EFOCÄ 9 LA NiXJVA ntcut f É U WtTONZIQ £ L'ESTEnSMO, GABRÍELE D'aNNUNXIO - LE LAMM 46} 25 30 35 40 ospiti lungo 1'AJíríco notturno! Volán elk si basso die la oiolle erba sfioran coi petti, e dal piacere ii loro volo sembra fatto azzurro. Sopra non ha susurro 1'arbore grande, se ben tréma sempre. Non tesse il vo!o intomo a le mie tempie fres die ghiriande? E non promette ogni lor breve grido un ben the forse il cuore ignora e forse indovina se udendo ne trasale? S'attardan quasi immemori del nido, e sul margine dove son trascorse par si prolunghi il fremito deU'ale. Tutra la terra pare argilla offerta all'opera d'amore, un nunzio il grido, e il vespero che muorc un'alba certa. [...] 0 blanche e tiere», e «tra notte e alba, tra vespro e notte» (alba e vespro d'al-tru parte coincidono tra loro, quasi so-vrappofigono k loro identita. come sari confermuto dal finale della poesia. v. 16. il volo basso delle rondini si confonde con I aw.urro del cielo, in un ainpio senso di piacere. Cfr. nel Taccuino XVII: •dnnumcrevoli rondini volano hasse, radendo l'erba, su gli argini verdi, con voll brevi e tardi.,.». w. Z7-28. l'albero grande da cui immagi-ne resta volutamente mdeterminata) non ha nessun sussurro sopra, sulla sua cima, anche se trema continuaniente, per un vcnio leggero e anche per il vicino volo delle rondini. w. 29-30, lo stesso volo delle rondini in-ghitlanda i! poeta: la sua effusione si affi-da al canto, ai suopiesligio dipoeta «co-ronato». w. 31-33, l'interrogativa suggerisce che il bene «promesso» dai gridi delle rondini viene «ignorato» 0 meglio viene solo in-dovinato, misteriosamefite innrito da chi Ii ascolta e trasale neU'udirii. v. 34. le rondini s'attardano nel loro volo serale, come se avessero diinenticato che c'e un nido che le artende. w. 35-36. sugli argini del. ■.■ c :',r dini hanno sfiorato, pare che an iv sj conservila sensaäone del lc-i > 10i3 a dirittur» del fremito delle loro.-I. (I") A-mmzio awerte qui k su»-'.-..- >jk Jj 3er man ere defl'eco di una "11 ■ , .r, 1 mlc inaffetrabiie, anche cruando ě -. jm t; r.c no 3a sua immediata pre. ■. ,1 n .■) w. 37-38. resa molle dalla piog,?.-, -i ttsn quasi artende I'arusia che |.mi . ['I, rar> e fecondarla come l'argiila rxllc maai J. uno scultore: ma il kvoro artistico ě ufen-tificato con Yopera d'amore, 1 irp:üi cci. un corpo erotico che si .1 ile v. 39. un nunzio il grido: il grids ■ u-jic evi dini pare uti annsinsio; ^rrL^s'-.M»' ehr rinianda ai w. 31-33: ě l'snmm/io, la pro-messa, d'un bene ignoro c insieme dti sorgere di una nuova vit 1 ,v fi.i w. 39-40. le ultiine e ten> .■ I ic J.l' 1 -r'i si identificano con la hice 1. -. Hl iL« II monvo deJla coincidei • ..■ In tr iv"ii'.> e aurora ě particolarmente ulk. ma; D'Annunzio; un suo po; 1 ■!■ pr.vivleT te ě in Maupassant, Des vers. /.■' ''• l'eau ("Versi. In riva all" jt- [i -i 1 ~T:lä runt qui lombait me sen 1. 11 ij - jUI" re!» ("E la notte che seendeva m: ptuera un'aurora!"). La sera fiesolana (da Alcyone) icjitta nel giugno 1899 (una copia manoscritta reca la data: «La Cappon £©a, řettígnano di Desiderio, ai di 17 di giugno 1899, verso sera, dopo la _;0ggia»j, La sera fiesolana lu la prima ad essere composta delle liriche di Alcyone e hi pubblicata nella «Nuova Antologia» del 16 eovembre 1899 (lo i esso fascicolo in cui apparvero le strofě su Verrara sopra ri port ate): in Ltiella prima pubblicazione le tre strofě recavano ciascuna un sottotitolo a ' to, Lc nativita delta luna, La pioggia di giugno, Le colline- II componimento ě costituito in reaitá di 3 strofě di 14 versi di varia iun--beaza (ki prevalenza endecasillabi, intrecciati con sottUe disposizione mu-; cale con novenari, settenari, quinari): e'e un sistema di rime moko libero, denso e variato da una strofa all'altra. A ciascuna delle 3 strofě segue un terzetto che fa da antifona (ritornello variato, contenente ogni volta una di-vetsa «laude» della «Sera», che riecheggia una formula del Cantico delle -feature di san Francesco, «Laudata sii per...»); questo terzetto ě formato da un endecasJJabo, da un verso