EPOCAro GUERRE £ FASCISMOil ''4! - Infam - disse dopo di aver uditi da Emilio tutti i particolari d 11- J un certo pericolo non dovrebbe esserci. II caratterp rUľ avvĽ" -----iľ—i—n:.. eJI av^'entura mano tura, . —^v^^wv. i-ootiu. ±i carairere deJľ ě giä fissato da quelľombrellino scivolato tanto opportunamente d e dalľappuntamento subito accordato. - E vero, - confermo Emilio il quale pero non disse come a quei due par ticolari egli avesse dato tanto poca importanza ehe essi, rilevati dal Balli* lo avevano sorpreso come dei fatti nuovi. - Credi dunque ehe il Sorniani abbia ragione? - Nel suo giudizio sulle comunicazioni del Sorniani egli certo non aveva tenuto conto di quei fatti. - Me la presenterai - disse il Balli prudentemente - e poi giudicheremo U Brentani non seppe tacere neppure con sua sorella. La signorina Amália non era stata mai bella: lunga, secea, incolore - il Balli diceva ehe era nata grigia - di fanciulla non le erano rimaste ehe le maní bianche, sottili tornite meravigliosamente, alle quali ella dedicava tutte le sue cure. Era la prima volta ch'egli le parlava di una donna, e Amália stette ad ascol-tare, sorpresa e con la cera subito mutata, quelle parole ch'egli eredeva oneste, caste, ma ehe in bocca sua erano pregne di desiderio e di amore. Egli non aveva raccontato nulla, ed ella, giä spaventata, aveva mormorata ľammonizione del Balli: - Bada di non fare delle seiocehezze. Ma poi volle ch'egli le raccontasse tutto, ed Emilio eredette di poter con-fidare la sua ammirazione e la felicitä provata quella prima sera, tacendo dei suoi propositi e delle sue speranze. Non s'accorgeva ehe quella ehe diceva era la parte piú pericolosa16. Ella stette ad ascoltarlo, servendolo mu-ta e pronta a tavola acciocché egli non avesse da interrompersi per chie-dere una cosa o ľaltra. Certo, col medesimo aspetto, ella aveva letto quel mezzo migliaio di romanzi ehe facevano bella mostra di sé, nel vecehio ar-madio adattato a biblioteca, ma il fascino ehe veniva ora esercitato su lei - ella, sorpresa, giä lo sapeva - era del tutto differente. Ella non era pas-siva ascoltatrice, non era il fato altrui ehe ľappassionasse; il proprio de-stino intensamente si rawivava. L'amore era entrato in casa e le viveva ac-canto, inquieto, laborioso. Con un solo soffio aveva dissipata ľatmosfera stagnante in cui ella, inconscia, aveva passati i suoi giorni ed ella guarda-va dentro di sé sorpresa ch'essendo fatta cosí, non avesse desíderato di go-dere e di soffrire. Fratello e sorella entravano nella medesima awentura. i6. la parte piú pericolosa: la nozione di pericoio ehe si ě variarnente affacciata sía nel primo incontro tra Emilio e Angioli-na, sia nelle illazioni del Balli, si rivolge ora verso ľessere piú fragile e indifeso, la grigia Amália. Ľawentura di Emilio fa sí ehe anche la sorella venga toccata dal ri chiamo rischioso delľ amore e dei dolore, ehe fíno allora aveva toccato solo attra-versD í romanzi. La coscienza di Zeno // fumo Si riporta qui il terzo capitolo, ehe costituisce il primo ampio brano de La coscienza diZeno, dopo i due brevi capitoletti costituiti dalla Prefaxione del dottor S. e dal Preambolo dello stesso Zeno. Mentre nel Preambolo il protagonista narratore accennava alla necessitä di raccontare la sua vita risa-lendo indietro fino ai ricordi delľinfanzia, all'origine delia propria malat-tia, secondo i consigli del medico, ora la narrazione vera e propria si svol-ge senza seguire la cronologia, ma concentrandosi, come aceade per tutti i successivi capitoli del romanzo, su di un particolare nueleo tematico, ehe produce divagazioni e passaggi temporali, estranei a ogni successione cro-nologica. In questa ehe si presenta come la prima prova di analisi di se stesso, Zeno risponde al suggerimento del dottore delia sua propensione alfumo: terna particolarmente originále, ehe tra ľaltro suscitô ľinteresse di James Joyce (cfr. CANONF. EUROPEO, tav. 