L (Iii EPOCA IO GUERRE E FASCISMO 1910-1945 tramonto, vanite le tempeste della possibility20. EĽa aveva tanto imparato, tanti libri letto! Alia piccola lucerna lo Shakespeare: e ne diceva ancora qualche verso, come d'una stele infranta si disperdono smemorate sillabe, e giä furono luce della conoscenza, e adesso l'orrore della notte21. Nel cielo si erano dissipati i vapori, e i fumi, su dalla strozza de' camini, di sotto pen tola, delle povere cene della gente. S'erano dissoluti come una bontä della terra: incontro alia Stella vesperale, per l'aria azzurrina del set-tembre: su, su, dov'e la bionda luce, dai camini neri; che si adergono con vigore di torri al di la dell'ombre e delle inazzurrate colline, dietro alberi, sopra i colmigni lontani delle ville22. Aveva udito il rotolare del třeno... il fischio d'arrivo23... Avrebbe voluto che qualcuno le fosse vicino, all'awicinarsi della oscurita. Ma il suo figliolo non appariva se non raramente sul limitare di casaH ma comunque presenti (soprawissuti ai capricci della fortuna), si spargono (effu-si: forma colta dal verbo, giä di uso lette-rario, «effondere») sulla sua fronte senza carezze, come quelli del protagonista della tragédia di Shakespeare. 20. le tempeate della possibility: durante la tempesta, precedentemente scatenatasi sulla casa, tutto era parso poter accadere - cosi come nella vita si erano intraviste tante ipotesi raai poi verificatesi. Ora questa tempesta concreta, meteorologica, cosi come quella metaforica dei casi della vita, sono entrambe vanite, scomparse, dall'orizzonte della Madre: al tramonto, della giornata e della vita. 21. come d'una stele ... della tiotte: le me-morie letterarie (nello specifko, appunto lo Shakespeare) della madre appaiono framtnentarie e quasi illeggibili come le incisioni con parole indecifrabili su una stele anticbissima che sia stata ritrovata infranta in qualche deserto: le parole del classico sono ridotte a smemorate sillabe, mentre nella pienezza della lettura erano state luce della conoscenza; di tanto studio e di tante letture non resta ora che l'an-goscioso orrore della notte. 22. Nel cielo ... delle vdle: sulla base di una probabile eco virgiliana (il celeberri- mo finale delVEcloga I, 82-83: «Et iam summa procul villarum evdrnina fumant / maioresque cadunt altis de montibus ran-brae» ("E gia lontano fumano i tetti dei casolari / e piu lunghe dall'alto dei monti discendono le ombre"), trad, di L. Cana-li), Gadda dipingc lo svanire delle ultime luci del crepuscolo su una doppia, estre-mamente suggestiva, processione di vapori: nel mentre si disperdono (dissipano) nel cielo quelli della tempesta, salgono dalle case ifumi dalle bocche (strozza) dei camini neri, che indicano come di sotto, dentro le case, nelle pentole si stiano pre-parando lepovere cene: i fumi si dissolvo-no (con crudo latinismo, dissoluti) come un'esalazione positiva (una bonta) della terra; e salgono su nell'aria limpida, sino alia Stella vesperale, il pianeta Venere os-servabile al crepuscolo, dove resta un'ul-tima lama di bionda luce; i camini neri dal canto loro si innalzano {adergono), con la forza di vere e proprie torri, sporgendo alia vista al di la degli alberi c delle colline, inazzurrate dal calare dell'ombra, in cima ai tetti (colmigni) delle ville. 2}. Aveva udito ... d'arrivo: dalla villa dei Pirobutirro, cosi come da quella dei Gad-da a Longone al Segrino, e possibile udi-re il fischio d'arrivo e il rotolare del treno. Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana II commissario Ingravallo (I) II romanzo inizia con la presentazione del protagonista, l'ispettore di po-lizia di origine molisana comandato alia mobile (cioě assegnato aOa squa-dra mobile) Francesco Ingravallo: portavoce di Gadda si, ma con minore esclusivitä e concentrazione lirica del Gonzalo della Cognizione, dato che nel Pasticciaccio i caratteri autobiografici sono distribuiti tra vari perso-naggi, rra i quali spicca soprattutto uno dei testimoni interrogati da Ingravallo, il Commendator Angeloni, che di Gadda ě anche un ritratto fisico (mentre Ingravallo, come si vedrá, non gli assomiglia affatto). Seguendo gli usi della narrativa naturalistica, si descrive ľaspetto fisico del perso-naggio (con alcuni tratti deformanti e leggermente caricaturali) e si indicano in generále le sue abitudini, insistendo in particolare sui suoi rapporti con la padrona di casa. L'immagine della vita nella pensione reca traccia del breve periodo di permanenza a Roma di Gadda, a meta degli anni Ven-ti, che servi (insieme a un piů lungo periodo alľinizio degli anni Tretita, quando lavorô come ingegnere presso la Cittä del Vaticano) alio scrittore per orchestrare (durante la sua permanenza a Firenze, dal 1940 al 1950) l'ambientazione del suo romanzo «romano»: un periodo effettivamente fit-tissimo di traslochi da pensione ad alberghetto, da camera ammobiliata a stanza in coabitazione, durante il quale ľautore non faceva che lamentar-si per lettera delle sue varie padrone di casa. Dopo questi dati di tipo «naturalistico», non privi di risvolti autobiografici (anche neWandatura greve e dinoccolata del personaggio), si passa a definire ľoriginale carattere della saggezza, la concezione del mondo legata alia sua esperienza di investigatore, in cui pero la problematická dell'inda-gine poliziesca diventa segno piú generále della problematická della conoscenza, secondo le linee tracciate da Gadda fin dalla Meditaztone milanese. Ingravallo ha una sua teória delle catastrofi, dei mutamenti improwisi (che oggi puô far pensare alia «teoria delle catastrofi» del matematico francese Le indagini di un commissario, segno della problematická della conoscenza 69Š Ii gomitolo ^ del pcnsiexo che iispecchia É Íl disordine ™ EPOCA IO GUERRE E FASC1SMO 1910-1945 René Thom, 1923-2002), che si svolgono da una molteplicitä di cause, alle quali si conviene l'immagine dello gliuommero o gliommero, gomitolo o gro-viglio. In questa immagine convergono epistemologia e letteratura: essa mo-stra come la ragione del mondo non possa essere che deformata e stravolta, come ogni sua interpretazione non possa essere che aggrovigliata e ambi-gua; e nello stesso tempo rinvia ad una particolare forma poetica speri-mentale e popolaresca diffusasi nella letteratura colta della corte aragone-se di Napoli, detta appunto gliommero (e coltivata, tra gli altri, anche dal Sannazaro: cfr. 3.6.5 e GLOSSARlo), i cui caratteri di narrazione incalzante, piena di giochi allusivi che si succedono per vorticosa associazione, si atta-gliano perfettamente al romanzo gaddiano, esso stesso gomitolo, svolgi-mento di dati convergenti, pastiche linguistico (cfr. GENERl E TECNICHE, tav. 260) che rispecchia il pasticciaccio del reale infinitamente interconnesso, ine-stricabilmente aggomitolato, nel quale il «fattaccio» giallo viene a produr-si. Ma queste idee filosofiche di Ingravallo suscitano le critiche dei suoi col-leghi, i quali denunciano la loro astrattezza e la loro scarsa rispondenza con le necessitä pratiche, con la determinata concretezza del lavoro investigati-vo. Ma il commissario, con il suo «filosofare a stomaco vuoto» e la sua «mezza sigheretta, regolarmente spenta» resta come sospeso sul piano del reale, tra le difficoltä della conoscenza, la necessaria indeterminazione sot-tolineate dalla sua teoria (che per Gadda corrispondono alla difficoltä e al-l'indeterminatezza della rappresentazione che la letteratura puö dare della realtä), e il mondo pleno di oggetti, di materia, di fatti in cui egli deve muo-versi nel suo lavoro e in cui si muove lo stesso scrittore (un universo la cui evidenza «materiale» ě qui sottolineata dalla stessa presenza delle forme dia-lettali, nel linguaggio di Ingravallo e in quello del narratore). [EDEIONE: Opere di Carlo Emilio Gadda, edizione diretta da D. Isella, I, Romanzi e rac-conti, IT, a eura di G. Pinotti, D. Isella, R. Rodondi, Garzanti, Milano 1989] Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio'. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei piú giovani e, non si sa perché2, invi-diati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi3, ormipresente su gli affari tenebrosi4. Di statura media, piuttosto rotondo della persona5, 1. don Ciccio: tipico adattamento dialet-tale dei nome di battesimo Francesco, su-scitato dal suo modo di parlare, singulare e vivacissima mistura di napoletano e molisano. 2. non si sa perebe: gia da questo rapidis-simo inciso e dato riconoscere alcuni dei caratteri della voce narrante dei romanzo, apparentemente esterna e obiettiva come nel romanzo tradizionale ma conti-nuamente coinvolta, dal modo di parlare dei vari personaggi o dal loro atteggia- mento. In questo caso, essa aderisce al modo di vedere la propria posizione da parte dello stesso Ingravallo, che non si considera molto invidiabile. 3. ubiquo ai casi: Ingravallo ba la facolta misteriosa di indagare su phi casi con-temporaneamente: pare avere insommail dono miracoloso dell' ubiquitd. 4. gli affaxi tenebrosi: i casi cui si interes-sa Ingravallo sono tutti tenebrosi, fatti per incuriosirc il suo animus speculative 5. della persona: nella corporatura. T10.9 CARLO EMILIO GADDA. QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA o forse un po' tozzo, di capelli neri e folti e cresputf4 che gli venivan fuori dalla meta della fronte quasi a riparargli i due bernoccoli metafísici dal bel sole d'Italia7, aveva un'aría un po' assonnata, un'andatura greve e dinoc-colata, un fare un po' tonto come di persona che combatte con una labo-riosa digestione: vestito come il magro onorario statale8 gli permetteva di vestirsi, e con una o due macchioline ďolio sul bavero, quasi impercetti-bili pero, quasi un ricordo della collina molisana9. Una čerta praticaecia del mondo, del nostro mondo detto «latino»10, benché giovine (trentacin-quenne11), doveva di certo avercela: una čerta conoscenza degli uomini: e anche delle donne. La sua padrona di casa lo venerava, a non dire adora-va: in ragione di e nonostante quell'arruffio strano ďogni trillo e ďogni busta gialla imprevista, e di chiamate notturne e ďore senza pace, che for-mavano il tormentato contesto del di lui tempo12. «Non ha orario, non ha orario! Ieri mi ě tornato che faceva giorno!» Era, per lei, lo «statale di-stintissimo» lungamente sognato, preceduto da cinque A sulla inserzione del Messaggero, evocato, pompato fuori dalľassortímento infinito degli statah con quelľesca della «bella assolata affittasi» e non ostaňte la peren-toria intimazione in chiusura: «Escluse donne»: che nel gergo delle inser-zioni del Messaggero offre, com'ě noto, una duplice possibilita ďinterpre-tazione'3. E poi era riuscito a far chiudere un ocehio alla questura su quel- Ä99 6. cresputi: ricci. 7. quasi a riparargli ... ďltalia: la folta ca- pigliatura protegge dal bel sole ďltalia le ossa parietali del cranio di Ingravallo che si ispessiscono convesse ai due lati della fronte (ironicamente indicati come bernoccoli metafísici, forse alludendo ai si-gnificati metafísici attribuiti ai dati fisio-logici dagli antichi trattati di fisiognomi-ca o ai modi della pittura novecentesca detta appunto «metafisica»). 8. il magro ... statale: lo sripendio. 9. quasi ... molisana: ironico accenno alla grassa cucina del natio Molise. 10. Una čerta ... «latino»: la pratica da «uomo di mondo» (ironicamente limita-ta al solo mondo detto latino) distingue nettamente Ingravallo da Gadda (come la subito dopo dichiarata conoscenza delle donne). ri. trentacinquenne: nel 1927, anno nel quale ě collocata da Gadda la vicenda del Pasticciaccio, lo scrittore aveva 34 anni. 12. in ragione ... tempo: la vita disordina-ta delľinquilíno Ingravallo, un arruffio (deverbale da arruffare, «scompigliare, rurbare») di telefonáte improvvise {ogni trillo... chiamate notturne) e arrivi im-previsti di posta (ogni busta gialla) che organizzano le partizioni del suo tempo (il suo tormentato contesto), delizia la sua padrona di casa che venera o forse adora il giovine ispettore. 