutti, coperchio del ninferno, madre de le cose che nascono e balia di quelle che vivono, divoratrice di tutti, celliere della vita». «Che è l'uomo?» «E' mente incarnata, fantasma del tem- 80 pò, aguardatore de la vita, servente a la morte, romeo trapassante, oste forestiere di luogo, anima di fatica, abiturio di piccol tempo». cosa Rg e luna Nh ed e rispuose e p. Ng om. la O Rb Re Va om. la luna è Lb NI Nm Rf Rg om. la luna Ni Rh Ri si Rd si e Rg del sole Re e e. NI contriara 72 Rf del m. Nm consolatrice Ni consolamento de merchatanti 73 Lb Na Ng NI O navicatori Na sogno Nm om. segno Nb Rb Rh sepultura Ni Ri largeca di r. Re turlo di r. Rg larga via de r. Va roccha di r. 74 Na agrira Re om. agura Ng di Ni om. e O aghuta e soamento E om. e divinamento La e movimento Nb d(...)is(...)o Nf e diviamento Nm et inviamento Rb Rd Rf Va dendovinamento Re e divariamento Rh agura ene dunamento di et delle t. Lb om. de tempi... tempeste Re di t. e di t. Na tempeste tempo Va Vb tempestadi 75-8 Rh om. 75 Nb che e la terra (...) bassole Nh adriano domando che e la terra ed e rispuose bassale NI O Rb Va om. la terra è Lb Rf om. la terra Ne si e Ne basale Nd basile Nf bossole Ni Nm Re bassore O abasore Rb bassamente Rg bassulo Ri basseca Va chasole Vb bussilo Ni dellarie et del e. Rg turno 76 Vb mondo e g. Nm amatore de fructi Rb madre de le cose 76-7 Re di frutti e dellecosa che naschono La Nf Rd guardia e madre di tutte le cose 77 Nb mad(.)e (...) cose NI Nm O Rb Va om. e Ni Rf quelle cose Re vivono et coperchio dello nferno 77-8 O divoratore Re om. divoratrice... vita 78 Nb da tutti NI O Va di tutte E Lb Nd Nh Ni Nm Rg Ri Vb i cellieri La c(...) Nb quegli NI eccielliere O Ri vita e risolvimento de tutte le conse che naschano 79 Nb adriano domando che e luomo ed e rispuose e mente La Nd Ne Nf Ni Rd Ri Vb u. luomo e Ne Ni Ri si e Ng om. e Nb inca(...) a Nd incoronata Nb fantasia 79-80 Rh del corpo 80 La e guardatore Ni Rh servente della 80-1 Nm om. romeo... luogo Va om. romeo trapassante O trapasatore 81 O Ri om. oste Rh et o. E dalbergo La Nd Nf NI di lungo Ng del 1. O Re Ri om. di luogo La Nf O Rd animo Lb habitaturio Ni Nm O Rh abitatore Rb abitorio Ri abitato 81-2 Re om. abi- 7'i. porpore; metaplasmo di declinazione. 73. navicanti: per la velare sorda cfr. Rohlfs, 217. 74. agura: forma dissimilata. 79. Varnhagen: «Che e l'uomo? L'uomo e», seguendo Na. XXVIII - SECONDO FILOSOFO 21J «Che è bellezza?» «Bellezza è fiore fracido, beatitudine carnale, desiderio de le genti». «Che è la femina?» «La femina è confondimento dell'uo- 85 mo, fiera da non saziare, continua sollicitudine, battaglia sanza triegua, naufragio e rompimento d'uomo non contenente, serva dell'uomo». «Che è l'amico?» «L'amico è nome desiderevole, refugio de l'aversità, beatitudine sanza abandono». 9° «Che è ricchezza?» «Ricchezza è peso d'oro e d'argento, ministro di rangole, diletto sanza allegrezza, invidia da non saziare, desiderio da non compiere, bocca grandissima, concupiscenzia invisibile». «Che è povertade?» «La povertade èe bene odiato, madre 95 turio... tempo 82 Na pitto Na om. tempo 83-4 Re om. 83 Nh adriano domando che e la bellezza ed e rispuose la b. Lb Na Ne Nd Ne Ni e la b. Nb NI Rb om. bellezza è Lb Nm O Rf om. bellezza Na Nd Ni la b. Ne si e Le Ra un fiore Ri fracoda 84 Le Ra et desiderio O de gentili 85 Rd che e (...) e conf. Rg Va e f. Nb NI Nm O Rf Va om. la femina è Nh ed e rispuose femmina e Rb Rg om. la femmina Ne femina femina NI consumamento Va tormento 86 Nb om. da E Ne Ng NI satiare mai Le Ra delle b. 87 O nestagido Re neustragio Nm O om. e E Lb Na Ne O Ri speleamente Nd Re corrompimento Le Ra u. et non e. Nm u. rio e. O u. ne contentan Re u. non bene e. Lb contente Nb Rb Re Rg Ri contenta Vb tenente 88 Va servo alluomo 89-130 Ne om. 89 Ri che consa e Ni Nm O Rg Rh e amico Le Nb Nm Ra om. l'amico è Lb Ng Nb O Rb Rf Rg om. l'amico Ni lanimo amico Ni Ri si e La om. nome Ri refrigerio 90 E Le Nd NI Ra de le aversitadi Rg senca bando 91 Ri che consa e NI Nm O Rb Rf Rg Va om. ricchezza Nb Re om. ricchezza è Le Ra om. ricchezza è peso Rd si e Ni si e pondo Ne Nf oro o Lb e argento 92 Ni mistieri Re richeza Le Ra om. ministro di rangole Re talento Rii dilceto Va allegrezze Nh invidia invidia La diletto da non 93 Le Ra si saciare O om. desiderio Na copiere Nm empiere O Ri non zamai compire Nb Rb om. bocca grandissima 93-4 Re om. desiderio... invisibile Le Ra om. desiderio... concupiscenzia Ni con conc. Vb chonchapisenza 94 Na iniussbile Le Ra et inv. Nb i. bocca grandissima 95 Rh om. che Ri che consa E La Nf Rd Rh Ri Vb om. la Le Nb Ra om. la povertade èe Ng 83. Varnhagen: «Che e la belicela? La belicela e», seguendo Na. 86. da non saziare: 'insaziabile'. 87. Varnhagen: «spessamente», seguendo Na. -d'uomo non continente: FH: viri incontinentis, SH: viri continentis. 90. beatitudine sanza abandono: traduce indesinens felicitas. 93. da non compiere: 'inesauribile'. 