Un parere sul linguaggio di «Alcione»* Una chiamata a consulto (o di correo?) sul problema del lin gio di Alcione e di per se imbarazzante: tanto piü se l'estensorc costretto, da brevitä di tempo e di spazio a sua disposizione,aenun ciazioni insieme improwisate e apodittiche, povere delTapparatodoot mentario che richiederebbe ogni discorso su fatti di lingua e stile In queste battute iniziali, mi si permetterä dunque, per vincert le difficoltä del decollo, di abbordare il tema nella forma della testi-monianza personale. Chi scrive e giunto a occuparsi di D'Annunzic per yie indirette, partendo da un dato cos! irrecusabile e interessant com e la cospicua influenza dannunziana su linguaggio e tecnicadd Novecento poetico italiano. Senza presumere, con immodestiss^ sincddoche, che la mia esperienza al riguardo sia rappresentatw<-quella di una generazione, ritengo perö che per molti miei coetan accesso a D'Annunzio sia stato altrettanto mediato e obbquoj 'ettura «seconda», non primaria (a differenza, forse, cheper 1* . almeno Per quanto mi concerne, se vi era curiositä di« Pnma mono, questa s'indirizzava non giä principalmente aJ «;0 ad altr° D'Annunzio piü indiscutibile, E almeno per «usterf- nUnzio Proved i""210 Piů indiscutibile, quatof* M ni ^z o^bídn;ente *«fofe*r, orpellato e di c*J re Se ^ CÍ* ^trTc^taJune raccoi* poetiche (co^ i'm J Per * e per "fSSe ^ di cui ha ^ iiSieÄ a™ trwita, Vittorio Šeřeny fjÜt° Ontari 1 ?Cen2a e deiia S™inw* tend**'** , tarisř*o (sono ancora di qudli che hrn^ Un parere sul linguaggio di «Alcione» . t0 , solo in letteratura! - fervidamente dannunziano) ]a rjr vera e propria l'avevano giä attuata in proprio gli uomini de Z nerazioni precedenti, e per nostra fortuna non ce n'era piü bisogno Mon rimozione dunque, ma fondamentalmente spontanea distanza, Non e distaeco Ě difficile dire se e in che misura il distaeco si sia poi colmato o ridotto. Ma ě probabile che il senso del nostro (perlomeno del mioj rapporto con Alcione stia tuttora entro i termini di un'opposizione di questa specie: fra l'urgenza culturale di un'analisi rinnovata e final-mente trivellante del testo, cui sollecitano cartelli indicatori prove-nienti da ogni punto cardinale, e la sua perdurante resistenza a dive-nire un libro di lettura consuetudinaria e disinteressata. Eppure, mi si dirä, Alcione ě un classico, tanto piü garantito come tale dalla distanza che si diceva. Ma forse il punto sta proprio qui. Nel sottile disagio e nel diaframma che nascono fra noi e un'opera che volle, e prodigiosamente riusci, a essere classica in un momento storico in cui, per molte ottime ragioni, questa impresa giä era - e ancora piü divenne poi - impossibile per chiunque, e neppure desiderata (in questo senso, Pascoli non ě un classico). Eppoi, classici si diventa, generalmente dopo esser stati opere di polemica e rottura, mentre e nato bell'e classico, senza sforzi e senza fratture da parte delrautore né con gli altri né con se stesso. Eppure, si potrebbe ancora e inversamente incalzare, Alcione sul Piano della teenica e del linguaggio ě un gran libro sperimentale (basti Pensare alia novitä e duttilitä dei ritmi). Indubbiamente lo ě, e quanto 5a(CUtara^nte» da qualsiasi parte lo si osservi: o che lo si proietti sullo hW cultura poetka anteriore e coeva, o che lo si collochi nel-m ito della stessa carriera dannunziana (per esempio certi settori 0 j JSS1C°mostrano una inventivitä anche piü fertile che in Laus vitae); an ,lne che si misuri l'importanza e varieta delle sue proposte, con dele atU,ra forse capziosa ma sempre proficua, dalla gamma cosi estesa tare Za2Í°rú che ne hanno fatto, in servizio del loro sperimen-dian'a fP°etl del Novecento. Ed ě chiaro che proprio la nostra quoti-teschi req"entazi°ne di sperimentalismi tecnico-linguistici novecen-avviciJ1 tornisce un punto di vista particolarmente adatto ad interno Trln m°do nu°vo a D'Annunzio; tale