stete cattedrali: quella luce obliqua ě segno di una laccrazionc the grava siTrw" significato, che vi crea come una "differcnza interna" (internal difference- che Lu á traduce «inferiore disappunto»): ě un sentimente) che chiama in causa il fUIlu0 della conoscenza, ma che non pud essere ttasmesso e insegnato, che resta come "una prepotente afflizione" (an imperial affliction) discesa nell'ana. Tuno restaal lora come sospeso (come mostrano quelle ombre che si intrectiano con la lucee hold their breath, "trattengono il respiro"): la visione si proietta in una distanzache evoca la motte, che ě simile a quella che si affaccia sul volto di chi muore. Dawe ro ardua e sconvolgente questa rivelazionc di tutta l'esperienza e delle sue appa-renze di sbieco, da un angolo obliquo, in un misto di incanlo, di sgomento, di op. pressione, in una idenüfieazione del volto del mondo con ü volto della mořte Si notino nel testo inglese le maiuscole e i trattini, che riproducono 1'iiso dei quademi della poetessa. [EDIZJONE: Emily Dickinson, Tutte le poesie, a cura di M. Bulgheroni, Mumladori, Mikno '997] ĽPOCA9 Ul8^ 9.3 Carducci e il classicismo There's a certain Slant of light, Winter Afternoons -That oppresses, like the Heft Of Cathedral Tunes - Heavenly Hurt, it gives us -We can find no scar, But internal difference, Where the Meanings, are - None may teach it - Any -Tis the Seal Despair -An imperial affliction Sent us of the Air-When it comes, the Landscape lister Shadows - hold their breath -When it goes, 'tis like the Distance Cm the look of Death - Taglia i pomeriggi d'invcrno una čerta obliquita di luce chc grava con la stcssa pcsanlezza ctelle note in una cattedrale. Celcstialmcnte ci fensec dcatrici non se nc Irovano, solo un interiorc disappunto dove risiedono i signiŕicati, c'č. Nessuno puo inscgnarlo - quasi -e un sigtllo disperato. una imperiale afflizione che ci elargisce ľaria. Quando viene il paesaggio sta in ascolto, le ombre trattengono ü respiro, quando va via e come la lontananza sul sembiante della morte. 9.3.1. II ritorno del classicismo. no Anche neJJa fase di maggiore diffusione del Romanticismo, le tenderize classicistiche non erano mai venute meno nella nostra letteratura: ľeduca-zione scolastica contribuiva fortemente a mantenere in vita una cultura legáta, anche se in modo piuttosto esteriore, alia tradizione classiea, alio studio dei latini e anche dei greci; e poeti come Monti, Foscolo, Leopardi of-frivano ancora origináli modelli di linguaggio legato alia tradizione. Nel processo di formazione dello Stato unitario e nello svilupparsi di una nuova realtä industriale, il classicismo ridusse fortemente i suoi caratteri il-lrrministici e razionalistici: si pose esclusivarnente come rivendicazione di una secolare tradizione, come affermazione di continuitä della cultura nazionale, come rifiuto di un troppo impegnativo confronto con la nuova cultura eu-ropea. Dal classicismo la nostra borghesia ricavô una sorta di repertorio di figure, di nozioni, di temi, sterile e chiuso in se stesso, legato spesso a una rivendicazione provinciale della presunta grandezza italiana. Con Carducci il classicismo si impose come modello di comunicazione poetica proprio per-ché ŕu recepito dal pubblico in una prospettiva retorica e nazionalistica. Intorno al i860 il rilancio del classicismo si spiega pero anche con l'ormai cliffuso fastidio per il Romanticismo furnoso e convenzionale. Contro di es-so il classicismo esprimeva un'esigenza di realismo, proponendo un ritorno alia rappresentazione della realtä, ma in termini median dalle forme classi-che; la realtä a cui esso mirava era quella catalogata e controllata dal linguaggio dei classici, anche se vi venivano incorporati piú diretti rifeíiménti alia vita contemporanea, e ne risultavano esclusi gli aspetti piú arcaici e con-venzionali della tradizione. Un caso a sé - un esempio di spontaneo e discrete rapporto con la tradizione classicistica - costituisce l'opera del prete vicentino GlACOMO ZANEL-LA (1820-1888): nella sua poesia un sincero spirito religioso si associa