2l8 FIORI DI FILOSAFI de la santade, rimovimento di rangole, ritrovatrice del savere, mercatanzia sanza danno, possedimento sanza calogna, prosperità sanza sollicitudine». «Che è vecchiezza?» «La vecchiezza è male desiderato, ioo morte de' vivi, infertà sana, morte che fiata». «Che è sonno?» «Sonno è imagine de la morte, riposo de le fatiche, talento de l'infermi, disiderio de' miseri». «Che è vita?» «Vita è allegrezza de' buoni, tristizia de' miseri, aspettamento de la morte». «Che è morte? » «Morte è sonno eternale, paura de' ricchi, desiderio de' poveri, avenimento da non cessare, ladrone deili uomini, cacciatrice de vita, resolvimento di tutti». NI Nm O Rb Rg Va om. la povertade Ni si e Rf uno bene Ni Vb odiata 96 Nm di santa Rb delle santadi Rh della santità Nd amonimento Rb movimento NI rangole diletto sanza allegrezza (le ultime tre parole, ripetute dalla linea 92, sono sbarrate] Le Ra ritrovatore Ni ricoveratrice Le Nm O Ra di s. Nb de s. Rg calunie 97 Nm propieta 98 Ni om. prosperità senza 99-130 Re om. 99 Ri che consa Rg Vb ricchezza Lb Na Nh NI Nm O Rd Rg om. la vecchiezza Lb Nb Ra Rb om. la vecchiezza è Ng Rh Ri Vb om. la Vb ricchezza Ri si e Ne desiderevole O Rf Vb desiderata 100 NI e m. La morte de li uomini Le Ra e i. E om. infertà... fiata La Lb Le Nb Nd Nf Nh Ni NI O Rd Rf Rh Ri Va i. sanca m. Nm i. che sanca m. Lb Na Ng Ni O che sana Nd Rf om. che fiata Rg de avary IDI Nh addano domando che e il sonno ed e rispuose sonno sonno e Lb Na Nb NI Nm O Rb Rf Rg Va om. sonno e Nd il s. e Ni Ri si e Rg Va om. la Ni riposamento et requie 102 Rh om. desiderio... miseri 103-4 Ni Rb om. 103 Nh vita ed egli allui vita e E Lb Na O Rg Va om. vita Le Nb Nm Ra Rf om. vita è NI om. è Ri si e O largheza de Rf albergo de 104 Rf Va rei O Rg Ri om. la 105 Ri che consa Ne Nd Nh e la m. Nb che (.) morte che e morte E Na Nd la m. Le Nb NI Nm Ra Rb om. morte è Lb O Rf Rg Va om. morte Ni Ri si e Ni eternale sonno 106 Nb po(...)ri O proveri Va miseri Ng di non Nb ces(...)re Ng lo 1. 106-7 R* ^a' droni chacadrise de li homeni e de le femine de vita 107 O u. e delle femine Le Ra chiaritude de v. Nm divoratrice della v. O chaciatore di v. Va 96. rangole: cfr. F. Brambilla Ageno, Riboboli trecenteschi, in «SFI» x (1952), pp. 430-1. 97. calogna: esito popolare. 100. morte che fiata: «vecchi, si è come morti, anche se si respira ancora» (Segre, Volgarizzamenti}. 105. Varnhagen: «La morte», seguendo Na. 106. da non cessare: 'inevitabile'. XXVIII - SECONDO FILOSOFO 219 «Che è parola?» «Parola è manifestamente d'animo». «Che è il corpo?» «Il corpo è magione dell'anima». «Che è barba? » «Barba è discrezione d'età e conoscimento di persona». «Che è fronte?» «Fronte è imagine dell'animo». «Che sono li occhi?» «Li occhi sono guide del corpo, vaselli di lume, mostratori dell'anima». «Che è il celebro?» «El celebro è guardia della memoria». «Che è il cuore?» «Il cuore è rocca e fortezza de la vita». «Che è fegato?» «Il fegato è guardia del caldo». e. de vivi La Ne Nf de la vita Le Ra risovenimento Rf solvimento Va resurgimento Va om. di tutti Le Ra tutto 108 Ri che consa E Nd Ri e la p. Nh parola ed egli allui parola E Na la p. e Nm Rb om. parola è NI O Rf Rg Va om. parola Ni Ri si e Nb paro(...)ta(...)d(...) Le Ra amaestramento Rg manifestazione Le Ra delluomo Ne Nh Nm dellanimo Ng dellanima Vb danimo dellanimo 109 Ng Vb om. O om. che è... corpo è Ri che consa e Nd Nh Rg corpo corpo e E Le Nb Ra Rb Rf om. il corpo è NI Nm Rg om. il corpo Ni Ri si e La Le Nd Nf Ni NI Nm Ra Rg Va imagine Nh abitazione Rd magine no E Rg Ri e la b. E Lb Na la b. e Le Nb Nh NI Ra Rb om. barba è Nm O Rf Rg Va om. barba Ni Ri si e Rd e detta Rb distinzione Ri destruzione La Nf Rd om. d'età Nm data Rf dando Nm om. e in Lb Na Nh NI Rd Va persone 112 E om. Nm forte Rd la f. Nh f. ed elli allui f. NI Nm O Rb Rg om. fronte e Lb Nb Rf Va om. fronte Ni Ri si e Ri masene Lb delluomo Na demon Nb NI O danimo 113-4 Nb om. 113 La che e Ri che consa sono Le Ra om. li occhi li occhi sono Vb om. li Nh Rf Rg Va om. li occhi NI Nm O Rb om. li occhi sono La Lb Le Nd Ng Ni NI Nm Rb Rd Rg Rh guida O Rf Ri Va guardia 113-4 Nm om. vaselli O Rh vasello 114 Lb de luomene Na di lime Nm Vb del lume Lb ministratore Nh dimostratore Nm mostratore et O Ri mostramento Va dimostratori Lb del camino Na de amino Ng NI Nm Va Vb dellanimo O Ni Ri danimo 115 Nd che e la memoria memoria e guardia del celebro Ri che cosa Ne Ng Ni Vb om. el E Nh Rf Rg Va om. el celebro Le Nb NI Nm O Ra Rb om. el celebro è Ni Rd si e O m. e del caldo 116 Ri che consa NI Vb om. il E Nh O Rf Rg Va om. il cuore Le Nb NI Nm Ra Rb om. il cuore è Le Ra Rh om. rocca e Lb forc_a 117-26 NI om. 117 O om. Ri che consa E Nf Nh Nm Rf Rg Va om. il fegato La Le Nb Ra Rb om. il fegato è Ni Ri si e Rb Rd di 108. Varnhagen: «La parola», seguendo Na. no. Varnhagen: «La barba», seguendo Na. i io-i, conoscimento di persona: traduce sexus discredo. 112. Varnhagen: «La fronte», seguendo Na. 115. celebro: latinismo, con dissimilazione. 22O FIORI DI FILOSAFI «Che è fiele?» «El fiele è movimento dell'ira». «Che è milza?» «Milza è albergo d'allegrezza e di riso». I2o «Che è istomaco?» «Lo stomaco è cuoco de' cibi». «Che sono l'ossa?» «L'ossa sono fermezza del corpo». «Che sono i piedi?» «I piedi sono mobile fondamento». «Che è vento?» «Vento è turbamento d'aire, movimento d'acque, seccità di terra». «Che sono i fiumi?» «Li fiumi sono corso che non viene meno, pascimento del sole, bagnamento de la terra». «Che è amistà?» «Amistà è aguaglianza d'animi». «Che è fede?» «La fede è maravigliosa certezza di cosa non saputa». caldo Vb del chorpo Rf Va e. della persona 118 Ri che consa Nh il f. Rd Vb om. el E La Lb Nf Nh Rf Rg Va om. el fiele Le Nb Nm O Ra Rb om. el fiele è Ni Ri si e Ni O Rd Ri Va Vb de ira 119 Ri che consa Nh la m. O malizia Rf la malizia E La Lb Rf Va om. milza Na m. la m. Le Nb Nm O Ra Rb Vb om. milza è Ni Ri si e O Ri di molta Rh Vb dell O letitia Rh e desiderio Ri Vb om. e di riso 120 Rf om. Ri che ccnsa Nb che (...)oco e La Nd Ng Nh Nm Rd om. lo Le Nm O Ra Rb Vb om. lo stomaco è E Rg Va om. lo stomaco Ni si e Va chuo Nf Ni Rh de li Na cibi che listomaco (le parole che listomaco sono sbarrate) 121 Le Ra om. Ri che consa Nf che e sono Nm che e E La Na Nh Rf om. l'ossa La Nb Nm O Rb om. l'ossa sono Vb om. sono Nd fortezza O fondamento Ri firmamento Vb fermamento 122 Vb om. c.s. Ri che consa Lb Na Ne Rg che e Rg lu pede Nb Nm O Rb Rf Rg om. i piedi sono E Lb Nh Va om. i piedi Lb Na si sono La Nf Rd fermerà e mobile (La Rd nobile) fondamento La Nd Nm O Rh Ri Va nobile Le Ra om. mob. La Ne Nf Nh Rd f. seccita di terra Le Ra Va i. del corpo Rf f. delluomo O dopo la linea 122 presenta il seguente ordine: 127-9, 125-6, 123-4, 130 123 Ri che consa Nd Va e il v. E Lb Na Nm Rf om. vento Le Nb O Ra Rb om. vento è Ni si e Ri e uno t. La davere Lb Na Nd dell a. Vb arie La Nf e m. Vb movimenti 123-4 Le Ra turbamento (Ra turbento) e movimento daria secchila Nb Rb Rh aire secita di terra (Rh t. et) movimento dacque (Rb dacqua) 124 E dacqua O de laque Vb om. d'acque La Ne Nf Nh Nm Rd om. seccità di terra Ni O Ri sechamento Va sicurtà O Va della 125 30 Nm om. 125 Ri che consa Na che e sono Nb (...) Ng Nh Vb om. i Ng Vb om. li E La Na Rf om. li fiumi Le Nb O Ra Rb om. li fiumi sono E Ng Nh O Rg corsi Ri un corso Va socchorso Va om. non Rb corso da non venire E Ng Nh Ri vegnono O vegono 126 Le Ra Rg mai meno Vb sale Nb della (...) Vbow. della terra 127 Ri che consa Na Nd lamistade e E Rf Rg Va Vb om. amistà Le NI O Ra Rb om. amistà è Nb (...) Ni Ri si e NI Vb aguagliamento Nh Ni O Rf Ri Va animo Rh amici 128 Ri che consa Nd e la f. Ng om. la E Lb Nf Nh O Rf Rg Va Vb om. la 125. Varnhagen omette Li. 127. aguaglianza: si noti l'assimilazione. XXVIH - SECONDO FILOSOFO 221 «Che è che non lascia l'uomo allassare?» «II guadagnare». 13° fede Le Nb NI Ra Rb om. la fede è Nd Ni Ri si e Ni e cosa e certezza Nh certanza 128-9 Rg cose non sapute 130 E La Ni Rg Ri Vb om. ma Rg aggiunge qui finisce le questiony del filosofo deo gratias amen Va che e quella cosa nella quale luomo mena la faticha in guadagniate ammen O qual e quella cosa che non screscie lafaticare Nb Ne Ng Rb om. è che Rf Ri e quella cosa che Lb Na Nf Rf Ri affatighare Nb om. ali. Le Ra allassare di faticarsi per guadagnare perche a esserre ricche e cosa disiderevole et ad esserre povero e cosa odiosa Nh aggiunge amen O aggiunge queste sono le parole che scrisse secondo a lo nperadore adriano su la tavola ma non parlo chon bocha Ri aggiunge che consa e quella che fa parerò la consa amara dolce la fame Aggiunta all'apparalo del cap. XXVIII Come già segnalato (cfr. il paragrafo 5.6. dello Studio preliminare), i mss. O Rg Ri presentano una versione rielaborata della Vita di Secondo; per non appesantire l'apparato, già soverchiamente nutrito, del cap. xxvm, trascrivo qui separatamente le redazioni dei tre codici in riferimento alle prime cinquantanove linee del testo. MS. O: (fecondo fu un filosafo lo qale fu molto savio e ando a lo studio molto giovane e stando luj un grandisimo tenpo allo studio tanto chegli era tenuto grande maestro in filosofia e stando un giorno udi dire cioè legere in ischuola che niuna femina era chastra E stando in studio tanto chegli era tenuto lo magiore maestro che si trovasse in filosofia si gli venne volontà di tornare a chasa sua e torno a modo di pelegrino e per nuovo modo provo la madre sua e trovo chella non era chastra dissele comerà lo suo figliuolo secondo vegiendo chostrei che lerà provata dal figliuolo ebene si gran dolore e verghogna che se ne mori E vegiendo lo filosafo che la madre era morta per lo suo parlare si si diede questa penitentia cioè di no parlare giamai alla sua vita e cosi stette mente vivette che non parlo nondimeno faciea maraviglie in filosofia sopra tuttj filosafj qal crono a qel tenpo E in qel medesimi tenpo venne lo nperadore adriano ad atena per vedere delle maraviglie di secondo e incontanente che lo nperadore lo vidde lo saluto el filosafo no gli rispuose e vegendo lo nperadore che non gli rispondea fu molto adirato Allora disse lo nperadore filosafo parla si che alchuna cosa imprendiamo da te Alora secondo pure tacie e non parlava e vegiendo lo nperadore che non volea parlare chiamo un suo chavaliere e disegli inanzi a tutto quella gente mena secondo a la gustitia e se no parla fagli tagliare lo capo e in segreto disse al chavaliere tu lo menerà] alla gustitia e se non parla lusinghilo e minacialo e se tu puoi fare che parli o per lusinghe e per minacie subito gli fa tagliare la testa e se non volesse pure parlare incontanente lo rimena qua a me rispuose lo chavaliere sarà fatto ciò che dite e incontanente fecie pigliare secondo filosafo e menollo dove si faciea la gustitia e fecie portare lo cieppo e la manaia e quando fu nel deto luogo ed e disse a luj or vedi secondo a me chonviene ubidire il comandamento del mio signore delle due cose ti conviene fare luna o tu parie se tu vo chanpare la morte o tu poni il chapo i su qel cieppo chio ti vo fare morire Allora il filosafo mostrando che disiderasse la morte inanzi che volere renpere il boto del parlare puose il chapo i 222 FIORI DI FILOSAFI su! ciepo ed ebbe la manaia i sul collo e mostrava volontà di volere inanzi morire che volere favelare quando lo chavaliere vidde la sua fermeza Incontanente lo rimeno a lo nperadore e disse ciò chegli avea fatto Alora lo nperadore adriano disse alluj filosafo questo mi pare una grande maraviglia che per amore o minacie chio tabia fato fare tu non ai voluto parlare poj che tu ta posto questa penitentia del taciere e non parlare maj Or prendi qesta tavola e scrivi cho la mano pò che cholla lingua dir non vogli Alora secondo tolse la penna e scrisse i su la tavola in questo modo adriano tusse signore e puomi bene ucidere se tu vuogli ma tu non araj podere di farmi parlare una piccola parola che della mia boccha escha Rispuose adriano ben ti se schusato ma si ti priegho che tu masciogli alqante quistionj le qali jo ti demanderò e qesto no manchi Primieramente domando lo nperadore che e el mondo ecc. ecc. MS. Rg: Istoria dun filolasafo chiamato secundo Essendo uno phylafo chiamato secundo al tempo de adriano imperatore il quale ando molto piccolo