246), ehe cosí dice in una lettera a Svevo del 20 gennaio 1924: «Per ora due cose m'interessano. II terna: non avrei mai pensato ehe il fumo potesse dominare una persona in quel módo; secondo, il trattamento del tempo nel romanzo». La malattia di Zeno viene qui ad identificarsi quasi completamente col vizio del fumo e con ľimpossíbilitä di liberarsene. Secondo il compito at-tribuitogli dal medico, Zeno fa agire liberamente i suoi ricordi, comincian-do dalle scatole delle prime sigarette da lui fumate (e ehe non eststono piú) e risalendo a una serie di scene familiari, in cui le prime esperienze di ŕu-matore riconducono al rapporto con padre, a piecoli furti compiuti a suo darmo, ad una violenta malattia alia gola durante la quale ľassoluto divieto di furnare aveva dato luogo a un piú intenso piacere di fumare di nascosto, accompagnato ogni volta dal proposito di non fumare piú. Sul motivo del-Yultima úgaretta si svolge una serie di notazioni umoristiche, ehe coinvol-gono in primo luogo il tempo, con le date di tutte le ultime sigarette ehe Zeno nota non solo nei libri, ma sulle pareti delia sua stanza: tempo ehe, at-traverso quelle date sempře ripetute, sempře contraddette e sempře rinvia- Naxrayjone per nuclei tematici La malattia di Zeno e ľultima sigaretta 366 U tempo che «ritorna» La maiattia come i< convinzione» EPOCA 10 GUERRE E VASCtSMO ioto-^ te (fissate in giocose combinazioni numeriche), mostra la sua inafferrabil instabilitä, il suo procedere nel rinvio, nel riawolgersi su se stesso (fino al]a notazione che precede la pausa di p. 372: «Eppoi il tempo, per me, non e quella cosa impensabile che non s'arresta mai. Da me, solo da me, ritorna») A questo punto, la maiattia si definisce come una convinzione, come qualcosa di radicato nella mente del personaggio, fin dalla sua nascita. E inizia il piü diretto raeconto dei vari tentativi fatti per curarsi, in un sue-cedersi di piecoli episodi, di situazioni curiose e paradossali. Si comincia con il medico consultato da Zeno verso i vent'anni, con le sue inutili ap-plkazioni elettriche, e con l'emergere, nel colloquio con lui, di due dati es-senziali della maiattia: la miseria con le donne (che consiste nel desiderar-le tutte e nel feticismo che porta ad amarle a pezzi, rivolgendosi alle diverse parti dei loro corpi) e la distrazione (con il caso del primo esame af-frontato dopo aver studiato la materia deH'ultimo). Seguono poi i consigli di un amico che ha fatto con successo una cura dimagrante e che suggeri-sce a Zeno di agire tenendo conto delle due persone che ha dentro di se; e ancora la scommessa, owiamente perduta, con l'amministratore dell'a-zienda paterna, l'Olivi. Ma tutta la piü ampia parte finale del capitolo si concentra sulTesperimento di un ricovero/segregazione presso una casa di salute: qui il gioco comico tocca il suo vettice, con la descrizione di tutti gli aecorgimenti con cui il paziente e tenuto dentro la casa di cura, come in una vera e propria prigione, con l'assofuta impossibilitä di fumare, e del-Timprowiso attaeco di gelosia che lo prende, quando la moglie si conge-da da lui insieme all'affascinante dottor Muli. II tidicolo sospetto deforma subito il carattere di questa segregazione: per svagarsi Zeno ascolta i rac-conti di Giovanna, la poco piacente donnina che si trova a fargli da guar-dia, e si mette con lei a vuotare una bottiglia di cognac, fino al punto di trovare una facile via di fuga (che lo salva anche dalla pericolosa eccita-zione che l'ubriachezza ha suscitato nella donna). L'episodio e tutto gio-cato dagli effetti che su Zeno fanno il somso e il riso della moglie, a cui sembra come far da eco il riso che prende Giovanna ubriaca; e si conclude col ritorno a casa di Zeno, non senza una nuova scorta di sigarette: ac-colto dal riso della moglie, non rinuncia a qualche comico atto d'mqmsi-tore, e finisce per addormentarsi con la sicurezza