anzi, proprio jn quanto Un f stesso dell'opera, da poter pure intiepidire il distaeco P0> freddo di cui sopra. La tradizione del Novecento Ma di che sperimentalismo veramente si tratta? Di solito n sperimentali, tipo Dante, polivalenza linguistica e compi^f"4 stri diversi nascono da una differenziazione dei reáli, c la prov ^ il loro linguaggio agonistico e inventivo - e in questo consiľtľT ľaltro la sua acuta provocazione conoscitiva - nel momentoste^ ehe conserva dinamicamente la traccia scottante delia tensione ck ľhaereato, sembra rimandare di continuo ad altro da sé: alla stratií,. čata e contraddittoria riechezza delia realtä, come morsa e svegliata daun simile strumento articolato a piú sonde di varia profonditä, e insieme agli standards vigenti di verbalizzazione del reale, che es» perfora e trascende in ogni senso. In D'Annunzio, al contrario, la con-tinua mobilita linguistica e formale presuppone il livellamento e ľin-tercambiabilitä, al limite la pretestuositä, dei reáli. In lui, e specie in Alcione, quietata con tutta naturalezza nel perfetto amalgáma rcto-rico delia pagina la tensione sperimentale, la forma raggiunta si gode sempre beata, e ogni nuova fase di sperimentazione finisce per avert come referente verbale da superare (o piuttosto arricchire) nient'al-tro che il linguaggio stesso delľautore nel suo via via mutevole assettoe tanta é del resto la furace e innocente disinvoltura con cui quel"" guaggio demiurgico sa neutralizzare previamente il diverse, da se, nenze vicinissime nel tempo non meno delle lontane, annetten*^ e ta8«"andolo incessantemente («Imito qualunque richiamo.. e anara subito mandata unaltra e ovvia considerazione, a. arte dannunziana ě tanto ricca di calchi di altri testi e di m«" . ■m -qľant° necessariamente sprovvista, dato il caratte* ■ carise "í"1"0 dÍ qUeste operazioni, di allusivitä - e **or P P ce. di mtenti in largo senso «parodistici». PreaSa'eSOprattutto: Knquietudine Unguistica dannunz ^ «inierT Che ^ ^Perimentatori delľaltro tipo, no" , m°nostilistickp i ,"""*"' a VLU registri, ma a »w— , sens'hile difřere^" ndl° smorzato del ?araáiÚ?° enoncoicrepuscolarisenz'altro.e gl it aiternanza e coesistenza -° teSti nstaufa dl'interno ďun medesimo testo, m* trä certo di ^nnunziľ n°n intend° certo affermare °8ni foment" a,Sotto i! segno di una monogen1 « dcllí vZľ0 u8u*le a se ste«ľ — _„l!,,.mente ehe- ne.: ,0 C 1 UCUe sPerimenrUí?ale.3 Se stess*> m* semplicemente c- • n°i si in.tľľ13'1001- ľalternan,o „ .vJLenza del reg*1 . if5' Un parere sul linguaggio di «Alcione* esperimenti ed esperimenti diversi, restando ognuno di essi un '/•'terna a registro stilistico univoco: che ě, se ricordo bene, il sen>o I un calzante intervento di Isella alľultimo convegno di Gardone. |!tnittiva al proposito, nel contemporaneo di Pascoli, ľattitudine verso ihlialetto, pretesto di esercitazioni feriali e ben circoseritte o, quando sia immesso nella prova ambiziosa delia Figlia di Iorio, stemperato nella dominante patinatura arcaicheggiante (secondo ľequazione: color locale = color temporale, tono popolare o falso-popolare = arcaico o lalso-arcaico). A ció si connette anche un altro fatto: che D'Annun-ziosipone in linea di massima fuori delia congiunzione, in tanti altri necessaria, di sperimentalismo ed espressionismo (quanto meno ciô vale per Alcione; diverso discorso si dovrebbe forse tenere per cose come certe pagine piú eccitate ed esorbitanti di Maia). Se non altro perché ľautentico espressionismo presuppone sempre nei suoi tito-!ari un senso altrettanto pungente delia forza e autonómia del pro-prio strumento, e delia sua costituzionale inadeguatezza o approssi-mäone di fronte alľirriducibile alteritä solida-ostile del reále (si pensi aGadda, o prima ai vociani), collocandosi col proprio dinamismo pre-"samente nello spazio di tensione aperto dal loro continuo, mai sutu-rat0 divaricare: in essi