a un al-trettanto sincero patriottismo e a una cauta apertura al progresso scientifico (molto celebre ľode Sopra una concbiglia fossile, del 1864, apparsa nella rac-colta dei Verst, 1868). Ma i suoi risultati migliori si hanno quando egli presents le imrnagini di una serena e limitata vita provinciale, a contatto con una nátura quieta e misurata (soprattutto nei sonetti deR'Astichello, 1884). Classicismo e tradizione nazionale Un repertorio retorico Un realismo mcdiato Giacomo Zanella 48 EPOCA9 lANUOVAmma^l ^ ^CCIE.LCLASSIOSMO 49 L'infarjzia maremraana g1í smdi I altivilá ctliloriale 1'inscgnamei La stagionc giacobina 9.3.1. Vita di un poeta-professore: Giosue Card ucci. Nell'esperienza di GlOSUE CARDUCCI ebbero un peso fondamcntale l'infu,. zia e la prima adolescenza passate in Maremma, a contatto con una rutin, dalle tinte forti e accese, con un mondo campestrc chc suscitô in lui un w mulo di sensazioni immediate e vigorose e un senso di vitalita e di rude eng. gia, alimentando il suo spirito ribelle e aggressivo. Nato il ry luglio 1835aVa]. dicastello, in Vetsilia, Giosue visse dal 1838 al 1849 in Maremma, ove, coot medico condotto, lavorava il padre, abitando a Bolgheri e soprattutto aG-stagneto. Lí fece i primi studi e le prime letture, stknolate soprattutto dal pa dre, dotato di buona cultura classica e mol to curioso dclla letteratuta con-temporanea, di idee liberáli, ma piuttosto autoritario nel contesto familiare. Nel 1849 "1 padre perdette la condotta per le sue idee politiche e la famiglia dovette trasferirsi a Firenze, dove Giosue frequentô le scuole dei Padri sco-lopi: nel 1853 fu ammesso alia Scuola Normále Superiore di Pisa, da doveusd nel 1856 laureato in ŕilosofia e in filológia. In questo periodo universitario sog-giornô anche in vari centri rurali delia Toscana, dove il padre esercitavak sua professione, e torno spesso a Firenze: qui partecipô alia societa degli «Amici pedanti», che in modo duramente polemico mirava a una restauia-zione del dassicismo, contro tutte le tendenze romantiche e modernizzanti. Nell'anno scolastico 1856-1857 insegnô nel ginndsio di San Miniato, dovegli amici lo convinsero a stampare la sua prima raccolta di Rime; la sua situa-zione familiare, tipicamente piccolo-borghese e segnata da sacrifici e diffi-coltä, divenne allora particolarmente dura, anche in seguito a due gravi di sgrazie: il suicidio del fratello Dante (novembre 1857), di cui alcuni attribui-rono la responsabilitä al padre, e la morte del padre stesso (agosto 1858). Giosue dovette farsi carico delia madre e dell'altro fratello e si arrangiô curando varie edizioni di classici italiani per l'editore Barbera di Firenze e impegnan-dosi in studi filologici; nel 1859 sposô Elvira Menicucci, che conosceva giä da alcuni anni, e alia fine ddľanno ne ebbe la prima figlia, Beatrice (ebbe poi altre due figlie e il piccolo Dante, mono nel t87o). Gli wenti del ,859, con la guerra in Lombardia e con la caduta del gover no granducale toscano, suscitarono il su lellio ----^„abre: talutnalpmtardi chiamata letteratura itaHana) ndla Atnovata university r .------'■""•juuuuousuoentuí Sfo Con0T^lfT°K "f Hc^ ^toia, dove insegnô nell'anno >8»-itdSa SľÍÍ^ttTbre ^ Ssore di eloque, Bologna. Trasferitosi con la famiglia a Bologna, pur tra molte difnco ^ nomiche e pratiche, si immerse in un intenso lavoro di insegnamento cerca critica e filologica (a questi primi anni universitari risalgono 1 su riusciti scritti storiri e critici). La delusione per la politica praticata dau se dirigente del nuovo Stato unitario (specie per ciö che riguardava co^ pletamento del processo d'indipendenza e la liberazione di Roma), u sere e l'insoddisfazione per la sua condizione economica e familiare, le s land letture di quegli anni (soprattutto di storici repubblicam francesi, c Michelet e Quinet, e di poeti romantici laici e radicali, come il tedesco ri rich Heine, 1797-1856), lo spinsero su posizioni di tipo giacobino e repu cano, con acceso e violento tono polemico, con un anticlericalismo furente^ viscerale, fino ad atteggjamenti anarchici