lungo composto (il primo, per escmpio, >- sett- "srio + ottonario), e da un quinario. Ciascuna strofa e ciascun ter- . jetto si Linre con un endecasillabo e si chiude con un quinario; il primo verso dt p43í terzetto rima sempre con 1'ultimo verso della strofa che lo pre-i?de, e i-.nche gli altri due versi rirnano con altri versí della stessa strofa. La s-ruazione ě la stessa che si ě vista nella poesia Lungo I'Affrico, die nella disposizione di Alcyone precede La sera fiesolana, ma che fu invece . composta successivamente (cfr. sopra): si tratta di una contemplazione del paesaggio intomo a Fiesole in una sera di giugno, dopo la pioggia. Ma qui lo sguardo a! paesaggio prende awio da una esplicita «volonta di dire» (in cui i crttid hanno visto un diretto riferimento a Dante e alia Vita nuova, dove il sorgere della poesia della r.7 L'eco del Caxticti francescan© sua forza incantattice, sostenuta dal suo rivolgersi ad un tu *A , senza femminae chiamata a partecipare alTincanto dellasea a] suale dispiegarsi di colori e di effetti, dl una vita fisica die e tanto n«ä gestiva quanto pki appare inafferrabile, quanto piü vtve nell' ,'Ur-,r spettacolo che subito si spegne e svanisce. ■ ' . Come indicano i sottotitoli delle tre strofe nelk prima ec ...irr.- . -e sopra accennato. ciascuna strofa, con le sue parole frtscht nose, intende condurre S'interlocutrice a imrnergersi in un d . ~ del paesaggio serale. Nella prima, come suggerisce appunto •! . 1 e in evidenza La nativitä delta luna, i! sorgere della luna nell tittuda se"- ' suo manifestarsi come velata dal sogno: ma rimmagine della luna e tw. ciuta, come preparata, dagli effetti sonori e visivi susctiad. dal s'Vi'v.t«! , c tadino che coglie Je foglie del gelso, la cui presenza, che %'ai.u.raa neua ■ ra, assume quasi un carattere vegetale, da luogo a sottili efiiein di f x colore. Nella seconds strofa e in evidenza La pioggia di giugr., \ ^^Jta 'j& suo recente cadere su tutta la vegetazione circostaiHe (con u 1 "ein rp». prio elenco di piante che si svolgc a partire dal v. 22, con un , v-.n. . t mini preceduti dalia preposizione su). Nella terza stroia son-. iu <_.-\ iejJZ8 Le collme del paesaggio fiesolano, con il fiurne che attraversa !a 1 ,iTri)aEfla intomo a Firenze e che invita a raggiungere lontani rearm / d'anior, wailre l'intero orizzonte si presents sorto le sembianze di un corpo frmm-niic Le prime due strofe si condudono sotro il segno della pao, .ueutrr ta terza si rivolge verso un annuncio di consolazione attjorosa, cht c'»aisi in causa Yanima, efa pensarealla possibility di un amor phi forteMvuho a ?« ta la natura. Ed e proprio dai finali delle strofe che sorge 1'imrilsn Via *o de della Sera stessa, come imniagitie della trascolorantc natur r lüde ; della sera si basano i tre terzetti, che direttamente mettono la lirica in col-' legamento con Fantica tradizione della iauda religiosa, anche '.'.m 1j due: ta citazione del Cantico delle creature di san Francesco d'Assi ii, \\*ma -» turalmente in una chiave di sensualitä pagana. Con questo di-ti';> nch.a-mo al Cantico delle creature la lirica si coUega ai primo sorget' irtero programma delle Laudi dannmrziane, alle cui origin! e'e anche .a ciiiloiitä s di D'Annunzio pet ipaesaggi e i luogfai francescani, manifesto 1:1 :■<> l\ü:ro 1 in un appunto del Taccuino XIV, a proposito di una visits a S.miJ Mini degli Arigeli, presso Assisi, del 13 settembre 1897 (e nd paesageir r nella s tuazione de La sera fiesolana sono present! echi da questo appui.fnl Pit; 1 diretta ed esplicita la citazione francescana enell'ultimo terzetto i'd cir rn- I mo verso ricorda quello di san Francesco, «Laudato si', mi' S'ifnori:. ['-er > sora nostra morte corporale»); ma la poesia di D'Annunzio si -hi.de. m , modomolto poco«franecscano», sorto il segno di wiattesa pdi'ta-t<.di ; una morte che e intrecciata aü'amore sensuale, che e immersiri'.