allo studio fore di soy paysi e stando in scola udio legere che niuna femina era casta se ella era richiesta e stando gran tempo in estudio si che era già congiosciuto dai savii per un gran filosafo onde ponendosi in core di provare sella matre fosse casta trasfiguratamente in modo di peregrino colla schiavina e collo sbordone e con gran barba e torno in sou pagese e albergo in casa sua propria e non era congiosciuto ne dalla madre ne da niuno della casa e la madre ancora iovene e bella donna e quisto volendo provare quello che odito avia legere e perche già sera mosto dallo studio chiamo una serva della madre e ebela lusingata promettendole gioie e denary se ella facia chella domna lo facesse dormire con lei e la serva fé lambasciata e alla donna piacque si chella donmna lu fé venire la sera inella cammora e colcosse con luy nel letto e costuy puse la gota sua in su lu pecto della madre e abracciandola si como sua madre per bono amore dolcemente se dormette tra le sue sese insino alla mattina di che facendosi giorno costuy se volea levare e uscere del letto e la madre lu prese e disse non credi tu prendere altro diletto da me o alo tu facto per provarme e elli respuse e disse madinna e matre mia non e digno e non se converria chio soczasse el vascello ondi uscii e allora la domando la demando chi luy fosse e elli rispuse e disse io sono secundo vostro filliolo e quella tucta stupefacta penzando e riguardando il ricognobe de che ella si fortemente da vergogna e dolor vinta del fallo che avia facto subitamente alii piedi del suo filliolo morta cade Questo secondo che per lo suo parlare la matre era morta questa pennetenza senne diede luy medesimo e impusese questa lege de giammay in soa vita non parlare e chiamavase poy lo philosafo muto e facea meravellie assai in filosofia sopra tutti laltri filosafi che erano ad quel tempo E in quello tempo lo imperatore adriano advende che ando ad attena e odio la fama de questo gran filosafo fecelo venire ad se e salutollu el filosafo nyente rispuse con boce allora lu imperatore disse filosafo parla si che alcuna cosa imprendiamo da te e elly sempre tacca allora lu imperadore mostro de essere turbato e disse filosafo o tu parla overo io te facco morire e lu filosafi stagenne sempre muto allora lu Re commando ad un sou offitiale chelli taliasse la testa e in secreto li disse che se iuy non parlava che nollu facesse morire ma se parlava che sy e non volendo parlare remenalo amme El cavaliery il prese e menollo alla iustitia e molto per la via lo losingo che parlasse e non volesse morire per tacere el filosafo stagenno sempre costante e non curando la morte per non interrompere il suo proposto pervende ad tanto chel colpo della spada vide alzare per talliarly la testa e lui sempre stegenno fermo e mostrava chelly desiderasse la morte e may volze parlare si che lu cavaliery que- XXVIII - SECONDO FILOSOFO 223 sto vedenno lu remeno allu imperatore e dissely comu elli avia tacuto infino al ponto della morte Allora lu imperatore meravilliandose della costanzia de costuy siili parlo e disse Da che questa lege del tacere tu tai imposta e non se potè dissolvere per niuna occasione almeno fa chella tua mano non sia scarza in darà alcuno amaestramento e solvere li duby che da nui serai adomandato E cosi li fé dare la carta e lo inchiostro e secondo scrisse in questo modo Adriano imperatore io non ti temo niente perche tu si singiore de questo tempo tu mi potresti bene amazare ma tu non ay potestà de poterme far parlare e lo imperatore disse tu di vero ma io impongo che vuy me dichiarete de alquante dubitatiuny e allora il filosafo fé cenno di farlo et cosi lo imperatore incomincio Im primo vi domando che e il mondo eco. eco. MS. Ri: La legenda de uno philosopho che ave nome secondo e fue molto savio homo. Secundo che fue uno filosopho lo quale foe molto savi andoe al studio molto zovene e stando lui uno grandissimo tempo al studio uno die elio oidi legere in schola che nessuna femina era casta sella fosse requesta e che tute quante erano senca vergogna e stando lui uno grandissimo tempo a lo studio tanto che lerà già cognosciuto grandissimo maestro in philosophia si li vene volunta de ritornare in suo paese e ritornado elio si tornoe a guisa de pellegrino cun la schiavina e col bordone e cun la scharsella e cun grande barba et albergoe in la sua casa medesma e non era cognosciuto ne da la madre ne da nesuna persona unde voiando elio provare la femina secondamente chello haveva oldito legere in la schola si volse provare la madre che era anchora formosa e bella femina si chiamoe celatamente la fantesella de la madre e disse a lei di a questa tua donna chel disse questo pelegrino chele vorave zasere sta nocte cun voi e dise che vi darà x dinari doro e la fante ando a lei e disseli queste parole et ella disse che ben li piasea e felli la sera grandissimo honore e quando fore hora dandare a possare ella lo prese per la mano e menollo in la camera sua e colgassene la nocte cun esso lui e stando la nocte cun lei in lecto elio mette la golta soa sul peto de la madre e dolcemente se dormie tuta la nocte in tal mainerà fina che fue fatto die E quando fo fatto die elio si voleva levare et uscire del letto et ella disse Or che volete vui fare non voli tue prendere altro diletto e solacco di me hai tu fatto per provarmi alora disse madre mia el non e digna consa e non si convene che io socci quello vasello del quale io usscie Alora la donna lo dimandoe chi elio era et elio disse madona io sono secondo vostro figiolo et allora ella lo riguardoe et rafiguroe e cognove che lerà desso et alora li vene si grandissimo dolore al cuore de la vergogna chela foe incontenente morta E questo secundo vegendo che