e socialisteggianti. Questi suoi a teggiamenti suscitarono vari interventi repressivi da pane delle autorita (e tra ľaltro nel 1868 Carducci fu sospeso per due mesi e mezzo dalľinsegnamento). Nel 1870 la sua vita ŕu ŕunestata da gravi lutti: dalla perdita delia madre e del figlioletto Dante; ma al dolore e alľinsoddisfazione esistenziale si accom-pagnarono il successo di poeta (notevole giä con la raccolta delle Poesie del 1871), una sorta di ripiegamento su se stesso e ľaffacciarsi di nuovi desideri ed esperienze. Nel 187a iniziô una relatione amorosa (durata fino al 1878) con una donna piena di ambizioni intellettuali, che era entrata in rapporto con lui at-traverso uno scambio epistolare: Carolina Cristofori Piva (1837-1881), moglie di un colonnello dell'esercito (chiamata Lina o Lidia nelle lettere e in alcune poesie). Nel 1876 fu candidato democratico alle elezioni parlamentári: ma il suo gia-cobinismo andava progressivamente riducendosi e annacquandosi e, dopo la liberazione di Roma, egli si awiava ad accettare il ruolo delia monarchia dei Sa-voia come garante delľunitä itaHana. Giunse cosi a uno spettacolare cambia-mento di posizione (simile a quello di molti personaggi di origine democratica e repubblicana e di ampi settori della massoneria, a cui egli era affiliato): e la cosa fu favorita dal fascino che esercitava su di lui la figura della regina Mar-gherita (che vantava curiosita intellettuali) e dall'apprezzamento che essa manifesto per la sua poesia. Dopo un incontro con i sovrani in occasione di una loro visita ufficiale a Bologna nel novembre del.1878, scrisse uh'ode Alia regina d'Italia, e intorno al 1880 infittí i suoi riconoscimenti alia monarchia e cercô sempře nuove occasioni di celebrazioni ufficiali (sia in poesia, sia in discorsi di circostanza di vario tipo). Aden alla politica «forte» di Crispi, nutrendo una crescente awersione per il socialismo e ponendosi come «vate» ufficiale del-ľltalia umbertina; nel 1890 fu nominato senátore del Regno, fl suo carattere im-petuoso e risentito restava pero dominate da desideri e malumori e attirato da nuovi sentimenti amorosi (come quello per la giovane poetessa ANNIE VlVAN-TI, 1868-1942); ma, nonostante la celebrita, visse tetramente gli ultimi anni. Pres-so l'editore bolognese Zanichelli euro l'edizione completa delle sue Opere (1889-1905); nel 1904 lasciô ľinsegnamento e nel 1906 vide consacrata la sua posizione di poeta ufficiale della nuova Italia col premio Nobel per la letteratura; morí a Bologna, per un attacco di broncopolmonite, il 16 febbraio 1907. Poeta di successo 9.3.5. Le raccolte poetiche del Carducci. Ľadesione alia monarchia Vate delľltalia umbertina Gli ultimi anni E abbastanza difficile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci at-trayerso le raccolte da lui edite, perché egli organizzó i suoi componimen-ti pm volte e in modi diversi, dandone solo relativamente tardi una siste-mazione generále e definitiva (nell'edizione delle Opere), che non cprri-sponde precisamente all'ordine con cui egli pubblicó le prime raccolte, e che si basa insieme su criteri cronologici e su distinzioni di «generi»: com-ponrmenti contemporanei e dai caratteri molto simili possono quindi tro-varsi in raccolte diverse. Dopo la pubblicazione, nel 1857, delle Rime giovanili (dette Rime di San Miniato), la prima organica raccolta del Carducci fu quella, in quattro libri, dei Levia Gravia (titolo latino, ricavato da Ovidio, che indica un insieme di Le raccolte e l'edizione definitiva Bibliografia caxducciana so EPOCA9 LA NUOVA ITAUA ,8«,., poesie leggere e di poesie gravi), pubblicata nel 1868 con lo pseudonimo di Enotrio Romano. Nd 1871 usci un volume dal liiolo Poesie, in tre parti (di ■ la prima, Decennalia, comprendeva lc poesie politiche del decennio 1860-18™ la seconda si intitolava aiicora Levia Gravia, la lerza juvenilia, doe poesiegio! vanili); dopo il successo di questo volume, apparvero nel 1872 lc Pnmaveted-kniche, dedicate a Lidia e basate su un'elegantc ripresa di modelli antichi (t passate poi nella raccolta delle Rime