- cprrc 11 trascorrere delle apparenze naturali: con la gioia vitalistica «I. • ."ji: sm-pre nascere da ogni forma che muore una nuova forma e ur.i n: >vj l'v' lezza che palpita e si espande sul mondo. •4 i JU Presche le mie parole ne la sera ti sien eome il fruscio che fan le foglie del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor s'attarda a Fopra lenta su l'alta scala che s'snnera contro il fusto che s'inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna e prossima a le soglie cerule e par che innanzi a se distenda un velo ove il nostro sogno st giace e par che la campagna giä si senta da lei sommersa nel notturoo gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla. Laudata sii pel tuo vi so di perla, 0 Sera, e pe' tuoi grandi umidi occhi ove si tace l'acqua del cielo! - Sera antropomorfizzata (che p"i1 ■>»-!• I mente sta a indicare metaloricamiT'C !'o-rizzonte) e paragonata »1 salice tin- 1 ■■ fasei di fieno fresco c odoraso. w. 35-39. la parole del poeta («Io ti diro... e ti dird...») csprime k propria onnipotenja, la propria capacitfi ■ 'i ■: i" :: gliere segreti imponderabili, arcc=sihsii solo a iniziati. La seconda persona (ti) e quella deila donna, che quasi in-1 ihj in se la iigura dei lettoricui il d:re 1A v . ta si rivolge. I reami / d'amor sono regni » favolosi e immaginaii a cui conJu.'c !1 corso del fiume. forse al di la 1 -II ■ m:J stessa foce; ma a questo richiamo a qua)- J cosa di immensamenlc lontais" -i1 : giunge quello aile fonti, ai misteri aatri e originari dei luoghimonLanid ci_' II'1' me stesso prende vita. Si noti il |,: Jare ritmo di sospeiiyionc che .» V-'"s'' ■ Wmm w f- 9 x n'ANOTNZIO E l'ESTETISMO, GABRIELE d'ANNUNZIO • LE LAfJM p le colline su i limpidi orizzonti s'inciirvino come labbra che un divieto chiuda, e perché la volontä di dire h-: le faccia belle oltre ogni uman desire £ ' e nel silenzio lor sempre novelle consolatrici, si che pare che ogni sera 1'anima le possa am are d'amor piú forte. ....... Laudata sii pet la tu a pura rnorte, o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitate le prime stelle! versi e attribuito dai due enjambements Wat / d'amor e fonti / eteme. H fiume a coi si allude (anche se rimane voluta-mente indeterminato) e l'Arno, che at-trsrersa tutta la plana di Fireoze, visibile is Eesole. L'immagme dei fonti che par-into l'avevamo giä inconttata in Hortus Conchsu;, v. lS, p. 44a. vy. 19-48 il poeta dirä alia donna quale segreto faccia curvate le colline come labbra chiuse da qualche impedimento [dtvteto): il paragone tra la ctirva delle colline e le labbra chiuse che sembrano trattenere qualche misterioso segreto pud attribuire alle colline Stesse una volonte di dire, un impulse a rompere il segreto che resta perd sempre trattenuto, ma in cui si riconosce la loro bellezza e il loro carattere di consolatrici. Volontä di lire i espressione usata piü volte nelia Vita nuova di Dante: qui essa e riferita alle «colline» aiitropomorfizzate, espressione della voce del poeta (che natural-mente si identifies con quella stessa volontä), ma anche piene di un segreto fa-scino femminile; ě proprio il legame tra la volontä di dire e il silenzio che attri-buisce a quelle labbra-colline una bellezza che va al di la di ogni umane desi derio, e una sempre nuova capacity di consolare chi le contempla, che suscita una disposizione ad amarie ogni sera d'amor piú forte, v. 50. l'attesa: ě l'attesa della notte, colle-gata alia trepida «volontä di dire», che comporta il darsi di una fine e di una morte (quella della sera, con aitre sugge-stioni date dal balenare del legame, sot-tolineato dalla rima, tra Vamor piú forte del v. 48 e la pura morte del v. 49) e Pim-minenza d'un inizio (il prossimo appari-re delle stelle). La tenzone (da Alcyone) Gomposta a Marina di Pisa il 5 luglio 1899, lu pubblicata per la prima volta su «TJ giorno» del 1° luglio 1900, con il titolo La tregua. Un appunto del 2 luglio 1899 rivela esplicitamente la situazione da cui questa poesia prende avyio: si tratta di una escursione in barca a vela alia foce dell'Arno, durante un soggiorno estivo alia Marina di Pisa (ecco solo qualche battuta di questo appunto: «Si veleggia su per l'Arno... S'ode il canto delle lodole e quel-