$X4 EPocA zo Gm g FASCISMo B0.8 Eugetiio Montale 10 20 Un giorno o I'altro mi tornarö, No' vui tra zente stränia morir, Un giorno o Faltro mi tornarö Nel me paese. Dentro le piere che i gä inalzä Su le rovine, mi cercarö, Dentro le piere che i gä inalzä, Le vecie case. Sarö pai zöveni un forestier, Che varda dove che i altri passa, Sarö pai zöveni un forestier, No' lori a mi. Carghi dei sogni dei me vint'ani, Vedarö i burci partir ancora, Carghi dei sogni dei me vint'ani, Dal Piave al mar. Cussi che in ultimo mi no' starö, Coi altri veci intorno al fögo, Cussi che in ultimo mi no' starö A dir «noialtri...». E a un dei tösi che andarä via, Voltando i öci de novo al porto, E a un dei tösi che andarä via, Ghe darö el cuor. v. 2. non voglio morire tra gcnte straniera. w. 5-8. dentro le pietre che hanno innal-zato sulle rovine (quelle della príma guer-ra mondiale, combattuta furiosamente sul fronte del Piave), cercherö le vecchie case. v. 9. pái zöveni: per i giovani. v. 10. che guarda dove gli altri passano. v. 12. non loro per me. w. 13-1É. vedro le barche {burci, dialetta- le per «burchi»), cariche dei sogni dei miei vent'anni, partire ancora dal Piave verso il mare. v. 18. con gli altri vecchi intorno alfuoco. v. 20. noialtri: il pronome indica le conversazioni e i racconii abituali dei vecchi, che ricordano i tempi della loro giovi-nezza. v. 21. t6si: ragazzi. v. 22. i dei: gli occhi. Ossi di seppia In limine II componimento messo «sulla soglia» (appunto In limine) giä nella prima edizione degli Ossi (1925) ě stato scritto nel 1924 e, come indicherä 1'autore in una lettera a Giacinto Spagnoletti del 25 agosto i960, intendeva «essere la summa o il congedo di tutto il resto»: la sua natura introduttiva ě evidenzia-ta anche graficamente dal carattere corsivo. La parola poetica si inserisce qui subito entro rimmagine dell'orto, che evoca tanti giardini e orti della tradi-zione, e in primo luogo i piú recenti «orti conclusi» dannunziani (cfr. la urica Hortus conclusus in T9.6). La chiusura dell'orto, limitato da un erto mum, qui si pone anche come immagine della chiusura in se stessa di un'esistenza separata dal mondo, priva di senso e di identita: prigioniero, come ogni essere umano, di questa rete, di questa mancanza di senso, il poeta si rivolge ad un tu, presenza costante nella poesia di Montale, che volta per volta puö in-dicare una figura femminile, un essere umano f raterno, il lettore solidale ecc. E possibile comunque che il tu in questione sia qui dell'attrice Paola Nicoli, la stessa interlocutrice di Crisalide e di Casa sul mare, poesie a cui questa ě fortemente collegata; ma Rosanna Bettariniha dimostrato come il destinata-rio femiriinile (dichiarato da Montale come lo stesso di lncontro, Stanze e Casa sul mare) sia giä qui quello di «Annetta», che ricomparirä nella Casa dei doganieri, e che «nascosta sotto Arietta, o sotto il toponimo di Annecy, o sot-to il semplice monosillabo esclamativo Ahl e sotto quello che dio vuole, é sta-ta per piú di mezzo secolo, da un capo all'altro del Libro, una perpetua crit-tografia, una parola sotto la parola, un ipogramma permanente». A questo tu, comunque, a questa presenza umana la voce poetica an-nuncia la possibilitä di un'uscita, di una conquista di vita, di un ticonosci-mento di senso (giä indicati all'inizio daU'irnxnagine del vento). Questa possibilitä si da perö come qualcosa di misterioso, di improbabile (il fantasma che ti salva); il poeta stesso sa di non poterla attingere, ma ardente-mente invita l'interlocutore a procedere, a cercare comunque di uscire da quella rete, di andare comunque al di lä; rimasto prigioniero, avrä almeno Un "io" prigioniero Un "tu" a cui si augura la liberazione 6i6 l fiiotivi delí e qsiattro strofe EPOĽAlo GtJEHMj -*usMoi,» 1 la consolazione di vedere libero quel tu. Si tratta di un'appassioruta s-j ghieca, il cui linguaggio si appoggia (specie nel lessico) su di una scrif j preziosi riferimenti letterari, che dann o al lettore ľimpressione chejÉM I ce poetka venga come da lontano, da un to come awiluppato tujyH quiario di cui al v, 5, 1 Cosí si puô seguire lo svolgersí delle quattro strofe, pur consideigrut. che tiel discorso restu un margine di ambiguitä, e ehe dunque non tutte ' ' immediatamente parafrasabíle: 1. il vento annuncia ľirrompere possibile delia víta nel luogo cbiusč f di un'esistenza prigioniera di memorie rapprese e morte, ehe ě pi ú rťf qutarw ehe orto; 2. in quello spazio chiuso si awerte il sommovimento delia natura, t c i f milo ehe sembra trasformarlo in un crogiuolo dove si espandono le forme originarie delia vita; 3. al rovello ehe lacera chi ě prigioniero si oppone la posstbilitä di pro-I cedere, di trovare, per caso, il fantasma che salva, mentre si affaecia ľim- magine, subito cancellata, delia vita che sarä; í 4. se il destinatario a cui si rivolge riuscirä a řuggire, a trovare la sal j vezza, il poeta, put rimanendo prigioniero, ne avrä comunque soUievo. I [EDIZIONE: Eugenio Montale, Lopera in versi, a eura di R. Benannt e G. Contini, Einau-[ di, Torino ig 80] ! METRO: 4 strofe di 5 (la príma e k terza) e 4 versi (la seconda e k quarta). La strurtura (j ■ piú libera nelle strofe di 5 versi, composte da endecasillabi, alternati a qualche settenaiäftsí una rima lega il primo e il quinto verso, e nella terza strofa anche il secondo e il <|ii.'tto (AbCBA). Le quartine, composte , lmu ne\ stretto e piü in generale il collegamento con quella poesia, .himutsc 1 l'immagine dell'orto e il tema della ricerca di salvezza. del possit iit svela memo di una veritä: alla «maglia rotta nella rete» della precedeetc puesta corrisponde qui «Io sbaglio di Natura», «l'anello che non tiene», capacedi -metterci «nel mezzo di una veritä». Sono il silenzio e la pace degh orti dei limoni (e si noti che la parola limoni suggella sia la prima che la seconda strofa), come sottolineati dal loro odore, e il loro essere appartati, fuori dai luoghi del clamore pubblico, ad annunciare quella possibile nvelazione, a far scorgere per un attimo il significato profondo delle cose: la poesia si cöl-loca cosi nel cuore di quelle esperienze di epifama che sono tipiche della ■: grande letteratura europea di primo Novecento. Ma nel suo procedere si affaccia peraltro il sospetto che quella rivelazione sia solo untlluswne, che comunque si ripropone piü volte, anche quando i limoni si affacciano im- f prowisamente nel cortile di una grigia e piovosa cittä: e il componimento si chiude con un prowisorio abbandono a quella illusione, con un suo di-spiegarsi in un ritmo sonoro {le canzoni e le trombe: e non si dimentichi che il titolo della sezione indica proprio deiMow>7a?»//musicali) e in una ac- ; censione luminosa (la solaritä). Questo lo svolgimento dei vari motivi nelle quattro strafe: 1. rifiuto delle piante dai nomi rari e preziosi e amore per i percorsi e ; le stradine marginali che portano agli orti dei limoni; 2. l'ascolto del sussurro dei rami e I'odofe dei lirnoni danno dolcezut e pace; 3. in quei silenzi sembra improvvisamente rivelarsi Y ultimo segreto: si ha l'impressione di essere sul punto di trovare una veritä, di collocarsi al suo centro; e ogni presenza umana sembra recare la traccia di una distur-i bataDivinitä. 