nuove); nel 1873 apparvero le Nuovepoe sie di Enotrio Romano, con quarantasei componímtntí di vario tipo; nel 187; usci il primo libro di versi costruiti secondo gli schemi della metrica barburn (cfr. GENER1 E TECNICHE, tav. 205), le OJi barbare (a cui seguirono nel i88ilt Nuove Odi barbare e nel 1889 le Terze Odi barbare). Nel 1882 usciva la raccolta intitolata Giambi ed F.podi, che includeva gran parte delle prccedenti poesie polemiche e giacobine (il titolo si riferisce a un verso e a un tipo di compoá mento usari dai dassici per una poesia polemica o moralistica), nel 1887 veni-vano pubblicate le Rime nuove (nelle quali confluiva il meglki della precedente METRICA BARBARA Data la diversa natura della versificazione romanza rispelto a quella greca e latina (cfr. termini base 18), č estremamente difficile riprodurre in qualche modo nella poesia volgare gli schemi e le forme della metrica arnica; ma, a partire dal-ľUmanesimo, si annoverano numerosi tentativi di rimettere in uso i metri classi-ci. Questo tipo di poesia e di metrica fu chiamata barbara da Cardueci, che nelle sue Odi barbare tento di metterne a punto alcune forme (cfr. 9.3.}): il termine babom intendeva sottolineare il fatto che quella riproduzione dei metri classicipo-teva essere solo approssimativa e parziale, come in un tcntativo fatto da «barbari» di appropriarsi delle forme classiche. Due sono stau gli orientamenti di coloro che hanno tentato qucsta difficile im-presa. Alcuni hanno cetcato di ricreare una vera e propria metrica basata sulla quantita, attribuendo valore quantitativo alle sillabe volgari (considerandolelun-ghe o brevi come quelle latine), in modo da riprodurre direttamente i piedi dei versi antichi: il primo a fare un tentativo in questo senso ě stato Leon Battista Alberti, in occasione del Certame coronario (cfr. 3.2.1), seguito nel Cinquecento da Claudio Tolomei e altri (cfr. 4.6.8). Ma la natura stessa della lingua volgare rende-va questi tentativi insoddisfacenti: cosi, tra Cinquecento e Settecento ci furono vari esperimenti, soprattutto neľľambito della Urica, orientatj a riprodurre non la di-retta scansione metrica dei versi antichi, ma il loro rilmo, attraverso usi e combi-naáoni di versi volgari che riproducessero ľandamento nsultante dalla lettura moderna dei versi antichi. ľ Cará"cciriPrese e P«rfezionö quesťulrimo metodo, eliminando completamente 1 uso delia rtma; ma il suo contribute piú originale fu costituito dalla individua-ztone dx una forma per i due versi fondamentali delia poesia latina, che avevano un numero vanabile di sillabe, \esametro e il peníametro (rispettivamente di sei e cinque piedi). La poesia barbara di Cardueci, con le varie imitazioni che la Seguirono aUa fane deäl Ottocento e alľirúzio del Novecento, contribuí alla rottura de-gü scherm strafia e nrmici delia tradizione poetica, aUa ricerca di nuove forme non chatte, afla vartaáone della misura dd veno, indírizzando la serittura poetica verso nuove forme di veno libera (cfr. generi e tecniche, tav. 224). CARDUCaElLCLASSlCISMO poesia non «barbara»: la parola rime indicava appunto che i componimenti si basavano sui metri della tradizione romanza) e nel 1893 la raccolta definitiva delle Odi barbare (che riuniva i testi delle tre precedenú raccolte); nel 1899 usciva ľultima raccolta, Rime e ritmi (che includeva sia poesie basate sulla metrica italiana, sia poesie basate sulla metrica barbara, chiamate ritmi). 9.3.4. Svolgimento e caratteri della poesia carducciana. ^ La poesia di Carducci si articola in piú momenti, riconducibili alle diverse esperienze umane e ai diversi orientamenti ideologici delľautore: ma resta sempře fedele a un ideale di classicismo fiero e vigoroso, a un rifiuto della «vaporositä» e dei languore sentimentale romantico, alla ricerca di un equilibrio «ideale», che vuol essere espressione di una umanitä sana e ope-rosa. Carducci mira costantemente a una letteratura che si accosti alla realtä e si opponga a ogni dissoluzione delle forme tradízionali, che «restauri» i grandi modelli dei passato confrontandoli con le esigenze