13. preceduto ... ďinterpretazione: la padrona dicasa, alla ricerca di inquilini, aveva fatto pubblicare un'inserzione al ri-guardo dal quotidiano romano 11 Messaggero (preceduta come ě ďuso da un certo numero di A per anteporla, nell'or-dine alfabetico, alle inserzioni Concor renti). E stata dunque l'inserzione, in cui si vantava la stanza in offerta bella e assolata, ad attirare secondo la signora il di-stintissimo Ingravallo, evocato, - addirit-tura, con espressiva metafora - pompato fuori da! numero (assortimenlo) infinito di statali (evidentemente meno distinti): in ragione di e nonostante la condizione, iudicata come un vero e proprio ordíne (perentoria intimazione), di tener lontane le donne (ma la dizione Escluse donne, aggiunge la voce narrante, nel linguaggio del quotidiano, «offre una duplice possibilita ďinterpretazione*: a donne sole non ě permesso prendere in affítto una stanza; oppure: agli inquilini non ě permesso invitare esponenti delTaltro sesso nel proprio alloggio). 99999999^ 700 EPOCA io GUERRE E FASCISMO 1910-1945 T10.9 CARLO EMILIO GADDA. QUER PASTICC1ACCIO BRUTTO DE VTA MERULANA la ridicola storia delľammenda... si, della multa per la mancata richiesta della licenza di locazione... che se la dividevano a meti, la multa, tra go-vernatorato e questuraI+. «Una signora come me! Vedova del commenda-tore Antoníni! Che si puô dire che tutta Roma lo conosceva: e quanti lo conoscevano, lo portavano tutti in parma de mano15, non dico perché fosse mio marito, bon'anima!16 E mo1? me prendono per un'affittacamere! Io affittacamere? Madonna santa, piuttosto me butto a fiume.» Nella sua saggezza e nella sua povertä molisana, il dottor Ingravallo, che pareva vivere di silenzio e di sonno18 sotto la giungla nera di quella par-rucca, lucida come pece e riccioluta come ďagnello d'Astrakan19, nella sua saggezza ínterrompeva talora codesto sonno e silenzio per enunciare qual-che teoretica idea (idea generále s'intende) sui casi degli uomini: e delle donne20. A prima vista, cioě al primo udirle21, sembravano banalita. Non erano banalita. Cosi quei rapidi enunciati, che facevano sulla sua bocca il crepitio improvviso d'uno zolfanello illuminatore, rivivevano poi nei timpani della gente a distanza di ore, o di mesi, dalla enunciazione: come do-po un misterioso tempo incubatorío22. «Giä!» riconosceva ľinteressato: 14. E poi era riuscito ... questura: il fun-zionario di polizia aveva fatto cbiudere un occhio alia questura su qualche piccola contrawenzione di cui la signora si era resa colpevole nel proprio esercizio di lo-cataria (la «mancata richiesta della licenza di locazione», il gettito della cui multa veniva diviso equamente tra la questura e ľ autorita civile, che allora era il governa-torato della cittä); non mai, dirä adesso lei stessa, di ambigua affittacamere. Giä in questa frase, che precede il discorso diretto (aľľinterno del quale la signora farä ricorso a un certo punto direttamen-te al dialerto romanesco), si ě infiltrato un idiotismo tipicamente romano (ľuso irn-proprio del che in dizione emotivamente connotata in senso esclamativo: «che se la dividevano a meta»). 15. Che si puö ... de mano: ľesprcssione «portare in palma di mano» (deformata nella fonetica romanesca: parma de mano) ě appunto una locuzione popolare per «stimare, rispettare, ossequiare». 16. bonanima!: altra locuzione popolare, in convenzionale omaggio alla memoria di un defunto, 17. mo: adesso. 18. pareva ... di sonno: e di poco altro, «nella sua povertä ruolisana». 19. sotto la giungla ... d'Astrakan: la foka capigliatura di Ingravallo viene subito íperbolizzata dalľaggressivitä linguistica e dalla liberta visiva di Gadda, che rag-giungono nel Pasticciaccio livelli inauditi: ě divenuta una gmngla, una foresta tropi-cale inestricabile e oscura {nera) e una parrucca (ě infatti cosí compatta e densa da sembrare posticcia); e lucida come pece (il denso e nero materiále bituminoso usato per incatramare le superfici esposte alle intemperie); é arricciata e irsuta come la lana pregiata deľľagnello di razza asiati ca prodotta nella cittä russa di Astrakan. 