questa sua madre era morta per lo suo parlare elle se ne diede questa penitencia e si se ne pose questa lege di non parlare mai più e cossi stette muto sempre a la vita sua e faseva miravigia in philosophia sovra tuti li philosophi che erano a quel tempo et in quello tempo limperatore adriano venne ad hatene per vedere le meravigie de questo philosopho e si lo fie venire a se e salutollo e secondo philosopho non li rispose allora disse limperadore philosopho parla si che alcuna consa noi imprendiamo da te e quello pur tage e non vole parlare alora limperadore foe malamente corecato centra lui e comando a uno di suoi cavaleri inanci a tuta quella zente che era ive presenti che al philosopho muto fosse tagiata la testa se elio non parlasse et in secreto disse al cavaliere tu lo menerai a la iustizia e lusingalo e menacalo e se elio parla o per losenghe o per menace incontenente lo remena qui a me allora lo cavalero lo prese e menollo a la iustixia e losingallo e menacollo si come limperadoro haveva comandato a lui e comincioli a dire philosopho perche non parli tu 224 FIORI DI FILOSAFI parla e viverai or laserai tu te morire per non parlare e quello non curando de morire venne a tanto chello era aconco che la testa li fosse mocc.a e mostrava che desiderasse la morte e non volse parlare ne per paura ne per minacce ne per consa che fatta li fosse allora lo cavaliere lo remenoe a limperatore e disse in secreto cun lui messere io non lo possuto tanto losingare ne mena?are ne tante paure fare che eo lo abia possuto far parlare Allora disse limperatore philosopho questa me pare una grandissima meravigia che tu non voi parlare ne per per menace ne per losinghe ne per paura ne per consa che io tabia possuto fare unde da che questa penitencia del tasere tu te ai data e questa lege tu voi menare e mantenere or duncha prendi questa tavola e scrivi cun la tua mano poiché cun la boccha tu non voi parlare et elio incontenente prese una tavola e scrisse in questo modo imperatore adriano io non ti temo perche tu sie signore tu me hai in tua bailia e poditemi ben ucidere e far morire se vui volete ma tu non hai podere de farmi parlare solo una piccola parola che de la mia bocha enscha Allora disse limperadore in verità ben te sei schusato ma io ti prego che alquante questione chio te dimanderò tu mi debie respondere e cossi scrisse primeramente dimandoe limperadore che consa fosse il mondo eco. eco. XXIX ORICENE Origine fue molto savio e fece molti libri. Tali son buoni e tali malvagi, perché pare che siano contra la fede de' cristiani. E disse buone sentenze, de le quali son qui scritte al­ quante. Troppo è folle chi contende di passare là ove vede che l'altro sia caduto e via è più folle chi non ha paura là ove vede Testo in E Lb Le Na Nb Ne Nd (6-9) Nf Ng Ra Rb Rd Vb (6-9) 1-5 Nd Vb om. i E Lb Nb Rb Rd om. Le Ra rigie philosopho Na origine fu savio homo Nd parole dorigine filosofo origine Ng orrigine 2 Le Ra rigie Nb o(.)ig(.)ne Le Ra s. philosopho Nb Rb assai 1. Nb di tali Nb Rb om. son 2-3 Le Ra 1. fra de quali a de buoni e de m. 2-4 E om. e fece... Cristiani 3 Nb Rb om. malvagi... siano Lb tali sono per altrui malitia Nf Rd tali rei e m. Le Ra che parlino 3-4 Lb La misericordia de cristiani Le Ra la nostra fé cristiana E Rb disse queste s. La Nf Rd disse molte s. Nb disse (...) s. Lb Na scripte qui Nf Rd om. scritte 4-5 E Rb om. de le... alquante Nb (...) Le Ra quali ne scritta alcuna appresso 6 Nb (...) folle E disse troppo Rb om. troppo Le Ra Vb chi crede p. E om. là Vb ove elli Nb om. vede che Rd om. che 6-7 Le Ra p. et vede laltro cadere 6-8 E om. che l'altro... vede 1' 7 Rd om. sia Le Ra om. e Nb om. via è Ne vive Rb om. via Ng via più folle e Nd Rb più e 1-5. Le prime cinque righe del testo sono un sunto di un lunghissimo brano latino, in cui fra l'altro si legge: «Origines mille et amplius tractatus... edidit... Multa et praeclara scripta reliquit... Originis inter hereticos habebatur...». 4-5. Varnhagen: «sono scripte qui aliquante», seguendo Na. 220 FI0RI DI FILOSAFI l'altro perire. Ma quelli è savio che diviene sollicito e maestro per la caduta delli altri. Le Ra om. là 8 E altri Le Ra perdere Nb caduto perire Le Ra om. ma Nf Rd doventa Vb adiviene 8-9 E om. ma... altri Le Ra maestro e sollicito Ng om. 9 Nb l(...)i caduta Rb per laltrui caduta Le Ra dellaltro amen finis Na aggiunge explicit liber filosoforum Nb aggiunge (..,)ino li fiori de filosafi e vita daltri savi imperadori (...)gno (...)nale (...)imo di colui che questo libro (...) fu gr(.)nde penitentia a s(...)verlo GLOSSARIO Nell'intento di documentare i valori lessicali del testo, il glossario accoglie, senza pretesa di completezza, ma nemmeno in base a criteri eccessivamente selettivi, voci che sotto vari rispetti linguistici (fonetico morfosintattico semantico) differiscono dall'uso moderno. Vocabolari, edizioni di testi antichi e studi linguistici adoprati per la necessità non richiedono individuali (e pletoriche) citazoni, in quanto costituiscono il normale armamentario della filologia italiana. Comodi elenchi d'opere, comunque, si trovano ad esempio nell'edizione Segre del Libro de' vizi e delle virtudi di Bono Giamboni (pp. xxxixxxvi), nell'edizione del Monte dei Conti di antichi cavalieri (pp. 157-8) e nell'edizione Bertolucci Pizzorusso del volgarizzamento toscano del Milione (pp. 477-85). Tra i glossari più utili mi limito a ricordare quelli di Aldo Menichetti e di Carlo Delcorno nelle rispettive edizioni delle Rime di Chiaro Davanzali (Bologna 1965) e del Quaresimale fiorentino 1305-1306 di Giordano da Pisa (Firenze 1974). Di valido aiuto infine gli Spogli Elettronici dell'Italiano delle Origini e del Duecento (Bologna, 1968 ss.). a, ad, come