dei presente. A questo bisogno di armonico equilibrio si sovrappone pero uno spirito aspro e «selvaggio» che gli fa cercare ľurto, lo scontro, la polemica: il richiamo della rude víta campestre della Maremma, il ricordo dei mondo della sua infanzia e della sua adolescenza, lo fanno scattare a piú ripíese contro il mondo politico e intellettuale, e lo inducono a cercare una vita diversa e piú libera, che non abbia nulla a che fare con i ritmi tetri e lenti della sua esistenza di professore e di studioso. Egli giudica i modelu clas-sici lo strumento idoneo a dar voce a questi impulsi e guarda al passato sto-rico come a una fonte di vigore, che la poesia deve risuscitare contro lo squallore dei presente. collaborando cosí alľautentico progresso delľu-manitä. Nei primi anni giovanili queste energie si incanalano nella riven-dicazione delľunitä ďltalia e nell'esercizio di un classicismo che si oppo-ne testardamente a tutte le forme della cultura contemporanea; ma subito dopo il 1860 egli rivitalizza quel classicismo collegandolo alla tradizione re-pubblicana. giacobina. anticlericale, esalta il «libero pensiero» che porta ľumanitä verso un futuro ricco di nuovi ideah e di nuove possibilitä ma-teriali, e si fa attento alla realtä sociále e alle genuine forze dei «popolo». Ii celebre Inno a Satana (1863), che suscitô scandalo e diede luogo a varie polemiche, ha la forma di un'ode classicheggiante (principále modello sono certe odi dei Monti), ma ě una esaltazione dei libero pensiero laico, che, riallacciandosi alla tradizione dei paganesimo antico, si ě liberato dai vin-coli della superstizione religiosa e si muove vittoriosamente verso il futuro. Lapoesia carducciana negli anni Sessanta e in eran parte degli anni Set-tanta si risolve (soprattutto nei Giambi ed Epodi, ma anche in alcune'del-le Rime nuove) in un realismo classicistico, che si basa su immagini corpo-se e plastiche e fa irrompere negli schemi della poesia tradizionale fram-menti di una matéria nuova, «pezzi» di realtä fisica. Questo realismo classicistico esplode nel modo piú violento nelle poesie politiche e satiriche, che si riferiscono spesso a occasioni molto precise, ma raggiunge i risulta-ti migliori in alcuni testi piú distesi e trionfanti (come nella «ripresa» tra i aue libri dei Giambi ed Epodi, dal titolo Avanti! avantü, dell'ottobre 1872), Classicismo t progresso Contro lo squallore co n tem po-rarieo Esaltazione del libero pensiero e {'Inno a Satana Realismo classicistico EPOCA 9 LA NUOVA LTAUA .86i-Iol0 CARDUCCI E IL CLASSICISMO 9*5 Attenzione alia poesia europea La jicerca della bellezza Classldismo celebrativo npiegamento malin co nico Un classicismo professorate o in alcune evocazioni di immagini storiche o di accesi paesaggi nature (soprattutto in Rime nuove). Questo realismo classicistico si nutre anche di una cauta attenzione alia moderna poesia europea, traendo temi e spun ti da poeti come Victor Hugo e Heinrich 1 leine (e ínteressanti sono le tra duzioni di Carducci da questi e altri poeti ottocenteschi). Soprattutto a cominciare dalle Primavere elleniche, il classicismo di Car. ducci comincia a cercare soluzioni ehe mirano a una riesumazione prezio-sa delia bellezza classica: i richiami al mondo contemporaneo si traduco-no ora in momenti di piú sŕumata malinconia e di piú ambigua sensibilita, oppure in toni pomposi e celebrativi, con una retorica piú esteriore e at-teggiata. Nel corso degli anni Settanta nella senttura di Carducci coesi stono ancora prospettive diverse: il suo realismo plastico si sovrappone an cora a un classicismo prezioso e celebrativo, ehe finisce pero per dominate nelle Odi barbare; qui la ripresa dei metri e delle forme classiche assume spesso caratteri estetÍ2zanti, ehe fanno pensate additittura ad atteggia-menti pamassiani (cft. PAROLE, tav. 206). Mentte si awicina a posizioni monatchiche e conservatrici e si trasfot-ma in poeta ufficiale dell'Italia umbertina, Carducci riduce progressiva-mente il suo spirito irruente e polemico: una volta ehe la societa riconosce ed esalta il valore della sua