,.8 EUGENTO M ON TALE. MONTALĽ SUGLI OSSI E IB OCCASIONI Un'intervista fiaizia pet raccontarsi Montale sugli «Ossi» e le «Occasioni» Intenzioni fck Intervista immaginaria) Si riportano pochi frammenti dí uno scritto di particolare interesse perla riflessione che Montale vi svolge Sulla propria poesia; con il titolo Intenzioni (Intervista immaginaria), apparve sul primo numero de «La Rassegna d'Italia» nel gennaío 1946 (e fu raccolto nel 1976 nel volume di saggi Sulla poesia). Montale finge di rispondere a domande di un intervístatore ehe chiama col nome di Marforio, domande ehe pero non vengono nemmeno formulate, dato che le battute di questo intervistatore sono soltanto indicate attraverso dei puntini di sospensione. Tra i molti punri interessanti di questo scritto nella parte non riportata vanno ricordati i datí ehe ľautore comunica sulla sua formazione giovanile e sulla sua educazione musicale di cantante lirico; ľaffermazione che «l'arte sia la forma di vita di chi ve-ramente non vive: un compenso o un Surrogate»; ľindicazione del legame tra la poesia e la prosa e delia necessitä per il poeta di confrontarsi conti-nuamente con la prosa («II linguaggio di un poeta ě un linguaggio stoti-cizzato, un rapporto. Vale in quanto si oppone o si differenzia da altri Iin-guaggi. E naturalmente il grande semenzaío ďogní trovata poetica ě nel campo delia prosa»), Nei passi riportati Montale dä essenziali indicazioňi sull'orizzonte cul-turale ed esistenziale da cui sono nati gli Ossi diseppia (da notáre in particolare ľindicazione su quella sensazíone di «vivere sorto una campana di vetro» e nello stesso tempo di awicínarsi «a qualcosa di essenziale»), e sul-lo sviluppo ehe lo ha condotto alle Occasioni, all'intenzione di raggiunge-re un discorso poetico capace di mettere in evidenza gli oggetti tacendo le occasioni da cui essi scaturiscono. [EDIZIONE: Eugenio Montale, Ihecondo mestíere. Arte. Musica, societá, a eura di G. Zam-pa, Mondadori, Miláno 1996] _No, serivendo il mio primo libro (un libro che si serisse da sé) non mi af-[fidai a idee del genere1. Le intenzioni che oggi le espongo sono tutte a po-steriori. Ubbidii a un bisogno di espressione musicale. Volevo che la mia parola fosse piú aderente di queEa degli altri poeti che avevo conosciuto. Piú aderente a che? Mi pareva di vivere sotto a una campana di vetro, ep-pure sentivo di essere vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile, un filo appena mi separava dal quid definitivo'2. Uespressione assoluta sareb-be stata la rottura di quel velo, di quel filo: una esplosione, la fine delTin-ganno del mondo come rappresentazione. Ma questo era un limite irrag-giungibile. E la mia volonta di aderenza restava musicale, istintiva, non programmatica. All'eloquenza della nostra vecehia lingua torcere il collo, magari a rischio di una controeloquenza3. aultca volevo -Dei simbolisti francesi sapevo quanto si puô capirne dalľantológia del Van Bever e del Léautaud4; piú tardi lessi molto di piú. Quelle esperienze erano giä in aria, tuttavia; note anche a chi non conoscesse gli origináli. I nostri futuristi, e gli serittori della «Voce», le avevano apprese e spesso fraintese, - No, il libro5 non parve oscuro, quando uscí. Alcuni lo trovarono arre-trato, altri troppo documentario, altri ancora troppo retorico ed eloquente. In realtä era un libro difficile a situarsi. Conteneva poesie che uscivano fuori dalle intenzioni che ho deseritto, e liriche (come Riviere) che costi-tuivano una sintesi e una guarigione troppo prematura ed erano seguite da una ricaduta successiva o da una disintegrazione {Mediterraneo). II tra-passo alle Occasioni ě segnato dalle pagine che aggiunsi nel '28. - Ě curioso che il libro sembrasse, piú tardi, a qualcuno piú sano e piú i. idee del genere: ci si riferisce qui ad una intenzionalitä programmatica, a priori, che Montale immagina attribuka dalľin-tervistatore immaginario a Ossidiseppia, sua prima raccolta. 