ľuso agonistico del linguaggio ě tutťuno con ^a sua concezione, implicitamente, di acuto relativismo. Mentre in a Annunzio, notoriamente, i confini fra vita e letteratura tendono cancellati, sieché la seconda possa intercambiarsi alia prima sua °™eglio voglia porsi, come ancora vedremo, quale sostitutiva di essa. lhne, se é vero che ad ogni sperimentalismo immane il pencoio a propria retorica, D'Annunzio é evidentemente esposto m J° Particolare a questo rischio delľinerzia ripetitoria, delia cristal-^'one m sigle ÚCQmnú ^ ^ trovate inventiye (donde per (J10 lonniaccoglienza di molti moduli formativi delle párok F 6 SUÍfiss«li- da lui attivati, o lo scialo delia cadenza sdruce ífeľC°rre> con quanto s'é detto e si dirä, soffermars. sul perche Cu&0b€^cb e con queste osservazioni vado a costeggiare la Co1 Predi IC,a f,sso^ta e quasi banale che caratterizza D Annunzio S dedn! della fid^ia assoluta, «decadente» nella Parola: solo che Pt**a not,?" qUaIche «>rolIario. II primo - in relazione a quanto °tat0 - Pu6 esser questo. Se si prende finalmente la cate- La tradizione del Novecento eunpoetaespressivo stanza letteralmente, un hnguaggio-oggetto - e nell'incvitabil scio espressione, n^o, ^_____ ; nelľincvitabilé deíamedaglia, linguaggio-feticcio: che ci appare sempre, ,oria della «espressivitä» in senso un po' stretto, D'Annun2l0 1 r^t* esoressivo. Ii suo non e un hnguaggio-espressione ^ ler 2e occasioni e alla persona stessa che lo mettono in moto, estr"^ tutto lavorato a bulino dal di fuori (in Pascoli, si sa, e continiiamenl soffiato dentro, come i vetri di Murano). Non sembri un parados» per uno scrittore che ha talmente parlato di se. Certo un paradossc non e per Alcione, che puö ben essere definito (Solmi) un «dianc lirico», ma h anche opera in cui lo scrittore spinge all'estremolaridu-zione della realtä, compresa quella del suo io piü intimo, a una seria litä di occasioni, e quell'io - tanto spesso del resto commutabilein trasposizioni favolose di persona o traducibile in un «noi» - stapiii che mai nella funzione mitico-trascendentale di luogo d'operazion; insieme vitali e verbali; cosicche (come mostra esemplarmenteMnf gio) puö essere a sua volta completamente oggettivato e vistodali fuori, si direbbe alienato. Tale linguaggio-cosa autosufficiente e assolutizzato e per sua natura semovente, dunque centrifugo: di qui, anche, la consustanziale fe-quenza delle famose catene analogiche a ruota libera {come...com come...), dove a forza di addizioni e dilatazioni di comparantiücorj parato smarrisce il proprio scopo denotativo e ü significato contestu^ e mterarnente delegato al mutevole gioco connotante delle.analog (Qui sarebbe probabilmente da segnare una delle differenze di sost^ "spetto al miglior analogismo contemporane0) che nel suo car« ■ liim-00^50 lntu^iv°-conoscitivo. non mira alla dissoluzione, m compara.o. Si deľnľ j ,anal°sle ungarettiane con la totale veg^-: jf is <<Ü CUOr nel Petto - come pěsca I intatta, I tr ^ fiľattoX T-"16 P0Ue tra ľerbe» «*•>• Ě eStremren all' ie, ne ^nedelkľar0le>> del PoeU^ľmodo chľía P^ote%>! jj w,uc poue tra 1 erbe» eccj. & ante«^' üe Stitpi canore, questo trattamento centrifug ^ m queUa della W ^c,"a e onrup< kmente dľ°r°con8er"ta labilita PiublÍeľett,veefrustranti. e continua suff ^"genereuna - visione cosi esclusivistica deU'ayton^ Stantelafolta 1 8Uag8io - e delia letteratura - ^ ^ Presenz«di dementi (visivi, tattili, audite-' no"1 Vn parere sul linguaggio di «Alcione» '99 ií«ílcawttcre fortemente arbitrario e diciamo pure illusion!