che c'e ancora tempo per curarsi, che non c'e alcuna fretta. La comicitä del comportamento del personaggio e del suo raecontare trova uno dei suoi caratteri essenziali proprio in questo continuo differire: egli ha un bisogno incontenibile di de-viare i fatti e le situazioni, di portare il tempo e le cose fuoti destinazione, Idi riawolgere la realtä su se stessa. Ylultima sigaretta e una delle figure piü rivelatrici di questo deviare e ripetere di Zeno, di questo suo stare sempre suU'orlo di una fine che sempre ricomincia: ma quasi tutte le figure e le situazioni del capitolo tendono come ad andäre da un'altra parte; la narra-zione compie sempre traiettorie diverse da quelle che. ci si_potrebbe at-tendere normalmente; il punto d'arrivo e sempre diverso dai propositi e dagli obiettivi iniziali; rutto e perpetuamente spostato. Anche la casa di Zeno, del restö, e sottoposta a perpetui spostamenti: si noti, alia fine di questo capitolo, il richiamo alia sua convinzione che «le cose, in casa, siano sempre spostate», mentre la moglie in effetti «molto spesso le sposta». [ TIO 5 ITALO SVEVO. LA COSC1ENZA DI ZENO II dottore1 al quale ne parlai mi disse d'iniziare il mio lavoro con un'anali-si stonca della mia propensione al fumo: LScriva! Scriva! Vedra come arrivera a vedersi intero. Credo che del fumo posso scrivere qui al mio tavolo senz'andar a sognare su quella poltrona. Non so come cominciare e invoco l'assistenza delle si-garettc tutte tanto somiglianti a quella che ho in mano. Oggi scopro subito qualche cosa che piu non ricordavo. Le prime sigarette ch'io fumai non esistono piii in commercio. Intorno al '70 se ne aveva-no in Austria di quelle che venivano vendute in scatoline di cartone mu-nite del marchio dell'aquila bicipite2. Ecco: attorno a una di quelle scato-]e s'aggruppano subito varie persone con qualche loro tratto, sufficiente per suggerirmene il nome, non bastevole pero a commovermi per l'im-pensato incontro. Tento di ottenere di piu e vado alia poltrona: le persone sbiadiscono e al loro posto si mettono dei buffoni che mi deridono. Ritorno sconfortato al tavolo. Una delle figure, dalla voce un po' roca, era Giuseppe, un giovinetto della stessa mia eta, e l'altra, mio fratello, di un anno di me piu giovine e mor-to ranti anni or sono'. Pare che Giuseppe ricevesse molto denaro dal padre suo e ci regalasse di quelle sigarette. Ma sono certo che ne offriva di piii a mio fratello che a me. Donde la necessita in cui mi trovai di procu-rarmene da me delle altre. Cost awenne che rubai. D'estate mio padre ab-bandonava su una sedia nel tinello il suo panciotto nel cui taschino si tro-vavano sempre degli spiccioli: mi procuravo i dieci soldi occorrenti per acquistare la preziosa scatoletta e fumavo una dopo l'altra le dieci sigarette che conteneva, per non conservare a lungo il compromettente frut-to del furto. Tutto cio giaceva nella mia coscienza a portata di mano. Risorge solo ora perche non sapevo prima che potesse avere importanza, Ecco che ho re-gistrata l'origine della sozza abitudine e (chissa?) forse ne sono gia guari-to. Percio, per provare, accendo un'ultima sigaretta e forse la gettero via subito, disgustato. Poi ricordo che un giorno mio padre mi sorprese col suo panciotto in mano. Io, con una sfacciataggine che ora non avrei e che ancora adesso mi di-sgusta (chissa che tale disgusto non abbia una grande importanza nella mia cura) gli dissi che m'era venuta la curiosita di contarne i bottoni. Mio padre rise delle mie disposizioni alia matematica o alia sartoria e non s'awi-de che avevo le dita nel taschino del suo panciotto. A mio onore posso dire che basto quel riso rivolto alia mia innocenza quand'essa non esisteva 367 1. II dottore: il dottor S., lo psicoanalista che ha prescritto a Zeno di «scrivere la sua autobiografia». 2. aquila bicipite: emblema degli Asburgo e dell'impero austro-ungarico. 