xn,i2, xvn,23,24, xxiv, aguaglianza, armonia xxviu,i27 191, da xx,18,149, in xx,93, verso, aguardatore, custode xxvin,8o nei confronti di xxvi,i4 agura, presaga xxvni,74 abassare, diminuzione xxvm,69 albitrio, arbitrio viu,26 abiturio, abitazione xx,i36, xxvm,8o allassare, stancare xxvni,i3o acatta, acquista vn,36 allegra, propizia xxv,34 acerbo, sdegnoso xx,63, brusco xx,io8 aliquante, alcune xi^.; aliquanti, alcuaconciare, conciliare xxv,35 ni xvn,24 acorrere, mettere in salvo xxiv,2i alluminare, illuminare xxv,2Ó adomandagione, richiesta xin,2i-2 alto, magnanimo xx,2i 2 3 0 amabole, amabile xx,i6^ amistà, amistade, amicizia vi,34, xiv, 11-2 ecc. ammisurate, moderate xxiv,i6o-i andamento, cammino xxiv,iÓ9 angoscioso, angusto xx,2o annovera, conta xxiv,2O9 antipensato, previsto xxiv,2^5 aopere, adoperi xvn,5 aperte, chiare xxv,25 aportato, portato xu,5 apressi, si avvicini vii,40 arbore, albero ix,i5-6 argoglio, orgoglio xx,32 artefici, abili xxiv,i45 asai, assai, a sufficienza xx,i2i, xxiv, 185 aspettamelo, attesa xxvin,io4 astetta, aspetta xxiv,197,250 avacciatamente, presto xxiv,io/ avaccio, rapidamente xix,6 avengano, addicono xxv,34 aventurati, fortunati xiv,4 avolterio, adulterio vi,3, xxiv,i6 bagnamento, irrigazione xxvni,io6 baroni, nobili xx,64 basole, basamento xxvm,75 boce, voce vin,n-2, xx,44, parola xxvni,56 bordone, bastone xxvin,8 briga, difficoltà xx,yo, xxiv,63; brighe, difficoltà xx,161,163 buscia, bugia xiil,u cagiono, cadono xx,58, xxiv,84 caldo, adirato vm,24 calogna, calunnia xxvm,97 calpitando, calpestando vili,16 campestre, campestre vii,17 cantevole, cantilenante xx,45 capelluzzi, capelli radi e fini vii,13 capere, entrare xx,77 carità, carica xxiv,99 cascione, cagione, motivo xx,n6, xxv, 53 catuno, ciascuno, xiv,9, xx,93 celebro, cervello xxvm,ii5 celliere, dispensa ix,3, xxvm,78 certano, sicuro xxiv,i56 cessare, allontanare xxiv,i84, evitare GLOSSARIO xxiv,i2o, xxviii,io6; cessa, allontana xx,i4 chiararsi, nobilitarsi, abbellirsi iv,4 chiaro, sfacciato xxiv,68 cieco, accecato 11,9 comandamento, ordine v,3 cominciar/tento, inizio vii,34,35, xxiv, 216 commise, affidò vm,26 compiere, esaurire xxvm,93 concardia: in e., di comune accordo VII,12 confondimento, confusione, perdizione confortarsi, ristorarsi, rafforzarsi xx,i2i congiurazioni, congiure xxiv,199-200 conoscimento, consapevolezza xxiv,2i6 consentimento, accordo xx,89 contendere, altercare xxiv,9o; contende, alterca xxiv,76, cerca, tenta xxix, 6; contendeano, contendevano, litigavano vn,6,io; contendente, aggressiva xx,44-5 contenzione, disputa 11,7, xx,9i-2 contr(a), invece xxiv,i94 coprire, dissimulare xxv,44; coperta, dissimulata xxiv,83-4 coronato, circolare xxvm,63 costringere, reprimere xx,i73-4 credenza, segreto xm,7,i4, fiducia xxiv,48 cuscino, cugino xxvn,3 cuscita, cucita, contratta xvn,2i de, deve xxiv,i55; dee, deve xx,4i, 44,50 ecc.; desi, si deve xx,85 desidera, ha bisogno xxiv,143,207 di, con xxiv,79 dibuonarità, gentilezza (d'animo) xx, 171 difende, impedisce xx,i4 diliberato, liberato xxvi,6i-2 diparta, estirpi xxiv,38 dipo, dopo xx,ioi, xxiv,245 diritto, giustizia xx,5o-i, xxvi,5, giusto xxv,18 dirizzamento, guida xxvm,72-3 discrezione, discernimento xxvili,no disdic(e), rifiuta xxiv,i52 diserte, in rovina 11,16 disinore, disonore x,24, xxi,28 GLOSSARIO 231 dispensa, rivolgi xxiv,54 dispregiamenio, disprezzo xxiv,129-30 distretto, meschino xx,2o dilava, componeva xix,6; aliasse, componesse XXII,IO-I dividifore, distributore xxvm,69 divinarne/ilo, presagio xxvm,74 dolci, melliflui xvn,24 druscire, scucire, sciogliere xvn,22 èe, è xxi,23, xxm,8 ecc.; fue, fu 1,2, 14 ecc.; issuto, stato xxiv, 135 egritudine, afflizione xx,i55-6 eternale, eterno xxvin,6i falli, manchi xxiv,n8 fare, sostenere m,6; fae, fa xi,i3 fascio, peso xxvii,12 favoleggiare, chiacchierare xn.i^-ó fede, lealtà xxi,2:5,26 fedite, ferite xixjo, xxiv,92 fedito, ferito xxiv,8 fermata, stabilita xx.QS fermezza, patto xx,84,85 folle, stolto xv,4, xxix,6, malvagio xvn,22, svanito xx,43; folli, stolti xv,5 follemente, malvagiamente X.2O forzamento, formazione xxvm,6o forte, difficile xx,i49 garrire, litigare vir,8; garriano, litigavano vii,6; garrendo, parlando con arroganza x,i9 gastigamento, punizione vili,26-7 gastigalore, castigatore xxn,8 generazione, specie, tipo xxiv,62, xxv, gentili, nobili gentilissimo, nobilissimo 11,2; gentilissima, nobilissima xx,i46 grandigia, boria, vanagloria xx,42 gradente, gradita xx,i78 grande, difficile xx,90 grato: di g., disinteressatamente xx, 171 grazioso, generoso xxn,5, gradito, ben visto xxiv,259 grotta, ciglio ix,i6 guardare, custodire vii,26, xxv,48, evitare xxv,i3, stare attenti xxiv,6o guardia, scorta xxiv,io, custodia xxvm, 115,117, conservazione xx,9o hae, ha xiv,9, xv,9 ecc.; ha, c'è xxiv, 104; abiendo, avendo vili,3 impreso, insegnato xxiv,39 impute, consideri xxiv,i23 in, di xxiv,30 incomprensibile, incontenibile xxvm, 66 incontanente, subito, di colpo xxvni, 26 increscimento, sofferenza xvii,26~7 inferma, si ammala xx,i28 infertà, infermità, malattia xx,i27 infollisce, impazzisce xxiv,4i-2; infoltisca, impazzisca xxiv,42 ingenerano, producono xr,29 inimisiade, inimicizia vii,35 iniziatori, provocatori xx,34 ionizzava, aizzava, provocava vn,8-9 intanto, tanto xxv,49 invisibile, invisa, odiosa xxvm,94 ischiavina, mantello xxvm,8 Sconvenevole, sconveniente xxiv,66 iscoperse, rivelò xm,23; iscopria, svelava, preannunciava xix,i2 isforzava, violentava xxiv,7 ismosso, provocato xxiv,68-9 isparò, sventrò xxiv,i4 istrugeva, opprimeva 1,4 instizia, patibolo xxvill,4O,43 labbia, volto VHI,9 laida, deturpa xxiv,236 laidissima, bruttissima xx,36 laido, brutto vn,3, xxiv,ii5; laida, brutta xx,35, xxi,i3, xxiv,2O5; laide, brutte