poesia, il vecehio leone smette di ruggire. La fe-delta alia tradizione classica e alle idealitä naziorrali, il suo energico spirito laico e anticlericale non sono scomparsi, ma gli accenti piú sinceri coind-dono ora con i momenti di sottile malinconia o di cupa disperazione. Se la si consídera nella sua globalitä, ľesperienza poetica del Carducci si risolve non tanto in un'ultima vigorosa difesa della tradizione classica, ma piuttosto m un suo impoverimento, in una sua chiusura in un ambito nazionalistico e provinciale: di un simile classicismo, ehe manca di quel re-spiro universale ehe caratterizzava il classicismo di Leopardi, Carducci rie-see a fare un modello «nazionale», ehe si impone e resiste nella media cul tura borghese, fino agli anni del fascismo: il suo successo testimonia anche ľarretratezza di gran parte della cultura e delle classi dirigenti dell'Italia postunitaria, e dä in ogni modo un'immagine conereta delle aspirazioni, delle velleitä, delle incertezze di quel mondo. PARNASSIAN ESI MO / PARNASSIANI Con queste parole ci si riferisce agli scrittori die nel secondo Ottocento pongono alia poetica romantica e al sentimentalismo e affermano 1 impassi dell'arte e la sua superiorita sugli eventi storici, rifacendosi alia bellezza c as^ (soprattutto alia scultuia greca), in cui rawisano un rňodello di perfezione i ^ e astratta da opporte alia mediocrita della vita borghese. 11 nome del Pamaso,^ monte di Apollo e delle Muse della mitologia classica, fu assunto come insegna un vero e proprio gruppo con la raccolta Le Parnasse contemporain ( B "arn contemporaneo"), che apparve nel 1866 e poi ancora nel 1871 e 1876. Piú in gene^ rale, col termine parnassiano si sogliono definire tutte le modeme forme di cla cismo estetizzante, che mirano a tener lontana dall'arte ogni traccia della real a Ipresente e cercano forme preziose, gelide e impassibili. 9.3.5. Temi e risultati del Carducci poeta. In un saggio Benedetto Croce definí il Carducci «poeta della storia», sottolineando il vigore delle sue rappresentazioni storiche, il pathos e il ca-lore con cui la sua poesia sa evocare momenti del passato, ricrearne i con-torni concreti, rilevarne la distanza e insieme recuperarne tutto il valore uraano e ideále. Questa dimensione storica della poesia del Carducci era per Croce un segno essenziale della sua sanitä e classicitä, che egli con-trapponeva all'irrazionale e alle «malattie» del decadentismo: egli soprav-valutava cosi il valore delle rievocazioni carducciane, ma metteva comun-que in evidenza uno dei temi piú costanti della poesia del maremmano. Le immagini, le situazioni, gli incontri del presente sospingono sempre il Carducci verso il passato, verso momenti in cui fioriva una vita diversa, av-vertita come piú integra e vigorosa di quella atruale; in quanto tale, il passato ha un carattere «classico» e non presenta quegli aspetti oscuri, mitici, fantastici, contraddittori, che avevano avuto un peso essenziale per la visione romantica della storia. L'attenzione del Carducci non va solo al mondo degli antichi, ai model della bellezza greca e della «virtú» romana: egli sente il fascino anche di altre epoche, che pero riconduce sempre a quella prospettiva di im-pronta classica; e particolare attenzione egli presta al Medioevo cdmuna-le, visto come esperienza di liberta, come grande espressione di virtu lai-che, come vigoroso modello di vita repubblicana; ma molte poesie dediča anche alia Rivoluzione francese (fino ai sonetti del Ca ira del 1883, compresi poi nelle Rime nuove), agli eventi piú vicini del Risorgimento italiano, e alle realtä piú diverse e lontane. Ma questo culto della storia si lega anche a una visione del mondo retorica e professorate: Carducci sembra volere a tutti i costi trascrivere nella poesia le impressioni e gli entusiasmi delle sue letture e dei suoi studi; le sue evocazioni si sviluppano spesso in modo sistematico, prendendo spun-to da visioni di monumenti o di paesaggi, e si configurano come una ap-passionata ma meccanica illustrazione, paragonabile a quella che una gui-da turistka