3. mio fratello ... or sono: in questo fratello, di cui Zeno non parlerä mai piú nel corso dell'autobiografia e che ritornerä solo nelT ultimo capitolo in forma di dia-rio, e adombrata la figura dei fratello minore di Svevo, Elio Schmitz, nato nel 1863 e mono nel 1886: il diario da lui tenuto tra il 1880 e il 1886 dä molte notizie sui primi tentativi letterari di Svevo, di cui egli si voleva «bibliotecario» e «storico». imiiiiiiiiiiiiiiim EPOCA lo GUERRE E FASQSMO JJltS-ij,, ■fro-S ITALO SVEVO. LA COSCIENZA PI ZENO ' phi, per impedirmi per sempte di rubare. Cioe... rubai ancora, ma seiiza saperlo. Mio padre lasciava per la casa dei sigari Virginia4 fumati a ttiezzo in bilico su tavoli e armadi. Io credevo fosse il suo modo di gettarli via e ; credevo anche di sapere che la nostra vecchia fantesca. Carina, li biuusse . via. Andavo a fumarli di nascosto. Gia alTatto d'impadronirmene venrw) pervaso da uti brivido di ribrezzo sapendo quale nialessere m'avriLherx) procurato. Poi li fumavo finche la niia fronte non si fosse coperta di sudnn < : freddi e il mio stomaco si contorcesse. Non si dira che nella mia infartzia io mancassi di energia. : So perfettamente come mio padre mi guar: anche di quest'abitudine. T'« : giorno d'estate era ritornato a casa da un'escursione scolastica, stand:: i bagnato di sudore. Mia madre m'aveva aiutato a spogliarmi e, awoltomi : in un accappatoio, m'aveva messo a dormire su un sofa sul quale essa stcs i sa sedette occupata a certo lavoro di cucito. Ero prossirno al sonno. ma ' avevo gli occhi tuttavia pieni di sole e tardavo a perdere i sensi. La dolcezza " ■ che in quell'eta s'accompagna al riposo dopo una grande stanchezza, r. '.- ~ i evidente come un'immagine a se, tanto evidente come se fossi adesso la aL- J '. canto a quel caro corpo che piu non esiste. ; Eicordo la stanza fresca e grande ove noi bambini si giuocava e che ora: in questi tempi avari di spazio, e divisa in due parti. In quella scena mio ha- -J< ■ tello non appare, cio che mi sorprende perche penso ch'egli pur deve aw.r ; preso parte a quell'escursione e avrebbe dovuto poi partecipare al ripo- ■ . Che abbia dormito anche lut all'altro capo del grande sofa? Io guardo quel fi ; posto, ma mi sembra vuotos. Non vedo che me, la dolcezza del riposo, mia ;J madre, eppoi mio padre di cui sento echeggiare le parole. Egli era entrato ? e non m'aveva subito visto perche ad alta voce chiamo: ; -Maria! 1 La mamma con un gesto accompagnato da un lieve suono labbiale tic- 5 cenno a me, ch'essa credeva immerso nel sonno su cui invece nuotavo in £ piena coscienza. Mi piaceva tanto che il babbo dovesse imporsi un riY.uar do per me, che non mi mossi. Mio padre con voce bassa si lamento: - Io credo di diventar matto. Sono quasi sicuro di aver lasciato mezz'orafj fa su quell'armadio un mezzo sigaro ed ora non lo trovo piu. Sto peggio del solito. Le cose mi sfuggono. Pure a voce bassa, ma che tradiva un'ilarita trattenuta solo dalla paur:> J ■; destarmi, mia madre rispose; - Eppure nessuno dopo il pranzo e stato in quella stanza, Mio padre mormord: 5 - E perche Io so anch'io, che mi pare di diventar matto! Si volse ed usci. Io ypersi a mezzo gli occhi e guardai mia madre. Essa s'era rimessa al suo ; : Javoiu, ma continuava a sorridere. Certo non pensava che mio padre Stesse per ammattire per sorridere cosi delle sue paure. Quel sorriso mi rima-se tanto impresso che Jo ricordai subito ritrovandolo un giorno sulle lab- sfbra di rma moglies. : Non fu poi la mancanza di denaro che mi rendesse difficile di soddisfare ::■•il-mio vizio, ma le proibizioni valsero ad eccitarlo. ..Ricördo di aver fumato molto, celato in tutti i luoghi possibili. Perche se- ..gutto da un forte disgusto fisico, ricordo un soggiorno prolungato per una mezz'ora in una cantina oscura insieme a due altri fanciulli di cui non ri-trovo nella memoria altro che la puerilitä del vestito: Due paia di calzon-cini che stanno in