20. degli uomini: e delle donne: ě la se-conda volta in questo tncipit che si ripe-te questo sintagma, come ad alludere a una speciále conoscenza delľuniverso femminile. 21. cioě al primo udirle: corregge jronica-mente la precedente espressione comune a prima pista, naturalmente improptia per gli enunciati, verbali, di teoretické idee da parte di Ingravalio. 22. quei rapidi ... incubatorio: i teoremí delľispettore molisano, pronunciati con secchezza e rapíditä tali da parere il suo-no {crepitio) prodotto dal fosforo (con-venzionalmente associato alľintelligenza) del fiammifero {uno zolfanello illumina-tore) nelľaccendersi dopo essere stato sfregato contro una superficie ruvida, hanno la proprieta di risuonare in chi lí ascolta {nei timpani della gente) a distan- «il dottor Ingravallo me l'aveva pur detto.» Sosteneva, fra l'altro, che le mopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'e£fetto che dir si vo-glia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vorti-ce, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicitä di causali convergenti2'. Diceva an-che nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo24. Ma il termine giuridico «le causali, la causale»15 gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia. L'opinione che biso-gnasse «riformare in noi il senso della categoria di causa» quale avevamo dai.filosofí, da Aristotele o da Emmanuele Kant20, e sostituire alia causa le cause era in lui una opinione centrale e persistente: una fissazione, quasi: che gli evaporava dalle labbra2? carnose, ma piuttosto bianche, dove un mozzicone di sigaretta spenta pareva, pencolando da un angolo, accom-pagnare la sonnolenza dello sguardo e il quasighigno, tra amaro e scettico, a cui per «vecchia» abitudine soleva atteggiare la meti inferiore della fac-cia, sotto quel sonno della fronte e delle palpebre e quel nero piceo della parrucca28. Cosi, proprio cosi, aweniva dei «suoi» delitti. «Quanno me za di muko tempo dalla emwaáZiůne: tin tempo in cui le idee di Ingravallo, inízial-mente poco comprensibili o apparente-mente delle banalita, maturano e si chia-riscono nel loro senso profondo: come un feto che cresca e prenda forma durante la gestazione («un misterioso tempo mcubatorio»). 23. Sosteneva, ... convergenti: il periodo contiene il succo delle convinzioni filosofické di Gadda, cosi come sono tratta-te nella Meditazione milanese. Gli avve-niinenti osservabili nella reatta sono defí-niti catastrofi e non hanno, per Gadda come per Ingravallo, una causa al singolare, ma sono invece prodottí da «una molteplicitä di causali convergenti» (come in fisica meccanica ľincontro di vet-tori di forza vôlti in diverse direzíoní produce un unico vettore dalla direzione composita), per cui ogni evento ě con-nesso in realtä a tutti gli altri («ogni anel-lo o grumo o groviglio di relazioni ě legato da infiniti filamenti a grumi o grovigh ínfiniti»; Meditazione milanese, IV, 210-216), Qui Gadda paragona ľevento a un fenomeno meteorologico: «un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo». 24. Diceva anche ... gomitolo: la metafora dello gnommero o, nel moksano di Ingravallo, gliuommero, serve a Gadda ap- punto a indicate la sua visione del reále come viluppo inestricabile di concause pet cui «l'individuo umano p.e. Carlo, giä limitatamente alla sua persona, non ě un effetto ma un insieme di effetti ed ě stoko pensarlo come unitä [...] come un pacco postale di materia vivente e pen-sante» {Meditazione milanese, IV175-182), cui vengano recisí i necessari filamenti che lo uniscono al resto del reale. 25. Ma il termine ... lacausale»: all'inve-stigatore, pero, riesce spontaneo parlare piuttosto di causali, con termine appa-rentementegiutidico-burocratico. 