DaL KEAL7SM0 AL SLMBULISK libera e bella, numerosa e folle, possente e molk, creatura viva che gode del suo mistero fugace. E per la riva l'ode la sua sorella scalza dal passo leggero e dalle gambe lisce, Aretusa rapace che rapisce le frutta ond'ha colmo suo grembo. Subito le balza il cor, le raggia il viso d'oro. Lasciaellailkmbo, s'inclina al richiamo canoro; e la selvaggia rapina, l'acerbo suo tesoro oblia nella melode. E anch'ella si gode come 1'onda, I'asciutta fura, quasi che tutta la freschezza marina a nembo entrolegiunga! Musa, cantai la lode della mia Strofe Lunga. 72 numerosa "canora", o anche "nnnovan-tesi in innumerevoli modi" (latinsmo). 73 possente e molie piena rj forza e cerJe- 79 la sua sorella Aretusa (una delle tre fan- ciulle messe in scena nell'O/eandro di Alcyone), che prende il nome dalla ninfa manna trasforrmta in sorgente, presso Siracusa, per sfuggire ad Alfeo, dio del fiume dove si bagnava. 88-94 Lascia... melode la bella Aretusa rapace {v. 82), cioe rapitrice di frutti, incantata dai suoni dell'onda, lascia scivolare il lembo delľabito dove nasconde la frutta rapita [lase/-vaggid í rapina) ancora acerba, e si dimentica del suo tesoro sentendo la melódia (la me/ode, arcaismo) marina. 95 si gode ě felice. Per l'uso mediale del ri-flessivo, cfr. Dante, lni. VII, 91 «beata si go- 96-97 I'asciutta fura la ladruncola (fura ě la-tinismo anche dantesco) che se ne sta sulla spiaggia alľascíutto: Aretusa (in funzione di apposizione del soggetto). 99 a nembo con la forza diunuragano. Analisi e Approfoimdimenti. Le fonti vocabolaristiche di D'Annunzio e l'uso dei "Taccuini" D'Annunzio perlustratore dei vocabolari $ Š&itľÄ^S™ m D,"° ě - ™° tutťaltto che tsol, po«. sgorga» dalla consultazione del Vcndů^^J^^^^^ portramo t nscontn pm significativi per illustrare il fenomeno nella sua clcretezzľ Honda w. 3-7: «intesto di scaglia / come ľantica / lori-ca / del catafratto, / il Klare» Vocabolario Guglielmotti, sotto la voce onda «il mare allora da vista di una superficie coper-ta di scaglie [...] come le corazze degli antichi guerrieri» «il mare ti sembra un campo dove corrano sbrancati gh agnelli» «Talvolta ľonda lluttuante si spezza [...] ľac-qua precipita nel solco, spuma, biancheggia» w. 18-21: «Akra onda nasce, / si perde, / come agnello che pasce / pel verde» w. 40-43: «L'onda si spezza, / precipita nel cavo / del solco sonora; / spumeggia, biancheggia» La stretta dipendenza tra il vocabolario e il testo dannunziano non significa criticamente negare un valore artistico dtiOnda. Non e certo da tutti riuscire a trasformare voci di vocabolario in poe-sia. D'Annunzio cercava nel Guglielmotti un arricchimento terminologico e di immagini: trovato-lo, resta compito suo ricavarne una lirica come Honda, e i risultati sono notevolissimi. Ma piü in generale Praz ha segnalato l'attaccamento di D'Annunzio ai vocabolari, che spesso fun-zionarono per lui come una scorciatoia per arrivare indirettamente ad autori della latinitä o a clas-sici della nostra tradizione, ostentando grande e rara cultura. Se in D'Annunzio abbondano cita-zioni e riferimenti cold, talora perfino difficili da decifrare, Praz ha dimostrato che perlopiü e utile ripercorrere a ritroso il cammino di D'Annunzio, partendo dalle voci piü preziose e consultandole nei dizionari piü cari a D'Annunzio (che Praz ha individuato): il Forcellini per il lessico latino, il Tommaseo-Bellini per la lingua italiana, e, tra i vocabolari tecnici, il Guglielmotti per il linguaggio marinaro e militare. 410 Un ľsempio Taccuini Gabriele D'Annunzio Per esemplificare il fenomeno, diamo un esempio, non citato da Praz, di come l'uso del vocabolario possa indurre in errore qualche volta persirio uno scaltro artefice della parola come D'Annunzio. Cosi si legge nella Licenza del 1916, in omaggio a un'amica francese soprannominata Chiaroviso: «Mi sembrö che per voi, Chiaroviso, il rimatore senese avesse cantato: E gentilezza dovunque ě vertude / siccome ě cielo dovunque ě la Stella». La citazione in versi proviene da una famosa canzone dantesca, Le dolci rime d'amor ch'i' solia, la terza del Convivio, che celebra la gentilezza (i versi riportati sono il 101 e il 