piedi perche dentro c'e stato un corpo che il tempo eli- :::minö. Avevamo molte sigarette e volevamo vedere chi ne sapesse bruciare di piü nel breve tempo. Io vinsi, ed eroicamente celai il malessere che mi derivö dallo strano esercizio. Poi uscimmo al sole e all'aria. Dovetti chiu-dere g!i occhi per non cadere stordito. Mi rimisi e mi vantai della vittoria. :: Uno dei due piccoli omini mi disse allora: : —A nie non importa di aver perduto perche io non fumo che quanto v m'occorre. Ricordo ia parola sana e non la faccina certamente sana anch'essa che a me doveva essere rivolta in quel momento. Ma allora io non sapevo se amavo o odiavo la sigaretta e il suo sapore e lo stato in cui la nicotina mi metteva. Quando seppi di odiare tutto cio fu : peggio. E lo seppi a vent'anni circa. Allora soffersi per qualche settimana - di un violento male di gola accompagnato da febbre. II dottore prescrisse iil letto e l'assoluta astensione dal fumo. Ricordo questa parola assolutal Mi feri e Ia febbre la colori: Un vuoto grande e niente per resistere all'enorme ■ pressione che subito si produce attorno ad un vuoto. ■i: Quando il dottore mi lasciö, mio padre (mia madre era morta da moki an-ni) con tanto di sigaro in bocca restö ancora per qualche tempo a farmi f compagniä. Anclandosene, dopo di aver passata dolcemente la sua mano sulla mia fronte scottante, mi disse: — Non fumare, veh! : Mi colse un'inquietudine enorme. Pensai: «Giacche mi fa male non fumerö :: mai piü, ma prima voglio farlo per rultima volta». Accesi una sigaretta e mi sentit subito liberato dall'inquietudtne ad onta che la febbre forse au-mentasse e che ad ogni tirata sentissi alle tonsille un bruciore come se fos-: sero State toccate da un tizzone ardente. Finii tutta la sigaretta con l'accu-ratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia. Mio padre andava e veniva col suo sigaro in bocca dicendomi: - Bravo! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito! 4- sigari virginm: sigari con pagliuzza in- dalla scena familiar* in termini psicoa terna in ongine confezionad con tabac- nalirici essa ě evidentemente tnotivata dal co della Virginia (stato degli U.S.A.). senso di geiosia e di rivalita, dal desiderio 5. In quella scena ... vuoto: l'assenza del di un rapporto esclusivo con la madre. iratello equivale a una sua cancellazione 6 quel sorriso ... mia mogläe: ciô attri- Zeno assurdo motivo di geiosia e dl so- buisce caratteri materoi -alia figura delia spetto, gli fara temere un tradimento moglie di Zeno; ma nella parte finale del della stessa moglie con ľelegante dottor capitolo il mo della moglie diventera per Muli. 37° EPOCA IO GUERRE E FASCISMO 1910-13^ Bastava questa frase per farmi desiderare ch'egli se ne andasse presto, pre. sto, per permettermi di correre alia mia sigaretta. Fingevo anche di dor-mire per indurlo ad allontanarsi prima. Quella malattia mi procuro il secondo dei miei disturbi: lo sforzo di liDe-rarmi dal primo. Le mie giornate finirono coll'essere piene cLi sigarette e di propositi di non fumare piü e, per dire subito tutto, di tempo in tempo so-no ancora tali. La ridda delle ultime sigarette, formatasi a vent'anni, si muove tuttavia7. Meno violento e il proposito e la mia debolezza trova nel mio vecchio animo maggior indulgenza. Da vecchi si sorride della vita e di ogni suo contenuto. Posso anzi dire, che da qualche tempo io fumo molte sigarette,.. che non sono le ultime. Sul frontispizio8 di un vocabolario trovo questa mia registrazione fatta con bella scrittura e qualche ornato: «Oggi, 2 Febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta! !9». Era un'ultima sigaretta molto importante. Ricordo tutte le speranze che l'accompagnarono. M'ero arrabbiato col diritto canonico10 che mi pareva tanto lontano dalla vita e correvo alia scienza ch'e la vita stessa benche ri-dotta in un matraccio11. Quell'ultima sigaretta significava proprio il