26. «riformare ... Kant:l'ispertorefilosofo pretende dunque di emendare, con la so-stituzione delle cause alia causa (cfr. nota 23), uno dei concetti piú discussi nella storia della filosofia, da Aristotele a Kant. 27. gli evaporava dalle labbra: la fissazione filosofica, spesso ritornante nella conversazione di Ingravallo, ě enunciata con ľin-dolenza che Gadda associa al personag-gio: al punto che, piú che venire pronun-ciata, essa evapora dalle sue labbra pigre. 28. il quasighigno ... della parrucca: un sorriso scettico e sardonico {quasi un ghi-gno) ě stampato sulla faccia di Ingravallo, aldi SOtto delle palpebre sonnolente e so-prattutto del nero piceo («proprio della pecc», latinismo) della parrucca in cui sembrano consistere i suoí capelli. 702 EPOCA 10 GUERRE E FASCISMO 1910-1945 T10.9 CARLO EMILIO G ADDA. QUER PASTJCCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA 703 chiammeno!... Giá. Si me chiammeno a me... puó stá ssicure ch'e nu guaio: quacche gliuommero... de sberreta...» diceva, contaminando na-politano, molisano, e italiano2'. La causale apparente, la causale principe30, era si, una. Ma il fattaccio era 1'effetto di tutta una rosa di causali che gli eran soffiate addosso a molinello (come i sedici venti della rosa dei venti quando s'awiluppano a tromba in una depressione ciclonica) e avevano finite per strizzare nel vortice del de-litto la debilitata «ragione del mondo». Come si storce il collo a un polio3'. E poi soleva dire, ma questo un po' stancamente, «ch'i femmene se retro-veno addó n'i vuó truva». Una tarda riedizione italica del vieto «cherchez la femme». E poi pareva pentirsi, come d'aver calunniato 'e femmene, e voler mutare idea31. Ma allora si sarebbe andati nel difficile. Sicché taceva pen-sieroso, come temendo d'aver detto troppo. Voleva significare che un certo movente affettivo, un tanto o, direste oggi, un quanta di affettivitá, un certo «quanto di erotia», si mescolava anche ai «casi d'interesse», ai delitti ap-parentemente piú lontani dalle tempeste d'amore33. Qualche collega un tan-tino invidioso delle sue trovate, qualche přete piú edotto dei molti danni del secolo34, alcuni subalterni, čerti uscieri, i superioři, sostenevano che legges-se dei libri strani: da cui cavava tutte quelle parole che non vogliono dir nulla, o quasi nulla, ma servono come non altre ad accileccare35 gli sprowedu-ti, gli ignari. Erano question! un po' da manicomio: una terminologia da me- 2.9. «Quanno ... italiano: con una lingua inventata mista, Ingravallo si lamenta pi-gramente dei gliuommeri, i guaie che gli tocca sberretd (sciogliere, risolvere) ogni volta che lo chiamano, chiammeno. 30. La causale ... principe: lessico aristo-telico (cfr. la nota 34 al bráno de UAdal-gisa, p. 687). 31. tutta una rosa di causali ... un pollo: viene sviluppata la metafora del vortice delle cause giá utilizzata in precedenza (cfr, sopra la nota 23): sono loro, le cause, come venti che, avviluppatisi a tromba (come appunto awiene in una depressione ciclonica), finiscono per annullare la «ragione del mondo»: con la violenza con cui «si torce il collo a un pollo». 32. E poí soleva ... mutare idea: parte irra-zionale delTuniverso ě per Ingravallo 1'ele-mento femminile, che ne scombina harmonia apparente. Il vieto «chcrchez la fem-me» del senso comune viene cosi tistabili-to, in tarda riedizione italica, su basi «hlo-sofiche»: sono le donne, i femmene, che se retroveno, sono implicate, ogni qual volta 1'ordine del mondo appare inerinato. Ma Ingravallo prova, come si vedra piú avanti nel tomanzo, attrazione e pieta per le fem- mene, e cosí si pente di averle calunniate. 