- tÍV1' un aspetto del «barocco» dannunziano) del «mondo» di siico (ecc0 ovunque in D'Annunzio. Poträ ancora tornar utile wAntie. come qu<« ____....... ,\lcione> co ^ raffronto con Pascoli - e credo che dal lato spe-discorsiv ^ g- sintomatica un'analisi della tecnica e funzione riment *♦;„; nrncedimenti fonosimbolici. Quando Pascoli sollecita \e\ rispcttlvl P"^*-" . . .. ., lei nspetuvi --------- - fenoméni col suo linguaggio sensitivo e vibratile, e anzitutto per pene-Iranie la sostanza riposta, per cogliere un reale piú reale (e piú miste-rioso) di quello ehe appare ai sensi comuni, per sentir erescere ľerba: la sua microseopia del conereto (ďaltronde, é noto, sempre rovescia-bilein teleseopia del grandioso) si svela per ricerca delľautentico, del germinale. In D'Annunzio non domina affatto questa preoceupazione dicatturare il segreto delia realtä attraverso approssimazioni sugge-stive, ma la ben diversa ambizione di erearne ut artifex gli equiva-lenti o meglio i sostituti verbali in un libero automodellarsi del linguaggio: quindi il rapporto fra quesťultimo (e la finzione artistica) e la realtä é sempre in lui di specie analogica, un integrale tropo sosti-tutivo. Decisiva se mai altro YOnda, con quella pertinace e ostentata jnimesi virtuosistica di fenoméni naturali ehe si seopre alla fine per ° di cristalline strisce I varia, su i lidi ansare odesi ^cciaľ í u d'až°sto>> dalľefficace sommarietä macchiaiola del car-ibmcL lche Probabilmente gli sottogiace) «e sotto il maestrale I urla no^ Ú mar>K nel diversissimo effetto dei due verbi ottici sino-sdru'ccj01 6 S°]o questione del surplus di preziosismo, anche ntmico ^lraroia°fad apertura di strofa), ottenuto con la sovrimpressione SneanľniSm0; ma s°Prattutto del fatto ehe, con questa manipo-tsi in unfí'103, la resa del fenomeno giunge a «staccarsi e rappren-^sarei a d,stanza culturale» (Contini, perfettamente). E per conto ľ".al term !ľ°Sto comPlessivamente a ritenere ehe la pervicace cac-°bi]e) llu* 1 ",ftítto, gemmeo (arcaico, esotico, tecnico, comunque te addebitata a poet.ca edoiu-direbbe Devoto - di «evasio- non . j 6>-"»ucu vaitaicu, cäui"-"i —------- . Ca e ad an SOl° e necessariamente addebitata a poetica edoni e8giamento linguistico too ssaggi( 'o on, lai ľacqu Li tradizionc del Novecento », ma anche a ricerca di distanziamento e di limpido ij tivante del dato. Cosi, ancora, in un verso come «Rjc bro dal seniore* in fine di strofa (Stabat nuda Aeu«s) a° "lc°i senso la scelta dei due sostantivi nobili in luogo di loro sf" % andami; e dirci che l'ipotesi ě confermata dallo stesso tagl^0^1 p metrico dell'immagine che, bloccandola tutta entro un isolato fra due pause forti, ne sbalza con estrema chiarezza T?' (Procedimenti del genere, anche modernamente associati a nominale, son frequenti in Alcione, e ne nascono alcuni dei vers,* nuovi e fermi di D'Annunzio: «Un falco stride nel color di perla 1^ il cielo si squarcia come un velo»; «Bonaccia, calura, I per ovunq silenzio»; «Tutto il cielo precipita nel mare»; «Ammutisce se m'appresso. I Le bolle d'aria salgono in silenzio»; «Su lampo di smeraldo, e il becco I tuffa il piombino»). Insomma, purché si prescinda dall'etichetta inopportunissimac; «rcalismo» purtroppo usata al proposito, conviene calcar la mano?; caratteri di puntualita icastica, nettezza di contorni, e connessa wr-vocitá semantica, del linguaggio dannunziano. Ció vale non solo equilibrare definizioni che puntino eccessivamente sulla oppostaten-denza dell'abbandono a una dilabente musicalitá; ma anche per pre-cisare che quell'innegabile vocazione alia melodia aperta e ininterroni si attua in effetti con un montaggio (da parte sua tecnicamente feme e tale da arginare e interpungere continuamente il flusso melocfc versi-ritornello, in genere abbondanza di moduli parallelistici, lo «e* gioco fittissimo di rime ecc.) attuato su segmenti per sé futtol<^. sto che sfocati e indistinti, anzi di cristallina evidenza e ^.s"0^ e perspicuo, senza alonature e camere di risonanza. E tali anche versi memorabilmente suggestivi e «vaghi» come «Un ^ con noi, ma restó muta, I tra gli oleandri lungo il bianco mare* ^ ger di labbra fievole fa l'acqua I ch'empie l'orma del pie tuo qui hanno proprio funzione rassodante deH'immagine ei ^ ™ci quali la «rima imperfetta» interna fievole: pie e {^ ^ secondo verso. Non dubito che sará a una caratteriM?