fa di luoghi e di nomi incontrati nel corso di un viaggio. La poesia storica di Carducci raggiunge un tono inconfondibile proprio a par-tire dafla sua origine libresca: nonostante le sue ambiziose intenzioni, essa finisce per rappresentare una storia degradata, ridotta a misure borghesi e piccolo-borghesi; e risulta piú felice quando lascia trasparire gli umori per-sonali dell'autore, le sue rabbie e insoddisfazioni, il suo originario fondo paesano e popolare (come per esempio ne II comune rustico, 1885, nelle Rime nuove). I risulrati migliori del Carducci vanno cercati la dove, sotto la scorza del classicismo e della retorica professorale, si rivelano il mondo semplice e selvaggio della natura, il paesaggio maremmano delľinfanzia e adole-scenza del poeta, la vita popolare semplice ed elementare, improntata al javoro e ai sani valori familiari e insieme minacciata dalle forze ineluttabi-li della malattia e della morte. Le immagini piú intense di questo mondo nascono dal confronto con la vita cittadina di Carducci professore, tanto diversa da quella vissuta m quel passato ormai irrecuperabile: la Marem- Poeta della storia e del passato Virtů antica e mediocritá del presente Un repertorio erudite Tra stoná e risentimento person; ale 54 EPOCA 9 LA NUOVA ITALIA «fcj ^ ^ E IL CXASS.CISMO Un mondo arcaico e genuino II moto dístruttivo delta natura Un linguaggio cupo e dolec te Due capoUvori Tra raalioconia e rciorica Una r 43 tradizione • pulato ma e il ricordo degli anni lá trascorsi vengono incontro al poeta con la fa. za di un mondo acceso e violento, ma nel quale tutto si ripete secondoi mi eterni e immutabili, «ove soffia dal mare il maestralew. E un mondo ai caico che la nuova tealta in movimento rende sempře piú lontano e dim la memoria vuole ostinatamente conservare alcuni bagliori wacissimi,,> lari: lá infatti il poeta riconosce le ragioni della sua torza piú autenticaegt. nuina. In alcune poesie (per quanto discontinue e piene di asprez»)C* ducci riesce a fare della sua Maremma uno dei paesaggi piú intensi e con-creti della nostra moderna letteratura (si ricordino, tra le Rime nuovejii-lio maremmano, 1867-1872, e Davanti San Guido, 1874; e, tra le Odi bait-re, Sogno ďestate, 1880). In altre poesie delleRime nuove si insinuano sfumature piú intimeeoV lorose, uno sguardo inquieto al moto distruttivo che domina la nátura, an che nelle sue sembianze piú semplici e leggere: in primo luogo Piantom-tico (1871, sulla morte del figlioletto Dante), Nostalgia (1874), Tedio inm nale (1875): le immagini della nátura e del paesaggio esterno traccianoal-lora un tessuto di grigie apparenze, sembrano immergersi in una foscaca-ligine che riduce a nulla il senso del vivere. In alcune Odi barbare il verso, lavorato con cura sottile, approfondisce le «sue possibilitá di risonana pensosa e dolente», il linguaggio si fa «piú brunito e "fosco"» (Binni),la stessa sintassi sembra scavarsi entro colori grigi e di cenere: i risultati piú intensi sono due componimenti del 1875, l'ode Alia statione in una truth-na d'autunno e l'elegia Mors-nellepidemia difterica, e l'altra elegia Newt* ta (1881). Anche in queste «barbare» permane tuttavia il linguaggio classi cistico, che spesso stride con lo sfondo realistico e con l'aspirazione del poeta a dar voce a un «tedio che duri infinito», ad azzerare il suo stesso linguaggio. Questi limiti non si sentono piú in alcune Rime nuove, che traducono grigiore e malinconia in nitidissime ed elementari immagini di natura, precise e oggettive, ma nello stesso tempo piene di risonanze segrete, che sembrano aprire la strada alia poesia del Pascoli; piccoli capolavori sono due testi del 1883: San Martino (la cui ricezione ě pero rovinatá dal troppo uso che se ne ě fatto nelle scuole) e Visione (in cui 1'infanzia lontana si riaffac-aa come qualcosa di inafferrabile, senza spessore, «senza memone, senza dolore, / pur come un'isola verde, lontana, / entro una pallida serenita»). Questa aspirazione a «perder peso», ad annullarsi, contrasta singolar; mentě con la pesantezza, il vigore polemico, 1'empito