xx,99 leale, reale xxvn,i7 leggier, legieri, facile x,i3, xxiv,44; legiere, volubile xx,43, xxi,7-8, avventata xxiv,47-8; leggiere, leggiero leggiermente, facilmente xv,4-5,10, xx, 34 ecc. letta, letti vili,15 levissimo, molto superficiale xxi,6 lievi, fatui (e ipocriti) xx,ii2 liscio, cura xx,^8 loda, lode xxiv,51,121 232 GLOSSARIO lusinghe, adulazioni xxiv,5i lusinghiere, adulatore xxiv,78; lusinghieri, adulatori xxiv,i45 maestrale, insegnamento xxiv,27 magagnato, deturpato xxi,9 magiorenti, predecessori, antichi xix,8 magiari, superiori xxiv,i46 malagevole, difficile xxn,n malaventurato, sventurato, infelice xx, 145 malificio, delitto vili,33 malitia, malattia xx,i8o malivoglienza, cattiva disposizione manuca, mangia xi,2o marcennaio, (uomo) di vile affare xxi, 8 mediocrità, semplicità xx,39 menovare, diminuire xx,172-3; menavi, diminuisca xx,i22 mercatanzia, commercio xx,i68; mercatanzie, affari xx,77 meritato, ricompensato xxvi,i3 ministro, somministratore, fonte xxvin, 92 mistieri: fa m., m. è, è necessario xn, IO, XXV,5,28 mo', modo xx,i69 modo, misura vni.a^j moltipricare, moltipllcare, accrescere xni,13 morto, ucciso xix,9,n, xx,^7, xxvi,6 mostramelo, indizio xxiv,224 mostralori, rivelatori xxvm,ii4 'nanzi, innanzi xxiv,245 navicanti, naviganti, marinai xxvin, 73 né, nemmeno xxvni,io neente, per nulla xxvni,54 'nfinga, finga xxiv,i57 'ngiuria, offesa x,24, xx,i4; 'ngiurie, offese xxiv,89 ninferno, inferno xxvin,76 nocevoli, nocivi, dannose xxiv,io9 notava, dava fastidio xxiv,2o nudrire, educare xxvn,i4 nudritura, educazione xxiv,37 offensione, offesa vm,24-^; offensioni, offese xxiv,89 oste, ospite xxvin,8i otta, ora Xiv,i3,i4, xxiv,9 palaseli, palazzi 111,7 pareano, apparivano chiaramente 111,9 parte, divide xx,56, scioglie xx,9i partita, parti, luoghi xxiv,2o passa, sopporta xvj, xxiv,2;5o; passalli, li tollerano xx,iÓ2 pecora, bestiame xx,i69 pélallo, lo pelano, gli strappano i capelli vii,13 pentere, pentirsi vn,28 per, come vii,15, xxvm,7, grazie a xm,3, con xvii,io, da xxvi,35 perpetue, immortali xvn,26 piacendiere, adulatore, compiacente xxi,6 piano, benigno xxn,4, xxiv,88 pieno, appagato xxiv,203 piuvica, pubblica xxv,3 pompa, ostentazione xx,42 popolani, volgo xxiv,26o porpore, porpora xxvinji pratora, prati, campi xx,iÓ9 prencipe, signore 1,3, xxv,28; prendpi, signori xxiv,86-7 prendente, avida xxi,8 prendere, scegliere xxiv,27, circuire xxiv,i45; prese, scelse xxvi,56 primato, primo xix,2; prima', precedenti xxiv,99 primiere, per primo xxvm,35 provedi, prevedi raconciare, migliorare, promuovere xx, 95 rafigurollo, lo riconobbe xxvm,25 rangole, fastidi, preoccupazioni xxvm, 96 ravolte, storte vii,5 reche, ascrivi xxiv,i23 regimenti, azioni, modi di comportarsi xx,i65 reparata: fa r., pone riparo xx,26-7 repenti, violente xxiv.ióo resolvimento, corruzione xxvm,io7 reta, reità, malvagità vili,34, xxiv,73 reddere, rendere xxvi,i4; reddi, rendi GLOSSARIO 233 redirc, ritornare xxv,2o; rledi, ritorni xxvi,9; reddirò, ritornerò xxvi,8 ricapitare, calpestare nuovamente vili, 18 rincalzate, camuse VH,4 riprensione, rimprovero xx,io8 rivalla, svolta xxv,2i roba, vestito xxiv,i4 romeo, pellegrino xxvm,8o rubeìlavano, ribellavano xm,i4 sanlade, salute xx,i78 saramenlo, giuramento xx,84 scherma, assurdità xx,i24; scherme, dileggi xxiv,44 schifare, evitare, fuggire xx,i9,31,111, 163 scipitezze, scempiaggini, stupidità xn, *5 secolo, mondo iv,2, xx,3i, vita terrena xx,i6i sentenza, giudizio xx,8o-i, xxiv,i2^; sentenze, opinioni, giudizi xn,i4 servente, serve xxvin,i2, servo xxvm, 80 sic, così xxiv,178 soave, dolcemente xxiv,29 sofferire, ammettere xv,8; sofferse, permise ix,17, xxvii,18 soperbio, superbo, altezzoso xxiv,68 soperchiante, prepotente xxi,6-7 sopressa, opprime xxvn,i2; sopressata, repressa vn,4o sozzissimo, bruttissimo vii,io stremo, estremo, ultimo xiv,i2 stemperamento, agitazione xm,2o sugiugava, sottometteva xx,3-4 tascheIta, piccola bisaccia ix,3-4 temporale, tempo vii,2; temporali, tempi xXjijS tener(e), mantenere xiv,ri tenore, durata xxvm,61 tensioni, libelli, esercitazioni di polemica xxi,3 terre, città xii,6 testimonio, testimonianza xx,i 38, xxiv, 53>i56 tostamente, rapidamente xxiv,84 trapassante, di passaggio xxvm,8o-i; trapassanti, passanti xx%48 travagliata, mutata xx,49 tuttavia, sempre XI,11,12,13 usa: u. con, frequenta xxiv,i87 tittilitadi, patrimonio 111,5 vasello, matrice xxvm,23 vega, vegga, veda xx;45 vegnoro, vengono xx,i29; vengorli, gli vengono vm,i2 venerevole, venerabile xxiv,20i vicende, affari, faccende vn,2i villa, luogo vili,2r voita, vuota xxjp volge, ruota xxvm,6o, inquina, corrompe xxi,20 volontà, voluttà, piacere vm,23,32-3, 34, xi,7,i5, xvii,i2,i2-3, xx,7i, xxiv, 241 INDICI INDICE DEI NOMI PROPRI Academia, vin.zi Addano, xxvii,i,2; xxvm,33,49,54 Africa, v,4 Africano, va. Scipio A. Agosto, vd. Attaviano A. e Cesare A. Alessandro, ix,/; xm,4; vd. anche Al- lessandro Allessandro, ix,9; vd. anche Alessan­ dro Aristotile, x,i,2; xn,2,3,5 Attaviano Agosto, xxn,i,2 Attena, 11,4; xxvm,3?,4 Baldo, vd. Lucio B. Bruto, m,2 Campidoglio, in,8 Cato, xvu,i,2,9,15,21,26; xviii,2 Cesare, xiv,3; xxvn,i8; vd. anche lulio C. Cesare Agosto, xxvnj Democritei, 11,1,2 Diogene, vni,i4; ix,i,2,6,8,io,12 Empedocles, iv,i,2 Epicurio, xi,i,2 Francia, xvi,2 Gheugorio, xxvi,60-1,64; vd. anche Gheugoro, Greugorio, Grigorio Gheugoro, xxvi,5i-2; vd. anche Gheugorio, Greugorio, Grigorio Grecia, ix,4; Grande G., 1,7 Greugorio, xxvi,38; vd. anche Gheugorio, Gheugoro, Grigorio Grigorio, xxvi,23,26,28,39r49,66; vd. anche Gheugorio, Gheugoro, Greu­ gorio Ipocrate, ¥1,1,2,4 Iscipio, xiv,13; vd. anche Scipio Afri­ cano Italia, 1,6 Tulio Cesare, xix,i,2 Lesbio, xn,4,7 Lucio Baldo, xxiv,i7i Marco