4. Questa illusione viene meno e si ritorna alla vita grigia della cittä, al tedio dell'inverno; ma se da un cortile interno si intravedono delle piante di limone, il geh del cuore si scioglie e ci si abbandona alla loro musica solare. METRO: 4 strofe di vana lunghezza, composte di endecasillabi, settenari, e altri versi compo-sti (fra cui 5 inartelliani: vv, 3,4, 27, 2S, 37). con un impiaiito rimico libero e spurio, ma molto denso: per esempio, nella prima strofa, i w. 1, 2, 3,5, 6, 9 sono legati da variabili assonanze, 1 vy. 4, 8,10 da assonanza e rrma: della stanza resta libero tl solo v. 7, con anguilla (termine che diverra assai signükantc in Montale: cfr. la Urica alle pp. 647-650) in posizione esterna. „ PtlGr>i» MONTALE. OSSI Dl 619 SEPP!A ■El Ascoltami, i poeti laureáti si muovono soltanto fra le piante daí nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. lo, per me, amo le strade ehe riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seceate agguantano í ragazzi qualche sparuta anguiHa: le viuzze ehe seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono neglt orti, tra gli alberi dei limoni, Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dalľazzurro: piú chiaro si ascolta il susurro dei rami amici nelľaria ehe quasi non si muove, e i sensi di quesťodore ehe non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Quí delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, vv 1-3. il riferiniento polemico si livolge in primo luogo, con ogni probabilita, a D'An-: nunzio, specie quello del Poema paradisia-:: co: ai modelli negatíví di preziosítä esterio-: re rappresentatí da nomi di piante del tut-:: to letterarie, il poeta contrappone, ancor : prima del per me al v. 4, la seconda persona intuna e imprecisata (a cui si rivolge la pri-: ma párok della lirica, Ascoltami) e un tono ■ programrnaticamente colloquiale. v. 4. per me: «quanto a me»: con «pas- « saggio marcatamente oraziano* (Spagno- ■ letüi; riescono: sboccano, vanno a fini re. ■ (iorma \-icina al parlato). v, í. iossj: fossati. : v. 6. cla notare il giro íintattico del verso montaliano, striuoso e ricco d'inversioni: in r questo caso, il seggetto (posposto) ě / m-.; gazii (cfiecatturano anguille in pozzanghere): e si noti Menjambement tra i w. 5 e S. v, 7. sparuta: «piecola e magra» (oppure: «rata»); Xanguilla riveste un carattere tut-to particolare nel bestiario montaliano (e uno dei raeconti di Far/alia di Diaard, 11 hello viene dopo, ne raeconta presenza e vicissitudini, nel paesaggio adolescenzia-le del poeta): a tal proposito, cfr. la poesia da ha bufera e altro (p. 647). v. 8. ciglioni: argini, margini dei fossati. v 10. mettono: «tnimcttono, conducono» ; (ancora nel registro prossimo al parlato). v. 11. Meglio: rispetto ai luoghi fte.quemati : dai poet! laureáti; gazzaire: «frastuono fe- : stoso*. Si tratta, con Vinghiottite del verso successive, di uno splendido esempio di si-ncstesia del ptimo Montale: l'azzurro colore del cielo inghiotte i suoni degli uccelli. v. 13. sttsurto: notare la forma piú ptezio-sa, con una sola s. v. 14. ě qui presente un'eco dantesca, da Purgatorio, XXVIII, 7: «un?aura dolce, sanza mutamento», riverberara anche nella dolcezza mquieta del v. 17. v. 1;. ancora una sinestesia: / sensi (le es-senze, quasi endiadi con odore) sono retti ancora dal precedente si ascolla (intendi: «si sentono meglio le essenze degli odori»). v. 17. «suscita nel petto una inquieta dolcezza*; piove («suscita») ha valore transi-tivo (ha per soggetto odore); ma e possibile che qui si ricalchi Dante, Purgatorio, XVII, 25: «piowe dentro l'alta iantasia» (dove piovve ě intransitivo). v. iS. divertite; deviate, distolte, rimosse (in un senso dunque arcaizzante e gia dantesco); intendi: «qui miracolosamen-te cessa la lotta (guerra) provocata dentro 1'animo dalle passioni distolte». 