desi-derio di attivitä (anche manuale) e di sereno pensiero sobrio e sodo. Per sfuggire alia catena delle combinazioni del carbonio12 cut non crede-vo ritornai alia legge. Pur troppo! Fu un errore e fu anch'esso registrato da un'ultima sigaretta di cui trovo la data registrata su di un libro. Fu importante anche questa e mi rassegnavo di ritornare a quelle complicazioni del mio, del tuo e del suo coi migliori propositi, sciogliendo finalmente le catene del carbonio13. M'ero dimostrato poco idoneo alia chimica anche per la mia deficienza di abilitä manuale. Come avrei potuto averla quando continuavo a fumare come un turco? 7. tuttavia; tuttora, ancora adesso. 8. frontispizio: frontespizio, prima pagina del volume. 9. Oggi ... Ultima sigaretta!!: il tema del-l'ultima sigaretta e direttamente autobio-grafíco; esso ě ptesente in molte lettere private di Svevo e nel Diatio per la fidan-zata. Molto simile a questa registrazione di Zeno sul vocabolario ě la seguente no-tazione del Diario: «Oggi compisco 34 anni e duemesi. Ebbene! Questa die sto fumando e 1'ultima sigaretta!*. 10. diritto canonico: come poi si com-prende, Zeno aveva abbandonato gli stu-di di legge per quelli di chimica, senza pe-raltro atrivare a concludere né gli oni ní gli altri; questo del passaggio tra studi diversi ě un'altra delle continue dislrazioni del personaggio, delle sfasature e degli spostarnenti di cui ě fatta tutta la sua vita. 11. matraccio: recipiente di vetro usato in laboratorio; il ben noto luogo comune dell'identita tra la scienza e la vila, viene ironizzato e quasi smentito dalla eonsta-tazione che la scienza cattura la vita entro i propri 5trumenti, la stravolge per i pro-pri esperimenti. iz. catena ... carbonio: í molteplici com-posti in cui entra il carbonio, studiati dalla chimica organica; Zeno non puó credere nelle formule chimiche, che anch'esse catturano e deformano la vila. 13, complicazioni ... carbonio: alle combinazioni della chimica corrispondono le complicazioni, per Zeno altrettanto poco convincenti, del diritto privato (che si oc-cupa in primo luogo dei rapporti di proprieta e per questo ě indicato attraverso la gamma dei pronomi, del mio, del tuo e del suo). TICS 1TALO SVEVO, LA COSCIENZA DI ZENO Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della rnia incapacitä? Chissä se cessando di fumare io sarei divenuto l'uomo ideale e forte che m'aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi lego al mio vi-zio perche e un modo comado di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente'4. Io avanzo tale ipotesi per spiegare la mia debolezza giovanile, ma senza una decisa convinzione. Adesso che sono vecchio e che nessuno esige qualche cosa da me, passo tuttavia da sigaretta a proposito, e da proposito a sigaretta. Che cosa significano oggi quei propositi? Come qnell'igienista vecchio, descritto dal Goldoni, vorrei morire sano dopo di esser vissuto malato tutta la vita15? Una volta, allorche da studente cambiai di alloggio, dovetti far tappezza-ttl6 a mie spese le pareti della stanza perche le avevo coperte di date. Pro-babilmente lasciai quella stanza proprio perche essa era divenuta il cimi-tero dei miei buoni propositi e non credevo piü possibile di formarne in quel luogo degli altri. Penso che la sigaretta abbia un gusto piü intenso quand'e rultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L'ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su se stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perche accendendole si protesta la propria libertä e il futuro di forza e di salute permane, ma va un po' piü lontano. Le date sulle pareti della mia stanza erano impresse coi colori piü varii ed anche ad olio. II proponimento, rifatto con la fede piü ingenua, trovava adeguata espressione nella forza del colore che doveva far impallidire quello dedicato al proponimento anteriore. Certe date erano da me preferite per la