Varrò, xxiii,r,2 Marzia, xvm,i,2 Menedemois, xir,4 Nero, xxiv,2 Origene, xxix,i; vd. anche Origine Origine, xxix,a; vd. anche Origene Papirio, xni,1,2,5,23 2 3 8 INDICI Pittagora, 1,1,2,8,10,14,17 Piato, vm,i3,24; va. anche Fiatone Fiatone, vili,i,2,4,19,20,28,32; x,2; va. anche Piato Plauto, xv,i,2 Quintiliano, xxv,i,2 Rodo, xn,5 Roma, 111,2; v,2; xin,2,13,16; XIX,7; xxi,26; XXIV,19,32-3; 3; xxvn,6 Romani, 111,7; XIIr>3 xiv,2; XXV,2, Salustio, xxi,i,2,_5,n,i7 Samo, 1,3 Scipio Africano, xiv,i,2; Iscipio va. anche Secondo, xxvin,1,2,24,27,48,53 Seneca, ix,6; xxiv,i,2,24,34,i49 Socrate, vii,i.2; vin,2,3,8,8-9 Spagna, xxv,2 Stazio, xvi,i,2 Teofarasco, xn,i,2,4,7 Torquato, v,i,2 Traiano, xxvi,2; xxvn,3; va. anche Troiano Troiano, xxvi,i,^9,6i; va. anche Tra­ iano Tulio, xxi,2,5; va. anche Tullio Tullio, xx,1,2,137; xxi,3,u; vd. anche Tulio Valerio, 111,1,2,7 Varrò, vd. Marco V. INDICE DELLA BIBLIOGRAFIA Abate G., 28 Ageno Brambilla F., 2, 54, 104, 119- 21, 124, 131, 134, 136-7, 149-50, 152, 154, 159, 162, 167, 172, 184-5, 197, 199, 203, 218 Alessio G., i AppelC., 137 Arese F., 25 Avalle D'A. S., 54, 75 Baldassarro L., 50 BaldelliL, 2, 86, 89 Bandirà A.M., 2, 15, 29-30 Barbi M.,2, 15, 49-50, 54, 56, 86, 89, 180 Baronci G., 20 Battoli A., 3, 12-3, 19, 26, 36 Battaglia S., 1,42 Battisti C., i Bellini B., 2 Belloni G., 54 Benedetto L.F., 12 Bertolucci Pizzorusso V., 3, 12, 55, 229 Besthorn R., 3, 37, 47-8, 95 BezzolaR.R., 3, ni, 115, 120, 124, 137, 142, 148, 154, 160, 167, 193 BiagiG., 3, 14-5, 48, 62 Bianchi E., 129 Billanovich G., 26 BlakeyB.,82 Boni M., 82 Bostrom I., 137 Brambilla Ageno F., va. Ageno Brambilla F. Branca V., 42, 54-5 Brodin G., 108 Brummer R., 43 Brunel C., io Busnelli G., 113 Cappelli A., 3, 22-4, 34, 43, 94, 96, 119, 179, 181, 203 Cardona G.R., 3 Casini T., 84 Castellani A., 2-3, 11, 85-9, 92, 160 Castellani PollidoriO., 3, 108 Ceniti A., 33 Contini G., 54 Corominas J., 209 Corti M., 23, 178 Crespo R., 3, 85-7, 91, 107-8, no, 128, 153, 159 Crivellucci A., 32 Curtius E.R., 37 D'Agostino A., 3, 20, 26, 35, 208 Daly L.W., 97 D'Ancona A., 2-3, 27, 96, 136 DardanoM., 4, 9, 28, 42-3, 48, 86, 89, 97, 107-8, 112, 115, 119-20, 122, 240 INDICI 133, 137, *54, 165, 183 De Felice E., 115 Delcorno C., 42, 229 Del Monte A.,4, 43-4, 54, 75, 111,229 De RobertisD., 4, 15-6, 18 Di Capua F., 42 Dionisotti C., 40 Durante M,, 3, 85,132 Echard ]., 29 EhrlihoizerKP., 213 Elwert W.T., 107 Fiibricius J.A., 29 Favati G., 4,33,47,61,107 Flutre L.F., 140 Polena G., 5,40 Fossi F., 13 Fournier P., 29 Fourrier A., 40 Frankel H., 54, 65 Franceschi T., 103 Francescani E., 26 Frati C., 19 Garcia GóraezE., 114 GasparyA.,4, 19, 26, 95 Gazzani A., 11 Godefroy, 4,166 Grasse Th., 36 Graf A., 4, 19, 26-7, 37, 49, *44- 146, 150 Guzman G.G., 28 Herczeg G., 156 Hervieux L., 28 Hilka A., 97 Holder-Egger O., 29 HopeT.E., 4, 103, 123, 126, 135, 154, 166 Huber-Sauter M., 182 Hultenberg H., 120 Iselta D., 50 IveA., 23, 84 Klinck R., 140 Knust H.,4i, 51 Konrad R., 175 KontziR., 173,185 Langlois Ch.-V., 62 Lemoine M., 28 Lequien M., 36 Levasti A., 36 Levy E., 2 Lichtenhahn A., 106 Limentani A., 4, 85-6, 88-9 Loach Bramanti K., 92,103 Lofstedt L., 54 Lommatzsch E., 2 Lo NigroS., 4, 25, 48, 97, 105, 108, no, 130, 132, 142, 151-2, 155, 158- 60, 163, 178, 184-5, I9I> I93> I95, 203 Lopez Estrada F., ni Lucchesi V., 107 LuisettoG., 28 Maas P., 54 Màder R.C., 211 MagginiF., 3, 98, nò-i, 158 Manuzzi G., 43 Marichal R., 54 Marigo A., 26 Marti M., 25 MazzatintiG.,4, io, 14 McCarthy J.M., 26 Meersseman G.G., 179 Menéndez Pidal R., 39 Mengaldo P.V., 133 Menichetti A., 229 Mentellin J., 2, 27 Migliorini B., 84 Monaci E., 25 Monfrin J., 40 Monleone G., 36 Monteverdi A., 47 Morelli J., 98 Merino A., 88 Morpurgo S., 4, 13-4, 16-9, 24 Mortara A., 20 Mullach F.G.A., 97 Mussarla A., 23 NannucciV., 4, 12, 21-4, 34, 48-9, 94- 6, 105, 115, 119, 175, 181, 203 Nencioni G., 88 Ortega y GassetJ., 114 Pagani "W., 107 Palermo F., 4, 22-4, 94, 96, 104, 113, INDICE DELLA BIBLIOGRAFIA 241 115, 119, 146, 179, 181-2, 189, 196, 198 ParisG.,5, 26-8, 48 Parodi E.G., 5, 86, 87-8, 118, 120, 143, 193, 206 Pascal C., 175 Pasquali G., 54, 75 Perry B.E., 97 Pestelli-Gori V., 5, 104, 171, 196 PetronioG., 133 Pieri S., 5, 86 Poppe E., in Potthast A., 28 Prandi M., 26 Prati A., 2 Quétif J., 29 RenierR., 23,96 Rezzi L., 98 Rohlfs G., 5, 84, 86, 88-9, 92> IO3-4> 107, 117-8, 120, 123, 125, 127, 139, 146-7, 149-50, 157-8, 161, 166, 178, 182-3, 187, 189, 192-3, 198-200, 203- 4, 211, 216 RolinG., 169 Roncaglia A., 54 RostagnoE., 11 Ruggeri R.M., 150 Ruhe E., 181 Rychner J., 203 Samaran Ch., 54 Santovito E., 24 Savj-Lopez P., io, 84 Scarpati C., 26 SchiafEni A., 2, 84, no Schlapfer R., 105 Segre C., 4-5, 25, 40, 58, 62, 69, 75, 82, 97, 103-4, I07> IIO> XI8-9, 122- 4, 141, 154-5, J69, 176-8, 207, 211, 218, 229 Serianni L., 5, 85, 88 SiggM., 118,126 Skerlj S., 122 Sneyders de Vogel K., 140 Sorio B., 96 Sorrento L., 115 Starobinski J., 54 StengelE., io Sticco M., 36 Stierle K., 42 StigallJ.O,5i Suchier W., 97 Sundby T., 96 Szòvérfry J., 27 Targioni Tozzetti G., 12 TekavcicP., 5, 118, 125, 134, 139, 157, 182 Tobler A., 2 Tommaseo N., 2 Totok\V.,5i TrolliD., 5, 89, 108, 124, 133, 157, 159, 166 Ulleland M., 137 UllmanB.L., 28 VandelliG., 113 VarnhagenH., 5, 9-10, 12-3, 19, 21, 23-31, 33-5, 38, 40, 46-8, 50, 84-5, 94, 96, 104, 106-8, no, 112-3, IX.5" 9, 123-6, 128-30, 132-3, 137, 141, 145-8, 151, 155-6, 158, 160-3, 167, 171, 176-93, 195-203, 206-7, 209-19, 225 Vàrvaro A., 45, 54-5, 83 Vasoli C., 26, 51 Vincenti E., io, 43 Vitale M., 196 Waitz G., 37-8 Warmington B.H., 175 Wartburg (von) W., i Welter J.-Th., 42 West M.L., 54 ZingarelliN.,4 Composizione e stampa della tipografia Paideia Brescia, ottobre 1979