1. quid definitivo: la veritä dei Limoni, e sia pure il negativo, «la fine delľinganno del mondo come rappresentazione» (evi-dente qui il riferimento alla filosofia di Schopenhauer e al suo II mondo come vo-lontä e rappresentazione): queste le con-notazíoni filosofiche delle immagini di rottura ed evasione {la magliä rotta nella rete, Vanello che non tiene ecc.) verso una salvezza che resta presente, prossima e tuttavia irrintraccíabile. Qui Montale ci dice che andare al di lä di quella smaglia-tura sarebbe stata V espressione assoluta. 3. controeloquenza: una retorica negativa, ma tuttavia una retorica: «torcere il collo al-ľe!oquenza» era il grande precetto, formu-lato da Paul Verlaine, ddl'etä simbolista. 4. antológia del Van Bever e del Léautaud: si tratta della celebre antológia Poetes ďaujourďhui di Adolphe Van Bever e Paul Léautaud (1900 e 1929), che ebbe grande diffusione anche in Itália. 5. il libro: Ossi di seppia, ancora. 66-j EPOCAlO GUERRE E FASCiSMOio-. concreto del successivo6, Pure, ľavevo scritto a denti stretti e spespo , za la calma e il distacco che molti giudicano necessario all'atto irc-j-ľ " Forse ľ antidote classicistico7, sempre vivo negli italiani, agiva in ruf Ts. giovane non capivo Dostoevskij e ne parlavo quasi come ne hanno pi-' to i rondisti8. Preferisco libri corns Adolphe, René, Do i ,.,. 1 Maurice de Guérin10. E cominciai presto a deciftare qualche soneľ qualclie ode di Keats11. Avevo fortissimo il senso della different i hi- m,' re fra arte e documento; ora mi sento piú cauto, piú incapace di trinci giudizi e scomuniche. - Mutato ambiente e vita12, fatti alcuni viaggi all'estero, non osai mai ri leggermi seriamente e sentii il bisogno di andare piü in fondo. I'mii a trent'anni non avevo conosciuto quasi nessuno, ora vedevo anche troppa I gente, ma la mia solitudine non era minore di quella del tempo degli Ossi di seppia. Cercai di vivere a Firenze col distacco di uno straniero, di un Browning13; ma non avevo fatto i conti coi lanzi della podesteria1-1 feudale da cui dipendevo. Del resto, la campana di vetro persisteva intorno a inc. ed ora sapevo ch'essa non si sarebbe mai infranta; e temevo che neue mie vecchie prove quel dualismo fra hrica e commento, fra poesia e prepara-zione o spinta alia poesia (contrasto che, con sicumera'5 giovanile, untem- 6. successivo: Ie Occasions. 7. l'antidoto classicistico; ľereditä classi-cista della tradizione italiana, che finisce per divenire un antidolo ad ogni eccesso espressionistico. 8. quasi... rondisti: nei radi interventi della «Ronda» su Dostoevskij (uno solo dei quali in un contributo specifieo, da parte di Bacchelli, e per giunta nel numero straordinario con cui nel 1923 si chiuse la 11-vista), si esprimevano giudizi perlopíú iro-oici o limitami. Aurelio Saffi, per esempio (in un articolo su Gogoľ, apparso sul numero del maggio 1920) parlava di «magne-tici caos» poco prowisti di «arte e stile». 9. Adolphe, René, Dominique: i romanzi hancesi Adolphe (1816) di Benjamin Constant (1767-1830); Keně (1801) di Francois René de Chateaubriand (1768-1848); Dominique (1863) di Eugene Fromentin (1820-1876}: gli and-eroici protagonisti che dan-no il titolo a questi romanzi sono tipici e proverbiali personaggi romantici, ognuno dei quali appare predestinato alio scacco. 10. Maurice de Guérin: poeta francese (1810-1839), autore soprattutto d'un note- vole Journal e del racconto poedeo I c Centaure, 11. ode di Keats: il grande poeta romanti-; co inglese (1795-1821). 12. Mutato ambiente e vita: si allude al-l'approdo a Firenze (1927). 