6io EPOCAIO CiUERRE E FASCISMO xt)X - 20 qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchez ed ě ľodore dei limoni. Vedi, in questi silenzi in eui le cose s'abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, I 25 talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto mono del mondo, ľanello ehe non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una veritä, 30 Lo sguardo fruga d'intorno, la mente indaga accorda disunisce nel profumo che dilaga quando il giorno piú languisce. Sono i silenzi in cui si vede 35 in ogni ombra umaßa che si allontana qualche disturbata Divinitä. Ma I'illusione manca e ci riporta il tempo nelle cittä rumorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra Ie cimase. v. 26-29. questa serie rientra nella casisti-ca áú-varco, dichiarata anche da In limi-m. con la «maglia rotta nella rete / che ci stringe» (cíť. p. 517). Ě da notáre quanto questa sola possibilitä di salvazione, la possibilitä di un approdo al flusso vitale a cui e possibüe accedere una volta rotte le maglie delia rete delia banale esistenza, sia riposta solo in un errore: uno sbaglio di Natura, qualche momento in cui la vita si blocca (ilpunto morto delmondo), un meccanismo inceppato (ľanello ehe non tiene), un filo aggrovigliato che im prowisamente si disbroglia (per la metafora del filo, ehe evoca ľimmagine clas sica del filo ď Arianna, si veda anche La casa dei doganieri, v. 11, qui a p. 635), v. 31. la mente ... disunisce: si tratta delľat-tivitä analitica svolta dalla mente scientífi-ca, denuneiata dalla filosofia conungenti-sta francese (ehe Montale teneva ben pre-sente) in quanto inabile a giungere al segreto delle cose, a mettereí «nel mezzo di una veritä» (che risiede invece nel profumo del erepuscolo, nel languido disfarsi del giorno, indicato nei due versi successivi). v. 36. disturbata: il segno divino che in raez 20 ai silenzi puô scorgersi in ogni ombri's umana (ehe viene vista alkmtanarsí e svani-íí re neU'ilianguidirsi del giorno) ha qualcosa.;: di irregoiare, di deviato, tecainsé la traccia si di quello sbaglio di Natura; si nod come disturbata ríchiami un altro aggettivo che in-: díca deviazione, disagio, dwertile del v. 18. v. 37. ľillusíone manca: viene a cadere ľil-lusionc dl rinvenirc ľanello ehe nnn tiene, e di raggiungere cosí la veritä. v. 38. citta rumorose: se qui la cittä sembra :■ allontanare la rivelazione delia veritä, oc- ■ corre pero ticordare ehe ě proprio lo spa: zio urbano quello in cui piú spesso ha iuo-go ľesperienza dell'epifania novecentesca (e sin dalla sua fondazione, nella Parigi di Baudelaire: cfr. CANON E EUKOPEO, tav. 13Č): il tenia del tedio e del fascino delia vi- : ta urbana, essenziale in Baudelaire, aveva' i: avuto una presenza essenziale in Rěbora e in Sbarbaro, due poeti di cui in quesri versi si puô sentire qualche suggestione. v. 39. cimase: i cornícioni in cima alle case ed ai palazzi; la rima cimaselcase ě ri-presa dal Pascoli dei Canti di Castelvec-chio (Addio!), probabílmeme con la me-díazione del Gozzano de La Signorina Fe- La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta il tedio delľinverno sulle case, la luce si fa avara - amara ľanima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano í gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci serosciano le loro canzoni le trombe ďoro delia solaritä. lítáte, 19-22. (cfr. T9.8). Qui pero tutto si tonalizza, come sempře in Montale, in un complesso sistema di assonanze (che con-terapla anche ntmorose e malchiuso). v. 40. s'affoka: «s'infittisce» (forse