concordanza delle cifre. Del secolo passato ricordo una data che mi parve dovesse sigillare per sempre la bara in cui volevo mettere il mio vi-zio: «Nono giorno del nono mese del 1899». Significativa newero? II secolo nuovo m'apporto delle date ben altrimenti musicali: «Prfmo giorno del primo mese del 1901». Ancor oggi mi pare che se quella data potesse ripetersi, io saprei iniziare una nuova vita. Ma nel calendario non mancano le date e con un po' d'immaginazione ognuna di esse potrebbe adattarsi ad un buon proponimento. Ricordo, perche mi parve contenesse un irnperativo supremamente categorico, la seguente: «Terzo giorno del sesto mese del 1912 ore 24». Suona come se ogni cifra raddoppiasse la posta. L'anno 1913 mi diede un momento d'esitazione. Mancava il tredicesimo mese per accordarlo con l'anno. Ma non si creda che occorrano tanti accor-di in una data per dare rilievo ad un'ultima sigaretta. Molte date che tro- 571 14. credersi ... latente: il sentírsi dotati di qualita nascoste, lion ancora espresse e manífestate alľesterno, ě tipíco dei per-sonaggi di Svevo, řn primo luogo dei protagonisti dei primi due romanzi. 15. Come quelľigienista ... Ia vita: questo igienista goldoniano ě stato identificato con Celso, personaggio della commedia II vecchio bizzarro, malato immaginario, pie-no di dubbi e ansie per la propria salute. 16. tapezzare: tappezzare; come in altri ca-si, Svevo segue qui 1'uso del dialetto trie-stino, che tende ad evitare i raddoppia-menti consonanticf. .172 EPOCA IQ GUERUE E EASCISMO ;<>io-i94 vo notate su iibri o quadri preferiti, spiccano per la loro defböättä. Per esempio il terzo giorno del secondo mese del 1905 ore sei! Ha un suorit-mo quando ci si pensa, perche ogni singola cifra nega la precedente. Mot ti awenimenti, anzi tutti, dalla morte di Pio IX alia nascita di triio figiio17,: mi parvero degni di essere festeggiati dal solito ferreo proposito. Tutti in famiglia si stupiscono della mia memoria per gli anniversarii lieti e tristi nostri e mi credono tanto buono! Per diminuime l'apparenza balorda tentai di dare un contenuto filosoficö all« malattia dell'ultima sigaretta. Si dice con un bellissimo atteggiamentQ:: «mai piü!». Ma dove va l'atteggiamento se si tiene la promessa? L'attegi giamento non e possibile di averlo che quando si deve rinnovare ilpröpo-; sito. Eppoi il tempo, per me, non e quella cosa impensabile che nor. s'ar-resta mai. Da melS, solo da me, ritorna. \ La malattia, ě una convinzione ed io nacqui con quella convinzione 1): i quella dei miei vent'anni non ricorderei gran cosa se non Pavessi allota de scritta ad un medico. Curioso come si ricordino meglio le parole dette che i sentimenti che non arrivarono a scotere19 l'aria. Ero andato da quel medico perché m'era stato detto che guariva Ie malat-tie nervose con l'elettricitä. Io pensai di poter ricavare dall'elettricitä la for-za che occorreva per lasciare il fumo10. 11 dottore aveva una grande pancia e la sua respirazione asmatica accom-.■: pagnava il picchio della macchina elettrica messa in opera subito alia pri-ma seduta, che mi disilluse, perché m'ero aspettato che il dottore studian-domi scoprisse il veleno che inquinava il mio sangue. Invece egli dichiard!:: di trovarmi sanamente costituito e poiché m'ero lagnato di digerire e dor-: mire male, egli suppose che il mio stomaco mancasse di acidi e che dume, il movimento peristaltico" (disse tale parola tante volte che non la dimen-ticai piú) fosse poco vivo. Mi propinó anche un certo acido che mi hard- / vinato perché da allora soffro di un eccesso di acidita. Quando compresi che da sé egli non sarebbe mai piú arrivato a scop tire la nicotina nel mio sangue, volli aiutarlo ed espressi il dubbio che la mia in-disposizione fosse da attribuirsi a quella. Con fatica egli si strinse nelle grosse spalle: - Movimento peristaltico... acido... la nicotina non c'entra! Furono settanta le