13. Browning: il poeta inglese Robert '\ Browning (1812-1889), tra le letture piú importanti per Montale, visse a Firenze-dal 1845 al 1861. 14. lanzi della podesteria: gli sgherti del-l'amministrazione attadina: chiamati lanzi dal nome degli sgherri per antonomasia, i mercenari lanzidienecchi; podesteria per-ché, nel regime fascista, la carica di sinda-co era stata sostituita da quella di podesta, messo a capo dell'amministrazione citta-dina e dipendente direttamente dal gover-no centrale (per questo detta feudale). Montale allude alle costrizioni che pure gli imponeva la sua carica pubblica di dirigente (dal 1929) del Gabinetto Vieusseux. 15- sicumera: ě 1'atteggiamento scostante e presuntuoso di superiorita, perlopiú mal motivata, che spesso caratterizza i giovani intellettuali (giovanile). 8 EUGENI0 MONTALE. MONTALE SUGLI ossi E LE OCCASIONI a^evo awertito anche in un Leopardi) persistesse gravemente in me. Nob pensai a una lirica pura nel senso ch'essa poi ebbe anche da noi, a un JLuoco suggestioni sonore; ma piuttosto a un frutto che dovesse conte-nere i suoi motivi senza rivelarli, o meglio senza spiattellarli. Ammesso che - in arte esista una bilancia tra il di fuori e il di dentro, tra l'occasione e l'o-|era 1 ggetto bisognava esprimere l'oggetto e tacere l'occasione-spinta. Un modo nuovo, non parnassiano'6, di immergere il lettore in media!, res, un totale assorbimento delle intenzioni nei risultati oggettivi. Anche qui, i fui mosso dall'istinto non da una teoria (quella eliotiana dei «correlativo : öbiettivo»17 non credo esistesse ancora, nel '28, quando il mio Arsenio fu pubblicato nel «Criterion»18). In sostanza non mi pare che il nuovo libro contraddicesse ai risultati dei primo: ne eliminava alcune impuritä e ten-Itava di abbattere quella barriera fra interno ed esterno che mi pareva in-I sussistente anche dal punto di vista gnoseologico1'. Tutto e interno e tut-i: to e esterno per l'uomo d'oggi; senza che il cosiddetto mondo sia necessa-riamente la nostra rappresentazione. Si vive con un senso mutato dei tem-po e dello spazio. Negli Ossi di seppia tutto era attratto e assorbito dal ma-I te fermentante, piü tardi vidi che il mare era dovunque, per me, e che per-\ sino le classiche architetture dei colli toscani erano anch'esse movimento i e fuga. E anche nel nuovo libro ho continuato la mia lotta per seavare un'altra dimensione nel nostro pesante linguaggio polisillabico20, che mi pareva rifiutarsi a un'esperienza come la mia. Ripeto che la lotta non fu programmatica. Forse mi ha assistito la mia forzata e sgradita attivitä di traduttore. Ho maledetto spesso la nostra lingua, ma in essa e per essa11 sono giunto a nconoscermi inguaribilmente itahano: e senza rfmpianto. II nuovo libro non era meno romanzesco22 dei primo, tuttavia il senso di una poesia che si delinea, il vederla fisicamente formarsi, dava agli Ossi di seppia un sapore che qualcuno ha rimpianto. Se mi fossi fermato lä e mi fossi ripetuto avrei avuto torto, ma alcuni sarebbero stati piü soddisfatti. 665 iŕ. non pamassiano: 1'atteggiamento di classicismo estetizzante proprio della scuola poetica francese del secondo Ot-tocento (cfr. PAROLE, tav. 206). 17. «correlativo obiettivo»: cfr, GENESI E TĽCNICHE, tav. 257. 18. «Criterion»: era la rivista di T.S. FJiot, su cui Arsenio apparve in una ttaduzione inglese opera di Mario Praz, il grande anglista e saggista amico e coetaneo di Montale (cfr. 10.6.16). 19. punto di vista gnoseologico: della teória della conoscenza, 20. linguaggio polisillabico: Montale op-pone questi caratteri della lingua italiana al duttile, agglutinante inglese, a cui egli piú volte si awicinô nella sua attivitä di traduttore, spesso necessitata da motiva-zioni economicfie {forzata e sgradita). Da ricordare che nel Quaderno di traduzioni figurano quasi esclusivamente poeti an-glosassoni (Shakespeare, Blake, Dickinson, Hopkins, Melville, Hardy, Joyce, Yeats, Barnes, Pound, Eliot, Adams, Thomas). 