eon ri-ferimento alla nebbia); termine gia usato da D'Annunzio, nonché da Pascoli. v. 42- da notáre la série paronomastica in ä: in una struttura chiastica, ove — in cor-ríspondenza di avara — amara —, il primo membro (la luce) corrisponde ad anima. w. 43-44. ě forse qui possibile notáre la presenza del «mistero pregnante» e dell«immobiJitä silente della gran pirtura metafisica di quegli stessi anni» (Fořti); corte ě forma corrente per «cortile». v, 46. riferimento al disgelo primaverile (qui, come nel v. 42, a un oggettivo dun fisico corrisponde immediatamente uno \ stato d'animo soggettivo). w. 47-49. «i limoni, trombe dorate annun-ziatrici del sole, c'inondano il cuore col suono delle loro canzoni». Viene qui in-trodotto un altro elemento della cosmolo-gia montaliana degli Ossi di seppia: é il mite «mediterraneo» della solaritä, trattato come accecamento, ririsecchimento, arsu-ra (e, gia in In limine, come sete), ma anche come gloria (nella urica Gloria del disteso mezzogiorno). Nell'ultimo verso si puô ri-conoscere un'eco da una poesia di Stephane Mallarmé, la Prose (pour des Esseintes): «L'or de la trompette d'Ete», "Ľoro della trombetta d'Estate" (Ferraris). di Non chiederci la parola Datata 10 luglio 1923 ě la prima lirica della sezione Ossi di seppia che dä il ti-tolo al libro: in una lettera ad Angelo Barile del 10 agosto 1924 Montale la de-finisce «chiave di volta» dei brevi componimenti (indicati come rondels, pic-le partituře musicali) che costituiscono la sezione, e manifesta ľintenzione porla alla fine come «conclusione e commento». Messa invece all'inizio, es-sa vale come definizione programmatica defl'inappartenenza su cui si basa il || faře poetico, nel quadro della piú generale negativita della conoscenza e del- | la condizione esistenziale e storica, sottofondo teorico e «filosofico» degli Os- f si di seppia. II tono assorto e pacato delľargomentazione, svolta alla prima j persona plurále come invito a un tu a non chiedere all'arte e alla poesia di da- n re parole sícure, di offrire risolutivi modelli di vita, ha fatto di questa poesia § una delle piú celebri del Novecento: emblema della negazione di ogni falsa § veritä, di ogni ideológia e di ogni comportamento troppo convinti di sé, trop- | po ignari dei limiti di ogni veritä e di ogni modello umano; e proverbiale ě or- f I Ó .11 Una dfchiara-MOJie program -matica: cid che ía poesia 3 on puô dare mm- 622 10 / -■SM EPOCA 10 GUERRE t FASCISMS ,. mai l'immagine deW'uomo che se ne w sicuro, che non ai ferma a •■uzt ; propria ombra, che vive tranquillamente convinto del valore del tnond : proprio io (simile d&'ilare gente codarda, alia civil risma di eroi dei Fr-... ti Imci di Rebora: cfr. pp. 507-522). La conosceaza, il comportamejit : no essere solo negativi. e la poesia offre loro solo «qualche storta. silla ca come un ramo». Questa negativitä e evidenziata dal ripetersi in anai. .i Non alf'inizio della prima e della terza quartina (con i sinonimi chieder. ■ mandarci] e dalla ripetizione (evidenziata dal corsivo al v. 12) METRO: 3 quartine di versi di varia lunghe^za: decasiliabi, endecasillabi. e versi com-we* ' > ■ perlopiu sulfa base dei maitelliano (settenario doppio ma anche settenarin^ottomnf -vT pure ottonario+sertenario) o delfendecasillabo (come il v. 7: settenario+quinarto - tante nel prato brullo. v. 7. canicola: la grande calura estiva (o, al-. la lettera: il periodo della sua massima iri-■ tcnsirii). Vombra corrisponde ai lati oscuri e insondabili dell'animo umano, e rirtvia al tema mitico della scissione tra il soggetto e la sua ombra, che ha avuto una delie piú celebri incarnazioni nei racconto del t.ede-sco