applicazioni elettriche e avrebbero continuato tuttoráť: Tlt,.; ITALO SVEVO. LA C0SQENZA Di ZENO leio non avessi giudicato di averne avute abbastanza. Piü che attendermi 3ei rniracoli, correvo a quelle sedute nella speranza di convincere il dotto-j£ proibirmi il fumo. Chissä come sarebbero andate le cose se allora fos-si stato fortificato nei miei propositi da una proibizione simile. Hi! ecco la descrizione della mia malattia quale io la feci al medico: «Non fsosso studiare e anche le rare volte in cui vado aletto per tempo, resto in-sonne fino ai primi rintocchi delle campane. £ perciö che tentenno fra la legge'e la chimica perche ambedue queste scienze hanno l'esigenza di un ifavoro che comincia ad un'ora fissa mentre io non so mai a che ora potrö essere alzato». - L'elettricitä guarisce qualsiasi insonnia, - sentenzio l'Esculapio-", gli oc-chi sempre rivolti al quadrante2' anziehe al paziente. Giunsi a parkte con lui come s'egli avesse potuto intendere la psico-ana-iisi ch'io, timidamente, precorsi. Gli raccontai della mia miseria con le don-ne. Una non mi bastava e molte neppure. Le desideravo tutte! Per istrada la mia agitazione era enorme: come passavano, le donne erano mie. Le squadravo con insolenza per il bisogno di sentirmi brutale. Nel mio pen-siero le spogliavo, lasciando loro gli stivaletti, me le recavo nelle braccia e le lasciavo solo quando ero ben certo di conoscerle tutte. Sinceritä e fiato sprecati! II dottore ansava: - Spero bene che le applicazioni elettriche non vi guariranno di tale malattia. Non ci mancherebbe altro! Io non toccherei piü un Rumkorff14 se avessi da temerne un effetto simile. Mi racconto un aneddoto ch'egli trovava gustosissirno, Un malato della stessa mia malattia era andato da un medico celebre pregandolo di gua-rirlo e il medico, essendovi riuscito perfettamente, dovette emigrare perche in caso diverso l'altro gli avrebbe fatta la pelle. - La mia eccitazione non e la buona, - urlavo io. - Proviene dal veleno che accende le mie vene! II dottore mormorava con aspetto accorato: - Nessuno e mai contento della sua sorte. E fu per convincerlo ch'io feci quello ch'egli non voile fare e studiai la mia malattia raccogliendone tutti i sintomi: - La mia distrazione! Anche quella m'impedisce lo studio. Stavo preparandomi a Graz:i per il primo esa me di stato e accuratamente avevo notati tutti i testi di cui abbisognavo fino all'ultimo esame. Fini che pochi giorni prima dell'esame m'accorsi di aver studiato delle cose di cui avrei avuto bisogno solo alcuni anni dopo. 17. dalla morte ... mio %lio eventi tra loro molto lontani; il papa Pio IX moří nel J878, mentre la nascita del figlio di Zeno, Alfio, ě un fatto molto piú recente, sul quale pero nel romanzo egli non ci da in-dicazioni precise, facendola oscillare di quasi died anni. 18. Da me: in me; espressione modellata sul tedesco bei mir. 19. scotere: scuotere, 20. Io pensai... il fumo: come mostraiip aleune lettere personali, Svevo aveva. e& fettivamente provato una terapia elettrica; nel 1899 aveva anclie compratb ona macehina pet applicazioni elettriche de-srinate a ridurre k tensione nervosa. 21. movimento peristaítico: le contrazioiii dell'apparato digerente. 22. ľEsculapio: il medico, designato iro-nicamente col nome dell'antico dio della medicína. 23. gli ocehi ... al quadrante: íl medico fa attenzione alle índicazioni del quadrante delia macchina elettrica e non al corpo del paziente. 24. un Rumkorff: la macchina elettrica víene designata col nome dell'inventore Heinrich Daniel Ruhmkorff (1803-1877), tra i cui apparecchi il piú ceiebre era il rocchetto detto appunto di Ruhmkorff (1851); qui indica un apparecchio elettri-co impiegato anche in ambito terapeuti-co, in particolare per la nevrastenia. 25. Graz: in questa cittä austriaca, capita-le della Stiria, era una celebre universita e una scuola superiore di studí teenici, frequentate da molti triestini.