retorico della pni correme poesia del Carducci: qualche prova originále si manifesta anche nell ultima raccolta Rime e rttmi, dominata da testi celebrativi; ma la malinconia e qui troppo atteggiata, tende a esibirsi in forma colta e sapiente, ad appoggiarsi su immagini erudite ed esteriori. * 9-3-6. Carducci prosatore e critico. Oltre aU'opera in versi, Carducci ha lasciato una firtissima produzione in pro-*imTa1Fi qUOtidiano: ess* si lega in gran parte alia sua attivita i studiose della letteratura italiana, ma ě anche rivolta a precisare le sue sceta letterarie e ideologiche, e si configura come intervento nel mondo politico e culturale contemporaneo. Spesso legáta a esigenze e a finalitá prariche, questa prosa presenta comunque un impasto linguistico e stilistico di notevole Interesse: libera dai troppo stretti vincoli classicistici che pesano sulla poesia delľautore, essa intreccia con vivacitä diversi modelli deÜa tradizione italiana (dai toscani del Trecento ai prosatori cinquecenteschi), schemi ricavati da-gli autoři antichi, aperture verso il parlato e la lingua della media conversazione colta contemporanea. AUa base c e naturalmente il toscano popolare, aequisito da Carducci fin dalle sue origini familiari: un toscano pieno di ag-gressivitä e di tensione, esattamente agli antipodi del fiorentino turto asset-tato e ripulito dei manzoniani (cfr. 9.1.8), contro cui il Carducci polemizzo sempře duramente. Gli seritti in prosa possono distinguersi sommariamente in tře gruppi: i. Seritti storici e eritici, legati piú direttamente al lavoro di studioso e di professore del Carducci, che si impegnö in un vero e proprio dissodamento della tradizione letteraria italiana, in un'analisi approfondita di autori, testi, generi letterari di tutti i secoli. Egli non ha un metodo definito, ma ě costan-temente guidato da un senso preciso della coneretezza dei testi, del loro aspetto linguistico, retorico e formale; ě attento al «fare» dei poeti, ai modi con cui essi costruiscono le loro opere, ai rapporti che i generi e le forme isti-tuiscono tra loro. Tra i moltissimi saggi ricordiamo Della varia fortuna di Dante-(1966-1967), Dello svolgimento della letteratura nazionale (1868-1871), hSto-ria del «Giorno» di Giuseppe Parini (1892), Dello svolgimento dell'ode in Italia (1902). Egli eurô molte edizioni di testi: e restano utilissimi i suoi riechi commenti al Poliziano (1863) e alle Rime di Petrarca (con la collaborazione dell'allievo Severino Ferrari, 1899). 2. Seritti di polemica e di intervento, sia in materia letteraria, sia su altri lemi (di carattere politico, ideologico, autobiografia), celebrativo ecc). Qui ľimpasto della prosa carducciana raggiunge le sue punte piú vigorose, in modi anche eterogenei e disordinati, tra momenti di rabbiosa aggressivitä, di acre irónia, di invettiva concitata, tra ricordi e richiami alia propria condi-zione personale. Questi seritti, frutto della collaborazione alle piú importan-ti riviste letterarie, furono raccolti inizialmente nelle tre serie di Confessioni ebattaglie (1882,1883,1884). 3. L'epistolario, pubblicato in ventun volumi tra il 1938 e il i960: esso ci mostra la varieta degli atteggiamenti umani del Carducci, pronto ad acco-starsi anche a quei modi della sensibilita contemporanea che egli tiene inve-ce lontani dalla propria poesia, e spesso vittima di momenti di sconforto, di tetraggine e di malinconia, insofferente della fatica quotidiana e perfino del proprio ruolo ufficiale. Grande interesse hanno le lettere scambiate_con Carolina Cristofori Piva, che cosrituiscono una sorta di «romanzo d'amore»: in quelle pagine Carducci sembra tentare tutte le strade possibili per evadere dal suo mondo professorale e familiäre, insegue i modelli piú diversi di linguaggio amoroso, proietta il suo rapporro con la donna in una sfera di gesti eleganti, che si conrrappongono alia banale e pesante medioeritä del mondo quoridiano. Un toscano aggressive I lavori accademtci e la critica carducciana Alcuni titoli Gli interventi polemici L'epistolario Le lettere a Carerina Cristofori Piva