Adalbert von Chamisso (1781-1838), La nieravigliosa líoriu di Pťtcr Schlehmil (1S14): esso chiama in causa la consistenza ■ stessa dell'identitä, ma anche l'ignoto alle : sue spalle, il nulki di Forsc un inattmo, ignoto agli «uomini che noti si voltano» (cfr. p. 625); il muro, che evoca i muretti molto presenti nel paesaggio campestre della Liguria, e presenza costante nella pri- ■ ma poesia di Montale (si vedano qui quel-lo di In limine e quello diMeriggiare). v. 10. sf: bensi; ma invece (sottinteso: io-tnandaci); «L'allitterazione della s e l'i-perbato (con tiome a separare i due ag-getdvi) raddoppiano il sentimento di dif-ticoltä espressiva e di riduzione a un im-guaggio miitimo, capace di dire la disarrao-nia nel rappnrto rra io e mondo>> (P Catal-di e F. d'Amely). f rUGEN« MONIALE. OSSI di SEPPIA ........ Meriggiare pallido e assorto festa poesia ě la piú antica tra tutte quelle comprese in Ossi di seppta: '\>ua prima redazione risale al 1916; nella redazione definitiva, prima che "jel volume del 1925, fu pubblicata sulla nvista «II Convegno» nella pri-V'vera del 1914. L'attraversamento di un paesaggio campestre nella ca-y 1 dell'estate si svolge qui attraverso una vera e propria sospensione del - gjggetto lirico: tutti gli atti e le sensazioni sono dette entro una succes-ne di Lnfiniti, daU'iniziale Menggiare fino all'ultimo seguitare. La per-.Jone di un paesaggio percorso da una inquieta vitalita si da attraverso l'ascclto e i'osservazione, come nel tentativo di scoprire il segreto di una natura, che perö si impone con la sua estraneitä: la vita si risolve nel ririuo monotono della passeggiata campestre, limitata da quel muro che sembra come indicare il limite stesso della possibilitä (e si noti come il toi 'nte mum d'orto dell'inizio sia ripreso alia fine nell'immagine piú lamte, che sembra come ferire, della muraglia con i suoi cocci agttzzi dt bottiglia). Moltissime sono le suggestioni letterarie, specialmente da Pa-scoli, di cui si riprende il vocabolario botanico, zoologico, onomatopei-co, e «soprattutto pascoliane appaiono la Serie delle pereezioni minime, la teenica delle analogie naturall e delle allitterazioni, la sillabazione rit-mica del verso» (Bonfiglioli), con tante parole e immagini come pruni, schtOLchi, veccia, e con la tipica situazione della campagna d'estate. Ma non manca la presenza di D'Annunzio, di Gozzano o di poeti liguri come Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (cfr. 9.7.10.), a cui risale in primo luogo il nesso orto-muto-mare; e si possono scorgere (come mostrano le nme) anche suggestioni dal Dante piú aspro ed espressionistico. .: METRU: 3 quartine di nominari, decasillabi ed endecasillabi, di cui la prima e la terza in n-ma baciata, la seconda in rima alternata, piú una strofa di 5 versi (un novenario, due decasillabi e due endecasillabi) che rimano in -aglia, -iglia, con al centro rima imperfetta in ■ngho. Sono dantesche le rime seguenti: nella prima strofa sterpt/sorpi (Inferno, XIII, 17-39); nella seconda form ich e/biche (Inferno, XXIX, 64-66): nella terza, scricchi/picchi [Inferno, XXXII, 2Ó-i8-3o). Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d'orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. 623 v. i. Meriggiare: «trascorrete il meriggio»; v. soprattutto D'Annunzio, per esempio: L'Isolteo, Ballata ottava, 1. «Meriggiava quel re, sotto il pomario», o LI Fuoco, parte I, 3; «Ne colui che meriggia profon- dato nella messe matura sotto la canico-la». Ma «il riscontro piú díretto ě forse con Boine, Vrantumi 1J3: "E cosi hello a volte meriggiare, all'ombra d'un carrub-bo in faccia al mare"» (Mengaldo). NeliWoko del eaesíi^ío