33. Voleva significare ... tempeste d'amore: ancora una volta Ingravallo enuncia con-vinzioni che sono di Gadda, e che si tro-vano espresse in altre opere dello seritto-re. L'ipotesi di un tanto o meglio {direste oggi) di un quanta (ľallusione é alla teória física dei quanta enunciata dal fisico dane-se Niels Bohr) di erotia, cioé di irraziona-le impulso «libidico» o «narcissico», che si introdurrebbe con valenza fortemente irrazionale nel meceanismo della storia, é infatti a lungo esposta dallo serittore in Eros e Priapo (cfr. 10.9.9). Nd campo della criminologia che pertiene a Ingravallo, il quanta di eratia rappresenta quel certo movente affettivo che verrebbe a mesco-larsi agli altri moventi in qualunque delit-to, anche quellí piú lontani dal sembrate passionali [dalle tempeste d'amore). 34. qualche prete ... del secolo: tra quelli che lo criticano, anche i preti che si sono potuti fare un'idea dei danni del secolo, cioe delle nuove teórie circolanti nel mondo (il secolo). 35. accileccare: intfappolare, confondere (daľľespressione popolare «fare eilecca»: detto propriamente dell'arma da fuoco dici dei matti36. Per la pratica ci vuol altro! I fumi e le filosoficherie son da lasciare ai trattatisti: la pratica dei commissariati e della squadra mobile ě tutťun altro affare: ci vuole della gran pazienza, della gran caritá: uno sto-maco pur anche a posto: e, quando non traballi tutta la baracca dei taliáni, senso di responsabilitá e decisione sicura, moderazione civile; giá: giá: e pol-so fermo37. Di queste obiezioni cosi giuste lui, don Ciccio, non se ne dava per inteso38: seguitava a dormire in piedi, a filosofare a stomaco vuoto, e a fingere di fumare la sua mezza sigheretta, regolarmente spenta33. che manca il colpo e, per traslato, generi-camente nel senso di «commettere uno sbagho, una mancanza»). 36. questioni ... medici dei matti: Ingravallo, oltre che alla fílosofia, si interessa quindi di psicoanalisi: come il suo crea-tore, del quale sono state censite e ana-lizzate le letture in merito, in particolare da Freud. 37. Per la pratica ... polso fermo: ora la voce narrante ě passata a esporre le tesi de-gli invidiosi delle trovate di Ingravallo (fumi e filosoficherie, Fumi ě anche il cogno-me del commissario capo, superiore diret-to del nostra ispettore e che con lui con-divide a tratti 1 'animus speculative), che negano la validita del suo metodo «anali-tico», filosofko e psicologico, di affronta re i casi di cui si occupa, sostenendo inve-ce la praticitá dei metodi tcadizionali («pa-zienza, carita, stomaco a posto, senso di responsabilitá, decisione, moderazione e polso fermo» - soprartutto): sempre che le incertezze del panorama politico non fac-ciano «traballare tutta la baracca dei taliani* (ľaferesi della prima sillaba non ě da aserivere a un dialettismo, ma a un ger-manismo di cui si trovano cospicue tracce nelľultima parte del Giornale di guerra e diprigionia: dove taliani e taliana sono gli italiani come venivano chiamati dai carce-rieri tedeschi). Si noti la straordinaria mobilita e riechezza dell'interpunzione, quasi a rendere un immaginario dialogo tra piú awersari di Ingravallo («moderazione civile; giá: giä: e polso fermo»). 38. non se ne dava per inteso: non se ne eurava. 39. mezza sigheretta: il mozzicone di síga retta (sigheretta ě tinta romanesca) pende dalle labbta di Ingravallo piú per pigrizia (ě regolarmente spenta) che altro. II «sogno del carabiniere» (VIII) Riportiamo uno dei passi del Pasticäacäo in cui piü scatenato e virtuosisti-co e il gioco linguistico, in un proliferare baroeco di immagini che scaturi-scono l'una dall'altra, dedicate al raeconto indiretto del sogno fatto dal bri-gadiere (per la veritä, vicebrigadiere) dei carabinieri Pestalozzi, assegnato alla caserma di Marino e solerte collaboratore dell'ispettore Ingravallo neue indagmi. La mattina di buon'ora si e messo in marcia con la sua fedele mo-tocicletta e un altro carabiniere abbrancato alia vita sul sedile posteriore, per raggiungere la localitä Ii Du Sann, dove si trova il laboratorio-bettola-antro nel quale esercita la sua ambigua professione Zamira Päcori (ufficiaknente «rammendatrice e rimagliatrice», in realtä «indovina chiromante e carto-mante patentata», poi «dätasi a un sempre piü scaltro e ardimentoso leno-