^nniiI ^ «m repertorio ' Himitata di «oggetti poetici» a tutto tondo e di quasi imper dotti P'u siva di questo genere che perverrä ľanalisi dei pro-melodismo alcionico, Pioggia nel pineto e simuY or illare i tura': S? d-to spiega il mo^orse principále delia cgj cesb ľ 31 teSti dannunziani [Alcione in testa) sulla k* jn0 S1Va: la abolizione de la distanza '^uraJe e della relativita transeunte dei linguaggio. Di fatto s. puo m; e affermare che gli arcaismi dannunzianiso o taL m m-unen e- "on stilisticamente. Ladamantina auhc.ta de de tato PP ' ma ľ3,di ^ stilistica a pnon che riduce alia sua lis a sup* mater^ originariamente diversi e remoti; ed é qui moko eloqu tradizione del Noveccnto 202 la predilezione per i vocabolari come form hnguistiche, appunt che la realta verbale vi e pietrificata, e divenuta repertorio f« tempo. In un certo senso la quantitä uccide cosi la qualita c n0n oro dove tutto ciö che e toccato oro diventa; l'amor sensualed\\ parola si distribuisce imparzialmente e onninamente, come teori2za di queU'altro amore il Don Giovanni mozartiano. Non si rifletterä mai abbastanza su come, in conseguenza di tutto questo, l'imponente tentativo dannunziano di proporre ancorauna volta come attuale il linguaggio aulico di una tradizione secolare suono in pratica quäle sua liquidazione: pertrattare quel linguaggio contak impassibile e stratüante manierismo, facendo un assoluto di unavaria-bile storica, voleva dire allontanarlo definitivamente. Ne l'importanza storica del risultato e diminuita dalla considerazione che con buona probabilita a D'Annunzio soggettivamente mancava (diversamente che ad altri scrittori di tipo « parnassiano ») la coscienza di queste impli-cazioni della sua prassi. E anche su questo, in particolare, occorre riflettere: la fenomenologia del cozzo dell'aulico col prosaico di mon-taliana memoria, che percorre come un filo rosso specifico la tecnica poetica contemporanea, difficilmente sarebbe stata possibile senza D'Annunzio. Poiche D'Annunzio, consuetizzando e oggetuvandc msieme il linguaggio aulico, ne metteva a disposizione un campK»* no inesauribile di nitidi quanto fungibili specimina; ma nello stc» tempo e soprattutto, interdicendo alla langue de la tribu l'mS^L tempto e presentando cosi spesso l'immagine di una lingua p<* monotonale, tutta, e quasi per necessitä e natura, curiale e lett* determmava in re la rivalutazione del prosaico e quotidiano, co"> . Z. iSU 1St\C° di dif ^renziazione e scarto (possibilitä subito r«>al volo da Gozzano). , domandaaS0-t0rnatlal pr°blema lasciat° apert°' pS' nIT10' Ciö che * stata in se l'esperienza stiüst 0 Annunzio si riflette con chiarezza in cßche e ^ >> cct enond1 •ipante t »utraH^ e autosllt staccato dall^T"*1**5 un8ua8gio oggettivo c [ce dal1 autore stesso nonche dalla propra vif^ • Kiassumendo: acuto sperimentalismo e rrüracoiu-10^ riech' zaiif '"^Potenzialitl^«13" SU re8istri monostilistici, neu^^ie C0^stacCatriifferen^ale;li immediatai ma cristallizzati in organismi «classici», l" vaglic£55* ln]ttUali> con tendenza al tono alto se ^ ^ di^ateH -T? de,?e POSsibilita della lingua e ia". ma hvellati..... • • neutra""^:-.;eotc lo Un purere sul linguaggio di «Akione» edinamica, dunque eminentemente «esporlabile » benche, o appunto ^.sentito subito estraneo, lontano; e cosi via. E abbastanza per anche restando al di qua delle note motivazioni d'altro genere cometutti i sistemi linguistici della poesia contemporanea continuino, quale piü quale meno, quello dannunziano, e insieme tutti lo rifiu-tlno; 0 per dir meglio come il profondo e permeante influsso di D'Annunzio sulla lingua Urica del Novecento vada di conserva con il sostan-ziale - e precoce - distaeco nei suoi confronti dei nuovi poeti, anzi >ia provocato proprio da questo distaeco.