103). Risulta perciö incomprensibile l'attribuzione a un «rimatore se-nese». Che cosa ě successo, dunque? Spulciando il Tommaseo-Bellini sotto la voce gentilezza, D'Annunzio ha rintracciato i versi danteschi, ma la consultazione ě stata evidentemente affrettata poiché a tale frammento (li correttamente attribuito a Dante) seguiva una citazione del poeta tre-centesco Bindo Bonichi di Siena. D'Annunzio ha distrattamente mescolato i dati, e ha usaro per menzionare Bonichi la nobile ma erronea perifrasi «il rimatore senese». L'errore, altrimenti miste-rioso, diventa spiegabilissimo alia lettura del vocabolario, ripercorrendo le orme di D'Annunzio. A parte questo episodio, che conferma senza dubbio la dipendenza di D'Annunzio dalle fonti vocabolaristiche congiunta a una inconsueta distrazione, si osserverä per concludere che se ě vero che i vocabolari servirono moltissimo a D'Annunzio, venendo incontro al suo amore della parola rara e preziosa, e arricchendo cosi le sue risorse verbali, tuttavia va chiarito che solo un geniale artista riesce a ricavare da strumenti del genere ľispirazione per mettere in piedi pagine felici e riu-scite, e non ha senso riattivare per questa via la vecchia e malposta accusa di "plagio". Qualche parola irrfine per ľimportante materiále dannunziano stampato postumo rappresentato dai taccuini, editi una prima parte nel 1965 e una seconda nel 1976. Si tratta di una serie di quader-netti tascabili custodia negli Archivi del Víttoriale, nei quali D'Annunzio appuntô cose varie: da fat-ti relativi alla biografia privata (conti di spese, inclirizzi) a impressioni, note, primi getti, destinati a essere utilizzati nei testi. D'Annunzio attribuiva grande valore ai taccuini (quasi sempře datati e ste-si tra 1895 e 1920) e sapeva che li avrebbe riusati nelle proprie opere: infatti si preparer un prome-moria, Repertorio dei libri di note, per orientarsi fra le proprie annotazioni di cui elenca rapidamen-te il contenuto, quadernetto dopo quadernetto. I taccuini, essendo scrítti in forma di nota irnrnedia-ta o quasi, hanno uno Stile nervoso, rapido, essenziale, dominate da sintassi nominale e paratattica. Ě chiaro, dato il generale preziosismo antiquario della scrittura dannunziana, che quando D'Annunzio userä un taccuino, lo riprendera puntualmente nei suoi dementi compositivi (immagini, si-tuazioni, impressioni), ma nel con,tempo lo sottoporrä sempře a una generale nobilitazione lessicale, sintattica, retorica. Da varie analisi ě emerso che i taccuini íurono saccheggiaussimi da D'Annunzio per i suoi testi (uno stesso taccuino fu spesso impiegato per alimentäre piú opere), tenendo come norma inderogabile di elevarne il linguaggio con vari espedienti rétorici, linguistici, ritmico-fonici. I pastori Da Alcyone Metro Quattro strofe pentastiche "incatenate", piu un verso a chiusura. Le strofe "incatenate" - ripetendo ľantica tecnica provenzalc delle coblas capfinidas - danno con l'liltimo verso la rima al primo verso dela strofa successiva; i'ultima "incatena" il verso di chiusura. Ail'interno di ciascuna strofa sempře due versi soltanto sono rirnati: nella prima, i w. 1 e 3; nelle altre, iw. 2 e 4. [Antonio Pinchera] 2 in terra d'Abruzzi lo stesso sintagma apre La figlid diJoiio, la tragédia abruzzese pressoché coeva a questo testo. 3 stazzi recinti all'aperto per il bestiame. 4 selvaggio sia perchétumultuo50, sia perché (come dice al verso seguente) verde é come ipa-scoli dei monti. Cfr, anche Carducci, Odi barbare, Perla morte di Napoleone Eugenio, v, 52: «selvaggio mare». Ě il primo dei sette Sogni di terre lontane, nella quinta e ultima sezione di Alcyone, quando ě ormai settembre e il poeta evoca altri luoghi (la parola Settembre in forma evocativa apre tutti e sette i testi). / pastori porta in primo piano ľaccorata nostalgia della propria terra, l'Abruzzo, colta in uno dei momenti rituaíí: la migrazione dei pastori che in settembre spostano le greggi dai pascoli estivi sui monti, per svernare in terre piú miti, verso il mare. Settembre, andiamo, E tempo di migrare. Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all*Adriatic o selvaggio che verde e come i pascoli dei monti. 411 760130