11. in essa e per essa: dentro di essa, e at-traverso essa, 22. romanzesco: costante nella poesia di Montale il tichiamo a una dimensione narrativa; e la raccolta La buf era avrebbe dovuto intitoJarsi, secondo le prime intenzioni delľautore, Romanzi). EPOCMo GUERREEFAS. ■ - Le Occasioni erano un'arancia, o meglio im limone a cui mancava uno. spicchio: non proprio quello della poesia pura nel senso che ho lndicato prima, ma in quello del pedale, della musica profonda e della contempla-zione. Ho completato il mio lavoro con le poesie di Finisterre, che cap; presentano la mia esperienza, diciamo cosi, petrarchesca. Ho proiettato la Selvaggia o la Manderta o la Delia (la chiami come vuole) dei Mottetti sut 10 sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza scopo e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna o nube, angelo o procellaria. II motivo era gif j contenuto e anticipato nelle Nuove Stanze, scritte prima della guerra. Non ci voleva molto a essere profeti. Si tratta di poche poesie, nate nelVincubo degli anni '40-41, forse le piü libere che io abbia mai scritte, e pensavo che- 11 loro rapporto col motivo centrale delle Occasioni' fosse evidente. Se aves-si orchestrato e annacquato il mio tema sarei stato capito meglio. Ma io non vado aüa ricerca della poesia, attendo di esserne visitato. Scrivo poco, "i con pochi ritocchi, quando mi pare di non poterne fare a meno. Se nep-pur cosi si evita la retorica vuol dire ch'essa e (almeno da me) inevitabik Giornale di guerra e di prigionia ! II senso di colpa delprigioniero \ (11 maggio 1918) j Dar diari di Gadda si riportano dei passi del Diario di prigionia redatto nel | campo di concentramento di Celle, nella regione tedesca della Bassa Sas-sonia (per la precisione, nei pressi di Hannover). Come era giä accaduto per le parti del diario relative ai combattimenti del 1916 (Giornale dt guerra) e, j ancor prima, alle settknane di addestramento del 1915 (Giornale di campa-gna), Gadda elabora le sue pagine piü sentite e profonde a partire proprio dal dato dell'immobilitä e della stasi, tanto piü nello stato di prigionia quan-to giä nei lunghi momenti di pausa tra i fulminei lampi dei combattimenti, degli assalti. Ii prigioniero e qui assalito da un cupo senso di colpa per la propria stessa condizione, per la cattura subita nel disastro di Caporetto, e j pensa che dalla stessa famiglia e da tutta l'Italia possa cadere su di lui il di- I sprezzo e la taccia di vile. Ciö lo fa cadere in una prostmzione mortale. La ri- I vendicazione del proprio valore non puö essere sostenuta da nessun docu- | mento, da nessuna testimonianza: la sua pura coscienza non varrä nulla da- i vanti alla sfrontatezza dei vari imboscati, di tutti coloro che nella guerra | hanno pensato solo a salvare la pelle. Ma egli sente nello stesso tempo che | la sua coscienza e intaccata dal morso della delusione, che e accaduto qual- | cosa che ha rotto la sua fede e passione di buon soldato. Per il modo in cui I aveva vissuto la prima parte della guerra, si potranno ricordare queste pa- | role del Castello di Udine: «Io ho presentito la guerra come una dolorosa | necessitä nazionale, se pure, confesso, non la ritenevo cosi ardua. E in guer- | ra ho passato alcune ore delle migliori di mia vita, di quelle che m'hanno dato oblio e compiuta immedesimazione del mio essere con la mia idea: | questo, anche se trema la terra, si chiama felicitä». 1 [edizione: Opere di Carlo Emilio Gadda, edizione diretta da D. Iselk, IV, Saggi giomali | favole e altri scritti, II, a cura di C. Vela, G. Gaspari, G. Pinotti, E Gavazzeni e D. Iselk, j Garzanti, Milano 1992] I Senso di culpa pei' riüipossi-biliiä'.! agke